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L’AGENDA DIGITALE EUROPEA

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CAPITOLO I

L’AGENDA DIGITALE EUROPEA

1.1. L’Agenda digitale europea nel contesto della crisi economico-finanziaria del 2008.

L’Agenda digitale europea, predisposta dalla Commissione con la Comunicazione del 19 maggio 2010, COM (2010) 245 def.

indirizzata al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e a quello delle Regioni, si inquadra nella più ampia Strategia Europa 2020, varata nel contesto della crisi economico-finanziaria scatenatasi nel 2008.

Tale recessione economica ha vanificato decenni di progressi economici e sociali dell’Unione, determinando nel solo anno 2009 una diminuzione del PIL al 4%, un regresso della produzione industriale europea ai livelli degli anni 90 e una disoccupazione che è arrivata ad interessare 25,2 milioni di persone nel maggio 2014.

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18

www.epp.eurostat.ec.europa.eu.

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Si è così evidenziata tutta una serie di carenze strutturali all’interno dell’economia dell’Unione a cui la Commissione europea ha cercato di ovviare con una strategia di immediata attuazione, appunto la Strategia Europa 2020, incentrata su tre priorità: una crescita intelligente, una crescita sostenibile, una crescita inclusiva o solidale.

La crescita intelligente mira a promuovere e favorire la conoscenza e l’innovazione come motori per la crescita futura e ricomprende tre iniziative faro che sono: “L’Agenda digitale europea”, “L’Unione dell’innovazione dedicata all’approccio strategico nell’innovazione”, “ La Youth on the move” dedicata ai giovani per il supporto a ottenere il primo impiego.

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La crescita sostenibile ha l’intento di ridurre le emissioni di CO2, tutelare l’ambiente, ottenere il massimo rendimento dalle reti a livello europeo, sia per ottimizzare l’ambiente in cui operano le imprese, sia per una maggiore tutela del consumatore finale.

Le iniziative riconducibili a questo macro-obiettivo sono rappresentate da quella di “Un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse” che punta ad un uso più attento delle risorse

19

Commissione europea, Comunicazione della Commissione,

“Europa 2020, Una strategia per una crescita intelligente,

sostenibile e inclusiva”, Bruxelles, 3 marzo 2010.

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naturali e delle emissioni nocive e quella di “Una politica industriale integrata” con l’obiettivo di stimolare la crescita economica e l’occupazione attraverso un sistema industriale forte, diversificato e competitivo.

Infine l’obiettivo della crescita solidale, il cui intento è quello di aumentare il tasso di occupazione, le competenze e la formazione, rimodernando i mercati del lavoro e i sistemi previdenziali, si articola nelle iniziative denominate

“Un’agenda per nuove competenze e per l’occupazione” che punta ad ottenere nel 2020 un tasso di occupazione pari al 75%,

“La Piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale” che punta a ridurre il tasso di povertà interno all’Unione.

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L’Agenda digitale europea è dunque una delle iniziative faro sopra elencate con l’obiettivo di massimizzare l’utilizzazione delle ICT, creando un mercato unico digitale basato sull’implementazione di una rete internet veloce e superveloce.

I punti di intervento dell’Agenda digitale europea sono sette, il cui conseguimento consentirebbe al mercato unico di "cambiar pelle”.

20

F. DE LONGIS, L’agenda digitale europea, cit.,p. 61.

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Si tratta precisamente di promuovere un nuovo mercato unico per sfruttare i benefici dell’era digitale; di migliorare le norme ICT; di incrementare il tasso di fiducia e sicurezza dei cittadini e delle imprese nelle ICT; di favorire l’accesso a internet veloce e superveloce per tutti i cittadini europei; di incrementare la ricerca e l’innovazione delle ICT; di fornire a tutti i cittadini europei competenze digitali e servizi on-line accessibili; di sfruttare il potenziale del settore delle ICT a vantaggio della società. I benefici che ne deriverebbero sarebbero molteplici considerato che le ITC al 2010, quando viene implementata l’Agenda digitale, avevano generato il 5%

del PIL europeo equivalente ad un valore di mercato pari a 660 miliardi di euro l’anno e che gli investimenti in questo settore sono responsabili del 50% dell’aumento della produttività in tutta l’Unione.

In particolare, il mercato della robotica, su cui si concentra l’attuale programma di ricerca dell’UE nel campo delle ITC, vale 15,5 miliardi l’anno, di cui 3 miliardi nell’UE.

Quest’ultima infatti rappresenta un quarto della produzione complessiva della robotica industriale e una quota di mercato del 50% nella robotica dei servizi professionali.

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Agenda digitale europea in http://europa.eu/!VF69Kf.

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Il settore delle ICT crea un circolo virtuoso che genera una sempre più maggiore domanda di servizi che a loro volta richiedono rete, che a sua volta stima investimenti e

che a loro volta richied

“lo sviluppo delle reti ad alta velocità oggi ha lo stesso impatto rivoluzionario che ebbe un secolo fa lo sviluppo delle reti dell’elettricità e dei trasporti”

Lo sfruttamento del potenziale dell

di affrontare in modo più efficace alcune sfide come il cambiamento climatico, l’invecchiamento demografico, i costi sanitari crescenti, lo sviluppo di servizi pubblici più efficienti,

22

F. DE LONGIS, 61-62.

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Il settore delle ICT crea un circolo virtuoso che genera una sempre più maggiore domanda di servizi che a loro volta richiedono rete, che a sua volta stima investimenti e

che a loro volta richiedono nuovamente servizi. In questo senso

“lo sviluppo delle reti ad alta velocità oggi ha lo stesso impatto rivoluzionario che ebbe un secolo fa lo sviluppo delle reti dell’elettricità e dei trasporti” (COM (10) 245).

22

Lo sfruttamento del potenziale delle ITC consentirebbe inoltre di affrontare in modo più efficace alcune sfide come il cambiamento climatico, l’invecchiamento demografico, i costi sanitari crescenti, lo sviluppo di servizi pubblici più efficienti,

F. DE LONGIS, L’Agenda digitale europea, Milano, cit.,p.

Il settore delle ICT crea un circolo virtuoso che genera una sempre più maggiore domanda di servizi che a loro volta richiedono rete, che a sua volta stima investimenti e business, ono nuovamente servizi. In questo senso

“lo sviluppo delle reti ad alta velocità oggi ha lo stesso impatto rivoluzionario che ebbe un secolo fa lo sviluppo delle reti

e ITC consentirebbe inoltre di affrontare in modo più efficace alcune sfide come il cambiamento climatico, l’invecchiamento demografico, i costi sanitari crescenti, lo sviluppo di servizi pubblici più efficienti,

Milano, cit.,p.

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18

la maggiore inclusione sociale per i disabili e la maggiore fruizione del patrimonio culturale europeo.

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In particolare, quanto all’invecchiamento demografico, si osserva che gli europei vivono più a lungo rispetto al passato.

