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Un gran numero di studi di Marketing riguardanti il senso d’identificazione del consumatore con i prodotti consumati indica che vi sia una correlazione tra consumo ed identità.

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Introduzione

Un gran numero di studi di Marketing riguardanti il senso d’identificazione del consumatore con i prodotti consumati indica che vi sia una correlazione tra consumo ed identità.

Il lavoro che andremo a illustrare ha lo scopo di fornire una migliore comprensione della connessione tra i due aspetti sopradetti, sia dal punto di vista teorico (attraverso l’esame della letteratura di stampo sociologico e antropologico sull’argomento), sia dal punto di vista pratico attraverso una ricerca di mercato esplorativa, nella quale si è cercato di comprendere quali potessero essere le maggiori minacce al concetto di autenticità.

Con tale proposito abbiamo preso in considerazione come oggetto della nostra ricerca la marca Apple, dato che essa appare essere, sin dalle sue origini, una tra quelle che più di altre riesce ad evocare nei consumatori e/o potenziali consumatori un forte coinvolgimento e senso di identificazione.

I beni da noi posseduti molto spesso svolgono una funzione che va oltre il loro semplice aspetto o utilizzo. Attraverso l‘acquisto e l‘utilizzo dei beni, i consumatori assegnano a essi un valore aggiuntivo, qualcosa che va oltre la semplice materialità. Si deve tener presente che ogni oggetto che acquistiamo ha una marca, e la marca ha in sé un valore e un’etica che possono essere apprezzati o no dai vari tipi di consumatore. Se la marca e i valori che essa rappresenta sono accettati dal consumatore, in lui si stabilirà un’opinione positiva verso quella determinata marca, altrimenti se ne svilupperà una negativa.

La marca nel tempo non ha avuto una definizione univoca; infatti a seconda dell’autore che ha trattato l’argomento essa ha ricoperto diversi ruoli e ne sono state date diverse definizioni/interpretazioni.

Di seguito daremo alcuni esempi rilevanti che ci potranno essere utili per avere una migliore visione del lavoro da noi svolto.

Secondo la definizione datane dall’American Marketing Association (AMA), con marca si intende "Name, term, design, symbol, or any other feature that identifies one seller's good or service as distinct from those of other sellers" [Bennett P.(1995)].

- Secondo Aaker, un brand è un set di attività (o passività) collegate ad un segno distintivo

(marchio, nome, logo) che si aggiungono (o sottraggono) al valore generato da un prodotto

o servizio [Aaker (1991)].

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- Il famoso pubblicitario Jacques Séguéla, a sua volta, propone il concetto di marca-persona, riconoscendo nel brand il nome, ma soprattutto “l’anima del bene”; il nome di marca può essere trasposto alle caratteristiche tangibili, mentre l’anima all’universo di valori strettamente connessi.

- Pratesi e Mattia affermano invece che “il brand ha una propria manifestazione espressiva;

è quindi un insieme di segni e simboli, tangibili e intangibili, che ne connotano fisionomia e personalità, come accade per un individuo” [Pratesi e Mattia (2006)]

- Secondo altri autori, sia per le imprese che per i consumatori nella marca è rappresentata la connessione tra ciò che l’impresa è in grado di offrire e ciò che i consumatori percepiscono e desiderano [Fiocca, Marino e Testori (2007)]

La marca ha anche una sua capacità espressiva che si può estrinsecare nei seguenti aspetti:

- brand identity (identità): è determinata dall’insieme degli elementi espressivi utilizzati dall’azienda per veicolare le credenziali di una marca;

- brand image (immagine): con tale concetto si indica ciò che i consumatori percepiscono della marca;

- brand positioning (posizionamento): valorizzazione degli attributi distintivi della marca nei confronti dei potenziali acquirenti;

Le funzioni svolte dalla marca sono differenti a seconda che si prenda in considerazione il cliente o il produttore. Ciò è stato sottolineato da alcuni autori della letteratura di marketing [Cozzi e Ferrero, 2004]. Prendiamo ora in considerazione il commercio B2C

1

. Per il venditore B2C [Cozzi e Ferrero, 2004], la marca assume le funzioni di:

ü protezione dalle imitazioni ü posizionamento competitivo ü arricchimento del prodotto

ü rafforzamento del potere di mercato ü capitalizzazione

ü influenza nelle relazioni interne (dipendenti)

ü influenza nelle relazioni esterne (stakeholder).

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Per il cliente finale B2C [Pastore e Vernuccio (2006)], invece la marca svolge le funzioni di:

ü identificazione ü garanzia ü orientamento ü personalizzazione ü simbolismo ü lucidità ü praticità ü relazione

In effetti, però non tutti gli studiosi sono d’accordo su tali funzioni della marca. Esse non esauriscono il ruolo del brand in quanto:

“la natura relazionale posseduta dalla marca viene esercitata dalla marca stessa in varie direzioni:

- verso l’impresa ed i suoi prodotti, cioè verso i soggetti che l’hanno generata;

- verso i consumatori, operando come un ponte tra il prodotto e i consumatori;

- tra consumatori e consumatori, cioè nelle relazioni che comunemente si stabiliscono tra gli individui;

- verso le altre marche operanti sul mercato;

- verso l’immaginario sociale”[Castellett (2006), p.100].

Le marche permettono al consumatore di soddisfare elementi della propria identità, come

“l’espressione di sé” (self-expression) e “l‘affermazione del proprio sé” (self-affirmation).

Volendo fare un esempio, quando utilizziamo il termine “espressione di sé”, ci si riferisce

all’utilizzo di una marca che risulta essere in linea con la nostra personalità, cioè nel nostro

caso di analisi, un consumatore acquisterà e consumerà la marca Apple perché essa

corrisponde all’idea che ha di sé stesso. Oggi molti clienti di Apple anche dopo la

scomparsa del fondatore sono consumatori di questa marca perché si rispecchiano negli

ideali di Steve Jobs. Jobs, era una persona curiosa e tenace, che non si arrendeva davanti

alle difficoltà e ai dogmi, affamata di novità e convinta di poter migliorare la propria vita

attraverso piccoli gesti quotidiani. Con il passare degli anni questo stereotipo di persona ha

sempre maggiormente influenzato i clienti Apple, l’idea che hanno di sé stessi e quella che

vogliono/vorrebbero dare verso l’esterno.

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A questo proposito alla fine degli anni 80 è stato introdotto il concetto secondo il quale i beni che possediamo diventano un’estensione di noi stessi e permettono di costruire e comunicare agli altri la propria identità [Belk (1988)].

Se il prodotto di una marca risulta essere in linea con noi stessi e con l‘immagine che vogliamo o vorremmo mostrare agli altri, questo prodotto continuerà ad essere utilizzato.

Altrimenti il consumatore cercherà un altro prodotto che sia maggiormente in grado di dare l’idea di noi che desideriamo dare. Il bisogno e desiderio dell‘individuo nascono proprio dalla differenza tra il sé ideale (come una persona vorrebbe essere) ed il sé reale (come una persona è concretamente). Un soggetto può presentare anche molteplici concetti di sé, e ciò varia a seconda dei diversi ruoli sociali di volta in volta ricoperti. Quindi la stessa persona a seconda delle situazioni si presenterà in modo diverso. Ad esempio la stessa persona sul luogo di lavoro o fuori di esso avrà modi di porsi e presentarsi diversi tra loro. Tutto ciò avrà influenza sulle sue scelte di acquisto [Dalli & Romani (2011)].

Anche l’affermazione del proprio sé (self-affirmation) influenza l’utilizzo di una marca permettendo di affermare la propria personalità o identità.

