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1. Piazza Armerina e dintorni

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Academic year: 2021

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Scuola di Architettura Urbanistica Ingegneria delle Costruzioni Corso di Laurea Magistrale in Architettura degli Interni

Anno Accademico 2105/2016

Relatore: Prof. Pier Federico Caliari Correlatore: Arch. Sara Ghirardini

Tesi di Laurea di: Serena Attianese 803983 Eleonora Piccinno 815796 Roberta Premoli 814827

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Il progetto di tesi nasce dall’idea di valorizzare un’importante area archeologica: la Villa Romana del Casale a Piazza Armerina (Enna).

La struttura romana di epoca tardo imperiale, per la sua eccezionale ricchezza di elementi architettonici e decorativi è ad oggi uno degli esempi di villa di epoca romana più famosi e rinomati in tutto il mondo, tanto da essere annoverata, dal 1997, tra i siti tutelati dall’

UNESCO.

Il sito archeologico, oltre che per la sua bellezza e complessità, è anche noto per le vicende relative ai restauri che lo hanno coinvolto negli anni: quello risalente agli anni ’60 a cura dell’Arch. Franco Minissi e quello più recente, del 2005, curato dall’Arch. Guido Meli.

Il dibattitto che ne è scaturito ha riportato alla luce una serie di considerazioni inerenti la teoria e la pratica del restauro. Tuttavia tale dibattito si è poi esaurito con la realizzazione pressoché totale del progetto di recupero e restauro studiato dall’Arch. Guido Meli, il quale ci ha consegnato un “nuova” Villa del Casale, un organismo architettonico oramai concluso e completo su cui risulta ormai superfluo intervenire ulteriormente.

Di conseguenza, il progetto di valorizzazione che si è avuto modo di sviluppare, esula dal sito archeologico in quanto tale cercando di valorizzarne al meglio il contesto naturale immediatamente prossimo e fornendo servizi a sostegno di un nuovo tipo di turismo, non più e non solo basato sulla singola emergenza archeologica, bensì integrato con le risorse locali, siano esse naturali, paesaggistiche, agricole, ...

Il Cammino di Cerere, titolo della nostra tesi ma anche del percorso progettato ad unire i nostri nuovi poli attrattivi, vuole essere un nuovo circuito dedicato allo svago, al benessere, all’arte, all’enogastronomia e alla cultura siciliana più in generale, inserito nel paesaggio che fa da sfondo alla Villa del Casale.

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L’analisi storica e architettonica della Villa del Casale è stato il primo passo compiuto nel momento in cui ci si è approcciate a questo progetto di valorizzazione del sito. Tuttavia tale analisi ci ha condotto alla conclusione che il sito archeologico fosse oramai un organismo completo, definito in tutte le sue parti e non bisognoso di ulteriori interventi. L’ultimo restauro, infatti, ne ha determinato l’immagine in maniera univoca, risolvendo inoltre le problematiche di carattere tecnico rilevate nel corso degli anni.

Partendo da tali presupposti, la nostra attenzione progettuale si è dunque spostata sul paesaggio, particolarmente ricco e affascinante nella zona, ma non ancora esplorato nelle sue potenzialità.

La nostra proposta progettuale, di conseguenza, mira a ‘sfruttare’ il sito archeologico come punto di forza, come centro propulsore ben collegato con le altre risorse culturali del territorio, al fine di promuovere e sviluppare un nuovo tipo di turismo. Lo scopo è quello di realizzare itinerari turistici e territoriali integrati, volti ad incentivare la domanda di fruizione attraverso anche percorsi trasversali, che non siano unicamente riferibili al settore storico- culturale, coinvolgendo anche la popolazione locale in nuove attività connesse con il territorio.

L’obiettivo finale è quello di proporre servizi dedicati al turista - e non solo – che, oltre ad incentivare l’economia locale, creano nuova attrattiva turistica, promuovendo un turismo non più occasionale, ma basato su una scoperta approfondita del territorio, delle sue peculiarità e potenzialità.

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ANALISI DEL TERRITORIO

1. Piazza Armerina e dintorni 2. C’era una volta Philosophiana 3. Gli itinerari alla scoperta del territorio

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1. Piazza Armerina e dintorni

1.1. Il territorio del Comune di Piazza Armerina

Il territorio di Piazza Armerina, principale comune dell’area che ricade sotto la tutela dell’Ente Parco Archeologico della Villa Romana del Casale, associa ai contenuti propriamente ambientali importanti presenze di carattere archeologico, storico, antropologico. L’esplorazione del territorio, quindi, consente di intraprendere non solo piacevoli passeggiate naturalistiche, ma anche di scoprire interessanti e ricchi percorsi storico-archeologici.

Le diverse componenti del paesaggio agrario concorrono alla definizione di un territorio di straordinario interesse, di primitiva bellezza e caratterizzato da una altissima naturalità, talvolta ancora del tutto incontaminata. Accanto agli uliveti, ai mandorleti e ai vigneti, sopravvive ancora qualche noccioleto, testimone dell’intensa coltivazione che se ne fece solo alcuni decenni fa. Il florido manto vegetale naturale, tipico dell’orizzonte mediterraneo, è arricchito da essenze sparse: il fico, il ficodindia, il pistacchio, il gelso.

Le pregevoli strutture abitative rurali in pietra arenaria sono perfettamente integrate nel paesaggio, e testimoniano la fiorente agricoltura praticata in passato nelle campagne piazzesi. Dal punto di vista vegetazionale il territorio presenta una vasta eterogeneità di ambienti quali altipiani, rilievi collinari, rupi, corsi d’acqua. Tutto ciò costituiva un habitat adatto a offrire rifugio a una fauna abbondante e consentire la vita a una grande quantità di specie vegetali.

E’ poi cospicuo il numero di siti archeologi (insediamenti e necropoli) che fanno di Piazza Armerina una cittadina di forte richiamo turistico per il suo pregevole patrimonio archeologico, storico, artistico.

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Tra i siti archeologici di maggiore importanza spicca la Villa del Casale, dimora rurale tardo-romana i cui resti sono situati nell'immediata periferia della città e l’area della Montagna di Marzo.

1.1.1. Montagna di Marzo

Il massiccio di Montagna di Marzo è ubicato a nord-ovest del centro urbano di Piazza Armerina, in una vallata prospiciente al torrente Olivo. La montagna, circondata da un’alta corona di colline, offre una notevole visione panoramica: a est il Cozzo Rametta, a sud il Monte Manganello, a ovest il Monte Polino, a nord il Monte Ramursura e le contrade Serra d’Api e Balatella, tutti luoghi di interesse archeologico.

Sulla sommità di Montagna di Marzo, su un pianoro di circa 15 ettari, era edificata un'antica città identificata in epoca recente con Erbesso. Gli studiosi pensavano che si trattasse di un centro indigeno poi ellenizzato.

Alla prima campagna di scavi regolari, cominciata nel 1962, sotto la direzione del professore Vinicio Gentili, ne fecero seguito delle altre affidate al professore Vito Romano e al Sovrintendente alle antichità della Sicilia orientale Luigi Bernabò Brea, ma fu soltanto nel 1966 che, con l’intervento del professore Luigi Mussinano, dell’Università di Trieste, si riuscì a descrivere e a dimostrare l’esatta estensione del sito archeologico.

Nel 1998, tramite finanziamenti, si aprì uno scavo, condotto dal prof.

Sandro Amata, che permise di cambiare la storia di Montagna di Marzo. Lungo un tratto del muro di cinta che circonda tutta la città, allargando lo scavo, si mise in evidenza un muro semicircolare con blocchi squadrati regolari indicatori di un edificio di una certa importanza, a cui corrispondeva al di là del muro di cinta che lo aveva tagliato in due, il resto della costruzione. Si trattava dei resti delle fondazioni di un teatro di epoca romana. Questi scavi permisero di comprendere la storia di Montagna di Marzo: al villaggio arcaico ed alla città greca era seguita una importante e ricca città romana. La scoperta del teatro romano fu il primo passo

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per la riscoperta di un impianto urbano romano. Ad oggi lo scavo del teatro non risulta ancora essere completato. In particolare si calcola che di tutta la necropoli di Montagna di Marzo solo l'1 % è stata scavata dalle soprintendenze negli ultimi 60 anni, il resto dai clandestini. Delle ricchezze presenti nelle tombe a camera caratteristiche della necropoli, è rimasto ben poco e quel poco disperso in vari musei. In uno di questi scavi sono state rinvenute due tombe di guerrieri siculi con armature, ed un corredo di 200 vasi a tomba, attualmente conservati presso i musei di Agrigento e Caltanissetta. Su 15 vasi a vernice nera, sul fondo sono presenti iscrizioni in lingua sicula che ci rimanda all’invasione delle antiche popolazioni della Sicilia. Le iscrizioni riportano il nome del Re Italo o Sicelio da cui venne il nome della Sicilia nel 1100 a.c. E' l’unico luogo in cui sono stati rinvenuti vasi che attestano la presenza di questo nome. Negli anni 70, poi la ricerca si fermò, non quella dei clandestini che ancora oggi continua.

