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Il metodo degli economisti classici nelle sue relazioni col progresso della scienza economica

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NELLE SUE R E G I O N I GOL PROGRESSO i ( l DELLA

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LIBRERIA TREVES DI PIETRO VIRANO

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IL METODO

NELLE SUE RELAZIONI COL PROGRESSO

DELLA

P r o f . E M I L I O O O S S A .

BOLOGNA

LIBRERIA TREVES DI PIETRO VIRANO

1 8 9 5

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I N D I C E Prefazione Pag. V Introduzione " 1 C A P I T O L O I. Il metodo " '5 C A P I T O L O I I . Le premesse " 31 C A P I T O L O I I I .

L'osservazione dei fatti " 4'J

C A P I T O L O I V .

La politica economica » '>3

C A P I T O L O V .

L'economia classica e la scuola storica » Si

C A P I T O L O V I .

L' economia classica e la nuova scuola storica . . . . » IOO

C A P I T O L O V I I .

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P R E F A Z I O N E

Le questioni sempre rinascenti intorno al me-todo in economia politica e nello stesso tempo i concetti spesso tronchi e unilaterali professati, non da pochi, intorno al carattere logico dei metodi che essi accolgono e di quelli che essi combattono nel dominio della scienza economica, ci indussero al presente lavoro.

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Trovammo che pure molto e molto di buono, in difesa della scuola classica, era stato detto anche da coloro che si posero su vie diverse, ma che pure spesso percorsero in molti punti, e non in parti insignificanti, quella che di proposito volevano ab-bandonata, senza del resto peccare di incoerenza nelle questioni di fatto, poiché gli uni e gli altri terreni la scuola classica aveva già sapientemente avvolti in una salda alleanza segnando, esplicita-mente o implicitaesplicita-mente, i termini dei rispettivi domini.

Tuttavia ciò che si era detto con acume e pro-fondità magistrali non ci è apparso sufficientemente coordinato, perchè se ne potesse scorgere metodi-camente l'importanza complessiva e j>otessero le

critiche trovar risposta in ogni loro punto reso vulnerabile e a cotesta circostanza ci parve ragio-nevole e doveroso ascrivere il pertinace ritorno di obbiezioni, di apprezzamenti, di idee, a parer nostro, già vittoriosamente dimostrate erronee.

Così pure da quelle critiche non ci è sembrato che risultasse abbastanza chiara la pace che diret-tamente o indiretdiret-tamente già l'economia classica aveva indetta fra i principii e gli indirizzi che ora si contendono il campo della scienza e che sono in realtà tante forze le quali, associate, potrebbero validamente accrescerle la simpatia degli studiosi e ridonarle F importanza pratica nel governo della cosa pubblica.

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— VII —

dei compiti diversi che essi vennero ad imporsi, abbiamo fatto seguire, nei suoi tratti fondamentali, quella dei metodi prescelti dalle scuole che ora si contendono il campo, esaminandone la struttura, le indagini particolari, i loro contatti necessari con la scuola classica, ma pure il complemento uti-lissimo che esse recano nella ricerca scientifica, estendendo il proprio dominio nelle parti non certo interamente da quella esplorate, così per 1" insuffi-cienza delle sue uniche forze, come per la necessità che essa ebbe di dedicarsi maggiormente a rendere salde le basi della scienza a cui dava vita piuttosto che ad estenderle.

E scopo del presente lavoro fu appunto quello di conciliare 1'un l'altro, esaminandoli con criteri puramente obbiettivi, i vari indirizzi oggi seguiti dai cultori della scienza economica, procurando di dimostrare come essi tutti possono raccogliersi pa-cificamente, con profitto notevole della scienza, sotto il vessillo provvidenzialmente inalberato dalla scuola classica.

E. C.

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IL METODO DEGLI ECONOMISTI CLASSICI

N E L L E SUE R E L A Z I O N I COL PROTÌKESSO

D E L L A S C I E \ / A E C O N O M I C A

INTRODUZIONE

Tiene ripetutamente asserito che a più di cento anni dalla grande opera di Adamo Smith l'economia politica offre ancora nel metodo il maggior argo-mento di contesa e che i di lei cultori, anziché riunire i propri sforzi in un indirizzo comune, pro-cedono per vie affatto diverse e gli uni non apprez-zano equamente il lavoro scientifico degli altri ('). Ciò invero non dovrebbe parer strano avuto riguardo alla scienza economica per sè stessa quando si pensi che niuna disciplina è apparsa ad un tratto e tutta armata all' orizzonte e che anche quelle più rigorosamente empiriche, come 1' astronomia, la fisica, la storia, vennero per secoli dibattendosi

i1) V. ad es. U. Rabbeno, L'odierna crisi nella scienza economica,

Prolusione al corso di Economia politica nella R. Università di Modena, letta il 21 Novembre 1894 (Estratto dalla Riforma Sociale, Fascicolo 23,

Voi. 11.'), Torino, 1894, pag. 4-5.

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da un errore all' altro prima di scorgere la retta via dell'indagine scientifica (').

Ma sotto l'aspetto dei cultori della scienza è invece assai strano che, di fronte ai progressi della metodologia, la nozione e Y uso dei metodi ricevano in economia politica un' impronta tutta propria che ne svisa la natura e rende infruttuosa cosi la ricerca della via logica inconsciamente percorsa dai maestri della scienza come la critica degli indirizzi seguiti dalle scuole che successero di poi e che oggidì si contendono il campo.

E ciò deriva in gran parte dal fatto che non pochi cultori della scienza economica e anche quelli che più gridano contro il suo stato insoddisfacente annettono un' importanza assai tenue allo studio e alla discussione dei metodi come se tale indagine fosse utile solo nei primordi di una scienza e dive-nisse oziosa di poi, mentre, al contrario, l'esperienza dimostra che ogni disciplina e ogni arte hanno la propria origine da processi incoscienti e disordinati della nostra mente e solo in seguito sorge tra scienza e metodo quella unione stretta e indissolu-bile che la ricerca di strumenti perfezionati ha con 1" opera che con essi deve essere eseguita (•).

(!) E. v. Boehm-Bawerk, Historical vs. deductive Political

Eco-nomy (Translated by Henrietta Leonard) (Reprinted from Annals of the american Academy of political and social Science, october, 1890) pag. 8.

(5) Cfr. intorno al metodo in generale, e alla osservazione

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Sono le idee tronche, unilaterali e perciò del tutto inesatte intorno alla natura dei processi lo-gici della deduzione e dell' induzione che, nell'am-bito dell' economia politica, pongono in lotta codesti due metodi fondamentali delle scienze e gettano una falsa luce sulle dottrine con essi indagate, mentre invece una loro analisi dimostra facilmente come vi abbia tra il processo deduttivo e 1' indut-tivo uno stretto rapporto di consenso e come il loro carattere differenziale, per quanto grande riguardo ai risultati della loro applicazione, consista soltanto nella prevalenza e nella precedenza logica diversa che hanno, nell' un metodo e nell' altro, gli elementi identici che li compongono.

Si suole distinguere comunemente un metodo « astratto deduttivo » da un metodo « induttivo d'osservazione » (') assegnando al primo il compito dell' astrazione e al secondo quello dell' osservazione dei fatti e ponendoli 1' uno contro 1' altro, mentre la deduzione e l'induzione non possono considerarsi, avuto riguardo alla loro origine e alla loro base, che come parti di un metodo solo, quello di

osser-Tiibingen, 1878. — A. Bain, Logic, vol. 2, London, 1873. — W. Stanley, .levons, The principies of science, vol. 2, London, 1374. — "V. AVundt,

Eine Untersuchung der Principien der Erkenntniss und der Metho-den wissenschaftlicher Forschung, Zwei Bände, Stuttgart, 1883. — G. Cornevall Lewis, A treatise on the methods of observation and

reasoning in politics, London, 1852. — P. A. Dufau, De la . méthode

d'observation dans les sciences morales et politiques, Paris, 1866. — E. Bernheim, Lehrbuch der historischen Methode, Leipzig, 1889.

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vazione (') e mentre, come è ovvio, l'astrazione e il ragionamento sono componenti essenziali così del metodo deduttivo che dell' induttivo.

Niuna premessa generale può cavarsi da un' a-strazione che non abbia fondamento su fatti pre-cedentemente osservati e niuna osservazione per sè stessa è feconda se non si assorge mediante l'astra-zione ai rapporti di causalità dei fatti che ne sono l'oggetto e neppure può aversi alcuna disciplina che consti soltanto di premesse generali per quanto dedotte accuratamente dall' osservazione di dati fenomeni o soltanto di una raccolta diligente e O minuta di fatti di una specie determinata.

