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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA SENTENZA

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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA Composta dai seguenti magistrati:

Rita Loreto Presidente

Ida Contino Giudice relatore

Andrea Luberti Giudice Ha emesso la seguente

SENTENZA

Nel giudizio ad istanza di parte, iscritto al. 21264 del registro di segreteria, proposto dal COMUNE DI SANT’ONOFRIO, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in Vibo Valentia alla Via Accademie Vibonesi n. 2, presso lo studio dell’avv. Domenico Sorace che lo rappresenta e difende;

avverso:

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, subentrato ai sensi dell’art. 1, comma 3 del d.l. 193/2016 a Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., già Equitalia Sud spa, elettivamente domiciliata in Bari alla via Piccinni 12 presso lo studio dell’avv. Ivana Carso che la rappresenta e difende.

Visto il ricorso depositato in data 28.2.2017;

Vista la memoria di costituzione dell’Agenzia delle Entrate;

Visti gli atti e i documenti del processo

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Uditi, nella pubblica udienza del 13.11.2018, il giudice relatore Ida Contino, l’Avvocato Domenico Sorace, difensore del Comune di Sant’Onofrio, l’Avvocato Daniele Caramuta per delega dell’Avvocato Ivana Carso, difensore di Agenzia delle Entrate – Riscossione e il Pubblico ministero d’udienza nella persona del Procuratore regionale Rossella Scerbo .

PREMESSO IN FATTO

1. Con atto del 28.2.2017, il Comune di Sant’Onofrio ha agito per la riassunzione del giudizio precedentemente incardinato dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia contro la Società Equitalia s.p.a., concessionario del servizio di riscossione, per ottenerne la condanna di Equitalia al pagamento di euro 50.000, a titolo di inadempimento contrattuale; 25.000 euro a titolo di danno da disservizio, 25.000 euro a titolo di danno all’immagine; e 5.000 euro in relazione al pericolo di prescrizione cui sono stati esposti i crediti detenuti dal comune di S’Onofrio negli anni 2007 e 2008.

Con la sentenza depositata il 28 luglio 2016, il predetto Tribunale aveva, infatti, declinato la propria giurisdizione in favore di questo giudice.

2. Il Comune di St Onofrio premette di aver affidato alla società Equitalia ETR spa (ora Equitalia Sud spa), con contratto di appalto stipulato in data 04/07/2011, il servizio di riscossione volontaria dell’ ICI, della TARSU, e del canone idrico integrato; di aver affidato la riscossione coattiva delle entrate tributarie, extratributarie e patrimoniali; di aver pianificato l’azione di recupero relativa agli anni 2007/2008 in modo

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da rispondere alle esigenze dei contribuenti e alle necessità di cassa dell’Ente, prevedendo come data per la riscossione dell’anno 2007, il 28.2.2012 e il 31.3.2012; che, tuttavia, l’Equitalia è rimasta inerte pur a fronte di molteplici solleciti, causando un default di cassa per il Comune per una somma di € 207.013,58; che solo in data 17.5.2017 (con un ritardo di quasi tre mesi e mezzo) l’Equitalia ha trasmesso le prove di stampa degli avvisi di accertamento; che a causa di errori e anomalie la riscossione del ruolo relativo al 2007 è avvenuta nel settembre e ottobre 2012, mentre il ruolo del 2008 è stato riscosso, nei mesi di febbraio e marzo 2013; che detti ritardi hanno causato un danno all’Ente.

Tutto ciò premesso conclude chiedendo la condanna di Equitalia al risarcimento di tutti i danni subiti e, segnatamente, al pagamento di € 50.000 a titolo di inadempimento contrattuale; € 25.000 a titolo di danno da disservizio; € 25.000 a titolo di danno all’immagine ed € 5.000 per il pericolo di prescrizione cui sono stati esposti i crediti detenuti dal comune di S’Onofrio negli anni 2007 e 2008.

3. All’udienza del 6.12.2017, il Presidente, rilevato che agli atti di causa non risultavano depositate le relazioni di notifica del ricorso e del decreto di fissazione d’udienza alla controparte; considerato, altresì, che a decorrere dall’1.7.2017 era stata istituita l’Agenzia delle Entrate – Riscossione che subentrava a titolo universale nei rapporti attivi, passivi e processuali delle società del gruppo Equitalia, udito il Collegio, rinviava la causa all’udienza odierna per consentire la regolarizzazione del contraddittorio dando facoltà

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all’Ente subentrante di costituirsi.