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1. Montagna di Marzo vista da contrada Fundrò (fonte: http://www.ilcampanileenna.it/)

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1.1.2. L’Ente Parco della Villa Romana del Casale

Il Parco Archeologico della Villa Romana del Casale, Istituto del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali e Identità Siciliana, comprende la cittadina di Piazza Armerina e le aree archeologiche circostanti, tra cui, a nord, l’insediamento pre-greco e romano situato sul rilievo di Montagna di Marzo e, a sud, la statio romana di contrada Sofiana. Ricca di testimonianze storiche e di stratificazioni culturali che si sono succedute nei secoli, l’area territoriale che lo identifica, come un vasto museo all’aperto, si incentra sulla realtà monumentale della Villa del Casale, importante polo agrario e commerciale dell’isola in epoca tardoantica e, oggi, esempio di incommensurabile valore artistico.

Scopo primario dell’Ente è la tutela e gestione di un territorio in cui i luoghi non sono connotati solo a livello paesaggistico ma, come già citato in precedenza, anche e soprattutto dalle importanti presenze archeologiche. La conservazione e la valorizzazione dei suoi beni avviene attraverso una comunicazione con la comunità locale e con i diversi enti territoriali, mirando alla comprensione dei valori storici, archeologici e paesaggistici dell’area.

Per poter fare ciò l’Ente Parco ha avviato una serie di importanti iniziative che comprendono laboratori di ricerca e divulgazione, iniziative di carattere interdisciplinare, etc.

A tale proposito, Palazzo Trigona, prestigioso spazio museale settecentesco situato nel cuore del comune di Piazza Armerina, rappresenta la “porta di accesso” del Parco e ospiterà alcune collezioni stabili, provenienti dagli scavi dei siti archeologici del territorio, oltre che oggetti, documenti e materiali che illustreranno la storia della Città di Piazza Armerina. Il Palazzo ospiterà anche mostre ed allestimenti temporanei, sarà sede di convegni, dibattiti, incontri e diverrà un Centro Studi sui mosaici e sull’archeologia del tardo-antico.

Palazzo Trigona, inoltre, sarà anche sede della BiAM (la Biennale d’Arte del Mediterraneo), in fase di progetto, che si rivolgerà agli

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artisti dell’area mediterranea, sul tema del confronto e della conoscenza delle diverse componenti culturali.

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2. C’ERA UNA VOLTA PHILOSOPHIANA

2.1. Philosophiana, una mansio romana nel cuore della Sicilia

Come titolo di questa sezione, “C’era una volta Philosophiana”, si trae spunto ed ispirazione dal titolo di un itinerario archeologico e paesaggistico promosso dall’Ente Parco della Villa Romana del Casale. Si tratta di un viaggio alla scoperta della mansio Sofiana, in località Mazzarino (CL), attraverso le cui vicende storiche e archeologiche è possibile ricostruire il quadro socio-economico della Sicilia in epoca tardo-antica.

A partire dal III e IV sec. d.C., la Sicilia tornò ad essere un punto nodale sia nel commercio di prodotti cerealicoli, soppiantando il commercio di grano proveniente dall’Egitto, sia nell’importante ruolo di “ponte” tra l’Italia e le regioni dell’Africa preconsolare e della Tripolitania, favorendo così le attività commerciali tra i due Paesi.

La Sicilia, dunque, cominciò ad attrarre da Roma possessores, importanti esponenti dell’aristocrazia romana pronti ad acquisire i grandi latifondi siciliani per intraprendere, controllare e gestire grandi attività agricole, abitando spesso in maestose ville di campagna.

Tra i maggiori latifondi collocati nell’area di Agrigento e Catania, citati anche nell’opera cartografica antica dell’Itinerarium Antonini, si contano da ovest verso est: Corconiana, Petiliana, Calloniana, Philosophiana e Capitoniana. Ad ogni massa corrispondeva una mansio, una struttura attrezzata per offrire tutto quello che necessitava a viaggiatori, spesso funzionari imperiali o militari. In particolare, la mansio della massa di Philosophiana, a cui apparteneva anche la Villa Romana del Casale, è stata individuata nel sito archeologico di contrada Sofiana, vicino al comune di Mazzarino. Quest’ultima, un tempo chiamata dai contadini anche Pitrusa, è posta sul lato meridionale del fiume Gela che, dopo aver

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lambito la parte meridionale della Villa Romana, continua il suo percorso verso il Mediterraneo snodandosi tra i monti Navone e Alzacuda. A nord di Sofiana si erge, oltre al Monte Navone, il Monte Manganello, ad est le colline di Budonetto e Finocchio e, a sud, il declivio Salveria.

Il territorio di Sofiana presenta una vasta ricchezza di paesaggi, colorata dalle diverse produzioni agricole che vi si alternano, in particolare frutteti, oliveti, vigneti e immense distese di grano.

2.2. Origine e storia di Philosophiana

Alcuni studiosi la chiamano Gela sive Philosophianis, si tratta di Philosophiana, identificata nell’area archeologica vicino Mazzarino sia per la similitudine con la toponomastica della contrada Sofiana, sia per il rinvenimento di bolli laterizi recanti la dicitura PHILSOF.

L’origine del nome deriverebbe dal primo proprietario del latifondo, al quale apparteneva il titolo di philosophus, titolo che all’epoca designava personalità di alto rango.

Gli studiosi ritengono che il latifondo di Philosophiana si estendesse per 15.000 ettari ed il suo perimetro fosse delimitato da corsi d’acqua, quali il fiume Porcheria (tratto del fiume Gela) e dal torrente Piazza Armerina a nord-ovest e sud-ovest. A questi si aggiungevano i torrenti Passa Lasagna e della Gatta a sud-est e i torrenti della Gatta e Molino Grande a nord-est.

La storia di Philosophiana è molto antica e articolata, basti pensare che i primi ritrovamenti archeologici risalgono all’età del Bronzo (2.200-1.400 a.C.). Successivamente gli scavi archeologici hanno permesso di ipotizzare che Sofiana avesse accolto, in seguito, un insediamento di età arcaica (IV sec. a.C.). Ulteriori rinvenimenti, soprattutto di materiale numismatico, hanno poi fatto ricostruire una storia romana del sito, iniziata fin dall’età repubblicana. Ma è in età augustea che l’insediamento raggiungere il suo apice e splendore. A seguito delle politiche di riforme imperiali, a cui già si è accennato in precedenza, il centro di Sofiana divenne in breve tempo una realtà agricola ricca e fiorente non solo grazie alla sua

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funzione di centro di raccolta dei prodotti agricoli, ma anche grazie alla sua collocazione lungo un’arteria stradale particolarmente importante, ovvero la strada di collegamento tra Catania e Agrigento, due dei porti più importanti dell’epoca. La cittadina, i cui spazi erano organizzati in maniera regolare, cominciò a dotarsi di strade lastricate e venne delimitata da una cinta muraria, oltre la quale gli scavi hanno permesso di localizzare diverse necropoli.

Quando l’Egitto assunse il ruolo di nuovo “granaio” di Roma, la Sicilia perse la sua egemonia commerciale al centro del Mediterraneo, e molti degli agglomerati abitativi, che vivevano delle rotte del mercato cerealicolo dell’isola, iniziarono lentamente a decadere. L’abitato di Sofiana, oltre a essere coinvolto in questa crisi generale, fu soggetto ad una sorte ancora più funesta, subendo una grave distruzione durante gli ultimi decenni del III secolo d.C..

Il destino del centro urbano fu legato a quello della Villa Romana del Casale, che, in quel preciso periodo storico, possedeva ancora la struttura di una villa rustica.

