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Capitolo III Metodi di Analisi delle Vibrazioni

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Capitolo III Metodi di Analisi delle Vibrazioni

I metodi diagnostici che fanno uso della “firma” vibrazionale sono principalmente basati sull’estrazione di caratteristiche del segnale registrato che può indicare se un componente della macchina è in buono stato o presenta un qualche difetto.

Questa analisi si fonda sul principio che tutti i sistemi producono una vibrazione che varia secondo lo stato di salute della macchina; la si può riassumere con la semplice affermazione che se la macchina lavora in regime stazionario, lontano da risonanze, con tutte le sue componenti pienamente funzionanti le vibrazioni sono di ampiezza “piccola” e costanti nel tempo, mentre all’insorgere di qualche difetto o se qualche processo dinamico della macchina cambia, anche lo spettro delle vibrazioni cambia a sua volta.

Si è mostrato come ogni volta che sopra un difetto localizzato di un cuscinetto evolvente passa uno degli elementi volventi si genera un impulso, e che tale impulso é legato alla posizione del difetto e alla sua severità.

I numerosi metodi diagnostici sviluppati per tale tipo di ricerca e identificazione dei difetti sono essenzialmente basati sulla registrazione e quantificazione dei segnali provenienti dal cuscinetto e li possiamo dividere in quattro classi principali:

 Metodi statistici

 Analisi nel dominio del tempo e delle frequenze

 Filtraggio adattivo del rumore (ANC)

 Reti neurali di ricerca

L’analisi dei cuscinetti potrebbe essere facilitata utilizzando una procedura di

identificazione delle frequenze caratteristiche di un difetto e loro armoniche, calcolando la

somma e la differenza di esse, e considerando dello spettro solo i picchi prodotti a queste

frequenze. Ma generalmente questa procedura ha un uso limitato in quanto, come gia

accennato in precedenza, la contaminazione dei segnali provenienti dal resto della macchina

riduce enormemente l’affidabilità dei rilievi.

(2)

2 Numerose e varie sono le tecniche per analizzare i segnali implementate per la diagnosi vibrazionale dei cuscinetti di macchine rotanti in genere, ma con l’evolversi della tecnica alcune risultano oramai superate o poco usate.

Si riportano quelle più utilizzate con una breve descrizione di come funzionano e del perché non utilizzate nel nostro lavoro.

 Metodo delle Frequenze: Analisi Spettrale (FFT), Analisi dell’Inviluppo ( Demodulazione di ampiezza), Analisi cepstrum.

 Metodi Statistici : valore RMS, Livelli Globali, Valore di Picco, Fattore di Picco, Kurtosis e test di accettabilità della macchina: Defect Factor, Tecnologia SEE, Gse, etc

 Metodi di Filtraggio : applicati al segnale nel suo dominio del tempo, consistono essenzialmente nel filtrare con filtri passa alto, passa basso e/o passabanda per arrivare ad una “pulizia” del segnale, attraverso una sottrazione spettrale in un ben determinato range di frequenze, andando successivamente alla ricerca di componenti periodiche o cercando picchi caratteristici nel segnale pulito nel dominio delle frequenze.

3.1 Metodi Statistici

3.1.1 Livelli globali

Questi indicatori sono facili da utilizzare per il monitoraggio in generale dell’usura

dei cuscinetti a rotolamento con velocità di rotazione maggiori di 300 rpm. Il metodo

fornisce una rappresentazione semplice ed intuitiva dell’energia della vibrazione o del

rumore del cuscinetto ( se si tocca con la mano il supporto del cuscinetto si ha la

sensazione dell’entità in gioco ma solo nel dominio delle basse e medie frequenze). Il

rumore generato dagli elementi rotanti del cuscinetto è situato nel dominio delle alte

frequenze, tipicamente da 3000 a 20.000 Hz.

(3)

3 Figura 3.1 Differenza tra cuscinetto sano ed usurato

E’ possibile osservare, in Figura 3.1, l’incremento del rumore generato dal cuscinetto con l’innesco di un processo di usura (traccia blu) rispetto al cuscinetto nuovo (traccia rossa). L’uso del parametro accelerazione, proveniente da un sensore accelerometrico, è ottimale per una corretta misura della vibrazione fino a 20 kHz per la precisione con la quale è possibile indagare a quelle frequenze.

Il valore globale dell’accelerazione, inteso come il valore assoluto dell’accelerazione, dipende dal carico, dalla lubrificazione e dalla velocità di rotazione delle macchine. Di conseguenza le soglie di severità devono essere fissate per ogni velocità di rotazione e per ogni carico.

Purtroppo le cricche a fatica ( area II della Figura 2.6) non producono, di norma energia sufficiente per essere facilmente diagnosticate nello spettro del rumore del cuscinetto

3.1.2 Defect factor

Al fine di migliorare la capacità di diagnosi dell’indicatore accelerazione globale che non sempre pone in evidenza i difetti associati all’area II (cricche a fatica) è stato sviluppato, dalla 01db-Stell s.p.a. in collaborazione con EDF (produttore di energia elettrica francese) un metodo che aiuta a mettere in evidenza i difetti dei cuscinetti allo stato iniziale e rileva il rumore generato dai processi di usura.

Il Defect Factor è un indicatore che combina il valore di picco (gli impulsi generati dalle cricche) con il valore efficace globale dell’accelerazione

F

D

= a — F

C

+ b — A

RMS C C

RMS

F A

= A (3.1)

(4)

4 dove: A

C

è il valore di picco;

A

RMS

è il livello di rms ( 3-20 kHz)

a e b sono coefficienti specifici ricavati da test effettuati su più di 2000 cuscinetti.

Le più importanti caratteristiche del parametro Defect Factor sono:

 Facilità di utilizzo

 Monitoraggio esteso dalle cricche ai processi di usura in genere

 Una sola scala di valutazione indipendente dalla velocità di rotazione

Questo specifico indicatore, avente una sola scala di valutazione indipendente dalla velocità di rotazione, può essere applicato a motori, pompe e ventilatori. Il Defect Factor mette in evidenza gli effetti delle cricche a fatica e delle usure estese degli elementi rotanti ma esso non è affidabile alle basse velocità di rotazione.

3.1.3 Il Valore RMS

In matematica con una denominazione inglese, root mean square, è anche conosciuto come media quadratica, è una misura statistica della magnitudo di una grandezza, nel nostro caso le grandezze di riferimento sono i valori di picco del segnale.

Il valore efficace di una grandezza equivale a quel valore che in regime di tensione continua svilupperebbe la stessa potenza. Un segnale variabile periodico infatti non ha un valore definito di tensione o corrente come nel caso della corrente continua, ma varia istante per istante.

Ad esempio sottoponendo un resistore a una corrente alternata di 34 Vpp (cioe' di forma d'onda sinusoidale variabile in ampiezza fra +17 e -17 V) svilupperebbero gli stessi effetti di riscaldamento come se fosse sottoposto a una tensione continua di 12 V.

L'algoritmo di calcolo infatti è il seguente:

1. Il segnale viene campionato istante per istante per tutta la durata di un periodo.

Maggiore è il numero di valori acquisiti nel tempo, migliore è la precisione del risultato;

2. Ciascun valore è elevato al quadrato. Questo comporta la perdita di segno dei valori negativi;

3. Viene calcolata la media dei precedenti dati;

4. Il valore efficace è dato dalla radice quadrata della media precedentemente calcolata.

Formalmente, data una serie di valori N {x

1

, x

2

, ..., x

N

} si ha:

(5)

5 (3.2)

Per la semplicità d’uso, esistono in commercio anche degli strumenti che calcolano l’ rms in tempo reale. Tale valore, o più precisamente una sua variazione nel tempo, si rivela molto utile nell’indicare lo stato di funzionamento di un sistema. Nel caso di cuscinetti l’aumento nel tempo dell’rms del segnale registrato, è da considerasi un valido campanello d’allarme del possibile insorgere di difetti interni.