In questo elaborato avremo l’opportunità di analizzare un caso pratico reale di come la risposta dei consumatori cui sia stata presentata una accusa di autenticità possa essere influenzata dall’autostima.

Alla luce di quanto detto sopra, il presente lavoro è composto di quattro parti.

La prima parte teorica riguarda una selezione/analisi di articoli di letteratura riguardanti il senso di autenticità dei prodotti. La seconda parte sperimentale/pratica illustra come si è svolta la ricerca sul campo che ha avuto luogo nel periodo Luglio-Novembre 2014.

Quest’ultima è composta da un pretest, cui è seguita la divulgazione/raccolta del

questionario. Vi è poi una terza parte nella quale si descrive l’analisi statistica dei risultati

ottenuti attraverso i questionari. Nella parte conclusiva sono descritti i risultati ottenuti ed

esaminate le possibili implicazioni manageriali future.

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PRIMO CAPITOLO

QUADRO TEORICO DELL’INDAGINE

1.1 Il concetto del “sé” esteso

La definizione del concetto di “sé” non può limitarsi a includere soltanto i tratti, i valori, gli attributi fisici e gli obiettivi personali di un individuo, ma va estesa oltre: ciò è stato compreso già da molto tempo [James (1890)]. Il “sé” può includere altri oggetti materiali vicini alla persona e rilevanti per il “sé” di essa.

Il criterio fondamentale per includere oggetti esterni nella sfera del “sé”, come ad es. i figli e la casa, è che tali oggetti provochino nella persona risposte emozionali equivalenti a quelle provocate dagli aspetti interni del “sé”. In altre parole, quando gli aspetti del “sé”

sono minacciati, le persone sentono la necessità di difenderli così come se dovessero proteggere le loro proprietà fisiche o psicologiche.

Nella letteratura il concetto che le persone incorporino gli oggetti materiali non-sociali, come i loro oggetti favoriti, nel concetto di “sé” è stato indagato relativamente poco [Belk (1988)], e così pure si è indagato relativamente poco sull’inclusione nel “sé” esteso della marca intesa come oggetto non-sociale esterno.

Per quanto l’evidenza teorica ed empirica che le persone utilizzano gli oggetti materiali per esprimere il proprio “sé” sia stata documentata [Grubb (1967); Sirgy (1982)] la conferma che oggetti materiali possano essere inclusi nella sfera del proprio “sé” deriva primariamente da osservazioni etnografiche e di introspezione [Ball, Tasaki (1992)].

Il concetto della difesa degli aspetti e degli oggetti, interni ed esterni alla persona, che

appartengono al suo “sé”, è stato invece molto studiato e confermato [Crocker, Luhtanen

(1990)]. Molte ricerche hanno cercato di definire se e quando le persone difendono gli

oggetti a loro vicini dalle minacce. La ricerca suggerisce che la difesa sia legata al tipo di

legame che esiste tra la persona e gli oggetti a essa vicini: se si tratta di un legame debole,

non vi è difesa, ma se l’oggetto rientra a pieno titolo nella sfera del “sé” esteso, la difesa

sarà certa.

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1.2 L’identificazione con la marca, l’autostima e le risposte alle minacce

E’ noto che gli individui che si sentono fortemente appartenenti di un gruppo e che si identificano con esso, difendono questa loro appartenenza come difenderebbero il proprio

“sé” quando esso è minacciato. Ad esempio, alcuni studi hanno evidenziato come i partecipanti che si indentificano fortemente con il gruppo cui appartengono mostrano un forte attaccamento al gruppo quando la loro appartenenza viene minacciata, mentre tale risposta non compare negli individui legati solo debolmente al gruppo stesso [Crocker, Luhtanen (1990); Doosje, Ellemers, Spers (1995)].

Molti studi condotti riguardanti la psicologia dei consumatori hanno esaminato il concetto d’identificazione con la marca, ed hanno anche evidenziato che vi sono più livelli d’identificazione [Escalas, Bettman (2003)]. In generale si può dire che maggiore è l’identificazione di un consumatore con una marca, più positivi sono gli atteggiamenti dello stesso nei confronti della marca; inoltre maggiore è l’attenzione che esso pone verso la marca e maggiore è il suo impegno verso di essa [Escalas (2004)]. Non è comunque ancora del tutto chiaro se le persone identificate con una marca reagiscano nei confronti di una minaccia alla stessa così come reagirebbero a una minaccia portata nei confronti del proprio

“sé”. Se per un consumatore una marca è semplicemente preferita, un’informazione negativa sulla stessa può facilmente alterare il comportamento/considerazione del consumatore nei confronti della marca. Se però una marca diventa veramente parte del “sé”

esteso del consumatore, cioè il consumatore è molto identificato con la marca, la reazione dello stesso è di difesa della marca stessa, così come si difendono gli altri aspetti del “sé”

per preservarne l’integrità: vi è parecchia letteratura a supporto di questa visione. In uno studio specifico è stato confermato che i consumatori molto identificati con una marca dopo aver ricevuto un’informazione negativa su di essa sono rimasti poco influenzati, al contrario di altri consumatori non identificati [Einwiller, Fedorikhin, Johnson, Kamins (2006)].

Esistono diversi fattori che possono influenzare questo tipo di reazione dei consumatori (fattori moderatori). Uno di questi è l’autostima, e specialmente l’autostima implicita.

Occorre distinguere tra autostima implicita e autostima esplicita. La prima (implicita) si

riferisce alla valutazione automatica che le persone hanno rispetto a se stessi, stabilita

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Studi empirici suggeriscono che l’autostima esplicita e quella implicita non siano correlate, ma non è ancora chiaro quali siano le relazioni concettuali che stanno alla base di questi due tipi di autostima. E’ stato però evidenziato che le risposte di tipo difensivo sono correlate in modo diverso con i due tipi di autostima. In generale si può affermare che l’autostima implicita è più rilevante per le risposte alle minacce al proprio “sé”. Diversi studi hanno dimostrato che le persone con bassi livelli di autostima implicita hanno un atteggiamento più difensivo verso le minacce ricevute rispetto a chi ha alti livelli di autostima implicita [Greenwald, Farnham (2000)].

La scala di Heatherton e Polivy aiuta a misurare in maniera più dettagliata il livello di autostima delle persone [Heatherton e Polivy (1991)]. Essa è stata sviluppata per comprendere i sentimenti degli individui relativi al concetto di “sé” in tre dimensioni:

autostima sociale, autostima di aspetto e autostima di prestazione. Quando questa scala è utilizzata, alla persona intervistata, è premesso che il giudizio che deve dare di “sé” riguarda il “qui” e “ora”, ossia il momento presente, al fine di enfatizzare l’accezione di stato dei punti sottoposti a giudizio.

• Fattore sociale: misura quanto un soggetto sia preoccupato del giudizio degli altri e della percezione che essi hanno riguardo alla sua immagine sociale, ad esempio “mi preoccupo molto di ciò che gli altri pensano di me”.

• Fattore apparenza: misura quanto una persona valuta positivamente il proprio aspetto fisico, ad esempio “sono soddisfatto del mio aspetto fisico”.

• Fattore prestazione: misura come l’individuo valuta le proprie prestazioni, “ho fiducia nelle mie capacità”.

Si deve tener conto anche di un altro fattore moderatore delle reazioni alle minacce: la rilevanza relativa del concetto di “sé”, o auto-attivazione. Quando il “sé” è attivato, le persone sono più preoccupate della loro auto-valutazione e diventano più sensibili nei confronti delle informazioni auto-rilevanti [Carver, Scheier (1981)]. Perciò quando un aspetto rilevante per il proprio “sé” è messo alla prova, le persone il cui auto-concetto è attivato sono più propense a percepire la situazione come di “minaccia” [Hutton, Baumeister (1992)].

