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Capi t ol o 1: I nt roduzi one

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Academic year: 2021

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Indice:

Capitolo 1: Introduzione ... 3

1.1 Polimeri biodegradabili... 3

1.1.1 Polimeri biodegradabili provenienti da fonti non-rinnovabili ... 4

1.1.2 Polimeri biodegradabili provenienti da fonti rinnovabili... 9

1.2 Sintesi e Caratteristiche meccaniche dei poliesteri biodegradabili... 13

1.2.1 Caratteristiche meccaniche dei poliesteri biodegradabili provenienti da fonti non rinnovabili ... 13

1.2.2 Sintesi e caratteristiche meccaniche del PLA ... 14

1.3 Modulazione delle proprietà dei poliesteri tramite miscelazione ... 20

1.3.1 Miscelazione fisica... 25

1.3.2 Miscelazione reattiva ... 27

1.3.2.1 Utilizzo di agenti di coupling... 30

1.3.2.2 Utilizzo di catalizzatori di transesterificazione... 33

1.3.2.3 Utilizzo di polimeri preliminarmente funzionalizzati... 41

1.3 Scopo del lavoro di tesi... 48

Capitolo 2: Risultati e discussione ... 50

2.1 Caratteristiche strutturali del poli(acido lattico) (PLA) e del poli(butilen adipato-co- tereftalato) (PBAT) ... 51

2.2 Compatibilizzazione reattiva della miscela PLA/PBAT 75/25 tramite transesterificazione catalizzata da Ti(OBu)4... 71

2.2.1 Stabilità termica del tetrabutossido di titanio... 74

2.2.2 Studio della compatibilizzazione variando il contenuto di catalizzatore... 76

2.2.3 Studio dell’ influenza di Ti(OBu)4 sui polimeri puri a diverso tempo di miscelazione ... 89

2.2.4 Studio della compatibilizzazione reattiva della miscela PLA/PBAT con Ti(OBu)4 variando il tempo di miscelazione ... 103

2.3 Compatibilizzazione reattiva mediante uso di agente di coupling diepossidico... 123

2.3.1 Stabilità termica dell’acido citrico ... 125

2.3.2 Funzionalizzazione del PLA mediante transesterificazione allo stato fuso con acido citrico in presenza di tetrabutossido di titanio come catalizzatore ... 128

2.3.3 Compatibilizzazione reattiva allo stato fuso di miscele PLA/PBAT mediante uso di PLA funzionalizzato con Ti(OBu)4 e agente di coupling diepossidico... 135

Capitolo 3: Conclusioni ... 146

Capitolo 4: Parte Sperimentale ... 148

4.1 Purificazione di reagenti e solventi... 148

4.1.1 Prodotti J.T.Baker ... 148

4.1.2 Prodotti Aldrich ... 148

4.1.3 Prodotti J.T.Baker ... 148

4.1.4 Prodotto commerciale “Fluka” ... 148

4.1.5 Prodotto commerciale “Analar- British drug houses LTD.” ... 149

4.2 Polimeri... 149

4.2.1 Poli(acido lattico)... 149

4.2.2 Poli(butilen adipato co-tereftalato) ... 149

4.3 Tecniche di caratterizzazione dei polimeri impiegati e dei prodotti di reazione ... 150

4.3.1 Spettrofotometria UV-VIS... 150

4.3.2 Cromatografia a permeazione su gel (GPC) ... 150

4.3.3 Microscopia elettronica a scansione (SEM) ... 150

(2)

4.3.5 Dinamometro per test tensili ... 151

4.3.6 Calorimetria a scansione differenziale (DSC) ... 151

4.3.7 Spettrometria 1H-NMR a 200 MHz ... 151

4.3.8 Spettrometria 13C-NMR a 200 MHz ... 152

4.3.9 Spettrometria 1H-NMR e 13C-NMR a 600 MHz ... 152

4.3.10 Analisi termogravimetrica (TGA)... 152

4.3.11 Analisi volumetrica ... 153

4.3.12 Pressofusione ... 153

4.4 Preparazione delle miscele e dei campioni a base di poli(acido lattico) e poli(butilen adipato- co-tereftalato) ... 153