Basti pensare che nell’UE il numero di persone con più di 65 anni aumenterà di oltre il 30% entro il 2060 con l’effetto, a causa delle nuove e costose terapie, di provocare un aumento significativo delle spese sanitarie e dell’assistenza sociale fino a raggiungere il 9% del prodotto interno lordo dell’UE nel 2050. Con le ITC si potrebbero fornire ai cittadini servizi più efficienti, economici e di qualità più elevata per la sanità, l’assistenza sociale e l’invecchiamento in buona salute, fino a migliorare l’efficienza dell’assistenza sanitaria del 20%. In via esemplificativa, il telemonitoraggio a domicilio dei pazienti cardiaci può migliorare del 15% il tasso di sopravvivenza, ridurre del 26% i giorni di ricovero e far risparmiare il 10%

delle spese infermieristiche, le prescrizioni elettroniche possono ridurre del 15% gli errori di dosaggio dei medicinali.

24

Risulta pertanto fondato, come sostenuto nell’Agenda digitale europea, ritenere che l’Europa abbia tre possibilità per

23

G. PIZZANELLI, Il mercato dei servizi in Europa,cit., pp. 95 ss.

24

Agenda digitale europea in http://europa.eu/!VF69Kf.

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fronteggiare il problema dell’invecchiamento della popolazione e della concorrenza mondiale: “lavorare più duramente, più a lungo o in modo più intelligente”(COM (2010) 245 def.).

Probabilmente saranno necessarie tutte e tre le cose, ma la terza è l’unica strada che può garantire ai cittadini europei un migliore stile di vita ed è strettamente correlata allo sfruttamento del potenziale delle ICT.

I sette obiettivi dell’Agenda digitale hanno in comune l’intento di sconfiggere il digital divide, ovvero quel complesso di disuguaglianze significative nell’accesso alle tecnologie informatiche e nella partecipazione alle nuove forme della comunicazione e dell’informazione.

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Il digital divide è stato riconosciuto per la prima volta a livello internazionale dal documento dell’ONU Millenium Report sottoscritto nel 2000. Si tratta tuttavia di una nozione non univoca che si origina in contesti meta – giuridici, come l’ambito politico e che risente di numerosi contributi della letteratura sociologica.

25

D. DONATI, Digital divide e promozione della diffusione

delle ICT in FRANCESCO MERLONI, Introduzione all’e-

Government – Pubbliche amministrazioni e società

dell’informazione, Torino, 2005, pp. 209 – 235.

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20

In campo politico ad esempio è stato Al Gore, durante la presidenza Clinton, a parlare per primo di digital divide, benché la locuzione fosse già comparsa negli scritti di alcuni autori americani tra cui Andy Carvin, Amy Harmon e Larry Irving.

Tuttavia la paternità della nozione rimane misteriosa, tanto che non è chiaro quando si sia cominciato a parlarne, né chi abbia coniato l’espressione.

26

Proprio perché trattasi di una nozione non univoca, qualunque tentativo di definizione presenta dei profili di criticità e risulta eccessivamente semplificativa.

Se ad esempio si guarda alla nozione in un’ottica polare distinguendo tra haves e haves-not non si tiene conto dei diversi gradi di accesso, si corre il rischio di guardare più alla velocità che al nodo base dell’accesso e si trascurano i diversi fattori che danno origine al divario digitale.

27

La non univocità tipica del digital divide impone inoltre di non guardare solo ad Internet (o meglio al World Wide Web), ma a tutte le Informations and Communications Technologies (ICTs).

26

L. SARTORI, Il digital divide, Bologna, 2007, p. 7.

27

L. SARTORI, Il digital divide, Bologna, 2007, p. 7.

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21

Infine detta non univocità implica che si debba assumere una definizione non solo tecnica, ma anche <<spirituale >> di Internet, inteso cioè come centro di scambio e condivisione di informazioni e dati di ogni tipo, in modo da garantire l’estensione delle dinamiche relazionali e lo sviluppo della personalità.

28

Secondo le stime della Commissione il 30% dei cittadini europei sono esposti al digital divide, sia per impossibilità di accedere alle nuove tecnologie, sia per incapacità di utilizzarle, con il risultato di impedire un’effettività dei diritti, in specie nell’ambito dei servizi pubblici.

29

Sulla rete infatti, non ci si limita ad esprimersi o a prendere cognizione dell’altrui espressione, ma si può anche studiare, lavorare, fruire di un servizio pubblico, adempiere obblighi, riunirsi, associarsi, esercitare la libertà di iniziativa economica e la propria libertà sessuale.

28

L. NANNIPIERI, L’origine del problema… in La dimensione costituzionale del digital divide. In particolare, gli ostacoli cognitivi alla proiezione dell’individuo nello spazio virtuale, cit.,p. 191.

29

S. FARO, Informazione (società della) in M.P. CHITI, G.

GRECO, Trattato di diritto amministrativo europeo, Parte

speciale, Milano, 2007, cit.,p. 1270.

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22

La rete viene così a configurarsi come luogo di svolgimento della personalità dell’individuo, tanto da determinare l’apertura di un dibattito sulla possibilità di dare una collocazione costituzionale al diritto di accesso ad essa. ”

30

Per taluni autori l'accesso alla rete va qualificato come un diritto in sé di carattere sociale, riferibile indistintamente a tutte le finalità che la rete permette di realizzare e rivolto a soddisfare l’interesse dello sviluppo della propria personalità.

Si tratterebbe di un vero e proprio diritto <<di non essere esclusi dal godimento delle risorse accumulate dalla società e depositate nel web

31

>>, da garantire a prescindere

30

Cfr. T. E. FROSINI, www.RivistaAIC,fasc.1/2011.it, dicembre 2010, cit. p. 1. Inoltre, a fini statistici, nel 2010, la Bbc World Service ha commissionato un sondaggio intervistando un campione di 27 mila persone provenienti da 26 nazioni diverse.

Per 4 persone su 5 Internet è un diritto fondamentale dei cittadini. Il 79% degli intervistati crede che non si possa prescindere dalla rete e la percentuale sale all'87% tra coloro che già utilizzano il web quotidianamente in http://news.bbc.co.uk/2/shared/bsp/hi/pdfs/08_03_10_BBC_int ernet_pool.pdf.

31

A. VALASTRO, Le garanzie di effettività del diritto di

accesso ad Internet e la timidezza del legislatore italiano, in Il

diritto di accesso ad Internet, atti della tavola rotonda svolta

nell'ambito dell'IGF Italia 2010, cit., p. 45.

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23

dall'ubicazione territoriale e dalle condizioni sociali ed economiche di ciascuno.

32

Secondo altri autori l’accesso alla rete avrebbe un carattere strumentale alla soddisfazione dei diritti e dei doveri fondamentali e non, ma sarebbe insufficiente in sé a realizzare un vero e proprio diritto fondamentale in quanto non sarebbe possibile determinare, a priori, la sua natura e rango.

333435

In questa prospettiva l'accesso ad internet sarebbe oggetto di una tutela a “geometria variabile”, a seconda del tipo di situazione specifica e finalità che quel determinato accesso persegue. Nonostante sia oramai formato nella coscienza

32

In tal senso verrebbero ripercorsi i canoni del c.d. servizio universale già riconosciuti in relazione all'accesso alle linee telefoniche tradizionali.

33

Per un rapido elenco, cfr C. CAPOLUPO, Informazione e partecipazione democratica nell'era dei social media, in Nuovi mezzi di comunicazione e identità, p. 610, nota 18.

34

Non solo quelli legati alla libera manifestazione del pensiero ma anche quelli che attengono alla sfera economica delle imprese che operano sul web come la libertà di iniziativa economica art. 41 Cost.