La risposta a una minaccia al proprio “sé” non sempre implica una difesa diretta

dell’aspetto del “sé” che è stato minacciato. In effetti, le persone mantengono una notevole

flessibilità nel sistema di regolazione della stima [Tesser, Crepaz, Collins (2000)]. Accade

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quindi che esse possano rispondere a una minaccia ricevuta in un dominio di valori con un’auto-affermazione in un dominio completamente differente. Ad esempio, molti studi indicano che quando ai partecipanti a un’indagine è stato chiesto di pensare a importanti aspetti del proprio “sé” dopo aver ricevuto una minaccia, le loro risposte difensive si sono attenuate, o sono addirittura scomparse [Steele, Liu (1983)].

Per riassumere, è più probabile che si registri una risposta di difesa tra i consumatori molto identificati con una marca quando sia attivato il “sé”, come pure tra chi ha un basso valore dell’autostima implicita. Comunque se a tali individui è offerta la possibilità di affermare altri aspetti del loro “sé” esteso, (ad esempio la appartenenza ad un gruppo), la difesa della marca è più debole.

Altri autori hanno affrontato la relazione tra la identificazione del consumatore con la marca e la sua risposta ad una mancanza della stessa [Cheng, White, Chaplin (2012)].

I consumatori SBC (Self Brand Connected), cioè molto identificati con la marca, dopo aver preso visione di informazioni negative di tale marca hanno dimostrato aver avuto un più basso livello di considerazione del “sé” rispetto ai non identificati con la marca.

I consumatori con alto livello d’identificazione hanno continuato a mantenere una valutazione alta della marca, indipendentemente dalle informazioni negative ricevute.

Comunque quando hanno completato un compito non connesso all’affermazione del “sé”, la loro considerazione nei confronti della marca è diminuita come per i consumatori poco identificati.

Il risultato suggerisce che i consumatori molto identificati con la marca sono riluttanti ad

abbassare la loro considerazione nei confronti della marca più per proteggere la concezione

del proprio “sé” che per proteggere la marca.

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1.3 Le minacce all’identità e all’autenticità  

I consumatori durante il loro atto di consumo possono ricevere informazioni riguardanti la marca, positive, negative o neutre e, secondo l’idea che hanno verso la marca, possono rispondere in modo differente.

Le minacce imputabili alla marca possono essere di diversa natura, cioè essere imputabili direttamente alla marca nella sua interezza, oppure soltanto a uno dei prodotti di quella marca.

Per la letteratura, le più rilevanti minacce per una marca sono di tipo funzionale e simbolico. Volendo fare un esempio di minaccia funzionale, possiamo riferirci al settore automotive, nel quale si registrano diversi esempi a riguardo, come nel caso del marchio Toyota. In particolare quest’ultima ha dovuto ritirare dal mercato delle sue vetture per problemi tecnico-funzionali; ciò negli utenti fedeli alla marca automobilistica ha fatto diminuire o modificare la considerazione del marchio.

Per ciò che riguarda le minacce simboliche, possiamo invece citare l’esempio della Volkswagen. Questa casa automobilistica ha ripresentato il vecchio modello Maggiolino all’inizio degli anni 2000. Per molti clienti ciò ha rappresentato una mancanza di autenticità e per essi la riproposizione di questo vecchio modello ha avuto un semplice scopo commerciale. Continuando a parlare delle minacce simboliche si può fare un esempio tratto dal settore musicale. Nel caso in cui un’artista per diventare famoso cambi il suo stile originale di scrittura e composizione delle canzoni. Tali scelte di posizionamento sul mercato per gli appassionati storici dell’artista, molto spesso sono recepite come mancanza di autenticità e quindi l’artista viene da essi classificato come non autentico e

“commerciale”.

Una minaccia simbolica può manifestarsi anche nel caso in cui un’azienda per motivi strategici, logistici o economici decida di cambiare il luogo di produzione dei propri prodotti. Tale scelta per i consumatori fedeli al marchio viene/può essere recepita come

“incoerenza”.

Inoltre, sempre riguardo alle minacce simboliche si potrebbe parlare del settore tecnologico,

in cui tale concetto è molto sentito e sviluppato. Ci stiamo riferendo alle minacce di

copiatura/plagio. Negli ultimi anni nel settore tecnologico Apple e Samsung hanno avuto

molto da dire a riguardo. Apple ha accusato il marchio Samsung di aver copiato i suoi

dispositivi.

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Comunque, in questo elaborato preferiremo focalizzare la nostra ricerca solamente sulla marca Apple. Tale marca, oltre ad avere scatenato nei consumatori il senso di una certa appartenenza a un determinato gruppo sociale che condivide gli stessi valori, come una tribù, è d’altro canto sottoposta anche a molteplici accuse di mancanza di autenticità.

Basti pensare al ritiro dal mercato avvenuto nel 2014 della storica linea produttiva iPod Classic (chiamato più semplicemente dagli utenti iPod), della quale la società di Cupertino ha scelto di eliminare la produzione e distribuzione. iPod Classic ha da sempre rappresentato il dispositivo multimediale per eccellenza per l’ascolto della musica. Tale dispositivo è stato lanciato sul mercato nel 2001 e rimosso definitivamente dallo Apple Store in data 9 settembre del 2014 decretandone così la fine, tutto ciò durante la presentazione dei nuovi iPhone 6, 6 Plus e dell'Apple Watch. Tale cambiamento drastico di rotta è stato seguito dal lancio dell’iPad, il quale non è apparso a molti utenti eccessivamente utile e innovativo, ma semplicemente un dispositivo in grado di garantire grandi profitti alla casa madre. Quest’ultimo tipo di esempio riguarda l’incoerenza di tipo storico o meglio la mancanza della tradizione, di cui abbiamo parlato poco sopra.

Riguardo a questo cambiamento di politica aziendale, critici, esperti, fan e semplici consumatori hanno accolto tale scelta come non in linea con il pensiero originario del fondatore di Apple, Steve Jobs, e quindi hanno criticato molto questa scelta. Tanto che alcuni hanno perso, o comunque diminuito l’interesse nei confronti del marchio. Tale passaparola da parte degli utenti non deve essere sottovalutato dalle aziende poiché negli ultimi anni sempre più soggetti comunicano e condividono le loro opinioni attraverso canali alternativi tecnologici.

E’ stato riportato tal esempio riguardante l’autenticità perché essa ricopre un ruolo fondamentale nella presente indagine e corrisponde a uno degli scenari di accusa utilizzati nel nostro questionario.

L’autenticità e la sua ricerca da parte dei consumatori esistono e continuano ad esistere da secoli.

Ad esempio in passato ci fu un traffico di reliquie religiose in Europa; oggi invece si hanno

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Genuinità e verità secondo la situazione possono significare cose diverse per i consumatori.

Ad esempio per alcuni soggetti l’autenticità nei confronti del cibo riguarda la sua origine, cioè, dove è stato prodotto e chi lo consuma, mentre per altri tali elementi non sono importanti, ma è sufficiente che gli ingredienti siano quelli giusti.

Lo stesso può essere detto per un oggetto, come una collana dei nativi americani: per alcuni soggetti la collana sarà autentica se è stata realizzata da un nativo americano, mentre per altri non è importante chi l’abbia realizzata ma è sufficiente che abbia uno stile e dei colori particolari tipici della cultura dei nativi americani.

