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DIRITTO DEL LAVORO e di RELAZIONI INDUSTRIALI

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Academic year: 2022

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n. 169, anno XLIII, 2021, 1

Giornale di

DIRITTO DEL LAVORO e di

RELAZIONI INDUSTRIALI

fondato da Gino Giugni

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Direzione: Fausta Guarriello, Luca Nogler

Comitato direttivo: Edoardo Ales, Marzia Barbera, Lorenzo Bordogna, Maria Teresa Carinci, William Chiaromonte (coordinatore), Silvia Ciucciovino, Luisa Corazza, Pietro Curzio, Madia D’Onghia, Lorenzo Gaeta, Stefano Giubboni, Vito Leccese, Claudio Lucifora, Giovanni Orlandini, Paolo Pascucci, Luca Ratti, Orsola Razzolini, Roberto Romei, Renata Semenza, Valerio Speziale Comitato scientifico internazionale: Bruno Caruso, Gian Primo Cella, Riccardo Del Punta, Mark Freedland, Edoardo Ghera, Claire Kilpatrick, Martine Le Friant, Francesco Liso, Antonio Lo Faro, Arturo Maresca, Marcello Pedrazzoli, Adalberto Perulli, Miguel Rodríguez-Piñero y Bravo Ferrer, Emilio Reyneri, Silvana Sciarra, Spiros Simitis, Carlo Trigilia, Bruno Veneziani, Gianfranco Viesti, Antonio Viscomi, Roberto Weigmann

Segreteria di redazione: Giulia Frosecchi (dlri@unifi.it) Ha collaborato a questo numero: Matteo Corti

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L’elenco dei referee che hanno collaborato con la rivista sarà pubblicato una volta l’anno.

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I trimestre 2021 – Finito di stampare nell’aprile 2021

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Sommario

Itinerari di ricerca

Diritti nazionali e violazioni extraterritoriali dei diritti umani sul lavoro

Alpay Hekimler, Le relazioni industriali nel settore tessile e dell’abbigliamento in Turchia. Un caso di studio: il gruppo Inditex Yvonne Erkens, Sustainable business agreements in the Netherlands:

search for the missing link

Pauline Barraud de Lagerie, Élodie Béthoux, Arnaud Mias e Élise Pe- nalva-Icher, Tra attuazione e dibattito: primi insegnamenti dalla legge francese del 2017 sul dovere di vigilanza delle imprese

Saggi

Claudio de Martino, Chi bada alle badanti? La specialità del lavoro domestico alla prova del Covid-19

Chiara Cristofolini, Sindacato e trasparenza finanziaria in prospettiva comparata

Opinioni e rassegne

Alessandra Galluccio, Misure di prevenzione e “caporalato digitale”:

una prima lettura del caso Uber Eats

pag. 1

» 19

» 37

» 53

» 79

» 105

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IV

Materiali

Recensione a C. Trigilia (a cura di), Capitalismi e democrazie. Si pos- sono conciliare crescita e uguaglianza? (Marzia Barbera e Claudio Lucifora)

Recensione a A. Arufe Varela, El seguro social de dependencia en Alemania. Prólogo de José Luis Monereo Pérez (Luca Nogler) Recensione a C. Caruso, M. Morvillo (a cura di), Il governo dei numeri.

Indicatori economico-finanziari e decisione di bilancio nello Stato co- stituzionale (Renata Semenza)

La dottrina giuslavoristica francese alla prova dell’intelligenza artificiale.

A margine di P. Adam, M. Le Friant, Y. Tarasewicz (dir.), Intelli- gence artificielle, gestion algorithmique du personnel et droit du travail (William Chiaromonte)

Recensione a L. Michelini, Il nazionalismo economico italiano. Corporati- vismo, liberismo, fascismo (1920-1923) (Stefano Malpassi)

Differenziali di genere e trasparenza retributiva, tra reporting azienda- le e certificazione di parità (Marco Peruzzi)

I freelance editoriali a Milano: una vita sempre più agra (Anna Soru e Mattia Cavani)

Il Tribunal de Nanterre sulla Loi de vigilance (Elisa D’Anneo)

pag. 115

» 121

» 129

» 133

» 141

» 143

» 149

» 157

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Index to Issue n. 169/2021, 1

Research Itineraries

National rights and extraterritorial violations of human rights at work

Alpay Hekimler, Industrial relations in the textile and garment sector in Turkey. A case study: the Inditex Group

Yvonne Erkens, Sustainable business agreements in the Netherlands:

search for the missing link

Pauline Barraud de Lagerie, Élodie Béthoux, Arnaud Mias and Élise Penalva-Icher, Between implementation and debates: first lessons from the French law of 2017 on companies’ due diligence

Essays

Claudio de Martino, Who looks after the carers? The specialty of domestic work under the test of Covid-19

Chiara Cristofolini, Trade union and financial transparency from a comparative perspective

Opinions and Surveys

Alessandra Galluccio, Preventive measures and digital work exploita- tion: a first glance on the Uber Eats case

pag. 1

» 19

» 37

» 53

» 79

» 105

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VI

Materials

Book review of C. Trigilia (ed.), Capitalismi e democrazie. Si possono conciliare crescita e uguaglianza? (Marzia Barbera and Claudio Lucifora)

Book review of A. Arufe Varela, El seguro social de dependencia en Alemania. Prólogo de José Luis Monereo Pérez (Luca Nogler) Book review of C. Caruso, M. Morvillo (eds.), Il governo dei numeri. In-

dicatori economico-finanziari e decisione di bilancio nello Stato costi- tuzionale (Renata Semenza)

The French labour law scholarship dealing with artificial intelligence.

About P. Adam, M. Le Friant, Y. Tarasewicz (dir.), Intelligence arti- ficielle, gestion algorithmique du personnel et droit du travail (Wil- liam Chiaromonte)

Book review of L. Michelini, Il nazionalismo economico italiano. Corpora- tivismo, liberismo, fascismo (1920-1923) (Stefano Malpassi)

Gender differentials and wage transparency, between company reporting and equality certification (Marco Peruzzi)

Editorial freelances in Milan: a much sourer life (Anna Soru and Mattia Cavani)

The Tribunal de Nanterre on Loi de vigilance (Elisa D’Anneo)

pag. 115

» 121

» 129

» 133

» 141

» 143

» 149

» 157

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ABBREVIAZIONI

ADL - Argomenti di diritto del lavoro

AfSSP - Archiv für Sozialwissenschaft und Sozialpolitik BJIR - British Journal of Industrial Relations

BJT - Bulletin Joly Travail CD - Critica del diritto CG - Il Corriere giuridico

CMLR - Common Market Law Review

DeS - Droit et société

D&S - Diritto e società

DIC - Diritto, immigrazione e cittadinanza

Digesto, sez. comm. - Digesto delle discipline privatistiche, sezione commerciale

Digesto pubbl. - Digesto delle discipline pubblicistiche DL - Il diritto del lavoro

DLM - Diritti, lavori, mercati

DLRI - Giornale di diritto del lavoro e di relazioni indu- striali

DML - Il diritto del mercato del lavoro DPC - Diritto penale contemporaneo DRI - Diritto delle relazioni industriali

DS - Droit social

DSL - Diritto della sicurezza sul lavoro ELJ - Elder Law Journal

Enc. dir. - Enciclopedia del diritto Enc. giur. Treccani - Enciclopedia giuridica Treccani FI - Il Foro italiano

GC - Giustizia civile

GCM - Giustizia civile Massimario GCost - Giurisprudenza costituzionale GD - Guida al diritto

GI - Giurisprudenza italiana GP - Giurisprudenza penale

IJCLLIR - The International Journal of Comparative Labour Law and Industrial Relations

