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Lo sport nell’ordinamento giuridico tra mass media e diritti televisivi

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Capitolo I

Lo sport nell’ordinamento giuridico tra mass media e diritti televisivi

1. Lo sport inteso come spettacolo. La definizione di evento sportivo.

Sport è il termine che indica in generale gare ed esercizi svolti da singoli, da gruppi o da squadre per ragioni inizialmente di svago e divertimento, per motivi attinenti allo sviluppo della forza fisica o dell’agilità del corpo 1 .

Lo sport che conosciamo oggi però ha subito notevoli mutazioni acquisendo un’identità sempre più agonistica, questo ha portato alla necessità di dotarsi di regole volte a disciplinare le varie competizioni e alla nascita di entità organizzative, in primis il Comitato Olimpico Internazionale fondato nel 1894 che ha dato il via a quella che potremmo definire una “istituzionalizzazione” dello sport.

1

M.SANINO, F.VERDE, Il diritto sportivo, Padova, 2015, p. 3.

(2)

2

Il cambiamento più importante però sta nel fatto che “lo sport non è più solo sport” ma bensì il centro di rilevanti interessi economici, quindi ad oggi non ha più solo una dimensione sociale, ma è un vero e proprio business.

Gran parte degli interessi economici che ruotano attorno allo sport sono dovuti allo sfruttamento dello spettacolo sportivo da parte delle televisioni, tale spettacolarizzazione è l’effetto di una

“economicizzazione” delle attività sportive e ciò fa sì che lo spettacolo si presti quindi al godimento da parte del pubblico come avverrebbe per un’opera teatrale.

In dottrina si tende a identificare tre prodotti distinti: il prodotto spettacolo originario, volto al consumo istantaneo da parte del pubblico presente; lo spettacolo ripreso e diffuso dalle emittenti televisive, destinato al godimento in diretta tramite i mass media ed infine lo spettacolo archivio, il quale ha ad oggetto l’uso di immagini dello spettacolo dopo un tempo convenzionalmente stabilito 2 .

2

L.SANTORO, I diritti audiovisivi tra sport e mercato, Milano, 2014, p. 4.

(3)

3

Vediamo quindi come le società sportive si siano con il tempo trasformate in imprese di spettacolo volte alla creazione di prodotti d’intrattenimento caratterizzati dalla contestualità tra la messa in scena dello spettacolo ed il consumo da parte del pubblico 3 , un prodotto quindi irripetibile e per questo dall’alto valore economico.

Una parte della dottrina ha posto poi una distinzione tra evento e spettacolo, ritenendo che il primo assumesse maggiore rilevanza in relazione al contenuto, alla capacità attrattiva del pubblico e al valore economico di esso 4 .

Tale distinzione però non trova riscontro nella legislazione dove spesso viene contraddetta, basti vedere l’art. 2 della Legge n.

78/1999 che usa il termine eventi per indicare sia gli “eventi sportivi del campionato di calcio di serie A, o comunque del torneo di maggior valore”, sia gli “eventi considerati di minor valore commerciale”.

Allo stesso modo tale distinzione viene disattesa nel D.lgs. n.

9/2008 il quale ci dice che “l'evento sportivo è costituito da una gara singola, disputata da due soggetti in competizione tra loro

3

E.LOFFREDO, L’impresa di spettacoli, anche sportivi, in AIDA, 2007, p. 12.

4

E.LOFFREDO, L’organizzatore di eventi, in AIDA, 2001, p. 103 ss.

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4

secondo modalità e durata stabilite dai regolamenti sportivi, organizzata di norma dal soggetto che ha la disponibilità dell'impianto sportivo e delle aree riservate e con la partecipazione dell'altro soggetto in qualità di ospite, destinata alla fruizione del pubblico e comprensiva degli accadimenti di contorno che si verificano nell'area tecnica, nel campo di destinazione, negli spazi circostanti il campo di gioco e all'interno del recinto di gioco dell'impianto sportivo, come definiti dai regolamenti sportivi” 5 .

Come vediamo il legislatore nel dare la definizione di evento non fa nessun riferimento al carattere della particolare rilevanza economica o di attrattiva del pubblico, parla piuttosto di singola gara, in contrapposizione alla nozione di competizione che si riferisce ad un complesso di eventi organizzati in forma di campionato o torneo 6 .

Resta comunque da dire che , nell’ottica di questo lavoro, intendere l’evento sportivo come un mero incontro fra due squadre sia riduttivo, esso dovrà essere inteso in un’ottica più grande come oggetto di trasmissione televisiva.

5

Art. 2 lett b) D.lgs. n. 9/2008.

6

L. SANTORO, I diritti audiovisivi tra sport e mercato, Milano, 2014, p. 5.

(5)

5

2. Definizione e natura dei diritti audiovisivi.

L’analisi dei diritti televisivi ci pone davanti a questioni di vario genere che vanno dalla definizione del loro contenuto e della loro portata fino alla identificazione del loro oggetto, del loro titolare ed alla qualificazione del negozio dei diritti stessi.

Nel mercato dei diritti televisivi, quelli relativi allo sport assumono un’importanza particolare, infatti gli organismi antitrust tendono a fare una distinzione tra “mercato dei diritti televisivi relativi ad eventi sportivi di rilievo” (in cui si divide il mercato degli eventi sportivi in generale e quello ad elevata audience) ed il

“mercato dei programmi in generale”.

Sin dalle origini la questione relativa alla riproducibilità dello spettacolo sportivo tramite ripresa televisiva è stata analizzata dal punto di vista della legge sul diritto d’autore 7 sul presupposto che lo sport rappresentasse una forma d’arte e che quindi una manifestazione sportiva fosse da considerarsi alla stregua di uno

7

La disciplina del diritto d’autore fu introdotta nel nostro ordinamento per assicurare

all’autore un diritto di privativa sulle opere di ingegno da lui elaborate. Legge 22 aprile 1941

n.633.

(6)

6

spettacolo teatrale rientrante tra le opere protette dall’articolo 1 della legge sul diritto d’autore 8 .

Tale tesi riconosceva quindi all’organizzatore della manifestazione sportiva il diritto esclusivo di sfruttare economicamente l’opera da lui creata, la dottrina maggioritaria però non era concorde, essa riteneva che una manifestazione sportiva non potesse essere intesa come opera dell’ingegno in quanto carente del carattere creativo, arrivando ad affermare che il legislatore avesse utilizzato la Legge n. 633/41 come una sorta di “tappabuchi”

in quanto sostenere che una partita costituisse opera dell’ingegno significava attribuire ai concetti giuridici un significato di comodo 9 .

Non tardarono ad arrivare le pronunce giurisprudenziali sul tema, le prime due pronunce di merito 10 andarono a riconoscere il diritto di riprendere liberamente lo spettacolo sportivo, questo

8 Art. 1 comma 1 L. n. 633/1941 : “Sono protette ai sensi di questa legge le opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione.”

9

V.ZENO-ZENCOVICH, La statalizzazione dei “diritti televisivi sportivi”, in Riv. Dir.

Dell’informazione e dell’informatica, XI, 2008, p. 708.

10

Trib. Milano, 17 ottobre 1957, in Mon. Trib, 1958, p.222; Pret. Roma (ord.), 15 novembre

1955, in Il dir. D’autore, 1956, p. 68 ss.

(7)

7

perché esso mancava di una caratteristica propria degli altri spettacoli, ovvero della riproducibilità.

Pochi anni dopo vi fu un mutamento di indirizzo in quanto si andò a vietare la libera ripresa dello spettacolo sportivo 11 , tale motivazione però si fondava non sull’esistenza di un diritto dell’organizzatore a trarre per se le utilità provenienti dalla sua attività, ma anzi, essa poggiava sul divieto di introdursi sul campo di gara per effettuare delle riprese nolente domino, quindi il divieto non riguardava l’attività in sé, ma le modalità con cui veniva eseguita tale attività.

