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C APITOLO IV

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Academic year: 2021

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(1)

C

APITOLO

IV

Il palazzo pretorio di Marradi

1.

L’aspetto attuale

Il palazzo pretorio di Marradi, oggi sede del Comune, si trova all’angolo tra via Fabroni e piazza delle Scalelle, cuore del centro storico marradese, sulla quale si affacciano molti degli edifici storici come palazzo Fabbroni, palazzo Cannone e la chiesa del Suffragio.

Il fronte principale (fig. 27), rivolto verso la piazza, è caratterizzato da una elegante loggia composta da sette arcate su pilastri in pietra, mentre al centro pochi scalini conducono al portone d’ingresso. Una stretta cornice marcapiano in pietra separa il pianterreno dai due livelli superiori, intonacati, individuati da due file di sette finestre allineate con le arcate sottostanti e inquadrate da una cornice in pietra.

La parte centrale del piano nobile è evidenziata da un piccolo terrazzino, sormontato dallo stemma cittadino (fig. 29)1.

Sotto la campata all’estrema sinistra, in prossimità della cantonata, si trovano quattro barre in metallo che riproducono rispettivamente il piede di pertica, il braccio fiorentino, il braccio bolognese e il braccio comune, sormontate da un’iscrizione che riporta presumibilmente la memoria di colui che le fece apporre: “al tempo di Carlo di Bartolomeo Marucelli Capitano l’anno 1621 e 1622” (figg. 30-31); assai più recente, dell’anno 2004, è lo stemma bronzeo di Marradi che si trova al di sopra. La rappresentazione di tali unità di misura rimane a testimonianza dell’importanza storica del mercato settimanale che dal 1447, su concessione dei fiorentini, si tiene nella piazza il giorno di lunedì2.

Nella parte sinistra del palazzo si innalza una piccola torre campanaria (fig. 28) dotata di un orologio azionato da un meccanismo elettronico, il quale riproduce la scansione oraria del precedente congegno ottocentesco, tuttora conservato in un magazzino dell’archivio storico3.

1 Si tratta di una torre sormontata dal giglio fiorentino e con un leone rampante sulla destra. 2 Vedi REPETTI, 1835, pp. 90 e 96. Vedi anche Appendice, n. IV.1.

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Nell’atrio d’ingresso sono stati sistemati alcuni antichi stemmi e iscrizioni in pietra, verosimilmente provenienti dalla cortina esterna (figg. 32-34). In questo ambiente, così come in una stanza a destra dell’ingresso sono presenti i resti di due colonne in pietra, inglobate nella parete. Dal vestibolo si raggiunge la scala a due rampe che conduce ai piani superiori. Nel secondo piano è presente un’ampia sala di rappresentanza, attualmente utilizzata per le riunioni del Consiglio comunale. Sullo stesso livello, tramite una scaletta mobile in metallo, è possibile raggiungere una porticina collocata poco sotto il soffitto, che conduce alla torre dell’orologio.

2.

Cenni storici

Allo stato attuale delle ricerche, niente si conosce circa l’origine del palazzo pretorio di Marradi. Nel 1892 l’abate Giovanni Mini di Castrocaro, assiduo frequentatore della cittadina, descrivendo le fabbriche principali, accenna alla presenza di “antichi e vasti palazzi fra cui primeggiano il Comunale”, senza tuttavia fornire alcuna informazione aggiuntiva a tale presunta quanto vaga antichità4. Certo è che, quando nell’agosto del 1772 l’ingegnere

Agostino Fortini visita l’edificio, trova una struttura in pessime condizioni, con le mura “tutte piene di squarci, scollegazioni, e spanciature, con esservi una parte della Loggia fuori di piombo […] dal che ne viene che detta Loggia si tira dietro il muro maestro che è pure strapiombante e sciolto”5; una fabbrica inoltre “molto umida, e quasi fradicia”, “malandata di

palchi, mattoni, tetti, che sono cattivissimi, intonachi, impostami, e vetrate che non vi è stanza che non abbia bisogno di essere risarcita”6.

La descrizione, oltre all’evidente trascuratezza di cui doveva avere sofferto l’edificio fino a quel momento, lascerebbe facilmente pensare ad una certa antichità della struttura, composta di murature molto vecchie e per questo assai malandate dal tempo e dall’incuria. Nel 1428 i fiorentini riescono a strappare Marradi agli antichi proprietari, i conti Guidi di Modigliana, e il territorio viene aggregato al Vicariato di Palazzuolo, costituendo il capitanato di Marradi e Palazzuolo. Il giusdicente, che è un cittadino fiorentino, risiede per sei mesi in

4 Vedi “Marradi nel 1892: il paese descritto dall’abate Giovanni Mini”, 28 gennaio 2013, in

http://ilkiblog.blogspot.it/2013/01/marradi-nel-1892.html (consultato il 14/06/2014).