IJSW - International Journal of Social Welfare

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VIII

ILJ - Industrial Law Journal

IRJ - Industrial Relations Journal

JLA - Journal of Legal Analysis

JMG - Journal of Management and Governance

LD - Lavoro e diritto

LDE - Lavoro, diritti, Europa

LG - Il lavoro nella giurisprudenza

LLI - Labour & Law Issues

LP - La legislazione penale

MGL - Massimario di giurisprudenza del lavoro MS - Le mouvement social

NDI - Novissimo Digesto italiano

NLCC - Nuove leggi civili commentate

NREDT - Nueva revista española de derecho del trabajo

OGL - Orientamenti di giurisprudenza del lavoro

PD - Politica del diritto

QC - Quaderni costituzionali

QG - Questione giustizia

QRS - Quaderni di Rassegna sindacale

RCDL - Rivista critica di diritto del lavoro

RDC - Rivista di diritto civile

RDComm - Rivista di diritto commerciale

RDL - Rivista di diritto del lavoro

RDSS - Rivista del diritto della sicurezza sociale

RDT - Revue de droit du travail

RevIRES - La Revue de l’IRES

RFDUC - Revista de la Facultad de Derecho de la

Universidad Complutense

RGL - Rivista giuridica del lavoro e della previdenza so- ciale

RIDL - Rivista italiana di diritto del lavoro

RIDE - Revue international de droit économique

RJSP - Revue des juristes de Sciences Po

RL - Rassegna del lavoro

RLab - Relaciones laborales

RP - Rassegna parlamentare

RPS - Rivista delle politiche sociali

RS - Rivista delle società

RTDC - Revue trimestrielle de droit civil

RTDPC - Rivista trimestrale di diritto e procedura civile SJS - La Semaine juridique social

SP - Sistema penale

SPol - Studi politici ST - Sociologie du travail TRA - Tijsdchrift Recht en Arbeid

VTDL - Variazioni su temi di diritto del lavoro

WP Adapt - Working papers di Adapt

WP CSDLE “Massimo D’Antona” - Working papers Centro studi di diritto del lavoro europeo «Massimo D’Antona» Università di Catania

WP Olympus - I Working papers di Olympus

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Giornale di diritto del lavoro e di relazioni industriali n. 169, 2021, 1 (ISSN 1720-4321, ISSNe 1972-5507) DOI: 10.3280/GDL2021-169001

ITINERARI DI RICERCA

Diritti nazionali e violazioni extraterritoriali dei diritti umani sul lavoro

Le relazioni industriali nel settore tessile e dell’abbigliamento in Turchia.

Un caso di studio: il gruppo Inditex di Alpay Hekimler

Ricevuto il 30.5.2020 ‒ Accettato il 31.12.2020 Riassunto. La Turchia appartiene attualmente al novero dei più importanti Paesi espor- tatori di prodotti tessili e di abbigliamento nel mercato globale. Numerosi fornitori e produt- tori producono oggi per marchi di livello mondiale, che sono presenti nel Paese anche attra- verso le loro imprese di moda nel commercio al dettaglio. Queste ultime sono contestual- mente assurte negli anni più recenti tra i maggiori datori di lavoro del settore. Tra di esse deve essere menzionato anche il global player Inditex, che è presente in Turchia con quasi tutti i suoi marchi. Tuttavia, nei media non sempre vengono descritte positivamente le con- dizioni di lavoro presso i fornitori e i produttori, e perfino nella sua rete di vendita. Inditex, però, si obbliga, tramite il proprio Codice di condotta, a rispettare i diritti dei lavoratori in- ternazionalmente riconosciuti, acquistando esclusivamente le merci dei fornitori e dei pro- duttori che garantiscono l’osservanza di tali diritti. Il diritto di associazione sindacale è san- cito dalla Costituzione turca, e il legislatore lo ha concretizzato mediante il diritto del lavoro.

Ne consegue che i lavoratori sono liberi di aderire o meno a una rappresentanza di interessi.

Tuttavia, le caratteristiche del settore tessile e dell’abbigliamento e il profilo dei lavoratori e delle lavoratrici creano non poche difficoltà ai sindacati che intendono operarvi. Per questa ragione, il tasso di sindacalizzazione nel settore risulta attualmente inferiore alla media. Il saggio intende, anzitutto, illustrare i diritti collettivi dei lavoratori in Turchia su un piano generale, per poi discutere l’importanza dell’industria tessile e dell’abbigliamento. Nella successiva e ultima parte verrà trattata la situazione attuale del global player Inditex in Tur- chia; il contributo si chiude con una breve conclusione in chiave prospettica.

Parole chiave: Turchia; Settore tessile e dell’abbigliamento; Relazioni industriali; Sindacati;

Contratti collettivi; Inditex; Zara.

Professore ordinario di Diritto del lavoro e della previdenza sociale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Osmangazi Eskisehir. E-mail: ahekimler@hotmail.com.

La traduzione dal tedesco è di Matteo Corti, professore ordinario di diritto del lavoro presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

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Abstract. Industrial relations in the textile and garment sector in Turkey. A case study: the Inditex Group. Turkey is currently one of the most important export countries of textile and garment products in the global market. Nowadays, numerous suppliers and pro- ducers produce for international brands, which are also present in the Country also with their retail companies. In the recent years, the latest have also became among the main employers of the sector. Among them there is the global player Inditex, which is present in Turkey with nearly all its brands. Nevertheless, the media rarely describe positively the labour conditions in the suppliers’ and producers’ companies and even in the retail chain. However, Inditex committed, in its Code of conducts, to respect international labour rights, by purchasing ex- clusively from suppliers and producers that guarantee those rights. The right to form and join a union is guaranteed by the Turkish Constitution and the legislator has concretized it in the Labour law. It follows that workers are free to join or not join a trade union. However, the features of the textile and garment sector and the workers’ profile create a number of difficulties to trade unionists who wish to operate in the sector. For this reason, the degree of unionization in the sector is currently lower than the average. The essay aims, first of all, to broadly illustrate the collective labour rights in Turkey, second it discusses the importance of the textile and garment sector in Turkey. In the next and last section, the actual situation of the global player Inditex in Turekey. The contribution ends with a short forward looking conclusion.

Keywords: Turkey; Textile and garment sector; Industrial relations; Trade unions; Collective agreements; Inditex; Zara.

1. Introduzione. 2. I capisaldi del diritto di associazione sindacale e del sistema di contratta- zione collettiva. 3. Un settore di peso: l’industria tessile e dell’abbigliamento. 4. Il gruppo Inditex e la prassi dei diritti collettivi dei lavoratori in Turchia. 5. Conclusioni e prospettive.

1. L’industria tessile e dell’abbigliamento è senza dubbio uno dei più importan- ti settori economici della Turchia. Numerose imprese producono già da tempo non soltanto per il mercato interno, ma anche per quello mondiale. Non è più possibile concepire il settore tessile nazionale separatamente da quello internazionale.

I fornitori e i produttori che lavorano per i marchi mondiali sono annoverati tra i datori di lavoro più importanti e hanno creato numerosi posti di lavoro. Tuttavia, negli anni più recenti la Turchia è anche riuscita a sviluppare propri prodotti di qualità in marchi autonomi e si configura ormai sul mercato internazionale come creatrice di moda. In conseguenza di ciò, i marchi internazionali non si limitano più a far confezionare in Turchia i propri capi, ma hanno altresì sviluppato proprie reti di vendita e sono ormai attivi nel commercio al dettaglio. Una di queste impre- se è il global player Inditex, che lavora in Turchia con numerosi fornitori e produt- tori, ma è contestualmente presente nel commercio al dettaglio con i propri marchi.