Un’evoluzione in favore del riconoscimento del diritto dell’organizzatore ad impedire la libera ripresa televisiva dello spettacolo sportivo è stato compiuto ancora una volta dal Tribunale di Roma 12 il quale affermò che all’organizzatore dovessero essere riconosciuti tutti i diritti di sfruttamento economico della gestione della sua impresa, in tale diritti rientrava anche quello attinente alla ripresa dell’evento sportivo che costituisce una forma di sfruttamento economico della gara.

11

Trib. Roma, 28 marzo 1959, in Riv. Dir. Sportivo, 1960, p. 398.

12

Trib. Roma, 30 ottobre 1959, in Riv. dir. sportivo, 1960, p. 398.

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8

Sulla falsa riga di tali pronunce ed anche in virtù del fascino che la dottrina italiana subiva dinanzi alla prospettiva di un inquadramento dei diritti televisivi nella categoria dei diritti assoluti (i quali assicuravano una tutela erga omnes all’organizzatore della manifestazione), prese piede una nuova tesi, condivisa da larga parte della dottrina, la quale riconosceva all’organizzatore dello spettacolo sportivo un diritto esclusivo allo sfruttamento commerciale dell’evento sportivo, in quanto bene prodotto dalla sua attività di impresa 13 .

Tale tesi si fondava sul principio generale per cui ciascun imprenditore può vantare la pretesa a fare propri i risultati della sua attività produttiva, principio che troverebbe il suo referente normativo nell’art. 41 Cost 14 .

Viene così valorizzata la circostanza secondo cui lo spettacolo sportivo sia un prodotto dell’impresa dell’organizzatore sportivo, un prodotto consistente in un bene immateriale innominato, suscettibile di formare oggetto di diritti tutelabili erga omnes.

13

E.SANTORO, Manifestazioni sportive e cronaca televisiva, in Riv. dir. sportivo, 1979, p. 53.

14

L.SANTORO, I diritti audiovisivi tra sport e mercato, Milano, 2014, p. 30.

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9

Questa teoria incontrerà però delle critiche, alcune attinenti al fatto che essa fosse priva di referenti normativi precisi e che non darebbe tutela a chi organizzi occasionalmente spettacoli sportivi.

Altre obiezioni invece ritenevano che tale tesi non fosse conforme al principio di tipicità dei diritti reali e dei beni immateriali, i quali per l’appunto sono a numero chiuso 15 .

A questa seconda obiezione però seguirono delle repliche, da un lato vi fu chi sosteneva che il riconoscimento normativo concesso ad alcuni beni immateriali non andava necessariamente ad escluderlo a beni che trovavano la propria fonte al di fuori di esso 16 , altri invece sostenevano che il diritto in capo all’organizzatore non costituisse un diritto reale nuovo ma bensì un diritto di proprietà 17 . Vediamo come un ulteriore ostacolo a questa tesi venga posto da un’importante pronuncia della Cassazione 18 , la quale negò il riconoscimento di un diritto esclusivo all’organizzatore di

15

L.SANTORO, I diritti audiovisivi tra sport e mercato, Milano, 2014, p. 31.

16

G.OPPO, Creazione intellettuale, creazione industriale e diritti di utilizzazione economica, in Riv. dir. civ., 1969, I, p. 30.

17

P.MONDINI, L’ordinamento sportivo italiano e la proprietà dello spettacolo sportivo, in Riv.

dir. sportivo, p. 341 ss.

18

Cassaz., 29 luglio 1963, n. 2118, in Riv. dir. comm., 1963, II, p. 481. La decisione riguardava

una competizione organizzata dal CONI e svoltasi su strada. Dei soggetti diversi

dall’organizzatore e dal titolare del diritto esclusivo di trasmissione delle immagini, avevano

ripreso delle fasi appostandosi su una via pubblica senza aver concluso contratti con

l’organizzatore o pagato biglietti.

(10)

10

riprendere la manifestazione sportiva, ritenendo che esistesse in suo favore soltanto il diritto (di natura non reale ma contrattuale) di impedire che venissero effettuate riprese in spazi chiusi dei quali avesse avuto la proprietà, disponibilità temporanea o il possesso.

Venne quindi esclusa la configurazione della manifestazione sportiva quale bene per il fatto che i beni immateriali costituiscono un numero chiuso e quindi si potrebbe giungere ad affermare che la manifestazione sportiva è un bene immateriale tutelabile erga omnes solo se una tale enunciazione fosse suffragata da una disposizione di legge 19 .

Nel tentativo di ovviare agli inconvenienti presentati dalla tesi precedente si spostò l’accento dal prodotto al servizio, ritenendo appunto che tale fosse l’organizzazione di un evento sportivo e sulla base di ciò sono state avanzate nuove ricostruzioni per riconoscere un diritto assoluto in favore dell’organizzatore sportivo.

In questo modo siamo andati ad affermare che l’appropriazione di qualsiasi forma di sfruttamento connessa alla percezione dell’evento da parte del pubblico integri il servizio

19

L.SANTORO, I diritti audiovisivi tra sport e mercato, Milano, 2014, p. 16.

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11

stesso ed ogni appropriazione di tale tipo costituirebbe un atto di concorrenza sleale.

Anche questa soluzione però non fu soddisfacente in quanto si sollevarono perplessità sul fatto che l’oggetto dell’attività dell’organizzatore sportivo si ravvisasse nel servizio di spettacolo e non piuttosto nella manifestazione in sé 20 .

In sostanza il servizio di spettacolo risulterebbe il mezzo con il quale si realizza il fine dell’attività dell’organizzatore, ovvero la manifestazione sportiva, così facendo però si torna alla problematica iniziale attinente alla qualificazione della manifestazione sportiva come bene immateriale.

Abbiamo quindi visto come la volontà di arrivare ad una qualificazione dei diritti televisivi come diritti assoluti, seppur muovendo da prospettive diverse, in primo luogo definendo lo spettacolo sportivo come opera dell’ingegno ed in seguito andandolo a considerare come un’attività imprenditoriale esercitata dall’organizzatore, non abbia dato risultati soddisfacenti.

20

R.FERORELLI, L’evento sportivo come bene in senso giuridico alla luce del D.lgs n. 9/2008, in

Dir. inf., 2009, P. 415 ss.

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12

Gli inconvenienti incontrati hanno portato a negare la possibilità di una tutela assoluta per l’organizzatore e all’affermazione di una tutela più limitata a carattere relativo che trova il suo fondamento in un rapporto obbligatorio intercorrente tra l’organizzatore ed i terzi spettatori.

Vediamo quindi come la società che organizza una manifestazione in un luogo chiuso, del quale abbia la disponibilità e la gestione, potrà regolare tramite contratto l’accesso non solo degli spettatori ma anche delle emittenti radiotelevisive, vietando, limitando o regolando l’attività di ripresa e di trasmissione delle immagini 21 .

Tale tesi conduce però ad esiti pratici poco favorevoli per l’organizzatore in quanto condiziona la sua tutela avverso alla libera ripresa della manifestazione alla circostanza che essa si svolga in un luogo chiuso ad accesso limitato, questo però è impossibile quando una manifestazione richieda spazi aperti, inoltre l’organizzatore non godrebbe di una piena tutela nemmeno se l’evento avvenisse in un luogo chiuso, infatti esso può far valere le sue ragioni nei confronti

21

P.AUTERI, Diritti esclusivi sulle manifestazioni sportive e libertà d’informazione, in AIDA,

2003, p.197-198.

