• Non ci sono risultati.

La provvisoria efficacia delle sentenze di accertamento e costitutive: una prospettiva possessoria - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "La provvisoria efficacia delle sentenze di accertamento e costitutive: una prospettiva possessoria - Judicium"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

www.judicium.it

Michele Fornaciari

La provvisoria efficacia delle sentenze di accertamento e costitutive: una prospettiva possessoria

SOMMARIO: 1. Spunti problematici. – 2. La provvisoria efficacia delle sentenze di accertamento/costitutive nella considerazione abituale: necessità di un approccio differente. – 3. Chiarimenti preliminari. – 4. Necessità di porre il problema in termini omogenei rispetto a quelli della tutela di condanna. – 5. Effettiva configurabilità di un piano problematico omogeneo fra la tutela di accertamento/costitutiva e quella di condanna, in un’ottica possessoria. – 6.

Sviluppo e messa a frutto di tale prospettiva, nel segno della conferma della provvisoria efficacia anche della sentenza di accertamento/costitutiva. – 7. Conferma teorico-sistematica della conclusione raggiunta. – 8. Ulteriore conferma della predetta conclusione, dal punto di vista della differenza o meno fra condanna ed accertamento di un credito. – 9.

Generalizzazione della soluzione. – 10. Spunti consequenziali in tema di tutela cautelare (o comunque anticipatoria).

1. Spunti problematici

Tizio, proprietario di un fondo sul quale Caio esercita il passo, agisce in negatoria servitutis e, ottenuta in primo grado una sentenza favorevole, chiude il fondo. A tal punto Caio, lamentando di essere stato spogliato del possesso del passo, agisce in reintegrazione. Si tratta di un’azione fondata oppure l’operato di Tizio deve essere considerato possessoriamente lecito1?

Il quesito, ancorché principalmente possessorio, chiama però in causa, abbastanza intuitivamente, una tematica affatto diversa e da sempre controversa, vale a dire quella relativa alla provvisoria “esecutività” – o, per meglio dire, efficacia – delle sentenze dichiarative.

Da un primo punto di vista, viene infatti da pensare che, producendosi l’efficacia di accertamento solo con il giudicato, fino ad allora nulla è cambiato rispetto alla situazione anteriore alla sentenza e che pertanto Tizio non può escludere Caio dal godimento del passo. Tale soluzione peraltro stona, o se non altro lascia adito a dubbi. E’ infatti indubbiamente difficile accettare che, pur essendo stato riconosciuto che il fondo di Tizio non è soggetto alla servitù di passo di Caio, la sua chiusura possa nondimeno essere considerata un illecito, sia pure sul piano possessorio.

In senso opposto, si potrebbe allora essere tentati di ritenere che l’accoglimento della negatoria servitutis implichi un’implicita condanna di Caio a non esercitare il passo2, ciò che sembrerebbe a prima vista risolvere il problema perché a tal punto, essendo in questione una condanna, nulla osterebbe a ritenerne la provvisoria esecutività. A meglio riflettere, neppure tale soluzione risulta però soddisfacente. Per un verso non è infatti così piano che l’accoglimento della negatoria servitutis, pronuncia in sé indiscutibilmente di accertamento, come lo sono tutte quelle che negano l’esistenza di un diritto, contenga implicitamente una condanna. Per altro verso, anche ammesso tale contenuto implicito e proprio in ragione di esso, non può infatti non insorgere se non altro il dubbio che, data la presenza di una condanna, Tizio avrebbe bensì potuto escludere Caio dal godimento del passo, ma avrebbe dovuto farlo in via esecutiva.

E’ peraltro sufficiente prospettare tale ipotesi, per far insorgere un interrogativo, che chiama a sua volta in causa un ulteriore tematica: siamo sicuri che in un caso quale quello in esame, già dopo il primo grado o al limite dopo il giudicato, sia necessaria l’esecuzione forzata? dal che poi, a ruota: ammesso che l’esecuzione forzata non sia necessaria, come può la chiusura del fondo essere

1 Nel senso che, disposto il trasferimento del luogo di esercizio di una servitù ex art. 1068 cc, commette spoglio il proprietario del fondo servente, il quale chiuda il tracciato originario prima del passaggio in giudicato della sentenza, v.

Cass. 24 marzo 1998 n. 3090.

2 In tema v. da ultimo Cass. 31 gennaio 2012 n. 1367, secondo la quale la revoca dell’assegnazione della casa familiare è titolo esecutivo anche quando non contenga un’esplicita condanna al rilascio, quest’ultima dovendosi ritenere implicita nella revoca.

(2)

www.judicium.it

considerata possessoriamente illecita? e a monte: che senso ha, esclusa la proiezione esecutiva, configurare, a fianco dell’accertamento, una condanna implicita? con il che si torna però evidentemente al punto di partenza; alla fine della serie di dubbi e interrogativi appena prospettati, ci ritroviamo infatti con una sentenza di accertamento, con riferimento alla quale si tratta di stabilire se essa, laddove non ancora passata in giudicato, legittimi o meno un comportamento quale quello ipotizzato.

Questo essendo e rimanendo, in definitiva, il problema, non per questo le considerazioni appena svolte risultano però inutili. Pur in tutta la loro rapidità e sommarietà, esse da un lato hanno infatti evidenziato ed illustrato la rilevanza del problema medesimo, dall’altro, ed ancor più significativamente, hanno esplicitato le sue componenti. Come detto, la materia coinvolge infatti tre tematiche, e precisamente: la tutela del possesso; l’efficacia delle sentenze di accertamento;

l’esecuzione forzata (segnatamente sotto il profilo della sua necessità o meno, a seconda del tipo di situazione da attuare). Né, si noti, la concorrenza di tali tematiche risulta meramente occasionale ed estrinseca, tale cioè che esse siano bensì destinate a contribuire alla soluzione del problema, ma ciascuna per la propria parte, senza particolari influenze reciproche. Tutto all’opposto, ciò che è destinato ad emergere, come vedremo, è proprio l’esistenza, fra le medesime, di uno stretto legame, tanto sorprendente quanto reciprocamente illuminante.

2. La provvisoria efficacia delle sentenze di accertamento/costitutive nella considerazione abituale:

necessità di un approccio differente

Per quanto concerne l’efficacia delle sentenze di accertamento, così come di quelle costitutive (il problema, com’è noto, è comune ai due tipi di tutela, in contrapposizione alla tutela di condanna), la Cassazione ha ritenuto3:

- che, ottenuto dal promissario acquirente, in primo grado, il trasferimento del bene ex art. 2932 cc, esso non osta alla facoltà del curatore del fallimento del promittente venditore di sciogliersi dal preliminare4;

- che la riassunzione del processo esecutivo a seguito di accertamento dell’obbligo del terzo deve avvenire nel termine obbligatoriamente fissato nella relativa sentenza, a prescindere dal passaggio in giudicato di questa; salva peraltro la necessità di far riferimento al giudicato, ex art. 297 cpc, in mancanza di fissazione del termine5;

- che, ottenuto un decreto ingiuntivo per il pagamento di oneri condominiali, in sede di opposizione non si può tenere conto dell’annullamento delle delibere poste a fondamento della pretesa del condominio, ove la relativa sentenza di primo grado sia stata impugnata6;

- che a seguito della novellazione dell’art. 282 cpc, operata dall’art. 33 l. 353/1990, la sentenza di primo grado di rigetto dell’opposizione all’esecuzione è immediatamente efficace e dunque la riassunzione del processo esecutivo può avvenire già a partire dalla sua pubblicazione (fermo restando che il dies a quo del termine semestrale di riassunzione decorre invece, a norma dell’art.