Il forte radicamento in Turchia del gruppo Inditex, che si è obbligato nel pro- prio codice di condotta a rispettare tutti i diritti dei lavoratori internazionalmente riconosciuti, ci offre l’occasione per esaminarne più da vicino la situazione. Qui di seguito, nella prima parte del lavoro, verranno illustrati i capisaldi delle relazioni industriali in Turchia sotto un profilo generale, e precisamente il sistema della con- trattazione collettiva, con qualche incursione nel diritto di associazione sindacale.

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Alpay Hekimler 3

Nella seconda parte del contributo verrà discussa l’importanza per il Paese dell’industria tessile, mentre nella terza e ultima parte verrà presentato il lavoro di organizzazione sindacale nello studio di caso del gruppo Inditex.

2. Per poter comprendere correttamente le relazioni industriali in Turchia è ne- cessario esaminare alcuni concetti fondamentali del sistema di contrattazione col- lettiva, del diritto sindacale e del loro funzionamento, poiché essi si discostano par- zialmente da quelli degli altri Paesi europei1.

Diversamente da molti di questi ultimi, la Turchia possedeva fino al 2003 due leggi separate: una sui sindacati2 e l’altra sui contratti collettivi, lo sciopero e la serrata3. Su questo punto vi è da premettere che i lavoratori turchi si sono visti ri- conoscere il diritto di sciopero soltanto con la Costituzione del 1960. Dopo il colpo di Stato militare del 1980 il Paese ha varato nel 1982 una nuova Costituzione, an- cora oggi in vigore, seppur più volte novellata nel corso degli anni. Ancora oggi il diritto di associazione sindacale4, come anche quelli di contrattazione collettiva5 e di sciopero6, è ancorato nella Costituzione.

Poiché, tuttavia, entrambe le summenzionate leggi non erano più compatibili con le mutate esigenze del mondo del lavoro e con il diritto internazionale, si deci- se di modificarle. Dopo una lunga fase di discussione e numerosi progetti, il legi- slatore ha infine varato una nuova legge, nella quale entrambi gli aspetti sono stati normati. Da allora, il panorama sindacale e la contrattazione collettiva in Turchia sono disciplinati dalla legge sui sindacati e sui contratti collettivi del 18 ottobre 2003, n. 63567 (di seguito: la legge sindacale), nell’ambito della quale sono regola- ti anche i principi del conflitto sindacale, ovvero dello sciopero e della serrata8.

È altresì necessario premettere che questa legge è tuttora molto rigida, conce- dendo uno spazio di azione assai angusto ai rappresentanti degli interessi dei lavo- ratori e dei datori di lavoro. Il legislatore ha regolato quasi ogni dettaglio che le or- ganizzazioni datoriali e sindacali avrebbero ben potuto normare da sé. Sotto questo profilo, ben poco è mutato rispetto alla legislazione precedente. Le modifiche sono piuttosto da rinvenire nei dettagli, cosicché si può ben dire che la struttura com- plessiva delle relazioni industriali è stata conservata.

Secondo il diritto vigente, i sindacati in Turchia possono essere costituiti sol-

1 Vedi i rapporti nazionali in Hekimler, Ring, a cura di, 2012.

2 Sendikalar Kanunu, l. n. 2821, approvata il 5.5.1983, pubblicata sulla GU 7.5.1983, n.

18040.

3 Toplu İş Sözleşme Grev ve Lokavt Kanunu, l. n. 2822, approvata il 5.5.1983, pubblicata sulla GU 7.5.1983, n. 18040.

4 Art. 51 della Costituzione.

5 Art. 53 della Costituzione.

6 Art. 54 della Costituzione.

7 Sendikalar ve Toplu İş Sözleşmesi Kanunu, l. n. 6356, approvata il 18.10.2012, pubbli- cata sulla GU 7.11.2012, n. 28460.

8 Sul diritto del conflitto collettivo in Turchia v. Hekimler, 2017; Hekimler, 2015;

Manav, 2016; Ekmekçi, 2019.

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tanto a livello di categoria. I sindacati professionali, d’impresa, regionali, e tutte le altre forme organizzative sono espressamente vietati. Come organizzazioni di ver- tice sono consentite esclusivamente le confederazioni: in altri termini, soltanto i sindacati appartenenti a diverse categorie – deve trattarsi di almeno cinque sindacati provenienti da categorie differenti – sono autorizzati a formare un’organizzazione di vertice9. Di conseguenza, non possono fungere da organizzazioni di vertice né le federazioni, né le unioni, né ulteriori modelli. Gli stessi principi valgono anche per le organizzazioni di vertice dei datori di lavoro.

Il diritto di costituire organizzazioni sindacali è ancorato nella Costituzione, ed è previsto dall’art. 51, c. 1. La disposizione recita: «I lavoratori e i datori di lavoro hanno diritto di costituire, senza alcuna preventiva autorizzazione, rispettivamente associazioni di lavoratori e di datori di lavoro, al fine di tutelare e sviluppare i dirit- ti e gli interessi economici e sociali nell’ambito dei rapporti di lavoro dei loro membri, e hanno altresì il diritto di scegliere liberamente se aderire a tali associa- zioni o cessare di farne parte»10. Questo diritto fondamentale è concretizzato dall’art. 3 della legge sindacale, che offre altresì la risposta alla domanda sulle condizioni alle quali un sindacato può essere costituito. Anche il relativo procedi- mento è disciplinato dal legislatore fin nei minimi dettagli (art. 7).

Come già accennato, i sindacati possono essere costituiti soltanto a livello di categoria, e a tal fine la legge ha riconosciuto 20 categorie. Nella precedente legge sui contratti collettivi, lo sciopero e la serrata le categorie erano 28. È compito del Ministero determinare a quale categoria appartiene una determinata azienda: il re- lativo procedimento è disciplinato dalla legge (art. 5) e gli aspetti più puntuali sono specificati in un regolamento11.

Le lavorazioni «tessile, abbigliamento e pelletteria», nella prassi abbreviate in

«settore tessile», sono menzionate al n. 5 dell’elenco delle categorie. Nella legge precedentemente in vigore le lavorazioni della pelletteria costituivano una catego- ria distinta. Peraltro, l’attuale categoria comprende soltanto i processi produttivi: il commercio al dettaglio è, invece, inquadrato in una diversa categoria, e più preci- samente in quella del «commercio, servizi, formazione e arti figurative». Non è possibile illustrare qui le ragioni della revisione e delimitazione del numero delle categorie, poiché ciò eccederebbe i limiti del presente lavoro.

Il panorama sindacale è caratterizzato da un gran numero di sindacati di mode- ste e medie dimensioni. Nel settore metalmeccanico sono, ad esempio, presenti 11 sindacati, in quello tessile 14, e nel settore della difesa e sicurezza il numero sale attualmente addirittura a 16. Tuttavia, si deve sottolineare che in diversi casi si trat- ta soltanto di micro-sindacati che contano appena qualche iscritto12. Sulla base dell’appartenenza del sindacato a una determinata confederazione è possibile in

9 Le confederazioni sindacali più importanti sono oggi Türk-İş (fondata nel 1951), Hak- İŞ (fondata nel 1976) e DİSK (fondata nel 1967).

10 La traduzione in tedesco della Costituzione turca può essere consultata al seguente link: http://www.tuerkei-recht.de/downloads/verfassung.pdf (consultato il 22.5.2020).

11 İşkolları Yönetmeliği, pubblicato sulla GU 19.12.2012, n. 28502.

12 I dati aggiornati possono essere reperiti al link:

https://www.resmigazete.gov.tr/eskiler/2020/01/20200131-18.pdf (consultato il 22.5.2020).

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Alpay Hekimler 5

linea di principio determinare anche l’orientamento politico, benché vi siano taluni sindacati che non fanno parte di alcuna organizzazione di vertice e preferiscono condurre le proprie attività in modo indipendente.

