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Capitolo secondo IL PRINCIPIO DELLA PREVALENZA DELLA SOSTANZA SULLA FORMA E IL PERCORSO DI ARMONIZZAZIONE CONTABILE A LIVELLO COMUNITARIO

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Capitolo secondo

IL PRINCIPIO DELLA PREVALENZA DELLA

SOSTANZA SULLA FORMA E IL PERCORSO

DI ARMONIZZAZIONE CONTABILE

A LIVELLO COMUNITARIO

2.1. Il principio della prevalenza della sostanza sulla forma

Le operazioni possono essere osservate sotto due aspetti: la forma giuridica e la sostanza economico-finanziaria. La loro iscrizione nel bilancio può essere effettuata secondo due approcci:

 la prevalenza della forma sulla sostanza (o modello europeo);

 la prevalenza della sostanza sulla forma (o modello Ias/ifrs)1.

Nel primo caso la rappresentazione delle operazioni in bilancio è effettuata in base al “diritto di proprietà”. Nel secondo caso, invece, avviene in base alla sostanza economico-finanziaria dell’operazione.

Il legislatore italiano ha optato per l’approccio individuato dai principi contabili internazionali. L’art. 2423-bis, comma 1, numero 1), c.c. stabilisce, infatti che «nella redazione del bilancio... la valutazione delle voci deve essere

fatta... tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato».

Innanzitutto, è necessario ricordare che la “forma” di un’operazione (o di più operazioni) di gestione è costituita dalla sua configurazione giuridica, di

solito di natura contrattuale2. Il rilievo da attribuire alla forma deriva soprattutto

da quei contratti che determinano il trasferimento della proprietà di un bene da un soggetto ad un altro. L’azienda venditrice deve evidenziare contabilmente questo trasferimento, anche se la disponibilità di fatto del bene stesso rimane presso il

1 GIUSEPPE CATTURI, La redazione del bilancio di esercizio, cit., p. 44. 2

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cedente oppure la proprietà trasferita è destinata a tornare presso questo soggetto3.

La “sostanza” di un’operazione (o di più operazioni collegate tra loro in modo funzionale) fa riferimento invece al suo significato economico-aziendale. Nel primo capitolo è stato evidenziato che la rilevazione consiste in un’attività che passa attraverso diverse fasi: quella «di analisi dell’operazione, di

interpretazione del suo significato, di scelta dei simboli per rappresentarla, di organizzazione dei valori (o, più in generale, degli indicatori) in una forma

convenzionale»4. Il redattore del bilancio, in sostanza, deve convertire

l’operazione in valori economici e finanziari, fondandosi «sulla sua finalità

economica complessiva e sugli effetti ultimi che essa produce sugli andamenti aziendali»5. Queste finalità ed effetti si possono produrre, però, se vengono conclusi contratti la cui causa può:

a) coincidere esattamente con la finalità perseguita dall’azienda;

b) differire dalla finalità perseguita dall’azienda, la quale impiega lecitamente contratti per regolare altre operazioni di scambio;

c) differire dalla finalità perseguita dall’azienda che impiega illecitamente contratti che regolano altre operazioni di scambio per trarne benefici di varia

natura (tributari o civilistici, come nel caso della simulazione)6.

Nel primo caso si ha la coincidenza tra la forma e la sostanza. La rilevazione dell’operazione ha, quindi, come criterio di valutazione la loro forma o la loro sostanza, dal momento che entrambe portano agli stessi risultati. Nel secondo caso non si ha la coincidenza tra la forma e la sostanza. La divergenza nasce, nella maggior parte dei casi, per il fatto che non coincidono la disponibilità di diritto e la disponibilità di fatto dei beni economici, ciascuna delle quali è attribuita a soggetti diversi. In questo caso:

 la rilevazione fondata sulla forma evidenzia la disponibilità di diritto del bene

economico;

3

PAOLA BALZARINI, I principi di redazione del bilancio, in Obbligazioni e bilancio.

Commentario della riforma delle società, Milano, 2006, p. 392.

4 ANGELO PALMA, Il bilancio di esercizio, cit., p. 44. 5 Ibidem.

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 la rilevazione basata sulla sostanza evidenzia la disponibilità di fatto del bene

stesso.

Questa disgiunzione porta i due schemi contabili a risultati diversi7. La

scelta dei risultati (contabili) in base al criterio della disponibilità di fatto o della disponibilità di diritto viene definita come la «prevalenza della sostanza sulla forma».

Nel terzo caso ricordato, non si ha la coincidenza tra forma e sostanza per una scelta dolosa del redattore del bilancio. In questa ipotesi, infatti, la rilevazione dell’operazione basata sulla loro forma «permette di occultare o di

travisare i suoi reali effetti economici e finanziari. In tal caso si avrà elusione o evasione fiscale e probabilmente anche falso in bilancio»8.

Come si è già ricordato, l’art. 2423-bis c.c. ha previsto il principio della prevalenza della sostanza sulla forma. La dottrina si è chiesta, peraltro, quale sia il significato del concetto di «funzione economica».

Da un lato sembra che, con questa formula, il legislatore stabilisca il principio della prevalenza della sostanza sulla forma, ma che limiti il suo ambito di applicazione riferito alle sole questioni di valutazione e non a quelle di

rappresentazione in bilancio delle operazioni di gestione9. Questa soluzione crea,

però, alcune rilevanti difficoltà, in quanto si può manifestare un’incongruenza

7 GAUDENZIO ALBERTINAZZI, Sostanza e forma nel bilancio di esercizio, Milano, Giuffrè, 2002, p. 212 ss.

8 PAOLA BALZARINI, I principi di redazione del bilancio, cit., p. 393. In generale, si può osservare come il contribuente che intenda porre in essere un determinato atto o comportamento che gli consenta di ridurre o stornare del tutto l’ammontare dovuto all’Erario può:

• porre in essere dei comportamenti illeciti, finalizzati a non rendere conoscibile all’Erario l’esistenza del presupposto imponibile, oppure finalizzati ad occultare in tutto o in parte la base imponibile su cui andrebbe calcolata l’imposta dovuta in forza del presupposto imponibile “noto”;

• porre in essere dei comportamenti leciti, ma combinati tra loro in modo tale da consentire al contribuente di pervenire ad un risultato analogo a quello precedente, in termini di risparmio fiscale “illecito”.

Il primo ordine di comportamenti è riconducibile alla c.d. “evasione fiscale”. Il secondo ordine di comportamenti è invece riconducibile alla c.d. “elusione fiscale”. Sia colui che evade, sia colui che elude, raggiungono lo stesso risultato dell’indebito risparmio fiscale, ma vi arrivano attraverso due vie diverse: colui che evade adotta comportamenti contrari al sistema (ossia adotta comportamenti che lo pongono in diretto contrasto con singole norme dell’ordinamento giuridico); colui che elude adotta invece comportamenti conformi al sistema, anche se finalizzati al perseguimento di un risultato non voluto dal sistema (ossia adotta comportamenti che, presi singolarmente, sono coerenti con le norme dell’ordinamento giuridico riferite ad essi, ma li combina tra loro in modo tale da realizzare un risultato finale contrario all’ordinamento giuridico nei suo complesso). Cfr. VINCENZO VISCO, voce Evasione

fiscale, in Dig. disc. priv., sez. comm., Torino, 1996, p. 293.

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nelle valutazioni di bilancio tra il principio della cosiddetta substance over form (“sostanza sulla forma”) e il criterio generale di valutazione del costo. Si deve stabilire, quindi, se la funzione economica attribuita alle operazioni di gestione (cioè agli elementi dell’attivo e del passivo) «permetta di superare, e quindi di

disattendere, il criterio del costo oppure rappresenti una specificazione

dell’applicazione del sistema della deroga obbligatoria»10

.