La parola “autentico”, quindi, non ha un valore oggettivo, ma il suo significato cambia da un individuo all’altro e secondo la situazione di utilizzo; infatti, a volte è usata per indicare qualcosa che non sia una copia o un’imitazione, ma non sempre è così.

Proprio per questo non è possibile definire criteri univoci per indicare se un’offerta di mercato sia autentica in senso stretto o generico.

In merito alla percezione di autenticità, Newman & Dhar (2014) affermano che alcuni consumatori ritengono uno stesso prodotto più autentico se la sua provenienza sia direttamente dalla sede principale dell’azienda, quindi dal luogo “originario” di produzione dell’impresa, invece che da altri stabilimenti dislocati in altri paesi.

Le minacce che il consumatore riceve nei confronti di una marca, in certe situazioni, possono essere avvertite direttamente in prima persona dal consumatore stesso, come se a essere colpita fosse la propria identità.

Questo è il caso in cui un’informazione sia riportata da una fonte accreditata (radio, giornale, televisione, gruppi su social network) oppure da una persona nei confronti della quale si nutra una forte fiducia (amico, collega).

Se riceviamo una notizia negativa, o positiva, riguardante un argomento verso il quale abbiamo interesse, secondo il grado d’interesse e del tipo di fonte da cui l’informazione proviene la nostra risposta all’informazione ricevuta cambierà o lascerà invariata la nostra opinione nei confronti dell’argomento in oggetto.

Questo può essere il caso in cui un soggetto appassionato della marca Apple veda postata su un gruppo di suo riferimento, composto di soli fan del marchio, un’informazione negativa.

Caso diverso invece è se l’informazione è postata su un gruppo non accreditato. La reazione

quindi può essere diversa a seconda che l’informazione provenga dall’interno o dall’esterno

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dei gruppi di riferimento e varia da soggetto a soggetto a seconda del tipo di legame che esso ha nei confronti della fonte dalla quale l’informazione gli è riportata.

In alcuni casi le accuse sono riferite a tutta l’azienda; in altri invece sono riferite soltanto a un singolo prodotto. Anche in questo caso la risposta del soggetto “minacciato” sarà diversa. Alcuni soggetti possono sentire il legame a un solo prodotto del marchio e altri invece possono sentirsi coinvolti in tutti gli ideali inerenti all’azienda. Tutto ciò è legato al tipo di legame e all’accusa ricevuta. Al variare di questi parametri la risposta varierà. Per fare un caso pratico riprendiamo l’esempio della società automobilistica Toyota, la quale ha dovuto ritirare dai mercati sei milioni di auto Yaris a causa di problemi tecnici. La risposta a quest’avvenimento per alcuni soggetti può aver riguardato la perdita di autenticità funzionale di tutto il gruppo aziendale Toyota, mentre altri avranno sentito la “mancanza”

solo nei confronti del singolo modello Yaris, quindi per loro con tale avvenimento non è stata “intaccata” la visione del gruppo aziendale.

Il tipo di reazione del cliente dipende anche dalla sua motivazione all’acquisto del bene: un prodotto acquistato con forti motivazioni di qualità/affidabilità è molto più soggetto a minacce in caso di problemi rispetto a un equivalente acquistato per motivi meramente di prezzo.

Volendo fare un esempio pratico potremmo prendere in considerazione le valutazioni fatte da un soggetto per l’acquisto di un paio di scarpe.

Un paio di scarpe di produzione cinese che sia stato acquistato sostanzialmente per il suo basso prezzo, non subisce la minaccia di essere considerato come “ poco durevole”, se così si rivelasse, perché nell’acquisto questo è un rischio, messo in conto.

Ben diverso sarebbe il caso in cui si rivelasse di scarsa durata/qualità un paio di scarpe prodotto da una ditta leader nel settore.

Nel nostro elaborato non considereremo tutti gli scenari di minacce alla marca e alla sua autenticità, ma ci focalizzeremo soltanto su due tipi: le minacce di tipo funzionale e quelle di tipo simbolico.

In questa parte introduttiva sono stati riportati diversi esempi per avere una più facile

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1.4 Minacce etiche e funzionali  

Alcuni studi indicano che i consumatori molto connessi con una marca non sono propensi a perdonare una sua azione negativa se essa ha una rilevanza personale oppure se è di natura etica.

La disponibilità dei consumatori a perdonare è invece molto maggiore se si tratta di una mancanza nelle prestazioni di un prodotto [Trump (2014)].

In generale accade che una forte identificazione con una marca abbia un effetto tampone o di schermo (buffering effect) verso le azioni negative della marca, cosa che fa rimanere sostanzialmente positiva l’opinione dei consumatori.

Sono stati indagati anche altri due aspetti, vale a dire:

1) L’importanza del sé (self-relevance), vale a dire che l’azione negativa della marca incide maggiormente se la mancanza ha un significato importante per il consumatore.

Ad esempio il buffering effect verso le accuse di malfunzionamento di un prodotto può ridursi se l’azione negativa può essere collegata a un sentimento d’ingiustizia o tradimento, piuttosto che limitarsi ad un problema puramente tecnico.

2) Il gruppo di valori (domain) ai quali la mancanza della marca si riferisce.

In questo secondo caso risulta utile fare due esempi.

Nel primo esempio consideriamo un consumatore molto legato alla marca Apple e ipotizziamo che esso sia un’attivista per i diritti umani. Per questa persona ascoltare notizie di pratiche di lavoro non etiche applicate dalla marca Apple sicuramente minaccerà la sua relazione con tale marca, e cosi pure la sua identità come attivista dei diritti umani. E’ molto probabile che questo consumatore molto identificato con la marca Apple non sarà più propenso a giustificare la marca e le sue azioni non etiche a spese delle sue convinzioni come attivista dei diritti umani. Quindi il tipo di mancanza dell’azienda indebolisce moltissimo l’effetto di “copertura” nei confronti di tale consumatore.

Nel secondo esempio dello studio di Trump si è presa in considerazione la marca Nike, che è stata accusata di discriminazione sul luogo di lavoro nei confronti delle donne.

Gli intervistati di genere femminile, hanno dimostrato una reazione negativa molto più

forte rispetto agli intervistati di genere maschile.

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Altri studi hanno chiaramente mostrato che la crisi di una marca in consumatori molto

connessi è molto forte se l’azione negativa è riferita a valori fondanti della marca. Di

conseguenza se un valore fondante è l’autenticità, una mancanza in questo valore potrà

avere forti ripercussioni [Dawar, Lei (2009)].

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SECONDO CAPITOLO

METODOLOGIA DELLA RICERCA

2.1 Premessa

Il presente lavoro vuole verificare se l’autostima (self-esteem) abbia o no un effetto moderatore sulle risposte dei consumatori quando essi sono esposti a una crisi di autenticità nei confronti di una marca.

Come abbiamo visto nel precedente capitolo per i consumatori molto identificati con una marca questa può apparire come parte del “sé” esteso, e a seguito di minacce alla marca la reazione potrebbe essere quella di difesa.

Le ricerche hanno anche indicato che il tipo di reazione dei consumatori può essere influenzato da alcuni fattori (fattori moderatori) tra i quali in particolare l’autostima, e specialmente l’autostima implicita, vale a dire quella valutazione automatica che le persone hanno di loro stesse e che è stabilita attraverso misure implicite/inconsce.

Tra i fattori moderatori della risposta vi è anche la rilevanza relativa del concetto di “sé”, o auto-attivazione. Accade che se un aspetto rilevante del proprio “sé” è messo alla prova la persona interessata è più propensa a percepire una situazione come di minaccia.

