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1. Prevenzione della produzione di scarti, potenzialmente inquinanti, anziché

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Capitolo 1 Introduzione

1.1 Green Chemistry

Negli anni ’90 l’EPA (Environmental Protection Agency) ha introdotto il concetto di Green Chemistry, un nuovo modo di concepire la chimica che ha come obiettivo primario la promozione di processi innovativi, mirati a ridurre o eliminare l’utilizzo di sostanze chimiche pericolose e la produzione di prodotti tossici per l’uomo e inquinanti per l’ambiente. Tutte problematiche di estrema attualità verso le quali sempre più si sta rivolgendo l’attenzione non solo dell’opinione pubblica e dei mass-media ma anche del legislatore (vedi recente normativa REACH). In particolare, l’EPA suggerisce il raggiungimento di tale obiettivo promuovendo l’utilizzo di composti derivanti da fonti rinnovabili, facilmente reperibili, producendo prodotti ecocompatibili passando attraverso intermedi stabili, utilizzando procedure che non richiedano alta energia, minimizzando l’uso di solventi e il numero dei passaggi e degli scarti, nonché la formazione di sottoprodotti.

La Green Chemistry è regolata da 12 principi [1]:

1. Prevenzione della produzione di scarti, potenzialmente inquinanti, anziché

trattarli una volta formati;

(2)

2. Economia atomica; creare vie sintetiche che massimizzano l’incorporazione dei materiali utilizzati nel prodotto finale riducendo i sottoprodotti;

3. Sintesi chimica meno pericolosa; utilizzo e produzione di reagenti che siano quanto più possibile non tossici ed inquinanti;

4. Sviluppo di composti chimici salubri che svolgono la funzione desiderata minimizzando la tossicità;

5. Uso di solventi e ausiliari salubri o, dove possibile, la loro eliminazione;

6. Progettare in base all’efficienza atomica riconoscendo e minimizzando i requisiti energetici dei processi chimici per l’impatto ambientale ed economico. È importante che i processi sintetici vengano svolti a T e P ambiente;

7. Uso di sostanze rinnovabili;

8. Ridurre i derivati cercando di eliminare i passaggi non necessari evitando l’uso di gruppi protettori e modificazioni temporanee, in quanto questi stadi richiedono reagenti e producono scarti;

9. Promuovere l’uso di reagenti catalitici rispetto all’uso di reagenti stechiometrici;

10. Progettare prodotti idonei per la degradazione: prodotti che, una volta assolta la loro funzione, si degradano in prodotti innocui e non persistono nell’ambiente;

11. Analisi in tempo reale della prevenzione all’inquinamento, sviluppando metodi analitici che monitorano il processo e controllano la formazione di sostanze pericolose;

12. Chimica intrinsecamente più sicura scegliendo sostanze e processi che riducono il rischio di incidenti.

E’ molto importante non confondere i concetti di “green chemistry” e “chimica

sostenibile”. Mentre la green chemistry è focalizzata all’utilizzo e la produzione di

sostanze chimiche a basso impatto ambientale, non inquinanti per l’ambiente e tossiche per

l’uomo, la chimica sostenibile deve essere considerata come un concetto più generale,

mirato alla ricerca di una migliore qualità della vita, con la valutazione del rapporto

(3)

costi/benefici, dell’eco-efficienza dei prodotti e della crescita economica che da questi può derivare. Ovviamente, anche lo sviluppo di questo tipo di chimica è totalmente incentrato sulla riduzione, e dove possibile eliminazione, dell’impatto ambientale dei prodotti chimici e dei rischi per la salute umana che il loro utilizzo implica.

Nell’enunciazione dei 12 principi un ruolo fondamentale è svolto dall’economia atomica che ci permette di calcolare quanti atomi dei reagenti si ritrovano nel prodotto finale e quanti vanno a formare i sottoprodotti. Perché l’economia atomica sia ottimale si dovrebbe ottenere a partire da n reagenti un singolo prodotto che contenga all’interno tutti gli atomi costituenti i reagenti iniziali. Non tutte le reazioni organiche sono caratterizzate dalla stessa economia atomica: tra le reazioni più efficienti, in termini di economia atomica, troviamo le reazioni di riarrangiamento e le reazioni di addizione mentre le reazioni che non presentano questa caratteristica sono le reazioni di sostituzione e soprattutto di eliminazione.

Un altro termine importante, introdotto accanto all’economia atomica per definire il carattere green di un certo processo, è il fattore E che indica la quantità di sottoprodotti formati per unità di peso di prodotti. Il fattore E è stato usato da Sheldon

1

per definire il concetto quoziente ambientale che tiene conto dei sottoprodotti formati, valore che sarà tanto più alto quanto più i sottoprodotti sono tossici.

A seguito della necessità di produrre prodotti a basso impatto ambientale è stato istituito il Life Cycle Assestament che permette di valutare l’impatto ambientale di un prodotto a partire dalle materie prime utilizzate fino alla sua eliminazione tenendo conto di tutti i prodotti intermedi che si formano, dei metodi utilizzati per le purificazioni, dei solventi e della eliminazione dei rifiuti. A seguito dei risultati ottenuti i processi possono essere ottimizzati variando varie componenti del ciclo di vita.[2]

Oggi si tende molto a riciclare i prodotti ottenuti cercando di impiegarli nuovamente in altre reazioni o per la produzione di energia, anziché smaltirli. La misura dell’LCA fornisce dati precisi in termini di qualità e quantità, che permettono di

1 R. A. Sheldon, Chem. Ind. (London), 1992, 903-906.

(4)

individuare le migliori condizioni per un basso impatto ambientale. Per la valutazione di un processo chimico sono fattori importanti:

- Materie prime. Oltre all’inquinamento ambientale, che rappresenta una problematica purtroppo ancora in crescita, non si deve trascurare il fattore approvvigionamento delle materie prime. Oggi, queste sono per la maggior parte prodotti derivanti da materiale inorganico o di natura fossile (prodotti della petrolchimica) e, mentre per le prime la sostenibilità non rappresenta al momento un problema, per quelle petrolchimiche si. Si osserva quindi un crescente interesse verso la produzione di materie prime biotecnologiche, a partire da prodotti di origine agricola, possibilmente materiale di scarto, per evitare la competizione con la produzione agricola a fini alimentari;

- Energia richiesta per la lavorazione delle materie prime. Un altro problema importante è l’energia richiesta per la lavorazione delle materie prime. L’utilizzo di combustibili fossili sta diventando sempre meno praticabile per ragioni di approvvigionamento, e l’utilizzo di qualsiasi fonte energetica che coinvolge combustione e produzione di CO

2

contrasta con il riscaldamento globale, andando contro gli obiettivi perseguiti dal Protocollo di Kyoto, quindi è opportuno sfruttare le energie sostenibili tra le quali troviamo l’energia solare, eolica, energia idroelettrica, a discapito di quelle non sostenibili come petrolio, biomasse e gas naturali. Il passaggio allo sfruttamento delle energie rinnovabili è peraltro fondamentale per evitare il totale depauperamento di quelle esauribili;

- Acqua richiesta per la lavorazione delle materie prime. L’utilizzo di acqua rappresenta sempre un maggior problema a causa dell’uso eccessivo che ne viene fatto. Il suo impiego è controllato valutando, prima di tutto, le forniture di acqua disponibili, i diversi settori nei quali può essere sfruttata e la sua ripartizione;

- Ambiente resistente capace di ricevere qualsiasi residuo venga dissipato.

