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Reazioni di Ossidazione in ILs Metallo- Catalizzate

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Capitolo 3

Reazioni di Ossidazione in ILs Metallo- Catalizzate

3.1 Introduzione

L’ossidazione parziale di materie prime petrolchimiche (idrocarburi), derivanti da gas naturale e petrolio, rappresenta oggi il più importante processo chimico a livello industriale. L’ossidante più utilizzato è l’ossigeno molecolare (O

2

) in quanto economico ed in grado di effettuare il processo di ossidazione con elevata velocità, almeno quando utilizzato in presenza di catalizzatori metallici.

Le severe norme ambientali, in costante crescita, forniscono uno stimolo per

l’applicazione di reazioni di ossidazione catalitica anche nella chimica fine. In questo tipo

di chimica vengono spesso utilizzate quantità stechiometriche di agenti ossidanti, quali

bicromato e permanganato, con conseguente formazione di elevate quantità di sali

inorganici. Vi è quindi una forte pressione per la sostituzione di questi processi con

reazioni catalizzate più eco-compatibili; questo comporta la necessità sviluppare tecnologie

catalitiche che consentano l’utilizzo come ossidanti di quantità stechiometriche di O

2

, o

eventualmente H

2

O

2

, che porta alla formazione di acqua come unico sottoprodotto.

(2)

68 Per quanto concerne l’utilizzo dell’ossigeno c’è da rilevare che a differenza della maggior parte delle molecole biatomiche, l’ossigeno è una molecola paramagnetica che si trova in forma di tripletto nello stato fondamentale, cioè presenta due elettroni con spin parallelo negli orbitali di antilegame π*, lo stato fondamentale è rappresentato in fig. 3.1.

Figura 3.1. Stato fondamentale di 3O2.

L’occupazione degli orbitali di antilegame da parte di elettroni indebolisce il legame O−O.

La reazione tra

3

O

2

e una molecola organica nello stato di singoletto è un processo proibito dallo spin, e quindi procede con bassissima velocità. Uno dei metodi per superare l’elevata energia di attivazione che caratterizza la reazione tra una molecola singoletto con

3

O

2

è la formazione di due radicali liberi (fig. 3.2). La formazione di due radicali è una reazione fortemente endotermica (fino a 50 kcal/mol) e avviene a temperature moderate solo con molecole altamente reattive.

Figura 3.2. Reazione ossigeno tripletto.

(3)

69 Una seconda via è la reazione tra

3

O

2

con uno ione paramagnetico, che porta alla formazione di un complesso metallo superossido, riportata in fig. 3.3.

Figura 3.3. Formazione del complesso metallo superossido.

I processi di trasferimento di elettroni sia inter- che intramolecolari portano a diverse specie metallo-ossigeno (fig. 3.4) che prendono parte in diversi processi ossidativi peculiari di molti substrati organici.

Figura 3.4. Specie metallo-ossigeno.

Tutte le reazioni di ossidazione catalitica con ossigeno e perossidi, sia che avvengano in condizioni omogenee che eterogenee, possono essere divise in due classi sulla base del meccanismo d’azione: reazioni omolitiche ed eterolitiche.[15]

Il meccanismo omolitico prevede la formazione di intermedi radicalici reattivi.

Queste reazioni possono verificarsi con più substrati organici e ossigeno, in presenza o assenza di catalizzatori metallici. Questa ubiquità dei processi radicalici con ossigeno rende difficoltosa l’interpretazione del meccanismo nei casi dell’idrofomilazione e carbonilazione, in cui non si ha formazione di prodotti anche in assenza di catalizzatore. Le reazioni eterolitiche in genere implicano l’utilizzo di composti attivi dell’ossigeno, es.

H

2

O

2

. In alternativa, possono avvenire mediante un processo di ossidazione che utilizza

(4)

70 una quantità stechiometrica di uno ione metallico o un complesso accoppiato che effettua la ri-ossidazione del metallo.

3.2 Meccanismo Omolitico

Nelle reazioni che procedono tramite meccanismo omolitico, l’ossigeno reagisce con le molecole organiche, es. idrocarburi, con formazione di radicali. L’idroperossido corrispondente è formato attraverso un processo radicalico a catena come si può osservare in fig. 3.5.

Figura 3.5. Meccanismo di autossidazione.

In presenza di un alchilidroperossido la reazione di omolisi della catena accelera il processo radicalico. Questi processi sono detti autocatalitici.

La reazione di iniziazione catalitica avviene per mezzo di una reazione di ossido-

riduzione di un substrato RH da parte di specie metalliche che, cambiando lo stato di

ossidazione, generano radicali liberi come intermedi. L’iniziatore non è un radicale

organico, ma un metallo complesso, che prende parte allo step iniziale della reazione. Nella

reazione di propagazione i radicali generati reagiscono con l’ossigeno molecolare per

formare perossidi, i quali reagiscono di nuovo con il substrato per formare radicali R

.

Infine, nella reazione di terminazione i radicali reagiscono tra loro per formare prodotti non

radicalici.

(5)

71 La suscettibilità di un substrato all’autossidazione è determinata dal rapporto K

p

/(2K

t

)

1/2

dove K

p

e K

t

sono le costanti della velocità di propagazione e di terminazione, di solito è indicata come l’ossidabilità.

La reazione può essere avviata con l’aggiunta di un iniziatore che subisce un processo di termolisi omolitica alla temperatura di reazione iniziando il meccanismo radicalico. L’iniziatore può essere un alchilidroperossido, ma la termolisi di idroperossidi per generare radicali richiede temperature piuttosto elevate (> 100 °C). In alternativa, il processo radicalico può essere avviato dalla reazione tra l’idroperossido e metalli (fig. 3.6) in vari stati di ossidazione, Co, Mn, Fe e Ce. I radicali alcossi e alchilperossidici sono prodotti mediante trasferimento di un elettrone.

Figura 3.6. Reazione in presenza di metallo e autossidazione mediata.

Nel processo di autossidazione vengono adoperati normalmente due tipi di catalizzatori:

˗ Catalizzatori che favoriscono la decomposizione di gruppi –OOH e indirizzano selettivamente il processo di decomposizione verso la formazione di prodotti più stabili. Questi catalizzatori sono o metalli di transizione o sistemi acido-base.

˗ Catalizzatori che oltre a favorire la decomposizione del gruppo –OOH, attivano anche il substrato.

Catalizzatori redox attivi nella decomposizione di idroperossidi:

Si tratta in genere di sali degli elementi di transizione che presentano un solo

elettrone nella coppia redox come Co

II

/Co

III

, Mn

II

/Mn

III

, Fe

II

/Fe

III

, Cu

I

/Cu

II

, o metalli

chelati solubili nel mezzo di reazione. Essi vengono utilizzati per accelerare la velocità di

decomposizione di idroperossidi attraverso il meccanismo di Haber-Weiss (vedi fig. 3.6).

(6)

72 Catalizzatori per la diretta attivazione del substrato organico:

Co

III

in acido acetico agisce da iniziatore reagendo con l’idrocarburo e formando, attraverso lo scambio di un elettrone, un carbocatione radicalico; che successivamente rilascia un protone formando così, una specie radicalica. In questo modo, è possibile condurre la reazione di autossidazione a più basse temperature, rispetto al processo classico. Un secondo meccanismo di attivazione da parte del Co

III

è indiretto, avviene con l’ausilio di un co-ossidante come di ioni Mn e Br

ି

. In questo tipo di sistema catalitico, il ruolo del Co

III

è quello di ossidare il Mn che a sua volta ossida il Br

ି

a Br

, che ha la funzione di strappare un atomo di H dai legami C−H meno reattivi.