3.1.4 Metodo del fattore di Cresta

Si basa sulla determinazione del rapporto del valore di picco ed il valore efficace del segnale a larga banda ( il valore di rms) generato dai trasduttori di segnale.

Figura 3.2 Esempi di come calcolare il “Crest Factor”

RMS peak

X

C = X (3.3)

Un aumento del valore del fattore di cresta indica l’aggravarsi del difetto. In realtà

più difetti contemporanei possono generare un segnale il cui valore efficace cresce più

rapidamente del valore di picco, di conseguenza il fattore di cresta può diminuire

all’aggravarsi del difetto. Per questo motivo non è stato opportuno utilizzarlo nelle nostre

(6)

6 indagini che hanno riguardato anche la ricerca di più difetti presenti sia in entrambi i cuscinetti che sullo stesso cuscinetto

3.1.5 Kurtosis

E’ un indicatore statistico che permette di definire il carattere impulsivo di un segnale. Trattasi di un parametro adimensionale che caratterizza l’appiattimento della densità di probabilità del segnale. Esso corrisponde a un momento del quarto ordine:

4

1

) (

1 ∑

=

 

 

 −

=

N

i

i x Kurt N

σ

µ (3.4)

 µ rappresenta la media, momento del primo ordine

 σ rappresenta lo scarto tipo, momento del secondo ordine

 Nel caso di un segnale centrato (a media nulla) lo scarto tipo tende al valore efficace o valore rms

Figura 3.3 Distribuzione di densità e valore di Kurtosis

In Figura 3.3 vengono comparate le distribuzioni di densità calcolate su diverse curve parametriche. Tutte le densità considerate sono unimodali e simmetriche e tutte hanno media e dissimetria pari a zero. I parametri sono stati scelti affinché la varianza di ogni curva fosse pari ad 1.

♦ D: distribuzione di Laplace, Kurtosis=3

♦ S: distribuzione della secante iperbolica, Kurtosis=2

(7)

7

♦ L: distribuzione logistica, Kurtosis= 1,2

♦ N: distribuzione normale, Kurtosis=0

♦ C: distribuzione del coseno rialzato, Kurtosis=-0,593762…

♦ W: distribuzione semicircolare di Wingner, Kurtosis=-1

♦ U: distribuzione uniforme, kurtosis=-1,2

Figura 3.4 Sensibilità del Kurtosis

La Figura 3.4 mette in evidenza la grande sensibilità del Kurtosis agli impulsi. Esso è particolarmente indicato per la sorveglianza dei cuscinetti di rotolamento là dove le tecniche di analisi in frequenza mostrano i loro limiti. Molto usato anche per la rilevazione di impulsi non periodici (Figura 3.5).

Figura 3.5 Esempi di calcolo del Kurtosis

(8)

8 Nella pratica il Kurtosis è sovente calcolato dopo il filtraggio del segnale, e si possono avere valori superiori a 100 soprattutto quando la banda di frequenza scelta per il calcolo coincide con la risonanza della struttura.

Analogamente al fattore di cresta, presenta la caratteristica di diminuire quando i difetti divengono molto importanti. Pertanto è raccomandato l’utilizzo in parallelo al valore rms del segnale. Il valore fornito dal calcolo potrebbe indurre a grossolani errori di interpretazione del segnale.

Si prenda la Figura 3.6 e la corrispondente Tabella.3.1

Fugura 3.6 Variazione di Kurtosis nel tempo- segnale

Tabella 3.1 Valori di Kurtosis

In presenza di un segnale aleatorio, in corrispondenza di un impulso ad elevata intensità il valore del Kurtosis crescerà bruscamente e anche in assenza di impulsi successivi il valore continuerà a crescere progressivamente sino al termine della misura.

La difficoltà nell’uso del Kurtosis risiede fondamentalmente nella corretta selezione del range di frequenza per il calcolo e deve essere convalidato attraverso una verifica di congruenza con il valore globale di accelerazione. Per questi motivi si è deciso di non procedere all’uso di questa metodologia nel nostro lavoro

Durata Valore rms Kurtosis

1 15 mg 2.3

2 120 mg 24

3 74 mg 62

4 102 mg 39

(9)

9

3.2 Metodi delle Frequenze

3.2.1 Concatenazione dello spettro

La concatenazione consente di fondere in un unico spettro tutti gli spettri acquisiti nello stesso punto di misura ma con diversi range di frequenza.

Ad esempio per un determinato punto di misura possono essere acquisiti i seguenti spettri:

• 0-200 Hz, n. 800 linee per il campo di bassa frequenza con risoluzione di 0,25 Hz

• 0-2000 Hz, n. 800 linee per il campo a media frequenza con risoluzione di 2,5 Hz

• 0-20000 hz, n. 800 linee per il campo ad alta frequenza con risoluzione di 25 Hz Successivamente un software appositamente sviluppato provvede alla ricostruzione dello spettro integrale del segnale registrato, il risultato di tale operazione è riportato nella seguente figura.

Figura 3.7 Rappresentazione di spettro concatenato in scala logaritmica

I vantaggi della concatenazione degli spettri sono numerosi:

• Possibilità di rappresentare il comportamento della macchina con una sola

“segnature” anziché tre spettri distinti. Questa caratteristica porta ad un notevole

(10)

10 risparmio di tempo nelle analisi, specialmente quando occorre confrontare il comportamento della stessa macchina a diversi inetrvalli di tempo;

• Disponibilità di un unico grafico con un esteso range di frequenze ed una elevata risoluzione nei diversi range. Quindi con più possibilita di analizzare ed individuare le frequenze caratteristiche delle macchine

• Le analisi in frequenza con la funzione spettro concatnato consentano un risparmio di memoria sul computer e sulla scheda di acquisizione dei dati poiché non c’è la necessità di misurare spettri ad alta frequenza con un elevato numero di linee Tale metodo è in grado di fornire tutte le informazioni sulle vibrazioni della macchina.

Attraverso funzioni di ricerca automatica delle frequenze dei difetti, ricorrenze delle armoniche e delle bande laterali è possibile individuare i difetti dei cuscinetti a partire dallo stadio primitivo di evoluzione.

3.2.2 Spectrum envelope

L’inviluppo spettrale è utilizzato per individuare le frequenze dei difetti. L’inviluppo spettrale è una tecnica adatta a rilevare segnali di tipo ripetitivo, come quelli tipici di un cuscinetto con danneggiamento a fatica dei suoi componenti. L’impulso di energia prodotto dall’impatto tra un corpo volvente e una cricca può non essere in grado di produrre vibrazioni nel cuscinetto, ma è sufficiente per eccitare le sue risonanze e quelle delle parti del macchinario a esso collegate, cioè i supporti. La risposta del cuscinetto è di norma situata nel campo delle alte frequenze. Più profonda è la cricca, più intensa è l’energia di eccitazione e quindi più elevata è l’ampiezza del segnale di vibrazione. Di conseguenza, il segnale è simile a una modulazione di ampiezza (Amplitude Modulation, AM) nella quale le risonanze strutturali possono essere considerate la portante. In realtà non si tratta di una vera e propria modulazione di ampiezza in quanto la portante è un rumore di fondo e non una sinusoide; è dimostrato che la differenza, legata a una differenza di fase nella frequenza portante, è minima e trascurabile ai fini dell’analisi di vibrazione del cuscinetto.

