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L’INCLUSIONE POSSIBILE U

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Academic year: 2021

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Socialitas

COLLANA DI STUDI POLITICI, ECONOMICI E SOCIALI

L INCLUSIONE POSSIBILE

U

N APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE ALLE POLITICHE SOCIALI

a cura di

Rosario Palese

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Socialitas

Collana di Studi Politici, Economici e Sociali

Vol. 01

L’INCLUSIONE POSSIBILE

UN APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE ALLE POLITICHE SOCIALI

a cura di Rosario Palese ISBN: 978-88-97-94006-7

Una coedizione

RESEARCH PUBLISHERS è un marchio editoriale della FONDAZIONEABACUS VIA PIENZA,36

85100-POTENZA

http://www.fondazioneabacus.it/

e-mail: [email protected]

© 2012 - 2013 Diritti riservati CONTIEDITORE

RUE DES CONDEMINES,39 11017-MORGEX(AO) http://www.conti-editore.it/

I diritti di traduzione, di riproduzione e di adattamento, (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi e devono essere espressamente autorizzati dall’Editore.

L’elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabiltà per eventuali errori o inasattezze.

Stampato da CONTI EDITORE nel mese di dicembre dell’anno 2012

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Socialitas

COLLANA DI STUDI POLITICI, ECONOMICI E SOCIALI

Direttore:

Pino Paciello

Comitato editoriale:

Lucia Caivano, Carlo Cosentino, Angela Iacovino, Paola Marchese, Fabio Marino, Rosario Palese, Giuseppe Palo, Giovanni Salzano, Luca Spagnulo, Davide Taibi, Giancarlo Vainieri.

§ § §

Nasce Socialitas.

La collana SOCIALITAS è un’iniziativa editoriale ideata dalla “FONDAZIONE

ABACUS” in collaborazione con la casa editrice “CONTI EDITORE”. È un progetto teso a studiare le tematiche politico-istituzionali, socio-economiche e culturali in campo nazionale ed internazionale cercando di favorire, in tal modo, il confronto e la collaborazione tra studiosi ed esperti di varie discipline, nonché incrementare la conoscenza di diversi contesti sociali, economici e politici.

Particolare attenzione verrà riservata ai problemi del Mezzogiorno d’Italia e delle politiche di sviluppo locale legate al turismo e alla cultura, nonchè ai temi dei processi migratori, delle politiche sociali, della cooperazione e del welfare.

Nella collana SOCIALITAS confluiscono culture di diverso orientamento (sociologi, psicologi, politologi, economisti, statistici, esperti marketing, giuristi, esperti nel settore della comunicazione, della formazione e delle politiche sociali) che si ricompongono in un'unità omogenea ed originale, dando vita a riflessioni e contributi interpretativi di grande qualità sui temi al centro del dibattito politico, economico e sociale.

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Ringraziamenti

Nel presentare questa iniziativa editoriale, ho innanzitutto un debito di riconoscenza verso Angela Iacovino, senza la quale questo libro non sarebbe mai venuto alla luce.

Oltre alla redazione del suo eccellente saggio, suo è anche il merito di avermi sollecitato durante l'attività didattica – condivisa presso la FONDAZIONE ABACUS

durante il corso di alta formazione "ESPERTO IN SERVIZI DI INCLUSIONE SOCIALE" – ad occuparmi dei temi vicini all’inclusione sociale, muovendo dai problemi del welfare state in tempi di globalizzazione.

Un grazie particolarmente sentito a Paola Machese, presidente della “CONTI

EDITORE”, e a tutte le persone che hanno collaborato per la realizzazione e l’editing di questa opera.

Sono grato a Pino Paciello per aver accettato la sfida di dirigere la collana editoriale

"SOCIALITAS", che prende il via con questa pubblicazione, a lui e al comitato editoriale i miei migliori auguri di buon lavoro. E così pure sono grato a Giovanni Setaro, Andrea D'Andrea e Linda Chietera per lo studio e la creazione della linea grafica della copertina.

Devo mettere in evidenza la grande disponibilità dimostrata durante tutte le fasi di questo lavoro, da parte degli estensori dei saggi; in particolare, non posso non ricordare i preziosi contributi di Mauro Basso, Lucrezia Celli, Apollonia Conelli, Gaia Fusco, Nada Milano, Anna Fava, Maria Palese, Federica Sabia e Caterina Sabia. A tutti loro la mia sincera gratitudine.

Rivolgo un sentito ringraziamento a Giuseppe Palo per la passione e la competenza con cui ha curato il corso di alta formazione "Esperto In Servizi di Inclusione Sociale"

e per l’entusiasmo con cui ha promosso ogni iniziativa a favore della Fondazione Abacus nel settore dell’inclusione sociale.

A Nadia Guglielmo, Antonio Sciaraffia, Ugo Bezzi, Marcello D’Acunti, Valentina Di Lorenzo, Alessandro Chiorazzo, Nello Giudice, Rocco Messina e Lucia Caivano un grazie sincero per l’affetto e il costante supporto durante la preparazione di questo volume.

Infine, dedico un pensiero e questo lavoro ad Angelo Pace, amico generoso “tradito”

troppo presto proprio dal suo cuore.

Che la terra gli sia lieve.

Rosario Palese

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Indice

PRESENTAZIONE

a cura di Vito SANTARSIERO » IX

INTRODUZIONE

a cura di Rosario PALESE » XI

DIRITTI SOCIALI E COSTITUZIONE

di Angela IACOVINO

Premessa » 1

1. L’anima poliedrica dei diritti sociali: questione di connotazione » 4 2. Varietà sovranazionale e riconoscimento comunitario » 10 3. L’abito costituzionale tra eleganza formale e look sostanziale » 14

4. Inevitabili (e inviolabili) conclusioni » 23

LA CRISI DEL WELFARE NEI PROCESSI GLOBALI

di Rosario PALESE

Premessa » 29

1. Il “villaggio globale” è un villaggio » 30

2. La sindrome del pozzo » 35

3. La crisi e l’ideologia del sacrificio » 38

4. Il senso del capitalismo » 40

5. La terza essenza dell’economia » 44

I PROCESSI MIGRATORI E IL WELFARE

di Caterina SABIA

Premessa » 51

1. Il Welfare State in Italia » 53

2. La Basilicata dalla migrazione all’immigrazione » 55

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DAL BISOGNO DI VALUTAZIONE ALLA VALUTAZIONE DEL BISOGNO

di Lucrezia CELLI

Premessa » 59

1. Connotare la valutazione » 60

2. Il disegno della ricerca valutativa » 65

3. La Valutazione Partecipata » 66

L'ASSOCIAZIONISMO: RETI E RETICOLI

di Mauro BASSO

Premessa » 71

1. Associazionismo ed inclusione sociale nel Terzo settore » 72 2. Piano legislativo dell’associazionismo (Nazionale e locale) » 75 3. Politiche sociali e pianificazione sociale:

pensiero globale ed azione locale » 77

4.Associazionismo in Basilicata: poche luci, molte ombre » 78 IL CINEMA COME STRUMENTO DI ANALISI DELLANOMIA

