Gruppo Consiliare Forza Italia
Consiglio regionale della Toscana TESTO SOSTITUTIVO
Proposta di Legge n. 121 Prot. n. 11279/2.6 del 15.09.2006
Testo sostitutivo PdL 121
Interventi regionali a contrasto della violenza contro le donne e i minori
Di iniziativa dei consiglieri regionali:
Anna Maria Celesti Maurizio Dinelli Rossella Angiolini Alessandro Antichi Paolo Bartolozzi Stefania Fuscagni Alberto Magnolfi Paolo Marcheschi Piero Pizzi
Angelo Pollina
Indice
Presentazione ... 4
Relazione ... 9
Art. 1 — Principi ... 11
Art. 2 — Finalità... 11
Art. 3 — Interventi regionali... 11
Art. 4 — Centri Antiviolenza ... 12
Art. 5 — Osservatorio Regionale sulla violenza alle donne ed ai minori... 12
Art. 6 — Programmi antiviolenza ... 13
Art. 7 — Finanziamento dei Centri Antiviolenza e dei Programmi Antiviolenza... 13
Art. 8 — Attività di monitoraggio... 14
Art. 9 — Cumulabilità dei finanziamenti... 14
Art. 10 — Norma finanziaria ... 14
Presentazione
I recenti fatti di cronaca, che hanno interessato anche la nostra regione, hanno rivelato che la violenza contro le donne, intesa come stupro, violenza sessuale, psichica ed economica, sia sempre più percepita dall’opinione pubblica non più solo come una violazione dei diritti delle donne bensì come un grave problema sociale e culturale.
La violenza nei confronti delle donne si configura sempre più come la conseguenza di una disuguaglianza storica tra uomini e donne nelle relazioni sociali, economiche e culturali. Si tratta di un fenomeno che incide fortemente sulla integrità psico-fisica delle donne e sulla loro dignità tanto da mettere in discussione l’articolo 3 della nostra Costituzione, il quale stabilisce che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione,opinioni politiche e condizioni personali e sociali”
Da sempre le Comunità internazionali ed in particolare l’Unione Europea sono state e sono in prima fila nella lotta a questo fenomeno. Di fatto già la Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950 dagli Stati membri del Consiglio d’Europa e successivamente la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), adottata nel 1979, hanno riconosciuto la necessità di modificare gli schemi e i modelli di comportamento socioculturale degli uomini e delle donne al fine di pervenire all’eliminazione dei pregiudizi e delle pratiche consuetudinarie basate sull’idea dell’inferiorità o della superiorità dell’uno o dell’altro sesso o di concezioni stereotipate sui ruoli maschili e femminili.
Successivamente, la Dichiarazione e il Programma d’azione di Vienna, adottati dalla Conferenza mondiale sui diritti dell’uomo nel giugno 1993, per la prima volta hanno stabilito che i diritti fondamentali delle donne fanno inalienabilmente, integralmente ed indissociabilmente parte dei diritti universali della persona, e che ogni forma di violenza, comprese quelle che sono conseguenza
di pregiudizi culturali, sono incompatibili con la dignità e il valore della persona umana.
Nel dicembre dello stesso anno, la Dichiarazione dell’Assemblea generale delle Nazione Unite sull’eliminazione della violenza nei confronti delle donne afferma che qualsiasi atto diretto, avente o suscettibile di avere come risultato un pregiudizio o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche per le donne, compresa la minaccia di tali atti, la limitazione o la privazione arbitraria della libertà sia nella vita pubblica che nella vita privata, rappresenta un vero e proprio atto di violenza nei confronti delle donne. Pertanto gli Stati sono tenuti a condannare
tutti gli atti di violenza nei confronti delle donne compreso quelli che prevedono forme di violenza fisica, sessuale e psicologica esercitata in seno alla famiglia, incluso tutte quelle pratiche tradizionali che recano pregiudizio alle donne per le quali si è soliti invocare la consuetudine o la tradizione come “attenuanti culturali”.
La Dichiarazione e il Programma d’azione della Conferenza mondiale sulle donne, adottati a Pechino il 15 settembre 1995, invitano gli Stati a promulgare e ad applicare leggi che sanzionano gli autori di pratiche e di atti di violenza nei confronti delle donne, a sostenere vigorosamente gli sforzi effettuati dalle organizzazioni non governative e dalle organizzazioni comunitarie allo scopo di sradicare la violenza contro le donne.