L’analisi della Relazione Ministeriale alla riforma societaria mette in evidenza, invece, come il legislatore abbia attribuito al concetto di «funzione economica» il significato della substance over form. Si tratta, quindi, di un principio che permette di rappresentare nel bilancio alcune specifiche operazioni di gestione. La Relazione afferma infatti che «alcune operazioni quali, per

esempio, la locazione finanziaria, i pronti contro termine e gli strumenti finanziari derivati... sono attualmente contabilizzate secondo gli aspetti formali dei contratti sottostanti. La moderna dottrina aziendalistica e la prassi internazionale, cui spesso fa riferimento la relazione accompagnatoria alla legge delega, prevedono invece che la rappresentazione in bilancio di queste operazioni (e in generale di tutti gli accadimenti economici) sia effettuata secondo la realtà economica sottostante agli aspetti formali».

L’art. 2423-bis c.c. ha recepito, quindi, anche se con una formulazione diversa, un principio generale che, nella redazione del bilancio d’esercizio e consolidato e di gruppo, stabilisce di privilegiare la sostanza economica delle operazioni di gestione rispetto alla loro forma giuridica.

Questa posizione è confermata dal Principio contabile n. 1 dell’Organismo Italiano di Contabilità (OIC n. 1). Esso afferma che il legislatore con l’espressione «funzione economica» ha fatto riferimento al postulato della prevalenza della sostanza sulla forma, introdotto dal Principio contabile n. 11 del Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti e Ragionieri con l’espressione

«prevalenza degli aspetti sostanziali su quelli formali»11.

10 GAUDENZIO ALBERTINAZZI, Sostanza e forma nel bilancio di esercizio, cit., p. 214. 11 Il Principio contabile n. 11 del CNDC e del CNR (come aggiornato dall’Organismo Italiano di Contabilità e dal titolo “Bilancio d’esercizio finalità e postulati”) costituisce l’edizione aggiornata del documento n. 1 del 1975

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Il Principio contabile n. 11 precisa che «l’identificazione della sostanza

economica delle operazioni è basilare per tutto il processo di formazione del bilancio». In particolare si afferma che «la sostanza economica dell’operazione ... rappresenta... l’elemento prevalente per la contabilizzazione, valutazione ed esposizione dell’evento nel bilancio, affinché quest’ultimo possa assicurare chiarezza di redazione ed una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio».

Lo stesso Principio contabile afferma, però, che una volta individuata la sostanza economica dell’operazione, bisogna anche considerare gli aspetti formali (contrattuali e giuridici) per individuare le eventuali limitazioni imposte dal legislatore12.

Il principio della prevalenza della sostanza sulla forma è ribadito anche in ambito tributario. La r.m. 2 dicembre 2002, n. 377/E dell’Amministrazione tributaria, relativa alla contabilizzazione dei costi e dei ricavi da parte del mandatario senza rappresentanza ha affermato che «ciò che rileva ai fini delle

imposte dirette è... la sostanza dell’operazione»13.

Nell’ordinamento italiano la rilevazione fondata sulla forma può avvenire, quindi, in specifici casi:

a) in presenza di norme (civilistiche o tributarie) o di principi contabili che impongono (o favoriscono) la rappresentazione e/o valutazione delle operazioni secondo la loro forma;

b) in assenza di norme o di principi contabili, quando la funzione amministrativa aziendale sceglie di rappresentare e/o valutare le operazioni secondo la loro forma.

12 PAOLO ANDREI, STEFANO AZZALI, ANNA MARIA FELLEGARA, EDOARDO ORLANDONI, Il bilancio di esercizio, cit., p. 133.

13 Inoltre, il c.m. 21 aprile 2009, n. 19/E, stabilendo i criteri per individuare i proventi assimilati agli interessi attivi e gli oneri assimilati agli interessi passivi che rilevano nella determinazione degli interessi passivi deducibili previsti dall’art. 96 del d.p.r. n. 917/1986, stabilisce che: a) «occorre fare riferimento ai fini della norma in esame ad una nozione non meramente nominalistica, ma sostanzialistica di interessi»; b) «in linea generale occorre, comunque, considerare quale onere o provento assimilato all’interesse passivo, ovvero attivo, qualunque onere, provento o componente negativo o positivo di reddito relativo all’impresa che presenti un contenuto economico-sostanziale assimilabile ad un interesse passivo o attivo. Tale interpretazione è in linea con l’applicazione del principio della prevalenza della sostanza economica sulla forma giuridica nella rappresentazione contabile dei fatti di gestione».

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Se la rilevazione secondo la forma è prescritta dalla legge o dai principi contabili, il redattore del bilancio non ha la facoltà di scegliere discrezionalmente se applicare il criterio della forma o della sostanza. Un autore ritiene possibile, però, che egli fornisca un insieme di informazioni, inserite nella nota integrativa, che giustifichino la rilevazione secondo la sostanza (evidenziando, ad esempio, il

diverso riflesso sul reddito e del capitale)14.

Se, invece, la scelta del criterio di rilevazione è rimessa all’azienda, questa può applicare il principio della prevalenza della sostanza sulla forma. Questa opzione però, come osserva la dottrina, «innalza pericolosamente il livello di

discrezionalità che viene introdotta in un modello di bilancio caratterizzato, invece, da forte rigidità di tutte le altre norme»15.

Principali casi dì discordanza tra sostanza e forma derivanti dalla disciplina di bilancio

Norma di legge e/o principio contabile Caso Principio attualmente

prevalente Art. 2427, comma 1, n. 22, c.c.

Art. 102, comma 7, Tuir - OIC1

Leasing finanziario Forma

Art. 2425-o/s - Appendice aggiornamento OIC1

Lease back Forma

OIC 11,13,15 Iscrizione dei ricavi Forma

OIC 19 Iscrizione dei costi Forma

OIC 15 Cessione dei crediti Forma/Sostanza

Art. 2427-D/S-O IC3 Derivati Forma

14 GAUDENZIO ALBERTINAZZI, Sostanza e forma nel bilancio di esercizio, cit., p. 178. 15

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2.2. Gli effetti sulla redazione bilancistica del principio della substance over

form

Il principio della prevalenza della sostanza sulla forma è applicabile più facilmente nella rappresentazione dei fatti aziendali piuttosto che nella loro valutazione. Il bilancio è, infatti, la rappresentazione di un insieme di operazioni economiche nel loro svolgimento e nei lori effetti. Questa rappresentazione deve essere effettuata non sulla base della natura giuridica delle operazioni, ma con

riferimento alla «sostanza del fenomeno economico»16.

L’applicazione di questo principio è meno frequente in relazione alle valutazioni. Un caso citato dalla dottrina è quello relativo a due operazioni

finanziarie correlate17. In questa ipotesi il redattore non può utilizzare il criterio

del costo, ma deve limitare i rischi della prima operazione finanziaria coordinandola con un’operazione di segno opposto.

Il principio della prevalenza della sostanza sulla forma è stabilito come criterio generale nella redazione del bilancio d’esercizio sia dei principi contabili nazionali sia (come si vedrà nel paragrafo seguente) in quelli internazionali. Questo principio viene preso in considerazione solo in alcune specifiche ipotesi. La forma giuridica e la sostanza economica, infatti, coincidono nella quasi

totalità delle operazioni di gestione poste in essere dalle aziende18. L’ambito di

applicazione del principio della prevalenza della sostanza sulla forma è circoscritto, quindi, a quelle operazioni di gestione in cui la forma giuridica e la sostanza economica divergono.

Il problema consiste nel modo in cui il redattore del bilancio debba rappresentare queste particolari operazioni di gestione per rispettare la clausola generale, in che modo debba rilevarle e come debba valutarle.

16 GIANFRANCO CAVAZZONI, LIBERO MARI, Introduzione al bilancio di esercizio, cit., p. 22.

17

PAOLA BALZARINI, I principi di redazione del bilancio, cit., p. 392.