35

Così V. CERF, Internet Access Is Not A Human Right, New

York Times 4 Gennaio 2012, in

http://www.nytimes.com/2012/01/05/opinion/internet-access-is-

not-a-human-right.html/.

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24

sociale un forte “tono costituzionale”

36

di questo (presunto) nuovo diritto, ad oggi è da escludersi la sussistenza un diritto di accesso tout court, opponibile da parte di chiunque, in qualunque momento e da qualunque luogo.

Ciò è escluso non solamente da ragioni di ordine giuridico, ma anche dal livello di progresso tecnico- scientifico e infrastrutturale raggiunto. L'inquadramento del diritto di accesso, in assenza di qualifiche specifiche all'interno di atti internazionali o sovranazionali, è dunque rimesso all'iniziativa dei singoli Stati che nella grande maggioranza, compreso il nostro Paese, non si sono ancora attivati per darne una precisa collocazione costituzionale.

Tuttavia la giurisprudenza soprattutto internazionale, seppure con molta cautela, sta tratteggiando i contorni del diritto di accesso, che concretamente entra in gioco quando a qualcuno

36

Cfr. T. E. FROSINI, www.RivistaAIC,fasc.1/2011.it, dicembre 2010, cit. p. 1. Inoltre, a fini statistici, nel 2010, la Bbc World Service ha commissionato un sondaggio intervistando un campione di 27 mila persone provenienti da 26 nazioni diverse.

Per 4 persone su 5 Internet è un diritto fondamentale dei

cittadini. Il 79% degli intervistati crede che non si possa

prescindere dalla rete e la percentuale sale all'87% tra coloro

che già utilizzano il web quotidianamente in

http://news.bbc.co.uk/2/shared/bsp/hi/pdfs/08_03_10_BBC_int

ernet_pool.pdf.

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25

venga impedito di accedere alla rete. Tali impedimenti creano nuove situazioni di discriminazione che ledono il principio di uguaglianza.

37

Si ricorda, in via esemplificativa, la pronuncia del Conseil Constitutionnel francese

38

, in merito al giudizio preventivo sull'entrata in vigore della legge Création et Internet, comunemente denominata legge Hadopi,

39

come anche quella della Sala Constitucional costaricense

40.

37

Solo per fare accenno alla normativa italiana, il digital divide viene inserito completamente nel contesto delle discriminazioni sulla base delle «condizioni personali e sociali», evocato dall’art. 3, primo comma, della Costituzione. Cfr, P.

PASSAGLIA in http://www.giurcost.org/studi/passaglia.htm.

nota 35.

38

Commentaire de la décision n° 2009-580 DC – 10 juin 2009, Loi relative à la diffusion et à la protection de la création sur internet, in Cahiers Cons. const., n. 27, 2010, p. 7, della versione consultabile on line alla pagina http://www.conseil- constitutionnel.fr/conseil_constitutionnel/root/bank_mm/comm entaries/cahier27/ccc_580dc.pdf.

39

Acronimo di Haute Autorité puor la diffusion de oeuvre set la protection des droits sur Internet.

40

Sala Constitucional de la Corte Suprema de Justicia,

sentencia n. 12790 del 2010, par. V: «se ha afirmado el

carácter de derecho fundamental que reviste […] el derecho de

acceso a la Internet o red de redes

».

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26

Si viene così a creare una connessione tra le problematiche relative al divario digitale e l'affermazione dell'uguaglianza sostanziale, che impone al legislatore di predisporre gli strumenti normativi adatti ad implementare l'uso della tecnologia, così da neutralizzare le discriminazioni derivanti dalle distorsioni all'accesso causate dal mercato incontrollato e dal divario digitale dei territori e degli utenti

41

.

1.2.

Gli strumenti per il superamento del digital divide,:l’alfabetizzazione informatica e lo sviluppo della rete su banda larga.

Il superamento del digital divide è strettamente correlato al conseguimento di due degli obiettivi dell’Agenda digitale, ossia l’alfabetizzazione informatica e lo sviluppo della rete su banda larga.

41

Fenomeno noto come digital divide di secondo livello, o deepening divide, che consiste nella diversificazione digitale degli utenti come divario culturale, inadeguatezza sul piano formativo per capire cosa può fare questa tecnologia. Cfr. C.

CAPOLUPO, Informazione e partecipazione democratica

nell'era dei social media, in Nuovi mezzi di comunicazione e

identità, p. 618.

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27

La questione dell’alfabetizzazione informatica è ancora lontana da una soluzione nel nostro Paese, come del resto in altre parti del mondo, se si considera che una parte consistente delle famiglie italiane risulta del tutto priva delle conoscenze minime per accedere ad Internet.

Basti pensare che nel 2010 il 30 % dei cittadini dell’Unione non aveva mai utilizzato internet, nel 2012 oltre il 43% di queste ammetteva di non possedere le competenze per farne utilizzo, oltre il 25% considerava internet uno strumento di scarso interesse e importanza, mentre il 40% non disponeva proprio di un accesso.

Questo scenario trova conferma nei dati pubblicati dalla Commissione europea nel maggio 2014 dai quali risulta che, sebbene sia in progressivo aumento il numero di persone che hanno dimestichezza con le operazioni online, quasi il 50%

della popolazione non dispone di competenze sufficienti per il mercato del lavoro di oggi.

42

Tali esclusioni possono derivare da carenze strutturali, da difficoltà economiche che non consentono di possedere apparecchi tali da assicurare un adeguato accesso alla rete, con riguardo sia all’hardware che al software, da problemi di ordine

42

Agenda digitale europea in http://ec.europea.eu/!VF69K.

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28

fisico che impediscono la fruizione dei contenuti presenti in rete, ma anche da un deficit culturale dell’individuo.

Richiamando il principio personalista ex art. 2 Cost. in modo congiunto con il principio di uguaglianza sostanziale ex art. 3, comma 2 cost., non si può non rappresentare la mancanza delle conoscenze informatiche sufficienti per interfacciarsi con un computer o per avviare la navigazione, come uno di quegli <<

ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. >>

L’analfabetismo informatico ha la peculiarità di essere spesso indipendente dal livello di istruzione.

A condizionarlo sono piuttosto altri fattori come l’età anagrafica, o le condizioni economiche o sociali svantaggiose.

Gli analfabeti informatici sono infatti ricompresi in quella fascia della popolazione costituita da anziani, disoccupati, prepensionati, lavoratori che fruiscono di ammortizzatori sociali.

43

43

L. CASSETTI-S. RICCI L’Agenda Digitale Europea e la

riorganizzazione dei sistemi di Welfare nazionale: le nuove

frontiere dei diritti sociali nella knowledge based society,

cit.,p. 6.

(17)

29

In particolare l’età anagrafica è un fattore condizionante nella misura in cui non ha consentito il confronto con le nuove tecnologie nel periodo di formazione scolastica e universitaria, come invece è avvenuto per i c.d. << nativi digitali>>.

44

L’accesso ad internet, dunque, non può prescindere dalla formazione individuale, come è stato evidenziato anche dalla c.d. << Raccomandazione Lambrinidis >>, cioè la Raccomandazione del Parlamento europeo del 26 marzo 2009 destinata al Consiglio sul rafforzamento della sicurezza e delle libertà fondamentali su internet.