In processi di questo tipo lo ione metallico (in combinazione con ROOH) agisce da iniziatore piuttosto che da catalizzatore. È importante notare che la decomposizione omolitica di alchilidroperossidi con trasferimento di un elettrone è in competizione con quella degli ioni metallici che catalizzano processi eterolitici. Poiché l’ossigeno può essere rigenerato attraverso una successiva decomposizione dell’alchilidroperossido, questo può causare competizione con l’autossidazione radicalica del substrato.

Un’altra classe di reazioni di autossidazione metallo-catalizzate prevede l’ossidazione diretta del substrato ad opera del catalizzatore metallico ossidato.

L’autossidazione di composti alchilaromatici, in acido acetico, in presenza di

concentrazioni elevate (0,1 M) di Co

III

acetato, avviene mediante trasferimento di un

elettrone dal substrato al cobalto con formazione di un radicale catione; la successiva

eliminazione di un protone porta al radicale benzilico, a cui fa seguito la formazione del

radicale benzilperossido per reazione con ossigeno, in fig. 3.7 è rappresentato il

meccanismo. I prodotti primari ottenuti da composti toluen-sostitutiti sono le aldeidi

corrispondenti formate da reazione dei radicali benzilperossidi con Co

II

.

(7)

73

Figura 3.7. Ossidazione omolitica di composti benzilici.

L’aldeide prodotta viene riossidata ad acido carbossilico. L’autossidazione metallo-catalizzata di composti metilaromatici è un metodo largamente utilizzato per la produzione di acidi carbossilici.

3.3 Meccanismo Eterolitico

Le reazioni di ossidazione catalitica con O

2

possono avvenire anche senza la formazione di radicali ma tramite un processo eterolitico. Questo tipo di catalisi coinvolge l’ossidazione di una coppia di elettroni di un substrato con uno ione metallico. Il metallo ridotto durante la reazione viene riossidato dall’ossigeno. Un tipico esempio di reazione eterolitica è il processo Wacker, una reazione catalizzata da Pd

II

che ossida alcheni a composti carbonilici (fig. 3.8).

Figura 3.8. Processo Wacker.

Una vasta gamma di ossidazioni sono mediate da enzimi, in particolare da

monossigenasi. In questo caso è necessario un cofattore per rigenerare la forma ridotta

dell’enzima.

(8)

74

3.4 Trasferimento Catalitico di Ossigeno

Un modo per ovviare all’utilizzo di un agente riducente sacrificale è quello di utilizzare una forma ridotta dell’ossigeno, H

2

O

2

e ROOH. Questo tipo di reazione è definita come trasferimento catalitico di ossigeno ed in fig. 3.9 è descritta la reazione generale.

S + XOY

Cat

SO + XY

XOY = H

2

O

2

, RO

2

H, NaOCl...

S = substrato

SO = substrato ossidato

Figura 3.9. Trasferimento catalitico di ossigeno.

Queste reazioni sono ampiamente applicate in sintesi organica, grazie anche alla presenza di un’ampia varietà di donatori di ossigeno e alla possibilità di poter usare come catalizzatori quasi tutti i metalli di transizione. Due considerazioni devono tuttavia essere fatte per quanto concerne la scelta del donatore di ossigeno: è necessario considerare la natura del coprodotto che si genera, in particolare per quanto concerne gli aspetti di eco- compatibilità e sostenibilità, e la percentuale in peso di ossigeno disponibile, fattore importante per definire il volume di prodotto (e quindi la capacità del reattore).

Sulla base di questi criteri in genere l’H

2

O

2

viene identificata come un ossidante ideale: essa genera acqua come unico sottoprodotto mentre, gli analoghi ossidanti organici, (ROOH) devono essere riciclati con H

2

O

2

per dare acqua come unico sottoprodotto: questa si forma tuttavia solo al termine del processo di rigenerazione che normalmente prevede un iter piuttosto lungo e richiede energia. Nel caso di ossidanti inorganici, l’ipoclorito di sodio (NaOCl) e potassio bisolfito (KHSO

5

) sono preferiti rispetto ai sali di metalli pesanti (Cr e Mn) ma i sottoprodotti sono difficili da riciclare e smaltire. La facilità nel riciclo dei coprodotti può indirizzare la scelta dell’ossidante. L’utilizzo di NaOBr è preferito rispetto a NaOCl perché NaBr può essere riossidato con H

2

O

2

.

Il processo eterolitico può essere diviso in due categorie in base alla natura

dell’ossidante: una specie ossometallica e una perossometallica, rappresentate in fig. 3.10.

(9)

75 I metalli di transizione fino al settimo gruppo (Mo, W, Re, V, Ti, Zr) generalmente coinvolgono specie perossometalliche mentre i metalli successivi (Ru, Os, Cr, Mn, Fe) specie ossometalliche.

Figura 3.10. Via perossometallica e via osso metallica.

Alcuni elementi come il vanadio possono procedere con entrambi i meccanismi a seconda del substrato. Reazioni che coinvolgono specie perossometalliche sono epossidazione di alcheni e ossidazione di alcoli. Le specie ossometalliche sono intermedi nell’ossidazione di alcoli e di legami C−H benzilici o arilici.

3.5 Complessi Metallo-Ossigeno

Le specie metalliche coinvolte nel processo di ossidazione sono rappresentate in fig. 3.11.

Inizialmente si ha la formazione della specie superosso (A) se il metallo è il donatore di un elettrone o perosso (B) se è donatore di due elettroni. Le specie coinvolte direttamente nel processo ossidativo sono perosso (B), osso (D), alchilperosso (G) e idroperosso (H).

La specie perosso (B) è presente nel caso di metalli di transizione precoce d

0

(Ti

IV

,

V

V

, Nb

V

, Cr

VI

, Mo

V

, W

VI

) e per metalli dei gruppi 8-10 (Ru

II

, Mn

VI

, Co

III

, Rh

III

, Ir

III

, Pd

II

e

Pt

II

). Questa specie può essere generata con due metodi mediante reazione con H

2

O

2

(10)

76 tramite metalli di transizione precoce oppure per reazione diretta con ossigeno con i metalli dei gruppi 8-10. I complessi perosso con i metalli di transizione d

0

grazie alla possibilità di formare una specie osso stabile sono importanti intermedi reattivi nelle ossidazioni catalitiche.

I complessi ossometallici (D) sono piuttosto comuni e composti come MnO

4ି

, ReO

4ି

, RuO

4

e OsO

4

, con i metalli nel più alto stato di ossidazione vengono usati come ossidanti stechiometrici di idrocarburi.

Negli ultimi 25 anni sono emerse due specie, Fe

V

=O e Mn

V

=O come intermedi reattivi nei processi ossidativi di idrocarburi, non sono formati da interazione con ossigeno molecolare ma da donatori di un solo ossigeno. Le specie ossometalliche sono coinvolte nell’attivazione di O

2

in catalizzatori eterogenei. L’ossigeno è chemadsorbito su metalli dei gruppi 8-10, in questo modo si può sfruttare l’elevata capacità ossidativa anche a basse temperature per la conversione dell’etilene nel corrispondente ossido o di CO in CO

2

.