L’ultimo elemento della sostenibilità riguarda la capacità dell’ecosistema di

ricevere e dissipare i residui senza subire danneggiamenti. L’obiettivo a lungo

termine è “eliminare completamente gli scarichi”, e sebbene questo sia un

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obiettivo difficilmente attuabile sul piano pratico, mantenere un “target” di questo tipo contribuisce ad incrementare l’efficienza di molti processi sintetici e di ridurne l’impatto ambientale.

Uno dei metodi più green applicabili in sintesi è l’uso di catalizzatori. Le reazioni catalitiche per essere green devono tuttavia rispettare tre parametri:

- Selettività (percentuale di substrato iniziale convertita nel prodotto desiderato);

- TOF (Frequenza di turnover, moli di prodotto per moli di catalizzatore al secondo);

- TON (Numero di turnover, quantità di prodotto per mole di catalizzatore).

I catalizzatori sono classificabili come eterogenei e omogenei in base al loro stato e all’ambiente di reazione.

Tabella 1.1. Differenze tra catalisi eterogenea ed omogenea.

Eterogenea Omogenea

Fasi Fase solida separata Singola fase

Separabilità Facile Difficile

Riciclo Facile rigenerazione Costoso e difficile

Velocità Minore Maggiore

Dipendenza dalla diffusione Dipendente Indipendente

Inquinanti Molto sensibile Resistente

Selettività Bassa Elevata

Tempo di attività Lungo Corto

Energia Elevata Condizioni blande

Meccanismo Difficile interpretazione Spesso ben noto

I processi più green si ottengono utilizzando catalizzatori eterogenei, in tab. 1.1 sono riportate le principali differenze con la catalisi omogenea. Le reazioni catalitiche, possono essere suddivise più dettagliatamente in:

- Catalisi asimmetrica che ha un ruolo sempre maggiore nell’industria

farmaceutica. È il metodo sintetico più efficace per l’ottenimento di prodotti

enantiomericamente puri riducendo la quantità degli scarti;

(6)

- Biocatalisi che utilizza enzimi che permettono di ottenere sostanze anche molto complesse mediante reazioni che non richiedono condizioni particolari;

- PTC (Catalisi per trasferimento di fase) che utilizza catalizzatori che permettono il trasferimento dei reagenti in un sistema eterogeneo da una fase all’altra.

Tuttavia, un ruolo fondamentale nella green chemistry è svolto dai solventi che trovano ampia applicazione in molti processi industriali che coinvolgono aree e settori diversi, che vanno dall’industria farmaceutica, alla fabbricazione di vernici, alla formulazione di inchiostri ed alla produzione di aerosol.

Un solvente per la chimica verde non deve essere tossico prima di tutto per l’uomo. I test che dimostrano la tossicità di un prodotto chimico non sono richiesti su tutta la miscela che viene prodotta ma solo sui singoli componenti, in quanto è stato dimostrato che la tossicità di questi è additiva. I prodotti chimici, inclusi i solventi, non devono contenere alcun componente (incluse le impurezze) che sia cancerogeno o del quale sia stata dimostrata la possibilità di provocare danni alla riproduzione; non devono essere infiammabili; non devono contenere sostanze che possono generare smog o deplezione dell’ozono; inoltre non devono essere tossici per l’ambiente acquatico e devono essere quanto più possibile biodegradabili. Una sostanza è da considerare tossica per l’uomo quando:

- La dose orale LD

50

≤ 50 mg/kg;

- La dose inalatoria LC

50

≤ 200 ppm di vapore o 2 mg/L di polvere;

- La dose per contatto LD

50

≤ 200 mg/kg.

Nelle produzioni chimiche i solventi vengono utilizzati non solo come mezzi di

reazione ma anche per effettuare estrazioni, ricristallizzazioni o dissoluzioni di solidi per

facilitarne il trattamento. Il loro compito fondamentale è quello di miscelare i reagenti

all’interno dell’ambiente di reazione, rendere la reazione più veloce, dissipare il calore

eventualmente generato da reazioni fortemente esotermiche e ridurre il consumo di

energia.

(7)

Ad oggi i solventi maggiormente utilizzati sono composti organici volatili (VOCs), che presentano buone proprietà solventi, si conosce il loro potere solvente e possono essere rimossi a fine reazione per semplice evaporazione. Purtroppo, questi solventi non sono eco-compatibili; creano smog e inquinamento, spesso dovuti alla generazione di radicali liberi ed è a causa dei danni che essi possono arrecare all’uomo e all’ambiente che è stata imposta una riduzione nella emissione di VOCs. In alternativa all’uso dei VOCs, escludendo le reazioni in assenza di solvente, negli ultimi dieci anni sono state proposte altre cinque classi di possibili solventi di più basso impatto ambientale, sebbene non tutti siano esattamente d’accordo sulla reale sostenibilità di ciascuna classe:

- Assenza di solvente;

- Solventi benigni non-volatili;

- Fluidi supercritici;

- Acqua;

- Solventi fluorurati;

- Liquidi ionici.

1.2 Assenza di Solvente

Quando i reagenti (tutti o in parte) sono allo stato liquido ed hanno proprietà solvente è possibile effettuare la reazione eliminando il solvente vero e proprio e lavorare in condizioni solvent free. Reazioni che coinvolgono reagenti parzialmente o totalmente miscibili tra loro possono essere effettuate in queste condizioni. Tuttavia, l’eliminazione del solvente non è sempre applicabile, il solvente controlla spesso reattività e selettività. In particolare, l’eliminazione dei solventi risulta particolarmente difficile nella chimica fine che spesso richiede l’utilizzo di reagenti solidi con un elevato punto di fusione.

Tra i vantaggi che ne derivano molto importante è la possibilità di usare alte

temperature che talvolta non possono essere raggiunte a causa dei punti di ebollizione dei

solventi e la possibilità di utilizzare l’irradiazione microonde in assenza di questi. Questa

(8)

assenza permette di utilizzare apparecchiature meno ingombranti e nel caso di reazioni di equilibrio, che portano alla produzione di prodotti polari come MeOH o H

2

O, il riscaldamento appena sopra il punto di ebollizione di quest’ultimi composti permette di spostarne l’equilibrio. Questi processi sono (quando possibili) molto puliti, economici, sicuri ed efficienti, caratteristica che può essere rafforzata se accoppiati ad altri metodi di attivazione (ultrasuoni o microonde).

Alcuni esempi di reazioni senza solvente fatte su larga scala sono la produzione di fenolo, MTBE e polipropilene. Nel 1980, l’MTBE ha dato un contributo non indifferente alla riduzione nell’emissione di VOCs dai gas di scarico delle auto, dovuta soprattutto alla produzione di piccoli idrocarburi come sottoprodotti.

1.3 Solventi Benigni non-volatili

Per quanto concerne i solventi non-volatili si tratta in genere di solventi strutturalmente modificati in modo da mimare le proprietà del solvente originale, riducendone la volatilità. Un esempio è dato dal n-ottil-tetraidrofurfurolo che sostituisce il tetraidrofurano (THF). Questi solventi sono anche detti derivatizzati, ma ve ne sono anche di “immobilizzati”, cioè molecole di solvente legate ad un polimero a basso peso molecolare. In entrambi i casi i vantaggi prevedono la riduzione dell’emissione di VOCs, la riduzione nella deplezione di ozono, una separazione semplice dall’acqua e una diminuzione nell’uso di solventi che causano contaminazione delle acque di scarico.

1.4 Fluidi Supercritici

I fluidi supercritici rappresentano un’innovazione molto importante che ha portato alla scoperta di reazioni non effettuabili nelle normali condizioni di sintesi.