La differenza fra i due metodi sta in prima analisi nel modo divex-so in cui si procede a ragio-nare dai fatti che sono il punto di partenza e quello d'arrivo così dell' uno che dell' altro, ossia nella posizione logica speciale che ha in essi l'astrazione.

Nel metodo deduttivo dall' osservazione di fatti generali, tipici, per sè evidenti o di facile intuizione (proposizioni, premesse, leggi ipotetiche, ipotesi) si scende mediante il ragionamento comune o sus-sidiato dal calcolo a determinare gli effetti che virtualmente da essi scaturiscono (tendenze), po-nendoli poi a riscontro con le risultanze reali dei fatti particolari della stessa specie e osservando se vi hanno veramente quei rapporti causali a cui il ragionamento avrebbe condotto. o

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Nel metodo induttivo, all' incontro, partendo dall' osservazione di fatti particolari e estendendola quanto più è possibile nello spazio e nel tempo si ricercano, o semplicemente con essa o col sussidio di strumenti di precisione o con quello del calcolo, i loro rapporti di coesistenza e di successione per assorgere alla legge da cui sono regolati ed esami-narla di poi in confronto a ciascun fatto partico-lare e al loro insieme.

Ma 1' astrazione e il ragionamento hanno parte in ambedue i metodi ed è solo diversa nell' uno e nell" altro la loro importanza e il loro ufficio par-ticolare.

Nel processo deduttivo 1" astrazione precede il ragionamento ed ha 1' ufficio di isolare dai fatti particolari dati fatti generali su cui deve poi fon-darsi il raziocinio, il quale conduce a risultati buoni o cattivi principalmente a seconda dell'esattezza con cui si è proceduto all' astrazione.

Al contrario, nel processo induttivo è il ragio-namento che precede 1" astrazione ed ha l'ufficio di separare dai fatti complessi osservati i loro elementi necessari e di astrarre di poi da quei primi per riuscire, generalizzando, alla legge che regola gli uni e gli altri ; e siffatto metodo darà buoni o cattivi risultati principalmente a seconda che il ragiona-mento procedette o no in modo corretto.

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E assai più, agevole il poter inferire dall'osser-vazione di fatti salienti tra fatti comuni della stessa specie la legge da cui la maggior parte di qxxesti ultimi saranno regolati che poter discernere t r a i fatti tutti di una data specie i rapporti di causa-lità. Può avvenire in questo secondo caso che al-l' osservazione sfuggano molti fatti importanti e più ancora che vi abbia tra i fatti tutti un intreccio complicato di cause ed effetti che la semplice indu-zione non giunga a discernere se non quando faccia pure capo, ¡oer alcun gruppo di essi, ai fatti più salienti, cedendo con ciò in parte il compito dell' in-dagine al procedimento deduttivo e attestando col fatto la maggior forza logica di quest' ultimo e i rapporti necessari che esistono, in ogni indagine, fra i due metodi.

Infatti non vi ha indagine scientifica compiuta che possa servirsi di uno dei due processi logici soltanto : l'induzione rischiarata da principii gene-rali trovati deduttivamente può far ottenere nuove verità e nuove leggi che spieghino i rapporti di coesistenza e di successione di fenomeni che la semplice induzione lascia disgregati nella nostra mente, nello stesso modo che il processo deduttivo può trovare argomento a premesse e a proposizioni nuove tra dati fatti particolari di cui 1' induzione ha scoperto il rapporto causale.

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dall'esistenza, in ogni corpo eli dottrina, di due

ordini di fatti i quali non solo vengono a designare, rispettivamente, a ciascun metodo il proprio campo speciale di applicabilità, ma assai spesso illuminano anche reciprocamente gli sforzi di ambedue i pro-cessi logici in quanto da una parte e dall' altra ciascuna categoria di fatti mentre costituisce la base dell' un metodo agevola la spiegazione di quelli che formano il sostrato dell'altro.

Ogni scienza si compone in parte di alcuni fatti che sono per loro natura generali, tipici e in parte di altri che sono speciali e individuali e provengono da cause variabili ed è perciò che riguardo ai primi è sufficiente 1' osservazione di un singolo caso per stabilire una legge la quale valga per tutti i casi simili e ha quindi opportunità di applicazione il metodo deduttivo, mentre gii altri reclamano i processi tecnici dell' induzione perchè si possa ana-lizzare ciò che vi è di costante in mezzo al varia-bile e a quale legge di coesistenza e di successione possano ascriversi fatti solo apparentemente diversi e talvolta contradditori.

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che avvengono analogamente anche presso i nostri simili e che si ebbero anche presso gli uomini del passato ('). Cosi pure i fatti speciali e individuali apprezzati nel loro valore relativo mediante 1' in-duzione servono come riprova delle leggi dedutti-vamente scoperte.

Ora, se cotesto stretto connubio dell' induzione con la deduzione viene ad avvalorarsi nel campo delle azioni umane, esso, nell1 ambito di queste,

deve ancora acquistare una maggior forza relativa quando si tratti di azioni economiche, le quali hanno origine da motivi universalmente conosciuti e determinati che rispondono ai bisogni più impe-riosi della nostra esistenza e dipendono da leggi del pensiero e da moventi psicologici immutabili nella loro essenza, quantunque siano diverse le forme della loro espressione materiale nei diversi periodi di civiltà P).

All' incontro, nonostante le intime connessioni esistenti fra i due metodi, è in gran parte sotto gli auspici di un' interpretazione erronea data al metodo deduttivo prevalentemente seguito dagli economisti classici, per le esigenze stesse del periodo

(!) I fatti di codesta specie che per il Bernheim, op. cit., pag. 128, avvolorano l'uso del metodo storico, accrescono, d'altra parte, l'efficacia del metodo deduttivo.

(2) Cfr. intorno al metodo dell'Economia politica principalmente:

•T. Stuart Mill, On the definitions of political economy and on the

method of investigation proper to it (1830), (Nei suoi: Essays on

some xmsettled questions, etc. London 1844). — J. E. Cairnes, The

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iniziale della scienza (la quale doveva anzitutto trovar base nei principii generali offerti dai fatti tipici della vita economica dell'epoca) che si eli-dette di dover contrapporre al loro indirizzo scien-tifico una scuola che si intitolò storica e che fece suo compito l'osservazione e la raccolta dei fatti particolari della vita economica come base di in-dagini nuove che completassero quelle degli eco-nomisti classici (').

Ma cotesta nuova scuola mentre da un lato non riconobbe abbastanza la parte pure importante che ebbe 1' osservazione e l'uso dei fatti nella co-struzione e nell'illustrazione delle dottrine fornite dall'economia classica trascurò essa, dall'altro, la parte che pure devono avere, sulla base dei fatti

Th. E. Cliffe Leslie, On the philosophical method of political economy, Hermathena, 1876. — H. Dietzel, Beiträge zur Methodik der

Wirth-schaftswissenschaft (Jarbücher für Nationalökonomie N. F. IX, 1884).* — E. v. Philippovich, Ueber Aufgabe und Methode der Politischen

Oekonomie, Freiburg, 1886. — C. Menger, Untersuchungen über die

Methode der Slaatswissenschaften, ecc. Leipzig, 1883.— J. E. Iveynes,

The scope and method of political economy. London, 1891. — L. Cossa,

Dei metodi nell' economia politica. (Nell' Introduzione allo studio

del-l' Economia politica, Milano, Hoepli, 1892, - Capo VI.). — C. Supino,

Il metodo induttivo nell'economia politica, Torino, 1894. — D. Berardi,

Sul carattere e sul metodo della Economia politica, Bologna, 1894. (') Cfr. intorno al metodo storico in economia politica, principal-mente: K. Knies, Die Politische Oekonomie vom Standpunkte der

geschichtlichen Metode, Braunschweig, 1853. — S. Cognetti de1 Martiis, Delle attinenze tra l'economia sociale e la Storia, Firenze, 1865. —

H. M. Posnett, The historical method in ethics, jurisprudence and

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raccolti, gli altri due elementi di ogni processo logico, il ragionamento e l'astrazione (1).

Solo con la scorta di questi ultimi si può in-fatti eseguire la scelta dei in-fatti più notevoli per r indagine e si possono formulare i principii gene-rali necessari ad ogni coordinazione scientifica e solo col loro uso può essere convertita una pura

storia economica in un' economia sociale basata su un' osservazione di fatti più ampia che non quella intrapresa dagli economisti classici e per i mezzi minori clie erano loro disponibili e per la natura sj:>eciale dei fatti che maggiormente attrassero la loro attenzione.