18 GIUSEPPE CATTURI, La redazione del bilancio di esercizio, cit., p. 39. Come si è già detto in precedenza, la “forma giuridica” fa riferimento all’inquadramento giuridico-contrattuale di una determinata operazione, mentre la “sostanza economica” consiste nella logica economica delle operazioni di gestione (cioè nella relazione tra i bisogni e i mezzi a disposizione).

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Prima della riforma societaria, questa questione era risolta facendo riferimento alle indicazioni fornite dalla prassi contabile nazionale e internazionale. Sia l’OIC 1 che gli Ias definiscono, infatti, il significato e i contenuti del principio della substance over form. Dopo la modifica della normativa in materia di bilancio, questo principio generale è stato affermato in modo esplicito anche dal legislatore italiano.

La dottrina osserva, però, come il principio della prevalenza della sostanza sulla forma fornisca una soluzione a un problema che è già risolto, a priori, dalla clausola generale e in particolare dal principio informatore della correttezza. Nel primo capitolo è stato evidenziato che il postulato della correttezza richiede l’onestà e la neutralità da parte dei redattori del bilancio, per evitare favoritismi rispetto a determinati portatori di interesse. Un autore parla, al riguardo, del «rispetto di regole valutative che conducano a valori non soggetti a

pregiudizievoli sopravvalutazioni o ingiustificate svalutazioni che potrebbero falsare la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’azienda»19.

Il principio della correttezza integra quello di veridicità e riguarda le modalità di espressione dei valori stessi, i quali devono essere esposti nelle tavole

di bilancio «fedelmente e senza fuorvianza»20. Come osserva un autore, la

correttezza esige onestà e neutralità da parte dei redattori del bilancio per evitare favoritismi rispetto a determinati portatori di interesse, quindi il rispetto di regole valutative che portano a valori non soggetti a pregiudizievoli sopravvalutazioni o ingiustificate svalutazioni che potrebbero falsare la situazione patrimoniale,

finanziaria ed economica dell’azienda21

.

La giurisprudenza ha messo in evidenza come i due termini “veritiero e corretto” esprimano una formula unitaria che non è facilmente scindibile. La locuzione “fatti non rispondenti al vero” può essere colta, infatti, solo se la si collega al principio di veridicità della rappresentazione contabile. Secondo la Cassazione, l’espressione “fatti non rispondenti al vero” va riferita in primo

19 GIUSEPPE CATTURI, La redazione del bilancio di esercizio, cit., p. 28. 20 Ibidem.

21 FERNANDO BOCCHINI, Evoluzione legislativa e giurisprudenziale della disciplina del

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luogo «agli accadimenti certi della realtà obiettiva, in ordine ai quali è possibile

formulare un sicuro giudizio di non rispondenza al vero, sia che si tratti di beni individuati nella loro materialità sia che si tratti di valori determinati (es. gli utili conseguiti, le perdite sofferte): in simili casi l’inesatta riproduzione nei documenti contabili del dato storico, oggettivamente rilevabile, come pure l’esposizione di un componente patrimoniale inesistente o il mascheramento della reale consistenza dell’operazione, integra inevitabilmente la falsità, rilevante secondo gli schemi penalistici e come motivo di impugnativa in sede civile della deliberazione assembleare, così che il richiamo al (violato) dovere di veridicità - in assenza di giudizi valutativi - è sufficiente ad esaurire il disvalore del fatto»22.

Se si tratta invece di valori stimati o congetturati, è il rispetto del principio di correttezza che integra quello di veridicità, assumendo rilievo nel giudizio sulla “rispondenza al vero” o meno del bilancio.

Infine, la giurisprudenza ha più volte sottolineato che, dal punto di vista civilistico, si deve considerare falso non solo il bilancio “non vero” nei dati storici, ma anche quello contenente valutazioni non corrette, o non esposte correttamente. In questo modo, infatti, ne risulta alterato il quadro di “verità legale” delineato dalla normativa sul bilancio, pregiudicando il lettore che può

rimanere fuorviato o ingannato dalla (falsa) rappresentazione23. La

giurisprudenza ha sempre affermato che le eccessive e abnormi valutazioni e sottovalutazioni si risolvono nell’enunciazione di attività inesistenti o in un

occultamento di quelle effettivamente esistenti24.

Il postulato della correttezza è riconducibile, in particolare: a) alle valutazioni di bilancio e ai criteri valutativi;

b) alla rappresentazione delle operazioni in bilancio.

Per quel che riguarda il primo punto, esso non ha dei collegamenti con il concetto di sostanza economica. Il criterio del costo non rappresenta, infatti, né la sostanza né la forma, in quanto è un criterio valutativo fondamentale che deve

22 Cass., 24 novembre 1999, n. 672, in Foro it., I, c. 431.

23 Cass., 3 settembre 1996, n. 8048, in Giur. comm., 1996, I, p. 112 24

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rispettare la normativa in materia di bilancio. Il criterio della correttezza entra in gioco, invece, con riferimento al secondo punto. La quasi totalità delle situazioni comporta un’omogeneità tra la sostanza economica e la forma giuridica, mentre solo in alcune situazioni, poco frequenti, questa omogeneità non è presente e pone delle questioni circa la loro rappresentazione in bilancio. In particolare il

legislatore, disciplinando il bilancio d’esercizio25, ha previsto alcune norme di

contabilizzazione e di rappresentazione nei conti del bilancio che in alcuni casi

privilegiano la sostanza economica e in altri la forma giuridica dell’operazione26.

Se il legislatore ha stabilito, in relazione a determinate operazioni, la necessità di privilegiare la forma giuridica, la contabilizzazione deve rispettare queste indicazioni durante il periodo amministrativo. Solo nella fase di assestamento, se si riscontra la rilevanza di queste operazioni, «è possibile

operare le scritture di riclassificazione finalizzate a far prevalere gli aspetti economico-sostanziali»27.

In particolare, il redattore del bilancio può trovarsi di fronte a situazioni diverse a seconda che il legislatore imponga:

a) la rappresentazione in bilancio delle operazioni di gestione privilegiando la forma giuridica;

b) la rappresentazione nello Stato Patrimoniale e nel Conto Economico degli aspetti giuridico-contrattuali delle transazioni e nella Nota Integrativa di quelli economico-sostanziali.

Per quel che riguarda la prima situazione, il redattore deve applicare la deroga obbligatoria solo se le informazioni contabili fornite, privilegiando la forma giuridica, hanno una dimensione rilevante e quindi non sia possibile una rappresentazione veritiera e corretta. Se, invece, esse non hanno una dimensione rilevante, è sufficiente che il redattore «fornisca, all’interno della Nota

25 Per quanto riguarda le aziende di credito, la materia è disciplinata anche dalle disposizioni emanate dalla Banca di Italia contenute nel Provvedimento del Governatore della Banca di Italia del 15 luglio 1992 (Circolare n. 166).

26 FABRIZIO DI GIROLAMO, Regole di validità e regole di condotta: la valorizzazione dei

principi di buona fede e correttezza, in AA.VV., Contributi alla riforma delle società di capitali,

supplemento a Giurisprudenza commerciale, 2004, n. 3, p. 557. 27

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Integrativa, gli effetti relativi alla contabilizzazione e alla rappresentazione in bilancio della sostanza economica della operazione»28.

Allo stesso modo, per quel che riguarda la seconda situazione, il redattore deve applicare la deroga obbligatoria e deve rappresentare nello Stato Patrimoniale e nel Conto Economico gli aspetti economico-sostanziali delle operazioni di gestione solo se sono rilevanti. In caso contrario, le informazioni fornite in Nota Integrativa sono sufficienti a rispettare gli scopi della clausola

generale relativa al quadro fedele29.

