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VENERDI 29 NOVEMBRE 2019

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Academic year: 2022

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VENERDI’ 29 NOVEMBRE 2019

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IL MATTINO

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Manovra pensioni, ultima ora Treu su Quota 100 e valutazione contratti lavoro

L’ultima puntata dell’approfondimento di ReteSole condotta da Cesare Damiano ha visto in studio Tiziano Treu, Presidente del Cnel, che con la modestia che lo contraddistingue, nonostante le competenze di spessore indiscutibili, ha espresso il suo punto di vista sulla quota 100 e sul possibile futuro della riforma previdenziale, sui contratti di lavoro e sulla manovra 2020. Eccovi i tratti salienti dell’intervista.

Pensioni 2020, si deve necessariamente dividere previdenza da assistenza

Treu, su una questione è stato molto diretto, non è più possibile sentire dire che i dati sulla previdenza non sono in ordine. La previdenza troppo spesso viene associata ai dati dell’assistenza e si crea una grande confusione, facendo passare il Paese Italia, come un paese ‘spendaccione’ dal punto di vista previdenziale. Anche l’assistenza è gestita dall’Inps ma si tratta di due cose molto diverse, ci tiene a precisare il Presidente del Cnel, e purtroppo nelle discussioni pubbliche le cose sono mischiate, l’assistenza copre costi importanti, perché il paese invecchia e non va certo abolita, ma bisogna prestare attenzione e non mettere tutti i dati insieme. I conti sulla previdenza sono in ordine, se si tiene conto solo della parte realmente a carico della previdenza.

Il tema pensioni è un tema storico, rimarca, Treu, su cui si è puntata nuovamente l’attenzione dato l’avvento di quota 100. A mio avviso, aggiunge, si tratta di un tradimento per il futuro dei giovani, una misura che non mi vede d’accordo, ma in ogni caso c’è e termina tra 3 anni, dunque l’obiettivo del Cnel è proprio quello di affrontare i problemi grazie ad un team di esperti, formato da giuristi ed economisti, che ripensino al tema previdenziale in modo serio. L’obiettivo è quello di fare delle audizioni, qualche tavolo si dovrà pur aprire col Governo, dunque il tema pensioni è

PENSIONI PER TUTTI

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centrale. Poi riferendosi all’Ue ed all’immagine che ha dell’Italia aggiunge: “ I Conti della previdenza non sono apprezzati sempre in modo corretto, Cnel e Inps sono d’accordo. Nell’Ue c’è un equivoco di fondo, noi figuriamo con spendaccioni sulla previdenza, chiaro è che se nelle pensioni consideri il Lordo piuttosto che il netto, o calcoli elementi che nulla c’entrano con le pensioni, non solo si dà una pessima immagine da noi, ma soprattutto in Europa e passiamo come ‘spendaccioni’, appunto. Per questo è necessario, e sarà compito del Cnel avere un confronto con l’Istat su tali dati, in quanto è l’Istat stesso che distribuisce tali dati“

Manovra pensioni, bisogna essere lungimiranti :salari bassi/pensione bassa

Per quanto concerne la rivalutazione delle pensioni, il problema non è tanto dare la quattordicesima alle pensioni più basse, che è comunque un provvedimento giusto, questo servirebbe solo a tamponare, ma nell’ottica del tutto contributivo dal 96 è bene iniziare ad essere lungimiranti, perché se hai salari bassi, e la logica è prendi quanto versi, va da sé che avrai pensioni basse, fa notare senza tanti giri di parole Tiziano Treu.

Damiano conducendo l’intervista fa notare come vi sia ad oggi una clausola molto restrittiva che permette sì di andare in pensione col contributivo dai 63 anni, età a suo avviso giusta per accedere alla pensione, ma a patto che si abbia una pensione pari a 2.8 il minimo, ossia una pensione che sia almeno pari a 1.400 euro.

Damiano chiede, confrontandosi, se non sarebbe corretto, nella logica del ‘tanto versi-tanto incassi’, eliminare tale regola restrittiva a cui difficilmente si rischia di arrivare.