I complessi alchilperosso (G) e idroperosso (H) sono importanti intermedi in

ossidazioni industriali ma sono formati generalmente da alchilperossidi e acqua

rispettivamente.

(11)

77

Figura 3.11. Schema delle specie ossido e perossido coinvolte nell'ossidazione metallica.

3.6 Ossidazioni con H

2

O

2

Le reazioni di ossidazione sebbene siano i processi più utilizzati a livello industriale non sempre sono processi sicuri ed ecocompatibili.[16] In molti casi le reazione sono caratterizzati da fattori E elevati: il fattore E è stato definito da Sheldon considerando la quantità di prodotto formata rispetto alla quantità totale di composti usati e generati alla fine come materiale di scarto (sottoprodotti, solventi, ecc.). Numerose reazioni di ossidazione generano elevate quantità di sottoprodotti tossici, come nel caso in cui si utilizzino sali di metalli pesanti (Cr

VI

e Mn

VII

) o portano alla formazione di azoto per reazione con HNO

3

.

Sebbene l’ossigeno molecolare rappresenta l’ossidante ideale, l’ossidazione

aerobica è un processo difficile, che peraltro può scatenare fenomeni di combustione non

(12)

78 controllati oltre che portare a basse conversioni ogni qual volta si evita un eccessiva ossidazione. L’ossigeno potrebbe permettere reazioni con un economia atomica del 100%, ma, in realtà solo poche reazioni richiedono il trasferimento dei due ossigeni, quindi sarebbero necessari agenti riducenti in grado di catturare l’ossigeno non impiegato nella reazione. Subito dopo l’ossigeno molecolare troviamo il perossido di idrogeno come ossidante per reazioni in fase liquida. Il perossido di idrogeno può ossidare composti organici con un’efficienza atomica del 47% e la produzione di sola acqua come sottoprodotto.

La scelta di un catalizzatore efficiente e la determinazione delle esatte condizioni di reazione sono la chiave per la realizzazione di un processo ossidativo ideale. Nel caso del perossido di idrogeno la reazione dovrebbe essere effettuata a concentrazioni di reagente < 60% in quanto l’utilizzo, lo stoccaggio e il trasporto di soluzioni molto concentrate di perossido di idrogeno rappresentano un problema per la sicurezza.

L’ossidazione con perossido di idrogeno è particolarmente utile per la sintesi di prodotti chimici ad alto valore aggiunto, quali prodotti farmaceutici, agrochimici o materiali elettronici che richiedono alta purezza chimica. Può essere usata per migliorare le condizioni ambientali tramite rimozione ossidativa di piccolissime quantità di composti tossici.

Tuttavia, nonostante gli sforzi fatti dalle industrie il costo attuale dell’H

2

O

2

non consente la produzione economica di prodotti a basso costo su larga scala.

Ad oggi l’utilizzo di grandi volumi di perossido di idrogeno a livello industriale si hanno per la sintesi del caprolattame e per l’ossidazione del propilene.

I processi devono essere progettati in base alla selettività, conversione, resa ed

economia atomica. Quindi si deve cercare di minimizzare i sottoprodotti ottenuti al termine

della reazione. L’applicazione di questo concetto alle reazioni di ossidazione implicano

l’utilizzo di ossidanti che abbiano una elevata percentuale di ossigeno attivo.

(13)

79

Tabella 3.1. Comuni ossidanti in base alla % di ossigeno attivo.

In tab. 3.1 sono riportati alcuni degli agenti ossidanti più comunemente usati in base alla percentuale di ossigeno attivo. Il perossido di idrogeno è un liquido incolore completamente miscibile con l’acqua che può presentare i seguenti problemi:

˗ L’H

2

O

2

è un agente ossidante più pratico che tuttavia si può decomporre in acqua e ossigeno mediante una reazione fortemente esotermica (∆H° = -100,4 kJ/mol).

Per questo motivo viene considerato un reagente pericoloso; tuttavia, solo l’uso di H

2

O

2

ad elevate concentrazioni (> 70%) pone dei seri problemi. La velocità di decomposizione aumenta con la temperatura: 2-3 volte ogni 10 °C;

˗ l’evoluzione di ossigeno a seguito di pressurizzazione rappresenta un problema importante dato che l’H

2

O

2

è termodinamicamente instabile in tutte le sue forme, dismutando continuamente in acqua e ossigeno;

˗ Contaminazione o contatto con superfici attive. La velocità di decomposizione può essere aumentata in presenza di impurezze solubili;

˗ Formazione di specie esplosive H

2

O

2

/miscela organica. L’H

2

O

2

è una sostanza chimica molto reattiva ed un ossidante estremamente potente in certe circostanze.

Reazioni spontanee di H

2

O

2

/H

2

SO

4

/H

2

O/miscele organiche. Queste reazioni accelerano rapidamente e terminano con violenza;

˗ Esplosioni della fase di vapore di H

2

O

2

avvengono a concentrazioni superiori al 39% a pressione atmosferica;

Ossidante % Ossigeno Attivo Sottoprodotto

O

2

100 % niente o H

2

O

H

2

O

2

47,0 % H

2

O

KMnO

4

30,4 % sali di Mn(II)

HNO

3

25 % NO

x

CrO

3

24,0 % sali di Cr(III)

NaClO 21,6 % NaCl

(14)

80

˗ Arricchimento di O

2

. L’ossigeno sviluppato per decomposizione può dar luogo ad atmosfere con un elevato contenuto di ossigeno. Queste atmosfere sono estremamente infiammabili con una bassa energia d’accensione.

Al fine di favorire la stabilità dell’H

2

O

2

pulizia, stoccaggio e buona manutenzione sono requisiti fondamentali. Prima di utilizzare campioni con ossigeno attivo deve essere accuratamente scelto il solvente per la reazione e la pulizia. In passato si sono verificati numerosi incidenti a causa dell’uso di acetone che porta alla formazione di perossidi di acetone alcuni dei quali sono composti altamente esplosivi. Acetone o altri chetoni a basso PM non devono mai essere utilizzati, mentre solventi clorurati, esteri e alcoli possono essere impiegati in sicurezza.

3.7 Metodi di Attivazione

La semireazione

presenta un E° di 1,76 V il che farebbe presupporre un elevato potere ossidante. In realtà l’H

2

O

2

è un debole ossidante, che per la maggior parte delle reazioni richiede un’attivazione. Alcune ossidazioni avvengono senza attivante ma sono molto lente, in particolare reagisce con olefine, idrocarburi aromatici ed alcani. L’attivazione dell’H

2

O

2

è fondamentale per sfruttarne il potere ossidante migliorando la sua reattività nei confronti del substrato. Tuttavia, la bassa reattività non sempre rappresenta uno svantaggio, essa infatti permette l’attivazione selettiva dell’H

2

O

2

. Nonostante il perossido di idrogeno sia considerato un debole agente ossidante, è dotato di proprietà elettrofile e nucleofile. La caratteristica elettrofila deriva dalla debole polarizzazione del legame O−O (fig. 3.12):

Figura 3.12. Polarizzazione del perossido di idrogeno.

(15)

81 L’H

2

O

2

in forma indissociata mostra proprietà nucleofile molto superiori all’H

2

O.

In soluzione a pH alcalino l’H

2

O

2

si dissocia (fig. 3.13):

Figura 3.13. Dissociazione H2O2 a pH basico.