Il segnale modulato ha espressione:

( ) (

p m

( )

m

) ( )

p p

( )

p p

( )

m

( )

p

v t = A + A cos ω t ⋅ cos ω t = A cos ω t + mA cos ω t cos ω t (3.5) dove A cos

p

( ) ω

p

t è la portante, A cos

m

( ) ω

m

t la modulante,

m

p

m A

= A l’indice (o

profondità) di modulazione, le pulsazioni ω

m

< ω

p

e le ampiezze A

m

<< A

p

.

(11)

11 La AM è quindi l’operazione mediante la quale si fa variare l’ampiezza della portante proporzionalmente al valore istantaneo della modulante. Il segnale modulato in ampiezza ha frequenza pari a quella della portante e ampiezza variabile, intorno al valore medio A

p

, con legge A cos

m

( ) ω

m

t .Applicando alla (3.5) la formula di prostaferesi di Werner si ottiene:

( )

p

( )

p

A

p

( (

p m

) ) A

p

( (

p m

) )

v t = A cos ω t + m cos ω ω + t + m cos ω ω − t

2 2 (3.6)

Dalla (3.6) si evince che il segnale modulato è la somma di tre segnali sinusoidali di ampiezza

costante: la portante A cos

p

( ) ω

p

t , il laterale superiore m A 2

p

cos ( ( ω ω

p

+

m

) t ) e il laterale

inferiore m A 2

p

cos ( ( ω ω

p

m

) t ) (Figura 3.8a/b).

Nel segnale modulato, quindi, la portante è affiancata da due componenti disposte simmetricamente a una distanza corrispondente alla frequenza della modulante e con ampiezza dimezzata rispetto alla modulante. Effettuare la AM significa, in altre parole, traslare il segnale modulante intorno alla frequenza della portante e dimezzarne l’ampiezza.

I segnali laterali hanno in sé gli elementi caratteristici dell’onda modulante: ampiezza e frequenza.

Nel monitoraggio dei cuscinetti, assumendo la corrispondente portante come le risonanze strutturali e/o del cuscinetto e modulante come frequenza del difetto, demodulando il segnale, si separa la modulante dalla portante. Si può risalire al tipo di danneggiamento presente in base alla frequenza di ripetizione

della modulante.

Si consideri un segnale generico. Il segnale modulato è interpretabile come fasore rotante a velocità costante, di ampiezza variabile sinusoidalmente con la modulazione applicata.

Si consideri ora un segnale sperimentale acquisito strumentando il supporto di un cuscinetto volvente. La procedura sviluppata per indagare i difetti del cuscinetto, e applicata sperimentalmente ai segnali acquisiti sul banco prova, consiste in diversi passi.

Come primo passo, il segnale acquisito viene filtrato con un filtro passa-banda. Il

filtraggio depura il segnale dalle componenti di media e bassa frequenza, relative alla

(12)

12 rotazione dell’albero e al rumore, caratterizzate da un’ampiezza elevata, e che tendono a mascherare le componenti relative al cuscinetto.

Il segnale filtrato viene quindi demodulato,in modo digitale, mediante trasformata di Hilbert. Applicando quindi un cambiamento di coordinate da cartesiane a polari si calcola l’ampiezza istantanea del segnale demodulato, e perciò privato della portante, pari alla lunghezza istantanea del fasore. Il segnale ottenuto contiene gli impulsi dei difetti e un rumore di fondo residuo di entità molto inferiore agli impulsi (rapporto segnale/rumore elevato).

Figura 3.8a Segnale modulante Figura 3.8b Segnale portante e segnale modulato

La trasformata di Fourier del segnale così trattato consente infine di evidenziare i picchi alle frequenze dei difetti e le relative armoniche. La procedura è riassunta nei seguenti passi:

1. Acquisizione del segnale v(t )

2. Trasformata di Fourier v t ( ) 

FFT

V f ( )

3. Filtraggio nella banda d’interesse V f ( ) 

BPF

X f ( )

4. Anti-trasformata di Fourier X f ( ) →

A FFT

x t ( )

5. Trasformata di Hilbert x t ( ) →

HT

x t ˆ ( ) = H x t { } ( ) = π 1

−∞

x t ( ) τ τ τ d

6. Calcolo del modulo a( t ) = x

2

+ x ˆ

2

7. Trasformata di Fourier a( t ) 

FFT

→ A( f )

(13)

13 Il metodo fornisce buoni risultati per il 90% dei casi analizzati e non lavora correttamente per il restante 10% dei casi a causa di:

 errato filtraggio dell’area di calcolo;

 numero insufficiente di impulsi in alta frequenza.;

Questo è possibile però solo se siamo in presenza di un ottimo rapporto segnale/rumore.

Il rumore è quella porzione di segnale indesiderata e distruttiva ai fini del trasporto delle informazioni che va ad aggiungersi al segnale utile. La sua presenza è dovuta a disturbi che possono generarsi all'interno del sistema o che provengono dall'esterno dello stesso, la natura del rumore è quindi molto varia come ampiezza e spettro e a volte non prevedibile.

3.2.2.1 Rapporto segnale rumore S/N o SNR

Il livello di rumore presente rispetto al segnale utile generalmente si indica con il seguente indice: Rapporto segnale rumore

Il rapporto Segnale Rumore (Signal to Noise Ratio) viene così definito

N N

n n

n n

k z s %

= =

= ∑ ∑ ∗

1 1

100

N N

n n

n n

k log z s

= =

 

= ∗    

 ∑

2

2

10

1 1

10 (3.7)

Entrambi, rumore e segnale vengono misurati con il sistema della banda passante e naturalmente si deve cercare di registrarli contemporaneamente con due canali separati

Nell’esempio di seguito (Figura 3.9) possiamo vedere il segnale proveniente da un

cuscinetto appositamente danneggiato sull’anello interno, e filtrato con la tecnica

dell’inviluppo, nell’esempio riportato il segnale viene raccolto da due canali, due

accelerometri posizionati in posizione diverse e con diverso metodo di aggancio alla

struttura, il primo tramite filettatura e il secondo con basetta magnetica.

(14)

14 Figura 3.9 Cuscinetto con difetto sulla pista interna, metodo dell’inviluppo spettrale

Nell’esempio successivo (Figura 3.10) si riporta l’andamento nel tempo di un segnale demodulato proveniente da un cuscinetto con un difetto sull’anello esterno

Figura 3.10 Cuscinetto con difetto sull’anello esterno, metodo dell’inviluppo spettrale

(15)

15 3.2.3 Metodi indiretti

L’analisi delle scatole ingranaggi, attraverso l’elaborazione delle frequenze di ingranamento, può fornire informazioni complementari sui meccanismi di usura dei cuscinetti. In particolare, attorno alla frequenza di ingranamento, si manifestano le componenti della modulazione sotto forma di side-bands, soprattutto quando il gioco del cuscinetto diventa importante. I risultati delle diagnosi migliorano quando si prende in considerazione la struttura meccanica nella sua interezza.

3.3 Osservazione

Naturalmente le tecniche di diagnosi sono molte di più e tutte funzionano perfettamente per sistemi semplici in un determinato range di frequenze, dove gli effetti delle vibrazioni indotte dal cuscinetto sono predominanti su tutti gli altri meccanismi o in prove di laboratorio.