Treu dalla sua concorda e completa il quadro facendo un discorso a 360°, ove pare in parte bacchettare l’atteggiamento degli ultimi Governi, dalla vita breve: “Il problema è che certi interventi possono anche nascere da una logica giusta, ma poi se fai un intervento sulle pensioni ogni 2 anni, le persone in primis si spaventano, e poi si fanno pasticci. Col Contributivo sarebbe giusto decidere una fascia, minimo (63/64) max 70 e li dentro scegli come si fa in tanti altri Paesi. Invece di fare tanti scalini, scaletti e

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scalone, se vai prima prendi meno se vai dopo prendi più, quindi nessuna trappola” Chiaro ed è per questo che si parlava di essere lungimiranti nelle riforme che “ se hai 4 soldi di salario, ha poi sempre 4 soldi di pensione e magari vai via prima ma muori di fame

“ . Quindi , aggiunge, la domanda sarebbe “come facciamo a ridurre pensioni basse. Perché poi ci sono anche i Lavori intermittenti, 40 anni di lavoro a intermittenza, se hai 20 anni di buchi , lavori e non lavori, in realtà su 40 nei hai 20 di anni di contributi effettivi, ecco allora che servirebbe uno zoccolo che aiuta le fasce deboli.” Un’

Integrazione al minimo, aggiunge, molto paesi europei stanno facendo così. Chiaro che questo deve essere dato dal Fisco, il contributivo da solo non basta. Sarebbe giusto dare , come capita altrove, ai pensionati che non sono riusciti ad arrivare ad una somma minima, quella pensione di garanzia che permetta, di diritto, perché di diritto parliamo, di poter avere una somma necessaria a vivere. Il problema si lega comunque anche al lavoro, ci tiene a precisare, se un domani sarà tutto contributivo, si deve passare anche dalle contribuzioni e dai salari minimi, altrimenti i lavoratori poveri oggi saranno i pensionati poveri di domani, giacché la pensione sarà tutta contributiva. Ecco allora l’obiettivo ambizioso che si é posto il Cnel proprio per normare il lavoro.

Pensioni e Lavoro, ordine e qualità nei contratti : l’obiettivo del Cnel La discussione si è poi spostata sui contratti di lavoro e sul lunghissimo e meticoloso incarico che sta portando il Cnel a

‘censire’ e a mettere ordine tra la mole di contratti che vi sono. Lo scopo, spiega Treu, con un esempio calzante e di facile comprensione per i non addetti ai lavori, e attribuire una sorta di codice ‘alfanumerico’ ai contratti affinché siano facilmente riconoscibili, così come avviene con la targa per un’auto. E così come quando un’auto passa col rosso viene multata allo stesso modo il Cnel vorrebbe costituire una griglia in cui stabilire dei criteri base che identificano un buon contratto, che sia solido dal punto di vista salariale ma anche normativo, i contratti ‘in regola’ che rientrano in determinati canoni, avrebbero il ‘bollino di qualità’, quelli non in linea ‘sarebbero’, passateci la

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metafora, ‘multati’. Ci vorrà molto tempo, spiega Treu, in quanto la parte normativa è difficile, ma il Presidente del Cnel conferma che questa è la linea verso la quale ci si sta indirizzando per fare chiarezza ed ordine nella ‘giungla’ contrattuale.

Incalzato da Damiano si parla anche delle deroghe, per Treu la possibilità di derogare da leggi e contratti aziendali deve al più essere l’eccezione usata in casi di crisi, in casi estremi, ad esempio per evitare una crisi aziendale si può accettare per un anno di avere una riduzione degli straordinari o di non avere la 14esima, se il sacrificio è indirizzato alla salvezza, la deroga, forse può starci, ma se diviene abitudine allora non va bene è diviene pericolo. Credo, aggiunge, che la norma sulle deroghe non sia stata eliminata, nonostante aspre critiche perché pensata in questo senso, ad oggi mi pare di aver inteso che al più è stata utilizzata in casi estremi, chiaro che bisogna vigilare. Anche per Damiano le deroghe devono al più essere usate in casi speciali, ma se diviene la prassi, dopo la prossimità si cadrebbe nel contratto individuale.

Manovra 2020: se il Governo dura, è un inizio

L’ultima considerazione e sulla Manovra 2020, Treu spiega che il Cnel è tenuto a dare una valutazione ed il Governo è tenuto a dargli audizione, ragione per cui ci sta lavorando: “ci sono cose positive ed altre su cui siamo maggiormente critichi. Sterilizzazione Iva, rilancio 4.0, cuneo fiscale, aspetti positivi. Poi ci sono dei punti interrogativi e poi dei buchi. Ad esempio in questa manovra non ci sono investimenti nell’istruzione. E’ un dramma siamo nell’ età della conoscenza, futuro é il digitale, e sono 10 anni che disinvestiamo in informazione.

Poi conclude, ironico: “Chiaro che è una finanziaria strappata con i denti, si comincia pianissimo e si indica una strada , se il Governo dura, e non dura lo spazio di un mattino, e non arriva un nuovo Governo a distruggere quanto è stato fatto prima, può essere un inizio“

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Speciale pensioni: a 56 e 61 anni, con 40 anni di contributi, contributi volontari, quota 100

Pensione anticipata

Moltissimi sono i lettori che ci scrivono per avere una consulenza sulla possibilità di pensionamento, sulla miglior misura da utilizzare per una quiescenza più veloce e su eventuali penalizzazioni.