Ogni composto stabile è dotato di un punto triplo. Per generare un fluido

supercritico è necessario comprimerlo a una pressione maggiore della sua pressione critica

(P

c

) e lavorare a temperature superiori alla temperatura critica (T

c

). In tab. 1.2 sono

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riportati i parametri critici di alcuni solventi molecolari. Le caratteristiche di questi fluidi sono molto diverse rispetto a quelle dei solventi convenzionali. Inoltre, essi presentano proprietà intermedie tra quelle di un liquido e di un gas, differenze che si manifestano in particolare nella densità e viscosità. Le variazioni di pressione e temperatura possono avvicinare le proprietà del fluido supercritico a quelle di un liquido o di un gas.

Tabella 1.2. Tc e Pc di vari solventi molecolari.

Solvente T

c

(°C) P

c

(MPa)

H

2

O 373,9 22,06

CO

2

30,9 7,38

MeOH 239,4 8,09

Etano 32,2 4,88

Etene 9,1 5,04

EtOH 240,7 6,14

Propano 96,6 4,25

PrOH 263,6 5,17

N

2

O 36,4 7,25

Per quanto riguarda le proprietà solventi, la solubilità di un materiale in un fluido tende ad aumentare all’aumento della pressione e della temperatura. I fluidi supercritici sono già stati utilizzati in processi di estrazione e purificazione ma l’attenzione si sposta sempre di più verso la loro applicazione in ambito sintetico formando un sistema monofasico con reagenti gassosi. In questo modo si elimina il passaggio limitante il trasporto di massa aumentando così la velocità di reazione. I vantaggi di questi fluidi sono derivanti soprattutto dal fatto che i gas sono totalmente miscibili, non presentano alcuna tensione superficiale, sono inerti e non tossici, sono poco costosi e compatibili con l’ambiente ma a volte le pressioni richieste arrivano anche a 40 MPa, pertanto è importante lavorare in condizioni di sicurezza.[3]

L’interesse verso i fluidi supercritici ha avuto inizio negli anni ’70, ed è coinciso

con la crisi energetica di quel periodo. A causa dell’aumento del costo del petrolio, i

processi di separazione e distillazione cominciavano a diventare insostenibili; per

(10)

l’industria quindi riuscire ad estrarre prodotti di reazione con solventi che non dovevano essere poi rimossi per distillazione rappresentava un notevole risparmio energetico.

Figura 1.1. Diagramma di fase della CO2.

L’anidride carbonica, tra i possibili fluidi, era quello che presentava più peculiarità positive. Innanzitutto, il suo punto triplo facilmente accessibile, T

c

30,9 °C e P

c

7,38 MPa, e per riduzione della pressione si trasforma in un gas facilmente eliminabile; in fig. 1.1 è riportato il diagramma di fase della scCO

2

. Tuttavia, essendo una sostanza non polare la solubilizzazione di alcuni reagenti può risultare difficoltosa, e per ovviare a questo inconveniente sono stati sintetizzati tensioattivi specifici per la scCO

2

. Attualmente, tra gli utilizzi industriali della scCO

2

dobbiamo menzionare il lavaggio a secco, dove la scCO

2

sta sostituendo il percloroetilene, e l’utilizzo come solvente-disperdente nei rivestimenti a spruzzo. Un altro processo dove viene utilizzata la scCO

2

è la decaffeinizzazione del caffè, che prima veniva effettuata mediante l’uso del diclorometano, e come solvente in reazioni di polimerizzazione di monomeri fluorurati o sililati.

1.5 Acqua

Acqua è sicuramente un composto chimico, non tossico né per l’uomo né per

l’ambiente di basso costo ed, almeno per ora, di elevata disponibilità, il suo utilizzo può

ridurre l’emissione di VOCs e la produzione di CO

2

. Tuttavia, l’uso dell’acqua come

(11)

solvente alternativo richiede innanzitutto che i reagenti siano solubili in questo mezzo e che non reagiscano con il mezzo stesso; due condizioni non sempre compatibili con i reagenti organici. Inoltre, per la sua eliminazione, è richiesta una quantità considerevole di energia e l’acqua utilizzata come solvente, in certi processi, non può essere considerata un rifiuto “non-tossico”. D’altra parte, l’acqua può incrementate selettività e resa di reazione;

talvolta, permette l’eliminazione di reazioni di protezione-deprotezione; la sua presenza può facilitare lo scambio di ligandi in reazioni catalizzate da metalli; catalizzatori solubili possono essere utilizzati nuovamente dopo filtrazione o estrazione di prodotti insolubili.

L’utilizzo di acqua, sia in forma liquida che sottoforma di fluido supercritico, ha quindi permesso di sostituire numerosi solventi organici in diversi processi. L’acqua supercritica è meno polare dell’acqua allo stato liquido e più acida, potendo variare entrambe queste proprietà in un intervallo ampio di valori al variare della pressione e temperatura, l’acqua supercritica è in grado di dissolvere numerose sostanze e può essere usata nelle reazioni acido-base catalizzate semplicemente come acido o base, eliminando i sottoprodotti derivanti dalla neutralizzazione.

1.6 Solventi Fluorurati

I composti fluorurati, aventi un appropriato punto di fusione e punto di

ebollizione, possono essere usati come solventi per reazioni chimiche. In generale, i

solventi fluorurati tendono a miscelarsi molto poco con i comuni solventi organici e quindi

sono stati ampiamente studiati nella catalisi bifasica in cui un reagente o il catalizzatore è

ancorato alla fase fluorurata e separato dalla fase organica a fine reazione. Tuttavia,

sebbene normalmente formino un sistema bifasico con i solventi convenzionali alcune

combinazioni di solventi organici e fluorurati mostrano un aumento di miscibilità ad

elevate temperature; talvolta, il riscaldamento può portare ad una miscela del tutto

omogenea. Di conseguenza è possibile effettuare reazioni sia in fase omogenea che

eterogenea variando opportunamente la temperatura: il perfluorometilcicloesano (PP2) e il

cloroformio formano un sistema bifasico a temperatura ambiente, ma a 50,1 °C sono del

tutto miscibili.

(12)

Con un’attenta progettazione di catalizzatori e reagenti la reazione può essere effettuata in condizioni omogenee, mantenendo il vantaggio della separazione bifasica di catalizzatore e prodotti al termine della reazione. Questa tecnica è particolarmente utile in quelle reazioni in cui un composto non polare viene convertito in uno a polarità maggiore, in quanto la maggior polarità comporta una minore solubilità nella fase fluorurata.

I più importanti solventi fluorurati sono costituiti da alcani, cicloalcani, dialchileteri e trialchilammine e sono preparati dai corrispondenti idrocarburi, eteri e ammine mediante fluorurazione elettrochimica o mediante fluorurazione con cobalto trifluoruro. La porzione alchilica, per essere ottimale, può essere sia lineare che ramificata ma deve contenere un elevato numero di atomi di carbonio, mentre i fluoroarili generano interazioni che li rendono più solubili nei solventi organici. I composti fluorurati hanno densità molto più elevata rispetto agli analoghi idrocarburi, generalmente compresa tra 1,7 e 1,9 g/cm

3

. Hanno bassa polarità e scarsa solubilità in acqua e nella maggior parte dei solventi organici. A causa della bassa polarizzabilità del legame C−F e alla scarsa disponibilità del lone pair del fluoro, i fluorocarburi mostrano deboli interazioni di Van der Waals. Il risultato è l’elevata solubilità dei gas; in particolare, l’elevata solubilità dell’ossigeno ha portato al loro impiego come sostituti del sangue artificiale.