4. Con memoria del 21.3.2018 si è costituita Agenzia delle Entrate- Riscossioni eccependo in via preliminare l’inammissibilità del presente giudizio poiché il Comune, sebbene avesse ricevuto il 17.3.2017 copia del ricorso e decreto di fissazione d’udienza, non aveva provveduto alla relativa notifica ; conseguentemente il giudizio si era estinto. Nel merito ha escluso la fondatezza della pretesa attorea.

5. All’esito dell’udienza dell’11.4.2018, il Collegio, ritenuto di porre a fondamento della decisione la questione, rilevata d'ufficio, dell'ammissibilità del giudizio ad istanza di parte , poiché lo stesso è, nella sostanza, introduttivo di un processo di responsabilità amministrativa, e, considerato che sulla questione non vi era stato alcun confronto processuale, con l’ ordinanza n. 161/2018, resa ai sensi dell’art. 101, 2 comma del c.p.c. ,assegnava alle parti il termine di quaranta giorni per il deposito in segreteria di memorie contenenti osservazioni sulla predetta questione.

Contestualmente, con sentenza non definitiva, resa in pari data, decideva, rigettandola, la questione preliminare sollevata dalla difesa di Agenzia delle Entrate – Riscossione, di improcedibilità del ricorso non avendo il Comune notificato il ricorso e il d.f.u. nei termini di legge.

6. In data 1.8.2018, la Procura ha depositato una memoria conclusionale ex art .175 del c.g.c. nella quale ha evidenziato, in via preliminare, che due sono gli strumenti posti a tutela della materia della riscossione delle entrate tributarie: da un lato, l’azione risarcitoria del

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pubblico ministero contabile e, dall’altro, l'azione su iniziativa dell'ente impositore prevista dall'art. 172 c.g.c.. Ha pertanto assunto che la domanda di "risarcimento "del danno relativa alla prescrizione del diritto a riscuotere le entrate tributarie, chiesta dal Comune di Sant’Onofrio, attiene al contratto di esattoria e, conseguentemente, al rapporto di dare e avere che intercorre tra l'ente impositore e l'agente della riscossione; Sempre secondo l’argomentazione della parte pubblica, il ricorso all’esame, con riferimento alla prescrizione dei tributi, pertanto, rientrerebbe a pieno titolo nella categoria dei giudizi ad istanza di parte.

Tutto ciò premesso ha concluso chiedendo al Collegio di riconoscere la legittimazione attiva del Comune e, conseguentemente, di disporre la trattazione della causa.

7. Con memoria del 2.10.2018, l’Equitalia ha argomentato sulla prospettata questione di inammissibilità rilevando che la fattispecie all’esame esuli dal pur ampio novero delle azioni a istanza di parte di cui al’art. 172 del c.g.c., avendo il Comune introdotto una vera e propria azione di responsabilità amministrativa.

A sostegno di tale assunto rileva che il Comune non avrebbe investito la Corte della cognizione del rapporto dare/avere con l’Agente della Riscossione ma avrebbe azionato, nei confronti di quest’ultimo, altre e diverse pretese risarcitorie aventi a presupposto profili di presunta colpa grave nello svolgimento dell’attività di concessione. Tanto premesso ha concluso chiedendo al Collegio la declaratoria di inammissibilità.

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8. Con memoria del 5.10.2018, il Comune di Sant’Onofrio ha controdedotto sulla questione evidenziando che l’azione esercitata ricade perfettamente nelle ipotesi previste dall’art. 172 c.g.c.; rileva, infatti, che il petitum del giudizio attiene a una ipotesi tipica di responsabilità negoziale, che richiede uno scrutinio paritario tra la posizione del committente e quella del titolare del servizio. Non a caso, precisa il difensore, nelle conclusioni della domanda, si allude espressamente ad un profilo di “responsabilità contrattuale”, nonché ad un “inadempimento contrattuale”. Ciò premesso, insiste sull’ammissibilità del giudizio.

9. All’odienra udienza, l’avv. Domenico Sorace riprende quanto argomentato dalla Procura nella memoria illustrativa e conclude insistendo nell’accoglimento dell’istanza.

L’Avvocato Caramuta, nel riportarsi agli scritti difensivi, fa presente che è stata formulata una riserva di appello sulla sentenza non definitiva. Insiste per la inammissibilità del ricorso richiamando la sentenza n. 69/2018 della Corte dei conti Sez. Calabria.