627 cpc, dal suo passaggio in giudicato o dalla comunicazione della sentenza di appello di rigetto dell’opposizione; come dire, in sostanza che all’indomani della sentenza di primo grado il processo esecutivo può, seppure non deve, essere riassunto)7.

3 Oltre a quanto già riferito nella nota 1.

4 Cass. 6 febbraio 1999 n. 1037, in Il fallimento 2000, 142, Dir. fall. 2000, II, 67.

5 Cass. 29 marzo 2007 n. 7760; Cass. 18 novembre 2010 n. 23325.

6 Cass. 26 marzo 2009 n. 7369, in Foro it. 2009, I, 2699, Giusto processo civ. 2009, 875 (solo massima), con nota di G.

IMPAGNATIELLO, Efficacia provvisoria dell’accertamento e provvisoria esecutività.

7 Cass. 21 novembre 2011 n. 24447.

(3)

www.judicium.it

Ulteriormente, per quanto concerne il problema delle condanne consequenziali/accessorie alle sentenze di accertamento/costitutive, ed in particolare di quelle relative alle spese di lite, la Cassazione, che aveva in un primo momento adottato una tesi restrittiva, sostenendo che il capo sulle spese può costituire titolo esecutivo solo se contenuto in una sentenza principalmente di condanna, dichiarata provvisoriamente esecutiva o provvisoriamente esecutiva per legge8 , successivamente, anche sulla scorta del contrario avviso manifestato della Corte Costituzionale9, ha (fortunatamente) abbandonato tale (improvvido) indirizzo, sancendo, all’opposto, che le statuizioni condannatorie consequenziali/accessorie, ivi comprese quelle sulle spese, sono senz’altro provvisoriamente esecutive, indipendentemente dalla natura (di condanna, di accertamento o costitutiva) e dal segno (accoglimento o rigetto) della decisione principale alla quale conseguono/accedono10.

Più recentemente, essa ha poi affinato il criterio, stabilendo, con riferimento alla condanna consequenziale/accessoria ad una pronuncia costitutiva, che occorre distinguere a seconda che la statuizione condannatoria si ponga, rispetto all’effetto costitutivo, in rapporto di sinallagmaticità oppure di mera dipendenza, la provvisoria esecutività rimanendo esclusa nel primo caso e dovendo invece essere riconosciuta nel secondo11.

La giurisprudenza di merito, dal canto suo, ha fra l’altro ritenuto:

8 Cass. 24 maggio 1993 n. 5837, in Giust. civ. 1994, I, 3248; Cass. 10 luglio 2000 n. 9236, in Foro it. 2001, I, 159, con nota di G. SCARSELLI, La provvisoria esecuzione della condanna alle spese del giudizio (ovvero, la parte che ha ragione non recupera le spese fino al passaggio in giudicato della sentenza?), Giust. civ. 2001, I, 198, con osservazione di M.GATTI, In tema di provvisoria esecutività della condanna alle spese, Corriere giur. 2000, 1599, con nota di C.

CONSOLO, Una non condivisibile conseguenza (la non esecutorietà del capo sulle spese) di una premessa fondata (la non esecutorietà delle statuizioni di accertamento), Informazione prev. 2001, 138.

9 Corte Cost. 16 luglio 2004 n. 232, in Giur. it. 2005, 319, Riv. dir. proc. 2005, 579, con nota di F. DE VITA, Provvisoria esecutività della sentenza, capi accessori, condanna alle spese: la Consulta interviene, Giust. civ. 2005, I, 1447, Nuova giur. civ. comm. 2005, I, 729, con nota di D.VOLPINO, La provvisoria esecutività della condanna alle spese: antichi dilemmi e recenti aperture.

10 Cass. 10 novembre 2004 n. 21367, in Corriere giur. 2005, 1230, con nota di C. PETRILLO, Da un’apprezzabile premessa (l’esecutività di tutti i capi condannatorii) un benvenuto ripensamento sulla esecutività della condanna alle spese, Nuova giur. civ. comm. 2005, I, 729, con nota di D.VOLPINO, La provvisoria esecutività, Riv. es. forz. 2005, 183;

Cass. 26 gennaio 2005 n. 1619, in Giust. civ. 2005, I, 2057, Corriere giur. 2005, 1229, con nota di C.PETRILLO, Da un’apprezzabile premessa (con riferimento alle condanne implicite); Cass. 3 agosto 2005 n. 16262, in Giur. it. 2006, 85;

Cass. 3 agosto 2005 n. 16263; Cass. 31 marzo 2007 n. 8059; Cass. 3 settembre 2007 n. 18512, in Riv. dir. proc. 2008, 1095, con nota di F.MARELLI, L’esecutività della sentenza costitutiva è limitata ai soli capi di condanna accessori?, Giur. it. 2008, 947, con nota di R.CONTE, Sentenze costitutive e provvisoria esecuzione dei capi condannatori: un condivisibile passo avanti della suprema Corte (con una digressione su alcuni problemi aperti), Nuova giur. civ. comm.

2008, I, 643, con nota di L.ZAFFARONI, La provvisoria esecutorietà dei capi condannatori delle sentenze costitutive di primo grado, Corriere giur. 2008, 350, con nota di G.GUIZZI, Inadempimento a preliminare di compravendita ed effetti della sentenza di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. non ancora coperta dal giudicato: un equilibrio difficile, Guida al diritto 39/2007, 42, con nota di E.SACCHETTINI, Gli effetti di una sentenza costitutiva non possono attendere il «giudicato»; Cass. 13 giugno 2008 n. 16003; Cass. 25 gennaio 2010 n. 1283 (ord.). Per un precedente, sia pure implicito (la Corte, nell’escludere che “il giudice, nel pronunciare la risoluzione di un contratto, possa procrastinare […]

la immediata esecutività della sentenza in ordine alla conseguente condanna alle restituzioni” presuppone evidentemente tale immediata esecutività), v. Cass. 7 maggio 1999 n. 4604.

11 Cass. S.U. 22 febbraio 2010 n. 4059, in Foro it. 2010, I, 2082, con osservazione di G.IMPAGNATIELLO, Guida al diritto 11/2010, 50, con nota di M. PISELLI, Il conduttore paga il canone al vecchio proprietario fino a che il trasferimento non passa in giudicato; Cass. 29 luglio 2011 n. 16737, in Foro it. 2012, I, 182, con nota di G.

IMPAGNATIELLO, Ancora sui limiti oggettivi dell’esecuzione provvisoria, Il fallimento 2011, 1398, con nota di M.

GABOARDI, La provvisoria esecutività dei (soli) capi condannatori della sentenza revocatoria fallimentare, Nuova giur.

civ. comm. 2012, I, 55, con nota di P.BONTEMPI, La provvisoria esecutività delle sentenze che accolgono l’azione revocatoria fallimentare di rimesse bancarie in conto corrente. Per un precedente, sia pure limitato all’affermazione secondo la quale le prestazioni corrispettive all’effetto costitutivo non diventano esigibili prima del passaggio in giudicato, v. Cass. 6 aprile 2009 n. 8250.

