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Francesco a casa di Antonio a cura di Giuseppe Corazzin. Prefazione di Fabio Scarsato direttore del «Messaggero di sant Antonio»

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Academic year: 2022

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Francesco a casa di Antonio

a cura di Giuseppe Corazzin

Prefazione di Fabio Scarsato direttore del «Messaggero di sant’Antonio»

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I testi sono ripresi da, Fonti Francescane. Terza edizione riveduta e aggiornata. Scritti e biografie di san Francesco d’Assisi. Cronache e altre testimonianze del primo secolo france- scano. Scritti e biografie di santa Chiara d’Assisi. Testi normativi dell’Ordine Francescano Secolare, Editrici francescane, Padova, 2011.

Crediti fotografici

Fotografie di Giorgio Deganello, salvo due diversamente indicate.

Le foto di questo sussidio sono tutte riproduzioni di opere custodite all’interno del complesso museale della Basilica del Santo: Archivio Messaggero di sant’Antonio, Padova.

ISBN 978-88-250-5044-8 Copyright © 2019 by P.P.F.M.C.

MESSAGGERO DI SANT’ANTONIO – EDITRICE

Basilica del Santo - Via Orto Botanico, 11 - 35123 Padova www.edizionimessaggero.it

Finito di stampare nel mese di settembre 2019 Mediagraf S.p.A. – Noventa Padovana, Padova

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Prefazione

Francesco a casa di Antonio. In realtà, trattasi senz’altro dell’educato ricambio di una visita. Perché tutto cominciò, anni fa, allorché Antonio si recò a casa di Francesco. Meglio: Antonio cambiò proprio casa e fu accolto in quella di Francesco. Ma andiamo con ordine.

Siamo negli anni tra il 1212 e il 1220 circa, e Antonio, che però fino a qui portava ancora e solo il suo nome di battesimo, e cioè Fernando, risiede nel monastero agostiniano, o meglio canonìa di Santa Cruz in Coimbra, in Portogallo. A dire la verità, vi è giunto dopo un primo tra- sloco dal monastero di São Vicente presso Lisbona. Santa Cruz è un am- biente accogliente, protettivo, dove sentirsi a casa. Qui Fernando, che è ordinato anche sacerdote, può scandire le sue giornate tra la preghiera, personale e in coro, lo studio della Sacra Scrittura, ma anche tutte quel- le altre attività quotidiane proprie di chi vive in una casa: i vari servizi comunitari, mangiare e dormire, scherzare con gli altri confratelli, rior- dinare la cella, rincorrere il gatto del monastero.

Nel frattempo, però, Fernando, il cui sguardo può spaziare al mas- simo alle colline circostanti, pur senza muoversi da lì, tra biblioteca, scriptorium, refettorio e chiostro, viene a conoscenza di un’autentica news, direi persino uno scoop per il suo mondo religioso. Accanto alla piccola chiesetta di S. Antonio dos Olivais, spersa nella campagna della zona, hanno preso residenza un gruppetto di altri religiosi che dicono di chiamarsi frati minori, di venire dall’Italia e di essere giunti fin lì per ordine del loro fondatore, Francesco d’Assisi. Che era figlio di un ricco mercante ma si era fatto povero, aveva scoperto Dio nella Bibbia ma

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anche nel volto del lebbroso, e aveva insegnato a tutti i suoi discepoli che loro chiostro era il mondo intero. Nel loro “monastero” il pavimento era il prato d’erba, le colonne del chiostro i superbi e bizzarri olivi del posto, il soffitto il cielo attraversato da soffici nubi di giorno e puntellato di stelle la notte. Berardo, Ottone, Pietro, Accursio e Adiuto, questi i loro nomi, vestono di un abito simile a quello dei contadini, di sacco, cinto da una corda e con il solo cappuccio per difendersi dalla pioggia e dai raggi cocenti del sole, camminano a piedi nudi. Non posseggono nulla, e talvolta bussano al monastero in cerca di un pezzo di pane per amor di Dio. Ma il loro volto! Quegli occhi che scrutano l’infinito, quei sorrisi di chi sa ma non vuole dircelo!

Ferdinando ne è affascinato. D’impulso decide di traslocare di nuovo, dal monastero alla chiesetta di S. Antonio dos Olivais: diventa Antonio.

