Il Colpo Grosso di Capitan Branko
Cosa aveva detto Onekwa Vidic, un'altra leggenda della Feccia?
“Volete continuare a tirare a campare recuperado merdosi relitti? Fino al giorno in cui uno di voi sfigati si trova a limonare con un succhiafaccia alieno? Ho un carico cazzuto da trasportare. È una rottura di coglioni di lavoro, ma il cliente paga bene, e voi della
Alestorm siete l'equipaggio di segaioli giusto per questo lavoro.”
Ugo e Tiara avevavo già indossato le tute e stavano iniziando la decompressione per andare ad abbordare il relitto, ma Branko decise di lasciar perdere gli spiccioli ed
accettare il lavoro di Onekwa, nonostante gli insulti ed il turpiloqio. C'era che diceva che la sorprendente scurrilità di quel capitan fosse dovuta alla maledizione che uno stregone le aveva lanciato dopo essere stato truffato, ma Branko ne dubitava. Non potevi mai essere sicuro dove finiva la verità ed iniziavano le leggende, fra la Feccia.
Una raccomandazione di Onekwa valeva parecchio: lei vinse la Corsa di Kadath ben due volte, e la seconda quando incinta di cinque mesi della prima figlia – gli altri tre poi li affidò ad uteri artificiali, invece. Aprì la Rotta Nera e guidò la spedizione Dibba fuori dalla nube di Oort di Mortalia.
Ed ora la Alestorm era nel Sistema Barakah, appena fuori dallo spazio esclusivo di Medina, con a bordo un carico degli alcolici e salumi più esotici dell'universo che un cliente sul pianeta voleva prima dell'inizio del Ramadan. Più di 24 ore di ritardo, e l'affare sarebbe stato cancellato.
Branko provò pure a chiedere perchè gente che voleva sfondarsi di alcol e maiale rimaneva a vivere sul pianeta del puro Islam, ma ovviamente Onekwa gli rispose di infilarsi la curiosità dove non splende: la Feccia non fa domande, ma consegna la merce e prende la pecunia.
“Questa è la nostra occasione! Non solo il cliente è pronto a pagare uno sproposito, ma se questo lavoro va bene, ci guadagneremo in reputazione. La Alestorm diventerà la nave da chiamare per i lavori impossibili! Idee, cazzo, ne avete?”
Branko provò così a stimolare il suo equipaggio, seduti da ore a svaporare, ingurgitare caffè GMO e distillati di bordo intorno al tavolo rotondo nel retro del ponte di comando, sbrecciato ed ingombro di tavolette, fogli di antica carta e detriti vari.
“La nostra unica occasione è la pioggia delle Augureidi, ma ci lascia solo 36 ore di finestra temporale.”, ribadì Tiara.
“Laciamo un baccello da carico insieme alle meteore, e siamo a cavallo.”, aggiunse Ugo.
Abdul non disse nulla; il suo lavoro era solo quello di aiutare Ugo ad assicurare che baccelli o zecche o qualsiasi altra cosa i capi decidessero di usare funzionasse a dovere.
“No, non basta. Qui su Medina saranno fanatici ma non sono idioti. Il carico finisce intercettato, a quel modo. E non dimenticare la questione tempo: finora non si curano di noi, ma entro 24 ore manderanno un pattugliatore a controllare, se rimaniamo ai margini
del loro spazio.”
Ugo scosse la testa, non convinto, ma non aggiunse nulla.
“Tiara, abbiamo navi in avvicinamento a Medina?”
Il secondo ufficile mostrò a schermo un grafico del sistema, con un ventaglio di rotte multicolori che convergevano verso il pianeta abitato.
“Merda, nessuna da questo settore. Cosa mi sai dire della Rotta PTR2089?”
“Secondo il trasponder, è un pattugliatore automatico classe...”
“Lascia perdere, non puoi attaccare una zecca ad un pattugliatore.”, tagliò corto Branko.
Le navi giuste per questi trucchi erano le grandi navi da carico, od ancora meglio
asteroidi e comete al traino: solo pochi erano così paranoici da estendere la sorveglianaza completa a pezzi di ferro e palle di ghiaccio. Più in basso nella lista c'erano le navi da crociera e diporto. Per quelle, molto dipendeva da nave ed equipaggio, ma nella maggior parte dei casi una zecca aveva ottime speranze di rimanere invisibile.