Il P.m. d’udienza argomenta la propria memoria e conclude chiedendo che sia riconosciuta la legittimazione attiva del Comune con riferimento ai crediti che non sono stati riscossi.

La causa è posta in decisione.

DIRITTO

1. Così come già anticipato nell’ordinanza resa all’esito dell’udienza dell’11.4.2018, il petitum e la causa petendi formulati dal Comune di S.

Onofrio pongono una questione preliminare sull’ammissibilità del

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giudizio in esame.

Parte attrice, infatti, a fronte di assunte inadempienze contrattuali dell’Agente delle Riscossioni, chiede a questa Corte dei conti la condanna al risarcimento dei danni subiti che determina in € 50.000 a titolo di inadempimento contrattuale, € 25.000 a titolo di danno all’immagine ed € 25.000 a titolo di danno da disservizio e, infine, € 5.000 per il pericolo di prescrizione cui è incorso il Comune

2. Invero, la prospettata questione di ammissibilità dell’azione non riguarda profili di osservanza dei limiti esterni della giurisdizione contabile, ma la possibilità del giudice adito di decidere in relazione al mezzo esperito per l’esercizio dell’azione.

3. Nessun dubbio, infatti, sussiste in ordine alla giurisdizione del giudice contabile nella materia.

Al riguardo, mette conto di sottolineare che l’art. 103 della Costituzione, nello stabilire che “la Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica”, conferisce al giudice contabile una giurisdizione tendenzialmente generale (ancorché entro ambiti la cui concreta determinazione è rimessa alla discrezionalità del legislatore) in materia di contabilità pubblica.

Ne è seguito un principio risalente che ammette la giurisdizione della Corte dei conti in ogni controversia inerente alla gestione di denaro di spettanza dello Stato o di enti pubblici da parte di un agente contabile (cfr . tra le altre Consiglio Stato sez. IV n. 5744 del 20 novembre 2008, Cass., Sez. Un., 7 maggio 2003, n. 6956; analogamente, Cass., sez.

un., 29 maggio 2003, n. 8580 e 11 luglio 2006, n. 15658).) .

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Così come la Cassazione ha sempre precisato che il giudizio relativo alla verifica dei rapporti di dare ed avere tra l'ente impositore e la società di riscossione, nonché del risultato contabile finale di detti rapporti, va sempre promosso innanzi all'autorità competente a giudicare sui rapporti riguardanti i conti di coloro che abbiano avuto maneggio di danaro dello Stato o di alta pubblica amministrazione, cioè alla Corte dei conti. ( Cassazione, SS.UU sentenza n..15658 11 luglio 2006, nonché sentenze 4.7.1973, n. 1866 e 10.4.1999, n. 237 delle Sezioni Unite della Cassazione Civile).

4. Ribadita la giurisdizione della Corte dei conti, come pure affermato dal Tribunale ordinario che si è dichiarato privo di giurisdizione in favore del giudice contabile, la Sezione, nella fattispecie, è chiamata a giudicare su una controversia che il ricorrente riconduce alla categoria dei giudizi ad istanza di parte, prevista dagli art. 172 e ss del c.g.c. , e già normata dall’art. 58 del R.D. 13 agosto 1933, n. 1038 – Regolamento di procedura per i giudizi innanzi la Corte dei conti.

Invero, una fattispecie analoga a quella all’esame è stata già decisa da questa stessa Sezione con la sentenza n. 69/2018, nella quale il Collegio con un’argomentazione pienamente condivisa e, pertanto, ripresa in questa decisione , ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.

L’art. 58 citato, e ora l’art. 172 del c.g.c.. infatti, dopo l’elencazione di tutte le tipologie di ricorsi ascrivibili a questa forma di giudizio, stabilisce che la Corte dei conti giudica “su altri giudizi ad istanza di parte, previsti dalla legge e comunque nelle materie di contabilità

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pubblica, nei quali siano interessati anche persone o enti diversi dallo Stato”.

Il tenore della disposizione ha indubbiamente incoraggiato un’interpretazione estensiva nel senso che una volta ravvisata la riconducibilità della fattispecie al genus della “contabilità pubblica”, il rimedio giudiziale per la tutela dei diritti controversi, non potendo che passare, attraverso la giurisdizione esclusiva della magistratura contabile secondo le linee tracciate dall’art. 103, comma 2, della Costituzione, finirebbe col trovare nel ricorso ad istanza di parte un mezzo giudiziale in ogni caso sempre esperibile.