Un’ulteriore peculiarità del diritto sindacale turco risiedeva nella circostanza che un lavoratore non poteva aderire contestualmente a più sindacati; tuttavia, que- sta regola è stata ammorbidita dalla nuova legge. Il legislatore dispone oggi che un lavoratore può aderire soltanto a un’organizzazione sindacale, e più precisamente alla rappresentanza di interessi che è stata costituita nell’ambito della categoria cui appartiene la sua azienda. Tuttavia, qualora il lavoratore abbia contestualmente in- staurato un rapporto di lavoro con due datori della medesima categoria, potrà aderi- re a due sindacati13, possibilità che gli era preclusa nel vigore della vecchia legge.

Ai sensi dell’art. 22, c. 1, di quest’ultima, il lavoratore che si associava a un secon- do sindacato in violazione del divieto perdeva automaticamente tale membership.

L’obiettivo dell’attuale previsione è garantire il diritto di associazione sindacale ai lavoratori che sono impiegati presso più datori di lavoro nell’ambito di contratti di lavoro di tipo flessibile. Peraltro, il numero dei lavoratori che si stanno effettiva- mente avvalendo di questa possibilità non è noto. Dovrebbero, però, essere molto pochi, a nostro avviso, visto che il tasso di sindacalizzazione dei lavoratori con contratti flessibili è in genere piuttosto basso.

Il procedimento di adesione a un sindacato è disciplinato nell’art. 17 della legge sindacale, ai sensi del quale tutti coloro che sono qualificati come lavoratori e han- no compiuto i 15 anni di età possono aderire a un sindacato. L’adesione avviene oggi automaticamente attraverso una procedura online, che contempla la presenta- zione della domanda e l’accettazione da parte dei competenti organi del sindacato, secondo quanto previsto dallo statuto dell’organizzazione. Se la richiesta non è re- spinta entro 30 giorni, si considera accettata (art. 17, c. 5)14.

Senza ombra di dubbio una delle più importanti attività del sindacato, se non la più importante, è la stipulazione di contratti collettivi. Nell’ordinamento giuridico turco ex latere laboris soltanto ai sindacati è riconosciuto il diritto di concludere contratti collettivi. Con riferimento ai datori di lavoro, godono del diritto di nego- ziare contratti collettivi sia le loro associazioni, sia i singoli datori non organizzati sindacalmente per le proprie unità produttive e imprese.

I sindacati sono dunque titolari del diritto di stipulare contratti collettivi, ma ciò non significa affatto che tutti i sindacati possano esercitare tale diritto in concreto.

Secondo il diritto vigente, per poter concludere un contratto collettivo il sindacato deve soddisfare due condizioni, che vengono indicate nella prassi come “doppia barriera” e sono oggetto di critica in dottrina15.

Anzitutto, il sindacato deve organizzare almeno l’1% dei lavoratori della cate- goria nell’ambito della quale si è costituito. Qui va sottolineato che nella legge previgente la soglia era fissata al 10%. Dopo lunghe discussioni il legislatore ha

13 V. l’art. 17, c. 3, della legge sindacale.

14 Per maggiori dettagli v. Sur, 2020, 148; Tuncay, Savaş, 2019, 102 ss.; Narmanlıoğlu, 2016, 156; Başbuğ, 2012, 175.

15 Güzel, 2016, 917 ss.

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progressivamente abbassato il limite, nel 2012 al 4% e, successivamente, nel 2014, all’1%.

In secondo luogo, è previsto anche un requisito di maggioranza nell’unità pro- duttiva. Più precisamente, il sindacato che intenda stipulare un contratto collettivo a livello aziendale deve contare tra i propri iscritti almeno il 50%+1 dei lavoratori dell’unità produttiva. Questo requisito esclude ovviamente che più sindacati possa- no essere riconosciuti come agenti contrattuali per la medesima unità produttiva.

Tuttavia, qualora si tratti di contrattazione collettiva a livello d’impresa, è suffi- ciente che il sindacato organizzi almeno il 40% dei lavoratori. Nel caso siano due i sindacati che soddisfano questo requisito, solo il sindacato con il maggior numero di iscritti sarà autorizzato a negoziare il contratto collettivo (art. 41, c. 1, della leg- ge sindacale).

Prima di ogni trattativa, il sindacato che intenda stipulare un contratto collettivo deve avviare il procedimento di autorizzazione, dettagliatamente regolato dalla legge. In sintesi, il sindacato deve presentare domanda al Ministero affinché sia riconosciuta la sua «competenza» a negoziare il contratto collettivo: il Ministero concede l’autorizzazione sulla base delle statistiche sul tasso di sindacalizzazione (art. 42, c. 2). Qualora il Ministero non riconosca la competenza del sindacato, quest’ultimo potrà ricorrere al giudice del lavoro, che dovrà pronunciarsi con sen- tenza entro sei giorni: la sentenza è immediatamente esecutiva (art. 43, c. 2).

È particolarmente importante segnalare che nel sistema turco non esiste il plu- ralismo contrattuale: il legislatore prescrive a quali condizioni e quale contratto collettivo di volta in volta può essere stipulato in un determinato ambito spaziale.

Per definizione durante il medesimo lasso temporale può essere in vigore un solo contratto collettivo16. Sono ammessi soltanto tre tipi di contratti collettivi, e preci- samente il contratto aziendale, quello d’impresa e il cosiddetto contratto “di grup- po”. Quest’ultimo è concluso a livello d’impresa tra il sindacato e l’associazione datoriale: si distingue dal tradizionale contratto d’impresa proprio perché da parte datoriale è stipulato dall’associazione di categoria, e non dal singolo datore, come avviene nel contratto d’impresa17. I contratti di categoria, i contratti quadro e ogni altro tipo di contratti collettivi non sono ammessi.

In linea di principio il contratto collettivo si applica soltanto agli iscritti al sin- dacato che l’ha negoziato. Tuttavia, è prevista anche la possibilità che il lavoratore non iscritto possa giovarsi delle previsioni del contratto collettivo tramite il c.d.

«contributo di solidarietà», versando, per l’appunto, tale contributo al sindacato. Si potrebbe immaginare che tale somma sia più elevata rispetto alle quote che sono tenuti a versare i membri del sindacato, ma il legislatore ha perfino fissato l’importo, stabilendo che non può essere superiore a quello stabilito dallo statuto dell’organizzazione sindacale per i propri iscritti18.

16 Il legislatore precisa anche che il contratto collettivo non può avere durata inferiore a un anno e superiore a tre. V. l’art. 35, c. 2, della legge sindacale. Cfr. Çelik, Çaniklioğlu, Canbolat, 2019, 859 ss.; Tunçomağa, Centel, 2018, 289; Dereli, 2013.

17 Per maggiori dettagli sulle tipologie di contratti collettivi v. Hekimler, 2012.

18 Art. 39, c. 7, della legge sindacale. Per maggiori dettagli v. Şahlanan, 2013, 48; Tun- cay, Kutsal, 2019, 109.

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3. L’industria tessile e dell’abbigliamento costituisce senza dubbio uno dei set- tori economici più importanti della Turchia, se non il più importante, se si prendo- no come parametri il valore aggiunto, il numero degli occupati e la quota di espor- tazioni.

In questo ambito, al più tardi dalla fine degli anni Ottanta del secolo scorso non è possibile immaginare la Turchia al di fuori del settore tessile internazionale. Il Paese è uno dei più grandi esportatori a livello mondiale. Oggi anche in questo set- tore operano numerose imprese straniere19. I più importanti mercati di esportazione sono la Russia, l’Italia e la Germania. I prodotti finiti vengono per lo più venduti in Germania, Regno Unito, Spagna, Francia e Austria.