Nella nostra indagine abbiamo deciso di scegliere la marca Apple perché essa ha la capacità di provocare nei suoi clienti un alto livello d’identificazione. La marca Apple è stata sottoposta a scenari di accusa (crisi), paragonati ad uno scenario neutro (controllo), e si sono verificate le risposte dei consumatori al variare della loro autostima, sia nel caso vi sia stata l’attivazione del loro “sé”, sia che non vi sia stata.

Per raggiungere il nostro obiettivo abbiamo deciso di procedere con un’indagine

sperimentale effettuata attraverso la distribuzione e raccolta di un questionario a clienti

Apple.

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2.2 L’esperimento nelle scienze sociali

Un esperimento o prova è un’operazione empirica applicata comunemente dalle scienze sociali e scienze sperimentali il cui obiettivo è verificare se vi sia la presenza di una relazione di causa-effetto tra due o più variabili.

Si realizza attraverso una procedura nella quale una o più variabili causali sono fatte variare in modo sistematico, rilevandone gli effetti su una o più variabili dipendenti.

Lo scopo di un esperimento è di analizzare relazioni di causa-effetto, per dimostrare in maniera empirica una relazione causale tra due o più variabili.

Per illustrare e comprendere nel modo migliore il significato dell’esperimento ci concentreremo sulle sue caratteristiche[Corbetta (2003), p.72-75]

.

2.2.1 Le caratteristiche di un esperimento

Le caratteristiche di un esperimento sono tre: covarianza, direzione causale e controllo delle variabili estranee.

Analizziamole una per volta:

1. Covarianza fra variabile indipendente e variabile dipendente: si deve poter osservare una variazione della variabile dipendente al variare della variabile indipendente. La variabile indipendente nella terminologia della psicologia sperimentale è detta

“trattamento” o “stimolo”, mentre la variabile dipendente “osservazione” o

“risposta”.

2. Direzione causale: al variare della variabile indipendente deve seguire una variazione della variabile dipendente, ma non deve essere vera la situazione contraria.

3. Controllo delle variabili estranee: si deve essere sicuri che la covarianza fra la

variabile indipendente e la variabile dipendente non sia dovuta a terzi fattori,

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indipendente ha un effetto sulla variabile dipendente, è necessario un punto di riferimento o confronto fisso. Il punto di confronto fisso è detto “condizione” o

“gruppo di controllo”.

Il gruppo di controllo, per il quale il trattamento è assente, serve a stabilire se il trattamento è stato efficace o meno, cioè se la variabile indipendente ha avuto effetto sulla variabile dipendente.

Per ottenere un risultato corretto è fondamentale accertarsi prima della somministrazione dei quesiti che il gruppo sperimentale e quello di controllo siano perfettamente equivalenti.

L’obiettivo quindi del controllo è ridurre al minimo l’interferenza dei fattori di disturbo sui risultati sperimentali.

Le strade possibili per verificare la veridicità di una relazione causale tra due o più variabili sono due: l’analisi della covarianza nella situazione naturale e l’esperimento, in cui il ricercatore interviene producendo una variazione della variabile indipendente in una situazione controllata, per misurare in seguito le risposte dei soggetti (variabile dipendente).

L’esperimento è caratterizzato da due condizioni fondamentali che lo distinguono dall’analisi della covarianza nella situazione naturale: manipolazione della variabile indipendente e controllo delle variabili estranee. Il controllo delle variabili estranee è ottenuto con il processo di randomizzazione, cioè di assegnazione casuale dei soggetti ai gruppi di studio [Corbetta (2003), p.79]. Il processo di randomizzazione garantisce che i gruppi d’individui partecipanti all’esperimento siano equivalenti dal punto di vista statistico. Vale a dire diversi per tutte le variabili solo per aspetti accidentali, ossia dovuti al caso; se sottoponiamo i gruppi a diversi valori della variabile indipendente e osserviamo i risultati medi, siamo in grado di quantificare l’effetto causale medio, cioè la differenza di risposta tra i gruppi presi in esame [Corbetta (2003), p.86].

Il metodo sperimentale permette di isolare il fenomeno sociale oggetto d’analisi e di

concentrare l’attenzione su di esso, controllando che variabili estranee non intervengano a

modificare le risposte. Lo svantaggio, invece, è che i risultati di un esperimento in molti

casi non sono generalizzabili all’intera popolazione, cioè non è possibile fare inferenza, per

due motivi: l’ampiezza del campione, spesso poco rappresentativo perché costituito da un

numero ristretto d’individui, e il criterio di selezione dei soggetti partecipanti, se sono

semplicemente scelti tra quelli più facilmente raggiungibili per ragioni di comodità

[Corbetta (2003), p.115–116].

(18)

2.2.2 Le tipologie d’indagine e i piani di campionamento

L'indagine è lo strumento statistico mediante il quale si acquisiscono informazioni su uno o più fenomeni riguardanti una popolazione. Un’indagine statistica può essere di due tipi:

indagine completa o campionaria.

Un’indagine statistica completa si ha quando le informazioni che si vogliono raccogliere sono acquisite considerando tutte le unità del campione sottoposto a indagine.

Un’indagine statistica campionaria si ha quando le informazioni sono raccolte solo su una parte del gruppo in studio e i risultati sono poi estesi alla sua totalità.

In generale le indagini possono essere di natura: esplorativa, descrittiva o causale.

L’obiettivo della ricerca esplorativa consiste nella raccolta preliminare d’informazioni allo scopo di definire il problema e formulare ipotesi.

L’obiettivo della ricerca descrittiva risiede nella descrizione di aspetti come il potenziale di mercato di un prodotto o gli aspetti demografici e l’atteggiamento del consumatore.

La ricerca causale è finalizzata invece a provare le ipotesi riguardanti i rapporti di causa- effetto [Kotler & Armstrong (2005)].

Un’indagine può essere di tipo qualitativo o quantitativo.

Le ricerche qualitative hanno una finalità prevalentemente esplorativa, cioè aiutano a trovare indicazioni utili per la soluzione di un problema, permettono di raccogliere, analizzare e interpretare le affermazioni delle persone, e individuano quindi elementi all’origine di comportamenti e atteggiamenti, mettendo in luce i meccanismi individuali profondi attraverso i quali essi si formano. L’obiettivo delle indagini qualitative è di conoscere in dettaglio tutti gli aspetti che caratterizzano l'argomento da analizzare, quindi non di formulare stime quantitative.

Le principali tecniche utilizzate nell’ambito delle indagini qualitative sono il focus group (o gruppo di discussione)

2

e le interviste. individuali

3

.

Le tre tipologie di ricerca quantitativa più comuni nel marketing sono: l’osservazione, il questionario e l’analisi dei dati secondari [Peter, Donnelly & Pratesi (2009), p.76–77].

                                                                                                                                       

2

 Tecnica utilizzata molto spesso nelle ricerche in cui un gruppo di persone è invitato a parlare, discutere e

confrontarsi nei confronti di un tema, di un prodotto, di un progetto, di un concetto, di una pubblicità, di un'idea

(19)

Andando ad analizzare le tipologie di campionamento troviamo:

• il campionamento probabilistico

• il campionamento non probabilistico

Un campionamento probabilistico è un tipo di campionamento in cui a ciascun membro della popolazione in esame è assegnabile a priori una stessa probabilità di selezione, maggiore di zero, e il campione è selezionato mediante un “meccanismo” casuale. Tra i campioni probabilistici possiamo citare: il campione casuale semplice, nel caso in cui ogni membro della popolazione abbia una probabilità uguale di essere selezionato; il campione stratificato, in cui la popolazione viene divisa in gruppi tra loro esclusivi e si estraggono campioni casuali da ogni gruppo; il campione a grappoli, se la popolazione viene suddivisa in gruppi tra loro esclusivi e il ricercatore estrae un campione di gruppi da intervistare.