4.4.1 Transesterificazione di PLA con TBO... 154

4.4.2 Funzionalizzazione di PLA con acido citrico e TBO ... 157

4.4.3 Transesterificazione di PBAT con TBO ... 160

4.4.4 Preparazione della miscela PLA/PBAT 75/25... 163

4.4.5 Transesterificazione di miscele PLA/PBAT 75/25 con TBO ... 166

4.4.6 Preparazione di miscele con PLA funzionalizzato con acido citrico... 171

4.5 Titolazione dei gruppi terminali del poli(acido lattico) e del poli(butilen adipato co- tereftalato) ... 174

4.5.1 Preparazione della soluzione di acido p-toluen solforico ...174

4.5.2 Preparazione della soluzione di idrossido di potassio in metanolo... 174

4.5.3 Derivatizzazione del PLA con anidride succinica ... 174

4.5.4 Titolazione di granuli commerciali di PLA e PBAT ... 175

4.5.5 Titolazione dei PLA e PBAT non derivatizzati ... 176

4.5.6 Titolazione di PLA e PBAT derivatizzati ... 176

Appendice 1: Applicazioni dei polimeri biodegradabili citati ... 178

PLA: ... 178

PBAT: ... 179

Altri Polimeri biodegradabili: ... 179

Appendice 2: Sigla e struttura dei polimeri citati ... 182

Poli(acido lattico) (PLA): ... 182

poli(butilen adipato-co-tereftalato) (PBAT): ... 182

poli(butilen succinato) (PBS):... 182

poli(butilen succinato-co-adipato) (PBSA): ... 182

poli(caprolattone) (PCL):... 182

poli(butilen tereftalato) (PBT): ... 182

poli(butilen adipato) (PBA): ... 183

poli(idrossi butirrato) (PHB):... 183

poli(3-idrossi valerato) (PHV): ... 183

poli(vinil acetato) (PVAc): ... 183

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Capi t ol o 1: I nt roduzi one

1.1 Polimeribiodegradabili

Nell’ottica di uno sviluppo sostenibile e di una riduzione progressiva dell’impatto ambientale che le attività antropiche hanno sull’ecosistema terrestre, una branca della ricerca sta focalizzando maggiormente l’attenzione sullo sviluppo delle cosiddette plastiche biodegradabili, ossia polimeri che in un lasso di tempo più o meno lungo, se sottoposti ad adeguate condizioni di umidità e temperatura, si degradano quasi completamente.

A tal proposito la norma Uni En 13432 afferma che un materiale per essere considerato biodegradabile:

• almeno il 90% della sua massa deve scomporsi in anidride carbonica, acqua e massa cellulare, in tempi brevi a seconda del test utilizzato, e comunque al massimo entro 6 mesi

• deve disintegrarsi (ovvero per almeno il 90% della sua massa deve frammentarsi in particelle non più grandi di 2 mm, al massimo dopo 12 settimane di conferimento al compostaggio).

• non deve influenzare negativamente la qualità chimica del compost o la crescita dei microrganismi.

L’utilizzo di polimeri biodegradabili in agricoltura per sostituire i materiali tradizionali, quali le poliolefine, ha il vantaggio di permettere di lasciare i manufatti od utensili nei terreni di coltura, evitando la contaminazione degli stessi con materiale non biodegradabile. Inoltre un maggiore utilizzo di polimeri biodegradabili per la produzione di manufatti aventi un breve ciclo di vita (quali

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l’imballaggio per prodotti deperibili), potrebbe abbattere almeno in parte i problemi derivanti dal trattamento e smaltimento di una frazione dei rifiuti solidi urbani difficilmente riciclabile, in quanto estremamente eterogenea. I manufatti biodegradabili a fine vita possono far parte della frazione organica dei rifiuti e possono quindi esser trasformati trasformata in compost in appositi impianti.

Queste tipologie di polimeri possono derivare da una risorsa non rinnovabile, come il petrolio, oppure da fonti rinnovabili, come gli scarti di colture agricole o batteri.

Questa classificazione riveste particolare importanza, in quanto, se i polimeri sono ottenuti da fonti rinnovabili, il loro utilizzo al posto dei polimeri tradizionali può determinare un ulteriore vantaggio, il risparmio nell’uso dei combustibili fossili.

1.1.1 Polimeribiodegradabiliprovenientida fontinon-rinnovabili

Rientrano tra i polimeri biodegradabili provenienti da fonti non-rinnovabili una serie di materiali di sintesi derivanti dal petrolio, come i poliesteri alifatici, i copoliesteri alifatici-aromatici, le poliesterammidi e i poliesteri-uretani.

In molti casi, l’attacco biologico primario è un processo di idrolisi non catalizzata che scinde i legami esterei, ammidici o uretanici del polimero, il cui ordine di reattività [1] è schematizzato in Tabella 1.1:

Tabella 1.1: Ordine di reattività nei confronti della reazione di idrolisi

anidridi > esteri >> uretani ammidi > eteri

O(RCO)2 R-COO-R’ R-NH-COO-R’ R-NH-CO-R’ R-O-R’

Il processo di idrolisi interessa inizialmente la superficie del materiale spingendosi poi nella sezione con la formazione di intermedi solubili in mezzo acquoso di dimensioni tali da poter essere assimilati e mineralizzati all’interno delle cellule microbiche dei microrganismi [2].

E’ evidente che i polesteri alifatici sono una delle classi di polimeri più vantaggiosi, in quanto semplici da sintetizzare, stabili in molti ambienti, ma altamente biodegradabili.

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All’interno di questa classe, troviamo tutta una serie di polimeri di condensazione derivanti dalla sintesi di dioli (glicole etilenico, butilen diolo) e di acidi (acido adipico, acido succinico); nelle Figure 1.1 e 1.2 sono schematizzate le strutture dei due poliesteri alifatici commerciali più importanti: il poli(butilen succinato) e il poli(butilen succinato-co-adipato), entrambi presenti sul mercato con il nome commerciale di Bionolle®.

Figura 1.1:Struttura del PBS

O

OH O

O O

H

n

Figura 1.2:Struttura del PBSA

n O

O O

O O

H O

O

OH

O n

Con la classe dei copoliesteri alifatico-aromatici è possibile modulare la biodegradabilità grazie alla presenza della componente aromatica, mineralizzabile più lentamente della componente alifatica.