I fluorocarburi sono chimicamente inerti, non sono infiammabili ed hanno bassa tossicità. A differenza dei fluorocarburi alogenati non sono dannosi per l’ozono e sono stati utilizzati come sostituti ai CFC. Tuttavia hanno un’emivita molto lunga nell’atmosfera (>

2000 anni) e questo può avere conseguenze per il loro impiego come solventi perché ogni processo deve tener conto del fatto che ogni perdita di solvente nell’atmosfera è estremamente indesiderata.

I solventi florurati trovano largo impiego in diversi campi quali medicina,

biotecnologia ed elettronica. Recentemente è stata sviluppata una emulsione chiamata

Oxigent

TM

che rappresenta l’ultima conquista nei dispositivi medici, il componente

principale è il bromuro perfluorottile che non è tossico e viene prodotto su scala

industriale.

(13)

1.7 Liquidi Ionici

L’obiettivo principale della Green Chemistry è la sostituzione degli attuali VOCs con solventi ambientalmente benigni. Una delle strategie è l’utilizzo di liquidi ionici che negli ultimi decenni hanno attirato in modo particolare, e sempre crescente, l’attenzione della comunità scientifica. Il numero in costante aumento di articoli pubblicati relativamente ai liquidi ionici ne da conferma.

Figura 1.2. Anioni.

Figura 1.3. Cationi.

I liquidi ionici sono sali aventi un basso punto di fusione, generalmente più basso

della temperatura di ebollizione dell’acqua, sono normalmente costituiti da un catione

organico e da un anione poliatomico, organico o inorganico. I cationi di grosse dimensioni

(14)

determinano una riduzione della simmetria della molecola, fattore che riduce l’impaccamento del composto la cui temperatura di fusione risulta bassa, in genere inferiore ai 100 °C. In fig. 1.2 e 1.3 sono riportati i più comuni anioni e cationi.

Il primo liquido ionico sintetizzato è stato l’etilammonio nitrato [EtNH

3

][NO

3

] nel 1914, con punto di fusione di 12 °C.[4] Nella seconda metà del XX secolo l’attenzione si è volta verso l’utilizzo di cationi eterociclici, in particolare cloruri di piridinio e imidazolio addizionati di AlCl

3

; [C

n

Py][AlCl

4

] o [C

n

Py][Al

2

Cl

7

].[5] I sali di piridinio venivano utilizzati nei processi di elettrodeposizione dell’alluminio e come elettroliti in batterie. I cloroalluminati, sebbene siano dei buoni solventi e catalizzatori (possono essere degli efficienti acidi di Lewis) hanno lo svantaggio di essere altamente sensibili all’umidità;

l’AlCl

3

in presenza di umidità ionizza per formare HCl. Il loro utilizzo implica quindi l’uso di condizioni rigorosamente anidre ed atmosfere inerti; fattori che hanno favorito lo sviluppo di altre classi di liquidi ionici. Negli anni ’90 sono stati sintetizzati i primi liquidi ionici stabili all’aria e all’acqua, tra questi i più comuni anioni utilizzati sono l’esafluorofosfato, il tetrafluoroborato, il nitrato, il metansulfonato (mesilato), il trifluorometansulfonato (triflato) e la bis(trifluorometilsulfonil)immide (bistriflimide). Il rapido aumento di interesse è in parte attribuibile all’ampia applicabilità di questi sali, che va dalle reazione catalizzate, all’uso come elettroliti liquidi in processi elettrochimici, a solventi nelle separazione o nella chimica dei polimeri. Ma, la ricerca di nuovi liquidi ionici si è spinta anche oltre con lo sviluppo di liquidi ionici funzionalizzati, task-specific ionic liquids e liquidi ionici chirali.

Generalmente i liquidi ionici non sono solubili nei tradizionali solventi organici,

in particolare in idrocarburi lineari e ciclici e possono essere utilizzati per reazioni

bifasiche. Sistemi bifasici acqua/liquido ionico si possono ottenere mediante la creazione

di liquidi ionici idrofobici. La solubilità dei composti organici e di sali metallici è molto

importante nella sintesi chimica e nelle reazioni catalizzate. La solubilità di reagenti,

catalizzatore e prodotti deve essere diversa per consentire una migliore separazione del

prodotto. Proprio per queste caratteristiche l’attenzione si è rivolta prevalentemente verso

(15)

l’applicazione di questi nuovi solventi nella catalisi eterogenea. Inoltre, l’uso dei liquidi ionici permette spesso un miglior controllo della reazione e un aumento della velocità.

I liquidi ionici con catione contenente un atomo di azoto quaternizzato, rimanendo liquidi in un ampio intervallo di temperature (oltre i 300 °C), sono specie non infiammabili dotate di bassa o nulla tensione di vapore, che si traduce nella non volatilità di questi composti permettendo il loro impiego anche in sistemi ad alto vuoto. La non infiammabilità può essere sfruttata in reazioni fortemente esotermiche. L’elevata stabilità termica permette un migliore controllo termodinamico della reazione e l’applicazione di vari metodi di separazione dipendenti dalla temperatura quali cristallizzazione, distillazione e sublimazione di prodotti e sottoprodotti, azione non permessa con i solventi organici tradizionali. Un’ulteriore proprietà rispetto ai tradizionali solventi è data dal rafforzamento del tempo di vita dell’enzima che determina un incremento della selettività nella catalisi eterogenea, un recupero più facile del catalizzatore e riciclo.

Gli anioni generalmente sono basi deboli, inorganiche o composti organici, con una sola carica negativa che può essere delocalizzata. La struttura dell’anione ha grande influenza principalmente sulla viscosità di questi sali; piccoli anioni con carica delocalizzata ed incapaci di formare legami ad idrogeno danno liquidi ionici poco viscosi.

La fluorurazione dell’anione riduce la possibilità di interazione tramite legami ad idrogeno e causa una riduzione della simmetria dell’anione, come nel caso della bistriflimide, portando ad un abbassamento notevole del punto di fusione. Un altro vantaggio nella presenza di anioni fluorurati è l’aumento della stabilità termica ed elettrochimica.

Le proprietà dei liquidi ionici sono estremamente modulabili. La miscibilità con

l’acqua può essere regolata mediante sottili variazioni nella natura dell’anione, passare da

cloruro a esafluorofosfato determina un cambiamento drastico di questa proprietà. Il PF

6ି

è

estremamente idrofobico rispetto al Cl

ି

, anione totalmente miscibile con l’acqua. I liquidi

ionici idrofobici hanno quasi sempre anioni contenenti atomi di fluoro, l’idrofobicità è

principalmente determinata dall’incapacità degli anioni fluorurati, PF

6ି

e Tf

2

N

ି

, di

accettare legami ad idrogeno a differenza del cloruro che è un buon accettore. Molti liquidi

ionici sono fortemente igroscopici, e assorbono notevoli quantità di acqua atmosferica,

(16)

formando legami ad idrogeno tra le molecole di acqua e l’anione. A parità di catione, la scala di igroscopicità è PF

6ି

< Tf

2

N

ି

< BF

4ି

< ClO

4ି

< NO

3ି

< CF

3

CO

2ି

. L’idrofobicità è infatti determinata anche dal catione e dai sostituenti su questo presenti; nel caso dell’anione tetrafluoroborato e del triflato essa è determinata dalla lunghezza della catena alchilica del catione. I liquidi ionici idrofobici hanno avuto notevole successo per l’uso come solventi in reazioni di disidratazione e si sono dimostrati superiori ai comuni solventi organici in reazioni sensibili all’umidità, proteggendo i reagenti e intermedi dall’acqua.