Nel caso di campionamento non probabilistico non si possono generalizzare i risultati d’indagine in quanto ogni unità della popolazione non ha la stessa occasione di essere parte del campione: infatti, alcuni gruppi o individui hanno maggiore probabilità di essere scelti rispetto ad altri.

I principali tipi di campioni non probabilistici sono:

• I campioni di convenienza (il ricercatore seleziona i membri della popolazione da cui secondo il suo giudizio è più semplice ottenere le informazioni desiderate);

• I campioni per quote (in ogni strato della popolazione il ricercatore individua e intervista un numero di persone predefinito);

• I campioni ragionati (le unità campionarie sono scelte in modo razionale in

conformità a alcune loro caratteristiche perché il ricercatore ritiene che con buona

probabilità forniranno informazioni attendibili e accurate) [Kotler & Armstrong

(2005)].

(20)

2.3 La metodologia dell’indagine

L’indagine da noi svolta è di tipo campionario e quantitativo. Lo strumento utilizzato per raccogliere i dati è stato un questionario.

I soggetti ai quali ci siamo principalmente rivolti, considerando le loro caratteristiche e la finalità della nostra ricerca, sono stati gli studenti, universitari e non, appassionati nei confronti del marchio Apple.

Sono stati scelti principalmente studenti perché in questo modo il campione era abbastanza omogeneo. All’interno del gruppo dei soggetti intervistati il fattore età non ha rilevanza ai fini della ricerca, poiché le domande sono inerenti all’atteggiamento verso una marca che tutti gli intervistati conoscevano e verso un prodotto che essi potevano permettersi. Tuttavia il campionamento da noi utilizzato è di tipo non probabilistico, quindi non è possibile fare inferenza e generalizzare i risultati ottenuti all’intera popolazione.

I prossimi paragrafi descriveranno la base di partenza di questa indagine empirica e ne esamineranno la struttura, vale a dire:

• il pretest

• l’indagine pilota

• il questionario dell’indagine

• la ricerca sul campo

(21)

2.3.1 La realizzazione del pretest

Il pretest, o collaudo, aveva lo scopo di sottoporre a un campione di persone appassionate al marchio Apple una domanda relativa ad un prodotto, iPhone6 Plus, recentemente lanciato sul mercato e molto simile al già esistente Nexus5 della Google. Dalle risposte, che erano libere, volevamo ricevere conferma se, in effetti, vi fossero delle minacce all’autenticità/funzionalità del prodotto della Apple.

La scelta di fare il confronto tra questi due prodotti è legata al fatto che essi hanno dimensioni paragonabili e prestazioni simili, ma tra i due vi è una forte differenza di prezzo (Apple presenta un costo notevolmente superiore rispetto a quello di Google).

Il pretest, e la successiva indagine pilota, è stato presentato tramite il social network Facebook, più precisamente attraverso dei post di Facebook su vari gruppi di appassionati Apple e gruppi universitari in cui si chiedeva di rispondere alle domande.

La scelta della piattaforma Facebook è dovuta al fatto che era il mezzo che si prestava meglio per trovare un campione ricettivo all’argomento, potenzialmente molto vasto e i cui utenti potessero rientrare precisamente nel target che era a noi utile.

I rispondenti sono stati 172 soggetti e alcuni di loro hanno risposto anche in modo ironico (vedi Tabella n.2.1 e Figura n.2.1).

La compilazione delle risposte era aperta, quindi i soggetti potevano indicare liberamente quali fossero per loro le caratteristiche rilevanti.

Tolte le poche risposte ironiche ed alcune sostanzialmente neutre, dall’analisi del pretest emergono almeno due minacce importanti: la prima riconducibile alla funzionalità del prodotto Apple (“potenza batteria”, “robustezza”); la seconda “il primo inutile, il secondo no” e “600 Euro” riconducibile ad un ipotizzato plagio da parte della Apple, che ha immesso sul mercato un oggetto praticamente equivalente ma decisamente più costoso del modello dell’azienda Google,

Preso atto delle potenziali minacce, è stato creato il questionario che è stato presentato

attraverso l’indagine pilota prima di procedere con la vera e propria ricerca sul campo.

(22)

Quali sono le grandi differenze tra iPhone6 Plus e Nexus 5?

Risposte   Numero  risposte  

600  Euro   66  

Il  primo  inutile,  il  secondo  no   34   Il  sistema  operativo   23  

Le  dimensioni   15  

Potenza  batteria   14  

La  robustezza   14  

I  materiali  pregiati   3   Un  morto  in  meno  (Steve  Jobs)   2   Cerca  Andrea  Andreni  su  YouTube   1  

Tabella n.2.1 – Elenco e numero delle risposte nel pretest

Figura n.2.1 – Elenco e numero delle risposte nel pretest 600  Euro  

Il  primo  inutile,  il  secondo  no   Il  sistema  operativo   Le  dimensioni   Potenza  batteria   La  robustezza   I  materiali  pregiati   Un  morto  in  meno  (Steve  Jobs)   Cerca  Andrea  Andreni  su  

YouTube  

0   10   20   30   40   50   60   70  

Numero  risposte  

(23)

2.3.2 La realizzazione dell’indagine pilota

L’indagine pilota consiste in una “prova generale” del questionario, sottoposto ad alcuni soggetti, che devono possedere caratteristiche simili a quelle della popolazione che si andrà in seguito a studiare con il vero questionario. Lo scopo è di evidenziare eventuali problemi o cattive formulazioni del questionario vero e proprio.

Oltre a quanto sopra detto, l’indagine pilota ha anche i seguenti obiettivi:

• rilevare se esista una connessione fra alcune domande, per decidere se eliminarle o sostituirle perché ripetitive

• individuare le domande alle quali corrisponde un numero troppo elevato di non risposte o abbandono del questionario

• rilevare l’impatto sul pubblico della ricerca in generale e delle singole domande in particolare

• individuare eventuali distorsioni sistematiche dei dati (response effect) dovute alla formulazione delle domande, alla loro successione, all’ordine delle categorie di risposta.

• verificare fenomeni di response set, come le sequenze di accordo o disaccordo a una serie di domande di atteggiamento.

• trarre indicazioni sulla durata dell’intervista

I gruppi su Facebook appassionati al marchio Apple cui ci siamo rivolti sono stati circa quindici. I nove che hanno manifestato grande affluenza di risposte al questionario sono stati i seguenti:

• Apple: Il bello del progresso

• Mondo Apple | iTech Mania

• Apple Fan Italia

• Apple Italia

• Apple

• Vendo/compro Usato APPLE

• Apple Tribù

• Apple – Mania

• Mercatino Apple

Il questionario dell’indagine pilota è stato realizzato con la piattaforma online

SurveyMonkey (vedi Appendice n.1).

(24)

La formulazione delle minacce è stata eseguita seguendo uno schema omogeneo in termini di linguaggio e lunghezza. Tutto ciò per evitare differenze tra una minaccia e l’altra legate a fattori estranei.

A ogni soggetto è stata presentata una minaccia diversa: ciò è stato possibile attraverso la funzione di randomizzazione presente su SurveyMonkey. Si è deciso di utilizzare tale metodo di campionamento in modo che ciascun membro della popolazione avesse la stessa probabilità di essere scelto; ciò ha fornito la possibilità di non avere errori di distorsione (errori sistematici).