In essa la formazione è considerata uno strumento per contrastare l’analfabetismo elettronico, considerato l’analfabetismo del 21° secolo; al contempo si sollecitano i Paesi dell’Unione europea a non rifiutare l’accesso ad internet come sanzione dai governi o dalle società private; né ad impiegarlo abusivamente per perseguire attività illegali; ad affrontare questioni emergenti come quella della neutralità delle reti, dell’interoperabilità, dell’accessibilità globale a tutti i nodi di internet e dell’uso di formati e standards aperti.

45

44

L. NANNIPIERI, La dimensione costituzionale del digital divide,cit., In particolare, gli ostacoli cognitivi alla proiezione dell’individuo nello spazio virtuale,cit., p. 195.

45

Raccomandazione del Parlamento europeo del 26 Marzo

2009 (2008/2160 (INI))

(18)

30

Solo con la formazione sarà possibile scongiurare quello che in dottrina è considerato il “rischio autostrada”, cioè il rischio di rimanere privo del diritto di accesso, paragonabile a quello di quei Paesi che sono vicini all’autostrada da cui hanno “danni e nessun beneficio, perché magari il casello è a cinquanta chilometri a nord o a venti chilometri a sud e al massimo possono vedere il traffico altrui”.

46

Per questo motivo la formazione deve diventare oggetto di politiche consapevoli, piuttosto che essere affidata, come tutta la rete, alle prepotenze dei regimi autoritari o alle convenienze del mercato.

In caso contrario sarà sempre più accentuata “la grande frattura “

47

tra coloro la cui vita è sempre più legata al cyberspazio e coloro che, invece, non avranno mai accesso a tale nuovo ambito dell’esistenza e si farà sempre più concreto il rischio “ che le autostrade dell’informazione si trasformino nell’ennesima strada senza uscita nella ricerca dell’eguaglianza”.

48

46

R. ZACCARIA, Dal servizio pubblico al servizio universale in L. Carlassare (a cura di), La comunicazione del futuro e i diritti delle persone, Padova, 2000, p. 13.

47

J. RIFKIN, L’era dell’accesso, Milano, 2009, cit.,p. 21.

48

S. RODOTA’, Tecnopolitica, Roma-Bari, 1997, cit.,pp. 91 ss.

(19)

31

Secondo la letteratura anglosassone l’alfabetizzazione informatica intesa come accesso critico ad internet non può prescindere da due profili del concetto di digital divide: il digital literacy e il digital fluency o metaliteracy. Il primo corrisponde al possesso delle risorse cognitive minime per comprendere il linguaggio richiesto dalla rete ed attingere ai relativi contenuti, ma è insufficiente a garantire un uso consapevole, efficiente e dunque critico del patrimonio di conoscenza, messo a disposizione da internet.

49

Rispetto a questo obiettivo non si può prescindere dal digital fluency che richiede di relazionare l’alfabetizzazione informatica tanto al contesto socio – economico della produzione della conoscenza, quanto alle varie modalità di distribuzione della stessa e al quadro normativo relativo agli strumenti di copyright enforcement, a tutela degli autori e dei creatori. L’accesso critico ad Internet, dunque, presuppone la

49

L. NANNIPIERI, Dalla digital literacy alla digital fluency, e

cioè il passaggio dal divario nell’accesso al divario nell’uso in

La dimensione costituzionale del Digital divide. In particolare,

gli ostacoli cognitivi alla proiezione dell’individuo nello spazio

virtuale, cit.,pp. 196 – 197.

(20)

32

confluenza di dette competenze in un disegno complessivo di apprendimento della rete.

50

Merita inoltre precisare che l’alfabetizzazione informatica è raggiungibile solo in riferimento a tecnologie che non siano quelle di ultima generazione. Ciò perché la lotta all’analfabetismo informatico, a differenza di quello linguistico, non dispiega i suoi effetti a tempo indeterminato.

Nella società tecnologica infatti, a differenza di quella pretecnologica, la rimozione degli ostacoli fattuali non opera pro futuro. Basti pensare che tra l’impostazione di un programma di alfabetizzazione, la determinazione dei suoi contenuti e la sua concreta realizzazione, intercorre un periodo di tempo spesso più che sufficiente a far emergere nuove tecnologie.

Invece nel caso della scrittura, una volta che ne è stato appreso l’uso, un tale bagaglio resta immutato.

Il campo primario di implementazione del percorso di alfabetizzazione informatica è rappresentato dai potenziali servizi pubblici offribili attraverso le ICT, come l’eGovernment, l’implementazione dei servizi sanitari

50

T.P. MACKEY– T. E. JACOBSON, Reframing Information

Literacy as a Metaliteracy in College and research libraries,

gennaio 2011.

(21)

33

dell’eHealth e l’eLearning (Ue, 2009b), così anche da migliorare i rapporti tra gli uffici pubblici e il cittadino.

51

La riduzione del digital divide ha come presupposto, oltre all’alfabetizzazione informatica, la realizzazione della banda larga, cioè di una infrastruttura necessaria allo sviluppo dell’economia, all’inclusione sociale e al miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini, attraverso il soddisfacimento di bisogni quali l’intrattenimento, l’informazione, l’educazione, il lavoro e l’accesso ai servizi pubblici.

5253

Già la strategia Europa 2020 aveva indicato l’obiettivo di portare la banda larga a tutti i cittadini europei entro il 2013 e di consentire l’accesso agli stessi, entro il 2020, a connessioni superiori a 30 Mbps e al 50% o più di famiglie europee a connessioni internet superiori a 100 mbps.

Questi stessi obiettivi sono ripresi dall’Agenda digitale europea che si prefigge appunto di garantire la copertura universale a banda larga, con velocità di connessione via via crescente fino a 30 mbps e superiori; di promuovere la realizzazione e l’adozione di reti di accesso di nuova generazione Next

51

F. DE LONGIS, L’Agenda digitale europea, cit.,pp. 69-80.

52

G. DE MINICO, Regulation, banda larga e servizio universale. Immobilismo o innovazione? in Pol. Dir., 2009, cit.,p. 532.

53

F. DE LONGIS, L’Agenda digitale europea,cit., p. 72.

(22)

34

Generation Access (Nga) in gran parte del territorio dell’Unione europea, e soprattutto nel settore business, consentendo connessioni internet ultra veloci a 100 mbps; di garantire la copertura della banda larga universale con velocità crescenti, senza che però vi sia un forte intervento pubblico.

Si vuole in questo modo evitare il rischio della realizzazione di reti veloci a banda larga concentrate in poche zone ad alta densità con notevoli costi di ingresso e prezzi elevati.

Risulta dunque necessario per la Commissione incoraggiare gli investimenti di mercato per ottenere reti aperte e competitive, considerando nei costi di accesso e delle reti il rischio di investimento.

54

A questo scopo la Commissione ha predisposto un pacchetto di misure che ricomprende la Comunicazione “La banda larga in Europa: investire nella crescita indotta dalla tecnologia digitale” COM (2010) 472 def.. Questo provvedimento si prefigge per l’anno 2020 l’obiettivo di assicurare l’accesso a internet per tutti i cittadini ad una velocità di connessione superiore a 30 megabit per secondo e per almeno il 50% delle famiglie la disponibilità di un accesso a internet con velocità superiore a 100 megabit per secondo. A questo scopo la

54

F. DE LONGIS, L’Agenda digitale europea,cit., pp.70-71.

(23)

35

Comunicazione impegna gli Stati membri ad elaborare e rendere operativi, entro il 2012, i piani nazionali per la banda larga; ad adottare misure per facilitare gli investimenti nella banda larga, in specie nell’attività edilizia; ad utilizzare i fondi strutturali per lo sviluppo rurale già accantonati per investimenti in infrastrutture e servizi ICT; a mettere in atto il programma sulla politica europea in materia di spettro radio, in modo che le frequenze dello spettro siano assegnate in modo coordinato per raggiungere il 100% di copertura di internet a 30 Mbps entro il 2020.