Questa classe di copolimeri risulta inoltre interessante perché offre gli standard qualitativi necessari in termini di proprietà meccaniche e di processabilità delle plastiche non biodegradabili in numerosi campi di applicazione.

La loro velocità di degradazione è dipendente però dal contenuto di acido tereftalico all’interno del copolimero [3] e, come si può osservare in Figura 1.3, per concentrazioni di acido tereftalico superiori al 60 % in peso la velocità di degradazione è talmente lenta che il materiale non risulta più compostabile.

Figura 1.3: Dipendenza della velocità di degradazione dal contenuto di acido tereftalico nel PBAT (grafico preso da R.-J.Muller,I.Kleeberg and W.-D.Deckwer,Biodegradation ofpolyesters containing aromatic constituens,J.ofBiotech.,86,87-95 (2001))

(6)

I copoliesteri alifatico-aromatici risultano interessanti perché offrono gli standard qualitativi necessari in termini di proprietà meccaniche e di processabilità delle plastiche non biodegradabili in numerosi campi di applicazione ed in più hanno il vantaggio di possedere una biodegradabilità certificata.

Per aumentare la degradazione idrolitica dei poliesteri aromatici, sono stati condotti numerose modifiche della componente alifatica, riassunte in maniera esaustiva da R.-J. Muller et al. [3]

(Tabella 1.2). In Tabella sono anche riportate le condizioni di degradazione adottate per ciascun polimero.

Tabella 1.2: Condizioni di biodegradazione non biologicamente catalizzata ed enzimatica per copoliesteri alifatico-aromatici (Tabella citata da R.-J. Muller, I. Kleeberg and W.-D. Deckwer, Biodegradation ofpolyesters containing aromatic constituens,J.ofBiotech.,86,87-95 (2001))

(7)

Il più noto dei copoliesteri alifatico-aromatici è il poli(butilen adipato-co-tereftalato) commercializzato dalla BASF con il nome di Ecoflex @ e dalla Eastman @ con il nome di Eastar Bio

@, la cui struttura è rappresentata in Figura 1.3:

Figura 1.3: Struttura chimica del poli(butilen adipato-co-tereftalato) (PBAT)

In letteratura è ampiamente descritta la biodegradabilità e l’ecotossicità di questa classe di poliesteri [4-6] con particolare attenzione ai meccanismi di degradazione delle catene aromatiche. Secondo Witt et al. [4], il copolimero poli(butilen adipato-co-tereftalato) in 22 giorni arriva ad una depolimerizzazione superiore al 99,9 % in mezzo acquoso a 55°C in presenza di Termomonospora Fusca, un particolare batterio in che riesce a scindere i legami esterei di oligomeri di poliesteri;

O O

O

O O

O

O O

m n

(8)

infatti alla GC/MS sono rivelabili esclusivamente i monomeri costituenti: acido adipico, acido tereftalico e 1,4-butandiolo, come si può osservare in Figura 1.4:

Figura 1.4: Confronto tra i prodotti di degradazione determinati mediante gas cromatografia con rilevatore spettometro di massa del PBAT dopo 21 giorni di incubazione con T.Fusca a 55°C – Nel riquadro il PBAT è stato incubato 14 giorni con T.Fusca e sette giorni con una coltura mista da compost. (grafico ottenuto da U.Witt,T.Einig,M.Yamamoto,I.Kleeberg,W.-D.Deckwer and R.- J.Muller,Biodegradation ofaliphatic-aromatic copolyesters:evaluation ofthe final

biodegradability and ecotoxicologicalimpactofdegradation intermediates,Chemosphere,44,289- 299 (2001) )

I monomeri derivanti dalla degradazione sono anch’essi biodegradabili e non tossici. Per quanto riguarda la tossicità per l’uomo dell’acido tereftalico si riporta [6] che è necessaria una dose di ben 2,4 g/giorno introdotta per ingestione per determinare effetti indesiderati. Tale dose determina il superamento delle concentrazioni di equilibrio (prodotto di solubilità) con lo ione Ca2+

determinando la formazione di calcoli renali.

Per quanto riguarda la tollerabilità ambientale, l’acido tereftalico non si accumula nei sistemi biologici e, alla concentrazione in cui è solubile in un mezzo acquoso, non desta problemi alla fauna ittica.

(9)

Polimeri biodegradabili provenienti da fonti

rinnovabili

Polimeri già esistenti in natura (cellulosa)

Polimeri il cui monomero è presente

in natura (poli(acido lattico)) Polimeri esistenti in

natura modificati per via sintetica (Xantato di cellulosa,

nitrocellulosa, acetato di cellulosa) Polimeri utilizzati

come materiali di riserva (amido, poli idrossialcanoati)

1.1.2 Polimeribiodegradabiliprovenientida fontirinnovabili

I polimeri biodegradabili provenienti da fonti rinnovabili si possono dividere secondo lo schema rappresentato in figura 1.5:

Figura 1.5: Classificazione dei polimeri biodegradabili provenienti da fonti rinnovabili

La macromolecola della cellulosa [6] è composta da molecole di glucosio legate tramite legami β 1,4-glicosidici [Figura 1.6].