(4)

www.judicium.it

- che può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva la sentenza che, senza contenere provvedimenti in merito al rilascio dell’immobile locato, accerti l’esistenza dei presupposti richiesti per escludere il diritto alla proroga della locazione, sul presupposto della natura costitutiva e non di mero accertamento di tale sentenza12;

- che può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva la sentenza di primo grado con riferimento alla pubblicazione del dispositivo della sentenza sui giornali13;

- che può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva la sentenza di primo grado costitutiva di una servitù di passo14;

- che può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva la sentenza di primo grado che dichiari la nullità dell’attestazione dell’effettuato aumento di capitale di una società per azioni e ne ordini la cancellazione dal registro delle imprese15;

- che non è suscettibile di provvisoria esecutività, in quanto costitutiva, la sentenza che risolve un contratto per inadempimento16;

- che può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva la sentenza che accerta il rapporto di filiazione naturale, quando vi sia urgenza di definire i rapporti patrimoniali fra le parti17;

- che la provvisoria esecutorietà si riferisce a qualunque effetto, anche di accertamento o costitutivo, per cui deve ritenersi provvisoriamente esecutiva la sentenza che accerti il diritto del lavoratore ad una qualifica superiore e condanni in via generica il datore di lavoro al pagamento delle differenze retributive18;

- che la provvisoria esecutorietà ex art. 282 cpc non applica alle sentenze ex art. 549 cpc, in quanto di mero accertamento19;

- che anche la sentenza ex art. 2932 cc è provvisoriamente esecutiva e che pertanto l’effetto traslativo, così come l’obbligo di pagamento del prezzo, si verificano immediatamente20;

- che, essendo la sentenza di revoca del decreto dichiarativo dello stato di adottabilità provvisoriamente esecutiva, va disposta l’immediata restituzione del minore alla madre naturale21; - che la sentenza che dichiara la nullità di una norma statutaria relativa alla nomina dell’amministratore unico di una srl, in quanto di mero accertamento, non produce effetti prima del giudicato22;

- che dato un bene x intestato ad A, un’ipoteca su tale bene a favore di B, una domanda di C contro A volta alla declaratoria che il bene è in realtà di sua proprietà, trascritta successivamente alla trascrizione dell’ipoteca, ed un pignoramento di B contro A trascritto ancora successivamente, a seguito dell’accoglimento in primo grado della domanda di C l’esecuzione promossa da B prosegue nondimeno quale esecuzione diretta contro A, e non deve essere iniziata di nuovo contro C nelle

12 T. Lecce 10 gennaio 1950, in Dir. giur. 1950, 200, con nota di A.GUARINO, In tema di identificazione di sentenze costitutive e di esecuzione provvisoria delle stesse, Foro salento 1950, II, 19.

13 T. Milano 4 aprile 1955, in Foro it. 1955, I, 905.

14 P. Camporgiano 18 ottobre 1955, in Giur. agr. it. 1956, 449, con osservazione di A.SCHERMI.

15 A. Genova 2 settembre 1958 (decr.), in Foro it. 1959, I, 479.

16 T. Cagliari 28 febbraio 1995, in Riv. giur. sarda 1996, 405, con nota di A.CAO, Brevi considerazioni in tema di clausola risolutiva espressa, risoluzione del contratto per inadempimento e provvisoria esecuzione della sentenza.

17 P. Bologna 4 maggio 1995, in Gius 1995, 2267 (solo massima).

18 P. Napoli 22 dicembre 1995, in Riv. critica dir. lav. 1996, 847, con nota di F.MANNA, Provvisoria esecutorietà e sentenze di accertamento alla luce del nuovo testo dell’art. 282 c.p.c.

19 A. Venezia 28 giugno 1996, in Giur. it. 1997, I, 2, 8.

20 P. Firenze 24 agosto 1997, in Toscana giur. 1999, 1, con osservazione di L.ANSELMO. Contra, nel senso che la sentenza ex art. 2932 cc non è suscettibile di provvisoria esecutività, A. Firenze 13 aprile 1988 (ord.), in Foro it. 1991, I, 1554; A. Bari 12 aprile 1990 (ord.), ibidem.

21 T. min. Perugia 20 luglio 1998, in Dir. fam. 1999, 205, con nota di A.GALOPPINI, Qualche riflessione sui problemi dell’adozione.

22 T. Como 2 novembre 1999, in Giur. it. 2000, 793, con osservazione di E.MURETTINO.

(5)

www.judicium.it

forme dell’esecuzione contro il terzo proprietario, dato che la sentenza in questione, essendo di mero accertamento, non è provvisoriamente esecutiva23;

- che qualunque sentenza, comprese quelle dichiarative/costitutive, deve essere considerata provvisoriamente esecutiva, salvo peraltro verificare in concreto, in base al suo contenuto, se essa sia suscettibile di esecuzione24;

- che l’art. 282 cpc si applica non alle sole sentenze formalmente di condanna, ma “a tutte le pronunce la cui statuizione presupponga un’attuazione coattiva in mancanza di spontaneo adempimento”, e che pertanto a seguito di sentenza ex art. 2932 cc può procedersi ad esecuzione per ottenere il rilascio del bene anche in assenza di un’espressa statuizione di condanna in tal senso25; - che il lodo arbitrale dichiarativo dell’avvenuto trasferimento di quote di una srl può essere iscritto nel registro delle imprese anche se impugnato per nullità26;

Questo essendo, sia pure a grandi linee e senza pretesa di esaustività, lo stato della giurisprudenza, la sensazione che più immediatamente si avverte, giuste o sbagliate che siano le affermazioni riferite, è quella che i fenomeni in questione, così come altri analoghi [si pensi alle altre ipotesi di esecuzione c.d. amministrativa o in senso improprio (trascrizione, iscrizione, annotazione od altra forma di pubblicità della sentenza) oppure alle altre variazioni sul tema dell’interferenza fra processi]27, e quello al quale ha riferimento la provvisoria esecutività della sentenza di condanna siano fra loro disomogenei e pertanto difficilmente comparabili; dal che, fra l’altro, la scarsa utilità, tanto in un senso come nell’altro, del riferimento al dato normativo fondamentale in materia, vale a dire l’art. 282 cpc: premesso il verosimile riferimento di tale articolo alla sola condanna (pur non contenendo né esso, né il successivo art. 283, alcun esplicito riferimento in tal senso, questo appare nondimeno abbastanza univocamente sottinteso dal riferimento all’esecutività28 ed all’esecuzione, da essi operato, ed a maggior ragione sembra del resto imporsi, alla luce dell’univoco tenore degli artt. 431 e 447bis cpc29), la detta disomogeneità rende altrettanto poco concludente sia, per un verso, l’invocazione dell’analogia, sia, per l’altro,

23 T. Padova 30 settembre 2000 (ord.), in Riv. es. forz. 2002, 282, con nota di G.TOTA, Sugli effetti della domanda giudiziale ex art. 2652 c.c. trascritta medio tempore tra l’iscrizione di ipoteca e la trascrizione del pignoramento.

24 T. Catania 10 luglio 2003 (ord.), in Foro it. 2004, I, 1913. Analogamente, nel senso che la sentenza costitutiva può essere dichiarata provvisoriamente esecutiva quando il diritto costituito è suscettibile di esecuzione forzata, v. già T.

Napoli 22 settembre 1953, in Foro nap. 1953, I, 137 (solo massima).

25 T. Venezia 26 aprile 2010, in Foro it. 2010, I, 2082, con osservazione di G.IMPAGNATIELLO.

26 Giudice reg. imprese Milano 25 ottobre 2010 (decreto), in Foro it. 2012, I, 182, con nota di G. IMPAGNATIELLO, Ancora sui limiti.

27 Questa la problematica con il quale da sempre si confronta, con orientamento oscillante, anche la dottrina: v. ad esempio, oltre alle note già citate, V.ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, II3, Napoli 1956, 274; F.