Recentemente la Decisione n. 803/2004 del Parlamento Europeo che istituisce un programma di azione comunitaria (2004-2008) per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e i gruppi a rischio (Programma Daphne II) stabilisce che “la violenza fisica, sessuale e psicologica contro i bambini, i giovani e le donne, ivi comprese la minaccia di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata, lede il loro diritto alla vita, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità e all'integrità fisica ed emotiva e costituisce una minaccia grave per la salute fisica e psichica delle vittime di tale violenza. Gli effetti di tali atti sono così diffusi in tutta la Comunità da costituire un'autentica minaccia
per la salute ed un ostacolo al godimento del diritto a una cittadinanza sicura, libera e giusta”.
Secondo la definizione dell'Organizzazione mondiale della sanità, la salute è uno stato di benessere fisico, mentale e sociale, e non consiste soltanto nell'assenza di malattie o infermità. Su questa base la Risoluzione adottata nel corso della 49ª Assemblea mondiale per la sanità, svoltasi a Ginevra nel 1996, dichiara che la violenza è uno dei principali problemi per la sanità pubblica nel mondo. Infine la relazione mondiale sulla violenza e la salute presentata sempre dall'Organizzazione Mondiale per la sanità il 3 ottobre 2002 a Bruxelles raccomanda di promuovere misure di prevenzione primaria, di potenziare le capacità di reagire delle vittime di atti di violenza e di migliorare la collaborazione e lo scambio di informazioni in materia di prevenzione della violenza.
Attualmente, a livello nazionale non esiste alcuna legge organica che affronti il fenomeno della violenza di genere nei suoi diversi aspetti e da fronti diversi quali l’informazione, la sensibilizzazione e la prevenzione della violenza, e gli interventi a favore e a sostegno delle vittime. Il tema della violenza nella legislazione nazionale è trattato esclusivamente sotto l’aspetto penale. La legge n. 66 del 15 febbraio 1996 “Norme contro la violenza sessuale” infatti ha rappresentato una significativa innovazione legislativa in materia di violenza sessuale in quanto qualifica la violenza contro le donne come “delitto contro la libertà personale”, innovando la precedente normativa, che collocava la violenza sessuale fra i delitti contro la moralità pubblica e il buon costume. La stessa legge, inoltre, ha reso l’opinione pubblica più sensibile nei confronti del fenomeno della violenza sessuale e ha permesso l’emanazione di sentenze più adeguate alla natura e alla gravità del problema, anche se purtroppo non sono mancati casi isolati come quello della sentenza 1.636 del 10 febbraio 1999 nella quale il tribunale incaricato dichiarò che nel caso in questione non poteva parlarsi di violenza, perché la vittima indossava un “paio di jeans”. Molto è stato fatto ma molto rimane ancora da fare ed in particolare a livello locale.
La presa di coscienza e la discussione pubblica sempre più spesso sono riuscite ad ampliare il significato della parità dei diritti e far diventare oggetto di interesse generale quelle che sembravano questioni esclusivamente private.
In Italia, analogamente ad altri paesi, la legislazione contro lo stupro da parte di un coniuge, la violenza domestica, l’abuso dei minori e le molestie sessuali nei posti di lavoro si è potuta sviluppare grazie anche all’impegno e all’attività di sensibilizzazione di gruppi di donne.
Questa proposta di legge ha dunque lo scopo di far emergere anche all’interno della comunità toscana una coscienza sociale in grado di condannare decisamente gli atti di discriminazione nei confronti delle donne che per motivi sociali non riusciranno mai ad emergere in pubblico ma che costituiscono violazioni ingiustificate dell’integrità fisica e mentale delle donne.
Tutto ciò oggi è lasciato alla sensibilità e al livello di attenzione che le istituzioni a livello locale hanno nei confronti di questo tipo di problematiche e alla tenacia con cui alcune associazioni si dedicano ad aiutare le donne che debbono affrontare esperienze di violenza, maltrattamenti ed abuso dentro e fuori la famiglia.
A fronte di questo, l’obiettivo dell’attuale disegno di legge è favorire la costituzione di una rete fra soggetti istituzionali e realtà associative e del volontariato che si occupano del sostegno alle donne vittime di violenza, al fine di creare e offrire alle donne un servizio diffuso e organico sul territorio.