di Maria Pia PALESE

Premessa » 81

1. Una struttura labirintica » 84

2. Un uomo solo e tanti mondi » 87

3. Il carattere combattente di un individuo blasè » 91

4. Il livello zero » 94

DALLA RETORICA ARISTOTELICA ALLA PATOLOGIA DELLE RELAZIONI

di Anna FAVA

Premessa » 99

1. Dalla filosofia alla psicologia » 102

2. Dal disturbo mentale alla patologia delle relazioni » 103

3. Relazione e Comunicazione » 108

4. Comunicazione e patologia » 110

5. Olismo: prevenzione e cura » 116

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SESSUALITÀ E DISABILITÀ

di Gaia FUSCO

Premessa » 123

1. Sessualità e disabilità: qual è il problema? » 124

2. Esperienza pratica:

il percorso di autonomia delle persone con abilità diverse. » 130

3. “…E il sogno realtà diverrà” » 135

IDENTITÀ RECLUSA

di Federica SABIA

1. L’identità possibile » 139

2. Identità e adolescenza: l’esplorazione » 142

3. Un caso di studio: L’identità nei minori sottoposti a misura penale » 144 POVERTÀ, SCOLARIZZAZIONE,LIBERTÀ

di Apollonia CONELLI

1. Povertà: definizioni e considerazioni » 151

2. Povertà d’istruzione: dilemmi e processi » 154

3. La conoscenza che rende liberi: la pedagogia di don Lorenzo Milani » 159 ANZIANI E IL DIRITTO AL FUTURO

di Nada MILANO

Premessa » 163

1. Politiche e servizi per l' anziano » 164

2. Promozione e ripristino dell' anziano » 166

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IX | Nome Cognome |

|VITO SANTARSIERO *|

P RESENTAZIONE

«Il destino dell’economia di mercato, con il suo mirabile meccanismo dell’offerta e della domanda, si decide al di là dell’offerta e della domanda»

(Wilhelm Röpke)

«Ci sono dei momenti storici nei quali il problema cruciale è quello della libertà, soprattutto nelle condizioni di oppressione, e ce ne sono altri nei quali il problema maggiore è quello della fraternità, ed è il caso del nostro tempo»

(Edgar Morin)

FARE STRADA, FARE CITTÀ1

Questa pubblicazione rappresenta la testimonianza viva e pulsante di ciò che è e deve essere il lavoro dei quanti operano sui temi del Welfare, è una bella sfida quella che Fondazione Abacus sta proponendo a tutti noi, una importante riflessione metodologica, un confronto tra modelli e approcci di intervento che travalicano i mandati istituzionali.

Rappresenta l’esigenza di aprire un proficuo dibattito sul tema dell’inclusione possibile trovando risposte nella strada, quella stessa strada percorsa e ripercorsa dove c’è gente che vuole fare, costruire, farsi sentire, dove ci sono singole voci a volte dissonanti e singole storie da ascoltare; dove ci sono risorse già individuate e altre da scoprire e da esplorare.

1* Presidente A.N.C.I. Basilicata e Sindaco della Città di Potenza.

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X

| Presentazione |

Tale necessità appare ancora più urgente in questo momento a fronte della generale situazione di crisi economica e finanziaria globale, che, in corrispondenza di una tendenziale contrazione delle risorse e di un inevitabile processo di diffusione della vulnerabilità sociale che coinvolgerà molte famiglie, pone nuove sfide in relazione alla capacità di reggere del sistema di welfare, così come è attualmente configurato.

L’esigenza di trovare, anche attraverso processi partecipativi e di sussidiarietà, soluzioni operative nuove ed economie di scala per gestire situazioni complesse è una tensione in atto da alcuni anni nel territorio del Comune di Potenza.

L’insieme di questi saggi, nati durante un percorso formativo sul catalogo Regionale dell’Alta Formazione, offre una materia di riflessione che non è destinata ad esaurirsi nell’ambito di una rassegna dell’esistente, ma mira a gettare basi per nuovi modi di “fare strada, di fare città progettando prevenzione e promuovendo la comunità”.

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XI | Rosario Palese |

|ROSARIO PALESE |

I NTRODUZIONE

«I libri che scrivo costituiscono per me un’esperienza, che mi piacerebbe fosse sempre la più ricca possibile. Una esperienza è qualcosa da cui si esce trasformati [...]. Io scrivo proprio perché non so ancora cosa pensare di un argomento che attira il mio interesse. Facendolo, il libro mi trasforma, muta ciò che penso; di conseguenza, ogni nuovo lavoro cambia profondamente i termini del pensiero cui ero giunto con quello precedente. In questo senso io mi considero più uno sperimentatore che un teorico [...]. Quando scrivo, lo faccio soprattutto per cambiare me stesso e non pensare più la stessa cosa di prima. Qualcosa accade, e da quel momento l’esistenza prende un corso differente: i miei libri [...] io li ho sempre concepiti come esperienze dirette a “strapparmi” a me stesso, ad impedirmi di essere sempre lo stesso.»

(Michel Foucault, Colloqui con Foucault)

UN TRAGUARDO IMPORTANTE

Si prova una particolare emozione nel curare un volume che raccoglie gli scritti di diversi autori. Il lavoro di molti mesi e oltre sembra tutto lì, racchiuso in tante pagine ben ordinate e numerate; rileggendole si è portati a pensare che si sarebbe potuto far di più, rifinire questo o quel dettaglio, accade anche questo.

A questa bella emozione, se ne sovrappone un’altra derivante da uno stato d’animo molto più articolato. Con questo libro, infatti, festeggiamo l’esordio di

“Socialitas” – Collana editoriale della Fondazione Abacus realizzata in collaborazione con la Conti editore – un traguardo importante che certo non può essere raggiunto in silenzio. Questo non per una sorta di autocelebrazione, ma per approfittare di un’occasione in una certa misura solenne e anche perché si

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XII

| Introduzione |

evidenzi sempre più il saldo legame che unisce queste due strutture scientifiche e culturali e che riafferma in modo significativo la volontà di interrogarci, di discutere, di costruire in tal modo un terreno concreto sul quale porre le basi del nostro agire.

“Socialitas” si presenta come uno strumento di approfondimento, di riflessione, di informazione e di elaborazione della realtà, cercando mezzi idonei ed efficaci per cogliere e descrivere un mondo che è in continua evoluzione e che non offre a nessuno chiavi sicure per la sua comprensione. Sicuramente consapevoli che comunicare è una difficile operazione alchemica, altrettanto consci delle difficoltà che naturalmente incontreremo, iniziamo questa nuova avventura con

“L’inclusione possibile”, un volume che fa della varietà dei contenuti e dei linguaggi la sua forza e carattestica peculiare. L’intento consiste nell’analizzare l’inclusione sociale che, come base di partenza, può essere definita come «la situazione in cui, in riferimento a una serie di aspetti multidimensionali (che definiscono l’opportunità sostanziale degli individui di vivere secondo i propri valori e le proprie scelte e di migliorare le proprie condizioni), tutti gli individui e i gruppi godono degli standard essenziali, le disparità tra le persone e i gruppi sono socialmente accettabili e il processo attraverso il quale vengono raggiunti questi risultati è partecipativo ed equo» (Barca, 2009).