Branko visualizzò di nuovo la zona ellittica di atterraggio del carico specificata dal
cliente, ma niente, non riusciva ad avere alcuna idea per farci arrivare il carico in tempo, e senza essere intercettato. Anche su Medina si erano evoluti, si, e la pena di morte era stata sospesa indefinitamente come voleva l'Unione Pianeti Terrani. Ma per i
consumatori di alcolici e maiale c'erano pubblica umiliazione, interdizione da tutte le cariche pubbliche e programma di rieducazione alla virtù – un gulag, in pratica. Il cliente era ovviamente anonimo e comunicava solo per via elettronica steganografata, e con una serie di accorgimenti che facevano capire fosse qualcuno maniacale per quanto riguarda la sicurezza. Giustamente, visto quello che rischiava.
Inutile anche chiedere aiuto; nella Feccia un giovane capitan in prova doveva cavarsela da solo, o da sola.
“Qui non riusciamo a cavare un ragno dal buco, vedo. Tiara, imposta il computer per segnalare l'arrivo di nuove navi nel sistema. Dichiaro una pausa. Abdul, prepara uno spuntino!”
Abdul era un cadetto, nemmeno Feccia di origine, e non aveva altre opzioni che ubbidire.
Ma almeno poteva scegliere lui cosa cucinare. Gli altri stavano aspettando nella sala ricreazione, bevendo boccali di distillato di bordo alla rapa rossa, una ventina di minuti dopo.
“Ed ecco a voi, pajeon di lardo sintetico e porro!”, annunciò Abdul posando sul tavolo un vassoio traboccante di untuose frittelle.
Ugo ne infilzò una colla forchetta e l'esaminò criticamente:
“Non basta darci un nome coreano per farle diventare coreane, Abdul. Troppa farina, e...”, Ugo ne assaggiò un morso, “niente salsa di soia. Non c'è nulla di coreano a parte il nome, qui!”
“Va bene, frittelle, non pajeon. Cthulhu fhtagn!”, ammise Abdul scrollando le spalle, poi sedette al tavolo cogli altri tre.
Branko non commentò, ma prese tre frittelle e le ricoprì della sua personale salsa
Secondo Grado, mentre Tiara spalmò generosamente formaggio morbido e mostarda sul pane tostato poi aggiunse una frittella sopra al formaggio. Abdul invece attaccò le sue frittelle con foga senza pensieri mentre Ugo masticava accuratamente ogni boccone dopo averlo tagliato con precisione usando forchetta e coltello. Ma tutti si servirono
liberamente del caffè prodotto dalla caffettiera automatica colla famigerata Miscela Supernova, un segreto del Clan Vidic che si diceva contenesse ben altri alcaloidi che caffeina.
“Mi ha detto qualcuno della banda di Onekwa che nel carico c'è anche una copia di Super Le Ore Edizione Millennio. Cartacea!”, disse così senza preavviso Tiara.
“Peccato che non ci puoi mettere le mani, sarebbe perfetto per la tua storia universale della pornografia.”, rispose con una punta di sarcasmo Branko.
“Vedrai quando sarà finita! Sarà l'opera definitiva per la storia della pornografia!”
“Certo, lo sarà.”
“Nel carico ci sono anche due forme di formaggio Viola di Gaia, quello vero degli Iron Chef; bottiglie di No. 3 Old Moonshine da Tejas e pure un fiasco di Arak Bali da Discarica. Il nostro cliente è uno che sa cosa comprare”, puntualizzò Ugo.
“Ed il Salame di Cotiche e Fagioli da Paese O' Sole, non dimenticare. Capitan, perchè non posso far crescere cotenne nei vasi di coltura?”, aggiunse Abdul.
“Perchè non siamo maniaci delle cotiche come te”, lo zittì Branko.
Branko sapeva del carico, pure lui aveva fatto le sue indagini. Ma voleva conservare almeno la facciata del non discutere del carico, e limitarsi a consegnarlo. Come gli aveva insegnato suo padre: non ci sono segreti fra un Capitan ed il suo equipaggio. Tranne quando c'è qualcosa che deve restare segreto. Etica e morale della Feccia erano molto flessibili, Branko doveva ammettere.
Prima che Tiara potesse replicare, la sirena d'allarme emise due brevi suoni. Dopo una frazione di secondo di panico, risultò che non era un'emergenza, ma una nuova nave era appena entrata nel sistema. La fascia autorizzata per l'emersione dall'iperspazio era al di fuori dello spazioe esclusivo dei pianeti, ed emergere al suo internato era considerato molto scortese, se non un atto ostile. Molti pianeti avevano anche disturbatori di campo per evitare l'apertura di un tunnel nelle zone proibite.