Superato il passeggero momento di crisi, durante il IV sec. a.C. si assiste ad una nuova rinascita: in contrada Sofiana venne fondata una statio, mentre in località Casale venne edificata la Villa Romana del Casale, quale residenza aristocratica. Per quanto riguarda la stazione di Sofiana, gli studiosi ipotizzano che in quel periodo fungesse da luogo di ricovero per i viandanti, nonché area di mercato con diverse realtà produttive e centro di riscossione delle imposte. Gli scavi effettuati nel 1954 permettono di far risalire a questo periodo una struttura con ventiquattro ambienti, di cui, quelli più occidentali, facevano parte di un complesso termale, costruito su un precedente impianto. Per quel che riguarda gli ambienti sul lato orientale, gli studiosi non hanno riscontrato una funzione specifica, ma, grazie alla presenza di scale, si è supposto che dovessero esserci dei piani superiori. Purtroppo la storia di Sofiana subisce una svolta nel 365 d.C., anno in cui venne distrutta da un terribile terremoto i cui segni distruttori sono rintracciabili anche nelle antiche strutture della Villa Romana del Casale. Tuttavia il sito non venne del tutto abbandonato ma, tra la fine del IV e il V secolo

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d.C., continuò ad avere un ruolo attivo nell’ambito delle attività produttive. Ciò è testimoniato dalla presenza di fornaci all’interno del complesso termale. Inoltre, allo stesso periodo è datata una piccola basilica paleocristiana, a cui appartengono due absidi inserite nel calidarium delle terme. E ancora, fu edificata, nei medesimi anni, anche un’altra basilica paleocristiana, posta su una collinetta nell’estrema zona sud-ovest dell’insediamento.

Il materiale numismatico di Sofiana è così vario e ricco che è possibile attestare con certezza la frequentazione del sito archeologico fino al periodo compreso tra il XII e il XIII secolo.

Tuttavia, in età federiciana, la popolazione di Sofiana si spostò definitivamente verso la città di Mazzarino, abbandonando quell’antichissima area.

2.3. Ritrovamenti archeologici nell’ambito della contrada Sofiana

Gli scavi archeologici dell’area hanno inizio a partire dagli anni ’50 quando alcuni contadini, a seguito del ritrovamento di frammenti di mattoni, tegole e vasi, cominciarono a chiamare la zona “Pitrusa”.

Questa denominazione è riferita solo alla zona archeologica, mentre con Sofiana si fa riferimento all’intera contrada.

Le campagne di scavi vennero seguite da due archeologici: Dinu Adamesteanu, che diresse quello del 1954 e del 1961 e da Francesco La Torre nel 1986, 1988 e 1990.

Gli scavi hanno permesso di delineare la storia di un insediamento di lunghissima durata (circa 1.300 anni), portando alla luce i resti di un abitato difeso da una cinta muraria e caratterizzato da una struttura urbanistica regolare con isolati modulari divisi da strade lastricate lungo le quali si attestavano gli edifici, abitazioni e botteghe. Oltre ai vari edifici di natura abitativa e commerciale vennero rinvenuti i resti di un complesso termale e di una domus gentilizia del tipo “a peristilio”.

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Nel IV sec. a.C. l’abitato venne ricompreso all’interno di un latifondo molto più ampio, Philosophiana, il cui proprietario - molto probabilmente un ricco esponente dell’aristocrazia senatoria – risiedeva nella ben nota e maestosa Villa del Casale. Di conseguenza, è facile supporre che la Villa rappresentasse all’epoca la cosiddetta pars dominica, vale a dire la dimora ufficiale del proprietario, mentre all’insediamento di Sofiana spettava il ruolo di centro produttivo e commerciale, nonché stazione di ristoro e riparo per i viaggiatori lungo la strada Catania Agrigento.

Il sito archeologico, ad oggi e allo stato attuale delle ricerche, si articola principalmente in tre differenti parti, ciascuna delle quali risale ad un differente periodo storico:

La DOMUS: oltre a un tratto di strada e ad alcuni ambienti identificati come botteghe, sul lato settentrionale dell’area archeologica di Sofiana è stata individuata una domus romana. Gli studi hanno permesso di datarla ad un periodo precedente al III sec. d.C.. Di questa è possibile riconoscere il tracciato del colonnato del peristilio, intorno al quale si distribuiscono tre camere, forse cubicula. È inoltre possibile osservare parte della decorazione pavimentale, la quale consiste in un cocciopesto puntellato di roselline in tessere bianche, intorno al quale si disegna una cornice a meandro.

Il COMPLESSO TERMALE: si trova a nord-est dell’abitato e la sua costruzione risale alla stessa epoca in cui venne costruita la Villa del Casale e dove, successivamente, vennero costruite strutture con diverse funzioni. Il complesso è costituito da una ventina di ambienti, alcuni dei quali pavimentati a mosaico. Il complesso subì, nel corso del tempo, svariate modifiche, aggiunte e trasformazioni: il calidarium ospitò un piccolo edificio di culto nel IV sec. e nel VI sec. vennero costruite alcune fornaci per la produzione di coppi e ceramiche.

La BASILICA PALEOCRISTIANA extra moenia: localizzata su una collina a poche centinaia di metri dal confine sud dell’insediamento, presenta una conformazione ben

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riconoscibile grazie alla presenza di tre navate, di un’abside e di un prothyron. Tuttavia le indagini archeologiche hanno permesso di individuare differenti fasi costruttive. Il primo nucleo ad essere realizzato fu l’abside e la navata centrale a costituire una sorta di martyrium, cosa che spiegherebbe la presenza di sepolture nelle immediate vicinanze. Il primo nucleo risalirebbe quindi al IV sec. d.C., mentre l’ampliamento con le due navate al VII sec. e, infine, nel corso del tempo, si aggiunge il prothyron.

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2. Statio Philosophiana, resti della Basilica

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2.4. Catina-Agrigentum, una strada dell’Itinerarium Antonini

L’Itinerarium Antonini Augusti è una raccolta di tutti gli itinerari che attraversavano le regioni dell’Impero romano, dalla Britannia a Bisanzio. Si tratta, nello specifico, di un elenco di percorsi dei quali si indicano la partenza e l’arrivo e, a seguire, le stazioni intermedie con relative distanze espresse in miglia romane.

Non è stata individuata con certezza la funzione di tale documento, si ipotizza che fosse stato redatto per ordinare il sistema postale romano, oppure che fosse il resoconto di una serie di viaggi imperiali o, ancora, uno strumento appositamente creato per i funzionari imperiali addetti alla riscossione fiscale. Ad ogni modo, questo documento ci permette, ad oggi, di avere a disposizione una grande carta geografica dell’Impero romano tra il I e il IV sec. d.C..

Per quanto riguarda la Sicilia, compaiono ben nove itinerari e in due di questi compare la mansio Philosophiana: sia nel percorso A Traiecto Lilybeo, ossia da Messina a Marsala, che nell’Item a Catina Agrigentum, che congiunge appunto Catania ad Agrigento. In tal modo, la località di Filosofiana, pur essendo posta nell’entroterra siciliano, si collega direttamente con le città marittime, come Agrigento e Lilibeo, i cui porti erano luoghi fondamentali per il commercio dei cereali provenienti dall’Africa.

Tale corrispondenza tra la rete stradale e le rotte marine commerciali mostra la rilevanza economica che presumibilmente avevano sia la Villa del Casale e il grande latifondo di Filosofiana nel tardo-impero.

Ancora oggi non è stato individuato con certezza il percorso esatto dell’itinerario, tuttavia sono state avanzate alcune tesi. La prima ipotesi ricostruisce l’itinerario Catina-Agrigentum facendogli percorrere le seguenti tappe: Ramacca – Piazza Armerina – Villa Romana del Casale – Barrafranca (corrispondente alla massa Calloniana) – Sommatino – Naro. Altri studi, invece, ipotizzano un percorso che poteva diramarsi verso Aidone e Morgantina, per poi discendere in direzione di Piazza Armerina da dove sarebbe dipartito un breve tragitto verso la Villa Romana del Casale. Dalla

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residenza tardoantica, per cinque chilometri, la strada raggiungeva la mansio di Sofiana, biforcandosi, così da poter procedere in direzione di Mazzarino e di Naro o, a sud, verso Gela.