L’organizzazione superiore delle singole macromolecole porta alla formazione di microfibrille, fibre e fasci di fibre grazie alla formazione di legami ad idrogeno intermolecolari.

Figura 1.6: Struttura del cellobiosio, dimero del glucosio, e natura del legame glicosidico

(10)

La cellulosa rappresenta insieme alla lignina e alla emicellulosa le componenti fondamentali del legno e le singole fibre di cellulosa possono essere estratte da esso mediante una complessa sequenza di trattamenti meccanici e chimici che allontanano le altre componenti.

Le singole fibre trovano da secoli ampio utilizzo nella produzione della carta mentre trattamenti chimici relativamente recenti hanno permesso l’ottenimento di materiali dalle caratteristiche completamente diverse.

In particolare dalla cellulosa derivano lo xantato di cellulosa per trattamento con CS2 e NaOH, utilizzato come fibra tessile (la viscosa o rayon), o per ulteriore dissoluzione in acido solforico e filatura come film per imballaggi (cellophane); la nitrocellulosa ottenuta per azione della miscela nitrante acido solforico e acido nitrico è utilizzata come esplosivo (fulmicotone).

Della classe dei polisaccaridi vi è anche l’amido, un materiale energetico di riserva accumulato da alcuni tipi di piante, come i tuberi o la barbabietola da zucchero, ed è molto utilizzato come carica all’interno di altri polimeri biodegradabili; infatti la sua miscelazione permette un prezzo maggiormente rispondente alle richieste del mercato.

L’amido è un polisaccaride composto dall'amilosio (circa il 20%) e dall'amilopectina (circa l'80%), entrambi polimeri del glucosio, aventi struttura diversa. L'amilosio è infatti un polimero lineare, tendente ad avvolgersi ad elica, in cui le unità di glucosio sono legate tra loro con legami a 1,4 glicosidici; l'amilopectina è del tutto simile all’amilosio, ma, su un’unità ogni 24 – 30 molecole di glucosio a catena lineare, è innestata una ramificazione attraverso un legame a 1,6 glicosidico.

I poli(idrossialcanoati) [7] sono invece materiali di riserva che si accumulano all’interno delle cellule di batteri Gram positivi e possono raggiungere il 90 % della massa cellulare secca in condizioni di stress nutritivo, rappresentato da un eccesso di una fonte di carbonio, mentre uno degli altri nutrienti essenziali (azoto, fosforo…) si trova in concentrazione limitante. Se la fonte di carbonio è il glucosio, si ottiene il poli(idrossibutirrato) (PHB), un materiale fragile e instabile a temperatura ambiente (possiede una Tg di 5°C), con un punto di fusione elevato (Tm 177°C) e un allungamento a rottura del 5 %, alle cui temperature di lavorazione subisce una sensibile degradazione termica.

Variando la fonte di carbonio e selezionando vari ceppi batterici della specie Pseudomonas putida, si possono invece ottenere anche il poli(3-idrossivalerato) e il poli(4-idrossivalerato), le cui proprietà meccaniche sono considerevolmente migliori rispetto al PHB mentre il deteriorarsi con il tempo del polimero e conseguentemente delle sue proprietà meccaniche resta sempre un fattore limitante al loro utilizzo.

Il Poli(acido lattico) è un poliestere alifatico il cui monomero deriva dall’amido per fermentazione e la sua biodegradabilità [8] dipende dall’architettura molecolare.

(11)

Infatti, a seconda della quantità relativa di L-lattide, D-lattide o meso-lattide, i quali sono dimeri dell’acido lattico e intermedi ciclici chirali della polimerizzazione [Figura 1.7] (vedi paragrafo 1.2.2), cambia anche il tempo necessario per la biodegradazione, come mostrato in Tabella 1.3:

Figura 1.7: Struttura di D-lattide, L-lattide e meso-lattide

O

O C

H3

CH3 O

O

O

O C

H3

CH3 O

O

O

O C

H3

CH3 O

O

D-Lattide m.p.97°C Meso-lattide m.p.52°C L-lattide m.p.97°C

Tabella 1.3: Biodegradabilità in funzione del tipo di lattide impiegato

Polimero Tempo di degradazione Poli (L-Lattide) Mesi-anni Poli (D,L-Lattide) Settimane-

mesi Copolimero di (L-

Lattide) e (D,L- Lattide)

Settimane- mesi

Poli (meso-Lattide) settimane

La biodegradabilità coinvolge tre stadi successivi dipendenti dalle condizioni di temperatura e di umidità: l’idrolisi dovuta all’umidità del PLA con riduzione del Mn, l’ idrolisi enzimatica e infine

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temperatura ed un più alto tasso di umidità determinano una diminuzione del tempo di biodegradazione del polimero (Tabella 1.4).

Tabella 1.4: Variazione del tempo di biodegradazione con la temperatura

Temp, ºC

RH, % Inizio

creazione frammenti

Biodegradazione completa

4 100 5,3 anni 10,2 anni

25 20 2,5 anni 4,8 anni

25 80 2,0 anni 3,1 anni

40 80 5,1 mesi 10 mesi

60 20 1,0 mesi 2,5 mesi

60 80 15 giorni 2 mesi

E’ stato osservato anche che la velocità di biodegradazione aumenta in presenza di nanocarica di montmorillonite organofila intercalata [9] (Figura 1.8).