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13

del pubblico con cui c’è stata la stipula del contratto ma non ad esempio nei confronti di chi accede al luogo per altri fini, come ad esempio gli stewards, a meno che non sia stata prevista un’apposita clausola nel loro contratto.

Poco soddisfacente era anche la tutela riservata alle emittenti che avevano acquisito i diritti di ripresa, infatti laddove si fosse svolta in un luogo aperto nulla avrebbero potuto fare contro emittenti televisive concorrenti che effettuavano riprese senza averne titolo.

Dottrina e giurisprudenza, non riuscendo a giungere ad una definizione univoca in merito alla qualificazione dei diritti televisivi riposero le loro speranze nel legislatore.

Il primo intervento si ebbe con la legge n. 78/1999, un intervento poco chiaro che divise gli interpreti fra chi riteneva che il legislatore avesse inteso riconoscere i diritti televisivi e chi sosteneva invece che avesse voluto solamente dettare una disciplina antitrust nel settore calcio in tv 22 .

22

L.SANTORO, I diritti audiovisivi tra sport e mercato, Milano, 2014, p. 44.

(14)

14

La prima opinione si basava sul fatto che tale legge, accettando come conforme al diritto positivo la cessione in esclusiva a terzi dei diritti di trasmissione televisiva su eventi sportivi, riconosceva implicitamente in capo all’organizzatore sportivo il diritto di disporre in via esclusiva dello sfruttamento commerciale degli stessi 23 .

L’opposta opinione riteneva invece che l’art. 2 di tale legge contenesse una normativa antitrust e che quindi il suo ambito di applicazione diretto era il settore televisivo e solo indirettamente lo sportivo, infatti nonostante l’art. 2 in apertura dica che “ciascuna società di calcio di serie A e di serie B è titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata”, nella restante parte si concentra sui limiti di acquisto dei diritti televisivi da parte delle emittenti televisive.

Va detto comunque che il testo va a riconoscere la titolarità dei diritti televisivi in capo alle singole società e ciò è conforme a tutti gli orientamenti espressi dalla dottrina, i quali pur mostrando posizioni differenti arrivavano sempre alla medesima conclusione, ovvero che fossero le società partecipanti al campionato i titolari di

23

U.PATRONI GRIFFI, I diritti di trasmissione di highlights, in AIDA, 2003. P. 221.

(15)

15

tali diritti ed il difetto sta in questo, il legislatore si è limitato solamente ad assegnare la titolarità di tali diritti senza però esprimersi in merito alla loro natura e al tipo di tutela (contrattuale o reale) riconosciuta agli organizzatori.

A questo punto è importante anche richiamare l’ultimo intervento legislativo in materia, ovvero il D.lgs n. 9/2008 il quale andrà ad introdurre il termine “diritti audiovisivi” 24 .

Il testo definisce i diritti audiovisivi come diritti esclusivi di durata pari a cinquanta anni dalla data in cui si svolge l’evento, che comprendono: fissazione e riproduzione delle immagini dell’evento; comunicazione e messa a disposizione al pubblico delle riprese; distribuzione, compresa la vendita, noleggio e prestito dell’originale e delle copie delle riprese; fissazione delle emissioni dell’evento per nuove trasmissioni o nuove fissazioni aventi ad oggetto l’evento; l’utilizzazione delle immagini dell’evento a fini promozionali o pubblicitari di prodotti o servizi, nonché per finalità di abbinamento delle immagini a giochi e scommesse; la

24

Tale termine non era presente nella legge delega n. 106/2007 che utilizzava l’espressione

“diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico in sede

radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica”. Con tale modifica il legislatore

italiano si è posto sul solco tracciato dal legislatore europeo a seguito della direttiva

2007/65/CEE (Direttiva SMA) che segnò il passaggio dai servizi di trasmissione televisiva ai più

moderni servizi di media audiovisivi.

(16)

16

conservazione delle fissazioni dell’immagini dell’evento al fine di costituire un archivio o banca dati da riprodurre, elaborare, comunicare o distribuire al pubblico a partire dalla mezzanotte dell’ottavo giorno successivo alla disputa dell’evento 25 .

In merito alla titolarità dei diritti audiovisivi invece il legislatore si esprime in favore di una contitolarità tra organizzatore dell’evento e organizzatore della competizione, eccezion fatta per il diritto d’archivio relativo a ciascun evento della competizione che spetta invece in esclusiva all’organizzatore dell’evento 26 .

Per concludere l’analisi dobbiamo sottolineare come il legislatore delegato, nell’andare a definire i diritti audiovisivi, richiama il contenuto dei diritti che la legge sul diritto d’autore riconosce in capo al produttore di opere cinematografiche o audiovisive o di sequenze di immagini in movimento 27 .

Tale collegamento tra la disciplina dei diritti audiovisivi e quella sul diritto d’autore è attuato nell’art. 28 che ci sottolinea come per effetto di esso sia stato inserito nella legge sul diritto

25

Art. 2 comma 1 lett. o D.lgs n. 9/2008.

26

Art. 3 D.lgs n. 9/2008.

27

Art. 78-ter e 79 legge n. 633/1941.

(17)

17

d’autore l’art. 78-quater, il quale va ad estendere ai diritti audiovisivi sportivi l’applicazione delle disposizioni sul diritto d’autore, in quanto compatibili.

L’inserimento dei diritti audiovisivi sportivi all’interno dei diritti connessi è stato aspramente criticato da parte della dottrina che l’ha ritenuto un eccesso di delega sostenendo che i compilatori del suddetto decreto abbiano volutamente ignorato tutte le discussioni sul tema avvenute negli ultimi vent’anni andando a risolvere il tutto con una semplice “disposizione di coordinamento”.

Con ciò la dottrina non intende sostenere che gli organizzatori di eventi sportivi non meritassero tutela, anzi, sostiene che tale tutela fosse già accordata ampiamente dalle prassi contrattuali e dalla giurisprudenza, andando di conseguenza a ritenere inopportuno un intervento così invasivo 28 .

28

V.ZENO-ZENCOVICH, La statalizzazione dei “diritti televisivi sportivi”, in Riv. Dir.

Dell’informazione e dell’informatica, XI, 2008, p. 701-708.

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18

3. Lo stretto legame fra calcio e televisione.

Il nostro Paese si è caratterizzato dal secondo dopoguerra per due grandi passioni: il calcio e la televisione.

Secondo un sondaggio condotto da Demos nel 2010 oltre il cinquanta per cento degli italiani ha dichiarato di avere una squadra del cuore, un dato nettamente in ascesa rispetto al sondaggio svolto solo cinque anni prima che mostrava una percentuale di poco sopra al quaranta percento.

Oltre al fenomeno calcistico vediamo come anche il fenomeno televisivo porti con sé numeri importanti vantando nel 2015 una media di venticinque milioni di telespettatori nella fascia prime time.

Non è un caso quindi che con il tempo questi due fenomeni si

siano progressivamente avvicinati fino a creare un binomio

indissolubile, un’alleanza così forte che trascina dietro di sé un

interesse tale che secondo i dati Auditel inerenti alle cinquanta

trasmissioni più viste di sempre in Italia, nei primi quarantasette

posti troviamo delle partite di calcio.

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19

La trasmissione più seguita nella storia della televisione è stata appunto la semifinale del Campionato mondiale di calcio

“Italia ‘90”, disputata dalla nostra nazionale contro l’Argentina di Diego Armando Maradona, con più di ventisette milioni di telespettatori ed uno share pari all’ottantasette per cento, numeri nettamente superiori ad altri fenomeni televisivi particolarmente sentiti nel nostro paese come il Festival di Sanremo che nell’edizione del 1995 fece segnare il suo personale record di ascolti con una media di diciassette milioni di telespettatori nell’arco delle sue cinque puntate.