Purtroppo questo non accade quasi mai con sistemi meccanici più complessi, come ad

esempio le gearbox di elicotteri o negli alberi di trasmissione dei turboreattori, dove la

presenza di molti elementi rotanti ognuno con la sua frequenza di ingranamento e/o di

rotazione e relative armoniche viene a creare una babele di segnali nella quale le tecniche sia

di analisi statistica che di analisi nel dominio del tempo o della frequenza perdono

rapidamente efficacia

(16)

16

Capitolo IV Tecnica di de-noising mista

4.1 Limiti dei metodi tradizionali

Purtroppo nessuno dei vari metodi illustrati nel capitolo precedente è stato in grado di mostrarsi il più affidabile e infallibile nella diagnosi precoce di un difetto di un cuscinetto. Una delle cause principali è da imputare al basso rapporto segnale /rumore, il segnale impulsivo é più difficile da estrarre quando i cuscinetti stanno girando inseriti in sistemi meccanici complessi.

Si può riconoscere in Figura 4.1 il tipico andamento, nel dominio del tempo, di un segnale rappresentante un difetto nel cuscinetto, ma d’altra parte anche nel segnale del cuscinetto riportato in Figura 4.2 è presente l’informazione della presenza di un difetto sull’anello esterno.

Figura 4.1 Tipico segnale nel dominio del tempo di cuscinetto difettoso

(17)

17 Figura 4.2 Tipico spettro nel dominio delle frequenze di un cuscinetto con difetto

Il difetto non è quindi facilmente identificabile sia con una rappresentazione del segnale nel dominio del tempo per l’eccessivo rumore che spesso circonda il cuscinetto o anche perché l’accelerometro non è sempre posto in posizione ottimale per la registrazione del segnale proveniente dal cuscinetto sotto esame.

Ma anche con una sua rappresentazione nel dominio delle frequenze il problema può rimanere insoluto, questo perché il segnale della vibrazione del cuscinetto include ed è a sua volta incluso nel background della vibrazione associata alla rotazione del cuscinetto integro ed il rumore proveniente dalle vibrazioni di tutta la machina che gli sta intorno.

Quindi facilmente potrebbe passare inosservata una frequenza indicante un danneggiamento incipiente sull’anello esterno come su di un volvente perché coperta da picchi vibrazionali provenienti dai sistemi circondanti il cuscinetto.

Si riscontra una ulteriore limitazione nei metodi che fanno uso della trasformata di Fourier del segnale registrato, tale limite è dato dalla composizione stessa del segnale registrato e da come è formulata la stessa trasformata di Fourier.

Infatti in caso di uso di FFT l’analisi è fortemente limitata per la natura stessa del segnale prodotto dal difetto. I segnali provenienti da un cuscinetto rotante sono spesso non stazionari e rappresentano un processo non lineare e l’ampiezza delle loro frequenze cambierà con il tempo mentre l’analisi di Fourier è più efficace con segnali periodici o stazionari.

Inoltre per cause concernenti la dinamica del sistema, la natura elastica dei corpi e le forze

inerziali interessate si potrebbe presentare una modulazione del segnale che viene registrato. Tale

(18)

18 modulazione nel segnale, se presente, altera lo spettro delle frequenze mostrando un grafico della FFT di difficile interpretazione.

4.2 Implementazioni di Tecniche Miste

Trovano sempre maggior applicazione nei sistemi di monitoraggio ed elaborazione dei segnali di sistemi complessi tecniche miste che riuniscono più metodi anche molto diversi tra di loro ma ognuno con una sua particolare specificità che viene impiegata per eliminare solo una parte del rumore presente lasciando il resto del lavoro ad altri metodi più efficienti. L’uso di tali sistemi si è mostrato molto più adatto anche fuori dall’ambito di sola sperimentazione da laboratori.

Il lavoro di questa tesi si è quindi rivolto alla ricerca di quei metodi che combinati opportunamente o applicati in tempi diversi riuscissero a dare risultati ottimali. Si è cercato di variare il più possibile le condizioni di prova e il tipo di danneggiamento da ricercare, con un occhio rivolto alla ricreazione di ambienti di prova il più possibile aderenti alla realtà operativa del cuscinetto.

4.3 Le tecniche scelte

All’inizio del lavoro di sperimentazione la scelta di quali metodi potessero presentare buone possibilità nel risolvere il problema è caduta sull’uso dei Filtri Adattivi e sul de-noising tramite le Wavelet.

Entrambe le tecniche sono di recente utilizzo, favorite dallo sviluppo, implementazione e potenziamento delle componenti informatiche, sia software che hardware, in questo ambiente di lavoro ed analisi. Inoltre entrambe sembrano mostrare la necessaria flessibilità per poter adattarsi a condizioni di test diverse che si possono realizzare in un laboratorio o incontrare sul campo operativo.

Si è considerato il segnale vibratorio registrato in prossimità di un cuscinetto danneggiato come composto da tre parti principali:

1. il segnale vibratorio generato da tutte le altre componenti del sistema macchina 2. il segnale vibratorio che normalmente il cuscinetto produce

3. il segnale vibratorio prodotto dalla presenza di un eventuale difetto del cuscinetto

In breve, diciamo che l’uso di un filtraggio con filtri adattivi viene applicato per rimuovere

soprattutto il segnale proveniente dalle altre componenti rotanti o comunque rumorose della macchina.

(19)

19 Si presuppone che il sistema di analisi abbia in memoria la firma base del rumore della macchina in perfette condizioni di funzionamento, ad esempio presa all’atto dell’installazione con tutti i suoi componenti nuovi, considerando che qualsiasi allontanamento sensibile da quella condizione comporti un qualche deterioramento del sistema macchina.

Per le vibrazioni dovute alla normale rotazione di un cuscinetto che sono più difficili da filtrare di quelle provenienti dall’ambiente circostante perché più intimamente connesse con il segnale proveniente da un difetto e generalmente associate a componenti impulsive non stazionarie nel tempo, si è invece pensato di ricorrere all’uso di un de-noising tramite le wavelet, operando così una rifinitura al segnale filtrato che dovrebbe portare un operatore anche poco esperto alla possibilità di riconoscere la presenza di un difetto.

Uno schema generale del concetto di analisi di de-noising mista è rappresentato in Figura 4.3: si vede la divisione dei compiti tra il filtro adattivo che per primo interviene sul segnale in ingresso lo filtra avendo o in ingresso il rumore generato dalla macchina o prelevandolo dalla sua memoria e successivamente di un filtraggio basato sulle wavelet.

Figura 4.3 Schema di de-noising mista

Estremizzando il risultato da ottenere si può dire che tale tecnica consiste sostanzialmente nel

cercare di aumentare il più possibile il rapporto segnale/rumore, S/N, quando il segnale che interessa è

fortemente contaminato da rumore, e per forte contaminazione si intende valori di tale rapporto tra il

65% e 85%. Per valori superiori si hanno normalmente grandi problemi di individuazione di

componenti anche se periodiche che caratterizzano un difetto.

(20)

20 Il risultato a cui si è giunti, e soprattutto i metodi che alla fine sono risultati più idonei per portare a termine il lavoro, é la somma della esperienza fatta direttamente in laboratorio con i problemi incontrati durante le varie fasi degli esperimenti e la ricerca della loro soluzione nel migliore dei modi possibile.

4.4 Il Filtraggio Adattivo

Gli approcci tradizionali per il controllo e la soppressione del rumore utilizzando tecniche passive, molto utili per attenuazioni su ampi range frequenziali, presentano però, svantaggi concernenti gli alti costi realizzativi e la loro scarsa efficienza se costretti a lavorare per bassi valori di frequenza.