Per questo è necessario mettere a disposizioni capacità e risorse per riuscire a costruire un sistema, a partire dalle reti e dai soggetti già esistenti sul territorio, che intervenga sul fenomeno della violenza, attraverso azioni diverse: di approfondimento della conoscenza del fenomeno, di monitoraggio, di prevenzione, sensibilizzazione, informazione, formazione ed interventi diretti di sostegno alle vittime.
Il sistema che si tende a costruire dovrà essere trasversale alle Istituzioni e nelle Istituzioni, e trasversale al territorio e alle realtà associative e di volontariato
Relazione
Il presente disegno di legge intende fornire un primo e fondamentale punto di riferimento per la realizzazione di interventi sociali a sostegno delle donne vittime di violenza o che subiscono minaccia di violenza o che comunque vivono in situazioni di difficoltà, in modo da consentire loro di recuperare la propria autonomia, dignità e integrità fisica e psicologica (art. 1 e 2).
In particolare, la Regione intende promuovere azioni integrate a diversi livelli, istituzionale e realtà associative già presenti e operanti sul territorio, al fine di valorizzare le esperienze e le capacità formatesi nel tempo in questo delicato settore.
A tal fine è favorita la stipula di protocolli di intesa per la concretizzazione di tali collaborazioni al fine di creare reti e sistemi articolati sul territorio (art. 3).
Gli interventi previsti riguardano, in particolare, la costituzione e il sostegno di Centri Antiviolenza che si inseriscono nell’ambito del sistema integrato dei servizi sociali di cui alla legge regionale 41/2005. Tali Centri Antiviolenza forniscono servizi di ascolto e sostegno alle vittime di violenza (art. 4).
Al fine di monitorare il fenomeno della violenza contro le donne nonché l’utilizzo e l’efficacia degli strumenti esistenti di aiuto alle vittime, viene istituito un Osservatorio regionale sulla violenza alle donne e ai minori nell’ambito dell’Osservatorio regionale Sociale di cui alla l.r. 41/2005, quale specifica Sezione di esso ( art. 5).
La Regione, prevede altresì di intervenire con specifiche risorse per favorire la realizzazione delle attività e delle iniziative di coloro che sono impegnati a combattere il fenomeno della violenza sulle donne e sui minori, attraverso contributi per specifici progetti di prevenzione o di sostegno alle vittime.
Una delle finalità ritenute prioritarie riguarda in particolare la realizzazione di “case rifugio” e “strutture alloggiative temporanee” dove le donne possano trovare un primo rifugio da situazioni di pericolo con l’obiettivo del recupero della loro autonomia e del reinserimento nella vita sociale.
Tali contributi potranno essere richiesti sia da soggetti pubblici che realtà associative o di volontariato operanti nel settore, anche congiuntamente fra loro ( art. 6). Per la parte finanziaria, gli interventi di cui al presente disegno di legge potranno trovare copertura nell’ambito del Fondo Sociale Regionale di cui alla l.r.
41/2005 nonché nell’ambito dei contributi previsti dalla l.r. 38/2001 “Interventi regionali a favore delle politiche locali per la sicurezza della Comunità Toscana”.
In entrambi i casi la Giunta regionale riserverà una specifica quota di risorse per il finanziamento dei progetti a sostegno delle donne vittime di violenza o dei progetti di prevenzione della violenza sulle donne.
E’ previsto, inoltre, che tali progetti potranno trovare sostegno anche nell’ambito delle politiche abitative della Regione ovvero attraverso risorse specificamente destinate anche per progetti a carattere sperimentale (art. 7).
Art. 1 — Principi
1. La Regione Toscana ribadisce, in armonia con le norme costituzionali e del codice penale, che la violenza fisica, sessuale e psicologica contro le donne e i minori, ivi compresa la minaccia di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata, costituisce una violazione dei diritti umani fondamentali alla vita, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità, all’integrità fisica e psichica.
2. Gli effetti di tali atti di violenza sulle donne e sui minori, di qualsiasi natura essi siano, costituiscono un’autentica minaccia per la salute ed un ostacolo al godimento del diritto di cittadinanza.