In conclusione, la correttezza può agire su due livelli distinti: a livello regolamentato e non regolamentato. Nel primo caso sono previste delle specifiche norme che possono imporre:

 una rappresentazione che privilegi la sostanza economica delle operazioni di

gestione indipendentemente dalla forma giuridica;

 una rappresentazione che privilegi la forma giuridica nonostante sia in

contrasto con la sostanza economica. In questa situazione il redattore deve applicare la deroga obbligatoria solo se la dimensione quantitativa delle informazioni, fornite sulla base della forma giuridica, sia rilevante e quindi non sia in grado di raggiungere la rappresentazione corretta dell’oggetto del

bilancio30. In caso contrario, il redattore deve fornire, all’interno della Nota

Integrativa, le informazioni relative alla sostanza economica dell’operazione31;

 una rappresentazione che privilegi la forma giuridica dell’operazione nello

Stato Patrimoniale e nel Conto Economico e la sostanza economica nella Nota Integrativa. In questa situazione, il redattore deve applicare la deroga obbligatoria solo se opera il principio della rilevanza delle informazioni contabili. In caso contrario, le informazioni fornite in Nota Integrativa sono sufficienti per

28 FABRIZIO DI GIROLAMO, Regole di validità e regole di condotta, cit., p. 559. 29

FABRIZIO DI GIROLAMO, Regole di validità e regole di condotta, cit., p. 560.

30 Nella situazione in cui il principio della rilevanza impone l’applicazione della deroga obbligatoria si parla di “correttezza in senso forte”.

31 Nella situazione in cui il principio della rilevanza non impone l’applicazione della deroga obbligatoria si parla di “correttezza in senso debole”.

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rispettare la rappresentazione corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e

del risultato economico dell’esercizio32.

A livello non regolamentato, invece, non sono previste specifiche disposizioni. In questo caso la rappresentazione in bilancio deve privilegiare gli aspetti sostanziali per garantire il postulato della correttezza. In questa situazione, la prassi contabile nazionale e la prassi internazionale forniscono le indicazioni per la redazione del bilancio. Queste considerazioni evidenziano come il principio della prevalenza della sostanza sulla forma non sia necessario, in quanto il legislatore ha previsto i postulati della correttezza e della rilevanza. Questi due principi «rispondono alle esigenze e alle finalità espresse dal

concetto di prevalenza della sostanza economica sulla forma giuridica»33.

E’ possibile ricordare, al riguardo, come la giurisprudenza abbia sottolineato la rilevanza delle valutazioni ai fini della violazione del principio di

verità34. La Cassazione35, in particolare, ha rilevato come le eccessive e abnormi

valutazioni e sottovalutazioni si risolvono, rispettivamente, nell’enunciazione di attività inesistenti o in un occultamento di quelle effettivamente esistenti. In particolare, la violazione del principio di verità può avvenire attraverso:

a) valutazioni illecite di poste di bilancio che determinano una

sopravvalutazione complessiva del patrimonio sociale. In questo caso gli

amministratori, adottando criteri di valutazione difformi da quelli prescritti dalla legge, ed in particolare superando i limiti massimi derivanti dall’adozione dei

32 ANGELO PALMA, Il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato, cit., p. 76. 33

FABRIZIO DI GIROLAMO, Regole di validità e regole di condotta, cit., p. 560.

34 Il termine “invalidità di bilancio” è il modo più comune di esprimere un concetto più ampio, che comprende sia i vizi del procedimento di formazione del bilancio, sia i vizi del contenuto della delibera di approvazione del bilancio, e cioè l’invalidità di una deliberazione assembleare, che ha come oggetto un bilancio irregolare o falso. In altri termini, una volta approvato il bilancio, la sua invalidità può essere causata da irregolarità nei documenti che lo compongono, da irregolarità relative al procedimento di formazione o alla delibera assembleare di approvazione. Per fare valere tali irregolarità lo strumento è quello dell’impugnativa della delibera di approvazione del bilancio per chiederne la nullità o l’annullamento, secondo le regole ed il procedimento previsto per le impugnative delle delibere assembleari. Le cause più frequenti di invalidità del bilancio d’esercizio riguardano il suo contenuto, anche se è possibile che ve ne siano alcune concernenti il suo procedimento di formazione (ad esempio l’omesso deposito nella sede sociale), che in linea di massima ne comportano l’annullabilità e troverà quindi applicazione la disciplina dettata dagli artt. 2377 e 2378 c.c.; così come è possibile che causa d’invalidità del bilancio possa essere relativa alla delibera di approvazione del bilancio stesso in quanto atto dell’assemblea. Cfr. DAVIDE CORRADO, art. 2434-bis, in MARIO NOTARI, LUIGI BIANCHI,

Commentario alla riforma delle società, IV. Obbligazioni e bilancio, Milano, Giuffrè, 2006, p. 659 ss.

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criteri previsti dall’art. 2426 c.c. (già art. 2425) espongono in bilancio un

patrimonio sociale superiore a quello effettivo36. Un effetto identico si ottiene

con l’iscrizione in bilancio di poste attive fittizie, o con la mancata iscrizione di

poste passive reali (ad esempio fondi per rischi ed oneri)37. In queste ipotesi si ha

un bilancio non veridico, perché in contrasto con le norme imperative degli artt. 2423 e 2426 segg. c.c.;

b) valutazioni di bilancio illecite che determinano una sottovalutazione

complessiva del patrimonio sociale. Questo è il caso opposto a quello precedente.

Gli amministratori, sottovalutando arbitrariamente l’attivo e sopravvalutando eccessivamente il passivo, fanno apparire in bilancio un patrimonio sociale

inferiore a quello effettivo38. Un effetto identico si ottiene con l’omessa

iscrizione di poste attive effettivamente esistenti, o con l’iscrizione in bilancio di poste passive fittizie. Le ipotesi concrete che si possono formulare sono

numerose e portano alla creazione di riserve occulte39. Anche in queste ipotesi si

ha un bilancio non veridico, in contrasto con le norme imperative (ed in particolare con il “principio di verità del bilancio”).

Nell’attuale disciplina, e con riferimento ai valori stimati e/o congetturati, la clausola generale della correttezza si applica soprattutto attraverso il richiamo

36 ROBERTO VERONA, Le politiche di bilancio: motivazioni e riflessioni economico-aziendali, Milano, Giuffrè, 2006, p. 14 ss.

37

Le ipotesi principali che possono essere formulate sono le seguenti: • rivalutazione delle immobilizzazioni oltre il limite del costo;

• rivalutazione di immobilizzazioni, materie e prodotti utilizzando riprese fiscali, alle quali non corrisponde un effettivo incremento di valore dei beni considerati;

• capitalizzazione di spese che non hanno natura di costi incrementativi;

• iscrizione in bilancio dell’avviamento oltre i rigorosi limiti posti dall’art. 2426 c.c.; • omissione o sottovalutazione degli ammortamenti delle immobilizzazioni;

• valutazione al nominale di crediti che hanno un valore di realizzo inferiore;

• omessa costituzione del fondo di anzianità e quiescenza del personale, del fondo imposte e dei fondi rischi, o insufficiente determinazione degli accantonamenti ad essi relativi. Cfr. FRANCO BONELLI, Violazioni in tema di bilancio e responsabilità degli amministratori, in Giurisprudenza commerciale., 1975, n. I, p. 309.

38

FRANCO BONELLI, Violazioni in tema di bilancio, cit., p. 312. 39 I casi più comuni di sottovalutazione sono i seguenti:

• sottovalutazione arbitraria di rimanenze di materie, prodotti e merci;

• sottovalutazione arbitraria di titoli a reddito fisso, azioni e partecipazioni non azionarie; • determinazione in misura eccessiva degli ammortamenti delle immobilizzazioni;

• determinazione, come costi a carico dell’esercizio, di quote di rinnovamento del valore delle immobilizzazioni;

• determinazione in misura eccessiva degli accantonamenti al fondo imposte, ai fondi svalutazione ed ai fondi rischi;

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ai “criteri di valutazione” previsti dall’art. 2426 c.c. In sostanza, è «la tendenziale

conformità dei valori stimati e/o congetturati ai “criteri di valutazione” stabiliti dalla legge filtrata attraverso i principi di redazione e in particolare quello di prudenza (art. 2423-bis n. 1 c.c.) - a costituire il banco di prova della correttezza e quindi della verità delle valutazioni di bilancio»40.