5 Vedi Appendice, n. IV.1. 6 Vedi Appendice, n. IV.1.

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una città e per i sei mesi nell’altra. Nel 1540 le due circoscrizioni vengono separate e istituiti due capitani distinti, tuttavia già nel decennio seguente il capitanato viene riunificato.

Nei documenti dell’Archivio storico comunale di questo periodo si legge che il Consiglio generale si raduna “nel solito palazzo del capitano di Marradi”7. L’edifico a cui ci si riferisce è

senz’altro il palazzo pretorio in piazza delle Scalelle, per cui se ne potrebbe ipotizzare la costruzione all’inizio del secolo precedente, in occasione della conquista fiorentina e dell’instaurazione del Capitanato.

Non si conosce l’aspetto del palazzo di quel periodo, ma si sa della presenza di un orologio collocato sopra una torre, attestata a partire dal dicembre 1583; sotto il quadrante è affrescata l’immagine della Madonna e al di sopra un tettuccio assicura la protezione dalle intemperie8. Il dipinto e il tetto sono ancora presenti nel 1639, quando entrambi vengono

fatti riparare. Nel 1736 il congegno dell’orologio viene rovinato dall’imperizia del temperatore e non si riesce più a farlo funzionare a dovere tanto che nel 1766 si stanziano 100 scudi per farne costruire uno nuovo e sistemare la torre; tuttavia il provvedimento non ha seguito9.

Negli anni Settanta del XVIII secolo il palazzo, particolarmente degradato, viene completamente ristrutturato; nella stessa occasione si delibera la costruzione di due torrette laterali con funzioni di torre dell’orologio e torre campanaria, tuttavia il progetto non viene realizzato a causa delle difficoltà costruttive e degli alti costi10. In occasione della

ristrutturazione viene realizzata la planimetria del palazzo allo stato in cui si trova nel 1772 (tav. XV), nella quale si nota che al disopra del porticato del pianterreno esiste una terrazza, affacciata sulla piazza e coperta da una tettoia, affiancata da due locali anch’essi a tetto; di conseguenza il piano superiore consta di una metratura ridotta, arretrata rispetto alla piazza. L’ingresso principale al piano nobile è garantito da una scala esterna, addossata al fianco sinistro del palazzo, mentre l’accesso al secondo piano è costituito da una scala che parte dal primo piano.

Nel 1775 anche l’orologio viene rinnovato, con spesa di 200 scudi, dandone incarico all’orologiaio fiorentino Giuseppe Bargiacchi, che termina il suo lavoro nel giugno del 177611.

7 Vedi “1556 I consigli comunali di Marradi: sei mesi di vita amministrativa”, 07 gennaio 2012, in

http://ilkiblog.blogspot.it/2012/01/1556-i-consigli-comunali-di-marradi.html (consultato il 14/06/2014).

8 Vedi GIORGETTI, 1999, p. 59. 9 Vedi GIORGETTI, 1999, p. 60.

10 Alla vicenda e ai progetti di questo intervento di ristrutturazione sono dedicati i § 3 e 4 di questo capitolo. 11 Vedi GIORGETTI, 1999, p. 61.

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Alcune riproduzioni fotografiche della facciata del pretorio, risalenti tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, dimostrano l’aspetto dell’edificio, sostanzialmente come uscito dalla ristrutturazione della fine del secolo precedente (figg. 36-37). La differenza più evidente con il palazzo odierno sta nella presenza di una loggia a sole cinque arcate, contro le sette attuali. L’ampliamento del portico, con conseguente aggiunta della porzione di corpo di fabbrica soprastante, risale alla prima metà del XX secolo12. A seguito di un forte terremoto avvenuto

nel 1919, il palazzo subisce alcuni danni strutturali per cui si rende necessario un intervento di consolidamento. La relazione del 1924 dell’ingegnere Enrico Vallini13 include le planimetrie

e una sezione del palazzo (figg. 38-41), nelle quali si nota qualche cambiamento rispetto al progetto esecutivo della ristrutturazione del XVIII secolo (tav. XVI). In particolare le tre carceri, affacciate sul cortile, sono collocate nella parte tergale del palazzo su tre piani sovrapposti e sono raggiungibili attraverso una scala di servizio14.

Anche la scala esterna, addossata al fronte laterale del palazzo lungo l’odierna via Fabroni, non è più presente.

Inoltre nella planimetrie novecentesche si nota che l’ingresso all’edificio è collocato in posizione centrale rispetto alla loggia, proprio in corrispondenza della scala principale interna a due rampe, mentre i due piani superiori, caratterizzati da due ampie sale prospettanti sulla piazza, sono pressoché collimanti.

Nel corso dell’intervento del 1924 il fabbricato viene ampliato nella parte destra e la loggia allungata di due arcate (fig. 35); l’ingresso viene spostato di conseguenza, fino a raggiungere la posizione attuale.

Dopo l’unità d’Italia a Marradi viene istituita la pretura. Le carceri, umide e poco illuminate, sono affidate alla custodia di un guardiano e gestite da una commissione di quattro membri nominata dal Consiglio comunale15.