Ecco quindi come siano i numeri a giustificare la forza di questo connubio che negli anni ha portato un fiume crescente di introiti nelle tasche delle società calcistiche a tal punto che non sarebbe azzardato ritenere che ad oggi difficilmente potremmo immaginarci un calcio senza introiti televisivi in Italia, il paese in Europa che presenta la maggiore dipendenza dai diritti televisivi, dove questi rappresentano attualmente il sessanta per cento degli introiti complessivi 29 .

29

A.DE MARTINI, La disciplina dei diritti televisivi nello sport, in Riv. dir. ed economia dello

sport, VII, 2011, p. 33.

(20)

20

In nessun altro paese d’Europa la sopravvivenza del calcio d’elite è così strettamente legata ai ricavi ottenuti grazie alla cessione dei diritti televisivi.

4. Le vicende antecedenti alla Legge n.78/1999.

In Italia l’importanza dello sport e della sua diffusione al pubblico fu percepita già durante il ventennio fascista.

Fu Mussolini il primo ad intuire l’importanza che lo sport avrebbe potuto avere in termini di propaganda e per la creazione di un’identità nazionale, tale intuizione portò ad incentivare l’attività sportiva in ambito scolastico ed extrascolastico con il Duce in prima linea ad assistere ad eventi sportivi o a praticare di persona varie discipline sportive 30 .

I successi non tardarono ad arrivare ed il regime fascista non perse l’opportunità di sfruttare a dovere una tale occasione pubblicando su tutti i giornali le foto dei suoi campioni, come Primo Carnera intento a fare il saluto romano in camicia nera subito dopo aver vinto nel 1933 il titolo dei pesi massimi di pugilato.

30

In più occasioni Benito Mussolini si fece ritrarre intento a svolgere attività sportive come la

scherma, il nuoto, la corsa o lo sci.

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21

Lo sport che però fu maggiormente usato per fini propagandistici da parte del regime fu il calcio in quanto si percepì fin da subito la forte presa che questo aveva sulle masse popolari e nel 1934 Mussolini non si fece sfuggire la possibilità di accaparrarsi l’organizzazione dei Campionati mondiali di calcio i quali furono vinti dalla nostra nazionale (successo bissato nell’edizione seguente del 1938), dando modo alla propaganda di regime di affermare la supremazia della nostra nazione sulle altre.

C’è però una data storica in Italia sia per il calcio che per la televisione, una data che segna per la prima volta l’ingresso delle telecamere su un terreno di gioco per trasmettere una partita in diretta, è il 24 gennaio del 1954 e a San Siro si gioca l’amichevole Italia - Egitto.

Da qui incominciò una vera e propria rivoluzione nei costumi

della nostra società e si notò fra l’altro come la vendita dei

televisori lievitasse in concomitanza agli eventi sportivi e fu così

che il calcio diventò un “baluastro” della programmazione

televisiva.

(22)

22

La RAI non ci mise molto a capire le potenzialità del fenomeno ben conscia del fatto che un investimento televisivo sul calcio avrebbe portato grandi introiti di natura pubblicitaria ed è così che si verrà a creare un mercato dei diritti televisivi

“primordiale” che vide come parti interessate la Lega Calcio, soggetto legittimato a trattare per conto dei club, e la RAI, ecco quindi che il calcio già dagli anni ’50 incomincerà a subire una forte pressione economica andando gradualmente a diventare un settore dello spettacolo 31 .

L’aumento delle frequenze televisive che si ebbe negli anni seguenti portò alla nascita di nuove realtà che avevano l’intento di porsi come antagoniste alla tv di Stato che all’epoca era detentrice di un monopolio assoluto sulle dirette televisive, un monopolio che però cadde in seguito nel 1990 con la legge Mammì 32 che andrà a concedere anche alle emittenti private il diritto di andare in diretta.

Vediamo quindi come la RAI si troverà a dover affrontare nuove realtà emergenti le quali fin da subito capirono che per

31

Il primo accordo RAI-LEGA fu firmato nel 1958 e prevedeva il diritto per l’emittente pubblica di trasmettere le immagini del secondo tempo di una partita di Serie A in differita e le sintesi serali dietro il pagamento di sessanta milioni di lire annui per quattro stagioni.

32

Legge 223/1990.

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23

potersi affermare nelle case degli Italiani avevano bisogno di trasmettere contenuti di alto interesse per le masse come lo sport ed è così che si affermò Fininvest s.p.a tramite Mediaset che negli anni a seguire darà battaglia alla RAI per l’acquisizione dei diritti delle principali competizioni sportive 33 dando vita ad un mercato concorrenziale nel settore radio-televisivo tant’è che in questi anni vedremo l’avvento della direttiva “televisione senza frontiere” 34 che prevedeva un’armonizzazione della disciplina nazionale inerente al settore radiotelevisivo ai principi comunitari contenuti nei Trattati di libera circolazione dei servizi e di concorrenza tra imprese.

Oltre a tale intervento comunitario in Italia avremo la Legge Mammì, che aprì la strada alla concorrenza nel settore radiotelevisivo, e la normativa antitrust 35 che istituì l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) la quale aveva poteri di indagine e istruzione al fine di impedire abusi di posizione dominante, intese restrittive della concorrenza e concentrazioni di

33

Nel 1985 Mediaset trasmetterà la finale di Coppa Intercontinentale tra Juventus e Argentino Juniors; Dal 1991 al 1995 la trasmissione dei GP di Formula Uno sarà divisa tra RAI e Mediaset; Nel 1993 Mediaset strapperà alla RAI la trasmissione del Giro d’Italia e della Champions League.

34

Direttiva 89/552/CEE.

35

Legge 287/1990.

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24

imprese che potevano avere effetti negativi in merito alla competitività del mercato.

Ulteriore evoluzione nella negoziazione dei diritti televisivi in Italia si è avuta nel 1993, quando assieme alle trasmissioni in chiaro, iniziarono a svilupparsi le prime trasmissioni via satellite grazie all’avvento delle prime pay-tv che offrivano servizi esclusivi dietro il pagamento di un canone mensile.

Fino a quel momento in Italia la cessione dei diritti di trasmissione in chiaro avveniva tramite la contrattazione collettiva condotta tra Lega Calcio e RAI sulla base del regolamento organizzativo della stessa Lega, secondo cui “rappresenta le società nel rispetto delle direttive dettate in materia dalla F.I.G.C., nella negoziazione dei diritti collettivi di immagine e di diffusione radiotelevisiva” 36 .

Tale ruolo gli veniva riconosciuto anche dalla F.I.G.C. che prevedeva che “le Leghe, con funzioni rappresentative delle società, svolgono, per quanto di rispettiva competenza e nell’ambito delle direttive dettate dalla Federazione, le attività relative ad accordi

36

Art. 1 comma 3, lett d) dell’allora Regolamento della Lega Calcio.

(25)

25

attinenti alla cessione dei diritti di immagine e di diffusione radiotelevisiva 37 .

Quindi vediamo come le società delegassero la negoziazione dei diritti televisivi alla Lega Calcio che poi provvedeva suddividere tra Serie A e Serie B gli introiti della vendita che a loro volta dovevano essere suddivisi in maniera paritaria tra le varie società.

Tutto questo come pocanzi detto cambiò nel 1993 con l’introduzione delle prime trasmissioni satellitari che portarono ad una distinzione tra diritti televisivi in chiaro (attinenti a trasmissioni su canali disponibili gratuitamente) e criptati (attinenti a trasmissioni su canali disponibili a pagamento), fu Telepiù la prima televisione satellitare a fare il suo ingesso sulla scena italiana trasmettendo per la prima volta una partita in diretta il 29 agosto del 1993, da qui in poi la strada che porterà alla trasformazione del calcio in un business fu solo in discesa.