L’anione peridrossilico (HO

2ି

) è un potente nucleofilo e può attaccare substrati elettrodeficienti come olefine e aldeidi. Genera ossidanti più potenti mescolando composti elettrodeficienti con composti acilici (danno perossiacidi) o con nitrili, mentre in condizioni non acquose fortemente acide l’H

2

O

2

viene protonata e convertita in due idrossicationi (fig. 3.14):

Figura 3.14. Formazione di idrossicationi.

In queste condizioni l’agente fortemente idrofilico che si viene a creare può essere usato in vari processi ossidativi come l’idrossilazione di fenoli, tuttavia le condizioni fortemente acide ne limitano l’applicazione. Il legame O−O è relativamente debole (circa 213 kJ mol

-1

) ed è suscettibile a omolisi con differenti metodi. Il radicale ossidrile è prodotto da irradiazione UV a 254 nm. L’elevato potere ossidante del radicale ossidrile ne limita l’utilizzo anche a causa della sua mancanza di selettività. Questo sistema H

2

O

2

-UV viene utilizzato specialmente nella disinfezione dell’H

2

O.

Lo scopo principale è l’incremento della reattività dell’H

2

O

2

:

˗ Per reazione dell’H

2

O

2

con metalli in grado di generare specie perossi- idroperossimetalliche. Queste specie si formano con metalli d

0

(Ti

IV

, V

V

, Mo

VI

, W

VI

) o con metalli d

8

(Pt

II

e Pd

II

), incrementando sia il carattere elettrofilo che nucleofilo rispetto all’ossidante iniziale;

˗ Utilizzando l’acqua ossigenata come donatore di un solo ossigeno per generare

specie ossometalliche. Questo tipo di attivazione viene sfruttata per sistemi

(16)

82 biomimetici basati principalmente su Fe

II

. Non è tuttavia ampiamente utilizzato come donatore di un solo ossigeno;

˗ Attraverso decomposizione radicalica dell’H

2

O

2

con coppie redox Fe

II

/Fe

III

o Ti

III

/Ti

IV

. Questo metodo è alla base del sistema Fenton per generare il radicale idroperossido (HO

) estremamente reattivo. Nonostante la bassa selettività questi sistemi sono usati per interessanti applicazioni sintetiche.

Attivazione con composti organici

L’energia richiesta per la rottura omolitica del legame O−O di un perossido varia da 47 kcal/mol nel caso dell’H

2

O

2

fino ad arrivare a 29 kcal/mol nei dialchilperossidi che si decompongono molto lentamente a T ambiente, in fig. 3.15 è rappresentato il meccanismo di rottura omolitica.

Figura 3.15. Rottura omolitica del legame perossidico.

Il meccanismo eterolitico non è visto come un meccanismo di primo ordine. La reazione eterolitica è una reazione bimolecolare con un nucleofilo, trasferisce un doppietto elettronico all’ossigeno indebolendo il legame O−O come si vede nello stato di transizione della fig. 3.16.

Figura 3.16. Rottura eterolitica del legame perossidico.

Il processo eterolitico bimolecolare è favorito in solventi polari. La velocità della rottura è determinata dal gruppo uscente YO

ି

e dalla natura del nucleofilo.

Quindi in conclusione si può dire che:

(17)

83

˗ H

2

O

2

è la specie meno reattiva nella classe dei perossidi e quindi richiede un’attivazione;

˗ Con alcuni substrati nucleofili è necessaria l’attivazione ma non con tutti;

˗ L’alta reattività di un perossido ZOOY richiede una bassa basicità del gruppo uscente YO

ି

;

˗ Il controllo termodinamico e cinetico sono fondamentali;

˗ Con un’attenta valutazione di questi fattori si può avere una selettività molto alta.

La rottura eterolitica può essere accompagnata da una base che permette di ottenere l’anione coniugato (fig. 3.17):

Figura 3.17. Rottura eterolitica in presenza di una base.

seguita dall’addizione di un substrato e dalla rottura del legame generando il prodotto ossidato (fig. 3.18):

Figura 3.18. Addizione del substrato.

nel primo step (a) l’anione perossido agisce come un nucleofilo e il substrato (S) come un elettrofilo.

Attivazione elettrofila

Quando l’H

2

O

2

agisce da elettrofilo, interagisce con riducenti aventi un doppietto

elettronico disponibili (Br

ି

, R

2

S, R

3

N) il doppietto elettronico attacca l’ossigeno del

perossido con formazione del legame Nu−O e rottura del legame O−O. L’HOMO del

nucleofilo attacca il LUMO dell’H

2

O

2

.[17]

(18)

84 Le caratteristiche fondamentali di questa attivazione elettrofila sono:

˗ I nucleofili più reattivi sono quelli altamente polarizzabili (I

ି

, Br

ି

e R

3

P) mentre quelli più basici non sono reattivi (F

ି

, HO

ି

);

˗ Il movimento di e

ି

nello stato di transizione è favorito quando il gruppo uscente RO

ି

è elettronattrattore, per questo motivo l’H

2

O

2

è meno reattivo;

˗ La velocità di reazione è dipendente sia dal perossido che dal nucleofilo:

v = K

2

ሾperossidoሿሾNuሿ nel caso in cui siamo in presenza di perossidi scarsamente reattivi (es. H

2

O

2

) può comparire un terzo termine nell’equazione che è la concentrazione di acido aggiunto per favorire l’eliminazione del gruppo uscente v = K

2

ሾperossidoሿሾNuሿ + K

3

ሾperossidoሿሾNuሿሾHAሿ.

La variazione del solvente utilizzato può essere molto favorevole, solventi quali alcoli possono partecipare allo stato di transizione (fig. 3.19) trasferendo un protone al gruppo uscente:

Figura 3.19. Interazione con il solvente.

Le olefine possono attaccare il legame O−O e l’epossidazione è favorita all’aumentare della sostituzione alchilica dell’alchene, il più reattivo sarà R

2

C=CR

2

mentre il meno reattivo sarà RCH=CH

2

. Importante è la presenza di gruppi elettrodonatori mentre l’ingombro sterico non ha alcun effetto.

L’attacco nucleofilico ad una funzione insatura X=Y (es. carbonile) da parte di

una specie perossidica protica ZOOH o del suo corrispondente anione procede secondo i

meccanismi (fig. 3.20) di seguito riportati:

(19)

85

O O

Z

H

XYO + ZOH X

Y O O

H X Y

Z

O O

Z

XYO + ZO X

Y O O

X Y

Z

Figura 3.20. Attacco nucleofilo ad un doppio legame.

L’anione perossido è ovviamente molto più nucleofilo rispetto alla forma indissociata ed è molto più efficace nella addizione (che generalmente è lo step limitante).

Il requisito primario di questo tipo di attivazione è la rimozione del protone dal perossido (ZOOH).

Il ruolo più importante per l’”attivazione alcalina” del perossido, ZOOH è svolto dagli effetti elettronici esercitati dal gruppo Z a pH costanti; il numero di molecole anioniche aumenta con l’elettronegatività di Z.

Il perossido di idrogeno è un buon nucleofilo, presentando una reattività considerevolmente più alta dell’H

2

O. Ma la differenza è molto meno rilevante rispetto alla differenza tra HOO

ି

e HO

ି

. L’elevata reattività è chiamata “effetto α”, cioè una enorme reattività della specie nucleofila quando, adiacente al centro reattivo c’è un atomo (α) con un doppietto elettronico di non legame [nel guscio di valenza].