CARNELUTTI, Lezioni di diritto processuale civile. Processo di esecuzione, I, Padova 1932, 230 ss.; F. CARPI, Esecutorietà (dir. proc. civ.), in Enc. giur., Roma 1995, 3 ss.; ID., La provvisoria esecutorietà della sentenza, Milano 1979, 59 ss.; G. CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, I2, ristampa anastatica, Napoli 1960, 207; C.

CONSOLO(-F.P. LUISO-B. SASSANI), Commentario alla riforma del processo civile, Milano 1996, 262 ss.; G. DE STEFANO, Esecuzione provvisoria della sentenza, in Enc. dir., XV, Milano 1966, 513 s.; P. D’ONOFRIO, Commento al codice di procedura civile, I4, Torino 1957, 472; F.LANCELLOTTI, Esecuzione provvisoria, in Nss. Dig. it., VI, Torino 1960, 792 s.; G.A. MICHELI, Corso di diritto processuale civile, I, Milano 1959, 58; G.MONTELEONE, Esecuzione provvisoria, in Digesto civ., VII, Torino 1991, 645 ss.; G.PAVANINI, Accertamento giudiziale, in Nss. Dig. it., I, Torino 1957, 126; E.REDENTI, Diritto processuale civile, II2, ristampa, Milano 1957, 263 (diversamente E.REDENTI M.

VELLANI, Diritto processuale civile, con la collaborazione di C. VELLANI, Milano 2011, 326 s.); S. SATTA, Commentario al codice di procedura civile, II, 1, ristampa riveduta e corretta, Milano 1966, 342 ss.; R.VACCARELLA(- B.CAPPONI-C.CECCHELLA), Il processo civile dopo le riforme, Torino 1992, 264 e 280 ss.; M.T.ZANZUCCHI, Diritto processuale civile, I6, a cura di C. VOCINO, Milano 1964, 154 e 177; da ultimo v. poi G. IMPAGNATIELLO, La provvisoria esecuzione e l’inibitoria nel processo civile, I, edizione aggiornata, Milano 2010, 232 ss., in part. 289 ss., al quale si rinvia per ulteriori indicazioni.

28 Come accennato (§ 1), per le sentenze di accertamento/costitutive in questione è semmai l’“efficacia”.

29 Contra, nel senso dell’interpretabilità dell’art. 282 cpc come riferito all’efficacia in genere della sentenza, G.

IMPAGNATIELLO, La provvisoria esecuzione, 320 ss., sul quale v. la nota 36.

(6)

www.judicium.it

l’argomento a contrario. Da un lato (sentenza di condanna) in questione è infatti la concreta, materiale, attuazione del contenuto del rapporto, dall’altro (sentenza di accertamento/costitutiva) vengono invece in considerazione profili esterni a tale contenuto; riflessi, volta a volta sostanziali, processuali o amministrativo/pubblicitari, dell’accertamento o della modifica giuridica prodotta30.

Da qui una situazione nella quale nessun argomento, né in positivo né in negativo, risulta realmente decisivo e dunque un’impasse dalla quale appare difficile uscire.

Per cercare di venire a capo del problema, occorre dunque adottare un approccio differente.

Occorre, fondamentalmente, cercare di trovare un terreno di confronto in qualche modo comune ai diversi tipi di tutela ed a questo proposito la fattispecie dalla quale abbiamo preso le mosse ed il collegamento con la tutela del possesso rappresentano, come riscontreremo, spunti veramente preziosi.

Prima di addentrarci in tale opera, sono peraltro necessari alcuni, non meno importanti, chiarimenti preliminari.

3. Chiarimenti preliminari

Da un primo punto di vista, va innanzitutto sottolineato che il problema qui in esame è non solo diverso, ma anche indipendente da quello relativo a quale sia e come si produca l’effetto dell’accertamento. Esso non risulta cioè da quest’ultimo neppure indirettamente influenzato.

Premesso che l’accertamento un qualche tipo di novità, grande o piccola che sia, la introduce, e scontato che tale novità interviene una volta che la sentenza sia passata in giudicato, ciò che qui interessa appurare è infatti esclusivamente se essa si produca già, interlocutoriamente, a seguito della sentenza di primo (o di secondo) grado; ed a tale proposito rimane evidentemente irrilevante la natura e/o la struttura del mutamento in discorso31.

Da un secondo punto di vista, occorre poi precisare quali siano le sentenze di accertamento da prendere in considerazione, o comunque con riferimento alle quali ragionare. Proprio nell’ottica, sopra prospettata, di cercare di porre il problema in termini omogenei rispetto alla tutela di condanna, potrebbe infatti sembrare che il termine di raffronto più idoneo dovesse essere l’accertamento di un credito. Così viceversa non è, e la ragione ben si comprende, ove si consideri che in realtà non è affatto scontato che l’accertamento di un credito sia cosa diversa dalla condanna (o, in senso inverso, che la condanna sia cosa diversa dall’accertamento di un credito)32. A fronte di un’analisi, condotta con riferimento a tale fattispecie, si potrebbe dunque obiettare che l’accertamento in questione non è semplicemente omogeneo rispetto alla condanna, bensì, più in radice, si identifica con essa; e che pertanto quello relativo ad esso per un verso è un non-problema, per altro verso non riguarda l’accertamento propriamente inteso. Anche a prescindere da tale, radicale, obiezione, è poi comunque indubbio che la sovrapposizione della questione in discorso a quella che qui interessa (possibilità di anticipare l’efficacia delle sentenze di accertamento) rappresenta una complicazione ed un fattore potenzialmente distorsivo, che, quale che sia la conclusione raggiunta in merito alla seconda, non può evidentemente che indebolirla.

Onde evitare questo tipo di obiezioni e di difficoltà, il discorso deve allora essere condotto con riferimento alla fattispecie più tipica e sicura di accertamento, vale a dire all’accertamento di una situazione assoluta (es.: proprietà), o a quello di un rapporto obbligatorio complesso, in quanto tale (es.: sussistenza della locazione) o con riferimento a caratteristiche generali (es.: ammontare del

30 Sulla scarsa decisività del diritto positivo v. anche in fine del § 3.

31 Su tali temi v., se vuoi, M.FORNACIARI, Lineamenti di una teoria generale dell’accertamento giuridico, Torino 2002, in part. capp. III e V.

32 Per qualche spunto in proposito v., se vuoi, M. FORNACIARI, Situazioni potestative, tutela costitutiva, giudicato, Torino 1999, nota 25.9 pp. 133 ss.

(7)

www.judicium.it

canone), a prescindere cioè dalle singole coppie diritto-obbligo che lo compongono (es.: credito relativo alle singole mensilità del canone).

In effetti, quantomeno da un certo punto di vista (sattianamente), in questione non è tanto, o comunque non è solo, un problema di tipo di tutela, quanto, o comunque anche, di oggetto di essa;

vale a dire di situazione sostanziale sottoposta all’esame del giudice. E’ proprio in ragione della differente struttura delle varie situazioni sostanziali, infatti, che si apprezza a pieno e nella sua purezza la differenza fra la condanna ed il mero accertamento. Ed è dunque mettendo in conto tale differenza, e ragionando sulla base di essa, che può più attendibilmente saggiarsi se ed in quali limiti anche il secondo sia passibile di un’efficacia anticipata.