Altre misure sono la raccomandazione sull’accesso regolato alla rete Next Generation Access C(2010)572 del 25 settembre 2010 e la Decisione sulla creazione di un programma per la politica dello spettro radio n. 443/2012/CE del 14 marzo 2012, cui ha fatto seguito, nel settembre 2012, la Comunicazione volta a promuovere l’uso condiviso delle risorse dello spettro radio nel mercato interno, COM (2012) 478 def..

Sotto il profilo finanziario, infine, si ricorda l’adozione da parte della Commissione europea del pacchetto di misure

“Meccanismo per collegare l’Europa – Connecting europe

facility” del 19 ottobre 2011. Esso prevede un investimento di

9,2 miliardi di euro in reti a banda larga veloci e superveloci e

in servizi digitali paneuropei anche se, successivamente, in

(24)

36

occasione del Consiglio europeo del 7-8 febbraio 2013, tali investimenti sono stati ridotti di un miliardo.

55

Il raggiungimento degli obiettivi della banda larga è diverso nei vari Stati dell’Unione europea, differenziandosi questi ultimi in termini di sviluppo storico, accordi istituzionali, anno di entrata nell’Unione, struttura di mercato e realtà politiche. Si pensi che nella graduatoria europea degli abbonamenti per servizi a banda larga fissi ogni cento abitanti, a partire da gennaio 2013, l’Olanda si trova al primo posto con il 40,02%, la Danimarca al secondo e la Romania al ventisettesimo con il 16,6%.

Nonostante tali diversità alcuni autori ritengono di fondamentale importanza procedere a dei confronti e parallelismi fra i vari Stati dell’Unione europea, così da contribuire al dibattito su iniziative politiche e normative utili a conseguire gli obiettivi dell’Agenda in materia di bande larghe.

Ciò implica il ricorso ad un quadro comune di analisi rappresentato dal così detto studio longitudinale, cioè una ricerca correlazionale tra dati ottenuti nel tempo.

56

55

G. PIZZANELLI, Il mercato dei servizi in Europa, Milano, 2014, cit.,p. 99.

56

W. LEMSTRA e W. H. MELODY, The dynamics of

Broedband markets in Europe. Realizing the 2020 Digital

Agenda, 2014, cit., pp. 1 ss.

(25)

37

Ad essere studiati in modo “longitudinale” sono dodici casi corrispondenti a dodici Stati membri, selezionati in modo da assicurare un insieme rappresentativo dell’Europa, che includa cioè Paesi grandi, medi e piccoli in termini di massa continentale e popolazione; Stati del nord, centro e sud d’Europa; Stati appena entrati e di vecchia data; con dotazioni di infrastrutture molto e poco sviluppate.

Con queste premesse sono stati individuati i seguenti casi di studio:

Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Spagna, Italia, Lettonia, Olanda, Polonia, Svezia e Gran Bretagna.

Lo studio dei singoli casi deve essere impostato in un modo comune così da facilitarne l’analisi e il confronto. Si deve cioè distinguere l’introduzione storica, la descrizione e la messa a fuoco del caso con la descrizione delle dinamiche del mercato delle bande larghe nel tempo e con informazioni specifiche sugli operatori rilevanti in termini di strategie e risultati, l’analisi all’interno del caso, le conclusioni e le riflessioni ad esso relativi.

Un esempio di come uno studio longitudinale possa fornire dati

utili a spiegare le dinamiche del mercato della banda larga è

rappresentato dalla ricerca che ha messo a confronto la

Danimarca e l’Olanda, due Paesi dai risultati simili in termini

di penetrazione della banda larga fissa.

(26)

38

Nella graduatoria dell’OCSE, infatti, l’Olanda segue la Danimarca che è in testa.

La ricerca ha consentito di rilevare come la similitudine delle due posizioni in classifica sia il risultato di dinamiche di mercato completamente diverse. Quella dell’Olanda è infatti conseguenza di un’accesa concorrenza tra RTG, operatori basati sull’accesso e i due maggiori operatori storici della RTV, insieme all’influenza di terzi, cioè dei comuni e delle imprese operanti nell’edilizia residenziale sociale. Al contrario il mercato delle bande larghe in Danimarca è dominato da chi detiene la RTG, che gestisce al tempo stesso anche la maggior parte dell’infrastruttura di rete via cavo RTV e ha acquistato una quota consistente delle infrastrutture in fibra esistenti.

È evidente dunque che la concorrenza a livello di infrastrutture in Danimarca non influenza il risultato del mercato della banda larga, mentre in Olanda svolge un ruolo decisivo.

Lo sfruttamento del potenziale delle ICT incontra un ostacolo anche nella non interoperabilità tra i mercati nazionali, ossia nell’eccessiva disparità nella gestione delle reti, sia nella fase di implementazione, sia in quella di appalto, sia in quella di regolamentazione, con l’effetto di impedire lo sfruttamento di una rete europea unica.

Per rendere i mercati interoperabili si deve migliorare la

formazione nel campo delle ICT, innalzando gli standards

(27)

39

qualitativi per l’accesso agli appalti, la concessione delle licenze, la tutela dei diritti di autore. Le Pubbliche Amministrazioni devono essere incentivate a garantire, per quanto riguarda gli appalti, una migliore accessibilità alle gare e una maggiore concorrenza, evitando il rischio del lock-in, che si verifica quando un cliente si trova vincolato ad acquisire beni e servizi da un solo fornitore; a ricercare e promuovere l’interoperabilità per migliorare i servizi.

57

Nel tentativo di definire gli standards di interoperabilità l’Agenda digitale impone in primis l’applicazione del Libro bianco della Commissione europea dedicato

”all’ammodernamento della standardizzazione delle ICT nell’UE” COM (2009) 324 def..

Inoltre, con la Comunicazione “Verso l’interoperabilità dei servizi pubblici europei”, COM (2010) 744 def. del 16 dicembre 2010, la Commissione ha delineato la Strategia europea per l’interoperabilità e il Quadro europeo di interoperabilità. Questa evidenzia come laddove i servizi pubblici non utilizzano le ICT e in assenza di collaborazione tra Pubbliche Amministrazioni “i cittadini si vedono obbligati a rivolgersi direttamente alle Pubbliche Amministrazioni estere,

57

F. DE LONGIS, L’Agenda digitale europea,cit.,p. 67.

(28)

40

addirittura a recarvisi di persona, per fornire o raccogliere le informazioni o i documenti di cui hanno bisogno per lavorare, studiare o viaggiare all’interno dell’UE; lo stesso vale per le imprese che vogliono stabilirsi in più di uno Stato membro.”