La società attuale, infatti, dopo l’impatto con la modernità e le trasformazioni radicali che essa ha determinato in ogni aspetto della vita quotidiana, è diventata una enorme piazza, una sorta di agorà, all’apparenza illimitata e sconfinata ma, al contrario, tutto intorno, circoscritta da coloro che, per varie ragioni ed a vario titolo, essa esclude. Ciascuno dei saggi illustra una delle linee direttrici lungo le quali può svilupparsi l’inclusione sociale. Sono come porte da aprire, una ad una, che svelano aspetti e problematiche quasi settoriali, che prendono le mosse dalle peculiarità dall’ambito specifico di riferimento e che forniscono spiegazioni e, a volte, suggeriscono soluzioni perché quella porta, una volta aperta, possa consentire l’accesso alla fantomatica agorà a coloro che ne sono esclusi.

Questo lavoro prende le mosse dai mutamenti sociali che si sono progressivamente determinati con la modernità e che hanno avuto delle ripercussioni sia nelle politiche sociali sia nella operativizzazione di concetti come “esclusione” e “marginalità sociale”, orientando nei fatti le politiche locali di Welfare.

Nel saggio “La crisi del Welfare nei processi globali”, muovendo dalle trasformazioni economiche sociali e politiche causate dal processo di modernizzazione, si suggeriscono degli spunti critici sul Welfare mix e il rapporto con altri attori sociali: la famiglia, il mercato e il terzo settore.

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XIII | Rosario Palese |

Sulla stessa lunghezza d’onda, Caterina Sabia, indaga un altro fattore significativo come quello del fenomeno dell’emigrazione straniera che, in alcuni contesti, come ad esempio in Basilicata, si è configurata come un primo passo verso un’immagine a più ampio spettro di inclusione sociale.

Mauro Basso, nel suo elaborato, prende in esame il fenomeno dell’associazionismo e in particolare la funzione che assolve, cioè quella di arrivare dove le istituzioni non arrivano, un po’ per dinamiche oggettive, un po’

per impossibilità a comprendere quali siano le reali politiche sociali da adottare in una società in continua evoluzione.

Il contributo di Angela Iacovino ci offre spunti di riflessione su come la legislazione abbia influito sulle politiche di inclusione. Valorizzare l’inclusione è rendere ragione di quella pretesa universalistica che dalle previsioni normative costituzionali si promana, e che rappresentano, peraltro, il tema di riflessione delle pagine che seguono. Giova insistere, sia pure in fase preliminare, e sottolineare che l’essenza della democrazia, la sintesi tra il principio di libertà e quello di eguaglianza, prevede, formalmente, la parità di accesso al godimento dei diritti e il divieto di discriminazione arbitrarie e, sostanzialmente, l’obbligo per il legislatore di rimuovere quel muro che blocca le potenzialità di ciascuno e che rende irraggiungibile, quell’effettiva, e anelata, parità delle posizioni di partenza; parità percepita, e vissuta, ormai, come nostalgica chimera.

Nel saggio “Dal bisogno di valutazione alla valutazione del bisogno”, Lucrezia Celli fornisce un approccio tecnico guidandoci sui sentieri della comprensione della valutazione, intesa come processo di ricerca basato su raccolta, analisi e interpretazione di una serie di informazioni, ponendosi il “perché”, cercando i motivi degli errori e dei successi e considerando tutto il processo organizzativo, i risultati effettivamente raggiunti e le risposte che tali esiti forniscono. La valutazione si rende utile per dare più linearità e coerenza al processo decisionale, in tutte le politiche pubbliche, ma in particolare nelle politiche sociali, caratterizzate da un più alto livello di complessità, elementi questi che rendono necessari gli interventi valutativi.

Le immagini e il cinema sono usate da Maria Pia Palese come strumento di analisi dell’anomia, in quanto possono aiutare a scoprire la realtà, a penetrarla nei suoi lati più nascosti, a rivelarla al mondo. Il cinema, infatti, può essere preso a titolo esemplificativo di teorie e approcci sociologici, anche se la sua funzione, in questo senso esplicativa, non si riduce alla loro semplice esplorazione. La trattazione, in questo caso, di situazioni anomiche, è estensiva, si dilata enormemente di fronte alle trasposizioni cinematografiche, rivelando molteplici risvolti sociali, storici, psicologici.

Il saggio di Anna Fava risulta particolarmente importante ai fini della comprensione dello stretto rapporto tra medicina e filosofia. L’elaborato si

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XIV

| Introduzione |

svolge prendendo spunto dalla Retorica di Aristotele e dalla sua anticipazione di secoli riguardo i processi di comunicazione solo recentemente studiati. Nel pensiero del filosofo sono anticipati i concetti di sistema di comunicazione, relazione, feedback, contesto, autoconsapevolezza. Secoli di studi medici e filosofici hanno permesso di arrivare a considerare la psicologia come scienza autonoma da tali branche specifiche; la malattia mentale è stata sempre considerata come un male dell’organo, della struttura cerebrale, della persona intesa in senso fisico e isolato, senza alcun risultato di miglioramento evidente nelle cure. Con Freud si è cominciato a studiare, invece, le funzioni della mente, ma le grandi scoperte freudiane non sono state sufficienti per la terapia di disturbi mentali gravi. La lettura sistemica della realtà ha determinato una notevole accelerazione degli studi in ambito psicologico laddove si è cominciato a studiare ed analizzare l’individuo nelle sue relazioni, in un’ottica sistemica, abbandonando progressivamente la prospettiva dell’individuo isolato. Studi recenti sulla comunicazione umana, hanno permesso di accedere a una diversa consapevolezza dei processi in atto, a vari livelli, e tra di loro estremamente interconnessi tra individuo singolo e individuo inserito in sistemi sempre più ampi e interconnessi non sempre immediatamente consapevoli e percepibili. Un salto notevole dalla concezione causale a quella olistica che passa attraverso un diverso modo di intendere la patologia e individua nelle relazioni sia la patologia che l’effetto preventivo e terapeutico.

Gaia Fusco ci offre l’occasione di poter riflettere su un fenomeno di cui non si parla abbastanza, eppure è un problema non da poco per le persone disabili e per le loro famiglie: la sessualità. Un legame negato, quello tra disabilità e sessualità, che da sempre rappresenta un argomento difficile da affrontare.

“Eterni bambini”, esseri asessuati che non percepiscono il bisogno di soddisfare le proprie pulsioni sessuali ed emotive. È così che il nostro retroterra culturale ci porta a considerare le persone diversamente abili, ma le teorie e le esperienze avviate fino ad oggi ci dimostrano che la voglia di amore non può essere più ignorata. Attraverso l’educazione sessuale e percorsi di autonomia individualizzati anche le persone diversamente abili possono imparare a riconoscere e gestire le proprie pulsioni e, perché no, realizzare i propri sogni di vita.

Federica Sabia contribuisce con un saggio aderente al filone dell’inserimento sociale dei detenuti. Sembra ormai acquisito, sul piano teorico, dalle diverse scuole di pensiero nate e consolidatesi negli ultimi decenni che, nella maturazione del Sé, un ruolo determinante è giocato dal contesto entro cui l’individuo opera, agisce, vive. Tale processo si realizza indifferentemente sia per i soggetti cosiddetti normativi che per quelli non-normativi, soprattutto in età adolescenziale. La ricerca sul campo, di cui si dà notizia in questo breve saggio,

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XV | Rosario Palese |

non solo ha confermato la teoria, ma ha dimostrato anche che per i giovani non- normativi il contesto risulta ancor più determinante nell’azione del loro

“recupero normativo”.