Il settore del tessile, abbigliamento e pelletteria è il secondo per esportazioni dopo quello automobilistico. Molti dei più importanti marchi di abbigliamento mondiali confezionano in Turchia i loro capi, in ragione dei modesti costi di pro- duzione e dell’elevata qualità. Oltre all’elevata qualità e ai costi di produzione rela- tivamente contenuti costituiscono immensi vantaggi, anche per il mercato europeo, in particolare, fattori come la prossimità all’Europa, i tempi di trasporto di pochi giorni, una forza lavoro ben addestrata, un know-how ormai decennale nel confe- zionamento dei capi, nonché idee innovative sui processi produttivi. Inoltre, anche l’immenso mercato interno rende il Paese attraente per gli investitori esteri. Nel complesso, queste e altre condizioni di contesto hanno condotto la Turchia a diven- tare negli ultimi decenni uno dei più importanti Paesi di riferimento, nonché polo attrattivo di investimenti nel settore tessile.

Secondo i dati forniti dall’Associazione degli esportatori turchi (TIM - Türkiye İhraçatcılar Meclisi), l’export di abbigliamento ha raggiunto nell’anno di esercizio 2019 un valore di 17,7 miliardi di dollari, ovvero una quota pari al 9,8%

dell’export totale di beni industriali, che ammontava a 105,5 miliardi di dollari. Il volume complessivo delle esportazioni aveva raggiunto alla fine del 2019 il valore di 180,4 miliardi di dollari20. Peraltro, rispetto all’anno precedente l’export di abbi- gliamento era salito soltanto di un modesto 2%. Per il 2020, condizionato dalla cri- si del Coronavirus, è attesa addirittura una diminuzione, come del resto in quasi tutti gli altri settori. Successivamente si dovrebbe ritornare alla crescita; tuttavia, l’esatta evoluzione futura del settore dipende in modo determinante da fattori tanto nazionali, quanto internazionali.

Poiché sono stati operati consistenti investimenti nella ricerca e sviluppo, e la relativa quota cresce stabilmente, la Turchia non è più da tempo soltanto il princi- pale fornitore di tessuti e abiti finiti all’Europa. Le più note imprese di moda con- fezionano e commercializzano direttamente i propri marchi, allargando le proprie reti di distribuzione.

Negli ultimi anni la Turchia è diventata famosa grazie a una molteplicità di ca- tene della moda: LC Waikiki, Koton, Mavi, Defacto, Beymen, Vakko e altre anco- ra sono solo alcuni dei marchi la cui fama ha da tempo superato i confini nazionali.

19 I dati precisi possono essere consultati al seguente link: https://www.invest.gov.tr/tr/

library/publications/sayfalar/default.aspx (consultato il 22.5.2020).

20 https://tim.org.tr/tr/ihracat-rakamlari (consultato il 22.5.2020).

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I produttori puntano su una qualità più elevata e su un design moderno, conseguen- do in tal modo tassi di crescita a due cifre.

Oggi, oltre al distretto di İstanbul, le più significative roccaforti dell’industria turca del tessile e dell’abbigliamento sono Bursa, Denizli, Uşak, Kayseri, Adana, Kahramanmaras e Gaziantep, benché anche in altre province sia possibile trovare numerose aziende che producono per il mercato mondiale.

Attualmente sono più di 18.500 le aziende che producono per l’export. Il nume- ro di quelle che occupano più di 10 dipendenti supera le 30.000. Tra le 500 imprese industriali più grandi del Paese ben 66 provengono dal settore tessile21. Tuttavia, il settore dell’abbigliamento è caratterizzato da realtà di medie dimensioni con rile- vante presenza di capitale straniero, mentre quello tessile è quasi esclusivamente dominato da capitale nazionale. La concorrenza globale degli ultimi anni ha causa- to notevoli problemi al mercato turco, con alcune chiusure e talora delocalizzazioni di imprese turche in altri Paesi.

Secondo i dati del Ministero del lavoro, della famiglia e dei servizi sociali, al 31 gennaio 2020 erano impiegati nel settore tessile turco 1.148.893 lavoratori: il totale dei lavoratori subordinati del Paese è pari, sempre secondo i dati del Ministe- ro, a 13.856.80122. Ciò significa che circa il 12% di tutti i lavoratori sono occupati nel settore tessile. Tuttavia, soltanto 101.627 lavoratori sono iscritti al sindacato. Il tasso di sindacalizzazione del settore si colloca dunque intorno al 10%, perfino più basso di quello medio, che invece raggiunge il 13,8%23.

Da questi dati si desume anche, come già menzionato, che nel settore sono atti- vi 14 sindacati, dei quali però soltanto tre superano la soglia dell’1% che consente di negoziare un contratto collettivo. In ordine di grandezza i tre sindacati sono:

TEKSİF, con 48.673 iscritti (tasso di sindacalizzazione a livello nazionale 4,24%)24; ÖZ İPLİK-İŞ, con 34.717 iscritti (tasso di sindacalizzazione a livello na- zionale 3,03%)25; e TEKSTİL, con 11.667 iscritti (tasso di sindacalizzazione a li- vello nazionale 1,02%)26.

Peraltro, questi sindacati organizzano soltanto i lavoratori del settore impiegati nella produzione. Una peculiarità nazionale si manifesta qui per i lavoratori che sono invece occupati nel commercio al dettaglio. Come già accennato, le imprese del commercio al dettaglio, comprese quelle del settore tessile, sono inquadrate nella categoria «commercio, servizi, formazione e arti figurative».

Questa particolarità ha come esito che non soltanto i lavoratori del settore tessi- le, ma anche quelli di altri settori presenti nel commercio al dettaglio, come anche i lavoratori dei servizi, della formazione e delle arti figurative, possono iscriversi ai sindacati che sono attivi nella categoria «commercio, servizi, formazione e arti figurative».

21 https://disktekstil.org/tekstil-sektorunun-kisa-tarihi.html (consultato il 21.5.2020).

22 Il dato si riferisce ai lavoratori subordinati regolarmente occupati, che sono registrati presso l’ente di previdenza sociale SGK.

23 https://www.resmigazete.gov.tr/eskiler/2020/01/20200131-18.pdf (consultato il 21.5.2020).

24 TEKSİF fa capo alla confederazione Türk-İŞ.

25 ÖZ İPLİK-İŞ fa capo alla confederazione HAK-İŞ.

26 TEKSTİL fa capo alla confederazione DİSK.

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Secondo i dati più recenti, in questa categoria sono occupati a livello nazionale 3,8 milioni di lavoratori e sono attivi 19 sindacati, che contano 271.000 iscritti.

Dalle statistiche non è però purtroppo possibile desumere quanti tra questi siano impiegati nella commercializzazione di prodotti tessili, capi di abbigliamento e pel- letteria, e quale sia la loro quota di iscritti in tali sindacati. Per ottenere informazio- ni di questo tipo si dovrebbe effettuare un’apposita ricerca. Il tasso di sindacalizza- zione in questa categoria si colloca ampiamente al di sotto della media nazionale:

anche qui sono attualmente soltanto tre i sindacati che superano lo sbarramento dell’1%. Si tratta dei seguenti: TEZ-KOOP-İŞ, con 74.584 iscritti (tasso di sindaca- lizzazione a livello nazionale 1,96%)27; KOPP-İŞ, con 70.515 iscritti (tasso di sin- dacalizzazione a livello nazionale 1,85%)28; e ÖZ-BÜRO-İŞ, con 44.381 iscritti (tasso di sindacalizzazione a livello nazionale 1,17%)29.

A causa del basso tasso di sindacalizzazione nel settore tessile, e ancora di più in quello del commercio, soltanto un numero assai esiguo di lavoratori di questi settori gode del contratto collettivo. Peraltro, occorre segnalare che il tasso di copertura del- la contrattazione collettiva in Turchia è nel complesso pari a un modesto 7%30.