Cosi pure è in base ad una nozione erronea intorno al contenuto logico dei due metodi che coloro i quali riconoscono in parte l'insufficienza dell' induzione, come è intesa dagli economisti della scuola storica, per ciò che riguarda la parte dot-trinale della scienza economica, accusano tuttavia la scuola classica come quella che fondandosi sul-l'astrazione non abbia tenuto conto della realtà dei fatti. Ma all'incontro, nelle opere degli econo-misti classici troviamo inconsciamente delineati i veri uffici della deduzione e dell' induzione e tro-viamo combinata con la raccolta dei fatti la

co-(') Vedi, in opposizione alla economia classica, principalmente: L. Brentano, Die klassische Nationalökonomie, Leipzig, 1888. — Gr. Schmol-ler , Volksivirthschaft, Volkswirtschaftslehre und-methode,

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struzione di principii generali che solo possono formare da una mera classificazione e descrizione di fenomeni un sistema scientifico (').

Tuttavia un raffronto del tutto oggettivo fra le accuse principali mosse agli economisti classici e il processo logico da essi realmente seguito e un' analisi delle stesse dottrine della scuola storica, oltre che dimostrare che non vi ha alcun anta-gonismo tra i due metodi anche riguardo al pro-gresso della scienza economica, può far palese che V uno e T altro vennero pure di fatto seguiti dagli stessi avversari della scuola classica i quali neces-sariamente per l'impossibilità di fondare' delle dot-trine semplicemente sulla raccolta dei fatti dovet-tero attingere a quella stessa fonte di indagine che venivano a ripudiare.

È la cognizione nel miglior modo possibile esatta del metodo inconsciamente seguito dagli eco-nomisti classici e del vero carattere delle loro leggi scientifiche ed è il descernimento fra le premesse e i postulati di cui fornirono l'economia pura e i principii direttivi e i precetti di cui dotarono Y arte economica che solo può salvare il critico dall' in-competenza dei giudizi intorno all'importanza scien-tifica della scuola classica e fargli conoscere la vera essenza logica e l'importanza relativa del metodo da lui concepito in modo tronco e inesatto e

con-(i) Cfr. E. v. Boehm-Bawerk, Nell' Historical vs. deductive

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dagli economisti classici (').

Parimenti è ancora dall'analisi del processo logico inconsciamente seguito dalla scuola classica che ci si può convincere che essa stessa ha nei suoi scritti posto sostanzialmente le basi ad ambedue i metodi. Ed essi vennero poi l'uno e l'altro (sebbene con tendenze disgiuntive che minorarono il pro-gresso della scienza) elaborati ed estesi a nuovi campi di indagine a misura che questi furono offerti dallo svolgimento naturale dei fatti della vita eco-nomica e dal progresso della scienza e a seconda delle inclinazioni diverse degli scrittori nella scelta degli argomenti scientifici e dell'aspetto speciale da cui furono da essi trattati.

Ma anzitutto gli economisti classici ebbero una retta concezione delle varie parti che costituiscono un' indagine scientifica e formularono pei primi, come base della economia politica, il concetto di leo- gi naturali, immutabili, superiori a quelle pura-mente storiche svolte ed elaborate di poi in alcune loro parti dai loro avversari ed erroneamente con-trapposte a quelle prime che ne sono invece la sintesi e sono le sole che, essendo appunto

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pendenti dal tempo, hanno un carattere veramente scientifico ('). Che se di fatto essi non riuscirono, riguardo al contenuto delle loro premesse e alla forma della loro esposizione, a dare una base del tutto solida e compiuta alla economia politica, ci tramandarono intorno ad essa le dottrine ancora oggidì più importanti che sono a nostra cognizione e segnarono, sebbene in modo sotto vari aspetti disuguale, l'intera via che deve essere percorsa da ogni serio cultore della scienza.

Il metodo degli economisti classici, osserva giustamente il Nicholson, non è stato che modifi-cato e completato dai metodi storici e matematici recenti ed è un errore il credere che l'economia classica sia stata demolita dalla critica del socia-lismo (2).

(') Cfr. J. Bonar, Malthus and his Work, London, 1885 pag. 20.— A. Loria, La storia nella scienza economica (Nel giornale degli eco-nomisti Vol. IV., 1889), pag. 175; G. Boccardo, Prefazione al Volu-me IIL, Serie III. della Biblioteca dell'economista, pag. 17-18.

(2) J. Shield Nicholson, JjC retour a VEconomie politique classique

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CAPITOLO I.

II metodo

Sul limitare delle accuse rivolte agli economisti classici è anzitutto notevole il giudizio contraddi-torio che di loro formolano gli economisti della scuola storica, tanto benevolo da un lato, quanto sfavorevole e inesatto dall' altro.

Si riconosce che ebbero un abilità sorprendente nel tracciare le proprie teorie, ma si osserva che diedero un corpo di dottrine del tutto errato, che furono abilissimi nelh uso del metodo, ma errarono nella scelta di esso, esercitando una perniciosa in-fluenza sul pensiero economico (').

Gli economisti classici, dice il Kabbeno, « die-dero prova di una gran potenza di ingegno » « fu-rono i soli che seppero dare finora un corpo coor-dinato di dottrine : sopratutto la mente poderosa di Ricardo lasciò orme cosi profonde che i concetti di lui, trasformati, elaborati, resi in gran parte irriconoscibili, condotti ad opposte conclusioni

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hanno tuttavia — dopo settant' anni — un tale vigore e danno ancora tanto contributo teorico alla nostra scienza quale mai niun altro diede » (').

Ma tuttavia « se le teorie di Ricardo contene-vano delle idee feconde, geniali, durature, il me-todo era unilaterale e insufficiente, il sistema non era vero ; e se la scuola classica ci lasciò un corpo di dottrine di apparenza scientifica, scienza com-pleta non era quella ; tanto è vero che il suo edi-.fizio ora noi lo vediamo scosso da ogni parte, le

sue conclusioni, le sue leggi universalmente di-scusse »

E le cause degli errori degli economisti clas-sici , continua il Rabbeno, si possono riassumere in breve. « Essi abusarono del metodo deduttivo, ri-ducendo F economia politica ad un sistema logico,

dedotto da alcune premesse e non preoccupantesi della realtà delle cose ». « Queste premesse, vere per sè stesse, in gran parte però non contenevano una verità assoluta, ma rispondevano soltanto alle condizioni di un dato momento storico ». « La scuola classica le considerò invece come assolute e costanti e foggiò su di esse dell' uomo, della natura e della società dei tipi assolutamente convenzio-nali ». « Su questi tipi essa basò le sue deduzioni, traendone dei principii assoluti ; per semplificare i

problemi isolò, con artificio logico, i fenomeni eco-nomici da tutti gli altri fatti sociali, loro pure strettamente connessi ; e costruì tutto un edificio logico, solitario isolato, che si innalzò ad altezze sublimi, ma nel quale i teorici della scienza eco-nomica si chiusero come in una rocca, senza cu-rarsi di dare uno sguardo al di fuori, superbi

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l'opera loro, disdegnosi della realtà ». « Ed alla realtà non rispondevano infatti le loro conclusioni, perchè arbitrario ne era il punto di partenza » (V). « Errore gravissimo era quello di isolare com-pletamente i fenomeni economici, di considerarli da soli, indipendentemente dalla società in cui si svolgono; ciò doveva condurre, come condusse, ad un concetto assolutamente falso dei medesimi ». « Errore anche maggiore era quello di considerare le manifestazioni dell'economia come costanti ed immutabili e di ridurre a tipo assoluto quelle di un dato momento storico ». « Gli economisti clas-sici ebbero presente il periodo dalla metà del secolo scorso ai loro tempi, lo studiarono specialmente nella sua attività commerciale e bancaria in Inghil-terra, e formularono delle leggi cui diedero un valore assoluto e generale ».

« Ma, come osserva il Bagehot, il mondo eco-nomico descritto da Ricardo e da Stuart Mill è invece un mondo limitato e speciale ; e le dottrine di questi non si applicano che ad un dato stadio economico, anzi di quello possono dirsi l'esagera-zione » (').

« Gli è così che il principio fondamentale da cui partirono gli economisti classici ci apparisce ora come l'esagerazione e la generalizzazione di una tendenza che, se ha fondamento nella natura umana, trova però la sua completa esplicazione soltanto in un determinato periodo della storia economica ».