Proprio per questo , nel quadro del rapporto gestorio tra l’ente pubblico e il concessionario del servizio di riscossione, il ricorso ad istanza di parte ha trovato ampia applicazione in base al generale principio innanzi riportato, espresso dalla Corte di Cassazione a tenore del quale, si ripete, il giudizio che abbia a oggetto il pagamento di quanto eventualmente dovuto dal concessionario della riscossione deve essere promosso innanzi all’autorità giudiziaria che normalmente giudica della responsabilità contabile, ossia la Corte dei conti quale magistratura ex lege deputata a valutare la condotta di coloro che abbiano avuto maneggio di denaro dello Stato o di altre pubbliche amministrazioni. cfr. ex plurimis sent. n. 23302/2016

Tale convincimento, peraltro, ha trovato ulteriore supporto in quella parte della citata norma che, legittimando ad agire “anche persone o enti diversi dallo Stato”, è ordinariamente interpretata come disposizione di completamento o, se si vuole, di chiusura del sistema

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predisposto a tutela delle pubbliche finanze.

A questa stregua, la giurisprudenza contabile ha ritenuto ammissibile l’azione dell’ente locale esercitata ai sensi dell’articolo 58 del r.d. n.

1038 del 1933 (ora art. 172 lettera d) del c.g.c.) per ottenere dal concessionario il pagamento di somme non riscosse in forza dell’obbligo del non riscosso come riscosso (Corte dei conti, Sez. I d’appello, sent. n. 201 del 2007); allo stesso modo è stato ammesso il ricorso su istanza di un Comune che aveva citato il concessionario della riscossione per “alcuni danni derivanti da inadempimenti contrattuali” dovuti alla mancata riscossione della imposta sulla pubblicità”, e “per sottrazione di assegni” da parte di un incaricato del concessionario medesimo (Sez. II d’appello, n. 347 del 2011).

Ancora, sul presupposto che i giudizi ad istanza di parte costituiscono

“una categoria eterogenea, e soprattutto, “aperta”, non disciplinando essi in maniera esclusiva specifiche e nominate controversie”, la giurisprudenza d’appello (Sez. III centrale, sent. n. 34/2018) ha di recente ritenuto la legittimazione di un Comune ad agire in giudizio, ex art. 58 cit., avverso inadempienze contrattuali del concessionario per la mancata formazione dei ruoli e per il maturare della prescrizione a carico dei crediti in esazione.

5. Pur condividendo quanto la giurisprudenza da ultimo citata ha osservato in ordine al fatto che le disposizioni di cui agli “artt. 52-55 del R.D. n. 1038/1933”, ora trasfuse nelle lett. a), b) e c) dell’art. 172 del nuovo codice di giustizia contabile, non esauriscono tutte le controversie che possano “insorgere nella materia ivi disciplinata”,

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ossia quella attinente ai rapporti tra il concessionario della riscossione e l’ente impositore, sì che le predette disposizioni non possano essere in senso sostanziale interpretate “quale limite all’azione “ad istanza di parte” dinanzi al giudice contabile”, ritiene nondimeno la Sezione che non ogni controversia possa rientrare nella cognizione del giudice della Corte dei conti con lo strumento del giudizio ad istanza di parte in virtù della lettera d) dell’art. 172 c.g.c..( cfr sentenza n. 69/2018).

Sotto questo profilo, vale la pena osservare che nella pronuncia d’appello da ultimo citata, al fine di poter ritenere la legittimazione ad agire del Comune, il giudice sembra far particolare leva sul fatto che “il concessionario dei servizi di esattoria di un Comune riveste la qualità di agente contabile quale certamente è il soggetto incaricato della riscossione di denaro di pertinenza pubblica”.

In altri termini, la citata giurisprudenza in tanto ha ritenuto ammissibile quel ricorso ad istanza di parte, in quanto ha considerato il concessionario alla stregua di un agente contabile che, incaricato del maneggio di denaro, è tenuto a rendere conto del “carico” affidatogli per la riscossione e conseguentemente a rendere conto di quanto non è in grado di restituire.