L’idrofilia dei liquidi ionici è determinata primariamente dall’anione: anioni quali mesilato, tosilato, trifluoroacetato, acetato e dicianammide, danno generalmente liquidi ionici miscibili con l’acqua. Inoltre, tra questi diversi anioni e i corrispondenti liquidi ionici mostrano proprietà di basi di Lewis (dicianammide e acetato) ed hanno dimostrato di poter esercitare effetti interessanti nella catalisi basica.

Relativamente all’influenza del catione sulle proprietà chimico-fisiche dei liquidi ionici è da rilevare che la maggior parte dei sali a basso punto di fusione derivano da specie organiche con bassa simmetria. I cationi sono generalmente formati da eterocicli quali imidazoli, tiazoli, ossazoli e piridine. Tipicamente il punto di fusione varia a seconda della lunghezza del sostituente alchilico; lunghe catene alchiliche sono responsabili della formazione di specie cristalline.

Oltre all’utilizzo di eterocicli, sono stati sintetizzati anche liquidi ionici con

cationi ammonio, fosfonio e solfonio. I sali di fosfonio hanno attirato particolare attenzione

grazie alla elevata stabilità termica, ma per contro presentano normalmente un’elevata

viscosità che ne rende difficoltoso l’utilizzo per applicazioni a bassa temperatura. Oltre alle

semplici catene alchiliche si possono utilizzare catene portanti gruppi funzionali quali eteri

o polieteri, che riducono la viscosità dei corrispondenti liquidi ionici e inducono in questi

proprietà solventi specifiche; ad esempio permettono una più facile dissoluzione di

zuccheri. La presenza di un gruppo solfonico o carbossilico in catena laterale dà al liquido

ionico proprietà di acido di Brønsted; questi liquidi ionici sono stati utilizzati nella catalisi

acida.

(17)

Lo sviluppo di liquidi ionici chirali è piuttosto recente ma promettente in quanto molti dei cationi ottenibili da fonti naturali, a partire dagli aminoacidi, contengono uno o più centri chirali. I liquidi ionici chirali sono utili per la sintesi di composti otticamente attivi enantiomericamente puri, il loro utilizzo potrebbe contribuire all’eliminazione di catalizzatori molto costosi e separazioni cromatografiche su colonne chirali.

Per quanto concerne le applicazioni dei liquidi ionici, queste sono ad oggi tra le più svariate; a partire dal loro impiego come solventi anche in reazioni biocatalizzate, i liquidi ionici sono utilizzati nei processi di separazione ed estrazione, come elettroliti nelle celle a combustibile, nelle batterie, nei condensatori, inoltre trovano utilizzo nei sensori.

L’applicazione in campo elettrochimico è stata la più studiata, rappresentando il primo campo nel quale si è riconosciuta la potenzialità dei liquidi ionici riconducibile alla loro ampia finestra elettrochimica, buona conducibilità, ampio intervallo in cui si trovano allo stato liquido; oggi, i liquidi ionici sono ampiamente utilizzati nell’elettrodeposizione di metalli. Ma, i liquidi ionici vengono usati anche in diversi processi industriali; da menzionare il processo Dimersol, per la dimerizzazione degli alcani, generalmente butene e propene per la produzione di eseni e otteni ramificati; la polimerizzazione di Ziegler- Natta dell’etilene; la reazione di alchilazione di olefine per la sintesi di iso-alcheni, come la produzione di 2,3-dimetilbutene, che può essere convertito a metossietere usato come additivo nelle benzine. Infine, sono stati ampiamente studiati nelle reazioni di Diels Alder, nelle idrogenazioni e idroformilazioni.

1.7.1 Sintesi

La preparazione del primo liquido ionico risale al 1914 con la sintesi di

[EtNH

3

][NO

3

], la reazione prevedeva l’aggiunta di HNO

3

concentrato ad una soluzione

acquosa di metilammina. Al termine della reazione, l’acqua veniva rimossa per

distillazione ottenendo un sale liquido a temperatura ambiente. In realtà, i liquidi ionici

oggi maggiormente in uso sono basati su cationi polialchil sostituiti, associati ad anioni

spesso non introducibili per reazione diretta. La loro sintesi quindi può essere divisa in due

step:

(18)

- Formazione del catione desiderato;

- Lo scambio anionico.

La quaternizzazione per la formazione del catione può avvenire, per protonazione diretta con un acido, oppure si possono quaternizzare ammine e fosfine mediante l’utilizzo di alogenoalcani.

La reazione di alchilazione presenta alcuni vantaggi:

- Ampia disponibilità di alogenoalcani economici;

- Non sono richieste temperature molto elevate per le reazioni di sostituzione;

- Rapido scambio di anione.

La quaternizzazione di ammine e fosfine con alogenoalcani avviene molto bene

con cloro, bromo e iodoalcani e la velocità di alchilazione aumenta nell’ordine Cl > Br > I,

mentre i fluoruri non vengono usati. Le reazioni sono estremamente semplici,

l’alogenoalcano desiderato viene solubilizzato in un adatto solvente con l’ammina (1-

alchilimidazolo, piridina, isochinolina o trialchilammina). La reattività degli alogenoalcani

tende a diminuire all’aumentare della lunghezza della catena alchilica e le temperature e i

tempi di reazione sono dettati dal tipo di alogenoalcano che si utilizza. Tendenzialmente la

reazione tra 1-alchilimidazolo con un cloroalcano avviene ad una temperatura di ~ 80 °C

nell’arco di 2-3 giorni; l’utilizzo di bromoalcani richiede condizioni meno spinte e la

reazione va a completezza in 24 ore riscaldando a temperature comprese tra 50 e 60 °C. In

accordo con quanto detto relativamente alla reattività degli alogenoalcani, gli iodoalcani

sono notevolmente più reattivi e la reazione può arrivare a conclusione a temperatura

ambiente. Generalmente i sali alogenuro sono composti solidi a temperatura ambiente,

tuttavia alcuni si presentano in seguito al rapido raffreddamento come liquidi

estremamente viscosi. Molte di queste reazioni possono essere condotte in assenza di

solvente in quanto i reagenti sono tra di loro miscibili e il prodotto formato è generalmente

insolubile nei reagenti iniziali. Nonostante ciò spesso si utilizzano moderate quantità di

solvente (toluene, etanolo, ecc) nel processo di quaternizzazione, soprattutto per evitare la

formazione di sottoprodotti colorati, difficilmente eliminabili. La rimozione del solvente

(19)

dal prodotto è un punto critico nel processo di sintesi; per la rimozione del solvente residuo vengono utilizzati sistemi con riscaldamento in condizioni di vuoto, un riscaldamento eccessivo in questa fase può portare all’inversione del processo di quaternizzazione.

Possono essere preparati in questo modo anche sali con anioni differenti; il metiltriflato e il metiltosilato permettono di ottenere direttamente sali liquidi a temperatura ambiente, tuttavia l’utilizzo di questi reagenti richiede un ambiente inerte. Triflati e tosilati sono sensibili all’idrolisi.