Apollonia Conelli affronta il tema del rapporto tra povertà ed istruzione, con ciò intendendosi il fallimento formativo dei giovani che frequentano le scuole secondarie di primo e secondo grado e non raggiungono un livello formativo tale da evitare possibili dinamiche di esclusione socio-economica. Si evidenzia il ruolo che la scuola riveste come fattore di protezione rispetto alle diverse condizioni che determinano situazioni di esclusione sociale e povertà, in particolar modo l’influenza dell’istruzione rispetto alla possibilità di vivere in modo più completo la cittadinanza, soprattutto per quanto riguarda il rapporto con la legalità, la salute, la partecipazione alla vita politica, nonché il diritto al lavoro.

Una volta aperte le varie porte sugli “esclusi”, ci si ritrova nel punto di partenza, tra gli “inclusi”. Gli uni ambiscono ad accedere nel luogo dei secondi, ma sono i secondi che possono, ed hanno la responsabilità, di fornire ai primi gli strumenti e creare le condizioni perché possano effettivamente riuscirvi.

Questa responsabilità, inizialmente solo utopica, generata dalla elaborazione dei principi di uguaglianza sostanziale e di solidarietà sociale, è progressivamente cresciuta ed è divenuta concreta nell’ultimo secolo. Gli Stati, quell’ipotetica agorà inizialmente chiusa ed indifferente, si sono progressivamente assunti ed hanno fatto proprio il compito di rimuovere gli ostacoli ed i vincoli affinché tutti i cittadini siano messi nella medesima condizione di partenza e siano realmente in grado di conquistare, per dirla come Einaudi nelle sue “Prediche inutili”, il

«posto morale, economico, politico che è proprio delle sue attitudini di intelletto, di carattere morale, di vigore lavorativo, di coraggio, di perseveranza».

Tali principi, che hanno segnato l’evoluzione degli stati liberali ottocenteschi, fermatisi all’enunciazione della sola eguaglianza formale, verso gli stati sociali del XX secolo, costituiscono la causa prima ed il fine ultimo della struttura del Welfare di ciascuna agorà, intendendosi per Welfare quel sistema economico – politico – sociale in cui la promozione della sicurezza e del benessere sociale economico dei cittadini è assunta dallo Stato come compito proprio, in via principale o residuale, a seconda dei modelli adottati nei vari Ordinamenti.

Nell’Ordinamento italiano la maturazione a Stato sociale avviene con la Costituzione repubblicana che, dettando il principio della solidarietà sociale, sancita nell’art. 2, e dell’uguaglianza sostanziale, proclamata dall’art. 3, comma 2, assegna allo Stato Comunità, ivi compresi gli enti territoriali e le forze sociali che si muovono all’interno della società, il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza,

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XVI

| Introduzione |

impediscono il pieno sviluppo della persona umana, in ciascuna delle espressioni nelle quali può manifestarsi.

Ciò che appare degno di nota e che evidenzia come tali principi siano ormai radicati e strettamente connessi all’idea di società, è ritrovare un’analoga impalcatura di Stato sociale anche in una comunità, quale quella dell’Unione Europea, che Stato non è, che è nata con intenti molto diversi ma che, assorbendo il sostrato comune dei principi fondamentali di ciascuno Stato membro, getta le basi per una sua politica sociale tesa alla realizzazione degli obiettivi della promozione dell’occupazione, del miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro che consenta la parificazione nel progresso, di una protezione sociale adeguata, del dialogo sociale, dello sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e della lotta all’emarginazione sostenendo e completando, tra le altre, le azioni degli Stati membri nella lotta contro l’esclusione sociale (artt. 151 e 153 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea).

Quella agorà cui si accennava in precedenza è cresciuta ed ha travalicato i confini nazionali, ma su di essa continuano ad affacciarsi usci chiusi. Essa è l’immagine speculare di ciò che esclude, di chi sta al di là di quelle porte chiuse, in essa vi sono, in potenza, le energie per abbattere quelle barriere e realizzare una non utopica, ma effettiva inclusione sociale. Ciascuna di quelle porte costituisce un ostacolo di natura diversa dall’altro e richiede una chiave diversa.

Che è ciò che, in scala, con i saggi che seguono, si intende verificare. Essi consentono, altresì, di dare uno sguardo di insieme della situazione attuale in Italia ed a fornire dei dati circa una sua possibile evoluzione. Sovviene, a tal proposito, una parabola che raccontava il Mahatma Gandhi per descrivere la struttura e l’essenza dell’inferno e del paradiso:

Un sant’uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese:

«Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l’Inferno». Dio condusse il sant’uomo verso due porte. Ne aprì una e gli permise di guardare all’interno. C’era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola si trovava un recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il sant’uomo sentì l’acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall’aspetto livido e malato. Avevano tutti l’aria affamata.

Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po’, ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio non potevano accostare il cibo alla bocca. Il sant’uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: «Hai appena visto l’Inferno». Dio e l’uomo si diressero

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XVII | Rosario Palese |

verso la seconda porta. Dio l’aprì. La scena che l’uomo vide era identica alla precedente. Le persone intorno alla tavola avevano anch’esse i cucchiai dai lunghi manici. Questa volta, però, erano ben nutrite, felici e conversavano tra di loro sorridendo. Il sant’uomo disse a Dio: «Non capisco!». «È semplice – rispose Dio – essi hanno imparato che il manico del cucchiaio troppo lungo, non consente di nutrire se stessi, ma permette di nutrire il proprio vicino. Perciò hanno imparato a nutrirsi gli uni con gli altri!

Quelli dell’altra tavola, invece, non pensano che a loro stessi.

Inferno e Paradiso sono uguali nella struttura. La differenza la portiamo dentro di noi».

La parabola usata da Gandhi può servire per descrivere icasticamente l’attuale situazione italiana del Welfare, dell’assistenza e delle politiche sociali ma anche per tratteggiare uno scenario possibile, gli obiettivi cui tendere e gli strumenti necessari. Da un lato vi è la stanza “infernale”, laddove gli astanti al tavolo tendono a chiudersi nelle proprie pregative e ad arroccarsi per la difesa delle proprie posizioni, incapaci di comprendere che la propria sopravvivenza, e, in senso lato, il proprio benessere passa per il benessere altrui; dall’altro, la stanza del “paradiso” in cui, il superamento delle posizioni individuali, la necessaria collaborazione, la soddisfazione del bisogno altrui come condizione necessaria e sufficiente per la soddisfazione del proprio conduce alla realizzazione degli obiettivi primari.

In altre parole, se è vero che la «struttura è la stessa, la differenza è dentro di noi», per garantire il benessere economico e sociale ed una lotta efficace all’esclusione sociale, occorrerebbe dar vita a politiche di Welfare più vicine ai bisogni reali e fondamentali delle persone che siano fondate su un rinnovato senso di fiducia e di cooperazione e su una concreta e corretta attuazione del principio di solidarietà sociale, in ognuna delle sue declinazioni, non solo come solidarietà generale, ma anche corporativa e generazionale, basata sul dialogo e sulla collaborazione dinamica tra le parti sociali.