Art. 2 — Finalità
1. Con la presente legge la Regione intende offrire protezione alle donne e ai minori vittime di violenza accertata o presunta
2. La presente legge assicura alle donne e ai minori riconosciuti vittime di atti di violenza, ivi compresa la minaccia degli stessi, il diritto ad un sostegno idoneo a consentire loro di recuperare e rafforzare la propria autonomia e integrità psico-fisica nel rispetto della personale riservatezza.
3. La presente legge offre protezione a tutte le donne indipendentemente dal loro stato civile o dalla loro cittadinanza, che vivono in situazioni di disagio o difficoltà, che subiscono violenza anche sotto forma di sfruttamento e di abusi sessuali, o minaccia di violenza, dentro o fuori la famiglia.
Art. 3 — Interventi regionali
1. Al fine di favorire la realizzazione di azioni coordinate fra istituzioni e realtà associative e di volontariato presenti sul territorio, la Regione, attraverso un’attività integrata a vari livelli, promuove e coordina iniziative per prevenire e contrastare la violenza contro minori e donne.
2. La Regione, in collaborazione con gli Enti locali, riconosce e valorizza le pratiche di accoglienza autonome e autogestite avvalendosi delle esperienze e delle competenze espresse localmente dai soggetti organizzati che abbiano tra i loro scopi la lotta alla violenza sulle donne e sui minori e la sua prevenzione.
3. La Regione favorisce e sostiene attività di prevenzione, di protezione e di solidarietà alle vittime della violenza, nonché percorsi di elaborazione culturale, informazione e sensibilizzazione sul fenomeno della violenza contro le donne e i minori.
4. Per le finalità di cui alla presente legge, la Regione promuove protocolli di intesa tra gli
che opera nel campo della tutela delle donne, allo scopo di creare reti e sistemi articolati in modo equilibrato sul territorio.
5. Al fine di migliorare la comprensione del fenomeno della violenza verso le donne e i minori, di favorire l’assistenza alle vittime e di aiutare e sostenere quest’ultime nella denuncia degli episodi di violenza alle autorità competenti per consentire la repressione del fenomeno, la Regione individua percorsi formativi idonei per tutti gli operatori sociali e sanitari chiamati ad intervenire.
Art. 4 — Centri Antiviolenza
1. La Regione nell’ambito degli interventi di cui all’articolo 59 della legge regionale 24 febbraio 2005, n. 41 (Sistema integrato di interventi e servizi per la tutela dei diritti di cittadinanza sociale) promuove e sostiene la realizzazione di Centri Antiviolenza a favore delle donne vittime di violenza e sostiene altresì i centri già esistenti sul territorio.
2. I Centri Antiviolenza di cui al comma 1 possono essere costituiti da associazioni iscritte all’albo del volontariato, da organizzazioni non lucrative di utilità sociale ovvero da cooperative sociali con almeno cinque anni di esperienza nello specifico settore, anche in convenzione con Enti locali singoli o associati.
3. I Centri Antiviolenza di cui al comma 1 forniscono servizi di ascolto e di sostegno alle vittime di violenza e in particolare:
a. colloqui preliminari per individuare i bisogni e fornire le prime indicazioni utili;
b. colloqui informativi di carattere legale;
c. affiancamento, su richiesta delle vittime, nella fruizione dei servizi pubblici e privati, nel rispetto dell’identità culturale e della libertà scelta di ognuna di esse;
d. sostegno al cambiamento e al rafforzamento dell’autostima anche attraverso gruppi autocentrati;
e. percorsi personalizzati di uscita dal disagio e dalla violenza, tendenti a favorire nuovi progetti di vita e di autonomia.
4. I Centri Antiviolenza di cui al comma 1 svolgono inoltre le seguenti attività:
a. iniziative culturali e/o sociali di prevenzione, di informazione, di sensibilizzazione e di denuncia in merito al problema della violenza contro le donne e i minori, anche in collaborazione con enti, istituzioni, associazioni e privati;
b. raccolta di dati relativi all’utenza dei centri antiviolenza stessi e delle case rifugio di primo e di secondo livello di cui all’articolo 6 della presente legge.
Art. 5 — Osservatorio Regionale sulla violenza alle donne ed ai
minori
1. Nell’ambito dell’Osservatorio Sociale Regionale di cui all’articolo 40 della l.r. 41/2005 è istituita un’apposita sezione rubricata “Osservatorio Regionale sulla violenza alle donne ed ai minori”.