2.3. Il processo di armonizzazione comunitaria in materia di bilancio

2.3.1. Il Trattato di Roma

Uno degli obiettivi prioritari fissati dal Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea, firmato a Roma nel 1957, è la creazione di un mercato interno caratterizzato dall’eliminazione, fra gli Stati membri, degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali, unitamente alla creazione di un regime inteso a garantire la regolarità della concorrenza all’interno del mercato comune. Per il perseguimento di quest’obiettivo si è reso necessario coordinare, a livello comunitario, la disciplina commerciale dei diversi Paesi membri.

Uno dei principali ostacoli alla libera circolazione dei capitali e all’implementazione di un mercato finanziario efficiente e concorrenziale è

costituito dall’utilizzo dei principi contabili nazionali41. L’applicazione di tali

40 FRANCO BONELLI, Violazioni in tema di bilancio, cit., p. 313.

41 Cassandro, a proposito del linguaggio contabile e delle sue regole, afferma: “E’ vero che la

contabilità si esprime, può dirsi, in una lingua internazionale, rappresentata dal metodo della partita doppia... Ma l’uso di questo metodo da parte dei vari Paesi non esclude che vi possano essere, e di fatto vi siano, notevoli differenze nel modo con cui i valori monetari, che formalmente vengono rappresentati nello stesso modo, con quel metodo, siano determinati con criteri diversi da un Paese all’altro. In sostanza, il metodo della partita doppia è una procedura formale che ha come legge inderogabile la costante uguaglianza fra il «dare» e l’«avere» dei conti, ma che, rispettando tale uguaglianza, può avere contenuti anche molto diversi, in relazione al modo secondo cui i valori, che si rilevano nei conti seguendo quella legge, vengono determinati... come un corretto linguaggio non deve tradire la realtà che intende raffigurare, così la partita doppia non dovrà alterare la realtà aziendale che ha il compito di rappresentare. E perché ciò accada, non basta rispettare le regole formali del metodo, ma occorre, soprattutto, determinare correttamente i valori monetari che il metodo rileva e rappresenta con le sue regole. E’ quindi un problema di determinazione di valori, che corrisponde ad una logica di aderenza dei valori stessi all’oggetto che rappresentano, in modo da non ingenerare in chi legge i conti, in cui quei valori sono rappresentati, interpretazioni errate sull’andamento aziendale. Questa esigenza vale, innanzi

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principi, caratterizzati da un alto grado di difformità da un paese all’altro, determina infatti un considerevole aumento delle difficoltà per la crescita e lo sviluppo di tutte quelle imprese intenzionate ad operare e reperire capitali in vari paesi europei. E’ quindi facile intuire come, in un mercato in cui i bilanci sono difficilmente comparabili, per gli operatori economici diventi particolarmente arduo, se non impossibile, analizzare e confrontare le informazioni fornite dai bilanci di aziende di differente nazionalità. In tal modo si scoraggiano gli investimenti e le aziende hanno difficoltà a reperire le risorse necessarie al di fuori dei propri confini nazionali.

2.3.2. Le direttive comunitarie in materia di bilancio di esercizio

Vari fattori, tra cui la globalizzazione dei mercati e la conseguente diffusione di aziende operanti a livello transnazionale, determinano così la necessità per la Comunità Europea di dotarsi di efficaci strumenti legislativi volti ad uniformare la normativa commerciale dei Paesi membri. Le direttive comunitarie, la prima delle quali emanata nel 1968, rappresentano il primo tentativo a livello continentale di giungere ad un corpus di principi contabili europei. Le direttive emanate dalla Comunità Europea in materia di bilanci sono le seguenti:

 78/660/CEE del Consiglio Europeo del 25 luglio 1978, relativa ai conti

annuali delle società di capitali (Quarta direttiva);

 83/349/CEE del Consiglio Europeo del 13 giugno 1983, relativa al bilancio

consolidato (Settima direttiva);

tutto, nell’ambito di uno stesso Paese ma vale anche essenzialmente, nell’ambito internazionale, e in questo ambito diventa sempre più avvertita, man mano che l’attività aziendale si estende da un Paese ad altri e si formano complessi aziendali operanti in più Paesi. Laddove nell’ambito di uno stesso Paese è facile che i criteri di determinazione dei valori che alimentano il linguaggio contabile non siano molto diversi da un’azienda all’altra, a causa delle leggi e delle consuetudini necessariamente comuni, le differenze possono diventare sensibili da un Paese all’altro, per effetto della diversa legislazione, della diversa struttura economico-sociale, delle diverse consuetudini”. PAOLO EMILIO CASSANDRO, Sull’armonizzazione internazionale dell’informativa contabile, Rivista Italiana di Ragioneria e di

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 84/253/CEE del Consiglio Europeo del 10 aprile 1984, relativa

all’abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili;

 86/635/CEE del Consiglio Europeo dell’8 dicembre 1986, relativa alle

imprese bancarie e finanziarie;

 91/674/CEE del Consiglio Europeo del 19 dicembre 1991, relativa alle

imprese di assicurazione.

A questi atti normativi è demandato uno scopo ben preciso: garantire «condizioni giuridiche equivalenti minime quanto all’estensione delle

informazioni finanziarie che devono essere fornite al pubblico da parte di società concorrenti»42.

Le direttive rappresentano, quindi, una tappa fondamentale verso l’uniformità e la comparabilità dei bilanci europei, sia sotto l’aspetto della redazione, ovvero dell’iscrizione e della valutazione delle poste contabili, sia sotto quello della presentazione di tali poste. In particolare, le materie regolamentate dalla IV direttiva CEE riguardano la struttura e il contenuto dei conti annuali (stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa), il contenuto della relazione sulla gestione, i criteri di valutazione nonché il regime

di pubblicità cui è assoggettato il bilancio43.

L’importanza assunta dalle direttive comunitarie in tema di bilancio è confermata dal miglioramento generale della qualità delle norme contabili, desumibile dai bilanci pubblicati dalle società di capitali, e dalla maggiore comparabilità dei conti delle imprese, tutte prerogative che agevolano in modo considerevole l’attività delle aziende transfrontaliere. Questo risultato è possibile grazie al fatto che, per la prima volta, Paesi con un ruolo di fondamentale importanza nella storia e nell’economia mondiale decidono di rinunciare ai

42 Preambolo alla Quarta direttiva, 78/660/CEE.

43 L’armonizzazione contabile nell’Unione Europea, Studio n. 4, Documento n. 13 del 22 maggio

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propri particolarismi per dotarsi di una normativa comune per la predisposizione dei conti annuali44.

Tuttavia, bisogna ricordare che in questi Paesi erano in vigore, precedentemente all’emanazione delle direttive in materia di conti annuali delle società, sistemi legislativi45 e contabili46 differenti, oltre a realtà economiche interne difformi, sia per la struttura prevalente di organizzazione economica delle imprese, sia per la tipologia degli assetti proprietari, in alcuni Paesi chiusi all’interno di gruppi familiari, in altri aperti, come ad esempio le società ad azionariato diffuso. Per tutta questa serie di motivi la Quarta direttiva rappresenta una sorta di compromesso; infatti, dopo aver disciplinato sostanzialmente il contenuto, i postulati generali e la forma dei conti annuali, non provvede a regolare in modo esauriente i principi di valutazione applicati alle singole poste di bilancio.