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3. GLI ITINERARI ALLA SCOPERTA DEL TERRITORIO

3.1 L’itinerario archeologico

Il Parco Archeologico della Villa Romana del Casale comprende, come è già stato detto, la città di Piazza Armerina e le aree archeologiche circostanti, tra cui, a nord, l’insediamento pre-greco e romano situato sul rilievo di Montagna di Marzo e, a sud, la statio romana di contrada Sofiana.

Tuttavia, tutto il territorio circostante è ricco di testimonianze archeologiche e di stratificazioni culturali che fanno dell’intera area un vero e proprio museo a cielo aperto ed in cui la Villa Romana del Casale diviene il polo centrale e monumentale, sia nella storia che ad oggi, quale esempio architettonico di straordinario valore artistico.

L’itinerario archeologico si snoda attraverso una serie di località quali: Morgantina, Aidone, Centuripe, Pietraperzia, Rossomanno. Va inoltre sottolineata la presenza di un variegato patrimonio archeologico che riguarda la presenza di resti di ville romane tardoantiche dislocate su tutto il territorio siciliano, anche nella parte centrale, nelle vicinanze di Enna e Piazza Armerina.

3.1.1. Morgantina e Aidone

Morgantina è un importante sito archeologico del territorio di Aidone, portato alla luce nel 1955 ad opera dell'Università di Princeton, ed è da considerarsi la scoperta archeologica più importante fatta in Sicilia nel XX secolo. Gli scavi condotti sino ad oggi permettono di seguire lo sviluppo della città per circa un millennio, dalla preistoria all'epoca romana. L'area più facilmente visitabile, recintata dalla Sovraintendenza, conserva resti dalla metà

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del V alla fine del I secolo a.C., il periodo di massimo splendore della città.

La città sorge su un pianoro ed il suo centro urbano è caratterizzato da un reticolato stradale costituito da un'arteria principale da cui si dipartono altre vie ad essa perpendicolari.

Entrando a Morgantina lungo l’antico asse viario cittadino si incontrano, sulla destra, gli edifici pubblici: la Recca, il Gimnasium, il Bouleuterion, l’Agorà, il macellum, l’ekklesiasterion, il teatro, dedicato a Dionisio e capace di contenere 5.000 spettatori. E ancora, il mercato costituito da numerose botteghe e, più lontano, i ruderi del santuario dedicato a Demetra e a Kore, la “Casa del saluto”, la “Casa di Ganimede”.

Ma per completare la scoperta di questo importante sito è necessario anche visitare il museo archeologico di Aidone in cui sono conservati i reperti ritrovati durante le campagne di scavo. In particolare, di grande interesse e di grande impatto visivo è la Venere di Morgantina, attualmente custodita presso il museo archeologico di Aidone cui è giunta il 17 marzo 2011 dopo il contenzioso fra Italia e Stati Uniti dove era esposta presso il Getty Museum a Malibu. In tale occasione, inoltre, venne restituito anche il Tesoro di Morgantina, anch’esso esposto presso il medesimo museo.

Il museo di Aidone, inaugurato nel 1984 all’interno dell'ex convento dei Cappuccini (risalente al XVII sec.) restaurato e trasformato per il nuovo uso, rappresenta, seppur in una realtà marginale, un importante luogo di conoscenza e scoperta del passato. Grazie alla ricca collezione di reperti rinvenuti a Morgantina vengono ripercorse le tappe più significative del cammino civile di una comunità sino a ieri poco conosciuta ed oggi salita alla ribalta dell'attenzione internazionale.

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3. La Venere di Morgantina oggi custodita presso il Museo Archeologico di Aidone

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3.1.2. Centuripe

Anche la località di Centuripe fa parte dell’ideale itinerario archeologico della zona. Essa, oltre alle bellezze paesaggistiche, offre un notevole patrimonio di resti e reperti archeologici, molti dei quali disseminati all’estero nei musei di Parigi, Berlino, Londra, New York e, in Italia, a Catania, Siracusa, Palermo, Trapani, Napoli, Roma e Milano.

Proprio per la grande rilevanza archeologica e la presenza di numerosi siti di interesse archeologico sia nelle aree limitrofe, che nel centro urbano, il territorio di Centuripe è oggetto di ricerca da parte dell'IBAM CNR di Catania. Tra 2009 e 2012, sono stati eseguiti sondaggi con escavazione nei dintorni e in prossimità dell'abitato moderno diretti dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e ambientali di Enna, in collaborazione il Comune, il Museo Regionale Archeologico, l'Associazione SiciliAntica. L’obiettivo finale è quello di redigere una vera e propria carta archeologica dell'antica città.

Il museo archeologico di Centuripe raccoglie moltissime delle testimonianze, dei reperti e dei resti ritrovati in fase di scavo, nonché materiale frutto di donazione o recupero. Tra i reperti di maggiore rilievo si cita: una statua ellenistica di Musa; una colossale testa dell'imperatore Adriano (II secolo); sculture provenienti dall’edificio degli Augustali, che ritraggono membri della famiglia imperiale e imperatori; un eccezionale torso marmoreo loricato, probabilmente di Augusto; una statua femminile acefala con abbigliamento che avviluppa il corpo con artificiosi panneggi; vasi di tipo centuripino pregevoli prodotti di fabbriche locali fra III e II secolo a.C. decorati con motivi a rilievo e scene dipinte con tempere policrome; soggetti del culto dionisiaco; una preziosa collezione di ceramica preistorica, materiali da necropoli greche e iscrizioni funerarie latine.1

1 Informazioni tratte da: http://www.museionline.info/tipologia/item/museo- archeologico-di-centuripe.html

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4. Interni del Museo Archeologico di Centuripe (fonte: SiciliAntica Centuripe-Associazione per la valorizzazione dei Beni Culturali)

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3.1.3. Pietraperzia

Nella campagna dei dintorni di Pietraperzia è possibile scorgere le molte località che presentano insediamenti appartenuti a varie epoche. In particolare, su una collina in contrada Runzi, si notano ancora oggi i resti di un palazzo che si suppone sia stato, fin dall’antichità, una stazione per la via che da Pietraperzia portava all'antica Pitiliana per congiungersi poi con la strada Catania – Agrigento.

Numerosi sono i reperti archeologici ritrovati in tutto il territorio di Pietraperzia. Oltre a diverse tombe rupestri, del periodo siculo è possibile ammirare una giara monocroma conservata nel Municipio, un bicchiere ovoidale, frammenti di ceramica di cultura locale, raschiatoi ecc, mentre del periodo greco e romano-bizantino sono stati rinvenuti frammenti di ceramica e parecchie monete bronzee.

I siti di maggior interesse risalgono all’età preistorica e se ne contano circa cinquanta, tra cui la misteriosa “Piramide” di Cerumbelle. La posizione del sito archeologico è poco fuori la cittadina, su una piana dove la piramide domina con i suoi 12 metri di altezza, 55 metri di lunghezza e 30 di larghezza.

La piramide ha una struttura collinare e piramidale ed è formata da gradoni al di sopra dei quali si presentano degli ambienti ricavati all’interno di strutture monolitiche. Sulla sommità della piramide, si trovano due elementi ricavati nella roccia che assomigliano ad altari ed in cui è inserito un sedile rituale.

Poco lontano dalla piramide è poi possibile ammirare due grandi cavità di forma circolare, che si ipotizzano essere luoghi di sacrificio.

La piramide non è il solo sito archeologico della zona, ma sicuramente doveva fare parte di un villaggio siculo-sicano, dal momento che pochi metri più avanti è possibile osservare i resti di abitazioni risalenti al periodo neolitico.

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3.1.4. Le necropoli di Rossomanno

Sulle colline di Rossomanno, tra Valguarnera e Piazza Armerina, è possibile incontrare imponenti ruderi a testimonianza di un centro indigeno ellenizzato.

Arrivando a Rossomanno, ciò che si incontra innanzitutto è la necropoli di Rocca Crovacchio in cui gli scavi archeologici effettuati hanno permesso di portare alla luce deposizioni funerarie risalenti al VII-IV sec. a.C.. Sulla collina vicina, detta “Serra Casazze”, è possibile rintracciare i cospicui resti dell’abitato di età arcaica ma, sparse sulle colline attigue, rimangono tracce di abitazioni di varie epoche, sia ellenistiche che medioevali. Inoltre, sulla collina che da ovest ad est segue Serra Casazze, è stato ritrovato un sistema di fortificazione particolarmente imponente, delineato da un’articolazione di avancorpi e postierle.