Le tre minacce erano nell’ordine:

• la autenticità del marchio

• la funzionalità dei prodotti

• il controllo

Per verificare se il rispondente avesse capito le minacce, sono state inserite delle domande filtro, in modo da considerare valido solo il sub campione che avesse correttamente appreso la minaccia presentatagli.

Le domande filtro sono state tre per ciascun rispondente. Ai soggetti dopo aver ricevuto la minaccia, è stato chiesto di indicare il livello di disaccordo/accordo in una scala con valori crescenti da 1 a 9 sulla frase che avevano appena letto.

Delle tre domande filtro, una doveva dare il completo accordo e le alter due il completo disaccordo. E quindi una perfetta comprensione delle minacce formulate doveva essere in una percentuale del 33% di accordo.

Dall’analisi delle risposte filtro è risultato che gli scenari di accusa erano stati ben compresi.

Attraverso l’elaborazione delle risposte è stato possibile osservare quali potessero essere i punti di forza e quelli di debolezza del questionario presentato.

Il numero delle domande è stato trentadue, divise in quindici pagine. E’ stato scelto di non

aggiungere un numero maggiore di domande per evitare di rendere ai rispondenti la

compilazione troppo pesante e per evitare di richiedere un eccessivo impegno del loro

(25)

Se il questionario fosse stato più lungo, saremmo potuti andare incontro al problema di avere tante risposte da parte dei rispondenti e quindi un’eccessiva quantità di dati da elaborare nella fase successiva. Oppure, caso ancora peggiore, avrebbe potuto ricevere tanti questionari non totalmente compilati.

Con tutti questi accorgimenti, abbiamo ricevuto un numero rilevante di risposte complete e abbiamo visto che il tempo medio impiegato da ogni singolo soggetto per la compilazione è stato di quindici minuti. Tale intervallo può essere considerato del tutto accettabile.

Come conclusione si può dire che l’indagine pilota ha consentito di formulare in modo

ottimale il questionario utilizzato nella ricerca sul campo, contenente delle minacce che

potevano essere facilmente comprese da tutti i soggetti intervistati e con un tempo di

compilazione/ risposta non eccessivamente lungo.

(26)

2.3.3 Struttura del questionario di indagine

La marca oggetto della nostra indagine è Apple, azienda con sede a Cupertino nello stato della California, conosciuta in tutto il mondo per le numerose innovazioni nel campo dell'alta tecnologia e del design applicate ai prodotti informatici. O meglio per la sua vasta gamma di computer Macintosh, lettore di musica digitale iPod, iTunes Store (negozio di musica online), iPhone (smartphone basato sul sistema operativo iOS), tablet iPad, Apple TV e altri vari accessori.

Il marchio Apple da sempre proietta ai consumatori un’immagine ben precisa di sé:

un’azienda con forte etica che tiene in grande considerazione i bisogni umani, che coinvolge le comunità, sensibile alle buone cause. E allo stesso tempo pratica, semplice di utilizzo (dei prodotti e servizi) innovativa e dallo stile minimalista ed elegante. Tali valori sono trasmessi dalla pubblicità, dal servizio clienti e prodotti, e quindi dalla totalità dell’azienda.

Apple è un marchio che riesce davvero a creare un’empatia reale con la gente, soprattutto in chi compra o usa i suoi prodotti o servizi; costoro si sentono parte di un qualcosa che gratifica e rassicura, come una tribù. È proprio questa connessione emotiva che ci ha portato a scegliere questa marca come il centro della nostra trattazione.

Prima di esporne la struttura riteniamo opportuno però dare un breve accenno ad alcune piccole accortezze da tenere in considerazione per realizzare un questionario funzionale per il ricercatore e il rispondente [Corbetta (2003); De Luca (1995)].

Il ricercatore per riuscire ad ottenere i dati dal rispondente deve formulare le domande in modo:

• chiaro, il linguaggio deve essere accurato e non ambiguo. Piccole variazioni di linguaggio possono comportare la riuscita o il fallimento di una ricerca.

• breve, la lunghezza e il numero delle domande non devono essere eccessivi al fine

di non stancare, annoiare e creare delle incomprensioni con l’intervistato.

(27)

Anche l’ordine delle domande ricopre un ruolo da non sottovalutare. E’ necessario far capire al rispondente sin dall’inizio di cosa tratta la ricerca: in genere ciò è fatto attraverso una breve presentazione del ricercatore, dell’argomento di ricerca e della sua finalità.

In generale per aiutare il rispondente a rendere la sua compilazione non troppo pesante, le domande sono poste attraverso due successioni:

• successione a imbuto: si cerca di dar tempo al soggetto per inquadrare il tema. Tale successione avviene passando da domande generiche a quesiti più specifici. Così facendo si ottengono opinioni non meditate e più emotive;

• la successione ad imbuto rovesciato: la successione delle domande parte da quelle specifiche e prosegue con quelle più generali. Così si ottengono opinioni meditate su un determinato argomento

Nella nostra ricerca sperimentale è stata scelta la compilazione con successione ad imbuto, perché volevamo ottenere risposte più emotive e quindi più sincere.

Come metodologia di somministrazione è stata scelta quella di tipo auto-compilato, nella quale la compilazione avviene direttamente dall’intervistato senza la presenza della supervisione dell’intervistatore.

Riguardo al tipo di domande (aperte o chiuse) riportiamo di seguito alcune considerazioni riguardanti i vantaggi e gli svantaggi di entrambi i tipi.

Domande aperte

• Vantaggi: si rivalano utili quando le modalità di risposta degli intervistati non siano note a priori; l’intervistato ha modo di rispondere in maniera dettagliata.

• Svantaggi: la varietà delle risposte rende difficile una loro decodificazione; nel rispondere l’ intervistato può andare fuori tema; l’impegno delle risposte è decisamente maggiore.

Domande chiuse

• Vantaggi: la standardizzazione nelle risposte le rende facilmente confrontabili e decodificabili; il significato delle domande risulta maggiormente comprensibile all’intervistato.

• Svantaggi: se le sequenze di risposte sono numerose e seriali si può avere un

fenomeno di “response set”, vale a dire risposte meccaniche nelle quali l’intervistato

indica sempre la stessa; possono non consentire di verificare se l’intervistato ha

correttamente compreso la domanda; può aumentare il numero degli errori durante

la compilazione del questionario; l’intervistato, se non ha una precisa opinione

(28)

sull’argomento, puo’ rispondere a caso, semplicemente scegliendo una delle alternative di risposta [De Luca (2004)].

Nel nostro caso la scelta è ricaduta sulle domande aperte soltanto in due casi, nei quali l’analisi delle risposte è stata effettuata attraverso una TagCloud. In tutti gli altri casi sono state scelte domande chiuse. La piattaforma SurveyMonkey ha permesso, tramite la funzione di randomizzazione, di presentare ai rispondenti una sola delle domande in maniera casuale qualora si volessero esporre gli stessi a uno solo degli scenari di accusa oppure alla domanda di self-affirmation/ no self-affirmation. Inoltre, sono state introdotte tre domande filtro per verificare se le domande di accusa erano state bene comprese o no.

In Appendice n.2 è riportato il questionario per esteso.

Molte delle domande del questionario chiedono all’intervistato di esprimere il suo grado di accordo/disaccordo con un’affermazione. Come parametro di misurazione di apprezzamento/non apprezzamento è stata utilizzata la scala di Likert che viene comunemente usata per misurare gli atteggiamenti o comportamenti delle persone, ma non solo; infatti essa può essere particolarmente utile per oggetti o argomenti d'indagine delicati o difficili, come comprendere il livello di efficacia di un servizio o di un prodotto.