« Poiché se l'egoismo è un sentimento natu-rale nell'uomo, non soltanto non è l'unico motivo delle azioni di lui, ma esso medesimo assume nel

(1) V. Rabbeno, lav. cit. pag. 6.

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corso della storia gradi e aspetti diversi ; e la ten-denza sfrenata al guadagno, la sete inestinguibile della ricchezza, la bramosia selvaggia dell'oro, non sono punto un istinto della natura umana, ma soltanto un prodotto delle condizioni economico-sociali del nostro tempo ». « Esse caratterizzano, è vero, gli odierni capitalisti e sono il motivo do-minante delle loro azioni nelle borse e sui mercati. Ma il capitalista moderno, non che essere il tipo universale dell' uomo, non è neppure il tipo unico dell'uomo dei nostri tempi! ».

« Insomma l'egoismo economico della scuola classica, diremo col Brentano, è un fatto tutto mo-derno ; non è una tendenza della natura umana, ma la caratteristica di un dato periodo storico. E le leggi della ricchezza debbono ricavarsi dai fatti mutevoli di questa, e non dal postulato dell' egoi-smo umano »

« Di più, isolando i fenomeni economici, il concetto che la scuola classica si fece dell'uomo non fu quello dell'uomo membro di una famiglia, di una nazione, insomma della società in cui vive ed a cui è strettamente legato, ma quello di un uomo isolato dai suoi simili e collegato con loro soltanto da interessi commerciali ».

« E da questo concetto, unito coli'errore di presupporre un'armonia, spesso inesistente, fra gli interessi individuali e gli interessi sociali, sorse il liberismo economico, basato sul vangelo dell' indi-vidualismo ; questa dottrina negativa e insufficiente, che si riduce ad un elemento dissolvente e antiso-ciale » (2).

« Pure le dottrine ricardiane tennero

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mente il campo, ed in parte lo tengono ancora; nè il loro successo deve attribuirsi soltanto agli elementi di verità, che, come abbiamo riconosciuto, esse contenevano ».

« Ma la principale cagione del successo delle dottrine della scuola classica fu il favore che esse dovettero necessariamente incontrare presso le classi più ricche ».

« Il loro pessimismo fatalista proclamava la necessità naturale ed eterna delle disuguaglianze e delle ingiustizie sociali: il privilegio degli uni e la miseria degli altri erano giustificati dalla fata-lità della natura ». « Per necessità naturale la sorte dei lavoratori era legata alla legge della popola-zione e del salario minimo; vano ogni sforzo per migliorarla il loro destino doveva essere di veder ridotto in eterno il compenso delle loro fatiche al minimo necessario per l'esistenza ; mentre la stessa natura, per la legge dei compensi decrescenti e della rendita fondiaria, doveva assicurare alle classi ric-che, senza alcuna fatica, una parte sempre maggiore nel prodotto del lavoro altrui ».

« Riversando sulla natura ciò che è in gran parte la conseguenza delle istituzioni sociali ; pro-clamanclo eterno ciò che era proprio soltanto di un dato periodo storico, la scuola classica si fece comodo sostegno delle classi ricche e potenti ; e questa odiosa bisogna essa disimpegnò con un ci-nismo gretto e crudele. Della produzione essa si preoccupò e non dei produttori: e parve che non la ricchezza ali1 uomo, ma 1' uomo alla ricchezza

dovesse subordinarsi » (1).

« Che importa all' economista che donne e fan-ciulli consumino negli opifìci i loro deboli organismi

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e con ciò compromettano la salute dell'intera razza umana ; che importa a lui che lavoratori adulti esauriscano le loro forze in un lavoro prolungato all' eccesso, purché aumenti il prodotto netto del-l' industria ? » (')

Ora, per poter giudicare equamente le asser-zioni e le accuse accennate occorre anzitutto di-stinguere , per ciò che riguarda direttamente il metodo, la scienza economica considerata nel suo complesso da quelle sole parti che vennero più particolarmente studiate, sebbene in modo non esauriente, dagli economisti classici.

L'economia politica può, come ogni altra scien-za, distinguersi iu varie parti a seconda degli scopi particolari che lo studioso voglia raggiungere con 1' analisi dei fatti che ne costituiscono 1' oggetto.

Egli o può voler inferire da dati fatti d'ordine generale, che colpiscono la sua attenzione, gli effetti di cui per sé stessi, indipendentemente dall' azione di altri, sono capaci e formolare delle leggi

natu-rali, o può da essi inferire, con la scorta di que-st' ultime, dei precetti teorici che abbiano pure valore solo di fronte all' esistenza di tali fatti e all' infuori della coesistenza con fatti d' altra na-tura ; — oppure può studiare certi fatti nella loro successione storica, o ricercare in essi i rapporti della loro coesistenza, della loro successione e del loro ritorno periodico, o porli a confronto con quelli d' altri paesi dello stesso o di diverso grado di civiltà; —• oppure ancora può indagare i rap-porti effettivi che vi ha tra essi e gli altri fatti coi quali coesistono nella realtà in singoli paesi e le influenze reciproche che gli uni esercitano sugli altri, per poi formolare delle regole effettive di

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- 21 —

governo che possano applicarsi nella pratica; — o finalmente può aver di mira gli ideali che i feno-meni economici sostanzialmente gli pongono in-nanzi, così riguardo ad un particolare paese che a tutto il mondo civile, e studiare i mezzi coi quali ci si possa avvicinare nel minor tempo e in tutta F estensione possibile.

Solo T insieme dei vari aspetti scientifici ora enumerati può costituire una dottrina compiuta dell' economia politica e provocare dei giudizi e delle accuse incondizionate, ma, riguardo a ciascuna sua parte, i giudizi e le accuse devono essere su-bordinati allo scopo scientifico particolare che si vollero proporre gli studiosi dedicandosi ad uno o ad alcuni aspetti soltanto dell' indagine econo-mica (').

Per ciò che riguarda gli economisti della scuola classica essi, sul limitare della scienza, vollero ri-durre a sistema una data categoria di fatti di cui vi era notizia disordinata così negli scritti storici, come in quelli morali, giuridici e politici e la cui indagine acquistava sempre più importanza, avuto riguardo all' aspetto particolare sotto il quale li presentava loro la vita economica contemporanea.

Era quindi naturale che lo studioso dovesse, come compito preliminare, isolarli da tutti gli altri fatti sociali per esaminarne l'intima natura e ten-tare, con la scorta di quelli più salienti e di carat-tere più generale, la ricerca delle loro cause prime e dei precetti teorici che ne potessero derivare rela-tivamente alla prosperità pubblica e privata.

Ed è per la complessità dei fatti a cui si

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vava.no dinanzi e per la natura stessa di siffatte indagini preliminari che gli economisti classici do-vettero servirsi prevalentemente del metodo dedut-tivo, nello stesso modo che altri, dopo di loro, quando vollero spingere l'indagine a ricercare, dei fatti economici, la successione storica, i rapporti di coesistenza e di successione e le cause dei loro ritorni periodici dovettero adottare un metodo pre-valentemente induttivo.

Ma uè le une nè le altre ricerche per sè stesse non escludono e neppure diminuiscono rispettiva-mente F importanza dell' induzione e della dedu-zione quando, come in ogni altra scienza, si aspiri ad un' analisi compiuta e sicura dei fenomeni e

quando si debbano esporre i risultati ai quali ha condotto 1' indagine scientifica.

Infatti se il processo induttivo, per la ragione ora detta, ebbe nell'indagine economica un ufficio più ristretto di quello che gli è riconosciuto og-gidì ('), servì agli economisti classici mirabilmente non solo come riprova e illustrazione dei principii a cui giunsero con quello deduttivo, ma pure come mezzo assai valido per la scoperta di verità assai importanti, sebbene di carattere meno generale di quelle che essi raggiunsero, in ultima analisi, col metodo deduttivo.

Perchè anzi una primitiva induzione fu pure loro necessaria per la scoperta di quelle stesse forze prevalenti che assunsero poi come premesse nel processo deduttivo ed è un principale errore in cui incorrono gli oppositori della scuola classica quello di non tener conto del sostrato induttivo che, per necessità di fatto, è inerente ad ogni deduzione e

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di confondere il metodo deduttivo con l'antico metodo metafisico che parte da ipotesi arbitrarie per poi arrivare a conseguenze necessariamente fallaci e che non fu mai adoperato da alcun serio cultore delle scienze sociali (').