Questa situazione caratterizzata da una vendita in forma

“centralizzata” però incominciò a creare del malcontento,

37

Art. 6 comma 4 dell’allora Statuto della F.I.G.C.

(26)

26

soprattutto nelle più importanti società consapevoli che avrebbero potuto aumentare i loro introiti tramite una vendita diretta dei loro diritti televisivi, ciò porterà ad una contestazione formale nei confronti del potere della Lega di disporre dei diritti televisivi relativi alle gare da loro organizzate 38 .

Si aprirà così la strada a due interventi legislativi (che di seguito andremo a trattare) che si susseguiranno nell’arco di un decennio, ma prima di andare ad analizzarli credo sia opportuno specificare brevemente cosa si intenda con vendita individuale o collettiva dei diritti televisivi.

Con la vendita individuale viene attribuito ad una singola società il diritto di trattare personalmente con le varie emittenti televisive per la trasmissione degli incontri casalinghi, questo sistema si delineerà in Italia con la legge n. 78/1999.

Con la vendita collettiva invece il diritto di trattare viene attribuito alla Lega, soggetto rappresentativo degli interessi dei singoli club, che si occuperà di ripartire poi gli introiti derivanti dalla cessione dei diritti televisivi, questo sistema era presente in

38

A.DE MARTINI, La disciplina dei diritti televisivi nello sport, in Riv. dir. ed economia dello

sport, VII, 2011, p. 32.

(27)

27

Italia prima dell’intervento legislativo del 1999 ed è attualmente vigente in seguito al D.lgs n. 9/2008, cd. “Decreto Melandri”.

5. La fase della contrattazione individuale. La Legge n.78/1999.

Gli anni ’90 si caratterizzarono per una forte spinta contraria ad un sistema di vendita collettiva dei diritti televisivi, spinta portata avanti soprattutto dai club più blasonati consapevoli della loro forza contrattuale.

Tale spinta fu appoggiata anche dall’AGCM che nel 1999 avviò un’istruttoria finalizzata a verificare se la vendita centralizzata dei diritti televisivi non potesse costituire un’intesa restrittiva della libera concorrenza, in quanto la Lega Calcio avrebbe potuto fissare prezzi superiori rispetto a quelli che si sarebbero realizzati tramite la vendita individuale da parte delle singole società.

La svolta si ebbe quando il Governo D’Alema nel gennaio del

1999 varò il decreto-legge n. 15 contenente “Disposizioni urgenti

(28)

28

per lo sviluppo equilibrato dell’emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo”, poi convertito nello stesso anno nella legge n. 78.

Ciò consentì un passaggio alla vendita soggettiva dei diritti televisivi da parte delle società del campionato di Serie A e Serie B, l’intervento del legislatore però non aveva come interesse primario il passaggio ad un sistema di vendita individuale ma bensì quello di andare a scongiurare la creazione di un monopolio nel caso in cui solo una delle due piattaforme pay esistente all’epoca (Telepiù e Stream) si fosse aggiudicata i diritti criptati del campionato di Serie A 39 .

La norma centrale della nuova disciplina era l’articolo 2, comma 1 40 , esso prevedeva la titolarità in capo a ciascuna società di

39

A.DE MARTINI, La disciplina dei diritti televisivi nello sport, in Riv. dir. ed economia dello sport, VII, 2011, p. 33.

40

Articolo 2, comma 1 legge n. 78/1999: “Ciascuna società di calcio di serie A e di serie B e'

titolare dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata. E' fatto divieto a chiunque di

acquisire, sotto qualsiasi forma e titolo, direttamente o indirettamente, anche attraverso

soggetti controllati e collegati, più di sessanta per cento dei diritti di trasmissione in esclusiva

in forma codificata di eventi sportivi del campionato di calcio di serie A o, comunque, del

torneo o campionato di maggior valore che si svolge o viene organizzato in Italia. Nel caso in

cui le condizioni dei relativi mercati determinano la presenza di un solo acquirente il limite

indicato può essere superato ma i contratti di acquisizione dei diritti in esclusiva hanno durata

non superiore a tre anni. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, sentita l'Autorità

per le garanzie nelle comunicazioni, può derogare al limite del 60 per cento di cui al secondo

periodo del presente comma o stabilirne altri, tenuto conto delle condizioni generali del

mercato, della complessiva titolarità degli altri diritti sportivi, della durata dei relativi

contratti, della necessità di assicurare l'effettiva concorrenzialità dello stesso

(29)

29

calcio di Serie A e B dei diritti di trasmissione televisiva in forma codificata lasciando invece i diritti in chiaro, relativi agli highlights e Coppa Italia, alla Lega Calcio, oltre a questo prevedeva un tetto massimo del sessanta per cento in merito all’acquisto dei diritti televisivi in forma criptata da parte di un’emittente con riferimento al campionato di Serie A, tetto che però poteva essere superato (con contratti che non potevano avere durata superiore a tre anni) laddove vi fosse stata la presenza di un solo operatore sul mercato oppure su determinazione dell’AGCM, con parere obbligatorio dell’AGCOM, tenuto conto delle condizioni del mercato e comunque a patto che si fossero evitati effetti sfavorevoli nell’ambito dell’acquisto di diritti di trasmissione relativi a “eventi di minor valore commerciale”.

Tale norma presentava però degli aspetti critici: il tetto massimo del sessanta per cento non si riferiva al valore commerciale degli eventi, come sarebbe stato preferibile, ma alla quantità degli eventi stessi 41 .

mercato, evitando distorsioni con effetti pregiudizievoli per la contrattazione dei predetti diritti di trasmissione relativi a eventi considerati di minor valore commerciale. L'Autorità deve comunque pronunciarsi entro sessanta giorni in caso di superamento del predetto limite”.

41

M.NOTARI, Diritti televisivi calcistici e legge “anti-Murdoch”, in AIDA, 2001, p.157

(30)

30

La dimostrazione fu che Telepiù riuscì ad acquistare i diritti sulle partite giocate da Inter, Milan e Juventus, i club di maggior richiamo, aggirando quindi quello che era l’obbiettivo del legislatore, ovvero una ripartizione equilibrata dei diritti televisivi per fini pro-concorrenziali.

Ulteriori aspetti critici sono rinvenibili nella totale mancanza di meccanismi di mutualità o di norme di “politica calcistica” come ad esempio l’obbligo di investire una parte delle somme ricevute nei vivai, interventi quindi che avrebbero in parte rallentato il declino del calcio italiano.

0 2 4 6 8

Europa L. 99-08 Europa L. 89-98 Champions L. 99-08 Champions L. 89-98

Finali perse

Vittorie

(31)

31

Vediamo come tra il 1989 ed il 1998 il calcio nostrano nelle due più importanti competizioni europee primeggiò su tutti riuscendo a collezionare quattro vittorie e cinque finali perse su dieci edizioni della Champions League 42 , mentre in Europa League si aggiudicò sette vittorie e sei finali perse 43 .