Sulla base di pK

a

degli acidi coniugati, H

2

O (pK

a

= 15,7) e H

2

O

2

(pK

a

= 11,7),

l’anione idrossido è molto più basico rispetto all’anione HOO

ି

, nonostante questo il

secondo è più reattivo nella sostituzione nucleofila. Per quanto riguarda la basicità si ha

un’inversione della reattività nucleofila dei due anioni.

(20)

86

Figura 3.21. Meccanismo di addizione/eliminazione per la sostituzione nucleofila.

La sostituzione nucleofila al carbonio carbonilico tramite H

2

O

2

non avviene in un semplice passaggio. In molti casi procede tramite meccanismi di addizione/eliminazione che sono considerati come meccanismi B

AC2

e A

AC2

, riportati in fig. 3.21.

L’aggiunta di una soluzione alcalina a nitrili, portano a decomposizione

dell’H

2

O

2

. Il prodotto iniziale della reazione è un acido perossimmidico che reagisce

(21)

87 successivamente con H

2

O

2

(b) e generare O

2

oppure può ossidare un substrato (a) come un’olefina. Questo sistema è conosciuto come sistema di Payne, riportato in fig. 3.22:

Figura 3.22. specie attive nel sistema di Payne.

Tra i nitrili maggiormente utilizzati abbiamo l’acetonitrile (più economico) o il benzonitrile (più potente). Gli acidi percarbossimmidici che si generano in situ sono dei potenti ossidanti. Questo metodo è ampiamente utilizzato per l’epossidazione di olefine. Il sottoprodotto è un’ammide che precipita ed è facilmente separata. Inoltre l’acetammide può essere riconvertita in MeCN con dei catalizzatori acidi ma è un processo piuttosto difficile. L’acido perossimmidico può essere catturato da HOO

ି

ed essere disponibile ad un trasferimento di ossigeno ad un substrato debolmente nucleofilo.

La reazione tra HOO

ି

ed una olefina procede in presenza di un sostituente elettronattrattore che porta ad un carbanione relativamente stabile, fornisce un modo per ottenere epossidi regio e stereo selettivamente (fig. 3.23):

Figura 3.23. Sintesi regio- e stereoselettiva di epossidi.

L’alchilidroperossido, più reattivo del corrispettivo dialchilidroperossido, può

essere generato da una sostituzione nucleofila di una adatto substrato in una soluzione

alcalina di H

2

O

2

(fig. 3.24):

(22)

88

Figura 3.24. Formazione dialchilidroperossido.

Importante è che il gruppo uscente non sia facilmente ossidabile (Br

ି

, I

ି

) perché ciò comporterebbe una riduzione indesiderata dell’idroperossido.

3.8 Sistema Fenton

Nel 1894 Fenton

1

ha scoperto che gli ioni ferrosi promuovevano l’ossidazioni di acidi policarbossilici in condizioni blande. Dopo anni Haber e Weiss hanno definito la formazione di una specie radicalica durante la reazione. Di seguito in fig. 3.25 è riportata la reazione di Fenton in assenza ed in presenza di substrato ossidabile.

La facile ossidazione di substrati organici con il sistema Fenton è dovuta alla formazione del radicale ossidrile che però, in conseguenza della sua elevata reattività è molto poco selettivo, rendendone difficile l’applicazione nella chimica fine. La generazione del radicale ossidrile avviene anche con altre tecniche, cioè per mezzo di fotolisi e radiolisi.

1 H. J. H. Fenton, J. Chem. Soc. Trans., 1984, 65, 899-911.

(23)

89

Figura 3.25. Sistema Fenton.

Numerosi studi hanno proposto che la reazione tra H

2

O

2

e ioni Fe

II

porta allo ione ferrile (FeO

2+

), una specie ossidata del Fe

IV

. Nel 1932, Bray e Gorin

2

sono stati i primi a

2 W. C. Bray, M. H. Gorin, J. Am. Chem. Soc., 1932, 54, 2124-2125.

(24)

90 proporre il Fe

IV

come intermedio attivo nella chimica di Fenton, questa specie è in genere presente quando l’atomo di ferro è attaccato ad un anello porfirinico.

Il perossido di idrogeno e altre specie perossido possono funzionare come ossidanti stechiometrici quando si trovano in combinazione con altri elementi presenti in quantità catalitica. Alcuni di questi sistemi ossidanti sono ben consolidati, come l’utilizzo del OsO

4

e H

2

O

2

per la diidrossilazione di olefine. Più recentemente l’acqua ossigenata è stata utilizzata con rutenio in condizioni di trasferimento di fase per l’ossidazione di alcoli e rottura di alcheni. Inoltre Ce e Co sono utilizzati per l’ossidazione delle catene laterali dei composti aromatici.

Un’ampia gamma di metalli M

n+

sono in grado di portare a riduzione di un e

ି

, con la conseguente generazione di specie radicaliche. La reazione di questi metalli con H

2

O

2

o con altri perossidi porta alla formazione di ossidanti attivi, nel caso del sistema Fenton la specie attiva è il radicale ossidrile, ma questo non vale per tutti i metalli riducenti.

3.9 Liquidi Ionici in Catalisi

I liquidi ionici sono dotati di alcune proprietà che li rendono attraenti per l’esecuzione di reazioni verdi. Innanzitutto non presentano tensione di vapore e sono termicamente stabili in un ampio range di temperature che possono superare anche i 300°

C, rispetto ai 100° C dell’H

2

O. Caratteristiche quali polarità e idrofilicità/idrofobicità possono essere regolate modificando le combinazioni di anioni e cationi, proprio per questo sono denominati designer solvents.

La capacità dei liquidi ionici di sciogliere complessi di metalli di transizione rende

queste sostanze una valida alternativa all’uso dell’acqua o dei solventi organici tradizionali

in alcune reazioni catalizzate da metalli.[18] Spesso i liquidi ionici non si limitano a

fungere da semplici solventi ma sono in grado di influenzare la selettività, la stabilità e

l’attività della specie catalitica e possono perfino fungere da co-catalizzatori. Il potere

coordinante dell’anione gioca un ruolo fondamentale nella partecipazione del liquido

(25)

91 ionico nel processo catalitico; liquidi ionici con anioni poco coordinanti come PF

6ି

e BF

4ି

partecipano solo come solventi mentre anioni come cloroalluminati e clorostannani possono prendere parte al processo di attivazione fungendo da catalizzatori. Un’altra opportunità interessante nell’uso dei liquidi ionici in processi di catalisi è la possibilità di mettere a punto sistemi bifasici in cui il catalizzatore si trova nella fase ionica e i prodotti nella fase organica. Una situazione di questo tipo, che può essere creata scegliendo opportunamente le proprietà di solubilità del liquido ionico, consente un facile recupero dei prodotti e la possibilità di riutilizzare il catalizzatore se non viene disattivato durante il processo.

Molte reazioni organiche solitamente svolte nei solventi tradizionali sono state adattate in modo da poter essere realizzate in un liquido ionico. In alcuni casi i vantaggi di usare questi solventi possono essere notevoli: maggiore selettività o attività del catalizzatore, maggiore facilità nel separare i prodotti dalla miscela di reazione, possibilità di recuperare e riutilizzare i catalizzatori. La capacità dei liquidi ionici di trattenere il catalizzatore nella fase ionica è particolarmente importante se si usano catalizzatori a base di metalli di transizione, sia perché solitamente sono molto costosi, ed è quindi economicamente conveniente poterli recuperare, sia perché per certe applicazioni, soprattutto in campo farmaceutico, è necessario che i prodotti non siano contaminati da residui del metallo.