E d' altra parte il metodo deduttivo nella sua forma completa e veramente scientifica si compone di tre stadii di cui uno solo, logicamente conside-rato, è essenzialmente deduttivo, in quanto gli altri due consistono nella determinazione induttiva delle premesse e nella verificazione induttiva delle con-clusioni (?).

Che se nella teoria pura la parte spettante al-l'osservazione può venire talvolta temporaneamente subordinata al ragionamento e se alcuni cultori inclinano a coltivare specialmente siffatta parte della scienza e se talvolta può essere utile, anche per iscopo di illustrazione, fare delle ipotesi che abbiano poca relazione coi fatti attuali, ciò non costituisce che una parte preparatoria ad una de-duzione più perfetta o un modo per rendere più chiari dei risultati ai quali può aver condotto anche un' induzione vera e propria (3).

Riguardo poi agli economisti classici è tanto vero che essi non circoscrissero i loro studii in cotesta sfera ristretta del processo deduttivo, ma intrapresero pure su larga base 1' osservazione dei fatti, che, ad esempio, l'autorità di Smith fu in-vocata in aiuto di ambedue i metodi e fu ad un tempo riguardato come quegli che per primo elevò 1' economia politica alla dignità di una scienza

(') L. Cossa, op. cit., pag. 80.

(2) J. N. Keynea, op. cit., pag. 214, 215.

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del metodo storico (').

Il Mill ha riconosciuto, come un' eccellente ca-ratteristica, che Smith nelle sue applicazioni di economia sociale fa sempre appello ad altre e so-vente assai ampie considerazioni, oltre quelle che riguardano 1' economia politica pura (*).

E se il Lowe e il Buckle sostengono che il suo metodo fu deduttivo, che egli ha l'unico merito di aver elevato lo studio di una parte dei rapporti della vita umana alla dignità di una scienza dedut-tiva, il Rogers sostiene che Adamo Smith fu pre-minentemente un filosofo induttivo, che fa mera-viglia la straordinaria larghezza di idee da cui egli trasse le sue conclusioni e che la sua opera è piena di fatti. Davide Hume fa pure lo stesso rimarco all'epoca in cui Smith pubblica la sua opera; am-mira la solidità e l'acutezza delle idee in essa contenute e nota come la illustrino tanti fatti cu-riosi che attraggono 1' attenzione del pubblico (3).

In Smith, osserva l'Ingram, noi ci sentiamo a contatto con la vita reale, osserviamo atti umani e ne vediamo gli effetti attraverso la luce dell' e-sperienza; se la deduzione non manca, egli se ne serve come spiegazione, ma i fatti sono interpre-tati secondo la natura e le condizioni dell' uomo in generale o di particolari gruppi di uomini. Inoltre, soggiunge l'Ingrani, vi hanno in Smith osservazioni sagaci ed egli, oltre che assegnare generalmente un largo compito all' induzione, ci

(') L. Cossa, op. cit., pag. 81.

(2) J. Stuart Mill, Principles of political economy, London, 1865,

Preface, pag. v.

(3) Vedi J. K. Ingram, The present position and prospects of

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fornisce molte investigazioni storiche interessanti specialmente nel terzo libro della sua opera in cui si fa ad esaminare il progresso economico dell' Eu-ropa moderna ( ').

I due terzi almeno della Ricchezza delle Nazioni, nota il Nicholson, sono storia e storia di primo ordine, poiché essa vi è introdotta con lo scopo di chiarire, di confermare o, secondo il caso, di retti-ficare dei principii : egli non sopprime la verità né piega i fatti ad opinioni preconcette. Adamo Smith, egli soggiunge, ha parimenti fatto un largo uso del metodo comparativo: nel suo studio del genere umano egli percorre alla lettera il globo dalla China al Perù. E tale processo logico egli lo fonda sul postulato che in materia di attività economica, di vendite e di compere, nel significato più compren-sivo di codesti termini, in materia di soddisfazione dei bisos;ni mediante il lavoro e l'accumulazione della ricchezza vi hanno certi tratti caratteristici della natura umana che si possono riguardare come fondamentali. E se, senza dubbio, altre influenze possono venire a modificarli non si tratta né di soppressione totale né di annientamento e la rico-smizione del carattere fondamentale di certi tratti

O

della natura umana è sufficiente a giustificare l'im-piego del metodo storico e comparativo nello spirito largo in cui è usato da Adamo Smith (2).

Che se d' altra parte il Cairnes (3) asserì che lo

Smith ricorre alla storia sempre come illustrazione e conferma delle proprie dottrine e mai per farne la loro base, osserva il Cliffe Leslie (••) che sembra

(!) J. K. Ingram, lav. cit., pag. 23.

(2) I. Shield Nicholson, lav. cit., pag. 216-218.

(3) J. E. Cairnes, op. cit., pag. 103.

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che il Cairnes dimentichi come anche le conclusioni raggiunte induttivamente debbano essere esposte in forma deduttiva, giacché non basterebbe un'in-tera biblioteca per far conoscere al pubblico il processo di investigazione e i tentativi fatti prima di scoprire la verità (').

Parimenti Ricardo che continuò e ampliò le tendenze deduttive di Smith tolse le sue premesse dal mondo economico contemporaneo {'). E se ai suoi Principìi si fa dai più l'obbezione che sono eccessivamente astratti e contengono indetermina-tezza di concetti e che pure nelle illustrazioni che essi forniscono vi ha molta distanza dai fatti della vita attuale, non bisogna, d'altra parte, dimenti-care che egli si mostra abile conoscitore di fatti e li applica sagacemente nelle sue monografie. Inoltre è ormai accertato che Ricardo non scrisse la sua opera originariamente per il pubblico ma ebbe solo lo scopo di formolare in essa le proprie idee su varie questioni economiche e di porla in circola-zione privata fra una stretta cerchia di amici (3).

Quindi era naturale che egli, scrivendo per co-loro che erano già famigliari con le attitudini della sua mente e con le sue idee, dovesse omettere la determinazione esplicita dei postulati e le spiega-zioni e semplificaspiega-zioni altrimenti necessarie che erano in tal caso presenti alla mente dei suoi let-tori (4). Ma anche quando si voglia ammettere che

egli peccò di soverchie astrazioni, non si dovrebbe

(') Vedi anche C. Supino, lav. cit., pag. 43.

(2) S. N. Patten, Interpretation of Ricardo (Reprinted from the

Quarterly Journal of economics, for April, 1893) pag. 26-27.

(3) Vedi 1'anonimo: Ricardos Use of facts (Quarterly Journal of

Economics, July, 1887) pag. 474; J. Bonar, Letters of Duvid Ricardo

to Thomas Robert Malthus, Oxford, 1887, Preface, pag. X Y I I .

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dimenticare che a ciò lo trassero assai più Y incli-nazione dell' ingegno e il carattere tipico dei fatti da lui scelti ad oggetto della sua opera che non la essenza stessa del metodo deduttivo che servi, per la più parte, alla loro indagine (').

Il Malthus segui e ampliò le tendenze induttive di Smith ; nel Saggio sul principio della popolazione il suo ragionamento è direttamente basato su dati storici e statistici, egli raccoglie e confronta i fatti che gettano luce sugli ostacoli i quali frenano l'au-mento della popolazione in un numero di differenti paesi barbari e civili nei tempi passati e nell" Eu-ropa moderna

Anche il Say si vale dei fatti, specialmente come illustrazione delle teorie, recando esempi tolti dalla vita economica contemporanea dei vari paesi (3).

Ma ciò che sotto 1' aspetto del metodo è ancora più interessante rilevare è che gli uni e gli altri economisti, nonostante le loro tendenze deduttive o induttive, nell' indagine delle teorie particolari ricorrono rispettivamente all' induzione o alla de-duzione quando indagano le conseguenze effettive dei fenomeni esaminati teoricamente o trattano esclusivamente di leggi dell'economia politica pura.

Cosi ad esempio se Adamo Smith nella dottrina dei salari ne investiga deduttivamente la legge generale e stabilisce la tendenza dei salari all' egua-glianza, ricerca induttivamente le cause che impe-discono o restringono l'operazione di questa ten-denza facendo variare i salari nelle diverse pro-fessioni ; se egli con ragioni la più parte astratte

(1) J. N. Keynes, op. cit., 224. (2) J. N. Keynes, op. cit., pag. 194.

(3) Vedi J. B. Say, Traité d'Economie politique, Paris,

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condanna la dottrina della protezione alle industrie

indigene rafforza la sua opinione con eccezioni e con argomenti della più grande varietà.