Per questo motivo nelle moderne applicazioni di “signal processing” ci si è indirizzati verso un sempre più ampio utilizzo dei filtri digitali.

Questi oggetti vengono impiegati per l’ottenimento delle caratteristiche spettrali di un segnale, per tagliare le eventuali componenti indesiderate del segnale o per ridurre il bit-rate nella sua trasmissione.

Un filtro adattivo è un filtro che presenta la possibilità di aggiornare i propri coefficienti secondo una certa tipologia di algoritmo allo scopo di ottimizzare la risposta del filtro stesso seguendo il criterio di resa desiderato.

In generale i filtri adattivi consistono di due parti fondamentali:

 Il filtro che applica il criterio di filtraggio richiesto al segnale che ad esso giunge

 L’algoritmo di adattamento che aggiusta i coefficienti del filtro per migliorarne il rendimento

4.5 Filtri Adattivi

I filtri sono dispositivi comunemente usati in tutti gli apparati e sistemi dove si vuole che il transito dei segnali non desiderati subisca la massima attenuazione possibile ( banda di arresto) ed i segnali voluti abbiano una minore attenuazione possibile (banda passante).

In base alla posizione sull’asse delle frequenze della banda di arresto rispetto alla banda passante otteniamo filtri di tipo: passa-basso, passa-alto, passa-banda e elimina-banda.

I filtri FIR a risposta impulsiva finita ed i filtri IIR a risposta impulsiva infinita sono ottenuti

pesando e sommando opportunamente gli echi, ritardati da celle di ritardo, del segnale d’ingresso.

(21)

21 Essi iniziano a trovare impiego, prendendo il nome di filtri digitali, come unica soluzione senza valide alternative per la sagomatura del canale a metà degli anni settanta, sui sistemi di modulazione/demodulazione digitali ( in particolar modo i FIR).

Nella scelta del tipo di filtro da utilizzare viene comunque preferito il filtro FIR al filtro IIR:

questo perché nonostante richieda il calcolo di più coefficienti, assicura la stabilità e quindi rende gli algoritmi di adattamento di più semplice realizzazione.

Da ormai un decennio, con la tecnologia DSP (Digital Signal Processing), i filtri digitali si sono imposti come soluzione ideale a problematiche applicative di media ed elevata complessità nella maggior parte dei campi tecnici. L’analisi e la sintesi dei segnali vocali, l’elaborazione delle immagini, la strumentazione medicale e di laboratorio e il monitoraggio di macchinari sono solo alcune delle applicazioni dei filtri digitali.

In un filtro trasversale di ordine N, come ben rappresentato nella figura che segue, ad ogni istante di tempo n, il campione di uscita y[n] corrispondente è ottenuto come somma pesata dei campioni d’ingresso nell’istante sotto analisi e di quelli precedenti x[n], x[n-1], ….

[ ] [ ]

[ ]

k *

y n = ∑ c k n x n k ⋅ ⋅ − k=0, …., N-1; (4.1)

Figura 4.4 Schema a blocchi di un filtro FIR di ordine N

Nella formula, c k n

[ ] sono i coefficienti del filtro, tempo dipendenti ( si è visualizzata la loro rappresentazione complessa e coniugata in modo che l’algoritmo di adattamento derivato possa in caso di necessità essere applicabile anche a segnali nel dominio dei numeri complessi).

L’equazione precedente, riscritta in termini vettoriali, assume la forma:

y = c

H

x (4.2)

(22)

22 Sia c] che x[n] sono vettori colonna di lunghezza N, c [n]=(c*) [n] è l’hermitiano del vettore c[n] ( ogni elemento è coniugato e il vettore colonna è trasposto in un vettore riga).

Nel caso particolare in cui i coefficienti c[n] siano indipendenti dal tempo (c[n]=c), la struttura del filtro trasversale rappresenta un filtro FIR di ordine N.

4.6 L’algoritmo LMS

Una volta caratterizzato il filtro da utilizzare restano da calcolare iterativamente i suoi coefficienti.

Figura 4.5 Schema completo di filtro adattivo

Un metodo per ottenere in uscita un segnale che risulti il più simile possibile a quello desiderato è quello di minimizzare l’errore tra i due. Dallo schema presentato in figura ricaviamo:

e[n]=d[n]-y[n] (4.3)

dove y[n] è il segnale che esce dal filtro mentre d[n] è il segnale del rumore.

Se e[n]=0, allora la relazione diviene

d[n]=y[n] (4.4)

Ridurre l’errore a zero è tuttavia impossibile, ma è possibile avvicinarsi a tale valore con ottima

approssimazione attraverso appositi algoritmi di minimizzazione dell’errore quadratico medio quali

MMSE, LMS, NLMS, RLS.

(23)

23 L’algoritmo LMS (Least Mean Squares) insieme alle sue numerose varianti, così come RLS (Recursive Mean Squares), appartiene a quella categoria di algoritmi cosiddetti “a discesa di gradiente”, i quali fanno uso di una stima istantanea del vettore gradiente di una certa funzione costo.

L’operazione di filtraggio realizzata può essere interpretata come un tentativo di approssimare la funzione che ne descrive la superficie nello spazio dei pesi. Nel caso questa superficie presenti più di un minimo un algoritmo del tipo gradient descent può condurre ad una soluzione corrispondente ad un minimo locale della funzione in esame.

Nel caso particolare di realizzazione del filtraggio con metodi lineari (ad esempio mediante filtri FIR), l’errore risultante dall’operazione di sottrazione tra il segnale desiderato e l’uscita del sistema presenta un andamento parabolico nello spazio descritto dai coefficienti del filtro (pesi).

In questo modo, se immaginiamo di muoverci sulla parabola descritta al variare dei pesi fino ad ottenere il minimo errore possibile, possiamo sfruttare l’informazione data dal suo gradiente lungo tale superficie.

La stima del gradiente è basata su valori dei segnali d’ingresso e di errore. L’algoritmo non fa altro che iterare per ogni coefficiente del filtro lavorando nella direzione del gradiente approssimato.

Per implementare tale algoritmo risulta utile la conoscenza di un segnale di riferimento d[n], che rappresenterà l’uscita desiderata del filtro, nel nostro caso il rumore proveniente dalla macchina.

La differenza, invece, tra segnale di riferimento e l’uscita del filtro nell’istante temporale sotto analisi, y[n],come affermato in precedenza, costituirà il segnale di errore:

e[n]=d[n]-c

H

[n]— x[n] (4.5)

Figura 4.6 Schema a blocchi di sistema di filtraggio adattivo tramite algoritmo LMS

(24)

24 Il fine ultimo della metodologia consiste nella ricerca del set di coefficienti che minimizzano il valore atteso del segnale di errore per ottenere l’errore medio ai minimi quadrati. L’errore quadratico medio e il suo valore di aspettazione sono dati da:

e

2

=(d-c

H

x)

2

=d

2

-2dc

H

x+c

H

xx

H

c (4.6) E[e

2

]=E[d

2

]-E[2dc

H

x]+E[c

H

xx

H

c]=E[d

2

]-2c

H

E[dx]+c

H

E[xx

H

]c (4.7)

La tecnica che fa uso dell’approccio a discesa di gradiente richiede di muoversi sulla superficie di errore descritta dai pesi nell’istante in analisi, in direzione dei valori negativi di gradiente della funzione di costo J=E[e

2

], calcolato rispetto al valore dei coefficienti:

V

c

J=2— E[d— x]-2E[x— x

H

] — c (4.9)

dove V

c

indica l’operatore differenziale rispetto al vettore c:

V

c

=[ j/j c

1

, j/j c

2

, …, j/j c

d

]

T

(4.10)

I valori attesi nell’equazione sopra scritta, E[d·x]=p, vettore di cross-relazione tra il segnale di uscita desiderato e il vettore d’ingresso rappresentante i coefficienti (taps) del filtro, ed il valore di E[x·x

H

]=R, matrice di auto-correlazione d’ingresso, vengono in generale stimati tramite un gran numero di campioni prelevati da d e x.