Ebbene, come osservato da questa Sezione giurisdizionale nella sentenza n. 69/2018 “ “Se così è, il Collegio si limita, però, ad osservare, che una cosa è l’ambito delle condotte, degli obblighi e delle conseguenze giuridiche previste dal sistema per l’agente contabile che non le osservi in relazione al cosiddetto “maneggio” di risorse, altro è, invece, il pregiudizio che l’ente pubblico può subire da azioni od

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omissioni di obblighi realizzate con colpa dall’agente della riscossione nel corso della sua attività gestoria.

Può ben darsi, infatti, che sebbene tra il concessionario per la riscossione e la pubblica amministrazione si configuri un unico rapporto di servizio, ciò non esclude che quell’unico rapporto possa a sua volta comportare diversi obblighi sul piano funzionale con altrettanti differenti profili di disciplina in ordine alle eventuali responsabilità, quali appunto quelli previsti dagli artt. 140 e seg. c.g.c.

per l’agente contabile, da tenere distinti rispetto a quelli cui lo stesso può soggiacere per i danni cagionati nella gestione del rapporto oggetto del servizio di riscossione.

Ciò posto, si ritiene che per la legittimazione ad instaurare una controversia mediante il ricorso ad istanza di parte, non può considerarsi sufficiente la natura “aperta” della previsione di cui alla lett. d) dell’art. 172 c.g.c. cit. o anche il fatto che il concessionario, in quanto incaricato della riscossione di denaro appartenente alla pubblica amministrazione, rivesta perciò il ruolo di agente contabile.

Non possono, infatti, ritenersi ammissibili quei ricorsi con cui si sottoponga alla cognizione della giudice una vertenza promossa per la rivendicazione di un petitum che, seppur traente origine dal rapporto di dare – avere tra il concessionario e l’ente pubblico impositore, finisca però per esprimere una domanda che trascende il rapporto esattoriale strictu sensu considerato, per involgere profili di domanda ad esso estranei” ( Sez. Calabria , sentenza n. 69/2018).

Ciò chiarito, nel caso all’esame, l’ente impositore domanda

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l’accertamento di una responsabilità per inadempimento contrattuale, per danno all’immagine per danno da disservizio, e per un danno da pericolo di prescrizione .

Il Comune, infatti, ha rivendicato un risarcimento che, pur trovando origine nel ritardato avvio dell'attività di riscossione dei crediti di cui alle

"forniture idriche 2007 " portanti un carico residuo complessivo pari ad

€ 207.013,58, è stato dallo stesso ricorrente invece quantificato equitativamente nella misura di € 105.000,00 sulla base di profili di pregiudizio, non ultimo quello connesso alla necessità di aver dovuto fare ricorso alle anticipazioni di tesoreria a causa della crisi di liquidità che ne è derivata, profili che all’evidenza esulano dal cennato binomio di “dare-avere” su cui si fonda il rapporto gestorio tra l’agente della riscossione e l’ente pubblico, per riguardare, invece, la responsabilità per un danno da condotte omissive configurate come inescusabilmente negligenti.

Condividendo le osservazioni sul punto formulate dalla Sezione giurisdizionale per la regione Sicilia con la sentenza n. 342/2017, “se le pubbliche amministrazioni, in presenza di crediti derivanti da (presunta) responsabilità amministrativa, introducessero un giudizio a istanza di parte destinato a concludersi con un accertamento di merito sulla sussistenza o meno degli elementi strutturali dell’illecito, si giungerebbe – in disparte ogni altra possibile considerazione – a una altrettanto generalizzata disapplicazione del rito ordinario e dei poteri e delle garanzie a questo connesse, fino all’eliminazione, di fatto, di tale rito dall’ordinamento processuale”, con l’ovvia conseguenza che

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“ammettere tale concorrenza equivarrebbe, ad avviso del Collegio, a negare la peculiare e insostituibile posizione ricoperta dal magistrato del pubblico ministero”, un organo al quale, invece, notoriamente spetta di attivarsi a prescindere dalla possibilità delle amministrazioni interessate di promuovere altre azioni (cfr. Cass. n. 473/2015; idem Cass. n. 19891/2014; Cass. n. 10667/2009; Cass. n. 25495/2009), e gli spetta di farlo sulla base di una disciplina che assurge a peculiarità di sistema grazie all'avallo ottenuto dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 104 del 1989 e n. 1 del 2007, a tenore delle quali l’azione del Procuratore contabile è espressione di una funzione obiettiva e neutrale, in quanto finalizzata a reprimere il danno erariale derivante da un illecito amministrativo.