La frammentazione del panorama sindacale e la concorrenza tra i sindacati sono soltanto alcune delle ragioni del basso tasso di sindacalizzazione31. L’elevato tur- nover dei lavoratori nelle imprese dei due settori e una certa ostilità dei datori di lavoro costituiscono ulteriori fattori. In tali condizioni è particolarmente difficile per i rappresentanti dei lavoratori riuscire a reclutare iscritti.

4. Quando nel 2017 in un negozio di Zara ad Istanbul comparvero capi di abbi- gliamento che contenevano un messaggio inquietante, la notizia provocò sconcerto in tutto il mondo. I cucitori e le cucitrici del produttore di capi d’abbigliamento turco Bravo Tekstil, che confezionava articoli per Zara, Mango e Next, avevano aggiunto alle etichette un biglietto, sul quale era scritto: «ho fabbricato questo arti- colo che voi volete comprare, ma non sono stato pagato»32. Poiché nel 2016 il pro- duttore aveva già chiuso la propria azienda, risultò che i promotori della protesta avevano visitato la filiale di Istanbul e attaccato successivamente i propri messaggi.

L’avvenimento contribuì comunque a porre al centro della discussione le condizio- ni di lavoro del settore.

Ad ogni modo, non soltanto questo incidente, bensì soprattutto le notizie sulle condizioni di lavoro miserabili presso i fornitori di Zara del Bangladesh hanno oc- cupato i titoli dei giornali, portando la casa di moda alla ribalta.

Alla fine di febbraio del 2020 ulteriori notizie hanno fatto scalpore in Turchia.

Dopo che i lavoratori del produttore di vestiti Art Fil della provincia di sudest Ma-

27 TEZ-KOOP-İŞ, fa capo alla confederazione Türk-İŞ.

28 Anche KOOP-İŞ fa capo alla confederazione Türk-İŞ.

29 ÖZ BÜRO-İŞ fa capo alla confederazione HAK-İŞ.

30 DİSKAR, 2019.

31 Uçkan, 2002.

32 https://apnews.com/article/e41d4976b67f4616be772b118a9cb947 (consultato il 20.5.2020).

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latya, che tra l’altro lavora anche per Zara, hanno aderito al sindacato TEKSİF, e quest’ultimo è stato riconosciuto come agente negoziale dal Ministero, il datore di lavoro come reazione ha comunicato che avrebbe chiuso la fabbrica e contestual- mente licenziato i lavoratori. Secondo fonti di stampa, il sindacato ha riferito tali intenzioni a Zara33. Poiché, tuttavia, il medesimo datore gestisce anche un’altra fabbrica (Intem Triko), che ha un numero di lavoratori più elevato e produce anch’essa per Zara, il comportamento datoriale doveva essere interpretato altresì come un’intimidazione, volta a mostrare ai dipendenti cosa poteva succedere a chi volesse iscriversi al sindacato. Peraltro, secondo fonti sindacali a Malatya, il datore avrebbe appena annunciato di voler continuare la produzione, reintegrando i lavo- ratori licenziati e accollandosi i danni loro provocati.

Zara è senza dubbio la più nota catena di produzione e distribuzione del Gruppo Inditex, fondato nel 1985 da Amancio Ortega Ganona, che oggi possiede ancora il 60% delle azioni del gruppo quotato in borsa. Inditex è oggi la più grande impresa di abbigliamento del mondo, che controlla a livello globale quasi 7.500 punti ven- dita e strutture analoghe in tutti i continenti. In ragione di tali dimensioni, non desta stupore che tale global player finisca sempre per essere bersaglio di critiche a cau- sa dei propri fornitori, il cui esatto numero ai limitati fini di questo lavoro non è stato possibile accertare.

Accanto al marchio Zara, senz’altro il più prezioso del gruppo, appartengono a Inditex anche i marchi Bershka, Stradivarius, Pull and Bear, Massimo Dutti, Oysho, Zara Home e Uterqüe. Nell’esercizio 2018-2019 l’impresa ha generato un fatturato netto globale di 26,1 miliardi di dollari e ha conseguito 3,48 miliardi di dollari di utili. Il gruppo impiega a livello mondiale 174.386 lavoratori. Il suo obiettivo dichiarato è un robusto potenziamento delle vendite online34: non è peral- tro ancora chiaro quali ripercussioni tale strategia possa avere per i dipendenti.

Nell’anno 2007 il gruppo ha stipulato con i sindacati un accordo che garantisce il rispetto degli international labour standards nelle sue fabbriche e in quelle dei fornitori. Oltre a ciò, Inditex si impegna nel proprio codice di condotta35, tra l’altro, a non tollerare l’utilizzo di lavoro forzato o minorile, a non ammettere discrimina- zioni, ad assicurare che le retribuzioni corrispondano al salario minimo o a quello previsto dal contratto collettivo, nonché a rispettare la libertà di associazione sin- dacale e la contrattazione collettiva36. Tuttavia, sotto questo profilo il gruppo è cri- ticato per la mancanza di trasparenza, benché anche questo aspetto sia menzionato nel codice di condotta.

D’altro canto, la sezione 4 del codice di condotta, intitolata «rispetto della liber- tà di associazione e della contrattazione collettiva», si pone in contraddizione con i più recenti avvenimenti in Turchia. Inditex si obbliga a far sì che «i produttori e i

33 V. https://haberglobal.com.tr/ekonomi/zara-nin-tedarikcisi-fabrikada-isveren- sendikalilari-istifa-ettiremeyince-fabrikayi-kapattim-dedi-31708 (consultato il 26.5.2020).

34 Speckmann, 2019.

35 Il codice può essere consultato al link: https://www.inditex.com/documents/

10279/241035/Inditex+Code+of+Conduct+for+Manufacturers+and+Suppliers/e23dde6a- 4b0e-4e16-a2aa-68911d3032e7 (consultato il 26.5.2020).

36 Speckmann, 2019, 3.

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fornitori garantiscano ai loro dipendenti senza distinzioni il godimento del diritto di associazione, di iscrizione a un sindacato e di contrattazione collettiva. Dall’eser- cizio di questo diritto non può derivare alcuna misura ritorsiva, e ai lavoratori non possono essere offerte in alcuno modo indennità o ricompense al fine di impedire l’esercizio di tale diritto. Essi devono mantenere un comportamento aperto e colla- borativo con riferimento alle attività dei sindacati. I rappresentanti dei lavoratori devono essere protetti da ogni tipo di discriminazione e svolgere le funzioni di rap- presentanza nei propri luoghi di lavoro. Qualora i diritti di associazione e di con- trattazione collettiva siano limitati dalla legge, devono essere predisposti canali adeguati al fine di garantire l’esercizio appropriato e indipendente di tali diritti».

Come brevemente illustrato nella prima parte di questo lavoro, il diritto di asso- ciazione sindacale è ancorato nella Costituzione e gli aspetti puntuali di disciplina sono stati concretizzati dal legislatore. Inoltre, nel codice turco del lavoro37 è sanci- to un regime di tutela generale contro i licenziamenti, che prevede l’illegittimità di qualsiasi recesso dettato dall’appartenenza a un sindacato o dalla partecipazione ad attività sindacali, nonché sanzioni per la violazione delle relative norme. Queste previsioni, tuttavia, trovano applicazione soltanto qualora il lavoratore rientri nel cono applicativo della disciplina legale di tutela contro i licenziamenti. E ciò acca- de, più precisamente, quando l’unità produttiva conti almeno 30 dipendenti e il la- voratore abbia un contratto a tempo indeterminato da almeno 6 mesi al momento del recesso datoriale38. Soltanto quando sono soddisfatte queste condizioni i lavora- tori possono presentare un ricorso contro il licenziamento illegittimo.