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XVIII

| Introduzione |

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1 | Angela Iacovino |

|ANGELA IACOVINO |

D IRITTI SOCIALI E C OSTITUZIONE

«Preliminare ad ogni altra esigenza è il rispetto della personalità umana; qui è la radice delle libertà, anzi della libertà, cui fanno capo tutti i diritti che ne prendono il nome. Libertà vuol dire responsabilità. Né i diritti di libertà si possono scompagnare dai doveri di solidarietà di cui sono l’altro ed inscindibile aspetto. Dopo che si è scatenata nel mondo tanta efferatezza e bestialità, si sente veramente il bisogno di riaffermare che i rapporti fra gli uomini devono essere umani.»

(M. Ruini, 1947)

«Libero non è colui che ha un diritto astratto senza il potere di esercitarlo, bensì colui che oltre al diritto ha anche il potere di esercizio.»

(N. Bobbio, 2005)

PREMESSA

In un mondo divenuto sconfinato, senza un centro, con molte teste e senza un cuore, dominato dalla strumentalità e dalla funzionalità dell’agire di ciascuno, tutto orientato verso l’eco globalizzante e ripiegato verso il Sé, che senso ha parlare di una sfera pubblica, e istituzionale, capace di oltrepassare il limite e il vincolo dell’impronta efficientista, che dalla preferenza individuale prenderebbe corpo atteggiandosi ad unica strada possibile per il benessere? E che senso ha discorrere, ancora, del riconoscimento dei diritti sociali come veri diritti, se la storia che li connota racconta di percorsi tortuosi, di salite e discese repentine, di debolezza, di parzialità, e di ingenerosità?

I diritti sociali, nati come diritti di pochi sono diventati, ad un certo punto, i diritti di tutti1, finendo per collocarsi «al cuore delle diversità che caratterizzano

1 G. Corso, I diritti sociali nella Costituzione italiana, in Rivista Trimestrale di Diritto Pubblico, 2, 1981, p. 759.

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2

| Diritti sociali e Costituzione |

le democrazie pluraliste»2. Non solo, quindi, diritti dei soggetti deboli, finalizzati all’attuazione del principio di eguaglianza sostanziale, ma mezzi per garantire a ciascuno l’opportunità, irrinunciabile, per sviluppare appieno la propria personalità. Eppure, le trasformazioni intervenute nella materia legislativa del lavoro, (tra precarizzazione e flexicurity), il ritrarsi dei sistemi pensionistici pubblici, sostituiti dai meccanismi assicurativi privati a capitalizzazione, gli svariati processi di individualizzazione della protezione sociale, nel mutare le scenografie democratiche, e nel ridisegnare l’idea di cittadinanza, stanno vanificando quella poderosa spinta alla partecipazione politica di massa che aveva animato la fase storica di affermazione e di difesa dei diritti sociali3. Si è progressivamente delineato un nuovo quadro dei diritti, «di quelli sociali in specie, continuamente modificato dalle politiche quotidiane. Le difficoltà finanziarie stanno determinando una riduzione della dotazione dei diritti, in generale o per determinate categorie di cittadini. Il risultato è il passaggio di una serie di situazioni dall’area dei diritti a quella del mercato»4. L’innovazione che caratterizza la sfera delle politiche sociali è strettamente, e strutturalmente, connessa al processo di individualizzazione e di specializzazione, segnato a sua volta dall’appartenenza multipla degli individui ad altrettanti molteplici ed eterogenei gruppi sociali, che astrattamente aumenta i margini di libertà nell’accesso a nuove forme di dinamiche e a nuovi diritti, spostando tutte le scelte al piano discrezionale dell’agire individuale5.

Ora, malgrado siffatte consapevolezze, alla luce dell’aria globalizzante che si respira, e che scandisce i destini, i diritti sociali sono come la securizzante coperta di Linus: nessuno vuol fare senza. E, poiché rappresentano «strumenti di una strategia di inclusione all’interno di un assetto costituzionale pluralistico e di una società aperta, emerge l’esigenza di andare oltre la loro grammatica stringente, privilegiandone la dimensione procedurale, per farne una sorta di passe-partout tra esigenze sociali e sfera giuridica, un repertorio di opportunità disponibile ad essere reinventato, riempito di nuovi contenuti, reso esigibile nelle sedi istituzionali»6. In altri termini, è possibile, ancora, spulciando l’anima contenuta nei principi della democrazia pluralista, intercettare ganci e risorse in grado di fronteggiare la deriva dello Stato sociale. Malgrado la perdita di

2 C. Salazar, Dal riconoscimento alla garanzia dei diritti sociali. Orientamenti e tecniche decisorie della Corte costituzionale a confronto, Giappichelli, Torino 2000, pag. 23.

3 M. Paci, Nuovi lavori, nuovo welfare. Sicurezza e libertà nella società attiva, Il Mulino, Bologna 2007, p. 59.

4 S. Rodotà, Libertà e diritti in Italia dall’unità ai nostri giorni, Roma 1997, p. 131.

5 O. De Leonardis, L’onda lunga della soggettivazione: una sfida per il welfare pubblico, in Rivista delle Politiche Sociali, 2, 2006, pp. 13-38.

6 S. Rossi, Il mercato e i diritti sociali, in Atti del Convegno annuale dell’Associazione Gruppo di Pisa, I diritti sociali: dal riconoscimento alla garanzia. Il ruolo della Giurisprudenza, Trapani 2012, su www.gruppodipisa.it

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effettività di talune, forse molte, garanzie sociali contenute, emblematicamente, in Costituzione, nonché nelle Carte dei diritti sovranazionali, è necessario promuovere ulteriormente, riempiendolo di rinnovato valore, il carattere inclusivo delle funzioni tese all’accesso e alla realizzazione di un dignitoso percorso di benessere.

Valorizzare l’inclusione è rendere ragione di quella pretesa universalistica che dalle previsioni normative costituzionali si promana, e che rappresentano, peraltro, il tema di riflessione delle pagine che seguono. Riflessione che avrà cura di focalizzare l’attenzione sullo statuto costituzionale dei diritti sociali, senza trascurare, da un lato, il riferimento al processo di modifica che, spostando a livello regionale una serie di materie fondamentali per l’attuazione del sistema di sicurezza sociale, ha generato una significativa frantumazione delle competenze con correlate difficoltà di garantire sistematicità degli interventi, azionati ai diversi livelli di azione di governo; e dall’altro, la triste consapevolezza di una crisi finanziaria che costringe a progressive riduzioni della spesa pubblica per i servizi sociali.

La selezione della tematica non è senza ragione, naturalmente: il chiaro intento motivazionale ha l’obiettivo di rinnovare la memoria, ricordando che è compito prioritario della Repubblica impegnarsi per inverare dinamiche di giustizia sociale, capaci di eliminare le diseguaglianze, e di liberare dal bisogno i soggetti più deboli7. Le politiche pubbliche devono rispondere all’obiettivo di realizzare un ordine giusto, e tendere, per quanto possibile, alla eliminazione delle ingiustizie sociali; «bisogna perciò per lo meno porre le condizioni per cui i soggetti economicamente svantaggiati, cioè privi delle risorse necessarie per fruire delle possibilità di autorealizzazione personale teoricamente riconosciute a tutti, possano partecipare alla vita politica e sociale in condizioni di eguaglianza rispetto ai soggetti economicamente più fortunati»8.