La reazione di scambio può avvenire in 2 modi:

- Utilizzando acidi di Lewis

- Reazioni di metatesi

La sintesi di liquidi ionici con acidi di Lewis (AlCl

3

, SnCl

2

, CuCl) rappresenta la

prima metodologia utilizzata. Il primo sale sintetizzato è stato una combinazione di 1-

butilpiridinio con AlCl

3

in rapporto molare 1:2. Successivamente sono sintetizzati

cloroalluminati basati su cationi come 1-alchilpiridinio e [Rmim]. L’utilizzo di acidi di

Lewis per la sintesi di liquidi ionici porta alla formazione di più di un prodotto a seconda

delle proporzioni molari che si usano. Si vengono creare una serie di equilibri, quando vi è

un eccesso molare di liquido ionico il prodotto avrà caratteristiche basiche, al contrario, un

eccesso di acido di Lewis, porta ad un liquido ionico acido. In fig. 1.4 sono riportati alcuni

degli equilibri che si possono instaurare.

(20)

Figura 1.4. Equilibri nella reazione tra [emim][Cl] e acido di Lewis.

La reazione di metatesi per la sintesi dei liquidi ionici è più recente ed ha portato alla sintesi di liquidi ionici definiti di “seconda generazione” di cui il capostipite è un sale di 1,3-dialchilimidazolio. La sintesi di questo primo liquido ionico, stabile all’aria e all’acqua, avviene per reazione di metatesi tra [emim][I] e un sale d’argento (AgNO

3

, AgNO

2

, AgBF

4

o Ag

2

SO

4

) in metanolo o in una sua soluzione acquosa. Questa reazione sfrutta l’insolubilità dello ioduro d’argento che si forma, il quale precipita nel solvente di reazione. È il metodo più efficiente per la preparazione dei liquidi ionici ma l’elevato costo dei sali d’argento ne limita notevolmente l’utilizzo. Particolarmente interesse è risultata la sintesi dell’[emim][PF

6

] a partire dal corrispondente cloruro e HPF

6

in soluzione acquosa.

Negli ultimi anni sono stati sintetizzati liquidi ionici con un gran numero di anioni differenti. Tra le altre, sono state riportate anche metodologie alternative, che sfruttano resine a scambio ionico per conversione di ioduri in idrossidi da cui è possibile ottenere un’ampia gamma di liquidi ionici mediante reazioni dell’idrossido con opportuno acido.

L’approccio più semplice per la preparazione di liquidi ionici insolubili in acqua

consiste nella preparazione di una soluzione acquosa del liquidi ionico alogenuro a cui

viene addizionato un acido libero avente l’appropriato anione. Al termine della reazione,

l’unico sottoprodotto che si ottiene è l’acido alogenidrico, che può essere facilmente

rimosso, mediante lavaggio con acqua. Il lavaggio del prodotto con acqua è molto

importante per l’eliminazione di residui acidi e deve essere protratto fino al

raggiungimento della neutralità della soluzione acquosa, in quanto anche piccole tracce

possono causare la decomposizione del liquido ionico. Nel caso in cui non è disponibile

l’acido libero si possono usare sali di metalli o sali d’ammonio. Anche in questo caso si

devono eliminare gli eventuali residui di alogenuri metallici mediante lavaggio; nelle

acque di lavaggio la presenza di alogenuri viene rilevata mediante test condotti con una

(21)

soluzione di AgNO

3

. La rimozione dell’acqua residua dal liquido ionico avviene mediante l’aggiunta di un agente disidratante come MgSO

4

.

La preparazione di liquidi ionici miscibili con l’acqua implica una procedura più complessa. L’uso di opportuni sali d’argento porta a prodotti puri ma è relativamente costosa e non applicabile su scala industriale. Anche i liquidi ionici idrofili possono essere preparati a partire da acidi o sali d’ammonio o di metalli alcalini; il processo tuttavia implica l’uso di un solvente organico in cui il liquido ionico sia solubile. In particolare, il [bmim][BF

4

] può essere preparato per mescolamento del [bmim][Cl] con HBF

4

in soluzione acquosa, seguito da estrazione del liquido ionico in CH

2

Cl

2

e successivo lavaggio della fase organica fino a pH neutro. Il solvente organico è quindi rimosso per distillazione a pressione ridotta. In alternativa, la reazione di metatesi per i liquidi ionici idrofilici può essere condotta direttamente in solvente organico, CH

2

Cl

2

o acetone. In genere, in questi solventi i reagenti di partenza non sono totalmente solubili pertanto la reazione è condotta in sospensione e i reagenti sono mantenuti sotto agitazione a temperatura ambiente per almeno 24 ore. L’alogenuro inorganico, ottenuto come sottoprodotto al termine della reazione, è insolubile nel solvente organico ed è separato per filtrazione mentre il liquido ionico e il solvente devono essere lavati con acqua per rimuovere eventuali residui di alogenuro presenti.

1.7.2 Parametri Chimico-Fisici

Punto di Fusione

I liquidi ionici generalmente presentano punti di fusione < 100 °C, quindi

notevolmente inferiori rispetto ai sali inorganici che hanno temperature di fusione intorno a

1000 °C a causa delle forti interazioni elettrostatiche tra ioni di carica opposta. La

temperatura di fusione insieme alla stabilità termica permette di definire l’intervallo di

temperature all’interno del quale è possibile utilizzare i liquidi ionici come solventi. I

fattori che più influenzano il punto di fusione sono le interazioni di Van der Waals, i

legami ad idrogeno, le interazioni π-π tra gli ioni, le interazioni elettrostatiche.

(22)

Le proprietà fisiche dei liquidi ionici sono modulabili ed è quindi possibile ottenere liquidi ionici con specifiche caratteristiche, incluso un idoneo punto di fusione, apportando piccole modifiche sull’anione o catione. Molti liquidi ionici presentano un comportamento termico particolare; il punto di fusione è molte volte incerto in quanto alcuni di questi liquidi vanno soggetti a sovra-raffreddamento e la temperatura del cambiamento di fase solido-liquido può variare notevolmente a seconda che il liquido ionico venga riscaldato o raffreddato. Pertanto, molte temperature riportate come punti di fusione si riferiscono in realtà alla temperatura di questa transizione. Per ottenere dei dati maggiormente attendibili è meglio usare piccoli campioni che si raffreddano rapidamente.

Nonostante la formazione di questi composti metastabili sia molto comune nei liquidi ionici, i sali di 1-alchil-3-metilimidazolio presentano una T

g

tra -70 °C e -90 °C.

Da un’analisi dei punti di fusione in relazione alla struttura di alcuni sali di imidazolio è stato stabilito che i principali fattori che causano le diminuzioni del punto di fusione sono dovuti principalmente da un aumento della dimensione e dell’asimmetria del catione.

Prendendo come esempio alcuni sali sodici (Na

+

) aventi come anioni Cl

ି

, BF

4ି

,

PF

6ି

, AlCl

4ି

si vede che il punto di fusione tende a diminuire in questo ordine passando da

801 a 185 °C; i sali con punti di fusione minori hanno anioni di raggio superiore a 3,4-4

Å.[6] L’interazione elettrostatica tende a diminuire con l’aumentare del raggio ionico, e

questo determina un aumento della separazione tra ioni. La diminuzione dell’interazione

tra ioni si traduce in una diminuzione del punto di fusione. Tuttavia, quando sono stati

confrontati i sali di tetraetilammonio e di 1-etil-3-metilimidazolio, nonostante il raggio

ionico del tetraetilammono sia maggiore del catione imidazolo il punto di fusione dei suoi

sali risulta più alto. In questo caso la diminuzione del punto di fusione passando dai sali di

ammonio a quelli di imidazolio è attribuibile alla delocalizzazione della carica positiva,

ascrivibile alla presenza di orbitali π. In tab. 1.3 sono riportate le temperature di fusione di

alcuni sali riportando i raggi ionici degli anioni e cationi che li compongono.