Figura 1.8: Differenza nella velocità di biodegradazione tra il PLA e il PLACN4 (PLA+

montmorillonite organofila) (immagini prese da S.S. Ray, K. Yamada, M. Okamoto, K. Ueda, Polylactide-Layered silicate nanocomposite: a novel biodegradable material, Nanoletters, vol.2, No.10,1093-1096)

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1.2 Sintesie Caratteristiche meccaniche deipoliesteribiodegradabili

In questo paragrafo sono spiegate le caratteristiche meccaniche dei più comuni poliesteri biodegradabili e una trattazione sistematica della polimerizzazione dell’acido lattico, citata perché, a differenza degli altri poliesteri prodotti semplicemente per policondensazione, ha subito una notevole evoluzione impiantistica rendendo il suo prezzo di mercato maggiormente appetibile e competitivo rispetto alle altre plastiche non biodegradabili.

1.2.1 Caratteristiche meccaniche dei poliesteri biodegradabili provenienti da fontinon rinnovabili

Le caratteristiche meccaniche di alcuni dei più comuni poliesteri biodegradabili provenienti da fonti non rinnovabili sono esemplificate in Figura 1.9 dove sono mostrate le curve sforzo-allungamento [10].

(14)

Figura 1.9: Curve sforzo-allungamento per PBAT, poli(butilen succinato) (PBS), poli(butilen succinato-co-adipato) (PBSA) con i relativi moduli elastici (grafico preso da F.Ciardelli,S.

Bronco,M.B.Coltelli,I.Della Maggiore,S.Savi,F.Signori,L.Ricci,V.Liuzzo,PICUS - Developmentofa 100% Biodegradabile Plastic Fibre to Manifacture Twines to Stake Creeping Plants and Nets for Packaging AgriculturalProducts)

Le caratteristiche elastomeriche del PBAT sono descritte da bassi valori di modulo, un alto allungamento a rottura e una Tg inferiore alla temperatura ambiente.

Un comportamento maggiormente termoplastico è mostrato dalla classe dei copolimeri butilen succinato (PBS e PBSA).

Sulla scia dello sviluppo ultimo dei nanocompositi, è stata preparata da F. Chivrac et al. [11] anche una miscela di PBAT e nanocompositi di mont-morillonite modificata; il maggior grado di intercalazione è stato raggiunto dai nano-biocompositi preparati in solvente e si è notato, con l‘introduzione dell’argilla, un aumento del modulo elastico, dello sforzo a rottura e dello sforzo a snervamento oltre che un aumento della stabilità termica.

1.2.2 Sintesie caratteristiche meccaniche delPLA

Il poli(acido lattico) [7] è un polimero dell’acido lattico (acido 2-idrossipropionico), il cui enantiomero L è presente nei mammiferi perché prodotto nella glicolisi anaerobia. Dal momento che l’acido lattico presenta il vantaggio di essere ottenibile anche da fonti rinnovabili (avena, canna

PBAT 2700 ± 200

PLA 66 ±3

PBS 630 ± 100

PBSA 320 ± 20

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da zucchero, granoturco), nel suo ciclo produttivo si ha consumo di anidride carbonica, che però verrà prodotta nella fase di sintesi del polimero.

In particolare l’acido lattico [8] può essere prodotto per via fermentativa (omo ed etero) [Figura 1.10] o per via sintetica, anche se quest’ultima via è impraticabile dal punto di vista economico.

Figura 1.10: Via omofermentativa e eterofermentativa per la produzione di acido lattico

(grafico preso da R.Auras,B.Harte,S.Helke,An overview ofPolylactides as Packaging Materials, Macromol.Biosci.,4,835-864 (2004) )

Dal momento che con il metodo omofermentativo si producono 1.8 moli di acido lattico per mole di esoso al pari del metodo eterofermentativo ma con una quantità inferiore di sottoprodotti, questo rappresenta il processo principalmente adottato industrialmente; si utilizza un pH di 5,4-6,4, una temperatura di 38-42 °C a basse concentrazioni di ossigeno.

Il tipo di processo adottato prevede preferenzialmente cicli di crescita batterica che si concludono con la lisi della cultura e l’aggiunta di CaOH o CaCO3 per ottenere una soluzione di lattato di calcio, purificato dagli scarti per filtrazione.

La presenza del centro chirale nella molecola dell’acido lattico determina la formazione dei due enantiomeri, L-acido lattico e D-acido lattico, ma in natura è presente quasi esclusivamente l’enantiomero L [Figura 1.11].