Infine, sulla sommità del Castellazzo si trova una costruzione di epoca medioevale, molto probabilmente un torrione con funzione di avvistamento, denominato “degli Uberti” dai signori del luogo.

Altre emergenze, ormai quasi del tutto ridotte a ruderi, sono il Convento dei monaci benedettini nella parte meridionale di Rossomanno e la basilichetta medioevale di Serra Casazze.

3.1.5. Ville tardoantiche in Sicilia

L’intera regione Sicilia è ricca di resti di ville romane tardoantiche, seppur di minore entità rispetto al grande e monumentale complesso della Villa Romana del Casale, il quale resta un unicum all’interno del territorio siciliano. Queste ville si trovano sparse su tutto il territorio, in particolare nell’area settentrionale lungo la costa, nell’area sud-orientale e nell’area centrale.

La zona settentrionale, in particolare, vanta la presenza di alcune ville marittime, residenze suburbane per esponenti dell’aristocrazia romana, databili al III/IV sec.. Queste sono dislocate lungo la Via Valeria che all’epoca collegava Messina a Palermo fino a Lilibeo, nello specifico nelle località di Patti, Bagnoli e Settefrati.

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Il complesso più importante e ricco di testimonianze è quello della villa di Patti Marina. Quest’ultima ha avuto differenti fasi edilizie: un primo edificio risalente al II/III sec. d.C., organizzato attorno ad un piccolo peristilio ed abbattuto all’inizio del IV sec. per costruirvi una villa di maggiori dimensioni. Il complesso ruota, come tipico della tradizione architettonica romana, attorno ad un peristilio sul quale affacciano diversi locali. I più rilevanti risultano essere un vano absidato lungo il lato orientale e una sala tricora che, posta al centro del percorso meridionale e introdotta da un arco impostato su possenti pilastri, doveva svolgere un ruolo dominante. Oltre al nucleo centrale del peristilio, gli scavi hanno indagato anche altre zone, individuando, nell’area nordorientale, un impianto termale, considerato coevo alla villa risalente al IV secolo. A sud della sala tricora è stata rintracciata un’aula absidata particolarmente grande, che ricorda la basilica di Piazza Armerina, ma la sua collocazione in direzione est-ovest, fuori asse rispetto al nucleo del peristilio organizzato su una linea nord-sud, lascia dubbi sulla sua funzione e sulla sua datazione.

Un’altra dimora tardoantica si trova a pochi chilometri a ovest di Cefalù in località Settefrati. All’inizio degli anni ’90, sono stati messi in luce i resti di una villa collocata sul limite di uno sperone roccioso a strapiombo sulla spiaggia. A causa delle precarie condizioni e dei danneggiamenti subiti nel corso del tempo, è difficile risalire all’esatta struttura e consistenza della villa. Tuttavia, gli studi condotti fino ad ora suggeriscono che si trattasse di una lussuosa villa marittima, appartenuta a un ricco proprietario terriero della vicina Cefalù.

Di minore entità sono i resti di una villa marittima in contrada Bagnoli-San Gregorio presso la cittadina di Capo d’Orlando, messi in luce da alcuni scavi fortuiti condotti nel 1986. Gli scavi hanno evidenziato la presenza di un impianto termale, mentre il resto della villa doveva estendersi a nord verso il mare.

Anche l’area centrale della Sicilia presenta tracce di ville tardoantiche, in particolare nelle località di Rasalgone presso il

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comune di Piazza Armerina, e in contrada Geraci presso il comune di Enna.

A Rasalgone, nello specifico, sono emerse tracce di una villa tardoimperiale. Essa appare disposta su più livelli, seguendo la tendenza architettonica ad adattare le strutture alla conformazione del terreno e a sfruttare la pendenza per usufruire delle acque del vicino torrente Liano, incanalato verso la villa tramite appositi condotti di piombo ancora conservati nelle murature. È noto un solo mosaico pavimentale composto da una serie di squame bicolori che stabilisce un diretto confronto con l’ornato musivo della corte d’ingresso nella villa del Casale.

Di scoperta recente è la villa visitabile in contrada Geraci. All’inizio degli anni ’90 sono emersi resti di una villa rustica databile all’inizio del III secolo d.C. Quest’ultima risulta essere costituita da cinque stanze, di cui quella orientale è la più grande ed è dotata di un’abside a nord, mentre l’insieme degli ambienti, a sud e a ovest, era chiuso da un peristilio. Sono state rintracciate anche altre strutture, in parte sovrapposte a quelle della villa rustica, attribuibili ad una seconda fase abitativa del sito attorno al X-XI secolo.

Tale fenomeno, ovvero il riuso del sito romano in età normanna, rappresenta un fenomeno molto diffuso in Sicilia e che si verifica anche nella Villa Romana del Casale.

Infine, nella zona sud-orientale della Sicilia, si trovano due complessi tardoantichi uno dei quali, a Tellaro, rappresenta un’interessante scoperta archeologica degli ultimi decenni in Sicilia. Situata in provincia di Siracusa, presso la foce del fiume Tellaro, la villa è stata ritrovata al di sotto di una fattoria sette-ottocentesca, le cui fondazioni hanno gravemente danneggiato murature e mosaici.

Tuttavia, gli “scavi chirurgici”, sotto la guida del soprintendente Giuseppe Voza, hanno permesso di ricostruire la struttura della residenza, organizzata a partire da un peristilio attorno al quale si distribuiscono i vari ambienti. I pavimenti dovevano essere interamente mosaicati con elaborate composizioni, come accade nella villa del Casale, ma restano solo quelli di tre stanze e di parte del porticato. In generale, si può affermare che lo stile dei mosaici

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del Tellaro appartiene alla corrente stilistica nordafricana, ma il loro carattere più stilizzato e più espressionistico, una minore attenzione alle proporzioni e una composizione più affollata pongono la datazione dei mosaici alla seconda metà del IV secolo, ovvero ad una fase successiva rispetto ai mosaici della Villa del Casale.

Di minore entità è la villa scoperta in contrada Orto Mosaico nel territorio di Giarratana in provincia di Ragusa. Gli scavi hanno riportato alla luce un settore della villa costituito da sette ambienti disposti a nord di un porticato. I primi saggi effettuati hanno individuato la presenza di elaborati mosaici geometrici, che, insieme ad altri dati archeologici, pongono una sua datazione al III-IV secolo.

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5. Resti della Villa Romana di Patti, uno dei complessi archeologici più significativi della zona

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3.2. L’itinerario naturalistico: i percorsi dell’otium tra natura e cultura

Il territorio della Sicilia, oltre ad un patrimonio storico e culturale di notevole interesse, vanta una varietà e ricchezza paesaggistica di estremo valore. In particolare, se si fa riferimento alla zona circostante la Villa Romana del Casale, oggetto del nostro interesse, non mancano riserve naturali e naturalistiche incontaminate e rigogliose, che anche in passato affascinarono gli abitanti della Sicilia e non.

Laghi, monti e boschi diventano dunque lo scenario perfetto per attività outdoor quali: passeggiate, trekking, trail, mountain bike, birdwatching e percorsi a cavallo. Questi sono solo alcuni esempi di modalità attraverso cui entrare in contatto con un paesaggio rimasto ancora oggi incontaminato, vivendo quell’otium che, per gli antichi romani, era il tempo dedicato al riposo, alla spensieratezza, a contatto con la cultura e la natura.

3.2.1. Riserva Naturale Orientata Rossomanno, Grottascura, Bellia e Parco Ronza

Un ideale itinerario naturalistico della zona non può non contemplare il “polmone verde” della Riserva Naturale Orientata Rossomanno, Grottascura, Bellia e Parco Ronza. La riserva è la meta ideale per appassionati di sport outdoor e presenta una fitta rete di percorsi e sentieri adatta a chiunque e di ogni grado di difficoltà.

Interessante è anche la possibilità di raggiungere la zona archeologica di Rossomanno attraverso la Riserva, partenza dall’area di sosta e ristoro di Parco Ronza.