Questi numeri se paragonati alle dieci stagioni successive che vanno dal 1999 al 2008 sono impietosi, infatti il calcio Italiano, orfano del suo periodo d’oro e colpevole di non aver previsto nessun tipo di “politica calcistica” che guardasse al futuro, si aggiudicherà “solo” due Champions League (entrambe targate Milan nel ’02-’03 e ’06-’07), due finali perse (la Juventus uscì sconfitta contro il Milan nel ’02-’03 ed i rossoneri uscirono sconfitti

42

Milan e Juventus in quegli anni furono protagoniste, i rossoneri vinsero tre edizioni della Champions League (’88-’89, ’89-’90, ’93-’94) e ne persero due (’92-’93, ’94-’95), la Juventus invece vinse l’edizione ’95-’96 ed uscì sconfitta in finale in entrambe le edizioni del biennio successivo. Da segnalare inoltre la “favola” della Sampdoria che nell’edizione ’91-’92 arrivò a giocarsi la finale contro il Barcellona uscendo sconfitto solo ai tempi supplementari

43

L’edizione ’88-’89 fu vinta dal Napoli di Diego Armando Maradona, la stagione successiva

vide una finale tutta italiana tra Juventus e Fiorentina con il trionfo dei bianconeri,

nell’edizione ’90-’91 ancora una volta ci fu una finale nostrana tra Inter e Roma con la vittoria

dei milanesi. Nel ’91-’92 il Torino sfiorò l’impresa, uscendo però sconfitto nel doppio scontro,

pareggiando in casa la gara di andata 2-2 contro l’Ajax e pareggiando 0-0 al ritorno tra le

polemiche di Amsterdam (memorabile fu la protesta dell’allora tecnico del Torino, Emiliano

Mondonico, che in seguito ad un rigore non assegnato alzò al cielo una sedia con fare

minaccioso nei confronti dell’arbitro). L’edizioni ’92-’93, ’93-’94 e ’94-’95 videro vincitrici

rispettivamente Juventus, Inter e Parma (che sconfisse nell’ennesima finale tutta italiana la

Juventus), nella stagione ’96-’97 l’Inter uscì sconfitta in finale contro lo Shalke 04 rifacendosi

però l’anno seguente andando a vincere la finale di Parigi contro la Lazio.

(32)

32

contro il Liverpool nel ’04-’05) ed una sola vittoria di Europa League (Parma nel ’98-’99).

Per concludere bisogna infine sottolineare come l’effetto più negativo portato da questo intervento legislativo è stato quello di aumentare il gap tra grandi e piccoli club di Serie A, basti pensare che dei quattrocentoquarantaquattro milioni di euro versati da SKY per la stagione 2005-2006, duecentosessantatre, ovvero più della metà, andarono a Juventus, Milan, Inter e Roma, le altre squadre si divisero la restante parte 44 , questo portò alla creazione di un campionato a due velocità e a parer mio ad una crisi del calcio italiano in Europa, soprattutto in Europa League, competizione dove la fanno da protagonista squadre di seconda fascia (in quanto le migliori classificate di ogni campionato europeo partecipano alla Champions League) che risultarono danneggiate da questo nuovo sistema in quanto private di risorse adeguate per poter competere con le altre compagini europee facendo così diventare un lontano ricordo le imprese in campo continentale di Sampdoria, Torino, Napoli, Fiorentina, Parma e Lazio viste nel decennio precedente.

44

SKY versò ad Ascoli e Treviso solo sei milioni di euro, Sampdoria e Lecce invece non

trovarono l’accordo e quindi non ricavarono nulla dalla cessione dei diritti televisivi.

(33)

33

Si arrivò quindi ad una frattura tra grandi e piccoli club soprattutto in seguito all’accordo stipulato tra Mediaset e Juventus che avrebbe portato nelle casse dei bianconeri per il biennio 2007- 2009 duecentoquarantottomilioni, in seguito accordi simili furono stipulati anche con Inter, Milan, Roma e Lazio provocando quindi la reazione delle società minori per chiedere una ripartizione più equa delle risorse dei diritti televisivi ed un ritorno alla gestione collettiva.

La svolta come vedremo si avrà poco dopo con la legge delega n. 106/2007 che aprirà la strada al D.lgs n. 9/20008, cd.

“Decreto Melandri”.

6. Il ritorno alla contrattazione centralizzata. Il D.lgs n. 9/2008.

Come abbiamo visto il sistema basato sulla vendita

individuale dei diritti televisivi presentò non pochi inconvenienti,

esso oltre a far perdere di competitività il nostro calcio a livello

europeo ebbe effetti negativi anche in campo nazionale andando a

(34)

34

creare una vera e propria “distorsione della concorrenza sportiva”

tramite l’aumento del gap tra le squadre di prima fascia e le altre, questo portò ad una perdita di competitive balance (equilibrio competitivo) nel nostro campionato e di conseguenza, venendo meno l’incertezza sul risultato finale della competizione, venne meno anche l’appeal nei confronti del pubblico che si tradusse in una riduzione dei ricavi.

Anche l’AGCM, in seguito a quanto espresso a livello comunitario 45 , evidenziò come “l’attuale criterio di vendita individuale dei diritti di trasmissione televisiva ha determinato una sperequazione tra le società di calcio all’interno del medesimo campionato”, auspicando che “la ripartizione dei proventi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi, indipendentemente dal meccanismo di commercializzazione adottato, sia effettuata e realizzata nell’ottica di garantire la necessaria flessibilità del sistema” 46 .

45

Commissione CE, Decisione del 23 luglio 2003, caso COMP/C.2-37-398- Vendita congiunta dei diritti della UEFA Champions League, in GUCE, n. L291; Commissione CE, caso COMP/C.2- 38-173- Vendita congiunta su base esclusiva dei diritti di trasmissione relativi alla FA Premier League, in GUCE, n. C007; Commissione CE, caso COMP/C-2-37-214- Vendita congiunta dei diritti mediatici relativi al campionato tedesco, in GUCE, n. C007. (Tali decisioni saranno affrontate nel capitolo 3)

46

Provvedimento n. 16280, in Boll. Uff. n. 51-52/2006.

(35)

35

Il Governo sulla scorta del malcontento espresso da diverse società calcistiche, delle decisioni CE e delle indicazioni dell’Autorità Antitrust presenterà in Parlamento, il 21 luglio 2006 tramite il Ministro dello Sport Giovanna Melandri, un disegno di legge delega volto a riequilibrare le risorse tra le società di calcio.

La delega fu ottenuta con la legge n.106/2007 47 , essa era data

“allo scopo di garantire l'equilibrio competitivo dei soggetti partecipanti alle competizioni sportive e di realizzare un sistema efficace e coerente di misure idonee a stabilire e a garantire la trasparenza e l'efficienza del mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi sportivi dei campionati e dei tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive organizzate a livello nazionale, il Governo è delegato ad adottare (…) uno o più decreti

47

Legge 19 luglio 2007. n. 106: “Delega al Governo per la revisione della disciplina relativa alla

titolarità ed al mercato dei diritti di trasmissione, comunicazione e messa a disposizione al

pubblico, in sede radiotelevisiva e su altre reti di comunicazione elettronica, degli eventi

sportivi dei campionati e dei tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni

sportive organizzate a livello nazionale”.

(36)

36

legislativi diretti a disciplinare la titolarità e l'esercizio di tali diritti e il mercato degli stessi” 48 .

Il Parlamento inoltre, al comma 2, elencò i principi ai quali si sarebbe dovuta conformare l’opera del Governo, essi prevedevano:

il riconoscimento del carattere sociale dell’attività sportiva e della specificità del fenomeno sportivo, il riconoscimento della contitolarità del diritto all’utilizzazione per fini economici della competizione sportiva, il riconoscimento della titolarità esclusiva dei diritti d’archivio in capo ai soggetti partecipanti alla competizione, l’introduzione di una commercializzazione in forma centralizzata dei diritti televisivi e la ripartizione equa delle risorse derivanti dalla commercializzazione dei diritti televisivi destinandone una parte per fini di mutualità.