Tale scala utilizza una serie di possibilità di risposte che vanno da un estremo all’altro (ad esempio, da niente probabile a molto probabile). A differenza di una semplice domanda

"sì/no", una scala di Likert ci permette di scoprire i diversi gradi di giudizio.

Tale scala generalmente è composta di cinque, sette o nove parametri di giudizio. Noi

abbiamo scelto quella composta di nove parametri, poiché, dato l’obiettivo della ricerca,

essa era quella che meglio si prestava per avere una gamma di risposte significativamente

apprezzabili e che ci potesse dare una visuale ampia sui giudizi, da totalmente positivi a

totalmente negativi [Mantovani (2003)].

(29)

2.4 La ricerca sul campo

Una volta compreso quali potessero essere la forma e la enunciazione del questionario, lo abbiamo proposto, chiedendone la compilazione durante la fiera annuale chiamata “Lucca Comics & Games”, tenutasi nei giorni a cavallo tra Ottobre e Novembre dell’anno 2014.

Durante tale fiera, considerata a livello mondiale e la prima a livello europeo nel settore dedicato al fumetto, animazione e tecnologia, sono state stimate 240.000 presenze (in base ai biglietti venduti)

4

. Tale fiera ci è sembrata un campione ideale ai fini della presentazione del questionario, dato il grande numero di soggetti partecipanti all’evento, e in particolare la presenza in ogni partecipante di una grande passione per settore tecnologico.

In effetti, questa scelta si è rivelata ottimale dato che in soli pochi giorni sono stati raggiunti un gran numero di soggetti.

2.4.1 Compilazione del questionario

Ai soggetti partecipanti all’evento è stato presentato l’invito alla compilazione del questionario attraverso 3 modi:

- compilazione diretta sul nostro tablet - scannerizzazione di un QRcode - indicazione dell’indirizzo URL

La scelta di usare un tablet e non la compilazione cartacea è dovuta al fatto che comunque le risposte ottenute si sarebbero dovute riportare in formato digitale per poterle elaborare.

Ciò avrebbe potuto far compiere errori durante la trascrizione in forma digitale con possibile alterazione dei risultati della ricerca. Inoltre il questionario sarebbe stato di difficile presentazione, poiché non era lo stesso per tutti i rispondenti: tale problema, nella versione digitale, è stato risolto attraverso l’utilizzo della possibilità di randomizzazione attraverso la piattaforma SurveyMonkey, come già accennato.

Alcuni soggetti hanno preferito non eseguire la compilazione del questionario direttamente sul luogo, ma in un altro momento. Proprio per questa ragione il questionario è stato presentato attraverso altre 2 versioni aggiuntive:

                                                                                                                                       

4

 [ consultazione di vari siti tra cui la cronologia delle classifiche mondiali degli eventi nel settore e stima delle vendite dei biglietti, Wikipedia]

 

(30)

ü QRcode (vedi Figura n.2.2) ü Link URL (https://goo.gl/h79dzc)

Figura n.2.2 –QRcode del questionario

Il link è stato creato attraverso Google URL Shortener. E’ stato scelto di usare un URL più breve dell’originale (https://it.surveymonkey.com/r/NLRVK2M), poiché poteva essere difficile la sua trascrizione da parte dei soggetti che avrebbero compiuto in seguito la compilazione del questionario.

Inoltre, questi due tipi di compilazione alternativa ci hanno permesso di ricavare delle altre informazioni, che riportiamo di seguito:

- QRcode: il numero di soggetti raggiunti è stato 325 e solo 12 di questi hanno compilato il questionario. Ciò conferma che ad oggi il QRcode è scarsamente utilizzato.

- Link URL, il numero di soggetti raggiunti è stato 1002 e di questi 215 hanno compilato il questionario (vedi Figura n.2.3 per le piattaforme utilizzate e Figura n.2.4 per i Browsers)

Non tutti i soggetti che hanno compilato il questionario sono stati considerati, ma solo quelli che l’hanno completato e che hanno ben compreso le domande: ciò è stato verificato attraverso le domande filtro.

Nel prossimo paragrafo analizzeremo più in dettaglio il questionario.

(31)

Figura n.2.3 - Piattaforma usata dai rispondenti che hanno usato il link URL

Figura n.2.4- Browser usato dai rispondenti che hanno usato il link URL

(32)

2.4.2 Descrizione del questionario

Il questionario è stato suddiviso in sezioni, partendo da domande generiche e proseguendo verso domande più specifiche (successione a imbuto). Le sezioni sono otto per un totale di venticinque domande.

La prima sezione ha finalità introduttive ed è composta dalle prime due domande in cui si chiedono dei giudizi su se stessi al fine di consentire ai rispondenti di ambientarsi e prendere identità di se stessi.

Per analizzare le risposte ricevute è stata usata una “TagCloud”. Vedi Figura n.2.5.

Tale rappresentazione visiva è il modo migliore per vedere quali parole sono state inserite

dai rispondenti e quali con maggiore frequenza. Le parole con carattere di scrittura

maggiore corrispondono a quelle maggiormente usate.

(33)

Come si vede dalla Figura n.2.5 gli aggettivi più utilizzati sono tutti di tipo positivo.

La seconda sezione è composta di un gruppo di sette domande riguardanti il giudizio degli intervistati sulla marca Apple (l’identificazione del soggetto con la marca). Vedi Figura n.2.6 e Tabella n.2.2.

Le relazioni tra il sé e la marca sono misurate attraverso sette items con una scala a nove punti.

(1 = Completamente in disaccordo, 9 = Completamente d’accordo):

IDENTIFICAZIONE SOGGETTO- MARCA 1 La marca Apple rispecchia chi sono io

2 Mi posso identificare con la marca Apple 3 Sento un legame personale con la marca Apple

4 Uso (o posso usare) la marca Apple per comunicare chi sono io ad altre persone

5 Penso che la marca Apple mi aiuti (o potrebbe aiutarmi) a diventare il tipo di persona che voglio essere

6 Ritengo che la marca Apple sia “me” (riflette chi mi considero di essere o il modo in cui voglio presentarmi agli altri)

7 La marca Apple è appropriata a me

Tabella n.2.2 – Identificazione del soggetto con la marca. Fonte: Escalas & Bettman 2003

(34)

Figura n.2.6 - Identificazione soggetto/marca- Rappresentazione grafica

La terza sezione contiene l’esposizione delle minacce alla marca. In psicologia sperimentale, è chiamato “gruppo sperimentale” chi è esposto a un determinato trattamento (presenza di accusa), mentre “gruppo di controllo” chi non è esposto al trattamento (assenza di accusa) [Corbetta (2003), p.87]. Gli scenari utilizzati sono stati tre di cui due di accusa (autenticità, funzionalità) e uno neutro. Uno soltanto di tali scenari è stato presentato al rispondente, la scelta è stata eseguita attraverso la funzione di randomizzazione presente su SurveyMonkey. La funzione di assegnazione casuale ci ha permesso di dividere in modo preciso la percentuale di assegnazione di ogni singolo scenario presentato. Poiché gli scenari erano tre ogni soggetto aveva una percentuale del 33% di ricevere uno di essi. Le minacce utilizzate sono state il risultato di una selezione tra i principali punti deboli della marca Apple emersi dai test effettuati prima della vera ricerca e di una lettura delle varie critiche presentate dagli utenti nei blog specializzati.

I tre scenari sono stati presentati sotto forma di post sul social network Facebook, come se

un utente appassionato della marca avesse presentato un quesito agli altri soggetti

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