L’area della riserva presenta un rimboschimento a conifere e, geologicamente, è costituita da altipiani sabbiosi e alture che raggiungono i 900 metri s.l.m.. Tra i rilievi principali vi sono il Monte Serra Casazze, il Monte Rossomanno e Cozzo Bannata. Il territorio della riserva è poi solcato da diversi corsi d’acqua a carattere

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torrentizio, tra cui il Vallone Rossomanno, il Grottascura e il Cannarozzo.

Grazie alla presenza di sentieri sterrati, per lo più pianeggianti e circondati dal sottobosco, la Riserva diviene luogo ideale per escursioni fuoriporta di ogni grado di difficoltà e per ogni tipo di preparazione atletica. Inoltre la riserva consente, per gli appassionati del genere, altri tipi di attività quali il birdwatching, grazie alla presenza di una ricca fauna di volatili. In alternativa ci si può cimentare nella corsa/trail, nella mountain-bike e nel trekking.

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6. I cosiddetti 'Pupi Ballerini' presenti all'interno della Riserva Naturale Orientata di Rossomanno, Grottascura e Bellia

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3.2.2. Il bosco demaniale e il rilievo di Monte Navone

Ad ovest di Piazza Armerina e a sud della Villa Romana del Casale, si erge il Monte Navone, appartenente alla catena dei monti Erei, raggiungendo i 754 metri s.l.m..

Il monte non è noto esclusivamente a livello paesaggistico ma anche per le vicende storiche ed archeologiche che lo coinvolgono. Nella prima metà del Novecento, infatti, l’archeologo Paolo Orsi durante una esplorazione scoprì i resti di un antico borgo e cocci risalenti al IV-III sec. a.C., oltre che fittili di età bizantina e dell’alto Medioevo.

Tuttavia, nonostante gli studi e le ricerche effettuate, non si seppe mai con certezza l’origine del borgo. Negli anni ’50 vennero effettuate nuove esplorazioni e, oltre al ritrovamento di nuovi materiali databili tra il VI sec. a.C. e l’età medioevale, furono portate alla luce quattro camere sepolcrali risalenti, grazie ai reperti ritrovati all’interno di una di queste, al VI sec. a.C..

Ma è nel 1960, con gli studi dell’archeologo Adamesteanu, che si arriva ad una svolta: grazie ad una ricognizione aerea si poté verificare come sul Monte Navone ci fossero due zone distinte, una ad occidente distaccata dalla zona dell’abitato e quest’ultima situata sul lato orientale e protetta da una struttura difensiva ricavata grazie allo scavo di un fossato esterno. Lo studio del rilievo portò quindi ad ipotizzare che la zona situata ad occidente potesse ospitare un’acropoli.

3.2.3. La riserva naturale speciale del Lago di Pergusa

Il Lago di Pergusa, divenuto oggi Riserva Speciale, è da sempre avvolto da un alone di mitologia e leggenda. Secondo la leggenda Ade, dio degli Inferi, avrebbe rapito presso le rive del Lago di Pergusa la slpendida Kore, figlia di Demetra, dea delle messi e del grano. Questo luogo, oltre ad essere fin dall’antichità l’affascinante scenario di un racconto mitologico, offre ad oggi un’esperienza immersiva nella natura grazie alla presenza di un paesaggio naturale ancora incontaminato e ricco di specie animali. È proprio

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7. Paesaggio del Monte Navone

8. La Riserva Naturale Speciale del Lago di Pergusa

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per la presenza di questi paesaggi ancora intatti e rigogliosi che si pensava, nell’antichità, che il Lago di Pergusa fosse il luogo in cui nacquero le quattro stagioni.

Nel 1995 la Regione Sicilia istituì la Riserva è l’area venne definita

“[...] ambiente lacustre di origine tettonica, che, per la sua estensione ospita una ricchissima varietà di avifauna, rappresentando l’unica zona umida di sosta nel cuore della Sicilia per gli uccelli migratori”.

Facilmente raggiungibile dal comune di Piazza Armerina, ma anche da ogni parte dell’isola grazie alla sua posizione strategica centrale, il Lago di Pergusa si offre a svariate attività outdoor. In particolare, la Riserva è il luogo ideale per gli amanti della mountain bike in quanto il lago è raggiungibile tramite una strada poco o nulla trafficata che alterna tratti asfaltati e non, attraversando le colline siciliane in un’alternanza di paesaggi boschivi e campagne.

Un’altra attività offerta dalla Riserva è il birdwatching grazie alla presenza di una ricca avifauna che conta numerosissime specie di anatre, rapaci, rallidi e altri volatili. Tra marzo e maggio e tra ottobre e novembre il lago diviene luogo di raduno di svariate specie di uccelli migratori, molte delle quali protette. Nel resto dell’anno, invece, è possibile osservare gli svernanti o gli uccelli stanziali.

3.2.4. La Riserva Naturale Orientata “Monte Altesina”

La Riserva Orientata deve il suo nome al Monte Altesina, anticamente chiamato Mons Aerus, il rilievo più alto dei Monti Erei grazie alle sue due vette che raggiungono i 1.192 m e i 1.180 m s.l.m..

Il monte è da sempre una meta molto ambita da viaggiatori e amanti della natura grazie ai suggestivi panorami dell’entroterra siciliano. Il paesaggio offerto dalla Riserva varia continuamente, offrendo un ambiente diversificato nelle sue caratteristiche morfologiche: dalle rupi prive di vegetazione, ai pendii più ondulati ricoperti da una fitta macchia boschiva, fino ai pascoli situati ai piedi della montagna. Inoltre il territorio della Riserva risulta essere assai ricco d’acqua grazie ad una estesa rete idrografica.

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La varietà morfologica della Riserva consente la vita di numerosissime specie arboree e floreali, nonché una ricca fauna di mammiferi, rettili e volatili.

Agli aspetti paesaggistici e naturali si affiancano altri di carattere storico. La Riserva infatti prevede un apposito sentiero tramite il quale si raggiungere il sito archeologico. Questo testimonia come il monte fosse abitato sin dagli albori della civiltà. Sono infatti rimaste tracce di ambienti scavati direttamente nella roccia, caratteristica quest’ultima risalente all’epoca preistorica e protostorica, e di un abitato costituito da ambienti a pianta quadrangolare in pietrame misto, di epoca più tarda. Secondo gli studi questo abitato venne abbandonato in seguito alle guerre puniche o servili e, in epoca romana, le vette vennero utilizzate principalmente per il pascolo dei greggi.

3.2.5. La Riserva Lago Biviere di Gela

Il Biviere di Gela è ricordato sin dall’antichità per le sue sorgenti curative ma anche perché è una delle più rinomate saline del sud della Sicilia. Già Plinio il Vecchio lo citò in uno dei suoi scritti per la lucentezza del sale di cui erano composte le sue acque che, raccogliendosi sugli argini, rifletteva le immagini.

Nella metà del III sec. d.C., poi, anche Caius Iulius Solino descrisse nei suoi testi la presenza di due sorgenti, entrambe con proprietà particolari: si diceva infatti che una rendesse sterili le donne, mentre l’altra garantiva la fecondità.

Fin dal Medioevo il Lago venne utilizzato come salina per poi essere trasformato, in epoca moderna, nel 1582, in biviere (lago, palude).

In seguito designato come riserva di pesca e caccia e frequentato da grandi personalità quali, ad esempio, Camillo Benso Conte di Cavour, il Biviere è oggi una delle riserve più famose grazie alla biodiversità che caratterizza il suo ambiente.

Il lago si trova a circa 1,3 km dal mare, separato da questo tramite un sistema di dune chiamate “macconi” e presenta una ricca vegetazione, dal canneto, ai prati, ai boschetti di tamerici. Oltre ad

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una ricca flora, la zona è frequentata da una varietà di mammiferi, rettili, insetti ed anche anfibi.

Anche qui il birdwatching è l’attività dominante in quanto ogni anno la zona si arricchisce di numerose specie di volatili che trovano nell’ambiente lacustre l’habitat ideale per nutrirsi e nidificare.