Da un terzo punto di vista, bisogna ulteriormente mettere a fuoco quali siano gli effetti in questione; quelli, cioè, della cui anticipabilità o meno si tratta. Premesso che l’accertamento consiste nell’attestazione vincolante circa il modo di essere di un rapporto, tale cioè che esso non può più essere messo in discussione, il suo effetto (o, per meglio dire, il suo risultato33) principe consiste infatti nella produzione di certezza in merito al suddetto rapporto. Sostanzialmente lo stesso vale poi per la sentenza costitutiva, sia pure, com’è ovvio, previa modifica del rapporto in questione e dunque con riferimento al risultato di tale modifica. Si potrebbe dunque pensare che precisamente questa statuizione, dichiarativa in un caso, costitutiva nell’altro, circa il modo di essere del rapporto, la certezza in merito ad esso, costituisse l’oggetto dell’anticipazione in discorso.

Così però non è, e ciò semplicemente perché la certezza provvisoria, che l’anticipazione in discorso produrrebbe, rappresenta in realtà una contraddizione in termini: la certezza è, per sua stessa essenza, definitiva; finché non è tale, non di certezza si tratta, bensì di mera probabilità; e poiché la definitività si avrà solo con il giudicato, è solo a seguito di quest’ultimo che, come giustamente (ma mi sentirei di dire ricognitivamente) sancito nell’art. 2909 cc, potrà parlarsi di certezza. Con riferimento a quest’ultima, parlare di efficacia provvisoria non ha insomma alcun senso34.

Altro è poi che, prima di tale momento, il comportamento dei soggetti sia provvisoriamente regolato dalla statuizione contenuta nella sentenza non definitiva. Questo, che è ovviamente ben possibile (precisamente a ciò si riferisce la provvisoria esecutività della condanna), è però evidentemente un fenomeno differente, che non ha niente a che vedere con la certezza, tant’è che può verificarsi anche a seguito di un provvedimento cautelare, con riferimento al quale la certezza è esclusa per definizione.

Quando si parla di provvisoria efficacia della sentenza di accertamento/costitutiva, non ad un’anticipazione della certezza si ha dunque riferimento, bensì a quelle che in generale potremmo identificare come conseguenze della statuizione, dichiarativa o costitutiva, contenuta nella sentenza.

Il che è del resto abbastanza evidente, se si ripensi alle ipotesi prese in considerazione dalla giurisprudenza, sopra riferite. Ed anzi, vale più in generale, anche con riferimento alla sentenza di condanna, con riferimento alla quale ciò di cui si tratta, secondo quanto appena detto, è di adeguare i comportamenti dei soggetti – e segnatamente quello dell’obbligato – alla statuizione provvisoria circa il modo di essere del rapporto. Sempre, allorché ci si interroga in merito all’efficacia provvisoria di una sentenza, il problema concerne cioè, quale che sia il tipo di sentenza, le

33 Sulla differenza – ai presenti fini peraltro non rilevante – v. M.FORNACIARI, Lineamenti, 100 ss.

34 Nel senso che “la certezza giuridica [non] può essere provvisoria”, G.CHIOVENDA, Istituzioni, 207. Nel senso che”finché la sentenza non è passata in giudicato non possiamo ancora dire se le regole di condotta in essa contenute sono veramente vincolanti per le parti, poiché vi è sempre la possibilità che, attraverso le impugnazioni ordinarie, si giunga al risultato che quelle regole di condotta non sono mai state vincolanti per le parti”, F.P. LUISO, Diritto processuale civile, II, Il processo di cognizione6, Milano 2011, 206. Nel senso che “la certezza, per essere tale, presuppone che la sentenza abbia acquisito quel grado di stabilità che si identifica col giudicato formale”, G.

IMPAGNATIELLO, Sentenze costitutive, condanne accessorie e provvisoria esecutorietà, in Riv. trim. dir. proc. civ. 2005, 757 (dello stesso Autore v. peraltro anche La provvisoria esecuzione, 304 s., dove si afferma che “[q]uesto, tuttavia, non significa che non possa esistere un’efficacia dichiarativa provvisoria, che produca i propri effetti sulla fattispecie sostanziale anche prima che si formi il giudicato”).

(8)

www.judicium.it

conseguenze della statuizione in essa contenuta. Tutto sta in sostanza a vedere – questo il punto – quali siano le conseguenze, in relazione alle quali sia configurabile un’anticipazione.

Da un quarto, ed ultimo, punto di vista, è infine necessario rimarcare nuovamente la già segnalata scarsa decisività, in materia, del diritto positivo. Premesso che l’art. 282 cpc, anche a non volerlo riferire senz’altro alle sentenze di condanna, come pure si è sopra prospettato essere verosimile35, di certo non sancisce espressamente la provvisoria efficacia delle sentenze di accertamento/costitutive, da un primo punto di vista è infatti indubbio che tale provvisoria efficacia, laddove sistematicamente da escludere, non può dirsi positivamente imposta. Da un secondo punto di vista, posto viceversa che essa debba ritenersi sistematicamente giustificata, è però altrettanto indubbio che il dato normativo, pur non arrecando in proposito alcun ausilio significativo, neppure frappone ostacoli particolari, dato che, anche nell’ottica del riferimento dell’articolo in questione alle sentenze di condanna, non vi è ragione, ammessa l’eadem ratio, di non far ricorso all’analogia.

Tanto in un senso, quanto nell’altro, è insomma sul piano sistematico che la soluzione deve trovare la propria ragion d’essere e la propria giustificazione36.

4. Necessità di porre il problema in termini omogenei rispetto a quelli della tutela di condanna Secondo quanto detto poc’anzi37, il problema, in termini generali, è quello dell’anticipabilità o meno delle conseguenze della statuizione, principalmente contenuta nella sentenza. Più specificamente, posto che per quanto in particolare concerne la tutela di condanna tale anticipazione è scontata, ciò che si tratta di verificare è se ciò valga anche per la tutela di accertamento/costitutiva.

La difficoltà della risposta a tale interrogativo dipende, secondo quanto parimenti visto, dal fatto che le conseguenze – varie, come visto – che vengono in considerazione con riferimento a quest’ultima (la tutela di accertamento/costitutiva) sono disomogenee rispetto a quella – concreta, materiale, attuazione del contenuto del rapporto fra le parti – che viene in considerazione con riferimento alla prima (la tutela di condanna); laddove, per porre il problema su un terreno comune, occorrerebbe viceversa che esse risultassero (se non identiche, il che è ovviamente impossibile, nondimeno) in qualche modo assimilabili.

Il primo, dirimente, interrogativo da porre è dunque quello se veramente non sia possibile rinvenire un siffatto terreno problematico comune. Concretizzando la cosa, posto che nella

35 § 2.

36 Quanto alle altre, specifiche, norme rilevanti in materia (per limitarsi ai codici, si vedano in particolare, oltre ai già citati artt. 283, 431 e 447bis cpc, gli artt. 297, 337, 395 n. 5, 447, 549, 627, 730 e 829 n. 8 cpc, gli artt. 3 e 651 ss. cpp, gli artt. 421 e 431 cc; per la normativa extra codici v. G. IMPAGNATIELLO, La provvisoria esecuzione, 309 e 323 ss.), esse sono ancor meno decisive. Per un verso contengono infatti indicazioni reciprocamente contraddittorie. Per altro verso, come sempre accade in presenza di disposizioni relative a casi particolari, possono con identico fondamento essere ritenute tanto espressione di un principio generale quanto eccezioni.