È un trasloco leggero, questa volta: più che trasportare avanti e indietro pacchi e cianfrusaglie, deve lasciarsi tutto alle spalle. Perché alla casa di Francesco d’Assisi ci si presenta col passo leggero, le mani aperte a ricevere tutto dalla provvidenza, gli occhi spalancati per niente trattene- re e di tutto lodare, il cuore disponibile a lasciare che sia il buon Dio a riempire ore e giorni. Antonio chiede ospitalità nella casa di Francesco:

una casa dalle mura trasparenti, perché il mondo intero entri dentro il frate minore, e il frate minore, sia che dorma sia che vegli, possa portare il Dio che abita in lui a tutti e a tutto.

Ecco, questa era la casa che Antonio cercava.

Fabio Scarsato Direttore del «Messaggero di sant’Antonio»

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La cappella

di san Francesco

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Giorno settimana

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Il 1926 era l’anno in cui si celebrava il VII centenario della morte di san Francesco (1182-1226). In quell’anno i frati della Basilica di sant’An- tonio in Padova decisero di dedicare una cappella al poverello di Assisi.

Da tale cappella provengono le illustrazioni della prima parte di questo libretto.

La cappella era precedentemente dedicata a santa Chiara e lo fu al- meno dal secondo decennio del ’400.

I lavori di abbellimento della cappella furono commissionati ad Adol- fo De Carolis che cominciò ad affrescarne la parte superiore, lavori che però interruppe nell’ottobre del 1927 a causa di un peggioramento della suo stato di salute. Successivamente fu contattato Ubaldo Oppi che por- tò a termine l’opera tra il 1930 e il 1932.

Entrando, rispetto alle altre cappelle, ciò che colpisce immediata- mente è l’intenso azzurro che accompagna tutto il ciclo pittorico de- dicato a san Francesco. Il visitatore ne è subito attratto. Il colore del cielo è presente in moltissime scene, quasi a ricordare le stesse parole di san Francesco: «E tutte le creature, che sono sotto il cielo, per parte loro servono, conoscono e obbediscono al loro Creatore». Proprio così entrando in cappella non si è più solo curiosi per quanto appassionati, visitatori, ma parte dell’opera che interroga chi la guarda. Con gli occhi al cielo ci si scopre, con san Francesco, creatura che esclama: Laudato si’, mi Signore.

La semplicità decorativa si snoda da una scena all’altra raccontando certamente alcuni episodi della vita del santo, ma l’affresco sembra qua- si parlare a chi lo sta osservando: con san Francesco è nato qualcosa di

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nuovo, di semplice, ma di straordi- nariamente rivoluzionario.

Uno stile fatto di sobrietà, di povertà, con «un’attenzione parti- colare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati», usando le parole di papa France- sco. Amore a Dio e al prossimo. Sti- le che il francescano sant’Antonio abbracciò in quel lontano 1220.

Cappella di san Francesco.

Foto di Giuseppe Rampazzo.

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San Francesco sposa la povertà

Un giorno finalmente, dopo aver implorato con tutto il cuore la miseri- cordia divina, gli fu rivelato dal Signore come doveva comportarsi. E da allora fu ripieno di tanto gaudio che, non riuscendo a contenersi per la letizia, riversava, pur non volendo, qualcosa agli orecchi degli uomini.

Ma per il grande amore infusogli non poteva ormai tacere; parlava tuttavia in linguaggio enigmatico: cercava di esprimersi con gli altri nel- lo stesso modo figurato con cui l’abbiamo visto discorrere, con l’amico preferito, di un tesoro nascosto. Diceva di rinunciare a partire per le Puglie, ma allo scopo di compiere magnanime imprese nella sua patria.

Gli amici pensavano che avesse deciso di sposarsi e gli domandavano:

«Vuoi forse prendere moglie, Francesco?». Egli rispondeva: «Prenderò la sposa più nobile e bella che abbiate mai vista, superiore a tutte le altre in bellezza e sapienza». E veramente sposa immacolata di Dio è la vera Religione che egli abbracciò e il tesoro nascosto è il regno dei cieli, che egli cercò così ardentemente.

Bisognava davvero che si compisse pienamente la vocazione evange- lica in colui che del Vangelo doveva essere il ministro nella fede e nella verità!

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1Cel 7: FF 330-331

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San Francesco e il presepio di Greccio

C’era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobil- tà dello spirito che quella della carne. Circa quindici giorni prima della festa della Natività, il beato Francesco lo fece chiamare, come faceva spesso, e gli disse: «Se vuoi che celebriamo a Greccio l’imminente festa del Signore, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei fare memoria di quel Bambino che è nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una mangiatoia e come gia- ceva sul fieno tra il bue e l’asinello». Appena l’ebbe ascoltato, quell’uomo buono e fedele se ne andò sollecito e approntò, nel luogo designato, tut- to secondo il disegno esposto dal santo.

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1Cel 84: FF 468

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