“Corvetta V. Visco della Commissione Tributaria Unificata...”, iniziò Tiara, ma Branko non era contento:
“Sullo schermo, Tiara!”.
“Eccheppalle, eccolo sullo schermo!”.
Branko rimase a fissare a bocca aperta lo schermo per alcuni secondi. La V. Visco aveva appena compiuto il salto nel sistema Barakah, ed ora il suo transponder trasmetteva in chiaro il piano di navigazione, una tranquilla rotta di avvicinamento verso Medina che passava proprio dalle parti della Alestorm. Ed era una nave della Commissione
Tributaria Unificata, parte della sterminata burocrazia dell'Unione dei Pianeti Terrani.
“I fottuti esattori delle tasse!”, sbottò Ugo.
“Cthuluh ftaghn! Che i Grandi Antichi divorino le loro anime!”, aggiunse Abdul.
Tiara invece fece il gesto dell'ombrello. Branko invece rimase zitto ancora per un po', poi ruppe gli indugi.
“Questa è la nostra occasione! Saranno i bastardi tassaioli a portare il carico verso Medina per noi!”, declamò sbattendo la sua tazza di caffè corretto sul bracciolo della sedia.
“Ugo, prepara una zecca, la migliore che abbiamo. Tiara, ti lascio il controllo della nave.
Abdul… tu sei con Ugo; prepara un'altro strato di iperbolla per proteggere il carico.”
“Quale zecca, Capitan? La ZC8 con sistema operativo Tickware 3.55 oppure la ZC7Y con upgrade a Tickware 3.6beta?”
Branko sospirò roteando gli occhi. A lui la tecnologia piaceva come scatola nera che ti dà I risultati che vuoi senza preoccuparsi di come fa. Ugo invece era uno smanettone
impenitente e la prima cosa che faceva con una scatola nera era aprirla col palanchino.
“Tu sei l'ufficiale dei sistemi. La scelta è tua, ma scegli saggiamente!”
“La ZC8 allora. Tickware 3.55 è più stabile.”
Quindi Ugo si alzò con Abdul alle calcagna ed i due lasciarono il ponte.
“Ho il controllo!”, confermò Tiara, e Branko si mise al lavoro per tracciare le rotte della zecca, dalla Alestorm alla V. Visco e poi dalla corvetta alla zona d'atterraggio su Medina.
Non ci volle molto per Branko a tracciare le rotte, ma non si accontentò del primo
risultato e quindi usò il computer di bordo per simulare una varietà di scenari diversi. E quasi tutti finivano con un successo per Branko e la Alestorm.
Dopo qualche tempo Ugo chaimò Branko per comunicare che la zecca era pronta ad essere programmata. Quello era il loro limite più grosso, per rimanere invisibili le zecche
dovevano mantenere il silenzio radio e quindi compiere la loro missione solo con i
programmi caricati nei loro elaboratori e le euristiche di bordo. Branko andò di persona ad ispezionare il carico e la zecca, per essere sicuro che tutto fosse a posto. Ugo ed Abdul avevano fatto un ottimo lavoro, ed irradiavano orgoglio quando Branko disse loro quello che pensava.
“Ben fatto. Ora caricate la zecca nella camera di lancio e preparatevi.”
Branko tornò al ponte e presto anche gli altri due lo raggiunsero. Branko controllò la diagnostica della zecca, e la ricontrollò più volte nel corso delle ore che li separavano dal momento del lancio. Era stato così dall'inizio dell'era spaziale: prepari tutto a puntino ore se non giorni prima, ed aspetti il secondo adatto per lanciare. Il momento esatto per la Alestorm dipendeva dal comportamento della Visco, perchè non c'era la garanzia assoluto che seguisse il piano di navigazione presentato all'ingresso nel sistema. Ma Branko era pronto; quelli della Feccia erano educati fin da bambini a considerare gli imprevisti come opportunità. L'unica cosa a cui doveva stare davvero attento era non andare troppo di fuori a forza di bere distillato di bordo per ammazzare il tempo. Nonostante il caffè però Banko non riuscì ad evitare di appisolarsi; si risvegliò di scatto dopo qualche minuto;
stralunato ed agitato.
“Tiara, voglio sapere tutto della Visco. La sua storia, l'equipaggio, la missione. Se c'è qualcosa di sospetto, lo devo sapere!”
“Eseguo, Capitan. Ma che ti succede, hai visto un fantasma?”