Quanto allo sfruttamento delle ICT per la società, è ormai evidente come il loro utilizzo in svariati campi consenta di ottenere risultati migliori. In campo ambientale ad esempio le ICT risultano fondamentali per il controllo delle emissioni nocive, dell’eccessivo uso delle risorse naturali, per la riduzione dello spreco di elettricità, per il risparmio energetico e per l’implementazione di trasporti intelligenti (COM (09) 111; RAC (09)7604).

Le ITC consentono infatti di rendere i trasporti più efficienti, più veloci e affidabili, attraverso un controllo del flusso delle merci e dei passeggeri e interventi mirati in tempo reale.

Altro campo di applicazione è quello della sanità, la c.d.

eHealth o telemedicina che per la Commissione migliorerà l’efficienza dell’assistenza sanitaria del 20%, riducendo del 26% i giorni di ricovero, del 15% gli errori di dosaggio dei medicinali grazie alle prescrizioni elettroniche, facendo risparmiare del 10% le spese infermieristiche.

Di estrema importanza, nell’ottica di un miglioramento della

vita dei cittadini, è il tema dell’eGovernment, il cui sviluppo

(29)

41

consentirà di avvicinare l’amministrazione pubblica ai reali bisogni dei cittadini.

1.3.

E-government, Open government, Open date a livello comunitario e internazionale.

La comunicazione della Commissione europea del 26 settembre 2003 sul ruolo dell'e-government per il futuro dell'Europa definisce l'e-government come “ l'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nelle Pubbliche Amministrazioni, coniugato a modifiche organizzative e all'acquisizione di nuove competenze al fine di migliorare i servizi pubblici e i processi democratici e di rafforzare il sostegno alle politiche pubbliche”

Si tratta dunque di un sistema atto a favorire, tramite le ICT, la trasparenza e la partecipazione, che ha rappresentato nel primo decennio degli anni duemila l'obiettivo primario dell'Unione europea, per poi evolversi nelle politiche dell'open government.

Queste ultime riconoscono un ruolo fondamentale non solo alle

Amministrazioni Pubbliche, ma anche ai soggetti privati, in

particolare agli operatori economici operanti nel settore delle

(30)

42

ICT per promuovere la trasparenza, l'accesso alle informazioni, la partecipazione e per favorire la crescita economica.

L'Open-government (letteralmente “governo aperto”) è dunque una modalità di esercizio del potere pubblico che rende le amministrazioni “aperte” e “trasparenti” nei confronti dei cittadini, così da essere più vicine ai loro reali bisogni. Sul piano filosofico questi concetti richiamano le tesi politiche di Montesquieu e Antonio Genovesi nella misura in cui presentano come tratti distintivi la centralità del cittadino, l’amministrazione partecipata e collaborativa, la trasparenza ed apertura dei dati, la loro condivisione attraverso le nuove tecnologie digitali.

Più precisamente la pubblicazione su internet dei dati prodotti dagli enti governativi in formato aperto prende il nome di Open date e rappresenta uno degli aspetti più caratterizzati dell’Open government.

La pubblicazione dei dati pubblici risponde ad esigenze di

apertura e di trasparenza che si traducono nella ridefinizione

delle modalità di relazione con i cittadini, superando gli schemi

classici tradizionali a favore di nuovi basati sulla bidirezionalità

e partecipazione ai processi decisionali delle istituzioni; nella

(31)

43

garanzia di un controllo dei cittadini sugli stessi in virtù della libertà di accesso ai dati e alle informazioni amministrative.

58

Intorno ai concetti di E-government, Open government e Open date si sono generate ampie aspettative circa la crescita economica, il potenziamento dei diritti civici, la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche, il contrasto alla corruzione.

Già dai primi anni del 2000 l’OCSE aveva sottolineato l’importanza del processo di E-government in funzione dello sviluppo economico e sociale, oltre a sottolineare l’importanza della trasparenza.

59

Non meno significativo è l’intervento del 2008 con la raccomandazione For Enhanced Access and More Effective

58

Open government in https://it.wikipedia.org.

59

Documenti OECD, Citizen sas Partners: Information, Consultation and Public Participation in Policy Making, Paris, 2001; The E-Government Imperative, Paris, 2003; E- Government Flagship Report, Paris, 2003; The Economic Impact of ICT: Mesurement, Evidence and Implications, Paris, 2004; E-government for Better Government, Paris, 2005, nell’ottica di rimarcare l’importanza del processo di Open government per lo sviluppo economico e sociale.

Sull’importanza della trasparenza anche, C.HOOD, D.

HEALD, Transparency: The key to better governance? Okford,

2006; C. LINDSTEDT, D. NAURIN, Transparency is not

enough: Making transparency effective in reducing corruption,

in Inter. Pol.Sc.Rev, n. 31, 2010,cit., p. 301 ss.

(32)

44

Use of Public Sector Information [C(2008)36] volta ad incoraggiare la disponibilità dei dati pubblici, richiedendo licenze automatizzate per il loro riutilizzo e prevedendo per quest’ultimo condizioni di trasparenza, gratuità o adeguatezza dei costi, nonché il rispetto del diritto d’autore e l’eventuale ricorso a partnership pubblico-private per rendere disponibili le informazioni.

Molti altri documenti degli organismi internazionali hanno sottolineato la portata rivoluzionaria delle Information and Communication Technologies anche in termini di aggregazione sociale, partecipazione e condivisione.

Si pensi alla “Carta di Okinawa sulla società dell’informazione

globale” adottata in occasione del G8 Kyushu-Okinawa

Summit del 2000; al documento The Role of Information and

Communication Technologies in Global Development del 2003

elaborato dalla “United Nations Information and Comunication

Technology Task Force” che ha evidenziato la capacità

enabling delle ICT per lo sviluppo economico-sociale, in grado

di favorire la crescita di un Paese attraverso una maggiore

partecipazione e condivisione; ai vertici mondiali sulla Società

dell’Informazione di Ginevra nel 2003 e di Tunisi nel 2005,

organizzati dall’ONU al fine di stabilire una strategia globale

comune, in grado di estendere a tutti i Paesi i vantaggi delle

(33)

45

nuove tecnologie; alla Open Data Charter sottoscritta dai Paesi membri in occasione del vertice G8 di Lough Erne del 17-18 giugno 2013, al fine di rendere il loro patrimonio informativo pubblico open by default.

60

Sempre sul piano internazionale, una spinta propulsiva all’affermarsi dell’Open government è data da numerosi provvedimenti di riforma dell’amministrazione Obama, sebbene già l’amministrazione Clinton si era mossa in questa direzione con la strategia “Autostrade dell’informazione”

proposta da Al Gore nell’ambito del progetto National Information Infrastructure.

C'è poi chi ritiene che l'orientamento dell'amministrazione Obama si ponga in linea di continuità con il Freedom of Information Act del 1966, in specie con riferimento all'Electronic Freedom of Information Act del 1996, che ha adeguato la norma originaria al fenomeno delle ICT, che favorisce la massima diffusione delle informazioni, salve le eccezioni tassativamente previste.

61

60

Il mercato dei servizi in Europa, 2014, Milano, cit.,pp. 88-89.

61

P.L. STRAUSS, American Experiences and Issuess with open

Government, lezione tenuta presso il corso di Dottorato in

Scienze politiche dell'Università di Pisa, il 14 giugno 2013.

(34)

46

Il primo intervento significativo del Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama è il Memorandum for the Heads of Executive Departments and Agencies: Transparency and Open Government dell’8 dicembre 2009 ispirato ai principi della democrazia, dell’efficienza e incisività del governo.