E

Embmbddeenn--MeMeyyeerrhhooffppaatthhwwaayy Fru -1,6 P

Triose –3P

Pyruvate

Lactate ADP ATP Ald asol e

Glucose

Homofermentation Heterofermentation

66PPGGlluuccoonnaatteeppaatthhwwaayy Pyruvate

Glc –6P

6P -Gluconate

Xylulose-5P+ CO2

Triose 3P + Acetyl-P

Lactate Acetate (Ethanol) ADP ATP

Phosphoketolase

B

Biiffiidduussppaatthhwwaayy Acetate

Fru 1,6 P

Acetyl-P + Erythrose 4P

Heptose-P + Pentose-P

Acetate + Triose 3P

Pyruvate Lactate Fru -1,6 P

ADP ATP

(16)

Figura 1.11: Enantiomeri dell’acido lattico

O H

CH3 H

O

OH

O H

CH3 H

O

OH

(R)D (-)Acido lattico (levorotatorio)(S)L (+)Acido lattico (destrorotatorio)

Polimerizzando quindi l’acido lattico, in funzione del contenuto e della distribuzione dei suoi due co-monomeri, si otterranno polimeri con diverse proprietà termiche (Tg, Tm e stabilità termica), grado di cristallinità, proprietà reologiche (viscosità) e proprietà meccaniche (modulo, allungamento a rottura e a snervamento, sforzo a rottura e a snervamento).

Esistono tre processi alternativi di polimerizzazione dell’acido lattico [12] schematizzati in Figura 1.12: la condensazione diretta e l’aumento di peso molecolare per mezzo di estensori di catena, la condensazione per disidratazione azeotropica e la formazione di oligomeri con successiva depolimerizzazione a lattide e conseguente polimerizzazione ad apertura d’anello.

Figura 1.12: Metodi di polimerizzazione dell’acido lattico (schema preso da R. Auras, B. Harte, S.Helke, An overview of Polylactides as Packaging Materials, Macromol. Biosci., 4, 835-864 (2004) )

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Il metodo brevettato dalla Cargill Dow è il più adottato industrialmente e prevede la preliminare formazione di un oligomero a basso peso molecolare, il quale è poi depolimerizzato e trasformato mediante l’utilizzo di opportuni catalizzatori in lattide, dimero ciclico dell’acido lattico, che, avendo due centri chirali, può esistere in tre forme diastereoisomeriche, di cui solo le forme L e D sono otticamente attive [Figura 1.7].

Il lattide è poi purificato al grado di monomero mediante distillazione e polimerizzato con meccanismo ad apertura di anello (Ring Opening Polymerization, ROP) utilizzando come catalizzatori acidi o basi di Lewis, oppure carbossilati, alcossidi e ossidi di metalli, in particolare Sn(II) e Zn.

Recentemente è stato pianificato da Erwin T.H.Wink et al. [12], ricercatori della Cargill Dow, un miglioramento dell’impianto in Nebraska nato nel 2001 (produttività massima 140000 t PLA/anno) in modo tale da ridurre le emissioni di CO2, il consumo di energia e di acqua di processo, come mostrato in Figura 1.13:

Figura 1.13: Consumo anidride carbonica nei vari step di miglioramento della tecnologia produttiva del PLA

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Le proprietà di film di poli(acido lattico) [13] bi-orientato sono state valutate comparandole a quelle di altri polimeri convenzionali notando un modulo più alto rispetto al PS, ma più basso rispetto al PET, minore Tm e Tg rispetto al PET e al PS, con conseguente processabilità a temperature più basse; inoltre, per quanto riguarda le proprietà di barriera, il PLA ha mostrato coefficienti di permeabilità più bassi rispetto al PS e paragonabili a quelli del PET per la CO2 e l’O2 e in particolare ha mostrato minore permeabilità al vapor d’acqua rispetto alla maggior parte dei polimeri convenzionali.

A.Auras et al [14] hanno anche comparato il PLA orientato e il PLA orientato con un 40% di PLA riciclato con il PET e PS e hanno osservato che è possibile ottenere proprietà meccaniche simili al PET e migliori del polistirene per fabbricare contenitori per cibo surgelato anche con un materiale contenente il 40 % di PLA riciclato. In questo modo sarebbe possibile una riduzione del costo di mercato del materiale rendendolo così paragonabile a quello degli altri due polimeri commerciali.

Il PLA è inoltre stabile fino a 583 K (T. Malmgren et al. [15]) e la sua decomposizione arriva a completezza alla temperatura di 673 K.

I principali svantaggi legati all’uso del PLA sono connessi con il basso allungamento a rottura (intorno al 3 %) e la bassa cinetica di cristallizzazione che determinano problemi di contrazione di volume in fase di stampaggio e processamento. Tentativi di ottimizzazione, tramite una razionalizzazione degli stadi termici del processamento o aggiunta di agenti nucleanti del processo di cristallizzazione, sono stati comunque ampiamente descritti in letteratura [16-19].

In particolare, Tadakazu et al. [16] riportano un aumento del grado di cristallinità del polimero con la diminuzione della velocità di raffreddamento, come mostrato in Figura 1.14:

(19)

Figura 1.14: Andamento dell’entalpia di cristallizzazione vs. velocità di raffreddamento (grafico preso da Tadakazu Miyata and Toru Masuko,Cristallization behaviour ofpoly(L-lactide),Polymer Vol.39,No.22,5515-5521 (1998) )

Inoltre la velocità di cristallizzazione aumenta con la diminuzione del peso molecolare.

Sottoponendo a deformazione tensile il PLA a temperature di 80, 90 e 100 °C, Mahendrasingam et al. [17] hanno osservato una nucleazione del primo ordine con formazione di cristalli altamente ordinati. Alla temperatura di 110 e 120°C la cristallizzazione è invece molto lenta e origina cristalli con un basso grado d’orientazione.