Giova insistere, sia pure in fase preliminare, e sottolineare che l’essenza della democrazia, la sintesi tra il principio di libertà e quello di eguaglianza, prevede, formalmente, la parità di accesso al godimento dei diritti e il divieto di discriminazione arbitrarie, e, sostanzialmente, l’obbligo per il legislatore di rimuovere quel muro che blocca le potenzialità di ciascuno e che rende irraggiungibile, quell’effettiva, e anelata, parità delle posizioni di partenza;

parità percepita, e vissuta, ormai, come nostalgica chimera.

7 M. Ainis, I soggetti deboli nella giurisprudenza costituzionale, in Studi in onore di Leopoldo Elia, I, Giuffrè, Milano 1999.

8 A. Vitale, La fine della democrazia liberale, Aracne, Roma 2010, p. 304.

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1.L’ANIMA POLIEDRICA DEI DIRITTI SOCIALI: QUESTIONE DI CONNOTAZIONE. Il tema dei diritti sociali è, certo, problematico. Il diritto al lavoro, alla previdenza, ai trattamenti sanitari, all’assistenza e, con molte distinzioni, all’istruzione sono tenuti insieme da un anello fondamentale: la pretesa a ricevere prestazioni positive da parte dei pubblici poteri. Una pretesa che si affievolisce progressivamente alla luce di un evidente paradosso che, più o meno dispettosamente, collega l’espansione dei diritti sociali alla loro mancata attuazione per indisponibilità di risorse economiche. Di fatto, il quadro è tutt’altro che speranzoso se a delinearsi è un regresso dello prestazioni9, che schiaffeggia la tutela delle situazioni giuridiche dei singoli, e che indebolisce, sacrificandoli, proprio i diritti sociali10.

Diritti deboli, subalterni, parziali, condizionati, di seconda o terza generazione.

Diritti fondamentali. Qual è la natura dei diritti sociali? Come cambia la loro accezione semantica?

C’è stato un tempo in cui non esistevano neanche; uno, in cui occupavano le retrovie, posizionandosi dietro; poi, finalmente, messi in carreggiata, si sono allineati ed equiparati agli altri11, fino a determinare quell’espansione che non riguarda più solo l’oggetto del diritto, ma che, attualmente, coinvolge gli stessi soggetti beneficiari: ormai i diritti sociali non riguardano solo i più deboli o svantaggiati, ma tutti i consociati12. Un processo di espansione dei diritti, in senso oggettivo e soggettivo, che pare coincidere con l’espansione dei diritti fondamentali tout court13. L’interpretazione tradizionale, che poggiava su

9 D. Bifulco, I diritti sociali nella prospettiva della mondializzazione, in Democrazia e diritto, 4, 2005, pp. 207-220.

10 «Sono tornati i poveri: un mondo che sembrava scomparso grazie alla diffusione del benessere materiale, e con essi è tornato drammatico e ineludibile, il problema di come assicurare la tutela dei loro diritti primari». M. Ruotolo, La lotta alla povertà come dovere dei pubblici poteri. Alla ricerca dei fondamenti costituzionali del diritto ad un‟esistenza dignitosa, in Diritto pubblico, 2, 2011, pp. 391- 424.

11 Il processo di riconoscimento e di implementazione dei diritti sociali in Europa è stato funzionale a realtà politiche piuttosto diverse fra loro: «I governi che hanno con maggior forza spinto in direzione del riconoscimento dei diritti sociali sono stati estremamente diversi sotto il profilo ideologico: in Germania l’assicurazione obbligatoria per tutti i lavoratori dell’industria, per gli invalidi e per gli anziani fu propugnata (sin dal 1881) e poi realizzata (con due leggi del 1884 e del 1889) dal conservatore Bismark; in Italia, le prime fondamentali realizzazioni furono opera di giovani conservatori (si pensi alla legge Crispi del 1890) e soprattutto dal regime fascista; in Inghilterra e in Francia, i massimi sforzi nella stessa direzione furono opera di governi a dominanza socialista; negli Stati Uniti d’America essenziale fu l’esperienza liberal-progressista, come quella di Roosevelt; e infine, non può essere trascurato il grande contributo dato nello stesso senso dai governanti dominati dai partiti cattolici, soprattutto in Germania, Italia, Belgio e Olanda», A. Baldassarre, Diritti della persona e valori costituzionali, Giappichelli, Torino 1997, p. 127.

12 A. Giorgis, Diritti sociali, in Dizionario di Diritto pubblico, a cura di S. Cassese, vol. III, Giuffrè, Milano 2006.

13 A. D’Aloia, Storie costituzionali dei diritti sociali, in AA.VV., Scritti in onore di Michele Scudiero, vol.

II, Jovene editore, Napoli, 2008.

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un’idea classica secondo la quale i diritti sociali non godono della medesima forza giuridica e dello stesso grado di prescrittività dei diritti di libertà, ha influenzato il dibattito tra i costituzionalisti14; siffatta interpretazione ha trovato la sua principale giustificazione sul versante storico, non solo perché le due specie di diritti sembrano legate a due differenti ideologie politiche, il liberalismo e il socialismo, ma anche perché hanno trovato spazio negli ordinamenti giuridici occidentali in momenti storici diversi15.

L’aver relegato i diritti sociali ad un gradino inferiore è stata, così, un’operazione legittimata, e giustificata, da una teoria, che caldeggiava la distinzione tra norme prescrittive (precettive) e norme programmatiche16, superata da una ormai quarantennale giurisprudenza costituzionale che concepisce i diritti sociali come valori fondanti degli ordinamenti liberaldemocratici contemporanei al pari dei diritti di libertà e di quelli politici.

Con una differenza, che nel tempo, però, si è affievolita. «Contrariamente ai classici diritti di libertà dello stato liberale (libertà negative, o libertà dallo stato) e ai diritti politici (libertà positive o libertà nello stato), la categoria dei diritti sociali trae il proprio fondamento dalla necessità di assicurare prestazioni dei poteri pubblici uguali per tutti e tali da riequilibrare le posizioni dei singoli all’interno della società. In tal senso si può parlare di libertà attraverso lo stato»17. Se i tradizionali diritti individuali consistono in libertà, i diritti sociali, invece, consistono in poteri: le prime invocano la non ingerenza, l’obbligo di astenersi da certi comportamenti; i secondi si realizzano, al contrario, se vengono imposti ad altri una serie di obblighi positivi18.

Diritti sociali come diritti di prestazione, correlati, dunque, alla gestione delle risorse finanziarie messe a disposizione mediante specifiche politiche di bilancio, e direttamente riconducibili all’organizzazione e all’efficienza degli apparati pubblici. L’attuazione e l’esercizio di questi diritti dipendono dall’esistenza di precise condizioni, o pre-condizioni, e potrebbero generare perplessità intorno alla loro natura, connotandola come condizionata;

connotazione solo presunta giacché il mancato intervento pubblico, che potrebbe incidere sulle modalità di garanzia, non può metterne in discussione l’esistenza,

14 In particolare, P. Calamandrei, L’avvenire dei diritti di libertà, in Opere giuridiche, vol. III, Morano, Napoli 1968.