Occorre aggiungere che l’art. 25 della legge sindacale garantisce ai lavoratori che non fruiscono della tutela contro i licenziamenti una protezione analoga, pre- vedendo che il datore non possa violare la libertà di associazione sindacale dei la- voratori all’atto dell’assunzione: più precisamente, egli non può esigere dal suo fu- turo dipendente che aderisca o non aderisca a un determinato sindacato (art. 25, c.

1), né discriminarlo per queste ragioni (art. 25, c. 2), né licenziarlo per la sua ap- partenenza a un sindacato o per la sua partecipazione ad attività sindacali (art. 25, c. 3). Qualora il lavoratore sia comunque licenziato, non avrà diritto di presentare ricorso per licenziamento illegittimo, ma potrà agire per ottenere un’indennità ri- sarcitoria, che ammonta a un’annualità di retribuzione (art. 25, c. 4)39.

Le previsioni ora viste non sempre sono sufficienti a dissuadere i datori di lavo- ro dal porre in essere la condotta vietata. Il basso tasso di sindacalizzazione ci indi- ca quanto sia difficile per i sindacati conquistare nuovi membri. In questo ambito la concorrenza tra le organizzazioni sindacali è piuttosto dura, e queste ultime cerca- no di reclutare i lavoratori già iscritti piuttosto che i non iscritti. Non è possibile indagare in questa sede le ragioni per le quali i sindacati agiscono in tal modo, poi- ché eccederebbe i limiti del presente lavoro. Tuttavia, occorre sottolineare che i

37 İş Kanunu, l. n. 4857, approvata il 22.5.2003, pubblicata sulla GU 10.6.2003, n.

25134.

38 Art. 18, c. 2 del codice del lavoro. Per maggiori dettagli v. Centel, 2020; Yokuş, 2020;

Kar, 2020.

39 V. in particolare Sümer, 2016.

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sindacati dovrebbero rivedere le loro strategie, e ciò rappresenta per essi una delle sfide più importanti.

Il gruppo Inditex è presente in Turchia con tutti i suoi marchi tranne Uterqüe, ed è così una delle più importante imprese di moda del Paese. Secondo i dati resi disponibili dal sindacato Tez-Koop İş, Inditex occupa nei suoi 235 punti vendita complessivi 4.483 dipendenti. In particolare, Zara, con i suoi 44 punti vendita e i suoi 2.047 lavoratori, è il datore di lavoro più grande tra i marchi di Inditex in Tur- chia. Al secondo posto si collocano Bershka e Stradivarius, con 36 punti vendita ciascuno. Bershka conta 567 dipendenti, mentre Stradivarius 426.

Ad oggi nessuno dei marchi di Inditex in Turchia ha stipulato contratti colletti- vi, e ciò per una semplice ragione: i lavoratori non si sono organizzati sindacal- mente (o forse sarebbe più corretto dire che non vi sono riusciti). Come già sopra menzionato, secondo la disciplina attualmente vigente in Turchia il commercio al dettaglio risulta inquadrato nella categoria «commercio, servizi, formazione e arti figurative»: si tratta di uno dei settori nei quali l’attività di organizzazione sindaca- le è particolarmente difficile, come dimostrato anche dai dati illustrati nella secon- da parte di questo lavoro.

È vero che la legge sindacale attribuisce al Presidente della Repubblica la facol- tà di estendere erga omnes l’ambito di applicazione del contratto collettivo stipula- to nel settore dal sindacato con il più elevato numero di iscritti anche alle unità produttive che non sono coperte da alcuna regolazione collettiva (art. 40, c. 1), am- pliando così i diritti dei lavoratori privi di contratto. Tuttavia, in Turchia si fa assai raramente uso di questa previsione. Di conseguenza, i lavoratori delle imprese di moda appartenenti al global player Inditex non possono godere di un contratto col- lettivo grazie a tale procedura di generalizzazione dell’efficacia soggettiva.

La competizione tra i sindacati per conquistare nuovi iscritti è certamente inten- sa, ma già soltanto il profilo del lavoratore tipo del settore commerciale è un fattore in grado di rendere ancora più difficile il compito delle rappresentanze di interessi.

Non vi sono dati ufficiali, ma l’osservazione concreta mette in evidenza come nel commercio al dettaglio del settore dell’abbigliamento in Turchia siano impiegati prevalentemente lavoratori giovani, che svolgono questa professione per un perio- do di tempo limitato e poi, non appena possibile, cambiano mestiere.

Secondo un rapporto del 2019 dell’Agenzia turca per il lavoro sulla situazione occupazionale nel settore del commercio al dettaglio, esso è caratterizzato prevalen- temente da piccole unità produttive (90,1%), che occupano da 2 a 9 lavoratori. Le unità produttive che ne impiegano da 10 a 19 lavoratori sono soltanto il 5,9%, e un numero ancora inferiore (4%) sono quelle che ne contano 20 o più40. Dal medesimo rapporto si desume che nel settore il lavoro a tempo parziale interessa in media il 6,1% della forza lavoro, ma la percentuale cresce con il progredire della dimensione delle unità produttive. E così la quota di dipendenti part-time raggiunge il 18,2% nel- le unità produttive che superano i 20 lavoratori41. Non va peraltro dimenticato che in questo rapporto i dati si riferiscono all’intero settore del commercio al dettaglio.

40 İşkur, 2018, 6 ss.

41 İşkur, 2018, 7.

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Le nostre osservazioni sul campo indicano, tuttavia, chiaramente che la quota di lavoro femminile e a tempo parziale nel commercio al dettaglio del settore dell’abbigliamento è molto più elevata. In particolare, non sono pochi gli studenti e le studentesse che lavorano part-time42. È noto che la propensione ad aderire al sindacato cala tra i dipendenti a tempo parziale ed è ancora inferiore se si tratta di lavoratrici part-time: si tratta di tendenze osservabili a livello mondiale, e sotto questo profilo le relazioni industriali turche non fanno eccezione. La circostanza che le donne in Turchia tendano tradizionalmente a iscriversi al sindacato in misura inferiore rispetto agli uomini si desume anche dal rapporto del DİSK43. Quest’ultimo riferisce che soltanto il 19,3% degli iscritti al sindacato sono donne44, benché negli ultimi anni si sia registrato un sensibile incremento.

Si deve ulteriormente osservare che il turnover nel commercio al dettaglio del setto- re dell’abbigliamento è estremamente elevato. Uno studio, che riflette la situazione nel 2019, mostra che il turnover raggiunge il 19,4% nell’industria tessile e dell’abbigliamento, mentre nel commercio al dettaglio arriva addirittura al 52,9%, ben al di sopra della media, che si colloca al 24,5%45. A ciò si deve aggiungere che soltanto il 15,6% dei rapporti di lavoro si concludono per le dimissioni dei lavoratori46.

Una caratteristica peculiare del diritto del lavoro turco, la «indennità di anziani- tà» (Kıdem Tazminatı), contribuisce a far lievitare il turnover del settore soprattutto tra i lavoratori che svolgono mansioni elementari. Di conseguenza è ancora più dif- ficile per i sindacati reclutare questi lavoratori. Infatti, il codice del lavoro prevede che il lavoratore47, quando sia stato occupato almeno un anno presso una o più uni- tà produttive dello stesso datore, ha diritto, all’atto dell’interruzione del rapporto, in linea di principio, a una indennità di anzianità pari a un mese di retribuzione per ogni anno completo di servizio48.

L’esistenza di questo istituto fa sì che un certo numero di datori licenzi i dipen- denti al fine di evitare l’obbligo di pagare l’indennità. Ovviamente tale ragione non viene indicata e, poiché generalmente i lavoratori non sono consapevoli dei propri diritti, essi non ricorrono in giudizio per contestare il recesso datoriale, anche tenu- to conto della considerevole durata del processo in Turchia.