In un’ottica diametralmente opposta v. invece G.IMPAGNATIELLO, La provvisoria esecuzione, 320 ss., secondo il quale, “trattandosi di un problema di strettissimo diritto positivo, va risolto esclusivamente sulla base delle indicazioni che emergono dalla legge”. Non mi pare peraltro che la relativa dimostrazione risulti tranchant. Dall’indubbia generale approssimazione nell’uso, da parte del legislatore, dei termini “esecutorietà”, “efficacia esecutiva” ed “esecuzione” – questo il dato sul quale fa leva l’Autore – si può infatti al più dedurre la possibilità che anche nell’art. 282 cpc l’espressione “provvisoriamente esecutiva” rimandi non all’esecuzione vera e propria ma, più ampiamente e genericamente, all’efficacia della sentenza, quale che sia il suo contenuto. Questo non fornisce però ancora la prova, in positivo, che quella in discorso sia effettivamente l’accezione corretta, per cui, in realtà, alla fine il vero argomento a favore di tale accezione consiste in ciò, che “non si comprendono le ragioni per le quali le esigenze che stanno a fondamento del conferimento dell’esecutività ipso iure alle sentenze di condanna non debbano valere anche per le sentenze costitutive e dichiarative”. Il che, beninteso, è giustissimo, solo che in tanto risulta realmente significativo, in quanto si riesca a conferire omogeneità al raffronto, che è per l’appunto quanto si sta cercando di fare con il presente lavoro.

37 § 3, a conclusione del terzo chiarimento.

(9)

www.judicium.it

condanna ciò di cui si tratta è l’adeguamento del comportamento dell’obbligato al dover essere sancito nella sentenza, quello che occorre chiedersi è in sostanza se alcunché di analogo sia riscontrabile anche nel caso della tutela di accertamento/costitutiva.

Questo essendo il quesito, la possibilità di fornire una risposta positiva sembrerebbe peraltro inesorabilmente esclusa. Al netto delle condanne consequenziali/accessorie alle sentenze di accertamento/costitutive (che sono appunto condanne), le ipotesi concretamente vagliate dalla giurisprudenza, sopra riferite, sembrano infatti dimostrare in modo inequivoco che nell’ambito della tutela di accertamento/costitutiva la problematica che si agita è di tipo completamente differente. Né, del resto, la cosa stupisce. Nelle sentenze di accertamento, che abbiamo visto dover essere prese in considerazione (quelle aventi ad oggetto una situazione assoluta o un rapporto obbligatorio complesso)38, non vi è infatti alcun comportamento, che il soggetto passivo sia obbligato a tenere ed in relazione al quale l’anticipazione possa essere anche solo ipotizzata. Nelle sentenze costitutive, poi, esso è bensì configurabile, ma la sua anticipazione rientra nell’ambito della tematica delle condanne consequenziali, delle quali si è appena detto39.

A meglio riflettere, questo non è però interamente vero. Non, beninteso, nel senso che le ipotesi prese in considerazione non siano disomogenee rispetto al fenomeno al quale si riferisce la provvisoria esecutività della condanna. Al contrario, tale disomogeneità è effettiva ed insuperabile.

Così come è indiscutibile che nelle sentenze di accertamento e – al netto delle condanne consequenziali – in quelle costitutive non si ha a che fare con un obbligo di comportamento del soggetto passivo. Il punto è però che, oltre alle suddette ipotesi, ne esistono anche altre – per la cui individuazione risultano preziosi, secondo quanto anticipato40, la fattispecie dalla quale abbiamo preso le mosse ed il collegamento con la tutela possessoria – con riferimento alle quali, pur fuori questione un obbligo di comportamento del soggetto passivo, un’omogeneità è viceversa riscontrabile.

Fondamentalmente, come spesso accade, occorre mutare prospettiva.

5. Effettiva configurabilità di un piano problematico omogeneo fra la tutela di accertamento/costitutiva e quella di condanna, in un’ottica possessoria

Se si ricorda, sopra, nel chiarire che con riferimento alla certezza un’anticipazione non è possibile, essendo la certezza provvisoria un concetto intimamente contraddittorio, si era aggiunto che altro discorso è quello relativo alla provvisoria regolamentazione del comportamento dei soggetti ad opera della statuizione contenuta nella sentenza non definitiva41. Poi, parlando della tutela di condanna, abbiamo detto che ciò che viene in considerazione con riferimento ad essa, e che non è presente nella tutela di accertamento/costitutiva, è, più specificamente, l’adeguamento alla statuizione in discorso del comportamento dell’obbligato42.

Ebbene, il punto è che la differenza in questione, che esiste e che rimane insuperabile, guardando il fenomeno dal lato del soggetto passivo del rapporto, scompare laddove esso venga invece guardato dal lato del soggetto attivo. E segnatamente laddove tale comportamento venga preso in considerazione in chiave possessoria.

38 § 3, secondo chiarimento.

39 Nel senso che solo la sentenza di condanna, non anche quella di accertamento/costitutiva, postula un’esigenza di adeguamento della realtà al decisum, Cass. 6 febbraio 1999 n. 1037, cit.

40 § 2.

41 § 3.

42 §§ 3 e 4.

(10)

www.judicium.it

La soluzione non è, mi rendo conto, evidente di per sé. Anzi, a prima impressione l’assunto apparirà, verosimilmente, abbastanza astruso. A meglio riflettere, l’inquadramento proposto è tuttavia destinato, credo, non solo a chiarirsi, ma anche a rivelarsi effettivamente risolutivo.

Per cercare di rendere la cosa il più semplice possibile, ragioniamo con riferimento a due fattispecie elementari: condanna del convenuto a tenere un determinato comportamento ed accertamento del diritto di proprietà dell’attore.

Da un certo punto di vista – quello più abituale – quello che viene in considerazione è: nel primo caso un comportamento del convenuto, in chiave di doverosità; nel secondo una serie di comportamenti dell’attore, in chiave di liceità (la proprietà implica la facoltà, per il soggetto riconosciuto proprietario, di utilizzare il bene in modo tendenzialmente libero e dunque di tenere, su di esso, o con riferimento ad esso, i più svariati comportamenti). A ben vedere, anche la prima fattispecie può tuttavia essere contemplata dal punto di vista dell’attore. Non già, si noti, con riferimento all’aspetto generalmente preso in considerazione in proposito, vale a dire alla pretesa a che il convenuto tenga il comportamento dovuto, bensì con riferimento alla possibilità, in caso di inadempimento, di ottenere altrimenti, e segnatamente in via esecutiva, la soddisfazione del proprio interesse; vale in sostanza a dire di sostituirsi all’obbligato, sia pure per il medio dell’ufficio esecutivo, nella tenuta del comportamento al quale ha diritto.

In quest’ottica, ecco dunque che la situazione obbligatoria e quella assoluta, irrimediabilmente disomogenee dal lato passivo (presenza nella prima ed assenza nella seconda di un comportamento dovuto), recuperano, sia pure con tutte le cautele del caso – e soprattutto senza pretendere di derivare da questo indebite assimilazioni di carattere generale – un profilo di affinità:

in entrambi i casi vi è (vi può essere) un comportamento – o, se si preferisca, un’attività – del soggetto attivo, primario/a in un caso (situazione assoluta), secondario/a e sostitutivo/a nell’altro (situazione obbligatoria).