Premettendo che non siamo in grado di fare proiezioni sull’importo della futura pensione, dipendendo da troppi fattori a noi ignoti, procediamo a dare dei chiarimenti su pensione anticipata contributiva, pensione quota 41 caregiver e pensione di vecchiaia anticipata per i lavoratori invalidi.

Pensione a 61 anni

Accedere al pensionamento prima del compimento dei 67 anni è possibile anche se sono richiesti, dalle diverse misure che lo permettono, requisiti piuttosto precisi che non a tutti consentono la quiescenza anticipata. In alcuni casi, quando i contributi maturati sono troppo pochi, infatti, l’unica alternativa è quella di attendere il pensionamento di vecchiaia.

NOTIZIE ORA

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Pensione 40 anni di contributi

La normativa vigente prevede diverse misure che permettono l’anticipo pensionistico e, quindi, la quiescenza prima del compimento dei 67 anni di età. Alcune oltre al requisito contributivo richiedono anche un “paletto” anagrafico riducendo, in questo modo, drasticamente la platea dei possibili destinatari della misura.

Vediamo, con 40 anni di contributi quali sono i tipi di pensionamento possibili.

Pensione a 56 anni

Esiste una misura previdenziale appositamente mirata agli invalidi con percentuale pari o superiore all’80% che permette un pensionamento con 11 anni di anticipo per le donne e con 6 anni di anticipo per gli uomini. La pensione di vecchiaia anticipata, a fronte di 20 anni di contributi, permette il pensionamento a 56 anni per le donne e a 61 anni per gli uomini. Vediamo di cosa si tratta e chi può beneficiarne.

Quota 100

Per chi percepisce la quota 100 c’è il divieto di lavorare, fino al compimento delll’età prevista per la pensione di vecchiaia. Ma dobbiamo dire che tale divieto non è totale, in quanto il pensionato può percepire un reddito lavorativo autonomo nei limiti di 5.000 euro annui. Inoltre, l’Inps ha reso noto che ci sono dei redditi che sono pienamente compatibili con la quota 100. Il pensionato che riceve un reddito di lavoro è obbligato a presentare una dichiarazione tramite un apposito modulo messo a disposizione dall’Inps, “Modulo AP 139”, altrimenti rischia la sospensione della pensione.

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Contributi volontari

Per chi ha perso il lavoro o per chi ha cessato l’attività e necessita di qualche anno di contribuzione per raggiungere il requisito di accesso alla pensione, la soluzione ideale potrebbe essere quella di chiedere l’autorizzazione ai versamenti volontari che permetto di aumentare la propria contribuzione onerosamente anche non prestando attività lavorativa.

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Pensione: ecco quando l’importo è più basso del 10%

Pensioni: per ogni cinque anni di non lavoro scatta una

“penalizzazione” del 10% sull’assegno.

Pensioni: il sistema di calcolo contributivo vigente in Italia, unito alle difficoltà del nostro mercato del lavoro, ha comportato un abbassamento degli importi delle pensioni e in futuro questa situazione potrebbe persino peggiorare.

Il fatto che i contributi, legati agli anni di lavoro e agli stipendi percepiti, rappresentino l’elemento centrale per il calcolo dell’assegno di pensione non aiuta di certo coloro che non sono riusciti a mantenere una carriera lavorativa stabile e continua.

A ribadire questo problema è l’Ocse che nel “Pension at Glance 2019” ha affrontato alcuni importanti temi riguardanti le pensioni;

ad esempio, nel rapporto dell’organizzazione parigina si legge che l’Italia dovrebbe attuare un nuovo aumento dell’età pensionabile (cancellando quindi Quota 100), così come dovrebbe rimettere mano a quegli assegni di pensione che risultano essere molto bassi.

MONEY

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Concentriamoci su quest’ultimo punto per fare chiarezza su quando un assegno di pensione rischia di abbassarsi concretamente; il rapporto annuale dell’Ocse risponde a questa domanda, oltre a suggerire delle possibili soluzioni.

Pensione: quando l’assegno è più basso del 10%

Secondo i dati rilevati dall’Ocse in Italia il problema riguardante gli importi bassi delle pensioni viaggia pari passo alle difficoltà crescenti del mercato del lavoro.

Basti vedere che nel 2017 i contratti a tempo determinato, così come i part-time, sono cresciuti oltre il 10%; il problema è che questi, implicando solitamente dei bassi guadagni, si ripercuotono negativamente sui futuri assegni di pensione.