La tipologia dell’algoritmo che stiamo illustrando prende in esame una stima nel breve periodo.

Possiamo allora approssimare le espressioni relative alle operazioni di aspettazione prendendo in considerazione i termini:

E[d·x]≈d·x e E[x·x

H

]≈x·x

H

Questi ultimi portano ad un’equazione di aggiustamento per i coefficienti del filtro del tipo:

c

new

=c

old

+ m /2(- V

c

J(c))=c

old

+ m ·x(d·x

H

·c)=c

old

+ m ·x·e

*

(4.11)

nella quale è stato introdotto un parametro di step m , che rende conto di una misura di distanza lungo la superficie d’errore.

Nell’algoritmo appena descritto l’aggiornamento dei coefficienti viene effettuato, istante per

istante, secondo la regola:

(25)

25

c[n+1]=c[n]+ m ·e

*

[n]·x[n] (4.12)

4.6.1 La scelta dell’ampiezza di step m m m m

Questo parametro serve da controllo e nel dettaglio indica la misura di quanto ci allontaniamo dalla funzione di errore ad ogni passo dell’algoritmo: m certamente deve presentare un valore positivo ( m >0), altrimenti ci troveremo a muovere il vettore dei coefficienti nella direzione di un più ampio errore quadratico.

In aggiunta a ciò, occorre precisare che il suo valore non va scelto troppo grande, altrimenti le approssimazioni fatte in precedenza su p e R per il calcolo del gradiente della funzione di costo potrebbero perdere di validità, facendo allontanare il valore calcolato dalla funzione di costo globale.

Un alto valore di m porterebbe certamente instabilità all’algoritmo, con conseguente allontanamento dai valori di convergenza e con presenza di valori di oscillazione.

Un’analisi accurata del metodo rivela che il limite superiore per m e la stabilità dell’algoritmo dipendono dall’autovalore λ con valore più alto (che chiameremo λ

max

) tra quelli della matrice di auto- corellazione R d’ingresso e di conseguenza dipenderanno dal segnale di input del sistema.

Per un comportamento stabile della funzione di adattamento, quindi:

m<(2/ λ

max

)

con λ

max

≈tr(R) con tr(R) dipendente direttamente dalla potenza del segnale d’ingresso all’istante n.

4.7 Il controllo e la cancellazione adattiva del rumore

Quindi un controllore adattivo è un regolatore in grado di modificare autonomamente il proprio comportamento dinamico a fronte di variazioni del processo sotto analisi e dei disturbi, al fine di garantire, in ogni caso, assegnate specifiche sul sistema di controllo.

In questo senso, si tratta di una classe di controllori più evoluti rispetto a quelli statici, anche se

più complessi e sofisticati computazionalmente ma di immediato impiego nei calcolatori digitali.

(26)

26 I filtri adattivi differiscono dai filtri fissi nel fatto che i coefficienti di filtraggio variano nel tempo secondo una funzione dipendente dal segnale di input. Il concetto generale si fonda sullo schema qui di seguito:

Figura 4.7 Schema generale di un sistema cancellazione adattiva del rumore

Sostanzialmente, l’implementazione di tale schematizzazione consiste nel filtrare il segnale di ingresso d[n], segnale che nel nostro caso contiene sia il segnale prodotto dal difetto nel cuscinetto in rotazione, s[n], che il rumore proveniente dal macchinario circostante e dalla normale rotazione del cuscinetto, V[n].

d[n]=s[n]+V[n]

Si dovrà avere a disposizione un rumore di riferimento v[n], relazionato al rumore V[n], una

“firma zero” del rumore prodotto dalla macchina in condizioni di funzionamento ottimale, ma non correlato al segnale s[n].

Conseguentemente determinare in maniera iterativa i coefficienti del filtro affinché il segnale di uscita y[n] risulti il più fedele possibile a V[n], che rappresenta il segnale del solo rumore, y[n] → V[n]

il più possibile, questo se il filtro va a convergenza.

Quindi l’uscita del filtro viene sottratto al segnale primario d[n], per avere come risultato e[n]:

e[n]= d[n]- y[n]

e[n]=s[n]+v[n]-y[n]

Il segnale e[n] è l’informazione ricercata, risulta essere la “differenza” tra d[n] e y[n], cioè tra il

segnale registrato dal sensore e la “firma zero” del rumore della macchina.

(27)

27 Poiché le caratteristiche della sorgente rumorosa potrebbero essere tempo-varianti, le caratteristiche del rumore indotto, come il contenuto frequenziale, risulteranno non stazionarie. Un buon sistema ANC dovrà presentare, di conseguenza, buone proprietà di adattività per poter permettere una cancellazione migliore possibile.

4.8 Esempio di applicazione del filtraggio adattivo

Supponiamo che quello riportato in Figura 4.7 rappresenti ciò che avviene nell’abitacolo di una vettura dotato di un dispositivo vivavoce per telefonia cellulare.

Il microfono del cellulare percepisce il segnale principale s[n], voce, affetto da rumore di fondo V[n], che sommati danno la risposta desiderata d[n]=s[n]+V[n].

Il rumore è generato dal motore del veicolo e giunge al microfono del cellulare filtrato dall’abitacolo. Il rumore del motore, v[n], è stato acquisito in precedenza e adesso viene mandato in ingresso al filtro adattivo. Il compito di questo è quello di filtrare il rumore v[n], per renderlo simile il più possibile (indicato con y[n]), a quello che entra nell’abitacolo dell’autovettura ed è catturato dal microfono, V[n] in modo che poi venga “sottratto” alla risposta desiderata per ottenere unicamente il segnale d’interesse, ovvero la voce.

4.9 Limiti dell’Analisi di Fourier

Gli analisti di segnali hanno a loro disposizione un impressionante arsenale di strumenti e molto probabilmente il più conosciuto di questi è l’analisi di Fourier, che decompone il segnale in elementi a base sinusoidale di differente frequenza, o in un altra forma possiamo dire che questa analisi trasforma il punto di vista del nostro segnale basato sul tempo ad uno basato sulla frequenza.

Figura 4.8 La trasformata di Fourier

(28)

28 E’ ampiamente provato che per molti segnali l’analisi di Fourier è estremamente utile poiché la frequenza di un segnale porta in se informazioni di grande importanza ma ha una seria limitazione: nella trasformazione nel dominio delle frequenze le informazioni nel “tempo” vanno perdute. Se stiamo analizzando un segnale trasformato con Fourier è impossibile dire quando un particolare evento ha avuto luogo.

Per segnali che non variano molto durante il tempo, segnali stazionari, la loro storia temporale non è molto importante.

Purtroppo però molti segnali interessanti contengono numerose fasi non-stazionarie o transitorie:

instabilità, trends, cambiamenti improvvisi e transitori di inizio e fine evento.

Queste caratteristiche sono spesso le parti più importante del segnale e l’analisi di Fourier non è adeguata per individuarle nel migliore dei modi.