Nonostante in certi casi i vantaggi portati dall’uso dei liquidi ionici in una data reazione non siano sufficienti a giustificarne l’utilizzo come solvente, visto il costo notevolmente superiore rispetto ai solventi tradizionali, sono molti gli esempi di reazioni catalitiche in cui la presenza di un opportuno liquido ionico determina un aumento dell’efficienza del processo.

Negli ultimi anni sono stati ampiamente studiati in particolare per la loro

applicazione in reazioni di catalisi, come l’idroformilazione di olefine. Sono state studiate

reazioni di acilazione di Friedel-Craft di toluene, clorobenzene e anisolo con cloruro di

acetile e [emim][Al

2

Cl

7

]; in questo caso il liquido ionico funziona sia da solvente che da

(26)

92 catalizzatore. Si sono notati miglioramenti della velocità di reazione ed un’aumentata regioselettività rispetto alle reazioni di acilazione svolte in solventi organici.

In generale il riciclaggio dei catalizzatori nei liquidi ionici è facilitato; essendo spesso i catalizzatori dei composti ionici essi sono solubili nel liquido ionico ma insolubili nei solventi organici, l’insolubilità nel solvente organico (o la maggior selettività per l’ambiente ionico) permette l’estrazione del prodotto e il riciclaggio del catalizzatore.

I liquidi ionici sono stati inizialmente sviluppati per applicazione come solventi in elettrochimica. Essi presentano infatti un’ampia finestra elettrochimica che ne favorisce anche l’utilizzo in reazioni di ossidoriduzione. La prima reazione di ossidazione metallo- catalizzata studiata in liquidi ionici è stata l’ossidazione di aldeidi aromatiche nei corrispondenti acidi carbossilici, ma sono stati riportati anche molteplici esempi di uso in reazioni di carbonilazione ossidativa di ammine, con sali di imidazolio e fosfonio, nell’ossidazione Ni-catalizzata di etilbenzene con [R

4

N][BF

4

] e [bmim][PF

6

] come co- catalizzatore, nella carbonilazione dello stirene con [N

4444

][Br] e nell’ossidazione Pd

II

catalizzata con sali di bmim

+

.

Nelle reazioni di ossidazione non ci sono differenze tra i reagenti utilizzati con liquido ionico e quelli con solventi molecolari, l’unica differenza è la solubilità. L’ossigeno molecolare è risultato essere meno solubile nei liquidi ionici rispetto alle iniziali aspettative. Tuttavia è stato utilizzato prevalentemente per ossidare aldeidi, chetoni e alcoli e per ovviare alla bassa solubilità dell’ossigeno è in genere necessaria una efficiente miscelazione del liquido con il gas. L’aggiunta di cosolventi può risultare utile; l’ossigeno presenta un’elevata solubilità nei solventi fluorurati e una combinazione tra questi solventi e liquido ionico può essere favorevole e contribuire ad aumentare la velocità di reazione.

La presenza di catene fluorurate nel liquido ionico può rappresentare un indubbio vantaggio, ma i dati sperimentali che lo confermino sono molto pochi.

Vengono utilizzati prevalentemente ossidanti acquosi, H

2

O

2

, t-butilidroperossido (TBHP) ed ipoclorito di sodio. Il principale svantaggio è che spesso non è nota la loro esatta concentrazione, provocando una sovraossidazione del substrato e/o del catalizzatore.

Inoltre la presenza di quantità relativamente elevate di acqua può portare a reazioni

(27)

93 indesiderate, come l’apertura di epossidi. Poiché è essenziale che il liquido ionico sia stabile in presenza dell’agente ossidante, non è possibile usare liquidi ionici con anione metallico come i clorocuprati; inoltre, dato che può essere presente acqua sia come cosolvente, che come sottoprodotto della reazione, non è possibile usare cloroalluminati.

Tuttavia l’utilizzo di ossidanti acquosi permette di avere meno cura nell’essicamento del liquido ionico.

Comunemente i liquidi ionici a base imidazolio e ammonio non sono sensibili all’acqua e all’ossigeno per cui possono essere usati come co-catalizzatori nelle reazioni di ossidazione, ma alcuni anioni fluorurati, quali BF

4ି

e PF

6ି

, sono suscettibili ad idrolisi. Può essere necessario l’utilizzo di un cosolvente come DMC qualora il liquido ionico fosse troppo viscoso in modo da garantire una velocità di reazione accettabile. La maggior parte dei catalizzatori impiegati in reazione di ossidazione sono tolleranti alla presenza di alogeni come impurezze. Questo è sottolineato dal fatto che NaOCl è utilizzato come catalizzatore e [bmim][Br] come solvente. Tuttavia alcuni catalizzatori sono in grado di ossidare gli alogenuri negli acidi corrispondenti, i quali a loro volta possono causare il disproporzionamento dell’H

2

O

2

in acqua e ossigeno molecolare. Nelle reazioni catalizzate da renio, residui di imidazolo, pirazolo o piridina possono disattivare il catalizzatore per cui è necessario che il liquido ionico sia purificato perfettamente.

I liquidi ionici possono essere usati per immobilizzare il catalizzatore. Sono state

messe in atto strategie che permettono di aumentare l’immobilizzazione del catalizzatore

nel liquido ionico. L’introduzione di gruppi funzionali nella catena laterale, come ammine,

eteri, acidi e catene fluorurate permettono di ottenere proprietà simili o identiche a quelle

dei comuni solventi organici. Anche gli anioni possono essere modificati per esempio con

borati funzionalizzati. Alcuni di questi liquidi ionici con gruppi funzionali relativamente

semplici sono utilizzati come solventi in reazioni catalitiche evidenziando il fatto che i

liquidi ionici task-specific possono favorire l’attivazione del catalizzatore, migliorarne la

stabilità e generare una nuova specie catalitica.[19] Inoltre, questi liquidi ionici sono

spesso in grado di ottimizzare l’immobilizzazione e la riciclabilità, facilitare l’isolamento

del prodotto ed influenzare la selettività della reazione. I liquidi ionici con catena nitrilica

sono stati utilizzati nelle reazioni di Stille, Suzuki ed Heck e si sono dimostrati

(28)

94 particolarmente efficaci nel riciclaggio del catalizzatore mostrando una piccola variazione nell’attività solo dopo il quarto riciclo, al contrario dei liquidi ionici convenzionali, nei quali l’attività rapidamente scende a zero già al secondo o terzo riciclo. I liquidi ionici funzionalizzati con catena nitrilica sono stati utilizzati per la ciclotrimerizzazione di alchini aromatici catalizzata da cobalto, la funzionalità nitrilica è stata in grado di stabilizzare la specie transiente Co

I

, garantendo buone conversioni.

Liquidi ionici funzionalizzati possono favorire la formazione di nanoparticelle e stabilizzarle. La stabilizzazione di nanoparticelle metalliche è stata evidenziata sia nei liquidi ionici portanti un gruppo nitrile in catena laterale che in altri liquidi ionici funzionalizzati; ad esempio, la presenza di un gruppo tiolico in catena laterale stabilizza nanoparticelle d’oro. Nonostante i risultati promettenti tuttavia il numero di liquidi ionici indagati in reazioni di ossidazione catalizzate da metalli è ancora limitato.