L’Italia applica un sistema di calcolo della pensione particolarmente penalizzante, visto che vi è una stretta relazione tra i contributi individuali e l’importo dell’assegno. Quindi, così come i bassi guadagni hanno ripercussioni negative per l’assegno, lo stesso vale per gli anni di interruzione dell’attività lavorativa.

Non sempre, infatti, in italia si riesce ad avere una carriera lavorativa senza interruzioni e - secondo quanto rilevato dall’Ocse - se i Governi non faranno qualcosa a proposito c’è il rischio concreto che questa situazione possa persino peggiorare in futuro.

Ma cosa comportano queste interruzioni lavorative? Secondo l’Ocse, per ogni interruzione di carriera della durata di cinque anni scatta una riduzione del 10% dell’assegno pensionistico. Una

“penalizzazione” che in Italia è più severa rispetto al resto d’Europa:

cinque anni di “non lavoro”, infatti, nella media Ocse comportano una riduzione di appena il 6%.

Pensioni con importo troppo basso: le soluzioni dell’Ocse

Ovviamente, oltre ad intervenire direttamente sulle pensioni l’Italia dovrebbe anche attuare delle politiche rivolte a risolvere i problemi

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che da anni caratterizzano il mercato del lavoro nostrano. Tasso di disoccupazione elevato, stipendi bassi e forte propensione ai contratti part-time e a tempo determinato, senza dimenticare poi il lavoro in nero.

Parimenti, però, l’Ocse suggerisce alcune soluzioni da attuare sul fronte pensioni:

mantenere adeguati benefici dalle pensioni di anzianità;

limitare la pressione fiscale (qui tutte le tasse che si pagano sulla pensione);

aumentare le pensioni di chi ha bassi tassi di contribuzione.

Tuttavia, se sul fronte importi l’Ocse sembra andare in favore dei pensionati italiani non fa altrettanto verso coloro che in pensione devono ancora andarci. Come anticipato, infatti, nel rapporto annuale vi è anche il suggerimento di innalzare l’età pensionabile, visto che la spesa previdenziale italiana è la seconda più alta tra i Paesi Ocse (peggio di noi fa solamente la Grecia).

Quale sarebbe, secondo l’Ocse, l’età giusta per la pensione? 71 anni, mentre la media di riferimento dovrebbe attestarsi presto attorno a 66 anni 1 un mese.

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Sindacato

Mobilitazione a tutto campo

Manovra, riforme, contratti. Cgil, Cisl, Uil si mobilitano sui grandi temi e lo fanno attraverso una settimana di iniziative, dal 10 al 17 dicembre. I sindacati confermano e ribadiscono il proprio giudizio sulla manovra: bene la disponibilità dell’Esecutivo al confronto, ma le risorse messe in campo sui capitoli della piattaforma unitaria sono “insufficienti”. I risultati ottenuti di sindacati, grazie alla grande partecipazione alle iniziative di piazza avviate da febbraio e al serrato confronto con il Governo, “non sono esaustivi”.

Per questo Cgil, Cisl Uil hanno deciso di dare continuità alla mobilitazione, per ottenere miglioramenti sul fronte della manovra, per chiedere “di avviare una stagione di riforme, da condurre in porto già nei prossimi mesi” e per dare sostegno alle altre richieste contenute nella piattaforma. La settimana di mobilitazione vedrà iniziative nei territori e tre manifestazioni/assemblee nazionali

CONQUISTE DEL LAVORO

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aperte, che si svolgeranno in Piazza Santi Apostoli a Roma. Quella del 10 dicembre sarà dedicata alle questioni del Mezzogiorno, dell’industria, dei servizi e di uno sviluppo ambientalmente sostenibile, contro i licenziamenti, a sostegno dell’occupazione e delle vertenze aperte, per l’estensione degli ammortizzatori sociali, per la riforma degli appalti e dello “sblocca cantieri”.

Con la manifestazione del 12 dicembre, il focus si sposta su rinnovo dei contratti pubblici e privati, sul superamento dei contratti pirata, sulla riforma e le assunzioni nella Pa, sulla defiscalizzazione degli aumenti contrattuali. La giornata del 17 dicembre avrà al centro: la riforma fiscale “per una redistribuzione a vantaggio dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e per ridurre dell’evasione”; la previdenza, “per un’effettiva rivalutazione delle pensioni e per proseguire la riforma della legge Fornero in un’ottica di effettiva flessibilità verso il pensionamento”; un welfare “più giusto” e una legge sulla non autosufficienza.

Le tre manifestazioni/assemblee vedranno protagonisti delegate e delegati che al governo e alle imprese porranno i problemi delle rispettive imprese e temi e proposte della piattaforma unitaria, discussi nelle assemblee dei lavoratori.

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