Per evitare effetti negativi nelle singole regolamentazioni nazionali, nell’ambito della stessa direttiva vengono proposti trattamenti contabili

alternativi47. In questo modo è concesso agli Stati membri di conformare le

44 I Paesi che facevano parte della Comunità Europea al momento dell’emanazione della direttiva n. 78/660/CEE (Quarta direttiva) erano: Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Regno Unito, Repubblica Federale di Germania.

45

Si pensi al sistema legislativo civil law di Italia e Germania, rispetto al sistema common law del Regno Unito.

46 In Francia il piano dei conti era obbligatorio per legge, nel Regno Unito mancava una legislazione sul piano contabile.

47

A tal proposito si tenga presente che la Quarta direttiva CEE prevedeva quattro possibili forme per quanto riguarda la redazione del conto economico, indicando due possibili configurazioni (“valore e

costi della produzione” e “ricavi e costi del venduto”), insieme a due possibili forme (“forma scalare” e “forma a sezioni contrapposte”) L’Italia, in sede di recepimento, ha optato per una configurazione a

“valore e costi della produzione” e per la “forma scalare”, quest’ultima maggiormente in grado di fornire importanti risultati parziali. Inoltre, «è sufficiente ricordare come, ad esempio, in tema di struttura dei bilanci l’Italia ha optato, tra i possibili schemi adottabili, per lo stato patrimoniale “a sezioni contrapposte” e per il conto economico in forma “a scalare” con costi classificati “per natura”. Stando a quanto consta, la Gran Bretagna ha recepito tutte le opzioni offerte dalla direttiva comunitaria, consentendo così alle imprese di redigere lo stato patrimoniale e il conto economico “a sezioni contrapposte” ovvero in forma “a scalare” e ammettendo una classificazione dei costi sia “per destinazione” che “per natura”, mentre la Francia e la Germania hanno assunto posizioni intermedie. Questi due Paesi hanno optato per lo schema si stato patrimoniale “a sezioni contrapposte”, mentre, per il conto economico, la Francia ha consentito di scegliere tra la forma “a scalare” e quella “a sezioni contrapposte”, purché i costi siano classificati “per natura”; e la Germania, la forma “a scalare” con la possibilità di avvalersi dell’alternativa di classificare i costi “per natura” o “per destinazione”. Con riguardo alle valutazioni di bilancio, è appena il caso di rammentare come in Italia le partecipazioni in imprese controllate e collegate possono essere valutate - in alternativa - con il criterio del costo o con il metodo del patrimonio netto, in Gran Bretagna è previsto l’obbligo della valutazione con il metodo del patrimonio netto, in Germania si deve adattare il metodo del costo e in Francia è consentita la scelta tra il metodo del costo e il metodo del patrimonio netto nel solo caso delle imprese controllate, mentre è

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norme contabili di adozione delle direttive alle proprie convenzioni giuridiche, contabili e fiscali. Ciò genera inevitabili differenze nel momento in cui la disciplina comunitaria è recepita negli ordinamenti giuridici dei Paesi membri. Tali differenze portano al paradosso per cui una società che voglia quotare i propri titoli sui mercati di più Paesi europei, deve redigere tanti bilanci quanti sono i mercati in cui intende quotarsi.

A tutto questo occorre aggiungere che i conti redatti conformemente alle direttive e alle relative leggi nazionali di attuazione non riescono a soddisfare le norme più rigorose prescritte altrove, in particolare gli standard imposti dalla

Securities and Exchange Commission negli Stati Uniti. Di conseguenza, anche in

questo caso, le società europee che intendano raccogliere capitali sui mercati internazionali, sono chiamate ad un lavoro gravoso e oneroso il quale, comportando notevoli aggravi di costi per le imprese stesse, oltre a creare instabilità e incertezze tra i soci e i terzi, costituisce indubbiamente uno svantaggio competitivo da non sottovalutare. Ancor più evidente è il problema per i gruppi internazionali. I costi aggiuntivi per queste entità risultano altresì sostanziosi, dato che si rende necessario un complesso intervento di omogeneizzazione dei rendiconti delle società consolidate operanti nei diversi Paesi.

2.3.3. Le comunicazioni della Commissione europea

Questa serie di problemi, sorta all’inizio degli anni ‘90, è posta all’attenzione generale dalla comunicazione n. 508/95/CEE della Commissione Europea, intitolata Armonizzazione contabile: una nuova strategia nei confronti

del processo di armonizzazione internazionale”, emanata il 14 novembre 1995.

Tale documento ha inaugurato una nuova fase in materia di armonizzazione contabile. La Commissione, infatti, ha preso consapevolezza del fatto che le

prescritto il costo per quelle collegate». Cfr. MARCO VENUTI, Il bilancio di esercizio fino agli IFRS.

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direttive, così come elaborate, sono ormai inadeguate rispetto alle esigenze riscontrate sui mercati finanziari dalle società europee.

L’eliminazione del divario esistente tra le prescrizioni della normativa comunitaria e le esigenze dei mercati internazionali dei capitali, il proseguimento dell’attività finalizzata al miglioramento della comparabilità dei conti, la partecipazione dell’UE allo sviluppo del processo di armonizzazione contabile a livello internazionale e la costituzione di un organismo europeo di normalizzazione contabile, con funzioni di verifica sulla comparabilità dei principi contabili internazionali con le direttive comunitarie, sono gli obiettivi di tale comunicazione.

I quattro possibili percorsi da intraprendere allo scopo di migliorare la situazione possono essere così sintetizzati:

 modificare le direttive in vigore per escludere dalla loro portata le società quotate;

 aggiornare le direttive apportando le dovute correzioni finalizzate a risolvere i

problemi sopra evidenziati;

elaborare un nuovo set di norme contabili, mediante l’istituzione di un

organismo europeo designato a tale compito;

adottare un corpus di principi contabili già esistenti e riconosciuti a livello internazionale48.

Per quanto riguarda i primi due punti si è già ritenuto di scartare, con una risoluzione della stessa Commissione, una nuova strategia di regolamentazione fondata sull’adozione di direttive più rigide e vincolanti. Tra i vari problemi delle direttive, infatti, bisogna ricordare anche quelli dovuti ad un lento percorso di recepimento nei singoli Paesi. Pure l’elaborazione di un nuovo corpus di principi contabili richiederebbe dei tempi di attuazione non tollerabili, data l’esigenza sempre più pressante delle imprese di addivenire ad una soluzione quanto più rapida dei problemi esposti.

48 GIUSEPPE CERIANI, BEATRICE FRAZZA, L’implementazione dei principi contabili

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La stessa risoluzione riconosce la necessità di tener conto dei tentativi di armonizzazione contabile già avviati ad un più ampio livello internazionale. Per questa serie di motivi la scelta della Commissione cade sull’ultima opzione delle sopra riportate; in particolare si ritiene di adottare i principi internazionali emanati dallo Iasc (International Accounting Standard Committee), organismo presso il quale la stessa Commissione Europea già siede in qualità di osservatore durante il consiglio e svolge funzioni consultive. L’alternativa di attuare i principi contabili americani US-Gaap, emanati dal FASB (Financial Accounting Standards Board), non è realizzabile a causa della specificità di tali principi al contesto statunitense.

Ha avuto inizio in questo modo un processo, da parte dell’Unione Europea, che, come si vedrà meglio in seguito, ha portato all’adozione dei principi contabili internazionali Ias/Ifrs, emanati dall’International Accounting

Standard Board49.

Successivamente, il Consiglio Europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000 ha sottolineato il ruolo cruciale che dovrebbe svolgere il mercato europeo per realizzare le condizioni di crescita economica. Ha sollecitato quindi la Commissione ad adottare misure ormai indispensabili ai fini del miglioramento della comparabilità dei bilanci consolidati pubblicati dalle società quotate nei mercati regolamentati.