3.10 Ossidazione del Cicloesene Metallo-Catalizzata

Durante il corso di questa tesi abbiamo verificato la possibilità di utilizzare liquidi ionici, funzionalizzati o non, nelle reazioni di ossidazione catalizzate da metalli. In particolare, abbiamo esaminato la reazione di ossidazione allilica del cicloesene a cicloesenone; un processo non facile sia per problemi di selettività che di reattività. La reazione, che prevede l’utilizzo di solventi organici volatili ed agenti complessati, richiede normalmente tempi lunghi di reazione, alte temperature e procede con moderata selettività.

D’altra parte il cicloesenone è un importante intermedio nella sintesi organica, ampiamente utilizzato nella sintesi di farmaci e pesticidi.

Per questa reazione sono stati testati sia i liquidi ionici a base pirazolio, la cui

sintesi è stata precedentemente descritta, che, per confronto liquidi ionici a base imidazolio

od onium. Inoltre, sono stati utilizzati come catalizzatori sali di diversi metalli: Fe, Cu, Co,

W. In queste prove, ancora preliminari, sono stati testati prevalentemente sali di pirazolio

con catena funzionalizzata per valutare l’eventuale capacità di funzionare come

complessanti del metallo, stabilizzando il catalizzatore.

(29)

95 Nelle prime prove, il catalizzatore metallico è stato solubilizzato preventivamente nel liquido ionico in modo da permetterne una eventuale complessazione e, dopo l’aggiunta dei reagenti, la temperature è stata portata a valori compresi tra i 50 e i 70 °C.

La totale assenza di prodotti di ossidazione, nella fase organica derivante dal processo di estrazione, ha fatto pensare ad una rapida degradazione dell’acqua ossigenata. Le reazioni successive sono state quindi condotte aggiungendo lentamente l’acqua ossigenata al liquido ionico contenente il catalizzatore raffreddato in bagno di ghiaccio. L’aggiunta doveva essere effettuata con estrema cautela, in particolare in presenza di cobalto, che attiva efficacemente l’acqua ossigenata (la reazione può divenire esplosiva!).

Per tutte le reazione è stata sempre valutata la possibile presenza di altri prodotti di ossidazione, considerando, in particolare, sia i prodotti di ossidazione e poliossigenazione, coinvolgenti eventualmente anche altri siti (epossidi, dioli, idrossichetoni), che gli eventuali prodotti di alogenazione, derivanti dalla possibile presenza nella miscela di alogenuri. Gli alogenuri possono essere presenti in piccola percentuale nei liquidi ionici preparati per metatesi a partire dai sali cloruro, bromuro o ioduro. In tutti gli esperimenti, l’analisi quali-quantitativa dei prodotti è stata effettuata sugli estratti eterei, mediante GC-MS o GC, dopo aggiunta di uno standard interno (undecano).

Ferro(II)

Le prime reazioni di ossidazione sono state effettuate utilizzando Fe

2+

come catalizzatore, presupponendo che nel liquido ionico, come nei solventi molecolari, il Fe

2+

possa essere in grado di attivare l’acqua ossigenata per via radicalica, in accordo con il

processo Fenton.

(30)

96 Le reazioni sono state condotte utilizzando Fe(NH

4

)

2

(SO

4

)

2

e Fe(acac)

2

in diversi liquidi ionici a base imidazolio, pirrolidinio, 1,4-diazabicicloottano (dabco). In particolare sono stati utilizzati sia liquidi ionici idrofili, in grado di dare con l’acqua ossigenata un sistema omogeneo (1-metil-3-etilimidazolio tetrafluoroborato, [emim][BF4], dimetilimidazolio mesilato, [mmim][MsO], 1-metil-3-ottiimidazolio cloruro, [C8mim]Cl, N-3-cianopropil1,4-diazabicicloottano cloruro, [C

3

(CN)Dabco][Cl]) che idrofobi, che danno con l’acqua ossigenata un sistema bifasico, come l’1-metil-3-butilimidazolio bistriflimide.

Inizialmente, le reazioni sono state effettuate utilizzando quantità elevate di Fe(NH

4

)

2

(SO

4

)

2

(10–20%) a temperature comprese tra i 40 °C e i 70 °C. Tuttavia, poiché l’analisi GC non mostrava la formazione di alcun prodotto di ossidazione anche dopo 30 minuti, considerando la possibile decomposizione del reattivo in queste condizioni, le reazioni sono state effettuate a temperatura ambiente. In particolare, in [emim][BF

4

] l’analisi GC evidenziava la formazione di due prodotti (resa intorno al 5%), identificati sulla base degli spettri di massa (GC-MS) come dibromoaddotti, derivanti dal processo di ossidazione dello ione bromuro presente come impurezza nel liquido ionico

Le prove effettuate in [C

8

mim][Cl], [C

3

(CN)Dabco][Cl], [C

3

(CN)mpyrr][Tf

2

N],

[bmim][Cl], in presenza di un 5% di catalizzatore, non hanno portato all’atteso prodotto di

ossidazione allilica. Nella tab. 3.2 sono riportate le condizioni di reazione e le rese ottenute

utilizzando Fe(NH

4

)

2

(SO

4

)

2

.

(31)

97

Tabella 3.2. Reazioni di ossidazione in presenza di Fe(NH4)2(SO4)2. R(OH) = cicloesenolo; R(O) = cicloesenone; RXn = alogenti; R(OH)n = poliossigenati.

Cat H2O2 t T IL Prodotti (%)

mol% eq (h) (°C) R(OH) R(O) RXn R(O)n

10 2 19 rt [bmim][PF6]

20 ” ” 40 ”

10 ” ” ” ”

20 ” ” 70 ”

10 ” ” ” ” 2

20 ” 15 40 ” 1

10 ” ” ” ” 1 1

5 ” 21 rt [bmim][BF4] 2 18 1

” 4 ” ” ” 2 16 1

10 2 10+13 0+rt ” 23

5 ” ” ” ” 2 25

2 ” 64 rt ” 12 1

2 1 ” ” ” 16

0,5 2 ” ” ” 26

” 1 ” ” ” 13

10 2 15 ” [bmim][PF6]

5 ” ” ” ”

10 4 ” ” ”

5 ” ” ” ”

5 2 69 ” [bmim][Tf2N]

20 ” 19 rt [emim][BF4]

10 ” ” ” ”

” ” 46 40 ”

” 4 ” ” ”

” 2 8 0 ”

5 ” 6 rt [emim][Tf2N] 8

1 ” 15 ” [emim][BF4]

0,5 ” 120 ” ” 1 4

2 1 15 ” [mmim][MsO]

” 2 ” ” ”

” 4 ” ” ”

5 2 24 ” ”

” 4 ” ” ”

” 2 66 ” [C8mim][Cl] 1 3

” ” ” ” [C3(CN)Dabco][Cl]

” ” ” ” [C3(CN)mpyrr][Tf2N]

” - 22 60 [C8mim][Cl]

” 2 ” rt MeCN

(32)

98 Il tentativo di utilizzare un’altra fonte di Fe

2+

, Fe(acac)

2

, in un liquido ionico funzionalizzato, [C

3

(CN)m

3

pz][Tf

2

N], non ha portato ad alcun risultato rilevante. La tab.

3.3 riporta le condizioni in presenza di Fe(acac)

2

.

Tabella 3.3. Reazioni di ossidazione in presenza di Fe(acac)2. R(OH) = cicloesenolo; R(O) = cicloesenone;

RXn = alogenati; R(OH)n = poliossigenati.