Ci si prefigge cioè, come si legge nello stesso Memorandum, di

“lavorare insieme per garantire la fiducia dell’opinione pubblica e istituire un sistema di trasparenza, partecipazione dei cittadini e collaborazione”.

62

Con esso si impone a tutte le agenzie federali di pubblicare gli Agency Open Government Plants 2.0., che sono dei piani d’azione in cui si indicano i progetti da adottare per rendere i cittadini più partecipi al processo decisionale e per rendere i dati pubblici accessibili.

Nella Direttiva del 2009 si stabilisce che le agenzie devono pubblicare le informazioni online “utilizzando un formato aperto (open), che possa cioè essere recuperato, soggetto ad azioni di download, indicizzato e ricercato attraverso le applicazioni di ricerca web più comunemente utilizzate”. Un formato si considera aperto – come precisa la Direttiva –

62

Memorandum for the Heads of Executive Departments and

Agencies: Transparency and Open Government in

www.whitehouse.gov.

(35)

47

quando è “indipendente rispetto alla piattaforma, leggibile dall’elaboratore e reso disponibile al pubblico senza che sia impedito il riuso dell’informazione veicolata”.

Vengono così fissate le condizioni dell'apertura dei dati, ossia l'accessibilità, il rilascio in formato non proprietario, la leggibilità dal computer, la libertà da licenze, la ricercabilità in rete, la completezza, la tempestività, l'aggiornamento e la riutilizzabilità, cioè la possibilità di farne un uso diverso da quello per il quale i dati sono stati prodotti.

Sono suscettibili di riutilizzo, ad esempio, i dati relativi alle imprese, agli immobili, come anche i dati meteo, gli orari delle farmacie, dei mezzi pubblici.

63

In questo modo si garantisce la massima diffusione dei dati pubblici, resi disponibili senza costi, scaricabili, fruibili con licenze aperte, modificabili e riproducibili da chiunque senza controllo e restrizioni, riutilizzabili anche mediante dispositivi mobili, c.d. dissemination.

64

63

Informatizzazione della p.a. in www.treccani.it.

64

G. PIZZANELLI, Il mercato dei servizi in Europa, 2014,

Milano, pp. 90-91.

(36)

48

Il patrimonio informativo pubblico negli Stati Uniti è dunque considerato alla stregua di public good, per cui non sono previsti diritti di esclusiva.

65

La Direttiva del 2009 ha avuto un seguito tangibile con l'istituzione del sito pubblico Data.gov., un portale lanciato nel maggio 2009 dal “Chief Information Officer” (CIO) dell’amministrazione pubblica statunitense Vivel Kundra, che raccoglie tutte le informazioni rese disponibili dagli enti statunitensi in formato aperto (open date), al fine di renderle disponibili ai cittadini e alle imprese statunitensi.

66

Altrettanto significative sono la Open Government Directive e la Digital Government Strategy del 2012, due documenti dell’amministrazione Obama ispirati al modello della Open data e dunque sui principi di trasparenza, partecipazione e collaborazione.

Nel settembre 2011 gli Stati Uniti hanno lanciato la Open Government Partnership -OGP, insieme ad altri 46 paesi fra cui l'Italia con cui si spingono i Governi a promuovere la trasparenza, migliorando l'accountability per contrastare la

65

E. CARLONI, La qualità delle informazioni diffuse dalle amministrazioni federali negli Stati Uniti in GDA, 2002, p.

1232.

66

Open government in https://it.wikipedia.org.

(37)

49

corruzione, la partecipazione per favorire i processi decisionali condivisi e la collaborazione tra p.a., cittadini e imprese.

Si ricordano inoltre tra le iniziative del governo britannico il piano varato nel 2009 c.d. Digital Britain, per favorire la creazione di start up innovative, con un investimento di 500 milioni di sterline; il Government Digital Service con l''obiettivo di erogare on-line tutti i servizi della p.a. grazie al portale gov.uk; il National Plan for Digital Partecipation adottato nel 2010 per superare il divario digitale, investendo 300 milioni di sterline per corsi di formazione, campagne pubblicitarie, contributi per l'acquisto di computer e connessioni alla banda larga.

67

Anche il governo tedesco e francese ha contribuito all'affermarsi dell'Open government :

dell'uno si ricorda l'iniziativa Deutschland Digital 2015, dedicata a supportare l'impresa manifatturiera tedesca nello sviluppo tecnologico; dell'altro il France Numérique 2012- 2020, che ha previsto un investimento di 2 miliardi di euro per le infrastrutture e 2,5 miliardi per i servizi digitali nell'obiettivo di dematerializzare i documenti amministrativi, potenziare il

67

National Audit Office, Digital Britain One:Shared

Infrastructure and services for government on-line, 9 Dicembre

2011.

(38)

50

telelavoro e la banda larga. Infine merita menzionare anche il piano del governo Spagnolo c.d. Plan Plus Avanza 2, 1,5 miliardi di euro con l'obiettivo di promuovere un avanzamento dell'E-commerce e dell'E-government.

L'Unione europea si è mostrata sensibile al tema dell'Open- government fin dall'approvazione del Libro bianco sulla”

Crescita, competitività, occupazione. Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo”, COM (93) 700 def., presentato il 5 dicembre 1993 dall'allora Presidente della Commissione europea Jacques Delors.

Esso propone di ispirare il funzionamento dell'Unione europea ai principi di apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia e coerenza, garantendo una maggiore partecipazione dei cittadini al processo di elaborazione delle politiche dell'Unione.

68

Al contempo il Libro bianco richiama la necessità di infrastrutture dell'informazione che pongano le basi per la promozione di quella che le scienze sociali chiamano società dell'informazione.

69

68

Governance e Government in docente.unife.it.

69

A.TOURAINE, La société post-industrielle. Naissance d'une

société, Paris, 1969; M. PIETRANGELO, La società

dell'informazione tra realtà e norma, Milano, 2007; M.

(39)

51

Non meno significativi sono la Strategia di Lisbona, anticipata nella Comunicazione della Commissione dell' 8 dicembre 1999, eEurope – Una società dell'informazione per tutti, COM (1999) 687 def. e la Strategia Europa 2020.

Con il primo documento sono stati adottati i piani d'azione e- Europe (1999, 2000, 2002 e 2005), oggi parte del progetto Agenda digitale europea e Strategia 2010.

Di esso fa parte il Libro verde della Commissione europea

“L'informazione del settore pubblico: una risorsa fondamentale per l'Europa” del 20 gennaio 1999, COM (1998) 585 def., che identifica negli Stati Uniti il modello da seguire per quanto riguarda la diffusione dei dati e delle informazioni, le politiche di accesso alle informazioni e lo sfruttamento delle stesse per fini commerciali.

Al contempo nel Libro verde si lamenta uno svantaggio competitivo europeo che trova conferma nella Strategia

“Europa 2020” delineata dalla Commissione europea nella

Comunicazione “Una strategia per una crescita intelligente,

sostenibile e inclusiva” del 3 marzo 2010, COM (2010)2020

def.. Entrambi i documenti, come anche il Piano d'azione

europeo per l'e-government 2011-2015, identificano nell'uso

CASTELLS, The Information Age: Economy, Society and

Culture, III: End of Millennium, Oxford, 1998.