“Ho sognato che era una trappola.”, spiegò Branko.
“Non c'è mai da fidarsi dei tassaioli,”, convenne Ugo.
Tiara ricercò sui canali ufficiali ed ufficiosi; frai dibattiti dei libertari dello spazio ed
anche fra le dicerie della Feccia. Nulla faceva pensare che la Visco fosse lì per altri motivi che la sua missione ufficile, ovvero cercare nuove maniere di spremere ogni centesimo dai poveri bastardi cittadini dell'Unione – anche se i comunicati ufficiali usavano altre
parole. A quanto pare c'era qualcosa nel sistema di tassazione islamico in vigore su Medina che secondo i capoccioni dell'Unione lasciava qualche spicciolo di troppo nelle mani degli abitanti, e la Visco portava Maling Uproot, un alto papavero dell'Unione, a cercare di rettificare l'incresciosa situazione.
Quello voleva pure dire che le autorità di Medina non erano molto contente della visita, così come non dimostravano molto amore per Uproot. Branko iniziò a pensare che poteva usare la situazione per aggiungere un tocco di classe, un arzigogolo tale da trsformare un buon piano in uno leggendario.
Come il colpo grosso di Zlatan Vidic, che non solo fregò la Brigata Sharia 2 Dicembre vendendo loro il gas VX omeopatico, ma intascò pure la ricompensa per la soffiata ad Ultimo Israele, che un gruppo di terroristi scalzacani voleva gassare la delegazione
israeliana a Galactic Master Chef. Da quel momento, la Brigata Sharia 2 Dicembre entrò nella storia; più precisamente nella storia di quelli vaporizzati da Ultimo Israele. Branko iniziò a rivedere il programma della zecca; c'era tutto il tempo per farlo senza fretta.
La Visco procedeva lenta e sulla rotta più facile, proprio come ci aspetta da un grigio burocrate. Ma inesorabilmente si avvicinava al punto stabilito per l'aggancio della zecca.
“Rapporto stato sistemi!”, chiese Branko.
“Zecca, tutto normale”, rispose Ugo.
“Nave, tutto normale”, aggiunse Tiara.
“Cessi, spomati.”, aggiunse Abdul.
“Perfetto! E questo è il momento giusto per un po' di musica!”
L'impianto audio era esagerato ed inappropriato per una nave spaziale, proprio come piaceva alla Feccia. Dopo i colpi di cannone e diverse schitarrate troncate, la voce scanzonata attaccò:
“Oy you give me some beer!
Piracy's a crime and crime doesn't pay And we go home poor at the end of the day”.
Quella era la loro canzone, composta da un dimenticato gruppo metal sulla Terra tanti anni fa. Ma Capitan Branko l'aveva adottata come inno ed il resto dell'equipaggio doveva adattarsi, piacesse o meno.
Il lancio della zecca spettava al Capitan e nessun altro. Sua la gloria, o l'ignominia.
Branko decise di non fare l'eroe, e lasciò la decisione al computer del sistema d'armamento. Ma questo non era necessario raccontarlo, nelle storie da taverna.
“Trenta secondi al lancio”, annunciò il Capitan.
“Dieci, nove, otto, sette, ah che cazzo, lancio!”, concluse in maniera poco ortodossa. Solo una leggera scossa segnalò la partenza della zecca, spinta da un gentile getto d'aria compressa. Ed il silenzio radio significava anche niente telemetria.
“Ed ora mettiamoci comodi, lo sapremo solo quando il cliente darà conferma se il carico è arrivato a destinazione”.
“We are here to drink your beer
And steal your rum at a point of a gun
Your alcohol to us will fall”, continuava l'inno all'alcool.
“Andiamo a dormire? Io sono camolita!”, propose Tiara.
Branko era d'accordo, e tutti lasciarono il ponte per tornare ai loro alloggi. Qualche tempo dopo, il computer del sistema d'armamento informò Branko, solo lui, di aver captato un solo, breve, debole e criptato “ping” su di una frequenza molto affollata.
Si ritrovarono dopo diverse ore nella sala mensa, più o meno ben riposati. La Visco stava iniziando la manovra di attracco alla stazione orbitale Najma 2 e non c'era altra attività anomala nel sistema.
“Tutto tranquillo là fuori.”, commentò soddisfatto Branko, osservando anche in segreto il rapporto di un secondo, discreto “ping”.
Il cicalino della radio subspaziale ruppe il momento magico. Branko accettò la comunicazione; il viso serio e duro di un capitano di Medina apparve sullo schermo.