15 Per una breve storia dei diritti sociali, si veda B. Pezzini, La decisione sui diritti sociali, Giuffrè, Milano 2001.

16 V. Crisafulli, Le norme programmatiche della Costituzione, in Studi in memoria di Luigi Rossi, Giuffrè, Milano 1952.

17 A. Barbera, C. Fusaro, Corso di diritto costituzionale, Il Mulino, Bologna 2012, p. 225.

18 In questo senso Bobbio sostiene che un individuo abbia un diritto di libertà se ha il diritto che gli altri (anzitutto i poteri pubblici) si astengano dal tenere determinati comportamenti, e abbia invece un diritto sociale se ha il diritto che altri (anzitutto i poteri pubblici) tengano determinati comportamenti, ovvero gli forniscano determinate prestazioni. N. Bobbio, L’età dei diritti, Einaudi, Torino 1990.

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posta, stabilita e prescritta in Costituzione. La richiesta di intervento del legislatore e l’utilizzo di risorse, che non rendono dissimili i diritti sociali dai tradizionali diritti di libertà, eventualmente disturbano la misura della loro tutela.

Di fatto, e peraltro, «tutti i diritti fondamentali possono essere considerati come diritti di difesa e/o come diritti a prestazione, e/o come diritti di partecipazione, e/o come diritti di percepire un utile sociale»19; o, come si sostiene altrove, «tutti i diritti fondamentali sono insieme intergenerazionali, universali, indivisibili e interdipendenti»20. Non solo. La distinzione fra libertà positive e libertà negative, correlata all’altra distinzione tra dovere di astensione e dovere di intervento del potere pubblico «è ormai revocata in dubbio e l’intreccio fra i diversi tipi di diritti si incarna nelle costituzioni degli ordinamenti democratici con infinita varietà di forme»21. L’equivoco è nato dalla convinzione, piuttosto diffusa, secondo la quale la tutela delle libertà, chiedendo ai poteri pubblici essenzialmente l’astensione da qualsivoglia intervento, non comporti costi per la finanza pubblica, mentre i diritti, risultando necessario l’intervento pubblico, siano costosi. Convinzione aprioristica e priva di serio fondamento, come spesso è stato sottolineato dalla dottrina22.

Insomma, la categoria specifica dei diritti sociali come diritti speciali non tiene più. E non è più sostenibile per un doppio ordine di ragioni: intanto perché tutti i diritti inviolabili sono sociali per l’evidente riverbero pluralista e relazionale che li caratterizza; poi, perché, a ben guardare, accanto ai diritti sociali, che richiedono prestazioni, si situano taluni diritti fondamentali classici (non sociali) che pure esigono interventi prestazionali. L’esistenza di diritti completamente negativi, che si risolvono in una pura richiesta di astensione, è un mito: tutti i diritti e tutte le libertà hanno bisogno di un’organizzazione pubblica e comportano dei costi23. Rafforzare le garanzie delle libertà, o quelle dei diritti,

19 C. Salazar, Dal riconoscimento alla garanzia dei diritti sociali. Orientamenti e tecniche decisorie della Corte costituzionale a confronto, op. cit., p. 10.

20 A. Spadaro, Dai diritti individuali ai doveri globali. La giustizia distributiva internazionale nell’età della globalizzazione, Soveria Mannelli, Catanzaro 2005, p. 98.

21 L. Torchia, Welfare, diritti sociali e federalismo, relazione al Convegno “Verso nuove forme di welfare”, Stresa 26-27 aprile 2002.

22 M. Luciani, Sui diritti sociali, in Studi in onore di Manlio Mazziotti di Celso, II, Cedam, Padova 1995. Ed ancora, Bin afferma «Se prendiamo le tipiche libertà “negative” - per esempio la libertà personale, la libertà di domicilio o la proprietà privata – vediamo che esse implicano ingenti interventi e “costi” pubblici. Quale garanzia avrebbe infatti l’integrità fisica degli individui senza un ingente (e costoso) apparato di pubblica sicurezza posto a protezione di essa o senza il complesso (e costoso) apparato giudiziario? (I) E cosa sarebbe la proprietà senza un apparato di protezione che tuteli, non solo attraverso strumenti di polizia, ma anche attraverso il servizio antincendi, la sistemazione delle acque, la protezione civile e la “garanzia” pubblica per le calamità naturali?», E. Bin, Diritti e fraintendimenti, in Ragion pratica, n. 14, 2000, pp. 15-25.

23 Questa la tesi di fondo del pamphlet di S. Holmes, C. R. Sunstein, The Costs of Rights – Why Liberty Depends on Taxes, New York – London 1999, tr. it. Il costo dei diritti, Il Mulino, Bologna 2000.

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resta solo una questione di scelta di politics fra differenti policy24 da attuare. E resta una scelta difficile da compiere alla luce di una paradossale proporzionalità tra espansione e in-attuazione pratica dei diritti: cresce l’elenco dei diritti, diminuiscono le risorse naturali ed economiche.

Sul versante della dottrina, peraltro, è possibile identificare almeno tre posizioni circa il significato dei diritti sociali che, come s’intuisce, non vantano un’accezione univoca. Secondo un primo gruppo di autori, l’espressione “diritti sociali” fa riferimento soltanto a quei diritti che, decretando il principio di eguaglianza sostanziale, si riferiscono esclusivamente agli individui considerati economicamente e socialmente più deboli25. Altri studiosi, al contrario, utilizzano l’espressione “diritti sociali” per riferirsi a quelle disposizioni costituzionali che enumerano i principi identificativi di obiettivi pubblici da perseguire in relazione a beni precisi (lavoro, salute, istruzione, benessere sociale), e che creano diritti soggettivi per tutti, a prescindere dalle condizioni personali, economiche e sociali26. Infine, un terzo gruppo di studiosi, nell’espressione “diritti sociali”, include, oltre ai diritti degli individui deboli e ai diritti che conferiscono a tutti gli individui quei servizi e quei beni ritenuti essenziali per garantire la dinamica della dignità umana, anche tutti quei diritti che consentono ad ognuno di continuare la propria naturale inclinazione a costruire e consolidare relazioni sociali27.

Ora, per connotare con maggiore precisione quale diritto sia definibile sociale, naturalmente, non sono sufficienti le indicazioni contenute nelle teorie, che restano parziali; peraltro, il compito appare arduo e problematico anche per due ulteriori ragioni: da una parte, la Costituzione non identifica ciascun diritto come sociale, politico o civile, dall’altra, gli studiosi non convergono su una comune classificazione. La denotazione “diritti sociali”, come emerso, crea non pochi problemi28, perché l’espressione fa riferimento ad una eterogeneità situazionale piuttosto ampia che, al suo interno, prevede ulteriori distinzioni; nell’insieme dei

25 P. Caretti, I diritti fondamentali: libertà e diritti sociali, Giappichelli, Torino 2002; T. Martines, Diritto costituzionale, Giuffrè, Milano 1988.

26 B. Pezzini, La decisione sui diritti sociali, cit.

27 Di questo avviso, A. Baldassarre, Diritti della persona e valori costituzionali, cit..; C. Salazar, Dal riconoscimento alla garanzia dei diritti sociali. Orientamenti e tecniche decisorie della Corte costituzionale a confronto, cit; A. D’Aloya, Eguaglianza sostanziale e diritto diseguale, Cedam, Padova 2002.