(40)

52

insufficiente delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione una delle cause di questo ritardo.

Tale Piano, contenuto nella Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, COM (2010) 743 def. del 15 dicembre 2010, si prefigge di realizzare gli obiettivi indicati in occasione della 5° Conferenza ministeriale sull'e- government , c.d. Dichiarazione di Malmoe, ossia creare amministrazioni pubbliche europee aperte, flessibili e collaborative nelle relazioni con imprese e cittadini.

70

La consapevolezza dell'Unione europea del potenziale in termini di progresso economico e sociale dell'Open- government emerge con evidenza nella Comunicazione della Commissione, Dati aperti, un motore per l'innovazione, la crescita e una governance trasparente, del 12 dicembre 2011, COM (2011) 882 def. 3.

In essa si stima che il facile accesso al mercato delle informazioni del settore pubblico, abbia un valore di 28 miliardi di euro e che i guadagni economici complessivi di un'ulteriore apertura delle informazioni del settore pubblico ammonterebbero a circa 40 miliardi di euro per la UE.

70

G.PIZZANELLI, Il mercato dei servizi in Europa, 2014,

Milano, pp. 92 ss.

(41)

53

L'efficace sfruttamento dell'informazione nel settore pubblico crea un progresso non solo economico, ma anche sociale e ambientale, come quello che potrebbe derivare dall'uso efficace di tecniche di raccolta e analisi di dati sanitari per le politiche di welfare o di dati relativi al traffico urbano per le politiche di tutela della qualità dell'aria, o ancora di dati sui consumi energetici per favorire le politiche per l'efficienza energetica.

Su queste premesse il Pacchetto Open date adottato dalla Commissione europea il 12 dicembre 2011 e parte integrante dell'Agenda digitale europea, si prefigge di rimuovere gli ostacoli alla piena realizzazione del potenziale di tale risorsa, come le differenze fra gli Stati membri nello sfruttamento delle informazioni nel settore pubblico.

In particolare si prevedono tre tipi di intervento e precisamente l'adeguamento del quadro normativo per il riutilizzo dei dati, tramite la revisione della Direttiva sul riutilizzo delle informazioni nel settore pubblico; la mobilitazione degli strumenti finanziari a sostegno dei dati aperti, con la conseguente creazione di portali europei; la facilitazione della condivisione delle buone pratiche.

71

71

G. PIZZANELLI, Il mercato dei servizi in Europa, 2014,

Milano, pp. 102-103.

(42)

54

1.4.

E-government, Open government, Open date a livello nazionale.

A livello nazionale il processo che ha visto la Pubblica amministrazione dotarsi per la prima volta in maniera sistematica e strutturata di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), realizzando così l'e-government, ha avuto inizio negli anni ‘90 del secolo scorso.

72

È in questo periodo che si collocano le prime esperienze di amministrazione digitale volte a favorire la relazione tra cittadini e amministrazione, in particolare con le reti civiche pensate per mettere in rapporto i soggetti del territorio (dagli enti locali fino alle associazioni e ai sindacati), il cui coordinamento è stato poi affidato all’Ufficio Relazioni con il pubblico (URP) dall’art. 8 della l. 7.6.2000, n. 150.

Si pensi al d.lgs.3.2.1993, n. 29 che ha affrontato il nodo dell’informatizzazione degli uffici pubblici, anche se prevalentemente in chiave interna; alle c.d. leggi Bassanini che hanno disciplinato la comunicazione tra P.A. e cittadini e

72

G. D'ALESSIO, F. DI LASCIO, Il sistema amministrativo a

dieci anni dalla “Riforma Bassanini”, Torino, 2009.

(43)

55

interpretato l’informatizzazione come strumento di semplificazione; al CAD (D.lgs 82/2005) che ha regolato i possibili impieghi pubblici dell’informatizzazione; alla legge 241/1990 che ha incentivato la comunicazione telematica interna e con i cittadini in chiave programmatica e promozionale.

Il processo è poi proseguito con il Piano nazionale d’azione del 2000 del governo Amato, con i diversi progetti di sperimentazione nella fornitura di servizi online, con le riforme Brunetta del 2009-2010 che hanno fatto dell’informatizzazione una condizione di efficienza dell’amministrazione.

73

Non c'è dubbio dunque che il nostro Paese non sia un neofito nella digitalizzazione della pubblica amministrazione e che molti sforzi sono stati compiuti.

Tuttavia l'Italia procede in questa direzione ad una velocità diversa dal resto d'Europa .

74

73

Informatizzazione della p.a. in www.treccani.it

74

P.G. NIXON, V.N. KOUTRAKOU, R. RAWAL,

Understanding E-Government in Europe. Issues and

Challenges, Londra-New York, 2010; Y.J.WANG, E-

government in the time of crisis, relazione alla 43° Conferenza

ICA, Bruxelles, 6-8 ottobre 2009 in www.ica_it.org.

(44)

56

Più in generale si pone un problema di strategie globali proiettate nella stessa direzione della dematerializzazione dell'attività amministrativa, della trasparenza e della collaborazione nella gestione dei patrimoni informativi, ma con risultati non omogenei.

75

In Svezia la banda larga copre il 99% delle abitazioni; il 71%

dei privati e il 38,5% delle imprese usano regolarmente l'e- commerce mentre nel sistema dei pagamenti il contante rappresenta appena il 3%; in Italia la banda larga copre il 52%

delle abitazioni contro il 61% della media EU; si collegano ad internet in media il 47,6% della popolazione contro il 65%

della media EU; soltanto il 17% dei cittadini utilizza i servizi di e-government contro il 32% della media Ue e l'e-commerce è usato dal 15% della popolazione (contro il 40% della media UE).

76

75

L.AL-HAKIMCHE, Global E-Government: Theory, Applications and Benchmarking, Hershey, 2007; OCSE, Panorama des administrations publiques, Paris, 2009,cit., p.

122 ss.

76

Fonti Eurostat 2011 e Web Index della World Wide Web

Foundation, 2012.

(45)

57

Un altro aspetto del caso italiano riguarda quello che taluno ha definito “il singolare fenomeno di strabismo amministrativo”, che caratterizza la riforma dell'e-government.

77

La Pubblica Amministrazione è cioè al contempo la prima destinataria dell'imperativo della digitalizzazione e il soggetto da cui dipende l'esito delle politiche pubbliche di e-government e open government. Tuttavia è innegabile che l'Italia abbia adottato un gran numero di provvedimenti per realizzare tali politiche, a partire da quelli istitutivi della cabina di regia dell'attuazione dell'Agenda digitale italiana e dell'Agenda stessa.

Si tratta rispettivamente del D.l. 9 febbraio 2012, n. 5, conv.

con modif. in L. 4 aprile 2012, n. 35 e del D.l. 22 giugno 2012, n. 83 – c.d. Decreto crescita -.

Il primo, per favorire l’apertura dei dati nel patrimonio informativo pubblico, istituisce una cabina di regia dell’attuazione dell’Agenda digitale italiana, inizialmente affidata al Ministero per lo sviluppo economico e successivamente al Presidente del Consiglio o ad un suo delegato (art. 13, L. 9 agosto 2013, n. 98). Essa è composta dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro per la

77

G. NAPOLITANO, Crescita economica e strabismo

amministrativo in GDA, 2013, cit.p. 221.

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