La Commissione, a sua volta, ha delineato gli aspetti essenziali in tema di informazione contabile attraverso la Comunicazione 359/00/CEE, del 13 giugno 2000, denominata Strategia dell’UE in materia di informativa finanziaria: la via

da seguire. Il presupposto fondante di tale strategia è quello di «assicurare che i valori mobiliari possano essere negoziati sui mercati finanziari dell’UE e su quelli internazionali sulla base di un unico insieme di principi di informativa finanziaria. Sarà di cruciale importanza che la strategia sia saldamente ancorata alla migliore pratica internazionale. La fedeltà dell’informativa finanziaria rimane al centro delle preoccupazioni della Commissione. Un’informativa

49 Su tali principi contabili e sul relativo organo di emanazione torneremo più approfonditamente in seguito.

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rilevante, tempestiva, attendibile e comparabile sui risultati e sulla posizione finanziaria delle imprese continua ad avere un’importanza centrale per la salvaguardia degli interessi degli investitori, dei creditori e degli altri interessati e per assicurare la parità delle condizioni di concorrenza». La comunicazione

esprime la necessità di rendere obbligatoria l’applicazione di un insieme unico di principi contabili internazionali per la redazione dell’informazione finanziaria destinata al mercato.

2.4. L’armonizzazione dei principi contabili a livello internazionale

L’evoluzione dei mercati finanziari dalla fine del secondo conflitto mondiale e lo stesso intensificarsi dei traffici ha fatto emergere l’esigenza di una sempre maggiore armonizzazione dei principi che sovrintendono la predisposizione dei bilanci societari. L’obiettivo è stato quello di poter confrontare i bilanci di società appartenenti a paesi diversi, oltre che giudicare l’affidabilità delle imprese alle quali fornire beni o servizi o, comunque, dare credito50.

L’uniformazione contabile costituisce, quindi, un passo ulteriore verso la piena integrazione giuridico-economica globale. In quest’ottica, l’uniformità dei bilanci delle imprese rappresenta uno degli obiettivi da perseguire per favorire il processo d’internazionalizzazione. La diversità dei criteri contabili adottati nella redazione dei bilanci determina, infatti, una scarsa comparabilità tra essi e, di conseguenza, una notevole difficoltà di investire per gli operatori economici. La mancanza di comparabilità impedisce di analizzare e confrontare le informazioni presenti nel bilancio di un’impresa di differente nazionalità. L’utilizzo di principi contabili nazionali costituisce, quindi, un fattore negativo e di ostacolo alla libera circolazione dei capitali e, in generale, alla creazione di un mercato finanziario efficiente e concorrenziale.

50 ALBERTO GIUSSANI, Introduzione ai principi contabili internazionali, Milano, Giuffrè, 2008; FLAVIO DEZZANI, Principi civilistici e Principi IAS/IFRS: “sistemi alternativi” per la relazione

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72

Questa esigenza di armonizzazione era già sentita negli anni ‘70 del secolo scorso. In occasione del Congresso mondiale delle professioni contabili a Sidney nel 1972 è stata proposta la costituzione di un organismo incaricato di armonizzare le norme tecniche per la redazione dei bilanci societari. E’ stato creato quindi lo Iasc (International Accounting Standards Committee) che ha

avuto sede, sin dall’inizio, a Londra51.

Nell’attività dello Iasc è stata determinante la costituzione dello Iosco (l’organismo mondiale che raggruppa tutte le agenzie dei vari Stati per la regolamentazione dei mercati finanziari, come la SEC statunitense, la Cob

francese e la Consob52). Le finalità dello IASC sono esposte nello statuto e sono:

a) redigere e pubblicare, nell’interesse generale, i principi contabili che devono essere osservati nella redazione dei bilanci d’esercizio e promuovere la loro accettazione e adozione in tutti i paesi;

b) contribuire al miglioramento e all’armonizzazione delle regole, dei principi contabili e delle procedure relative alla redazione dei bilanci d’esercizio.

Lo Iasc si propone di giungere ad una situazione nella quale i principi contabili dei diversi paesi siano armonizzati. Esso esamina e prende spunto dai principi contabili già emanati oppure dalle bozze di modifica esistenti nei diversi paesi, e si pone l’obiettivo di disciplinarne gli aspetti essenziali. Lo Iasc rivede, inoltre, costantemente i principi già emanati per assicurarne un aggiornamento periodico e costante. Di conseguenza, i principi contabili internazionali emessi dallo Iasc non prevalgono sulle discipline locali. Gli impegni assunti dai membri dello Iasc prevedono, infatti, solo che venga fornita una indicazione di conformità in caso di rispetto dei principi internazionali in tutti i suoi aspetti rilevanti. In caso di discordanza, i membri devono cercare invece di convincere le autorità locali competenti sui vantaggi derivanti dall’armonizzazione.

Il processo di armonizzazione dei principi contabili a livello internazionale ha subito negli ultimi vent’anni una notevole accelerazione. Nel 1995 lo Iasc e lo

51 L’Italia non ha aderito subito all’iniziativa (il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti vi è entrato solo nel 1978): anche per questo l’Italia (unico fra i paesi del G-7) non figura fra i membri permanenti del Board ed è priva di un suo rappresentate fin dal 1995.

52

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73

Iosco si sono impegnati a completare i core standards entro il 1999. A sua volta, la Commissione Europea ha dato il suo sostegno al progetto e nel 2002 ha definito il percorso normativo che ha portato nel 2005, come si vedrà meglio in seguito, all’adozione dei principi contabili internazionali da parte delle società quotate europee.

I core standards (quelli cioè sino allo Ias 39) sono stati completati nel 1998. Due anni dopo è stata attuata la riforma dello IASC, trasformatasi in una fondazione con il compito di vigilare lo IASB, destinata a continuare l’attività dello Iasc53.

2.5. Il processo comunitario di uniformazione dei principi contabili

La strategia dell’Unione europea in tema di armonizzazione54 contabile

(intesa come l’insieme dei provvedimenti finalizzati a rafforzare la comparabilità dei bilanci redatti dalle società europee) ha segnato una tappa fondamentale del suo cammino con il regolamento approvato il 7 giugno 2002 dal Consiglio dell’Unione55.

Per effetto di questo provvedimento, a decorrere dal 200556, tutte le

società quotate in mercati comunitari sono tenute a redigere i propri bilanci

53 Sulla struttura dell’IASB e sulla sua organizzazione cfr. STEFANO AZZALI,

L’armonizzazione di bilancio nell’Unione europea con i principi contabili dello IASB, in Id., Il bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali. Problemi applicativi. Soluzioni operative. Potenzialità informative, Milano, Il Sole 24 Ore, 2002, p. 16 ss.

54 La Commissione dell’Unione europea nel corso del Consiglio europeo di Lisbona ha individuato le seguenti finalità in materia di informazioni contabili: - la salvaguardia degli interessi degli investitori, creditori, e degli altri soggetti interessati all’andamento delle società quotate; - la garanzia della libertà di concorrenza; - la creazione di un mercato unico, efficiente e competitivo; - la comparabilità dei bilanci.

55 PATRIZIA PETROLATI, L’armonizzazione contabile dell’Unione europea, Milano, Giuffrè, 2002; BETTINA CAMPEDELLI, L’internazionalizzazione della comunicazione economico-finanziaria

d’impresa, Milano, Angeli, 2003.

56 Il regolamento prevede la proroga al 2007 per le imprese che attualmente redigono il bilancio in base a principi contabili riconosciuti in ambito internazionale (US GAAP) e per quelle quotate in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro.

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consolidati seguendo gli International Financial Reporting Standards (IFRS) e i

relativi documenti interpretativi57.