Se Ricardo usa il metodo deduttivo per risol-vere i problemi più generali della circolazione e della distribuzione delle ricchezze, tratta con piena cognizione dei fatti concreti le nozioni attinenti alla moneta e al credito privato e pubblico.

Il Malthus, se per la natura del problema della popolazione si vale dell' induzione storica e sta-tistica, si serve egli pure della deduzione polemiz-zando col Ricardo sulla teoria del valore (]).

Il Say, che ampliò le tendenze deduttive eli Smith, si serve del metodo induttivo in singole questioni economiche, come ad esempio in quella della grande e della piccola coltivazione, nella quale egli dimostra che decidono dell' una e dell' altra forma di produzione agraria specialmente la natura del terreno e le condizioni locali (2).

Anche il Mill, nonostante le astrazioni e le deduzioni da lui raccomandate come un mezzo per raggiungere nuove verità economiche, non assegna nei suoi Principii all' uomo economico quella parte così importante, che gli aveva destinata nei Saggi e si serve largamente del metodo induttivo nella teoria della produzione e nel discutere dei van-taggi delle varie forme di contratti agrari (3).

Parimenti il Cairnes osserva e studia i fatti nel suo Slave power, quantunque nella sua opera sul carattere e sul metodo dell' economia politica non riconosca all' induzione che un ufficio accessorio

(1) V. L. Cossa, op. cit., pag. 81-82.

(2) .J. B. Say. Cours complet d'économie politique pratique,

Guil-laumin, Paris, 1852, pag. 240.

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e complementare per rilevare le discrepanze tra i risultati del ragionamento astratto e i fenomeni reali (I).

E che tali maestri della scienza ricorsero così ad analisi psicologiche che a fatti storici lo asse-riscono esplicitamente tra gli altri il Patten e in particolare il Loria.

È un gravissimo errore, osserva il Loria, il credere che i grandi economisti Inglesi e Ricardo in ispecie si sieno serviti semplicemente del metodo deduttivo, laddove uno studio più profondo di-mostra che essi hanno raggiunto le loro teoriche osservando minutamente i fatti che si svolgevano loro dinanzi e spogliandoli poi di tutto ciò che avevano eli particolare e di accidentale per assor-gere con mirabile forza d' astrazione ad una forma semplice regolatrice della complessa realtà. E sog-giunge che Ricardo, il quale al lettore affrettato sembra un fabbricante di teoriche da tavolino, era profondo conoscitore della vita economica della sua patria ed aveva fatto, come egli ha potuto con-vincersi visitando la Ricardo Library a Londra, uno studio accuratissimo delle statistiche britan-niche, per quanto imperfette, che si pubblicavano ai suoi tempi e delle opere più notevoli sullo svi-luppo economico del Regno Unito. Che perciò a chi indaghi la profondità del pensiero di Ricardo non isfugge che un sottosuolo storico forma la base delle sue deduzioni (3).

Così pure nota il Boehm-Bawerk che le dottrine

(') J. E. Cairnes, op. cit., pag. 90-92.

(2) S. N. Patten, lav., cit. e Malthus and Ricardo (Nelle P u b l i

-cations of American Economic Association) September, 1889.

(3) A. Loria, La Storia nella Scienza economica (Nel Giornale

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della scuola classica, riguardate come eminente-mente deduttive e astratte, non furono in alcun modo tali nella loro origine, ma furono in prima analisi empiriche; che sembra assai probabile che le teorie del valore basato sul lavoro, del costo di produzione, della rendita ecc. non furono origina-riamente il risultato di speculazioni scientifiche, ma il prodotto di una mera osservazione empirica

E il Cannan osserva egli pure a tale proposito che gli economisti inglesi ricavarono le loro teorie non dallo studio delle opere dei loro predecessori, ma dagli eventi manifestatisi in Inghilterra durante la guerra; che, in particolare, la teoria del valore di Ricardo trae la sua origine dalle controversie sulla circolazione monetaria e quella della rendita e della distribuzione in generale dalle discussioni del 1813-1815 relative alle leggi dei grani (2).

Che se molto prima l'Ingrani (3), per provare

che T economia classica pecca di soverchie astra-zioni addusse che essa scelse fra le prime premesse della scienza, 1" affermazione che il lavoro è una merce, gli rispose acutamente il Nazzani che gli scrittori i quali considerarono in tal modo il la-voro, anziché aver peccato di metafisiche astrattezze hanno invece, sotto questo aspetto, indebitamente materializzato il concetto del fattore della produ-zione (4).

t1) E v. Boehm-Bawerk, lay. clt., pag. 22, 23.

(2) E. Cannati, A History of the theories of Production and

Distribution in English Political Economy from 1776 to 1848, London 1893, pag. 148, 388.

(3) Nel lav. cit.

.(4) E. Nazzani, La scuola classica di Economia politica (Nei Saggi

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CAPITOLO II.

Le premesse

La deduzione e Y astrazione, che del resto è pure parte integrante del metodo induttivo, sono per l'economia sociale, come per ogni altra disciplina, uno strumento logico il quale serve ad avvicinare più facilmente lo studioso alla verità in quei casi in cui si presentano alla sua osservazione interna ed esterna dei fenomeni tipici, fondamentali e in cui egli ha a trattare con fenomeni complessi la cui struttura difficilmente può essere scoperta in modo diretto mediante Y osservazione di tutti i fatti particolari.

Perciò anche in economia politica codesto stru-mento logico deve apparire pienamente legittimo, a chiunque non perda di vista l'aspetto speciale dell' indagine che con esso intraprende lo studioso, ogni volta che le ipotesi da lui assunte corrispon-dano alla possibilità pratica e possano sostenere all' ultimo, riguardo alle conclusioni e ai risultati > Q che ne dipendono, la riprova sperimentale dei fatti osservati (J).

Ora, di siffatta natura furono appunto le pre-messe da cui partirono gii economisti classici nelle loro deduzioni e il metodo deduttivo ebbe per essi

Y origine e lo scopo ora accennato.

L'economia classica solo dopo che fu perve-nuta, per mezzo dell'osservazione interna ed esterna, a stabilire alcune premesse generali trasse da queste

Cfr. A. Messedaglia, L'Economia politica in relazione alla

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seguendo con ciò quel processo logico clie è pure percorso con tanto splendore e con tanto frutto dalle più progredite fra le scienze naturali. Che se quest' ultime non possono cominciare a far uso della deduzione se non dopo un lungo e faticoso processo induttivo, diretto a stabilire le ultime verità fisiche, la necessità di quel processo è risparmiata all' eco-nomia politica, le cui ultime premesse sono suscet-tibili di prova diretta (1).

Le premesse da cui mossero i cultori dell' eco-nomia politica classica consistono, per lo stesso carattere della scienza, in alcuni fatti generali d'ordine psichico, fisiologico e fisico — cioè l'in-teresse personale, la potenza fisiologica di ripro-duzione della specie umana, la qualità degli agenti naturali racchiusi nel suolo — della cui esistenza siamo accertati dalla testimonianza del senso in-timo o da quella dei sensi esteriori (?).

Ed è partendo da coteste poche premesse e ammettendo che 1' ordinamento sociale si fondi sulla proprietà individuale e sulla libertà dell' in-dustria e che 1' acquisto della ricchezza abbia luogo col debito rispetto al diritto altrui, cioè senza vio-lenza e senza frode, che l'economia classica venne ad esporre deduttivamente e in forma sistematica le teorie del valore, del prezzo, dei salari, del pro-fitto, della rendita (3), spogliando i fatti osservati

da tutto quanto vi era in essi di particolare e di accidentale e dando il carattere di tendenze della natura umana e della natura esteriore a tutto

(!) J. C. Cairnea, op. cit. pag. 60 e segg.

(2) E. Nazzani, lav. cit. pag. 14. — Vedi pure L. Cossa op. cit.

pag. 86-88.

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quanto in essi rimaneva di ciò che potesse essere indipendente dallo spazio e dal tempo.

Le loro deduzioni ebbero quindi un carattere ipotetico ed esprimevano non ciò che avviene,, ma ciò che tende ad avvenire, ciò che avverrebbe quando non agissero cause estranee a quelle sole che essi posero a base delle loro dottrine.

Ma d'altra parte, appunto perchè l'azione di quelle poche premesse generali si intreccia, nella realtà, con l'azione di molte altre circostanze ('), gli economisti classici usarono alla loro volta l'in-duzione per procacciare rimedio all' incompletezza delle loro conclusioni e per ricercare quelle cause concorrenti le quali impediscono che vi abbia un perfetto riscontro delle teorie coi fatti. E con ciò adempivano ad un altro ufficio che di fatto non è meno importante sotto 1' aspetto scientifico, ma che logicamente, nella costruzione diretta delle teo-rie , deve solo seguire a quel primo ed esserne il complemento, in quanto 1' analisi dei fatti mediante l'induzione può solo essere intrapresa con frutto a tale scopo quando si siano già calcolati preceden-temente gli effetti delle condizioni più generali e costanti.