Cat. H

2

O

2

t T IL Prodotti (%)

mol% eq (h) (°C) R(OH) R(O) RX

n

R(O)

n

5 2 22 rt [bmim][BF

4

]

2 ” ” ” ”

5 4 64 ” ”

” ” 16 rt [C

3

(CN)m

3

pz][Tf

2

N]

Ferro(III)

La decomposizione dell’H

2

O

2

da parte del Fe

3+

dovrebbe procedere con un meccanismo simile a quello proposto da Fenton.

In soluzione acquosa acida, nel caso in cui [H

2

O

2

] >> [Fe

3+

] la velocità è espressa:

− d[H

2

O

2

]

dt = k ቊ ൣFe

3+

൧[H

2

O

2

] [H

+

] ቋ

e determina la rapida formazione un intermedio, Fe(OOH)

+

secondo l’equilibrio:

da cui si originano radicali OH

, HOO

ed ossigeno molecolare.

Le reazioni con Fe

3+

sono stata condotte negli stessi liquidi ionici usati con il Fe

2+

. Nel caso del [bmim][PF

6

], la reazione era fortemente esotermica e quindi non controllabile, negli altri liquidi ionici non siamo mai riusciti ad isolare alcun prodotto di ossidazione.

L’utilizzo di Fe(acac)

3

ha portato ad una miscela complessa di prodotti, in resa molto

bassa. Le reazioni condotte in presenza di Fe

3+

sono riportate in tab. 3.4.

(33)

99

Tabella 3.4. Reazione di ossidazione catalizzate da Fe3+. R(OH) = cicloesenolo; R(O) = cicloesenone;

RXn = alogenati; R(OH)n = poliossigenati.

Cat H

2

O

2

t T IL Prodotti (%)

mol% eq (h) (°C) R(OH) R(O) RX

n

R(O)

n

FeCl

3

10 1 20 rt [emim][BF

4

]

20 ” ” ” ”

10 ” ” 40 ”

20 ” ” ” ”

10 ” ” 70 ”

20 ” ” ” ”

100 4 15 rt [bmim][BF

4

] 1 1 1

Fe(acac)

3

20 2 ” ” [bmim][PF

6

] 3 1 1

” ” ” 40 ” 2 1

” ” ” rt [bmim][BF

4

] 2 1 1 2

10 ” ” ” ” 2 2 2

5 ” ” ” ” 1 5 1

” ” 21 rt [bmim][PF

6

] 1 2 1 1

Cobalto(II)

Generalmente il Co

2+

non è considerato, un iniziatore di tipo Fenton, in quanto la reazione di decomposizione dell’H

2

O

2

in soluzione acida da esso catalizzata è piuttosto lenta. Nonostante questo è stato dimostrato che il Co

2+

è in grado di generare un radicale HO

in condizioni fisiologiche (pH = 7,4 e T = 37°C). Probabilmente la generazione di radicali avviene in due passaggi:

Il Co

3+

è invece in grado di ossidare rapidamente l’H

2

O

2

ma stato lo di ossidazione predominante, in soluzione omogenea, è +2.

Il successo di ogni reazione radicalica catalizzata da cobalto implica l’ossidazione

del Co

II

a Co

III

da parte di un substrato organico in grado di accettare un elettrone dal Co

II

generando una specie radicalica. Inoltre, affinché la reazione sia effettivamente un

(34)

100 processo catalitico occorre che la specie Co

II

venga rigenerata dal Co

III

, e questo richiede una reazione di riduzione.

Tabella 3.5. Reazioni di ossidazione in presenza di Co(acac)2. R(OH) = cicloesenolo; R(O) = cicloesenone;

RXn = alogenati; R(OH)n = poliossigenati.

Cat. H

2

O

2

t T IL Prodotti (%)

mol% eq (h) (°C) R(OH) R(O) RX

n

R(O)

n

5 2 22 rt [bmim][BF

4

]

” 4 ” ” ”

0,5 2 96 ” ”

1 ” ” ” ”

” ” 22 50 ”

” 4 ” ” ”

2 2 16 rt ”

1 4 64 ” ”

” ” 16 ” [C

3

(CN)m

3

pz][Tf

2

N]

Inizialmente, le reazioni, riportate in tab. 3.5, di ossidazione del cicloesene sono

state condotte utilizzando 5% di Co(acac)

2

ma l’eccessiva attivazione dell’H

2

O

2

,

evidenziata dall’immediato aumento della temperatura, ha reso necessaria una riduzione

della quantità di catalizzatore e l’uso della procedura a freddo prima descritta (il catalizzare

veniva solubilizzato nel liquido ionico raffreddando in bagno di ghiaccio e dopo circa 30

minuti veniva aggiunta l’H

2

O

2

, goccia a goccia). La reazione è anche stata condotta

aggiungendo inizialmente alla miscela IL-metallo il substrato e successivamente

gocciolando H

2

O

2

. Questo per sfruttare l’eventuale attivazione per via radicalica

dell’olefina anziché dell’ossidante. Le reazioni sono state condotte in [bmim][BF

4

] puro. A

differenza del Fe

3+

, che aveva portato al prodotto desiderato, sebbene in miscela ed in

bassa resa, nel caso del Co

2+

non si è evidenziata la formazione di alcun prodotto di

ossidazione. La contemporanea scomparsa dell’olefina suggeriva tuttavia la formazione di

acido adipico o di un prodotto di più spinta ossidazione. Anche, l’utilizzo del liquido

ionico [C

3

(CN)m

3

pz][Tf

2

N], che avrebbe dovuto stabilizzare il catalizzatore grazie alla

funzionalizzazione in catena laterale, non ha dato alcun risultato positivo.

(35)

101 Rame(II)

Nel caso del rame, è ritenuto probabile che la specie radicalica, HO

, non si formi per reazione del Cu

+

(aq) e Cu(phen)

2+

con H

2

O

2

, ma sia implicata una specie Cu

III

che si forma per rottura della specie perossidica (CuOOH

ି

). L’equilibrio che si instaura in ambiente acido, ma non in soluzione neutra, è:

Nello stato di ossidazione +2 il rame non è un potente ossidante ma reagisce con i radicali organici mediante la formazione di complessi che si rompono per dare i prodotti ossidati.

Il Cu

2+

è in grado quindi di attivare l’H

2

O

2

con formazione di una specie radicalica perossido. L’utilizzo di CuCl

2

in [bmim][BF

4

] ha portato all’esclusiva formazione di prodotti polialogenati, probabilmente derivanti dal cloruro del metallo, le condizioni utilizzate sono riportate in tab. 3.6.

Tabella 3.6. Reazioni di ossidazione in presenza di CuCl2. R(OH) = cicloesenolo; R(O) = cicloesenone; RXn

= alogenati; R(OH)n = poliossigenati.

Cat. H

2

O

2

t T IL Prodotti (%)

mol% eq (h) (°C) R(OH) R(O) RX

n

R(O)

n

5 2 22 rt [bmim][BF

4

] 1

” 4 ” ” ” 2 1

” ” 72 ” ”

” 2 ” 60 ”

” ” 22 50 ” 1

” 4 ” ” ”

” 2 16 rt ”

” 4 64 ” ”

” ” 16 ” [C

3

(CN)m

3

pz][Tf

2

N]

Le percentuali erano significativamente inferiori rispetto a quelle ottenute con il

liquido ionico inquinato. In questa reazione è stato testato anche il liquido ionico a base

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