Per quanto la necessità di armonizzare le discipline contabili nazionali fosse già sentita all’indomani del Trattato di Roma, è stato solo verso la fine degli anni ‘70 che la globalizzazione dei mercati, il moltiplicarsi dei rapporti internazionali nel campo dell’economia e il progressivo diffondersi d’aziende

operanti a livello transnazionale58 ha determinato la necessità per la Comunità

Europea di emanare i primi provvedimenti legislativi diretti ad uniformare la normativa commerciale dei Paesi membri. Tre direttive hanno riguardato in particolare i principi di redazione dei bilanci delle imprese comunitarie:

• IV direttiva sui conti annuali delle società di capitali (78/660/CEE); • VII direttiva sui conti consolidati dei gruppi di imprese (83/349/CEE);

• VIII direttiva sull’abilitazione delle persone incaricate al controllo dei conti

annuali (84/253/CEE)59.

Sino ai più recenti interventi del legislatore comunitario, in ambito contabile si è fatto, quindi, ricorso prevalentemente a uno strumento giuridico di efficacia indiretta come la direttiva, che richiede il recepimento nel sistema normativo nazionale da parte di ciascun Stato al quale viene demandata la scelta sulle modalità di intervento da adottare.

Gli interventi comunitari degli anni ‘70 e ‘80 non sono riusciti, però, a rendere sufficientemente comparabili i bilanci per la presenza di numerose

opzioni concesse ai Paesi membri60. Se si pensa, infatti, ai lunghi tempi con cui

sono state recepite nei vari Paesi europei (l’Italia ha recepito la IV direttiva dopo tredici anni) e alle diverse interpretazioni che gli Stati membri hanno dato su alcuni dei principi stabiliti nelle direttive stesse, si comprende come queste

57 Gli International Financial Reporting Standards, noti nella loro vecchia denominazione come IAS, sono emanati dall’International Accounting Standard Board e sono interpretati dallo Standing Interpretations Committee (SIC) ossia da un gruppo d’esperti che si occupa di definire ed emanare i documenti interpretativi redatti a completamento dei Principi contabili internazionali.

58

Sulla comunicazione delle grandi imprese cfr. BETTINA CAMPEDELLI,

L’internazionalizzazione della comunicazione economico-finanziaria d’impresa, cit., p. 94 ss.

59 Ivi, p. 95.

60 GIUSEPPE VERNA, Il bilancio tra riforma delle società e introduzione dei principi contabili

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norme siano state inadeguate a fornire un’informazione omogenea e comparabile tra i dati presenti nei bilanci delle imprese comunitarie.

E’ risultato necessario, quindi, un nuovo intervento delle autorità comunitarie. Queste hanno scelto lo strumento del regolamento, un atto giuridico obbligatorio e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Inoltre, è stata decisa l’adozione dei principi contabili elaborati dallo Iasb, ormai affermatisi come standard setter internazionale accanto a quelli americani, gli

US Gaap61. Anche se molto diversi tra loro, entrambi sono caratterizzati dal fatto

di essere un corpus di principi contabili orientati in prevalenza alla tutela degli investitori.

Il regolamento, approvato il 7 giugno 2002 dalla Commissione europea, ha previsto, come si è già detto, l’applicazione a partire dal 2005 dei principi

contabili internazionali emanati dallo Iasb62 per la predisposizione dei bilanci

consolidati delle società quotate in un mercato regolamentato europeo. Il regolamento lascia aperta la possibilità ai legislatori dei singoli Stati membri di

estendere l’uso degli Ifrs anche ai bilanci d’esercizio delle società non quotate63.

In sostanza il legislatore comunitario, se da un lato non ha previsto l’applicazione degli Ias/Ifrs a tutti i bilanci e a tutte le società, né ha abrogato le direttive contabili, dall’altro lato ha lasciato all’autodeterminazione di ciascuno degli Stati membri di decidere se applicare uniformemente gli Ias/Ifrs a tutte (o quasi) le società64.

Nell’art. 1 del Regolamento vengono indicate le sue finalità e cioè «garantire un elevato livello di trasparenza e comparabilità dei bilanci e quindi

l’efficiente funzionamento del mercato comunitario dei capitali e del mercato

61 Si è stimato che nel 1998, circa 210 società UE hanno pubblicato i propri bilanci sulla base degli IAS mentre 235 hanno preparato i bilanci in conformità degli US Gaap.

62

Per un periodo di tempo transitorio lo IASB è intenzionato a far uso sia del termine IAS che IFRS per richiamare i principi contabili internazionali. Il termine IFRS sarà comunque prevalentemente utilizzato per i documenti nuovi o comunque modificati sostanzialmente, mentre per quelli già in uso rimarrà la vecchia denominazione IAS.

63 GIUSEPPE CATTURI, La redazione del bilancio di esercizio, cit., p. 44. 64

L’art. 9 del regolamento prevedeva che, in deroga all’art. 4, l’applicazione degli Ias/Ifrs potesse essere differita sino al 1° gennaio 2007 per le seguenti società a) quelle i cui titoli sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di un qualsiasi Stato membro; b) quelle i cui titoli sono ammessi alla negoziazione pubblica in uno Stato terzo e che, a questo fine, già utilizzano principi contabili riconosciuti internazionalmente (ci si riferisce agli U.S. GAAP).

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76

interno». Questo obiettivo deve essere perseguito attraverso l’armonizzazione

dell’informazione economico-finanziaria d’impresa derivante dalla «adozione e

utilizzazione di principi contabili internazionali nella Comunità»65.

L’art. 4 del regolamento prevede che le società quotate europee redigano il bilancio consolidato in conformità dei principi contabili internazionali. L’art. 2 del Regolamento specifica che per principi contabili internazionali si intendono, oltre agli International Accounting Standards e agli International Financial

Reporting Standards, anche «le relative interpretazioni66, le successive modifiche

di detti principi e le relative interpretazioni, i principi e le relative interpretazioni che saranno emessi o adottati in futuro dall’International Accounting Standards Board». Il Regolamento si riferisce, quindi, sia ai principi

attualmente in vigore che alle successive variazioni e ai principi di futura elaborazione. La scelta si è basata, oltre che sull’adeguatezza di un insieme di principi contabili esistenti, anche e soprattutto sulla competenza, credibilità e autorevolezza in materia riconosciuta al soggetto emanatore.

Un momento fondamentale del lungo iter che ha condotto all’introduzione del modello contabile Ias/Ifrs è stato l’emanazione del regolamento n. 1725/2003. Con esso la Commissione ha adottato tutti i principi contabili internazionali esistenti alla fine del 2002, fatta eccezione per lo Ias 32 “Strumenti finanziari: esposizione nel bilancio e informazioni integrative” e lo Ias 39

“Strumenti finanziari: valutazione e rilevazione” e le relative interpretazioni67

. Questa esclusione è stata decisa sulla base della considerazione che si trattava di principi troppo innovativi ed in relazione ai quali era in corso un significativo processo di revisione. E’ sembrato più opportuno, quindi, posticipare la loro adozione al momento in cui queste modifiche fossero state

65 Come osserva GIUSEPPE VERNA, Il bilancio tra riforma delle società e introduzione dei

principi contabili internazionali, cit., p. 514, «la trasparenza è collegata direttamente al livello

informativo dei rendiconti d’impresa. L’incremento di questo livello, dovuto all’adozione di principi “evoluti”, riduce la possibilità che si verifichino delle asimmetrie informative tra impresa e investitori e fra potenziali acquirenti e venditori del capitale delle imprese. Ciò si riflette positivamente sul costo del capitale per le imprese stesse, riducendolo.

66

Il riferimento è alle interpretazioni dei principi contabili internazionali elaborate in precedenza dallo Standing Interpretation Committee (Sic Interpretations) e attualmente dall’International Financial Reporting Interpretations Committee (IFRIC Interpretations).

67 ANDREA FRADEANI, La globalizzazione della comunicazione economico-finanziaria

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