Questo è peraltro solo il primo passo del ragionamento. Ulteriormente, e da un altro punto di vista, occorre a questo punto considerare la posizione del soggetto passivo. Non però, si faccia attenzione, con riferimento al comportamento che questi sia o meno obbligato a tenere, bensì con riferimento al fatto che il bene, al quale si riferisce il comportamento, primario o secondario, dell’avente diritto, sia o meno nella sua (del soggetto passivo) disponibilità materiale. Banalmente, poniamo che Tizio sia proprietario e possessore del fondo A e Caio proprietario e possessore del fondo B: quando Tizio, proprietario del fondo A, compie un atto di godimento di quest’ultimo, egli tiene un comportamento su un bene del quale Caio non ha alcuna disponibilità materiale; viceversa, posto che Caio, obbligato nei confronti di Tizio a svolgere o ad omettere una certa attività sul fondo B, sia inadempiente a tale obbligo, quando Tizio si sostituisce a lui, egli, tramite l’ufficio esecutivo, tiene un comportamento su un bene che è nella disponibilità materiale di Caio.

Chiarito questo, se, su tale base, passiamo a ragionare in chiave possessoria, abbiamo quanto segue.

Nel secondo caso, Tizio, laddove tenesse il comportamento in questione in prima persona, commetterebbe un illecito possessorio. Perché ciò non accada, egli deve agire tramite l’ufficio esecutivo, e la ragione consiste in ciò, che il bene, in relazione al quale il comportamento deve essere tenuto, rientra nella disponibilità materiale di Caio. Il fatto che per tenere quel comportamento debba invadere la sfera di disponibilità materiale di Caio fa sì che egli non possa agire direttamente, ma debba servirsi dell’esecuzione.

Nel primo caso, viceversa, Tizio può senz’altro tenere il comportamento in questione, senza commettere alcun illecito possessorio, e la ragione consiste, specularmente, in ciò, che il bene, in relazione al quale il comportamento deve essere tenuto, rientra nella propria sfera di disponibilità materiale. Il fatto che per tenere quel comportamento non debba uscire dalla propria sfera di disponibilità materiale fa sì che egli possa agire direttamente, senza servirsi dell’esecuzione.

(11)

www.judicium.it

Tale quadro è peraltro incompleto. Oltre alle ipotesi formulate occorre infatti mettere in conto anche un ulteriore, determinante, fattispecie, vale a dire quella nella quale il bene, in relazione al quale il comportamento deve essere tenuto, si trovi nella disponibilità materiale tanto di Tizio quanto di Caio. Si tratta esattamente della fattispecie dalla quale avevamo preso le mosse: essendo Tizio proprietario del fondo A, sul quale Caio esercita il passo (dunque il fondo è nella disponibilità tanto di Tizio quanto di Caio), Tizio chiude il fondo.

In questa ipotesi, la situazione risulta, com’è evidente, più complessa rispetto alle due fattispecie precedenti: per un verso è indubbio che Tizio, chiudendo il fondo, viola la sfera di disponibilità materiale di Caio; per altro verso è però altrettanto indubbio che egli non agisce al di fuori della propria sfera di disponibilità materiale. Dal primo punto di vista, egli, agendo direttamente, commette dunque un illecito possessorio. Dal secondo punto di vista, per agire egli non ha però necessità di ricorrere all’esecuzione forzata. Come si risolve dunque tale apparente contraddizione?

Si risolve considerando che in realtà le prospettive di azione, da parte di Tizio, non sono due, bensì tre. In questione non è cioè solo: a) l’agire direttamente; b) l’agire esecutivamente. In questione è invece, più articolatamente: a) l’agire direttamente senza previo accertamento/costituzione del proprio diritto; b) l’agire direttamente ma previo accertamento/costituzione del proprio diritto; c) l’agire esecutivamente. In tale ottica, ecco allora qual è la soluzione della terza fattispecie: Tizio, che pure non ha bisogno dell’esecuzione, in quanto la sua azione rimane all’interno della propria sfera di disponibilità materiale, non commette illecito possessorio a patto che agisca sulla base di un accertamento/costituzione del proprio diritto; e la ragione di tale necessità consiste nel fatto che la sua azione, pur rimanendo all’interno della propria sfera di disponibilità materiale, nondimeno coinvolge anche quella di Caio; diversamente, si aggiunga, da ciò che accade nella prima delle fattispecie di cui sopra, nella quale, all’opposto, l’azione di Tizio, oltre a rimanere all’interno della propria sfera di disponibilità materiale, non coinvolge quella di Caio43.

Tale soluzione è peraltro abbastanza intuibilmente destinata a reagire anche sulle considerazioni precedenti. Alla luce di quanto appena detto, ben si comprende, infatti, che per compiutamente inquadrare le fattispecie che possono presentarsi occorre considerare non solo la disponibilità materiale del soggetto passivo, ma anche quella del soggetto attivo. Le ipotesi da prendere in considerazione – corrispondentemente integrando la connotazione delle prime due fattispecie prese in esame – sono cioè le seguenti: 1) comportamento che incide su un bene che rientra (nella sfera di disponibilità materiale del soggetto attivo e non invece in quella del soggetto passivo, vale a dire) nella sfera di disponibilità materiale esclusiva del soggetto attivo; 2) comportamento che incide su un bene che rientra (nella sfera di disponibilità materiale del soggetto passivo e non invece in quella del soggetto attivo, vale a dire) nella sfera di disponibilità materiale esclusiva del soggetto passivo; 3) comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale di entrambi i soggetti.

Chiarito questo, risulta a tal punto agevole, combinando tale tripartizione con la triplice prospettiva di azione del soggetto attivo, della quale si è detto poc’anzi, ottenere il seguente quadro, questo sì effettivamente completo: - allorché in questione è un comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale esclusiva del soggetto attivo, questi può agire direttamente, senza commettere illecito possessorio, anche senza il previo accertamento/costituzione del proprio diritto; - allorché in questione è un comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale esclusiva del soggetto passivo, il soggetto attivo, per non commettere illecito possessorio, deve servirsi dell’esecuzione; - allorché in

43 Circa il motivo per il quale, nell’ipotesi in questione (coinvolgimento della sfera di disponibilità materiale di Caio pur rimanendo all’interno della propria), Tizio non commette un illecito possessorio, allorché agisca in presenza di un accertamento/costituzione circa il proprio diritto, v. la nota 44.

(12)

www.judicium.it

questione è un comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale di entrambi i soggetti, il soggetto attivo può agire direttamente, senza commettere illecito possessorio, ma solo previo accertamento/costituzione del proprio diritto44.

Sulla base di tale sintesi, ecco allora spiegato, secondo quanto anticipato, come, mutando prospettiva, e segnatamente ponendosi dal punto di vista del soggetto attivo, ed inoltre mettendo in campo la prospettiva possessoria, risulta possibile rinvenire un terreno di confronto comune fra la tutela di condanna e quella di accertamento/costitutiva, pur nell’innegabile differenza, rappresentata dalla presenza nella prima, e dall’assenza, nella seconda, di un comportamento dell’obbligato. Tale terreno di confronto, che emerge appunto dalla suddetta sintesi, è infatti quello relativo alle condizioni della liceità possessoria del comportamento (sia esso primario o secondario) del soggetto attivo.

6. Sviluppo e messa a frutto di tale prospettiva, nel segno della conferma della provvisoria efficacia anche della sentenza di accertamento/costitutiva

Ottenuto il risultato che precede, e ritornando a questo punto al tema che qui principalmente interessa, vale quello relativo alla provvisoria efficacia della sentenza di accertamento/costitutiva, comincia ad intuirsi, credo, l’utilità della prospettiva adottata.