Lungo il tragitto tra Piazza Armerina e Gela si incontra la Riserva Naturale Orientata Sugherata di Niscemi, posta esattamente a nord-est, in linea d’aria, rispetto al Lago Biviere. Si tratta di un’area protetta che rappresenta, come afferma lo stesso decreto di istituzione della Riserva, “[...] il più importante relitto di sughereta mista a lecceta esistente nella Sicilia centrale”. La riserva boschiva prende il nome dalla presenza della sughera, una quercia sempreverde che raggiunge i 5-15 metri di altezza. La riserva di Niscemi accoglie al suo interno un vero e proprio patrimonio di querce da sughero che presentano un diametro del tronco che può arrivare fino a cinque metri. La cittadina di Niscemi, fondata nel XVII secolo, ebbe modo di sfruttare questa importante risorsa che, ben presto, divenne per la zona una fonte economica primaria.

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10. La Riserva Naturale Orientata "Monte Altesina"

9. La Riserva Lago Biviere di Gela

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3.2.6. La Riserva Naturale Monte Capodarso e la Valle dell’Imera meridionale

Questa Riserva, racchiusa tra la provincia di Enna e Caltanissetta, comprende gran parte della Valle solcata dal fiume Salso, il quale attraversa le alture di Monte Sabucina, Monte Capodarso e il Monte del Besaro.

L’area è conosciuta ed abitata sin dall’età del Bronzo fino al IV sec.

a.C., basti pensare all’antica città di Sabucina. Grande importanza ha il fiume Imera, tramite il quale dalle coste i Greci riuscirono a penetrare nel cuore della Sicilia, fondendosi con le culture locali. Il fiume ebbe anche l’importante ruolo di confine, frontiera, prima tra le popolazioni indigene locali (Sicani e Siculi), poi, tra le due grandi potenze rappresentate dai Greci e dai Romani.

Data la composizione geologica gessoso-solfifera, questa zona, ora protetta, venne sfruttata come cava di zolfo, subendo i gravi danni derivati dall’impatto delle due miniere di Trabonella e Giumentaro.

Nel 1999, però, con l’istituzione della Riserva Naturale l’area è sotto tutela e si occupa della salvaguardia e protezione dei due grandi protagonisti naturali: i monti e il fiume Imera. Tra i monti più imponenti e attrattivi, in particolare, si cita il Monte Capodarso (795 m) e il Monte Sabucina (706 m).

Il fiume Imera, invece, attraversa da nord a sud l’intera Riserva e ha la particolarità di accogliere, a causa della sua peculiare salinità dovuta al fatto che alcuni suoi affluenti durante il loro percorso attraversano terreni ricchi di Salgemma, una vegetazione tipica delle zone costiere e degli ambienti marini.

La fauna all’interno della Riserva è particolarmente ricca e, come sempre, l’avifauna offre la possibilità di praticare il birdwatching per tutti gli amanti del genere.

3.2.7. Il vulcano Etna e il primo Parco della Sicilia

Spostandosi nei dintorni di Enna e Catania, e in generale nel centro della Sicilia, non è possibile non notare la maestosa vetta del

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vulcano Etna che spicca nel paesaggio. L’area del vulcano è divenuta, nel 1987, la sede del primo Parco in Sicilia. Il Parco con i suoi 59000 ettari si pone come compito quello di “[...] proteggere un ambiente naturale unico e lo straordinario paesaggio che circonda il vulcano attivo più alto d’Europa e di promuovere lo sviluppo ecocompatibile delle popolazioni e delle comunità locali.”

I boschi, i sentieri, i panorami, i prodotti tipici e i centri storici dei comuni limitrofi rappresentano ogni anno un invito per tutti i viaggiatori e gli amanti della natura e dell’enogastronomia.

Il Parco, inoltre, valorizza e tutela un ambiente che riesce a coniugare la forza della montagna con un terra generosa e fertile.

Questa integrazione tra la natura più selvaggia e la presenza dell’uomo, che nel tempo ha modellato le terre limitrofe al vulcano, ha reso del tutto peculiare il paesaggio del Parco. È facile, infatti, imbattersi in sistemi di terrazzamenti e coltivazioni che rievocano antichissime tradizioni, nel rispetto del territorio e della produzione, sempre finalizzata a preservare la derivazione biologica dei prodotti. Ne è un esempio la coltivazione dell’uva, conosciuta per le sue proprietà organolettiche e che è identificata dal Parco dell’Etna come “inestimabile patrimonio ereditato”.

La sede ufficiale dell’Ente è situata presso il comune di Nicolosi, all’interno dell’ex Monastero dei Benedettini di San Nicolò La Rena, antico e prestigioso edificio di grande valore storico e architettonico attorno al quale nacque e si sviluppò la comunità di Nicolosi. Il Monastero, restituito alla collettività dopo lunghi anni di abbandono e un complesso lavoro di risanamento conservativo, rappresenta, per le genti dell’Etna ma anche per tutti i visitatori del Parco, uno spazio riconquistato alla cultura, alla natura, alla promozione dei prodotti tipici locali. All’interno dell’edificio è stata realizzata un’area museale vulcanologica, che illustra le caratteristiche fondamentali dell’Etna: la storia geologica, le grotte, le colate laviche, le “bombe vulcaniche”.

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11. La Riserva Naturale Monte Capodarso

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12. Il vulcano Etna e il paesaggio circostante

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LA VILLA ROMANA DEL CASALE

1. La Villa Romana del Casale oggi, bene dell’UNESCO 2. La Villa attraverso la storia

3. Le campagne di scavo

4. Gli interventi di restauro della Villa Romana del Casale 5. Architettura della Villa

6. Gli apparati decorativi della Villa

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1. LA VILLA ROMANA DEL CASALE OGGI, BENE DELL’UNESCO

La Villa, tutelata dall’UNESCO dal 1997, può considerarsi uno degli esempi più significativi di dimora di rappresentanza dell’Occidente romano.

In particolare, ciò che ha sempre affascinato della Villa Romana del Casale, dai primi scavi effettuati nell’ ‘800 sino ad oggi, sono i resti degli straordinari mosaici e dei pavimenti policromi di età tardo imperiale. Proprio l’impressionante complesso musivo ha determinato l’inserimento della Villa nella lista dei Siti Unesco e ne ha fatto una delle più importanti testimonianze del genere architettonico della “villa romana”, in quanto il sito della Villa del Casale associa ai caratteri architettonici e decorativi di alto valore elementi di aspetto più funzionale, a testimonianza di un ruolo chiave nelle attività produttive dell’epoca legate alla sua collocazione rurale (oleocoltura, viticoltura, cerealicoltura, allevamento, etc.).

La Villa Romana del Casale, insieme a tutti gli altri siti italiani e non inseriti nell’elenco del Patrimonio Unesco, deve predisporre e attuare degli appositi Piani di Gestione al fine di adempiere agli obblighi stabiliti dall’Unesco. I Piani di Gestione sono degli strumenti operativi che assicurano la tutela, conservazione e protezione del Bene così che quest’ultimo possa essere trasmesso alle generazioni future. Oltre a ciò, il Piano è finalizzato alla valorizzazione culturale e socioeconomica del Bene. Nello specifico, il Piano di Gestione della Villa Romana del Casale “[...] mira ad implementare il valore del sito attraverso specifici piani d’azione, basati su strategie di conservazione, tutela, valorizzazione, ricerca e comunicazione”.

Dal 2006 il sito è divenuto oggetto di un sistematico intervento conservativo di recupero, le cui linee guida sono state tracciate dall’Alto Commissario Vittorio Sgarbi e attuate dall’Amministrazione

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Regionale dei Beni Culturali, con fondi provenienti dall’Unione europea, su progetto e Direzione dei Lavori dell’ Arch. Guido Meli.

L’intervento coinvolge circa 3000 mq di superfici pavimentali musive ed in opus sectile, oltre a numerosi dipinti murali policromi, nonché la riconfigurazione della volumetria degli spazi originari. Inoltre sono state adottate scelte formali e materiche in grado di permettere una migliore conservazione e fruizione della Villa da parte dei visitatori.

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13. Come si presenta oggi la Villa del Casale a seguito del restauro del 2005

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2. LA VILLA ATTRAVERSO LA STORIA

L’impianto della residenza tardo antica del IV sec d.C., sorge al di sopra di una villa rustica che risale tra il I e la seconda metà del III secolo d.C., periodo, quest’ultimo, a cui si possono attribuire strati di distruzione presso il portale monumentale d’ingresso e le terme, oltre a reperti archeologici, tra cui alcuni esempi di ceramiche e monete riferibili al 250-280 d.C..