Branko era abbastanza scaltro da non usare un video in diretta, ma una registrazione che mostrava un azzimato Capitan in costume etnico.
“Qui pattugliatore Bin Saleh, rispondete Hailstorm.”
“Bin Saleh, questa è la Alestorm. AlfaLimaEcostorm. Come possiamo aiutarvi?”
“È solo un normale controllo, HAILstorm. Avete qualche problema a bordo?”
“Qui ALESTORM È solo un fastidio, Bin Saleh. Il nostro impianto di trattamento acque nere soffre di… singhiozzo. Ci servono ancora 12 ore ripararlo.”
Quello era il trucco più vecchio dell'universo, eppure funzionava ancora.
L'arabo all'atro capo fece una faccia disgustata, poi esasperata:
“Ricevuto HAILSTORM! Saimo pronti ad inviare una squadra di soccorso alla vostra richiesta. Bin Saleh, passo.”
“Ringrazio la generosa ospitalità di Medina, ma non ce ne sarà bisogno. ALESTOR
M, passo e chiudo.”
“Ma senti stò burino, nemmeno vuol dire il nome della nostra nave!”, sbottò Tiara.
“La ale è haram, si vede. Sono proprio fissati.”, commentò Branko.
“Cthulhu invece nulla proibisce, ma ottiene sempre cioè che vuole.”, li informò Abdul con una strana luce negli occhi.
“Il video non conteneva nessun malware, ma ci hanno fatto un bel port scanning.
Nessuna violazione del nostro sistema.”, fece rapporto Tiara.
“Iniziamo ad attirare attenzione. Entro dodici ore dobbiamo levare le tende.”, continuò Branko, “Il carico dovrebbe arrivare a destinazione entro otto ore, così ce ne rimangono quattro per ricevere la conferma dal cliente.”
“Non è un gran margine…”, brontolò Ugo.
“Pensa positivo!”, lo redarguì Tiara.
“Equipaggio, preparate la nave ad un salto di emergenza. Dobbiamo stare in guardia.”, ordinò Branko tagliando corto i battibecchi.
Preparare la nave richiese solo qualche ora. Branko controllò fermentatore e distillatore di bordo, e decise di iniziare una nuova cotta anche se avevano ancora un bel po' di scorta.
Come diceva il compianto Renèe Vidic, il più grande fermentatore del clan, “Nessuno
nella Feccia ha mai detto “Oh, avevo troppo fermentato nei tini”.
Finiti i preparativi, l'equipaggio della Alestorm tornò a fare quello che sapeva fare meglio, ovvero bere e cazzeggiare. Ma l'atmosfera era nervosa e tutti tendevano le orecchie
spettando di sentire il segnale di una comunicazione in arrivo. Arrivò anche un nuovo
“ping”, ma servì ad allentare solo di poco la tensione per Branko.
Potevano vedere, ingrandita sugli schermi, la faccia notturna di Medina colle sue poche sparse luci ed i lampi delle Augureidi che si disintegravano nell'alta atmosfera. Uno di quei lampi poteva essere la loro zecca, ma non c'era modo di dire quale.
Poco dopo le dieci ore, il cicalino li fece correre incespicando ai loro posti: era una
brochure interattiva dei viaggi halal a Medina, ma usando la chiave fornita dal cliente il computer in pochi minuti estrasse il messaggio steganografato.
“L'AQUILA È ATTERRATA, ED HA PORTATO UN PESCE”, diceva. Ovvero, la frase in codice per conferma la ricezione del carico intatto.
“Evvai, siamo i campioni!”, esultò Branko e buttò giu la sua tazza di distillato.
Il resto dell'equipaggio lo seguì a ruota nell'esultanza, versando liquori sulle loro tute e sulle console impermebilizzate.
La pecunia, per quel primo lavoro, sarebbe stata però trasferita via Onekwa, che
ovviamente voleva la sua fetta di torta. Quello era un lavoro per Tiara, negoziare con sua zia la trattenuta. Ma poteva pure aspettare qualche ora.
Branko fece partire un'altra canzone, stesso gruppo ma con un pezzo da festa dal ritmo battente:
“I've got a hangover
I've been drinking too much for sure!”
“Ottimo lavoro Alestorm, rotta per CyberGoa! Ci aspetta un finesettimana di completo deboscio!”, ordinò contento Branko.
E tutti eseguirono l'ordine cantando in coro “I got an empty cup, pour me some more”.
Cikarang, 25 Novembre 2017.