In uno sforzo per correggere questa deficienza Gabor (1946) ha adattato la trasformata di Fourier all’analisi di solo una piccola porzione del segnale alla volta, una tecnica chiamata del

“finestramento” del segnale. Questo adattamento, chiamato Short Time Fourier Transform (STFT), mappa un segnale in una funzione a due dimensioni, tempo e frequenza.

Figura 4.9 La “STFT”

La STFT rappresenta una sorta di compromesso tra la rappresentazione del tempo e la frequenza di un segnale. Fornisce informazione circa il quando e a quale frequenza è avvenuto un evento nel segnale, ma purtroppo si possono ottenere informazioni con una precisione limitata e questa precisione è determinata dalla grandezza della finestra.

Se il compromesso tra l’informazioni del tempo e quelle della frequenza operato dall’STFT risulta di

molto aiuto, la limitazione risiede nella grandezza del tempo di finestra: questa misura rimane la stessa

per tutte le frequenze mentre molti segnali richiederebbero una maggiore flessibilità di analisi, che

permette di variare la grandezza della finestra per determinare con più accuratezza sia il tempo che la

frequenza.

(29)

29

4.10 Analisi Wavelet

L’analisi Wavelet rappresenta il gradino successivo: una tecnica di finestramento con grandezza variabile della finestra di osservazione. Questa analisi permette di usare un intervallo di tempo lungo dove vogliamo più precise informazioni riguardo la zona a bassa frequenza, e grandezze di finestra più piccole dove vogliamo avere informazioni dall’alta frequenza.

Figura 4.10 Le Wavelet

Figura 4.11 Raffronto dei metodi d’analisi

Uno dei maggiori vantaggi prodotti dalle wavelet è l’abilità nell’eseguire analisi locale, cioè il poter analizzare un porzione molto piccola di un segnale molto esteso.

Consideriamo un segnale sinusoidale con una piccola discontinuità, ma così piccola da essere appena

visibile. Un segnale simile è facilmente ritrovabile nella realtà ad esempio in una fluttuazione di potenza

della corrente elettrica o del rumore prodotto da un interruttore.

(30)

30 Figura 4.12 Segnale con piccola discontinuità

Un grafico di questo segnale ottenuto con la classica analisi di Fourier non mostra niente di interessante: uno spettro piatto con due picchi rappresentanti una singola frequenza.

Un grafico in Figura eseguito con un analisi Wavelet chiaramente mostra la esatta posizione nel tempo della discontinuità.

Figura 4.13 Differenza tra analisi di Fourier e analisi Wavelet

L’analisi Wavelet ha la capacità di rilevare aspetti che le altre tecniche di analisi perdono,come trends, punti di breakdown, discontinuità di grado più elevato e similari.

Oltremodo, dato che l’approccio parte da un punto di vista completamente diverso da quello di tecniche tradizionali, l’analisi Wavelet è con successo usata nel filtraggio di un segnale dal rumore senza apprezzabile degradazione del segnale

4.11 La funzione Wavelet

In matematica, con i termini waveletes, analisi wavelet e trasformata wavelet ci si riferisce alla

rappresentazione di un segnale mediante l’uso di una forma d’onda oscillante di lunghezza finita o a

decadimento rapido ( nota come wavelet madre). Questa forma d’onda viene scalata e traslata per

adattarsi al segnale in ingresso.

(31)

31 Per applicazioni pratiche e per ragioni di efficienza si preferisce scegliere funzioni continue e differenziabili, tuttavia, per soddisfare esigenze analitiche (nella trasformata wavelet) e più in generale per ragioni teoriche, si scelgono funzioni wavelet che appartengono ad un sotto spazio L

1

( ) L

2

( ) .

In questo spazio è integrabile sia il valore assoluto che il quadrato della funzione scelta.

In termini semplici la wavelet madre ψ ( ) t deve soddisfare le seguenti condizioni:

( ) <

∫ ∞

dt

ψ t

( ) <

dt t

2

ψ (4.13)

L’appartenenza allo spazio suddetto ci assicura che possiamo formulare le condizioni di avere norma unitaria e media zero.

∫ ( )

= 1

2

dt

ψ t ,cioè ψ L

2

( ) è normalizzata (4.14)

( ) = 0

dt

ψ t con media nulla. (4.15)

Nella maggior parte delle situazioni è utile richiedere che ψ sia continua e che abbia un numero alto M di momenti nulli, cioè per ogni intero m<M

(4.16)

Alcuni esempi di wavelet madre sono quelli rappresentati in Figura 4.14

(32)

32

Meyer Morlet Mexican hat

Figura 4.14 Wavelet “madri”

Queste funzioni sono spesso indicate erroneamente come le funzioni base della trasformata ma di fatto, non esiste una base.

4.12 Confronto con Fourier

Compariamo le wavelets con un’ onda sinusoidale, la quale è alla base dell’analisi di Fourier.

La sinusoide non ha limiti di durata, si estende da meno infinito a più infinito. E dove la sinusoide è regolare e prevedibile, le waveltes tendono ad essere irregolari e asimmetriche.

Figura 4.15 Forma d’onda usate dall’analisi di Fourier e analisi Wavelet

L’analisi di Fourier consiste nello scomporre il segnale in onde sinusoidali di varia frequenza, similarmente l’analisi Wavelet è la divisione di un segnale in versioni traslate e scalate della wavelet originale, o madre wavelet.

Osservando la figura si può intuire che segnali con brusche variazioni possono essere meglio analizzati con una wavelet irregolari che con una sinusoide regolare, o come sia possibile che gli eventi locali di piccola entità siano meglio descritti con le wavelets.

Matematicamente il processo di analisi di Fourier è rappresentato dalla trasformata di Fourier:

( ) ∫

( )

= f t e

dt

F ω

jωt

(4.17)

che risulta essere l’integrale da -∞ a +∞ del segnale moltiplicato da un esponenziale complesso.

Il risultato della trasformazione sono i coefficienti di Fourier F ( ) ω , che moltiplicati per sinusoidi di

frequenza ω , restituiscono le componenti sinusoidali del segnale originale. Graficamente il processo

appare in maniera grossolana quello rappresentato in Figura 4.16

(33)

33 Figura 4.16 Analisi del segnale con Fourier

Similarmente la continuos wavelet transform (CWT) è definita come l’integrale, esteso a tutto il tempo, del segnale moltiplicato da una versione scalata e traslata della funzione wavelet ψ .

Nella formulazione originaria di Morlet la wavelet madre è scalata (o dilatata) di un fattore a e traslata nel tempo di un fattore b :

(4.18)

C ( scala, posizione) =

∫ ( ) ( )

dt t t

f ψ

a,b

(4.19)

I risultati della CWT sono i coefficienti C che risultano dipendenti dalla scala e dalla posizione.

Moltiplicando ogni coefficiente per una appropriata wavelet scalata e traslata otteniamo le wavelet costituenti il segnale originale (Figura 4.17):

Figura 4.17 Analisi del segnale con le Wavelets

4.13 Fattore di scala,coefficienti e traslazione

Abbiamo già più volte accennato al fatto che l’analisi wavelet produce una rappresentazione

tempo-scala del segnale, accennando a wavelet scalate e traslate. Andiamo adesso a meglio specificare

cosa esattamente intendiamo con fattore di scala in questo contesto.

(34)

34 Scalare una wavelet significa semplicemente allungare o comprimere la stessa. Se parlassimo di un segnale sinusoidale (Figura 4.18), per esempio, l’effetto del fattore di scala è facilmente rappresentabile:

Figura 4.18 Scalare la funzione seno

Nelle wavelet il fattore di scala lavora nello stesso identico modo(Figura 4.19). Più è piccolo il valore del fattore di scala cioè più piccolo è il coefficiente e più è “compressa” la wavelet.