(23)

Tabella 1.3. Punti di fusione (°C) di alcuni sali.

Catione Anione

Cl

ି

(1,81 Å) I

ି

(2,20 Å) BF

4ି

(2,29 Å) Tf

2

N

ି

(3,25 Å)

Na

(1,02 Å) 808 662 384 -

K

(1,38 Å) 772 685 530 -

Ca

2ା

(1,67 Å) 645 621 - -

N

1111

420 - - -

N

2222

(3,35 Å) > 300 300 72 104

emim

+

(3,04 Ǻ) 87 78 11 -15

I cationi che costituiscono le principali famiglie di liquidi ionici sono costituiti da cationi onium quaternizzati, imidazolio, piridinio, fosfonio e solfonio. Data la loro composizione organica le interazioni elettrostatiche tra ioni sono più deboli. La catena alchilica presente sul catione organico può influenzare il punto di fusione. L’effetto è particolarmente visibile nei sali di imidazolio. Nel caso degli 1-alchil-3-metilimidazolio tetrafluoroborati, i sali sono liquidi a temperatura ambiente quando è presente una catena alchilica da 2 a 9 atomi di carbonio, catene alchiliche superiori a 12 atomi di carbonio determinano la formazione di una fase liquida cristallina ascrivibile alle orientazioni che viene ad assumere la catena. Analogamente a questo la stessa tendenza è stata dimostrata anche negli analoghi sali PF

6ି

. Un aumento nella ramificazione della catena determina un aumento del punto di fusione.

Un altro fattore che incide è la simmetria. Generalmente sali con ioni simmetrici

presentano temperature di fusione maggiori rispetto agli analoghi sali asimmetrici. L’1,3-

dimetilimidazolio tetrafluroborato ha una temperatura di fusione superiore all’1-

metilimidazolio e 1-etil-3-metilimidazolio tetrafluroborato. Questa tendenza è messa in

relazione alla formazione della struttura cristallina; ioni altamente simmetrici sono più

efficacemente impacchettati nella struttura cristallina.

(24)

Tabella 1.4. Punti di fusione per alcuni sali di 1-etil-3-metilimidazolio e 1-butil-3-metilimidazolio.

Liquido ionico T

f

Catione Anione

emim

+

I

ି

79-81

BF

4ି

15

PF

6ି

62

Tf

2

N

ି

-3

N(CN)

ି

-21

bmim

+

I

ି

-

BF

4ି

-81

PF

6ି

-8

Tf

2

N

ି

-4

N(CN)

ି

-6

Anche la simmetria dell’anione influenza la temperatura di fusione: in genere, i liquidi ionici liquidi a temperatura ambiente sono caratterizzati da anioni asimmetrici ed in grado di delocalizzare la carica negativa, un fattore quest’ultimo che contribuisce a diminuire l’interazione elettrostatica. In tab. 1.4 sono riportati valori di alcuni sali di 1-etil- 3-metilimidazolio e 1-butil-3-metilimidazolio. Inoltre, considerando che l’energia associata alla fusione è determinata anche dalla variazione di entropia associata al passaggio dal reticolo cristallino allo stato liquido, nei sali che a temperatura ambiente contengono ioni asimmetrici, in possesso di un più elevato grado di libertà rotazionale, tale parametro può divenire la componente predominante allo stato liquido.

I liquidi ionici con più bassi punti di fusione presentano anioni più grandi.[7] Se si

confrontano i punti di fusione di sali di imidazolio aventi lo stesso catione ed anioni

strutturalmente simili, es. TfO

ି

e Tf

2

N

ି

, emerge immediatamente che i liquidi ionici a base

bistriflimide presentano punti di fusione inferiori rispetto ai liquidi ionici con anione

triflato: questo comportamento è stato attribuito alla maggiore delocalizzazione dell’anione

bistriflimide e all’incapacità di questa specie di formare legami ad idrogeno con protoni del

catione, in particolare nei liquidi ionici con cationi 1,3-dialchilimidazolio con il protone in

C

2

. Una spiegazione simile può essere data per razionalizzare i punti di fusione dei sali

omologhi con anioni CF

3

CO

2ି

/CH

3

CO

2ି

o Ms

N

ି

/Tf

2

N

ି

. La presenza di legami ad

(25)

idrogeno tra catione ed anione è stata dimostrata nei sali di imidazolio aventi come controione alogenuri o metalli polialogenati e nelle strutture cristalline dell’[emim][NO

3

] e [bmim][BF

4

]. Nel catione imidazolio i legami ad idrogeno non sono tuttavia una prerogativa del protone in C

2

, introducendo in questa posizione un gruppo alchilico, come nel caso dell’1-butil-2,3-dimetilimidazolio (bm

2

im

+

) e 1-amil-2,3-dimetilimidazolio (am

2

im

+

), è stata osservata la presenza di legami ad idrogeno, sia nel liquido puro che nel reticolo cristallino, quando il contro ione era un anione idrogenosolfato, cloruro o cloroferrato (II e III).

Stabilità Termica

Il limite superiore dell’intervallo, all’interno del quale i liquidi ionici sono liquidi, coincide con la decomposizione termica di questi composti. Contrariamente ai sali fusi, nei liquidi ionici la riduzione delle interazioni coulombiane fra gli ioni riduce la formazione delle coppie ioniche necessarie per la volatilizzazione, producendo una bassa tensione di vapore. Questo porta ad una temperatura di decomposizione che molto spesso supera i 400

°C rendendo questi liquidi ionici termicamente stabili in un ampio intervallo di temperature. Nel caso degli alogenuri di imidazolo, la decomposizione avviene con meccanismo E

2

, in pratica si ha il processo inverso rispetto alla reazione di sostituzione che caratterizza il processo di quaternizzazione della base. L’influenza dell’anione sulla temperatura di decomposizione è stata misurata per una serie di sali con cationi 1-metil-3- alchilimidazolio, Rmim

+

, e la stabilità varia nell’ordine: Tf

2

N

ି

> PF

6ି

≈ BF

4ି

> Cl

ି

. I liquidi ionici contenenti anioni con minor carattere coordinante sono più stabili alla decomposizione, mentre l’incremento delle dimensione della catena alchilica, per esempio passando da un bmim

+

a omim

+

, non determina variazioni nella stabilità.

Viscosità

La viscosità è un parametro importante nella chimica dei liquidi ionici, in quanto

tali sali sono generalmente caratterizzati da valori di viscosità rilevanti e la viscosità può

rappresentare un ostacolo significativo per la loro applicazione in determinati processi. I

liquidi ionici sono generalmente più viscosi dell’acqua e dei comuni solventi organici,

(26)

spesso sono simile agli oli, ma la viscosità tende a diminuire in maniera esponenziale all’aumentare della temperatura. I valori variano da 10 cP ad oltre 500 cP. La maggior parte dei liquidi ionici rientra nei fluidi newtoniani, non si osservano quindi cambiamenti nella viscosità all’aumentare dello sforzo di taglio, ma sono noti anche esempi di liquidi ionici non-newtoniani. In tab. 1.5 sono riportati valori di viscosità relativi ad alcuni liquidi ionici.

Tabella 1.5. Valori di viscosità.

Catione Anione Viscosità (25 °C) (cP)

bmim

+

Cl

ି

Solido

BF

4ି

233

PF

6ି

450

Tf

2

N

ି

52

TfO

ି

90

emim

+

PF

6ି

Tf

2

N

ି

28

hmim

+

Cl

ି

716

PF

6ି

585

bmpyrr

+

Tf

2

N

ି

85

Come accennato, la viscosità è dipendente dalla temperatura: nel caso dell’1-butil- 3-metilimidazolio esafluorofosfato la viscosità diminuisce del 27% passando da 20 °C a 25

°C. Molto spesso i valori di viscosità riportati in letteratura non sono precisi e per uno stesso liquido ionico è possibile trovare più valori; la presenza di impurezze influenza in maniera significativa questo parametro.