Jun Xu et al. [18] hanno notato che i cristalli di Poli(L-acido lattico) con più basso punto di fusione sono più adatti a formare sferuliti lamellari, in condizioni di cristallizzazione non isoterma.

E’ stato possibile però modificare la velocità di cristallizzazione mediante l’aggiunta di agenti nucleanti, i quali, cristallizzando molto più velocemente rispetto al polimero, diventano quindi centri di nucleazione attorno al quale si dispongono gli sferuliti di PLA, quale ad esempio il N,N- etilenbis(12-idrossistereammide) [Figura 1.15] [19].

(20)

Figura 1.15: Microscopia ottica all’interfaccia tra il PLA e la stereammide a una Tc di 130°C per 30 minuti

Affinché i polimeri biodegradabili possano sostituire in molte applicazioni i polimeri tradizionali, è necessario che essi mostrino proprietà meccaniche del tutto simili ad essi, unite ad un tempo di biodegradazione consono per l’applicazione d’interesse. Il numero di polimeri commerciali aventi proprietà simili, ad esempio, a quelle delle poliolefine è molto limitato.

I poliesteri descritti al paragrafo 1.1 sembrano essere quelli più promettenti anche se è necessario modulare meglio le loro proprietà termomeccaniche in modo da rispondere alle più svariate esigenze applicative. E’ possibile effettuare modifiche strutturali intervenendo sul metodo di sintesi dei polimeri. Attualmente molti gruppi di ricerca stanno cercando di produrre poliesteri e copoliesteri aventi svariate strutture. In particolare per la produzione del poli(acido lattico) lo stagno octoato è uno dei catalizzatori per la ROP più studiato.

Variando la struttura del catalizzatore sono stati ottenuti PLA aventi struttura a pettine (20), contenenti gruppi funzionali reattivi (21) o network (22). Alcuni studi mirano alla sintesi controllata di poliesteri biodegradabili attraverso la sintesi di opportuni catalizzatori aventi centri metallici a base di elementi delle terre rare (23). Inoltre la polimerizzazione controllata di esteri ciclici può essere effettuata anche attraverso l’attivazione mediante carbeni n-eterociclici (24).

Intervenire sulla sintesi dei polimeri [25] richiede però, da un punto di vista industriale:

Ø ingenti costi di sviluppo

Ø necessità di utilizzo in alcuni casi di nuovi monomeri di cui si rende necessaria la

(21)

Ø intensi sforzi per l’ottimizzazione dei sistemi catalitici necessari

Ø la modifica di strutture produttive di polimeri di massa caratterizzati da scarsa flessibilità per accogliere i nuovi gradi

Ø problematici aspetti brevettuali legati alla nascita di competizioni legali tra i produttori Ø di far fronte al posizionamento non ottimale sul mercato e ad un prezzo elevato del nuovo

polimero

Ø di effettuare un cambio delle strategie aziendali

Ø di competere con polimeri il cui uso è consolidato, sono prodotti in grandi volumi e trovano applicazioni di massa

Ø di superare la resistenza dei trasformatori, restii a modificare le condizioni di trasformazione, prima ancora delle macchine

La preparazione di leghe polimeriche, anche attraverso processi di modifica delle proprietà dei singoli materiali indotta nel processo di miscelazione, in modo da rispondere alle prestazioni richieste per una determinata applicazione, permette di superare le difficoltà sopra elencate. I vantaggi di questo approccio risiedono in:

Ø Costo limitato degli investimenti industriali Ø Costo contenuto del materiale ottenuto Ø Investimenti non specifici

Ø Versatilità e rapidità nel modulare le proprietà del materiale

Da un punto di vista generale, i componenti della miscela risultano miscibili nel caso in cui:

0

Gmix Hmix

In particolare come parametro di riferimento usato per valutare la miscibilità si utilizza i valori di B, l’energia di interazione polimero-polimero definita dalla teoria di Flory-Huggins, presente

nell’espressione del ? Gmix [Figura 1.16]. Oltre un valore critico del parametro B si passa da un sistema miscibile (monofase) ad un sistema immiscibile (bifase).

(22)

Figura 1.16: Equazione di Flory-Huggins e andamento di B in funzione della miscibilità

Nei sistemi miscibili, le dimensioni dei domini sono confrontabili con le dimensioni dei segmenti statistici delle macromolecole.

Nel caso in cui l’energia libera di miscelazione sia positiva, i due componenti della miscela sono immiscibili e ne consegue che le sue proprietà saranno inferiori rispetto ad una stima ponderata delle proprietà dei singoli polimeri.

Attraverso un processo di compatibilizzazione [Figura 1.17], è possibile migliorare le prestazioni di una miscela immiscibile, in quanto si determina:

ü la riduzione della tensione interfacciale, generando una dispersione più fine e omogenea di un componente nell’altro

ü garantisce una maggiore stabilità della morfologia prodotta durante le successive fasi di trasformazione in presenza di condizioni di elevati sforzi e deformazioni

ü migliore adesione fra le fasi allo stato solido favorendo il trasferimento di sforzi tra le fasi, migliorando la risposta meccanica dei manufatti finali

(23)

Figura 1.17: Rappresentazione schematica dei vari tipi di miscele polimeriche

Le scarse proprietà di miscele polimeriche immiscibili possono essere notevolmente migliorate grazie all’aggiunta di compatibilizzanti, polimeri o copolimeri preparati mediante sintesi ad hoc (compatibilizzazione fisica, paragrafo 1.2.1).