Ciò significa che il rapporto di “dare-avere” che rappresenta l’essenza del rapporto di concessione tra l’agente e l’ente creditore, sebbene indubbiamente involga reciproci obblighi comportamentali, non può però essere posto a base di un ricorso ad istanza di parte per far valere una ipotesi di responsabilità contrattuale o extracontrattuale.

7. Con riferimento alla richiesta di risarcimento del danno per inadempimento, un’ultima considerazione s’impone .

Il ricorrente tra i motivi che giustificano il postulato risarcimento del danno , ipotizza l’esposizione dell’Ente “a un rischio di prescrizione per una quota non residuale dei suoi crediti”.

Su tale motivo occorre svolgere qualche considerazione ulteriore anche perché la Procura, nelle memorie conclusionali depositate l’1.8.2018, ma anche all’odierna udienza, rileva la possibilità di

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ricorrere al giudizio ad istanza di parte con riferimento alle poste tributarie che l’agente della riscossione avrebbe fatto prescrivere a causa della propria negliegenza.

Ebbene, il Collegio ritiene che anche tale doglianza sia inammissibile.

A prescindere dalle richiamate considerazioni svolte dalla Sezione giurisdizionale per la Sicilia nella sentenza n. 342/2017 che pure si condividono, nella fattispecie, vi è un ulteriore e precedente motivo di inammissibilità.

Il Comune ricorrente, infatti, nel rivendicare il risarcimento del danno, non afferma che alcuni dei tributi inseriti nei ruoli consegnati all’Equitalia, si sono prescritti, né quantifica le rispettive poste ritenute prescritte. Ipotizza, piuttosto, un rischio di danno da prescrizione che allo stato è assolutamente incerto sia nel quantum che nell’an.

Un’azione, questa, che l’ordinamento giuscontabilistico preclude laddove richiede che il danno, per legittimare l’azione di risarcimento innanzi al giudice contabile, debba possedere i requisiti dell’attualità della certezza e della concretezza.

Tanto premesso, con riferimento al danno da possibile prescrizione , deve essere dichiarata inammissibile l’azione del Comune anche sotto il profilo della carenza del requisito della concretezza, dell’attualità e della certezza.

8. Le argomentazioni che impongono una declaratoria di inammissibilità per il danno da inadempimento, a maggior ragione valgono per la richiesta di risarcimento per il danno all’immagine e per il danno da disservizio.

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Tali ipotesi di danno, che trovano la loro fonte nella perdita del prestigio dell’amministrazione e quindi nel grave detrimento all’immagine pubblica( danno all’immagine) nonché nella deviazione dell’attività lavorativa verso fini illeciti desostanziando il rapporto di servizio ( danno da disservizio), possono entrare in un giudizio contabile solo nell’ambito di un’azione di risarcimento del danno promossa dalla Procura Regionale in presenza di condotte illecite e, per quanto riguarda il danno all’immagine, anche in presenza di condotte di reato sanzionate con una sentenza passata in giudicato- 9. Come è noto, infatti, il danno all’immagine, ad eccezione della particolare ipotesi di cui all’art. 55 quinques del D.lgs. n. 165/2001, a norma del citato art. 51, comma 7, c.g.c., deve presupporre l’esistenza di una “sentenza irrevocabile di condanna pronunciata nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché degli organismi e degli enti da esse controllati, per i delitti commessi a danno delle stesse, è comunicata al competente procuratore regionale della Corte dei conti affinché promuova l'eventuale procedimento di responsabilità per danno erariale nei confronti del condannato. Resta salvo quanto disposto dall'articolo 129 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271”.

Ciò precisato, ne consegue che la perseguibilità del danno all’immagine di un ente pubblico è possibile solo nell’ambito di un giudizio di responsabilità amministrativa e per mezzo dell’azione

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erariale esercitabile dal requirente contabile sul presupposto di condotte di reato sanzionate con una condanna penale irrevocabile.

10. Alla luce di tutto quanto sin qui evidenziato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Attesa la natura della controversia trattata e l’esito del giudizio che ne è derivato, si ritiene di disporre l’integrale compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Calabria, definitivamente pronunciando

DICHIARA Il ricorso inammissibile.

Spese compensate.

Così deciso nella camera di consiglio del 13.11.2018.

Il giudice estensore il Presidente f.to Ida Contino f.to Rita Loreto Depositata in segreteria il 02/05/2019

Il Funzionario

f.to Dott.ssa Stefania Vasapollo

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