Oltre a tali principi si prevedeva anche che le emittenti televisive che volessero acquistare le licenze dovessero essere in possesso dei titoli abilitativi alla trasmissione e operare in un contesto di pluralità tra di loro (regola del no single buyer).

48

Art. 1, comma 1 Legge n. 106/2007.

(37)

37

Il 9 gennaio 2008 fu finalmente emanato dal Consiglio dei Ministri il D.lgs n.9 in attuazione alla Legge quadro n.106/2007.

Il Decreto è formato da quattro Titoli: il Titolo I fa riferimento a “Principi e definizioni”, il Titolo II è rivolto alla “Titolarità ed esercizio dei diritti audiovisivi”, al suo interno troviamo norme che hanno ad oggetto il diritto di cronaca, la commercializzazione dei diritti televisivi, la tutela degli utenti e dei titolari, il Titolo III tratta invece la “Ripartizione delle risorse assicurate dal mercato dei diritti audiovisivi” e per finire il Titolo IV contiene “Disposizioni transitorie di coordinamento e finali”.

Il legislatore è andato quindi ad intervenire in un settore economico particolare, caratterizzato da interessi privati, che si differenzia dagli altri per il fatto che i vari competitor non hanno l’obbiettivo di eliminare i propri concorrenti dal mercato, anzi, hanno a cuore l’esistenza delle altre società perché è solo grazie ad esse che può esistere una competizione sportiva da poter rivendere sul mercato dei diritti audiovisivi.

Il Decreto si pone l’obbiettivo di garantire un equilibrio

competitivo tra i soggetti partecipanti alle competizioni tramite

(38)

38

un’equa distribuzione dei ricavi 49 nel tentativo quindi di rimediare a quelli che furono gli effetti negativi creati dalla precedente legge.

In merito alla titolarità dei diritti audiovisivi l’art. 3 al comma 1 prevede la contitolarità tra organizzatori della competizione (Lega Nazionale Professionisti Serie A e Lega Nazionale Professionisti Serie B) 50 e organizzatori degli eventi (le varie società sportive) 51 ad eccezion fatta del diritto d’archivio che il comma 2 riconosce in esclusiva all’organizzatore dell’evento.

A dispetto di quanto appena detto in merito all’articolo 3, il legislatore ha previsto che l’esercizio dei diritti audiovisivi sia riservato unicamente all’organizzatore della competizione

49

Art. 1, comma 1 D.lgs n. 9/2008: “Il presente decreto legislativo reca, in attuazione dei principi e dei criteri sanciti dalla lagge 19 luglio 2007. N. 106, disposizioni volte a garantire la trasparenza e l’efficienza del mercato dei diritti audiovisivi degli eventi sportivi di campionati, coppe e tornei professionistici a squadre e delle correlate manifestazioni sportive, organizzati a livello nazionale, ed a disciplinare la ripartizione delle risorse economiche e finanziarie assicurate dalla commercializzazione in forma centralizzata di tali diritti, in modo da garantire l’equilibrio competitivo fra i soggetti partecipanti alle competizioni e da destinare una quota di tali risorse a fini di mutualità”.

50

Art. 2, comma 1 lett. e D.lgs n. 9/2008: “Il soggetto cui è demandata o delegata l’organizzazione della competizione da parte della federazione sportiva riconosciuta dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano, competente per la rispettiva disciplina sportiva”.

51

Art 2, comma 1 lett. c D.lgs n.9/2008; “la società sportiva che assume la responsabilità e gli

oneri dell'organizzazione dell'evento disputato nell'impianto sportivo di cui essa ha la

disponibilità”.

(39)

39

sanzionando con la nullità ogni atto giuridico posto in essere dall’organizzatore dell’evento in violazione di tale disposizione 52 .

Si è quindi voluto distinguere la titolarità, intesa come situazione giuridica sostanziale, dall’esercizio che implica invece la possibilità di avvalersi delle facoltà economiche che discendono da quel diritto, nonostante ciò il legislatore ha comunque attribuito agli organizzatori dei singoli eventi alcuni diritti di natura secondaria consistenti nel diritto d’archivio 53 oltre che nella trasmissione della replica, della sintesi e delle immagini salienti della partita 54 .

Tali diritti sono esercitati dalle società tramite i canali tematici o web dedicati alla squadra, inoltre vengono sfruttati per operazioni commerciali, di sponsorizzazione e ticketing, ecco allora perché il legislatore ha scelto di arricchire l’archivio della società sportiva oltre che con le immagini che spettano di diritto all’organizzatore dell’evento (società ospitante), anche con quelle relative agli eventi disputati in trasferta dando la possibilità alla società ospite di poter conservare nel proprio archivio e utilizzare economicamente le immagini dell’evento a patto che ci sia una condizione di

52

Art. 4, comma 1 D.lgs n.9/2008.

53

Art. 4, comma 2 D.lgs n.9/2008.

54

Art. 4, comma 3 D.lgs n.9/2008.

(40)

40

reciprocità con la società ospitante, bisogna però precisare che laddove il prodotto secondario non sia riferibile a una singola squadra ma bensì al Campionato nel suo complesso siamo di fronte ad un prodotto audiovisivo collettivo (un esempio sono gli highlights di una determinata giornata di Campionato) per il quale torna ad esser previsto l’esercizio da parte della Lega Calcio.

Con l’articolo 6 si apre la parte dedicata alla commercializzazione dei diritti audiovisivi, tale articolo istituisce le Linee Guida, documento che deve essere redatto dall’organizzatore della competizione al fine di predeterminare la disciplina delle procedure di vendita dei diritti audiovisivi sportivi assicurando ai partecipanti alle procedure di vendita “condizioni di assoluta equità, trasparenza e non discriminazione” 55 .

Le Linee Guida una volta predisposte dovranno essere approvate in primis dalla assemblea di categoria delle società sportive partecipanti alla competizione (Lega Calcio) con il quorum

55

Art. 6, comma 1 D.lgs n.9/2008.

(41)

41

qualificato di due terzi nelle prime tre votazioni e con la maggioranza semplice alla quarta votazione 56 .

In seguito alla delibera il documento sarà trasmesso all’AGCOM e all’AGCM che dovranno approvarlo entro sessanta giorni una volta verificato la sua conformità rispetto alle condizioni richieste nel comma 1 oltre che la previsione al suo interno di altri requisiti come ad esempio: il numero minimo di dirette destinate alla commercializzazione; le modalità di commercializzazione dei diritti rimasti invenduti; le modalità e i limiti temporali per l’acquisizione dei diritti audiovisivi non esercitati; la disciplina della commercializzazione dei diritti sul mercato internazionale.

Inoltre le Linee Guida, ai sensi dei commi 3 e 4 dell’articolo 6, devono specificare: i limiti temporali dei diritti di trasmissione di natura secondaria sui canali tematici ufficiali; la tipologia dei diritti di natura secondaria attribuiti al singolo club dall’organizzatore della competizione e il relativo periodo temporale; le modalità di esercizio dei diritti di trasmissione delle immagini correlate; le modalità di produzione televisiva, i costi, gli standard qualitativi ed editoriali richiesti.

56

Art. 6, comma 2 D.lgs n.9/2008.

(42)

42

L’offerta dei diritti audiovisivi è disciplinata dall’articolo 7 che al primo comma prevede l’obbligo all’offerta dei diritti audiovisivi a tutti gli operatori della comunicazione tramite distinte procedure, ciò quindi non è un “obbligo a vendere” ma un semplice

“obbligo ad offrire” che lascia la possibilità alla Lega Calcio di scegliere in seguito ad una procedura competitiva quali siano gli aggiudicatari di tali diritti.