Nel caso del processo di miscelazione reattiva (paragrafo1.2.2), i copolimeri compatibilizzanti si formano in seguito a reazioni all’interfaccia tra le due fasi polimeriche durante il processo di mescolamento, estrusione o stampaggio ad iniezione.

Recentemente le miscele di polimeri biodegradabili hanno attratto l’attenzione di molti gruppi di ricerca [26-35].

L’analisi delle miscibilità porta spesso a risultati in disaccordo, come per la miscela PLA/PBS;

infatti secondo Jun Wuk Park et al. [26] i due polimeri sono completamente miscibili mentre secondo Mitsuhiro Shibata et al. [27] la loro miscibilità è solo parziale.

In ogni caso entrambi notano un solo picco di transizione vetrosa, una stima dell’energia libera di miscelazione secondo la teoria Flory-Huggins pari a -0,15, proprietà meccaniche intermedie tra i due polimeri ad eccezione dell’allungamento a rottura maggiore rispetto ai due puri, domini della fase dispersa nella matrice estremamente piccoli, come si può notare in Figura 1.18.

A supporto della parziale miscibilità, Shibata riporta i dati di modulo e allungamento alla rottura che non risultano intermedi tra quelli misurati per le singole componenti.

(24)

Figura 1.18: Immagini SEM di miscele PLA/PBS a)100/0, b) 99/1 c) 95/5 d) 90/10 e) 80/20 f) 60/40 g) 40/60 h) 20/80 e i) 0/100

Anche la miscela poli(L-acido lattico)/poli(etilen glicol) (27) è compatibile e promuove la crescita degli sferuliti, ma deprime la densità di nucleazione del poli(L-acido lattico), cosicché questi due effetti contrapposti generano una massima velocità di cristallizzazione per la miscela con il 10 % di PEG.

Un’altra miscela molto studiata in letteratura è quella tra il PLA e il poli(ε−caprolattone) (PCL) [28]

[29], la cui struttura è rappresentata in figura 1.19, in cui il sistema è parzialmente miscibile.

Figura 1.19: Struttura del PCL

O H

O

OH n

Inoltre [28] [29] è stato osservato che la velocità di cristallizzazione del Poli(L-acido lattico) aumenta con la presenza di domini di PCL, che agiscono come siti di nucleazione.

T. Furukawa et al. [30] hanno invece analizzato con FT-IR e DSC quattro composizioni di miscele

(25)

PLA dato che si abbassa la sua temperatura di cristallizzazione, ma che nei range di composizione studiati, il PLA e il PHB sono immiscibili.

S.Lee at al. [31] hanno invece notato come il poli(butilen succinato-co-adipato) (PBSA) sia un possibile anti-urtizzante per il PLA.

Un altro polimero studiato frequentemente nei processi di miscelazione è l’amido, utilizzato con lo scopo di abbassare il prezzo di mercato di altri materiali biodegradabili; uno studio condotto da Jo Ann Ratto et al. [32] tratta la compatibilità di una miscela di amido e PBSA; variando il contenuto di amido all’interno della miscela dallo 0 al 30 %, si ottiene un materiale le cui proprietà meccaniche, come l’allungamento e sforzo a rottura, peggiorano, ma risultano costanti in funzione del contenuto d’umidità all’interno. La velocità di biodegradazione aumenta in presenza di amido, soprattutto per la miscela 80/20.

La biodegradabilità del Poli(butilen succinato) (PBS) è stata testata da Jayasekara et al. [33] in miscela con amido; la mineralizzazione a CO2 è pressoché completa in 45 giorni e la potenziale tossicità è stata valutata inesistente utilizzando lombrichi Eisenia Fetida esposti a 30 g di polimero annotando le variazioni di peso degli stessi oltre che a patologie letali a cui eventualmente sono andati incontro.

Infine vi sono due articoli [34-35] che prendono in esame la miscela PLA/PBAT, utilizzata in questo lavoro di tesi,che risulta essere bifase dall’indagine mediante microscopia a scansione elettronica (SEM).

Considerato che la minima differenza tra la Tg dei due polimeri in miscela calcolata tramite misure di DMA e TMA sia un indizio sull’ordine di miscibilità, gli autori affermano che questo risulti:

PLA/PBAT 75/25 > PLA/PBAT 25/75 > PLA/PBAT 50/50

1.3.1 Miscelazione fisica

Dal momento che le strategie di compatibilizzazione sono ormai ben note, a titolo di esempio saranno descritte alcune metodologie utilizzate per compatibilizzare la miscela

PLA/Poli(caprolattone) [29,36,37,38], una delle miscele biodegradabili più studiate in letteratura.

Chang-Hyeon Kim et al. [36] hanno scelto come compatibilizzante un copolimero random di PLA/PCL 50/50 in modo tale che esso si vada a posizionare all’interfaccia tra i due polimeri e ne abbassi la tensione superficiale riducendo le dimensioni dei domini della fase dispersa.

E’ stato osservato che con l’aumentare del contenuto di compatibilizzante diminuisce la cristallinità

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