Procedendo per gradi, cominciamo intanto con il chiarire che la seconda ipotesi (comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale esclusiva del soggetto passivo) corrisponde alla tutela di condanna (in questione, da parte del soggetto attivo, è un comportamento secondario, resosi necessario a seguito dell’inadempimento del soggetto passivo), mentre tanto la prima quanto la terza ipotesi (comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale esclusiva del soggetto attivo e comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale di entrambi i soggetti) corrispondono alla tutela di accertamento/costitutiva (in questione, da parte del soggetto attivo, è il comportamento, primario, di esercizio del proprio diritto)45.

44 Il motivo per il quale, nella terza fattispecie (comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale di entrambi i soggetti) il soggetto attivo non commette un illecito possessorio, allorché agisca in presenza di un accertamento/costituzione circa il proprio diritto, è il medesimo per il quale tale accertamento/costituzione rende possessoriamente lecita l’aggressione esecutiva nella seconda fattispecie (comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale esclusiva del soggetto passivo).

L’effetto dell’accertamento/costituzione del diritto del soggetto attivo sulla resistenza possessoria della sfera di disponibilità materiale del soggetto passivo non può infatti non essere identico nelle due fattispecie, salva poi, per altro verso, la necessità o meno dell’esecuzione forzata in dipendenza della diversa variabile relativa al fatto che l’azione rimanga comunque all’interno della sfera di (con)disponibilità materiale del soggetto attivo oppure no.

In sostanza, il punto è cioè il seguente: in tutti i casi, l’accertamento/costituzione rimuove l’ostacolo rappresentato dalla sfera di disponibilità materiale del soggetto passivo; a seconda dei casi, tale rimozione si traduce poi a volte nel legittimare l’aggressione esecutiva, altre volte nel legittimare l’azione diretta del soggetto attivo; la prima ipotesi si verifica quando il bene, sul quale quest’ultimo deve operare, si trova al di fuori della sua sfera di (con)disponibilità materiale, la seconda quando esso si trova invece all’interno di tale sfera (sull’illiceità possessoria delle alterazioni unilaterali dello stato di fatto, anche in presenza del diritto di conseguirle, vuoi allorché tali alterazioni incidono su un bene che esula dalla sfera di disponibilità materiale del soggetto attivo, vuoi allorché esse incidono su un bene che rientra in tale sfera, ma che nondimeno pregiudicano la (con)disponibilità materiale altrui, nonché sulla necessità nel primo caso dell’esecuzione forzata, nel secondo del previo accertamento del diritto, v. già M.FORNACIARI, Il possesso e la sua tutela, Torino 2012, 112 ss.).

45 Quanto alla terza ipotesi, che, come subito vedremo, è quella che qui in particolare interessa, potrà ad esempio variamente trattarsi – con effetti, a quanto mi pare, per ciò che qui interessa equivalenti – della statuizione, dichiarativa o costitutiva, dell’inesistenza della servitù di passo della quale dicevamo (in via di accoglimento della negatoria servitutis o di rigetto della confessoria servitutis, oppure di annullamento, risoluzione o rescissione del contratto che la

(13)

www.judicium.it

Chiarito questo ed accantonando a questo punto la prima ipotesi (comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale esclusiva del soggetto attivo), che, come visto, non pone problemi possessori di sorta, per quanto concerne la seconda e la terza (comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale esclusiva del soggetto passivo e comportamento che incide su un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale di entrambi i soggetti), queste vanno innanzitutto più semplicemente e perspicuamente connotate. Alla luce del chiarimento appena fornito, risulta infatti a questo punto abbastanza evidente che in questione sono: da un lato la condanna del soggetto passivo a tenere un determinato comportamento relativamente ad un bene che rientra nella propria sfera di disponibilità materiale esclusiva: dall’altro l’accertamento/costituzione del diritto del soggetto attivo di tenere un determinato comportamento relativamente ad un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale tanto propria quanto del soggetto passivo.

Questi essendo i termini del problema, ben si comprende, mi pare, quale sia il passaggio successivo. Ipotizzando infatti che la sentenza di accertamento/costitutiva non sia provvisoriamente efficace, lo scenario sarebbe il seguente: qualora si tratti, da parte del soggetto attivo, di agire (sostitutivamente) con riferimento ad un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale esclusiva del convenuto, vale a dire non solo di arrecare pregiudizio a tale sfera, ma anche di uscire dai confini della propria, essendo in questione una condanna, come tale provvisoriamente esecutiva, lo scudo possessorio del soggetto passivo verrebbe meno già sulla base della sentenza di primo grado; qualora si tratti invece, da parte del medesimo soggetto, di agire con riferimento ad un bene che rientra nella sfera di disponibilità materiale tanto propria quanto del soggetto passivo, vale a dire bensì di arrecare pregiudizio alla sfera di disponibilità materiale di quest’ultimo, ma senza uscire dai confini della propria, e dunque di tenere un comportamento meno espansivo e, come tale, indubbiamente meno grave, il medesimo scudo possessorio resisterebbe invece fino al giudicato.

Ebbene, poiché quello in questione è uno scenario indiscutibilmente contraddittorio ed insensato, non resta che ammettere che anche la sentenza di accertamento/costitutiva deve essere ritenuta provvisoriamente efficace.

7. Conferma teorico-sistematica della conclusione raggiunta

Espressa in questo modo, sembrerebbe peraltro che la conclusione appena raggiunta fosse solo una conseguenza inevitabile, imposta dalla necessità di non incorrere, secondo quanto detto, in un assetto insensatamente contraddittorio. A meglio riflettere, non si tarda peraltro a cogliere la profonda razionalità teorico-sistematica di tale conclusione e dunque, a maggior ragione, la sua correttezza.

In buona sostanza, essa significa infatti che la provvisoria efficacia della sentenza si riallaccia non specificamente alla necessità dell’esecuzione forzata, bensì, più latamente, a quella di evitare di commettere un illecito possessorio. Il suo ambito coincide cioè non solo con quello delle situazioni nelle quali il soggetto deve agire per il tramite dell’ufficio esecutivo, bensì anche con quello delle situazioni nelle quali il soggetto, pur non avendo tale necessità, ove agisca in assenza di un statuizione in merito al proprio diritto, commette un illecito possessorio. Il che, a ben vedere, ha un senso.

Anche nel caso della provvisoria esecutività della condanna, una volta che la sentenza venga riformata, l’esecuzione viene infatti travolta (non, è ovvio, come fatto storico, ciò che è impossibile, ma come risultato prodotto). Un punto rimane però fermo: vale a dire che l’aggressione esecutiva,

costituisce), di quella della proprietà piena (i.e. libera dalla servitù) del soggetto attivo, oppure di quella, più specifica, del diritto di quest’ultimo di chiudere il fondo.

Riferimenti

Documenti correlati

Sotto il primo profilo, appare evidente che per gli accertamenti “a tavolino” per tributi non armonizzati e per i quali non vi è una specifica disposizione, il contribuente

[r]

1) i ruoli si dicono definitivi, quando l’Agenzia delle Entrate ha una sostanziale certezza circa la sussistenza del credito ed è prevista l’iscrizione della totalità dei

- di riqualificare la domanda del ricorrente come volta a conseguire, alla luce di eventi sopravvenuti, non direttamente il rilascio del porto d’armi, ma la

Se, quindi, si ritiene che la decisione giudiziale sulle questioni di fatto debba essere la risultante di un processo logico razionalmente controllabile, non si può non pervenire

In relazione al punto sopra esaminato, ossia agli effetti del contenzioso societario sulla situazione processuale dei soci, con la possibilità di dar luogo alla

pertanto il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni

Possiamo dire, oggi, che la risposta può essere sia positiva sia negativa in quanto essa dipende dalla finalità della cartella stessa: se si tratta di recuperare un mero