Non si sarebbe quindi fatta all' economia clas-sica 1' obbiezione che essa, partendo dalle premesse accennate, viene a porsi in contraddizione con la realtà (2) se si fosse compresa la posizione teorica

che essa assegnò alle premesse e il significato eco-nomico che queste vennero ad acquistare nella mente degli economisti in quanto se ne servirono per elaborare le dottrine dell' economia pura.

Anzitutto è col fraintendere il significato

teo-t1) Vedi L. Co3sa, op. cit. pag. 88-90.

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rico ed economico della premessa più elementare e di carattere più generale, da cui partirono gli economisti classici, che furono iniziate le accuse contro le teorie da loro professate.

E un errore grossolano che fu già da molti e più volte notato quello di confondere il significato morale di egoismo con quello puramente psichico che gli economisti assegnarono all'espressione

inte-resse personale, che per essi volle soltanto designare una tendenza della natura umana a desiderare, nell' attività che 1' uomo rivolge al soddisfacimento dei propri bisogni materiali, il maggior possibile risultato dagli sforzi richiesti a tale scopo. Ed è pure un errore il voler concludere che 1' economia classica assunse come premessa l'uomo inspirato non altro che da sentimenti egoistici e intento solo a procurarsi, anche a scapito d' altri, la maggior ricchezza possibile (').

Gli economisti classici, solo allo scopo di intro-durre la semplicità necessaria in un' esatta costru-zione scientifica, trovarono legittimo e indispen-sabile tracciare i risultati teorici dell' interesse personale, nell' ipotesi che esso operi senza ostacoli, per raggiungere una prima approssimazione verso la realtà.

Ed essi assunsero come premessa maggiore il principio dell' interesse personale per il fatto che, se è vero che le nostre attività economiche sono soggette all' influenza di una varietà di motivi che talvolta si rafforzano e talvolta si contrariano l'un l'altro, è pur vero che negli affari economici il desiderio della ricchezza esercita un' influenza più uniforme e assai più forte, fra gli uomini presi in massa, che qualunque altro motivo (2).

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Il principio del tornaconto non e quindi per gli economisti classici una regola che essi propon-gono nella politica economica, ma soltanto un' ipo-tesi di cui si servono nell' economia pura per spie-gare i fenomeni della ricchezza, deducendoli dalla principale tra le cause da cui derivano. Cosi pure F economia classica non forinola un giudizio del-l' interesse personale, ma ne studia del-l'azione nello stesso modo che il fisiologo studia le leggi della nutrizione (').

Parimenti l'uomo economico che essi assunsero nei loro ragionamenti non può confondersi col con-cetto di un uomo meramente egoista che sia mosso da un interesse puramente individuale e tenda a far valere 1" utile proprio anche a scapito dei di-ritti altrui, poiché con quella premessa si volle soltanto sostenere che anche uomini di carattere inspirato al maggior disinteresse, nei loro affari economici agiscono sotto l'influenza di motivi stret-tamente commerciali, soggetti solo alle restrizioni della legge, della consuetudine e della moralità. E d'altra parte, anche sotto cotesto aspetto econo-mico speciale, gli uomini possono desiderare la ricchezza per allevare ed educare i propri figli, mi-rando quindi al miglior interesse di questi, o per destinarla a scopi filantropici particolari, oppure al benessere generale dell' intero paese o della pro-vincia a cui appartengono (2).

Quindi non è neppur vero che il concetto che la scuola classica si fece dell' uomo non fu quello dell' uomo membro di una famiglia, di una nazione, della società in cui vive ed è strettamente legato (3).

(') L. Cossa, op. cit. pag. 124. (2) J. N. Keynes, op. cit. pag. 116.

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Siffatta obbiezione è poi tanto più infondata pel fatto che gli economisti classici, lungi dall' aver preteso che il principio dell' interesse personale sia il supremo regolatore dell' attività umana, hanno sempre insistito nel sostenere che essi, trattando dell' nomo economico, trattavano con un' astrazione,

con un tipo più semplice di quello rappresentato dagli uomini che vi hanno nella vita reale.

E neppure fu mai da loro asserito che anche in una sfera di vita puramente economica il desi-derio della ricchezza operi da sè e non sia soggetto ad alcun intervento da parte di altri motivi. Essi affermano soltanto che nella sfera economica il desiderio che ciascuno ha di promovere gli interessi materiali propri e della famiglia è assai più potente, e assai più uniforme in confronto agli altri motivi che talvolta agiscono con esso (').

Così pure è sotto questo aspetto assai strano che il desiderio della ricchezza sia stato annove-rato, come dall' Ingram, fra le metafisicherie degli economisti classici solo perchè esso comprende sen-timenti, appetiti, bisogni diversi nel carattere e

negli effetti e varii secondo il sesso, l'età, le classi, le nazioni, in quanto che tale desiderio è tanto poco meritevole di essere tenuto per un' astruseria da ideologi che esso non è che una forma dell' interesse personale, uno degli aspetti della realissima e po-tentissima tra le forze che pongono in moto l'ope-rosità umana.

Ohe se poi si obbiettasse che la natura umana non è immutabile ed essa pure è soggetta all' evo-luzione, noi potremmo rispondere che i documenti tutti della storia ci provano come, specialmente nella parte dell' interesse personale, 1' uomo sia

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sempre stato in fondo lo stesso, clie le trasforma-zioni, anche nel mondo esteriore, si compiono colla lentezza dei periodi geologici e che pertanto siamo autorizzati a credere che le deduzioni tratte dalla forza del tornaconto personale abbiano a conservare ancora il loro valore per una successione di età di cui sarebbe follia il voler determinare la durata (1).

Riguardo poi alla seconda premessa fondamen-tale degli economisti classici, quella della potenza

fisiologica di riproduzione della specie umana, è pure un errore di metodo 1' osservare, sulle orme del Marx, che una premessa astratta in proposito può solo formolarsi per le piante e per gii animali, ma che riguardo alla specie umana non possono aversi che delle leggi particolari della popolazione rispondenti alle singole forme storiche della vita economica. Che quindi 1' economia classica elevò a premessa generale della scienza e considerò co-stante e immutabile ciò che in realtà non appar-tiene che a un dato momento storico ecl è, come il principio dell' interesse personale, caratteristico soltanto dell' odierna economia capitalista ; che appunto in questa la tendenza della popolazione a soverchiare i mezzi di sussistenza non è che un effetto dell' impiego delle macchine, delle crisi che esse producono con la disoccupazione degli operai e in generale delle pratiche che gli imprenditori debbono introdurre nell' ordinamento tecnico delle aziende per assicurarsi la persistenza del profitto (2).

Gli economisti classici non vennero implicita-mente a negare, con la loro premessa, che nell' eco-nomia odierna, cosi come in ogni altro periodo

(J) E. Nazzani, lav. cit. pag. 20.

(-) Vedi H. Soetbeer, Die Stellung der Sozialisten zur Malthus'sehen

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della vita industriale, vi possano essere fenomeni che influiscano sull' aumento della popolazione, ma vollero porre a capo dei propri ragionamenti una legge d' ordine generale fondata sulla natura umana e indipendente, nel suo concetto fondamentale, dallo spazio e dal tempo, la quale costituisse pure la base delle manifestazioni particolari che in ogni periodo storico avvengono nell' aumento della po-polazione riguardo ai diversi elementi sociali che la compongono. E tale legge dovrebbe pure fornire la base dei movimenti che si verificano oggidì, nel-1" interno delle classi operaie, per le esigenze del capitale e costituire il punto di partenza per lo studio dei fenomeni economici che sono propri della nostra epoca.

A tale proposito potrebbe osservarsi che al di sopra delle cause economiche particolari, che oggidì contribuiscono a stimolare 1' aumento della popola-zione operaia nella grande industria, sta sempre la causa fisico-psichica d' ordine generale che spinge F uomo alla procreazione e che in prima analisi influisce sui matrimoni precoci della classe operaia, mentre di fronte a quella le cause economiche non hanno che un1 influenza subordinata (1).