Al comma 2 la norma richiede che l’offerta sia formulata con un congruo anticipo, consistente in dodici mesi 57 , rispetto alla data d’inizio della competizione per fare in modo che le Autorità competenti possano svolgere i necessari controlli sulle Linee Guida redatte dall’organizzatore della competizione e per dare modo anche agli operatori della comunicazione di analizzare le condizioni del mercato e valutare l’offerta da proporre 58 .

Il comma 3 invece prevede l’ultimo principio in materia di offerta dei diritti audiovisivi consistente nella possibilità da parte dell’organizzatore della competizione di scegliere la quantità di

57

Delibera n. 307/08/CONS, in Gazz. Uff. n.148/2008.

58

E.MORELLI, I diritti audiovisivi sportivi, Milano, 2014, pag. 617-618.

(43)

43

dirette televisive da immettere sul mercato (nel rispetto del numero minimo previsto dalle Linee Guida).

L’articolo 8 apre la sezione dedicata alla commercializzazione dei diritti audiovisivi sul mercato nazionale, esso al comma 1 prevede l’obbligo nei confronti dell’organizzatore della competizione di “offrire i diritti audiovisivi mediante più procedura competitive, ai fini dell’esercizio degli stessi per singola piattaforma o mettendo in concorrenza le diverse piattaforme o con entrambe le modalità”.

Si ha una “vendita per singola piattaforma” quando i diritti

audiovisivi della competizione sono offerti a più piattaforme

distributive (esempio satellite e digitale terrestre) facendo in modo

che la concorrenza si svolga da un lato tra gli operatori che

utilizzano il satellite e dall’altro tra quelli che sfruttano il digitale

terrestre, predisponendo un pacchetto per ogni singola piattaforma,

in modo tale che alla fine della procedura ci sarà un assegnatario

entrambi i mercati garantendo il pluralismo degli operatori e la

concorrenza dall’interno del mercato rilevante.

(44)

44

Nella “vendita per multipiattaforma” invece si va ad offrire un unico prodotto, la “diretta”, a più piattaforme che si contenderanno l’acquisizione, in tal modo le partite della competizione saranno trasmesse o da una piattaforma o dall’altra dando vita ad un prodotto che crea una sorta di esclusiva sul mercato di riferimento.

Per ovviare all’inconveniente poc’anzi detto il legislatore ha introdotto un correttivo consistente nella no single buyer rule 59 che prevede il divieto di acquistare in esclusiva tutti i pacchetti relativi alle dirette e per questo l’organizzatore della competizione è obbligato a frazionare in vari pacchetti i diritti televisivi in modo tale che nessun operatore possa aggiudicarsi tutti i pacchetti relativi alla medesima competizione.

La situazione appena esposta è quella presente nel “mercato a pagamento”, diverso è ciò che accade nel “mercato in chiaro”

caratterizzato da un’unica piattaforma (digitale) e da un unico prodotto (highlights).

Nonostante l’unica piattaforma vengono predisposti più pacchetti dall’organizzatore che saranno poi assegnati alle diverse

59

Art. 9, comma 4 D.lgs n.9/2008.

(45)

45

emittenti in nome del pluralismo, consentendo a queste di poter utilizzare le immagini nei vari programmi di approfondimento sportivo 60 .

A questo punto dobbiamo anche precisare che l’organizzatore della competizione, durante l’offerta del proprio prodotto, ha l’obbligo di predisporre pacchetti equilibrati contenenti al loro interno eventi di elevato interesse per gli utenti 61 in modo tale che l’assegnatario di un pacchetto non sia discriminato rispetto ad un altro, questo non vuol dire però che tutti i pacchetti debbano essere omogenei, basta solamente che ognuno di essi contenga un minimo di appeal per il consumatore, infine l’organizzatore della competizione deve fissare un prezzo minimo per ogni singolo pacchetto al di sotto del quale può decidere di revocare l’offerta.

(previa comunicazione all’AGCM) 62 .

Alle procedure competitive per l’assegnazione dei diritti audiovisivi possono partecipare solamente gli operatori dotati dei titoli abilitativi previsti (Provvedimento autorizzatorio dell’AGCOM o del Ministero delle Comunicazioni a trasmettere su

60

E.MORELLI, I diritti audiovisivi sportivi, Milano, 2014, pag. 647-654.

61

Art. 8, comma 3 D.lgs n. 9/2008.

62

Art. 8, comma 4 D.lgs n. 9/2008.

(46)

46

una determinata frequenza) 63 e l’assegnatario potrà esercitarli esclusivamente sulla piattaforma per la quale è in possesso di tale titolo 64 .

Laddove la vendita avvenga per “multipiattaforma” è invece previsto che per partecipare alla procedura competitiva basti il possesso di un solo titolo abilitativo attinente alla piattaforma su cui si vorrà esercitare i diritti audiovisivi 65 , in quanto si è ritenuto troppo oneroso chiedere agli operatori di dotarsi di tutti i titoli abilitativi inerenti alle piattaforme interessate dalla procedura competitiva.

Nel caso in cui un operatore eserciti i diritti audiovisivi su una piattaforma per la quale è sprovvisto di titolo abilitativo è colpito da una sanzione molto dura consistente nella risoluzione del contratto di licenza, oltre a ciò l’operatore non potrà ripetere quanto versato né avrà diritto a nessun indennizzo da parte dell’organizzatore della competizione 66 .

63

Art. 9, comma 1 D.lgs n. 9/2008.

64

Art. 11, comma 1 D.lgs n.9/2008.

65

Art. 9, comma 2 D.lgs n. 9/2008.

66

Art. 11, comma 2 D.lgs n.9/2008.

(47)

47

Non è sempre scontato però che la procedura competitiva vada a buon fine con l’assegnazione dei pacchetti e la stipulazione dei relativi contratti, può infatti accadere che ci siano dei diritti invenduti.

Dinanzi a questa situazione il legislatore ha riconosciuto la facoltà dell’organizzatore dell’evento di commercializzare i diritti audiovisivi sia in proprio, anche tramite il proprio canale tematico, sia congiuntamente con l’organizzatore della manifestazione 67 riconoscendo eccezionalmente un esercizio congiunto dei diritti audiovisivi.

I club quindi godono di una massima libertà nella fase di contrattazione in quanto la norma non fa distinzione tra prodotti di natura primaria o secondaria, l’unico limite esistente consiste nel fatto che non possono esser classificati come diritti invenduti, e quindi non commercializzabili dai singolo club, quei diritti attinenti ad eventi per i quali l’organizzatore della competizione non ha previsto la commercializzazione 68 .

67

Art. 11, comma 3 D.lgs n. 9/2008.

68

Art. 11, comma 4 D.lgs n.9/2008.

(48)

48

Detto questo bisogna sottolineare che esistono anche situazioni di diritti non esercitati da parte delle emittenti assegnatarie, in questo caso l’organizzatore della competizione dovrà attivarsi dando vita ad una nuova procedura competitiva per la vendita di tali diritti a prescindere che il mancato esercizio sia parziale (esempio: l’assegnatario acquista otto partite ma ne trasmette solo tre) o totale 69 .

L’articolo 12 in tal senso prevede anche che la vendita avvenga dietro il pagamento di un equo corrispettivo la cui definizione è rimandata dal Legislatore alle Linee Guida.

Una volta conclusa la procedura competitiva e avvenuta l’assegnazione dei diritti audiovisivi si procederà alla ripartizione delle risorse nel rispetto dei principi richiamati dall’articolo 1 del Decreto che si poneva come obbiettivo quello di garantire un equilibrio competitivo tra i soggetti partecipanti alla competizione e di destinare una quota delle risorse a fini di mutualità.

69

E.MORELLI, I diritti audiovisivi sportivi, Milano, 2014, pag. 711.

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