Figura 4.19 Scalare una wavelet

E’ chiaro dai diagrammi che per una sinusoide sin ( ) ω t , il fattore di scala, il coefficiente numerico, a è riferito, in maniera inversamente proporzionale, alla frequenza in radianti s

-1

ω , similmente con l’analisi wavelet la scala è relazionata alla frequenza del segnale; ad un più alto valore del fattore di scala corrisponde una wavelet più “stirata”.

Tanto più abbiamo allungato la wavelet (Figura 4.20), tanto più lunga è la porzione del segnale con il

quale la stiamo andando a comparare, da qui, in modo grossolano, le caratteristiche del segnale sono

misurate dai coefficienti delle wavelets.

(35)

35 Figura 4.20 Variazione di coefficienti

Dunque, c’è una corrispondenza tra la scala dei coefficienti della wavelet e la frequenza del segnale, che possiamo così riassumere:

• Bassi valori del coefficiente a → Wavelet Compresse → Rapidi cambiamenti, accuratezza nell’inseguimento → Alte frequenze ω

• Alti valori del coefficiente a → Wavelet allungate → lenti cambiamenti, grossolana riproduzione

→ Basse frequenze

Traslare una wavelet significa semplicemente ritardare o anticipare il suo inizio (Figura 4.21).

Matematicamente, ritardare una funzione f(t) di un tempo k è rappresentato da f(t-k):

Figura 4.21 Traslazione di una Wavelet

4.14 La trasformata Wavelet continua (CWT) in 5 passi

L’analisi Wavelet è’ in realtà un processo veramente semplice, che possiamo riassumere in cinque step per arrivare da un segnale in entrata ad una CWT:

1. Prendere una wavelet e compararla con la porzione iniziale del segnale originale.

2. Calcolare il valore del coefficiente C (Figura 4.22), che rappresenta quanto la wavelet è in

relazione con questa porzione del segnale. Quanto più è elevato il valore di C, e più ci sarà

similarità. Più precisamente, se l’energia del segnale e l’energia della wavelet sono uguali ad uno,

C può essere interpretato come il coefficiente di correlazione.

(36)

36 Si noti che il risultato dipende dalla forma della wavelet che si è scelto di usare come “mother wavelet”.

Figura 4.22 Scelta dei coefficienti

3. Traslare la wavelet (Figura 4.23) a destra e ripetere i punti 1 e 2 fino ad aver coperto tutto il segnale

Figura 4.23 Traslare la wavelet

4. Scalare ( allungare) la wavelet e ripetere i punti da 1 a 3.

Figura 4.24 Scalare la wavelet

(37)

37 5. Ripetere i punti da 1 a 4 per tutti i valori della scala.

Fatto tutto ciò abbiamo tutti i valori dei coefficienti per ogni sezione del segnale.

Per dare un senso a questi coefficienti riportiamo in un grafico (Figura 4.25) sull’asse x il tempo, e sull’asse y il fattore di scala: il colore associato di ogni punto x-y rappresenta l’intensità del coefficiente della wavelet.

Figura 4.25. Rappresentazione Tempo-Scala

Il grafico di questi coefficienti somiglia ad un terreno accidentato visto dall’alto (Figura 4.26); si cambiasse il punto di vista spostandoci di lato potremmo vedere qualcosa di simile al grafico seguente.

Figura 4.26 Rappresentazione 3-D

(38)

38

4.15 Osservazione

Qualsiasi segnale processato tramite un computer usando schede di acquisizione dati deve essere trasformato in un segnale discreto, o meglio è discreto il tempo di acquisizione del segnale.

Vediamo di capire allora cosa si intende con “continuo” nella CWT e che cosa la distingue dalla Discrete Wavelet Trasnsform (DWT).

E’ il settaggio del fattore di scala e della posizione al quale opera; la CWT al contrario della DWT può operare ad ogni valore di scala sino ad un massimo determinato da un “trading off” guidato dal livello di dettaglio desiderato e dalla potenza di calcolo disponibile (Figura 4.27). La CWT è continua anche in termini di traslazione: durante il calcolo la wavelet è traslata in modo continuo su tutto il dominio temporale del segnale analizzato

Figura 4.27 L’analisi del segnale con la “DWT”

Naturalmente questo calcolare i coefficienti a tutti possibili valori della scala è un’enorme mole di lavoro che genera una quantità incredibile di dati.

E’ possibile però scegliere solo un subset dei valori di scala e posizione da usare nel calcolo, ad esempio se si scelgono valori di scala e posizione basati sulla potenza di due, scale e posizioni di Dyadic, allora l’analisi risulterà molto più efficiente ed accurata, pur usando la DWT.

4.16 La decomposizione Multilivello

Si riporta nel dettaglio il metodo utilizzato per poter sfruttare al meglio le potenzialità di de- noising delle wavelet.

In molti segnali, come nel nostro caso, la parte a bassa frequenza è quella più interessante o comunque quella che porta le informazioni fondamentali, d’altra parte le alte frequenze portano il

“colore”, le “sfumature” che distinguono un segnale da un altro.

(39)

39 Facendo riferimento alla voce umana, se rimoviamo le alte frequenze la voce ha un suono differente ma siamo ancora in grado di capire cosa è stato detto, ma se eliminiamo le basse frequenze capteremmo solo rumore senza senso.

Nell’analisi wavelet, spesso si parla di Approssimazioni e Dettagli.

Le Approssimazioni rappresentano la parte del segnale con i coefficienti della parte alta della scala, le componenti a bassa frequenza.

I Dettagli rappresentano il segnale con bassi valori dei coefficienti, le componenti ad alta frequenza.

Il processo di filtraggio utilizzato è sostanzialmente del tipo: si può pensare che il segnale originale S sia fatto passare attraverso due filtri complementari, uno passa-alto e l’altro passa-basso, così da riemergere come due segnali distinti.

Figura 4.28 Tipo di filtraggio

4.16.1 L’algoritmo

Dato un segnale S di lunghezza N, la decomposizione con DWT (Discrete Wavelet Tool)

consta al massimo di Log

2

N decomposizioni. Il primo livello produce, partendo da S, due set di

coefficienti: i coefficienti delle approssimazioni cA

1

, e i coefficienti dei dettagli cD

1

. questi vettori sono

ottenuti attraverso la circonvoluzione di S attraverso il filtro passa-basso per le approssimazioni e con

un filtro passa-alto per i dettagli, seguita da decimazione di Dyadic (una specie di decampionamento)

(40)

40 Figura 4.29 La generazione dei Dettagli e delle Approssimazioni

La lunghezza di ogni filtro è uguale a 2N. Se n è la lunghezza di S, i segnali F e G sono di lunghezza n+2N-1 e i coefficienti cD

1

e cA

1

sono di lunghezza n  + N

 

 − 2

1 .

Figura 4.30 Decomposizione al I livello

Il livello successivo divide i coefficienti dell’approssimazione cA

1

in due parti usando lo stesso schema, sostituendo S con cA

1

e producendo cA

2

e cD

2

.

Il processo di decomposizione può essere applicato iterativamente, con le successive approssimazioni che vengono a loro volta decomposte cosicché il segnale è spezzato in più componenti a bassa frequenza

Figura 4.31 Decomposizione multilivello

(41)

41 Figura 4.32 Struttura multilivello “albero-Foglie”

Figura 4.33 Esempio di decomposizione multilivello

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