A seguito di processi storici, avvenuti nel corso del V e VI secolo, che mutano la compagine sociale ed economica dell’isola a causa delle invasioni dei vandali e della guerra greco gotica, le strutture della Villa si adattano a finalità difensive in un preciso programma di fortificazione. Durante le campagne di scavo, infatti, sono stati ritrovati contrafforti a sostegno di diversi ambienti, nonché la chiusura delle arcate superstiti dell’acquedotto collegato alle terme.

Si assiste così ad un progressivo processo di abbandono e trasformazione degli ambienti, i quali vengono occupati da nuove strutture abitative che si sovrappongono a quelle preesistenti o al di fuori del perimetro dell’edificio di epoca tardo imperiale.

In particolare, gli scavi effettuati hanno permesso di individuare vani abitativi risalenti all’occupazione araba (X-XI sec.) e normanna (XI- XII sec.), sintomo di una nuova ripresa insediativa a seguito dell’alluvione che interessò tutto il territorio all’incirca nel 1000 d.C..

Il villaggio medievale che ne deriva, prende il nome di Palàtia, Blàtea, Iblâtasah, così come definito da Edrisi, geografo arabo, fino ad assumere la denominazione di Plàtia. Considerato, forse, tra i più estesi e articolati della Sicilia, viene distrutto durante il regno di Guglielmo I nel 1160-61 e, due anni dopo, viene fondata una nuova città fortificata nell’attuale sede di Piazza Armerina. La persistenza di realtà insediative più strutturate nella zona appartenente al sito in cui sorgeva la villa romana viene rilevata, ancora, nel XV secolo, con la presenza di un centro, conosciuto come Casale, da cui ha tratto il nome.

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2.1. I-III secolo, l’antica Villa Rustica

Fin dal I secolo d.C. viene costruita una villa alle pendici del monte Mangone. Essa è testimoniata da alcuni resti murari ritrovati al di sotto del livello dell’edificio del IV secolo.

Scavi archeologici hanno evidenziato strutture appartenenti ad un edificio di alto livello, precedente alla costruzione tardo antica, una villa rustica, di fine I e inizi II sec d.C., con muri di pietre a secco o cementate di fango, comprensiva di un impianto produttivo e di una zona abitativa che includeva una struttura termale risalente al III sec, rinvenuta nello strato sottostante al mosaico della Palestra.

La tipologia richiama un ambiente absidato con suspensurae, disposto con il medesimo orientamento del vano che lo ospita e appoggiato a due ambienti con pavimentazione in coccio pesto.

Altre testimonianze rilevanti della villa rustica, la cui disposizione sembra aver influenzato l’orientamento delle terme, della sala triabsidata e del peristilio ovoidale, sono collocate sotto il mosaico dell’Ambulacro della Grande Caccia, situato ad est della residenza tardo antica, in cui sono stati ritrovati parte del muro perimetrale della villa e un muro più sottile, perpendicolare ad esso, con funzione di parete divisoria tra i due ambienti.

Ancora, sono presenti strutture nell’ambiente sottostante ad ovest dell’ingresso monumentale e nell’angolo sud ovest del cortile vestibolo alla latrina del peristilio, dove si identifica un perimetro rettangolare con orientamento in parallelo a quello dell’impianto termale tardo romano. Ulteriori resti della villa rustica sono contenuti all’interno del Peristilio.

Studi compiuti rilevano che, in una fase intermedia, tra la costruzione di II sec. e la villa tardo antica, la posizione occupata dall’ingresso fosse la medesima.

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14. Villa del Casale con evidenziate le fasi costruttive. Aggiornamento di E. Gallocchio, da P. Pensabene, C. Bonanno (a cura di), L’insediamento medievale sulla Villa del Casale…, cit., tav. VIII. In verde le porzioni risalenti al I-III sec. d.C.;

in rosso le porzioni di Villa Tardoantica; in azzurro gli edifici medioevali e moderni

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2.2. IV secolo: l’età d’oro della Villa Tardoantica

Il IV sec. è da considerarsi l’età d’oro, il periodo di massimo splendore e sviluppo della residenza, la quale si arricchisce di un ricco apparato decorativo, di imponenti ambienti di rappresentanza e di una struttura termale non più privata, bensì aperta al pubblico.

Le ipotesi di datazione della villa tardoantica oscillano tra la fine del III secolo e la fine del IV secolo, ma è prevalente l’opinione che si tratti di un edificio creato nella prima metà del IV secolo. La maggior parte degli studiosi ritiene che la villa e la sua decorazione siano state realizzate in un’unica fase, ma la definizione di una data è varia poiché prende le mosse da differenti punti di vista. Ad esempio, storici dell’arte che hanno indagato lo stile dei mosaici hanno datato la loro stesura al 320-360 (Bianchi Bandinelli, 2002)2; invece, chi ha ritenuto che la villa sia stata commissionata dall’imperatore Massimiano (Gentili, 1999)3 o dal figlio Massenzio (Kähler, 1969)4, pone una datazione tra il 290 e il 312. Vi è anche un fatto storico rilevante trasmesso dalle fonti, ossia una serie di terremoti avvenuti in Sicilia tra il 362 e il 365 d.C. che possono avere interessato anche la villa del Casale, danneggiandola, comportando interventi di ristrutturazione, o forse di intera riedificazione.

Un elemento molto interessante per la datazione è l’obelisco raffigurato nella scena del circo del mosaico della palestra. Esso riproduce il Circo Massimo di Roma, nel quale l’imperatore Augusto, nel 10 d.C., sceglie di collocare un obelisco proveniente dall’Egitto.

Esso, innalzato al centro della spina, viene trasferito verso la curva nel 327 per fare spazio ad un altro obelisco più grande, che giunge a Roma solo trent’anni dopo ad opera di Costanzo II. Nel mosaico di Piazza Armerina ne è raffigurato solo uno, decentrato: sembra di potere osservare il momento dello spostamento del primo obelisco, che pone l’esecuzione dell’opera tra il 327 e il 357 d.C..

2 R. Bianchi Bandinelli, Roma. La fine dell’arte antica, Milano 2002.

3 G.V. Gentili, La villa romana di Piazza Armerina, Palazzo Erculio, 3 voll., Osimo 1999.

4 H. Kähler, La villa di Massenzio a Piazza Armerina, in «Institutum Romanum Norvegiae. Acta ad Archaeologiam et Artium Historiam Pertinentia», 4, 1969.

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Alcuni studiosi ritengono che la villa sia stata costruita in più fasi, tendenzialmente ravvicinate e frutto della stessa concezione architettonica; questo aiuterebbe a spiegare l’originalità della conformazione della struttura, la quale non presenta una geometria univoca. Basti pensare all’ambiente del peristilio ovoidale a sud della residenza, che risulta una struttura “in più” e fuori asse rispetto al nucleo centrale del peristilio quadrangolare. Tutto ciò fa supporre che la Villa sia il frutto di una successione di tre fasi edilizie come già ipotizzato recentemente dall’ Arch. Guido Meli, anche a seguito dello studio delle architetture intrapreso da Gullini nel 1984.

Secondo la teoria delle tre fasi edilizie, la prima fase della villa tardo antica sarebbe costituita dal peristilio quadrangolare e dagli ambienti che coerentemente si affacciano su di esso. Ad esso viene aggiunto l’impianto termale, ad uso privato, che assume una direzione nord-ovest poiché è rivolto verso il fiume Gela che scorre perpendicolarmente al suo asse. Successivamente la residenza viene ad assumere un carattere pubblico: le terme vengono dotate di un nuovo ingresso dall’esterno e di una grande latrina e viene realizzato un grande ingresso monumentale, che sorge fuori asse rispetto al peristilio quadrangolare, ma è perfettamente in asse con il nuovo ingresso alle terme e si compone con una geometria regolare con il portico ovoidale e la grande sala triabsidata.

Quest’ultima, utilizzata come luogo di intrattenimento e soggiorno per ospiti di riguardo, va a sostituire le due sale di rappresentanza del peristilio quadrangolare (la “sala della piccola caccia” e la “diaeta di Orfeo”). Probabilmente in questa terza fase viene anche ampliata la basilica, che viene ornata da splendidi marmi. Tutto ciò lascia intuire che la Villa, nel corso del IV secolo, abbia assunto un ruolo particolarmente importante, in rapporto alla statura del committente.

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15. Particolare dell’obelisco nel mosaico della Palestra

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