28 «Per la verità, l’espressione diritti sociali – ora esplicitamente presente negli artt. 117, IIc., lett. m, e 120, II c., Cost. – non è particolarmente felice, esattamente al pari, del resto, di quella di Stato sociale: si tratta di formule linguistiche ricche di fascino storico, ma formalmente tautologiche, che rischiano di restare vuote. Infatti, come l’idea di uno Stato “non sociale” non avrebbe senso, così anche l’idea di diritti – individuali o collettivi che siano – che non abbiano un’inevitabile e diretta incidenza “sociale”, e dunque che non siano sociali, in fondo è un non senso», A. Spadaro, I diritti sociali di fronte alla crisi, in AIC, n. 4, 2001.

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diritti sociali, infatti, sono inclusi diritti piuttosto diversi (quanto a struttura) e ai quali, difficilmente, possono essere attribuiti gli stessi caratteri rilevanti29. Si differenziano, in questo senso, fra quelli necessari a garantire il pacifico esercizio, o ad assicurare la tutela dei diritti di libertà, e quelli che, non essendo collegati a diritti di libertà, sono piuttosto «rivolti alla soddisfazione degli svariati bisogni della persona; questi ultimi, a loro volta, andrebbero distinti a seconda del riconoscimento operato dalla carta costituzionale»30. Un riconoscimento che, però, consente di assegnare anche ai diritti sociali quella molteplicità dimensionale, che è specifica dei diritti costituzionali delle democrazie pluralistiche e che riflette gli assetti, anch’essi pluridimensionali, della società aperta31.

Già, perché è nelle costituzioni di democrazia pluralistica che rinveniamo l’inserimento dei diritti sociali, avvenuto secondo due diverse linee di sviluppo:

da una parte, sono previsti in termini di azioni da implementare (compiti o programmi)32, dall’altra, sono inseriti nel catalogo dei diritti del cittadino, e individuano una sfera giuridica del singolo immediatamente tutelabile, come nel caso del nostro Paese, la cui Costituzione individua, fin dalle prime battute, i principi fondanti dell’ordinamento, il ruolo e la tutela della persona e i diritti inviolabili del singolo. La nostra è una democrazia pluralistica in cui sono riconosciuti i diritti inviolabili del singolo, la pari dignità sociale di ogni individuo, ed in cui il principio di uguaglianza sostanziale ha lo scopo del pieno sviluppo della personalità umana33. Peraltro, creare le condizioni minime di uno Stato sociale, «concorrere a garantire al maggior numero di cittadini possibile un fondamentale diritto sociale, contribuire a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana, sono compiti cui lo Stato non può abdicare in nessun caso”34.

Ora, malgrado la consapevolezza che la concezione dei diritti sia sempre il frutto di scelte condizionate dalla cultura del tempo, resta invariata la connotazione universalistica delle garanzie che la Costituzione e le varie Carte europee ed internazionali prescrivono in ordine ai diritti fondamentali, compresi quelli sociali. E resta altrettanto indiscutibile l’assioma dell’universalità dei diritti

29 E. Diciotti, Stato di diritto e diritti sociali, in Diritto & Questioni pubbliche, n. 4, 2004, pp. 49-79.

30 F. Politi, I diritti sociali, in R. Nania, P. Ridola, I diritti costituzionali, vol. III, Giappichelli, Torino 2006, p. 1019.

31 P. Ridola, Diritti di libertà e costituzionalismo, Giappichelli, Torino 1999.

32 In questo caso, le relative norme costituzionali non pongono, o non porrebbero, una sfera giuridica del singolo immediatamente tutelabile. Citiamo, quale esemplificazione al riguardo, la Costituzione di Weimar ed anche la Costituzione di Bonn, che non contiene un elenco dei diritti sociali, ma che pone solo il principio dello “Stato sociale di diritto”. Cfr. F. Politi, I diritti sociali, cit.

33 Ibidem.

34 Così l’ultima frase dell’ultimo punto del considerato in diritto della sentenza n. 217 del 1988 della Corte Costituzionale.

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fondamentali nel modello della democrazia costituzionale35. E se alcuni diritti sono suscettivi di apparire sterili sovrastrutture, o, in casi più estremi, la loro piena ed effettiva tutela può essere vissuta come ingenua utopia, occorre leggere tale universalità alla luce della autocomprensione dei titolari dei diritti medesimi, a cui «deve essere riconosciuto un ruolo decisivo nella dimensione della democrazia costituzionale»36.

Certo, quando si passa dal piano dell’astrattezza a quello della concretezza delle previsioni normative, s’impatta una realtà desolante, quella della scarsità delle risorse finanziarie necessarie per garantirne l’esercizio. Giova, tuttavia, sottolineare che l’onerosità non rappresenta un tratto esclusivo dei diritti sociali e che tutti diritti, sia pure in misura diversa, costano, e che, in ultima analisi, la crisi economica in atto non può, e non deve, giustificare il processo di ridimensionamento del Welfare State, le cui limitazioni in termini di servizi e prestazioni sono, probabilmente, motivate anche da una crisi di quel modello culturale che ne aveva ispirato la nascita e lo sviluppo37.

La crisi è profonda e complessa perché poliedrica: una crisi di forme e di sostanza, di strumenti e di obiettivi, di principi organizzativi non sempre negoziabili e di principi costituzionali inderogabili; una destrutturazione di uno Stato costituzionale che «assume la dignità dell’uomo come suo punto di partenza storico-culturale, fissando una scala di principi supremi come base della dignità della persona e come linea direttrice del proprio sviluppo. I diritti sociali, principi e fine dello Stato sociale, si qualificano in tale ottica come diritti costituzionalmente protetti pur registrando tutti i limiti del condizionamento finanziario»38.

Così, quale impulso è possibile dare all’attuazione dei diritti sociali riconosciuti in Costituzione, in una fase, quella attuale, in cui rischiano di fatto una sospensione? Il Welfare è un lusso, che in tempi di crisi si deve contenere, o è una risposta per meglio fronteggiare i grigiori temporali ed uscirne, potenziando equità ed eguaglianza39? Riteniamo possibile recuperare, nei principi della democrazia pluralista, strade ulteriori di riflessione che, una volta intraprese, porterebbero ad esiti diversi da quelli mortificanti derivanti dall’ipotesi di

35 L’espressione “universalità dei diritti fondamentali” non va intesa in senso oggettivo, vale a dire quale loro riconoscimento in ogni parte del globo e da qualunque ordinamento, bensì in senso soggettivo, come riconoscimento dei diritti in parola da parte di certi ordinamenti a tutti gli individui.

36 P. Häberle, Le libertà fondamentali nello Stato costituzionale, a cura di P. Ridola, Nis, Roma 1993;

ID., Cultura dei diritti e diritti della cultura nello spazio costituzionale europeo. Saggi, Giuffrè, Milano 2003.

37 «Lo Stato sociale è sorto come risoluzione politica di problemi pratici di dimensioni immani, costituendo una precisa risposta politico-costituzionale alla crescente e obiettiva insicurezza sociale», A. Baldassarre, Diritti della persona e valori costituzionali, cit., p. 125.

38 S. Gambino, Stato e diritti sociali fra Costituzioni nazionali e Unione europea, Liguori, Napoli 2009.

39 M. Campedelli, P. Carrozza, L. Pepino, Introduzione al volume Diritto di welfare. Manuale di cittadinanza e istituzioni sociali, Il Mulino, Bologna 2010, p. 19.

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