Le forti variazioni di viscosità in funzione del grado di purezza del campione sono

state valutate sperimentalmente per alcuni sali di alchilimidazolio. Questi liquidi ionici

sono stati sintetizzati e purificati applicando differenti metodi e ne sono state quantificate

le impurezze presenti. Per alcuni metodi di purificazione sono state calcolate impurezze

fino al 6%. Concentrazioni di cloruri tra 1,5 e 6% determinano un aumento della viscosità

che varia tra il 30 e il 600%. Oltre alla presenza di inquinanti derivanti dai metodi di

purificazione, molti liquidi ionici sono igroscopici e possono assorbire quantità differenti

(27)

di acqua dall’ambiente a seconda delle condizioni di stoccaggio. La presenza del 2% di acqua nel [bmim][BF

4

] causa una diminuzione della viscosità del 50 %.

La viscosità dipende fortemente dalla natura del catione e dell’anione e gli aumenti di viscosità derivanti da variazioni selettive di uno o dell’altro sono stati attribuiti ad incrementi nelle forze di Van der Waals. Confrontando la viscosità dei sali di 3-alchil-1- metilimidazolio aventi come controione l’anione PF

6ି

o Tf

2

N

ି

è stato dimostrato che la viscosità aumenta all’aumentare del numero dei carboni nella catena alchilica presente sul catione imidazolio, l’introduzione di ramificazioni nella catena lineare causa, al contrario, una diminuzione della viscosità.

Gli andamenti della viscosità in funzione della lunghezza della catena alchilica sul catione sono tuttavia differenti per le sue serie di sali esaminati; nel caso dei liquidi ionici con anione Tf

2

N

ି

l’andamento è lineare, mentre per i sali con anione PF

6ି

si osservano degli incrementi non regolari, attribuibili a variazioni nelle forze di Van der Waals. In ogni caso la viscosità è fortemente determinata dalla natura dell’anione. Nei sali di imidazolio, pirrolidinio ed ammonio, passando dal Tf

2

N

ି

a Ms

2

N

ି

, si osserva un forte aumento della viscosità attribuibile alla diminuzione delle dimensioni dell’anione, con concomitante effetto della variazione nella delocalizzazione della carica negativa che determina un aumento nei legami ad idrogeno catione-anione. Anche la simmetria dell’anione inorganico sembra avere una certa influenza sulla viscosità; la viscosità diminuisce nell’ordine Cl

ି

> PF

6ି

> BF

4ି

> Tf

2

N

ି

.

Conducibilità

La conducibilità di un mezzo, ovvero la capacità di trasporto di carica, è una

proprietà fondamentale sia quando si considerano gli aspetti cinetici in determinati processi

sintetici che il trasporto ionico in dispositivi elettrochimici. Data la composizione dei

liquidi ionici, è naturale presumere che la loro conducibilità sia elevata.[8] Sebbene i valori

di conducibilità non siano paragonabili a quelli delle soluzioni acquose concentrate di

elettroliti, i liquidi ionici sono comunque caratterizzati da valori elevati di conducibilità,

che per alcune classi possono raggiungere i 10

-1

mS/cm, quindi valori paragonabili a quelli

(28)

dei migliori sistemi di elettroliti in solventi non acquosi. La minor conducibilità rispetto alle soluzioni acquose concentrate di elettroliti è dovuta probabilmente a fenomeni di aggregazione tra ioni ed alla ridotta mobilità ionica di ioni di grandi dimensioni. La conducibilità varia nell’ordine imidazolio ≥ solfonio > ammonio ≥ piridinio. Non c’è una correlazione tra la conducibilità del liquido ionico e le dimensioni o il tipo di anione, anioni sferici e compatti come il BF

4ି

danno liquidi ionici caratterizzati da una elevata conducibilità, ma anche anioni di grosse dimensioni, come il Tf

2

N

ି

, conferiscono al liquido ionico una conducibilità superiore a quelli di liquidi ionici aventi come anioni specie più piccole, ad esempio l’anione acetato, AcO

ି

.

Tabella 1.6. Valori di conducibilità misurati a 25°C.

Catione Anione Conducibilità (mS/cm)

emim

+

BF

4ି

13,6

PF

6ି

5,2

Tf

2

N

ି

8,8

bmim

+

N(CN)

ି

180

PF

6ି

1,8

Tf

2

N

ି

3,9

CF

3

CO

2-

3,2

In tab. 1.6 sono riportati valori di conducibilità per i liquidi ionici a base 1-etil-3-

metilimidazolio, emim

+

. In particolare, i liquidi ionici con anione Tf

2

N

ି

e BF

4ି

mostrano

elevata conducibilità e una bassa viscosità. In genere, i sali di imidazolio hanno

conducibilità superiori rispetto agli analoghi sali di ammonio. Uno dei fattori più

importanti è la lunghezza della catena alchilica, l’emim

+

presenta i valori maggiori che

tendono a diminuire con l’aumentare dei carboni in catena laterale. Generalmente, la

conducibilità dei liquidi ionici tende ad aumentare con la temperatura: nel caso

dell’[emim][BF

4

] passando da 0 °C a 100 °C la conducibilità aumenta di un fattore dieci,

mentre nel caso del 1-propil-2,3-dimetilimidazolio bistriflimide, [pm

2

im][Tf

2

N], la

conducibilità aumenta di un fattore 30 nello stesso intervallo di temperature. Infine è da

sottolineare che anche questo parametro è influenzato fortemente dalla presenza di

impurezze.

(29)

Viscosità e conducibilità sono due proprietà strettamente connesse tra di loro come evidenziato nell’equazione di Walden:

Ʌη = cost

dove Ʌ è la conducibilità molare del liquido ionico mentre η è la sua viscosità. Ʌ si ricava dalla conducibilità conoscendo il peso molecolare e la densità, la correlazione tra questi parametri è espressa dall’equazione sotto riportata:

Ʌ = κM / ρ

dove M è il peso molecolare del liquido ionico, ρ la densità e κ la conducibilità assoluta.

Densità

I liquidi ionici sono generalmente più densi dell’acqua: la densità varia tra 1,0 e 1,6 g/cm

3

a seconda della struttura. Le impurezze, eventualmente presenti nei liquidi ionici, non influenzano la densità in modo marcato come nel caso della viscosità e della conducibilità. Tuttavia, è stato dimostrato che vi è linearità tra percentuale di impurezze presenti e la densità.

La densità è influenzata, come le altre proprietà, dalla struttura del catione e dell’anione; l’effetto maggiore è esercitato dalle dimensioni dell’anione.

In tab. 1.7 sono riportati i valori di densità di alcuni liquidi ionici. Si può

osservare che nel caso dei liquidi ionici con catione bmim

+

la densità tende a diminuire

passando dal Tf

2

N

ି

al TfO

ି

al BF

4ି

quindi diminuisce al diminuire delle dimensioni

dell’anione. Anche il catione tuttavia influenza questa proprietà; in particolare, nei sali di

imidazolio, solfonio e ammonio generalmente si osserva una diminuzione della densità

all’aumentare della lunghezza della catena alchilica. Inoltre, in generale la densità dei sali

con cationi aromatici è superiore rispetto ai sali di ammonio alifatici.

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