2. L’Osservatorio regionale effettua il monitoraggio degli episodi di violenza attraverso la raccolta, l’elaborazione e l’analisi dei dati forniti dai Centri Antiviolenza, dai servizi sociali e li analizza al fine di realizzare una sinergia tra i soggetti coinvolti con lo scopo di sviluppare la conoscenza delle problematiche relative alla violenza sulle donne e sui minori e di armonizzare le varie metodologie di intervento adottate nel territorio.
3. L’Osservatorio regionale può avvalersi degli osservatori provinciali laddove costituiti.
Art. 6 — Programmi antiviolenza
1. La Regione per le finalità della presente legge, favorisce programmi antiviolenza presentati:
a. da enti locali singoli e/o associati;
b. dai Centri Antiviolenza di cui all’articolo 4 della presente legge;
c. da associazioni femminili iscritte all’albo del volontariato, da organizzazioni non lucrative di utilità sociale ovvero da cooperative sociali che abbiano tra i propri scopi essenziali la lotta alla violenza contro le donne e i minori con almeno cinque anni di esperienza nello specifico settore;
2. I programmi antiviolenza possono essere presentati anche di concerto tra i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1.
3. I programmi possono prevedere:
a. “case rifugio” quali strutture di ospitalità temporanee, per le donne sole o con i minori che si trovano in situazioni di pericolo per l’incolumità psichica e/o fisica propria e/o dei minori, volte a garantire ai propri ospiti insieme alla residenza, in ogni caso di carattere temporaneo, un progetto personalizzato complessivo teso all’inclusione sociale degli stessi;
b. strutture alloggiative temporanee, individuali e/o collettive di II livello, nelle quali possono essere ospitate donne anche con minori che, passato il pericolo per l’incolumità propria e/o dei minori, necessitano di un periodo limitato di tempo per rientrare nella precedente abitazione o per raggiungere l’autonomia abitativa;
c. campagne di sensibilizzazione e/o di informazione sul fenomeno rivolte alla cittadinanza con particolare attenzione ai giovani e agli adolescenti.
4. L’accesso alle strutture summenzionate, può avvenire per il tramite dei Centri Antiviolenza o tramite i servizi sociali territorialmente competenti.
5. L’accesso alle case rifugio deve essere preceduto dall’adesione della donna ad un progetto personalizzato di uscita dal disagio e dalla violenza, costruito di concerto tra i centri antiviolenza e i servizi sociali, con l’obiettivo di far raggiungere alla donna una piena autonomia.
Art. 7 — Finanziamento dei Centri Antiviolenza e dei
programmi antiviolenza
1. Il Piano Integrato Sociale Regionale di cui all’articolo 27 della l.r. n. 41/2005 individua le risorse finanziarie e le modalità di finanziamento dei Centri Antiviolenza di cui all’articolo e dei programmi previsti dall’articolo 6 della presente legge.
2. La Giunta Regionale riserva annualmente una quota di finanziamento agli interventi previsti dalla presente legge con la deliberazione di cui all’articolo 6 della l.r. n. 38/2001.
3. La Regione, nella programmazione delle politiche abitative ovvero nelle sue azioni e misure attuative, individua le risorse finanziarie e le modalità di finanziamento dei programmi previsti dall’articolo 6, comma 3, lettere a) e b) della presente legge.
4. La Giunta Regionale può finanziare iniziative di rilevanza regionale anche a carattere sperimentale.
Art. 8 — Attività di monitoraggio
1. La Regione svolge un’azione di monitoraggio dell’impiego delle risorse per verificare l’andamento e la funzionalità dei Centri antiviolenza, delle case rifugio e delle strutture alloggiative temporanee, nonché l’efficacia dei programmi finanziati.
Art. 9 — Cumulabilità dei finanziamenti
1. I finanziamenti concessi con la presente legge sono cumulabili con quelli previsti da altre norme comunitarie, statali o regionali, purché non sia da queste diversamente stabilito, secondo le procedure e le modalità previste dalle norme medesime.
Art. 10 — Norma finanziaria
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede mediante apposite variazioni nello stato di previsione della spesa del bilancio per l’anno finanziario 2006:
2. Agli oneri per gli esercizi successivi si provvede con legge di bilancio.