Nonostante un leggero calo negli ultimi anni, il lavoro informale è ancora un problema importante dell’economia turca: secondo i dati ufficiali dell’Istituto turco di statistica, nel febbraio 2020 esso raggiungeva una quota del 30%49. In particola-

42 Amplius Çakır, Acar, Mutlutürk, 2020.

43 DİSKAR, 2019, 23.

44 Per maggiori dettagli sulle ragioni della bassa propensione alla sindacalizzazione fra le donne v., in particolare, Urhan, 2014; Seçer, 2009.

45 Peryön, 2018, 7 ss. Cfr. Yavuz, 2016.

46 Peryön, 2018, 5.

47 Art. 14 del vecchio codice del lavoro, promulgato con la l. n. 1475. Oggi questa è l’unica disposizione del vecchio codice ancora in vigore, in quanto non recepita nel nuovo codice.

48 Per maggiori dettagli sull’indennità di anzianità v. Hekimler, 2008; Eyrenci, Taşkent, Ulucan, 2019, 261; Süzek, 2018, 734.

49 http://www.tuik.gov.tr/HbGetirHTML.do?id=33786 (consultato il 21.5.2020).

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re, con la crisi dei profughi siriani, il cui numero viene stimato fino a quattro mi- lioni50, e l’arrivo di rifugiati da altri Paesi, si dovrebbe arguire che il lavoro nero si sia ulteriormente ampliato51. Secondo fonti del Ministero del lavoro, della famiglia e dei servizi sociali soltanto 34.673 siriani hanno ricevuto un permesso di lavoro, mentre il numero complessivo di permessi di lavoro rilasciati nel 2018 a stranieri è pari a 115.87352. Le cifre attuali non sono disponibili. Ciononostante, deve anche essere sottolineato che il primo permesso di lavoro a un profugo siriano è stato rila- sciato soltanto cinque anni dopo l’ingresso dei rifugiati in Turchia, poiché si rite- neva che essi sarebbero tornati nel loro Paese non appena le condizioni in patria fossero migliorate. Ma la situazione si è evoluta diversamente da quanto ci si aspet- tava. Oggi è a tutti noto che i profughi siriani sono impiegati prevalentemente nel settore tessile e dell’abbigliamento53.

Poiché nell’industria tessile e dell’abbigliamento turca operano numerose unità produttive di piccole dimensioni, non è da escludere che proprio lì siano aumentati i rapporti di lavoro informale54. Naturalmente non è facile stimare l’ampiezza del fenomeno del lavoro nero. Proprio queste aziende di modeste dimensioni lavorano spesso come subfornitrici per fornitori e produttori delle grandi marche, poiché essi non di rado raggiungono il limite delle loro capacità. Questa situazione complica anche l’attività di controllo da parte dell’autorità di sorveglianza, nonché l’osservanza delle disposizioni dei codici di condotta, come accade nel caso del global player Inditex.

L’obiettivo dichiarato del sindacato Tez-Koop İş è la sindacalizzazione dei la- voratori dei marchi di Inditex e la conseguente negoziazione di un contratto collet- tivo per migliorarne le condizioni di lavoro. Secondo le informazioni raccolte pres- so Tez-Koop İş, anche il sindacato Koop İş sta cercando di organizzarsi presso i marchi di Inditex. Sembra che si stia riproponendo la classica competizione tra sindacati, poiché si sono già manifestate reazioni dei lavoratori, che ora all’improvviso si trovano davanti due sindacati che vorrebbero reclutarli. Una cosa è certa: l’organizzazione di tali lavoratori sarà per i sindacati un’impresa non da poco. In questi tempi di crisi da Coronavirus sarà ancora più difficile convincere i dipendenti dei marchi di Inditex, in quanto, a causa delle misure di isolamento, mancherà soprattutto il contatto diretto con i lavoratori dei punti vendita.

Uno dei maggiori problemi sarà costituito anche dalle pressioni psicologiche e dalle intimidazioni esercitate sui lavoratori dai superiori gerarchici. È vero, come più volte accennato, che il gruppo Inditex si è obbligato, attraverso il suo codice di condotta, a garantire che tutti i diritti dei lavoratori siano rispettati dai suoi fornitori;

tuttavia, si deve ancora dimostrare in concreto in quale misura le previsioni del co- dice sono implementate nei fatti.

50 Secondo i dati dell’Autorità per l’immigrazione nel marzo 2020 erano presenti in Tur- chia 3.588.131 profughi siriani.

51 Tilbe, 2020.

52 Aile Çalışma ve Sosyal Hizmetler Bakanlığı, 2018, 3 ss.

53 Korkmaz, 2018.

54 Korkmaz, 2018, 101.

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La situazione del mercato del lavoro renderà ancora più difficile l’opera di sin- dacalizzazione: il tasso di disoccupazione si colloca attualmente (febbraio 2020) al 13,6% (15,6% per le donne), con un picco del 24,4% per i giovani55. Peraltro, oc- corre evidenziare che si tratta di dati ufficiali e il tasso di disoccupazione reale ri- sulta più elevato. Se poi si prendono in considerazione anche le conseguenze della crisi causata dal Coronavirus, che ancora non si sono ripercosse sui dati ufficiali dell’Istituto turco di statistica, si può desumere che i tassi di disoccupazione cre- sceranno e la situazione si complicherà ulteriormente.

Non pochi lavoratori temono di perdere il proprio lavoro a causa della crisi provocata dal Coronavirus, le cui conseguenze complessive sono difficili da valu- tare. Per un verso, il legislatore ha adottato alcune misure di carattere giuslavoristi- co, tra le quali spiccano la semplificazione dei requisiti di accesso agli schemi di sospensione parziale dell’attività lavorativa con integrazione salariale e all’indennità di disoccupazione56; per altro verso, non vi sono dubbi che le riper- cussioni sul mercato del lavoro saranno comunque pesanti. Non è certo ancora pos- sibile pronosticare se e in quale misura il settore del commercio al dettaglio reagirà alla crisi riducendo il personale, ristrutturando i punti vendita e sviluppando ulte- riormente i canali di commercializzazione online. Nondimeno, questa situazione impatterà ancora più di quanto attualmente accada sulla capacità dei sindacati di persuadere i lavoratori e motivarli a iscriversi al sindacato.

5. L’industria tessile e dell’abbigliamento è senza dubbio uno dei settori eco- nomici più importanti del Paese. Nel corso degli anni la Turchia si è trasformata da produttore a basso costo in creatore di moda. Ciononostante, nel confronto con altri Paesi europei, anche grazie alla svalutazione della lira turca, il Paese continua ad essere il partner commerciale più importante del settore per i bassi costi di produ- zione, la prossimità al mercato, la facilità dei trasporti, nonché l’elevata qualità dei prodotti. Peraltro, anche il mercato interno si è evoluto negli ultimi decenni in un importante collettore di investimenti da parte dei marchi globali.

I marchi che appartengono alla più grande impresa mondiale di abbigliamento Inditex si sono già da tempo insediati in Turchia. Il global player è attivo con i suoi marchi nella distribuzione di moda del Paese e, al contempo, fa confezionare da numerose imprese i capi di abbigliamento dei suoi marchi destinati al mercato mondiale.

Il diritto di associazione sindacale, corredato da quello di contrattazione collet- tiva, è ancorato nella Costituzione turca. In analogia con quanto accade un po’

ovunque a livello mondiale, il tasso di sindacalizzazione e l’interesse dei lavoratori a iscriversi al sindacato sono andati calando.

Le peculiarità del commercio al dettaglio e dell’industria tessile e dell’abbi- gliamento in Turchia, unitamente al quadro legale delle relazioni industriali, non facilitano in alcuno modo l’opera delle rappresentanze degli interessi dei lavoratori.

55 TUİK, 2020.

56 Akın, 2020, 16-71; Keser, 2020; Hekimler, 2020.

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