Ohe se il Marx addita i matrimoni precoci come una conseguenza necessaria delle condizioni in cui vivono gli operai della grande industria, può dirsi che come causa prima essi hanno origine dal fatto che non esistono cause concorrenti con quella ge-nerale, assunta come premessa dagli economisti classici, che possano far desistere da siffatti matri-moni la classe operaia o che se esse esistono non hanno in suo confronto alcuna forza (2). E le

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dizioni della grande industria in tal caso non ven-gono che ad accrescere e a rafforzare l'influenza della causa generale, quindi, anche di fronte a siffatte condizioni economiche, rimatie legittimo T assumere come premessa che, fatta astrazione da cause concorrenti che frenino 1" aumento della po-polazione, agendo sulle nascite, sui matrimoni, sulle morti, o che aumentino la potenza produttiva del suolo, la popolazione ha la tendenza a crescere al di là dei mezzi di sussistenza necessari a mante-nerla. E se oggidì i fatti sembrano contraddire a siffatta legge del Malthus, poiché, come si obbietta, non vi ha un contrasto fra popolazione e sussistenze ma una progressione parallela della produzione e della miseria, poiché da un lato i capitali non trovano impieghi vantaggiosi e i magazzeni sono ricolmi di viveri e eli merci e dall' altro vi hanno torme di operai disoccupati (1), non bisogna

dimen-ticare che se oggidì la produzione è sovrabbondante lo è solo relativamente alla minore possibilità di consumo che vi ha nelle classi operaie, per condi-zioni economiche speciali dell' epoca odierna, e che supponendo, astrattamente, in tutti una media capa-cità di acquisto la tendenza accennata dal Malthus rivela assai chiaramente la propria esattezza teorica. Lo stesso deve dirsi della premessa dell' econo-mia classica che il salario tende a ridursi al minimo

. necessario all' operaio per l'esistenza e per la conti-nuazione della specie; premessa la quale, nel signi-ficato teorico che le è proprio, non è che un co-rollario di quella della popolazione.

Che se veramente oggidì le condizioni della grande industria hanno molta parte nella diminu-zione dei salari, 1' aumento delle classi operaie ha,

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come si è detto, la sua causa prima nell'istinto di procreazione assunto come premessa dall' economia classica.

Tuttavia è un errore di metodo il confondere e 1' identificare la legge del salario minimo di Ricardo con la legge di bronzo del salario esposta dal Lassalle (l) ed oggidì smentita dai fatti. Poiché

Ricardo non escludeva che il minimo del salario potesse spostarsi a favore dell' operaio col crescere della civiltà e col conseguente miglioramento del suo tenor di vita e non attribuiva a siffatto minimo la fissità e la rigidità che gli veniva di poi assegnata dal Lassalle.

Così pure è un errore di metodo 1' asserire che la legge del valore di Ricardo abbia generato il

Capitale di Carlo Marx ('), nello stesso modo che fu in errore quest' ultimo se credette davvero di tro-vare un appoggio, nell' economista inglese, alla propria teoria.

Osserva egregiamente il Nazzani che Ricardo deriva il valore unicamente dalle quantità di lavoro, che sono costati i prodotti, nell' ipotesi che essi abbiano richiesto una stessa proporzione di capitale e di lavoro e un capitale della stessa durata e processi tecnici della stessa lunghezza, poiché, data tale supposizione, si arriva agli identici risultati, in quanto al valore delle cose, sia ponendo a cal-colo soltanto le quantità ' di lavoro, sia facendo entrare nel conto anche i salari e i profitti e le mutazioni generali nel saggio degli uni e degli altri. Che, nell' ipotesi accennata, Ricardo era nel preciso dovere di porre in rilievo 1' assoluta

ineffi-(!) Confi'. L. Luzzatti, Le odierne controversie economiche nelle

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cacia del saggio del salario e del profitto sulla determinazione del valore delle cose e di riferire le mutazioni del loro valore normale unicamente alle mutazioni che avvengono nei rapporti delle quantità di lavoro richieste dai diversi prodotti. Che ciò non vuole punto significare che Ricardo abbia disconosciuto 1' esistenza del capitale come altro elemento che concorre col lavoro nell' opera della produzione o che altri sia in diritto di invocare l'autorità del grande economista contro la legit-timità del compenso che viene attribuito a quel secondo elemento della produzione. Che, all' infuori dell' ipotesi accennata, quando diversissime sono la proporzione fra il lavoro e il capitale e la durabilità dei capitali e la lunghezza del tempo che deve passare prima che i prodotti possano venire recati al mercato, allora, secondo Ricardo, il valore delle cose è determinato non solo dalla quantità e qualità del lavoro, ma anche dal saggio dei profitti e perciò dall'alzarsi ed abbassarsi dei salari (')•

E anche il Yerrijn-Stuart nota a tale proposito che Ricardo ci lia fornito una teoria generale del costo di produzione del tutto chiara e che il Marx non continuò siffatta teorìa ma si è ad essa con-trapposto, che l'economista inglese sapeva assai bene che nel!' economia moderna non solo il lavoro ma anche il capitale influisce sul valore dei beni e che le ricchezze la cui produzione richiede un egual lavoro ma un impiego diverso di capitale ricevono un valore diverso (2).

Infine è pure strana la confusione che viene

(i) E. Nazzani, Due parole sulle prime cinque sezioni del capitolo

« On. vahie » di Ricardo. (Estratto dai Rendiconti del R. Istituto lom-bardo, Serie II., Voi. XVI., fase. X.-XI.) 1883, pag. 1-6.

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fatta della premessa puramente ipotetica dell' eco-nomia classica che concerne la qualità degli agenti naturali racchiusi nel suolo e le conseguenti ìeggi dei compensi decrescenti e della rendita coi fatti che avvengono nella realtà. Si dice che tale pre-messa « illustra tristamente il parallelo della ric-chezza e della miseria mostrando come, fatalmente, per la limitata produttività del suolo e per 1' au-mento continuo elei bisogni, tutte le classi sociali debbano portare un tributo progressivo ad una sola classe privilegiata, a quella dei proprietari del suolo, e come l'arricchimento di una classe oziosa proceda fatalmente dall'appropriazione di una parte progressivamente crescente del prodotto del lavoro altrui » (').

Ma con ciò si dimentica che la legge dei com-pensi decrescenti non esprime che una tendenza generale delle terre a rimunerare, dopo un dato periodo della loro coltivazione, meno che propor-zionalmente il capitale e il lavoro su di esse im-piegato e fa completamente astrazione dai miglio-ramenti agrari che protraggono il punto in cui siffatta legge può avere efficacia pratica. Parimenti si dimentica che la teoria della rendita, come essa è concepita dell'economia classica, illustra un fenomeno astratto e puramente eccezionale nella vita economica odierna, così che il proprietario non può oggidì considerarsi che come un capitalista il quale ha acquistato delle terre per impiego e ne ricava un interesse e spesso meno dell' interesse normale (2). Ed è proprio strano che per alcuni

occorra proprio una trasformazione radicale dell'

or-(') U. Rabbeno, lav. cit. pag. 20-21.

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ganismo economico odierno e la soppressione della proprietà privata delle terre per togliere le conse-guenze di un fenomeno che oggidì non lascia, sotto tale aspetto, alcuna traccia notevole.

Ma, ammessa anche l'ipotesi che tali conse-guenze della legge dei compensi decrescenti non

siano soltanto immaginarie, rimane ancor sempre 1' errore di credere che la teoria per sè stessa abbia il compito di giudicare e di approvare o disap-provare 1' azione di fenomeni che essa deve invece studiare con 1' ufficio eminentemente neutrale della ricerca del vero.

Con lo stesso criterio teorico debbono pure essere interpretate le premesse minori che gli eco-nomisti classici vennero poi deducendo da quelle fondamentali ora accennate e, in ordine a quello, deve pure riconoscersi in cotesti minori principii lo stesso carattere scientifico dell' indipendenza dal tempo e dallo spazio.

Ciò può apparire subito evidente quando si tratti delle leggi della produzione, per il fatto che tutto quanto 1' uomo produce gii viene suggerito dal tornaconto, il quale determina le proporzioni nelle quali ogni ricchezza deve essere ottenuta, avuto riguardo ai modi e alle condizioni che sono imposte dalla costituzione delle cose esterne, dal loro grado di limitazione naturale e dall' intensità dei bisogni che soddisfano. E in particolare hanno un carattere assoluto in cotesta parte dell' attività economica le premesse con le quali si assume che non può aversi un eccesso generale di produzione, che di due differenti sistemi di produzione che possono dare uno stesso risultato avrà la preferenza quello che fornisce 1' opera a più buon patto (').

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