Attualmente il palazzo è sede del Comune e la maggior parte degli ambienti è stata adattata ad ospitare gli uffici, altri contengono archivi e magazzini.

12 Ricerca non pubblicata di Mario Catani.

13 Vedi Archivio storico del Comune di Marradi (d’ora in poi A.S.C.M.), Lavori pubblici, 1924.

14 Osservando la pianta del Fortini (tav. XV), nella zona delle carceri precedentemente si trovava un vicolo. 15 Ricerca non pubblicata di Mario Catani.

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3.

L’analisi della vicenda

Il primo progetto per la ristrutturazione del palazzo pretorio di Marradi dopo la legge di riforma dei governi provinciali risale al 12 agosto 1772 ed è firmato dall’ingegnere fiorentino Fortini, a seguito di un sopralluogo effettuato nel giugno dello stesso anno16 (tav. XV).

Anzitutto viene evidenziata la pessima condizione in cui versano le murature, che sono umide, spanciate e strapiombanti, tanto che è necessario rifare parte di un muro e rafforzare la struttura con catene, con particolare attenzione alla loggia e alla torre dell’orologio. Ritenendo insufficiente lo spazio disponibile per adeguare il pretorio ai nuovi standard imposti dalla legge, il tecnico prevede l’occupazione di una piccola porzione dell’adiacente casa di Francesco Piani17, utile per ricavare il banco criminale e le segrete. Il primo piano è

destinato per l’abitazione per il vicario, mentre nel livello superiore viene ricavato un ristretto quartiere per i due notai. La spesa complessiva ammonta a 780 scudi.

Il progetto, approvato dal granduca con rescritto del 3 dicembre 1772, lascia insoddisfatto il Magistrato comunitativo18, il quale poco dopo ne commissiona la revisione a maestro

Stefano Mazza. Basandosi sulla pianta del Fortini, il muratore rielabora la planimetria dell’edificio (tav. XVI) “risarcendo, e fabbricando sulle vecchie mura del medesimo [pretorio], e dentro il suo solo recinto”19, senza occupare altre proprietà. La spesa viene preventivata in

700 scudi tuttavia, dovendo necessariamente procedere alla risistemazione delle murature dell’edificio, danneggiate e strapiombanti, nonché “un vero mucchio di fracidume”20, Mazza

16 Vedi Appendice, n. IV.1.

17 Da un manoscritto del XVII secolo conservato nell’Archivio storico comunale, una sorta di diario contenente

diversi “ricordi” scritti da Felice Antonio Fabroni, si apprende che “Francesco di Giovanni Piani, picicagniolo in sua bottega in piazza di Marradi, e verdura e faceva il pane, vendeva acciughe, salsiccia e faceva il sarto […] il suddetto Francesco Piani si mise a fare traffico sul grano assieme con Pietro Baldini del Borgo San Lorenzo di modo tale che nel spazio di 20 anni fece avanzo di otto in nove mila scudi, dove comprò la spezieria di Orlando Pescetti e spese sopra ottocento scudi, e comprò il Poggio di Sotto dal Sig. Francesco Fabbri Lastrucci di Imola per prezzo di scudi 550 e detta compra seguì nel 1770. E la sera del 31 marzo 1773 a ore 24 si partirono i detti Piani dalla casa sua di Piazza, e andarono a stare nella casa suddetta del Poggio. Il suddetto Francesco Piani ha due figli maschi, Gaetano, già speziale, e Giovanni che a forza di regali fu fatto prete, ma non sa leggere il suo nome e pure arrivò a esser Parroco di Val Nera e questo per pecunia fatta sinora hanno un capitale di 20 mila scudi finora che siamo al di 22 agosto 1773”. Vedi A.S.C.M., Fondo Fabbroni. Il manoscritto è citato nell’articolo “Da un manoscritto del XVIII secolo: ricordi marradesi di Felice Antonio Fabroni”, 12 aprile 2011, in http://ilkiblog.blogspot.it/2011/04/new.html (consultato il 14/06/2014).

18 Vedi Appendice, n. IV.2. I rappresentanti chiedono il permesso di riformare il disegno adducendo come una

delle motivazioni principali il “notabilissimo deformamento, e restrizzione della Piazza, e loggia unica, e affatto necessaria in questa loro Terra”. Tuttavia, osservando il progetto di Fortini dove si legge “si lascia stare detta loggia tale quale come ella è per comodo dei pubblici mercati”, si comprende poco il senso di una tale affermazione, visto che l’ingegnere non prevede alcun restringimento del porticato o intervento invasivo.

19 Appendice, n. IV.4. 20 Appendice, n. IV.4.

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coglie l’occasione per proporre la ristrutturazione dell’intera facciata. In un secondo disegno (tav. XVII) il muratore rappresenta il prospetto del fronte principale del palazzo, contraddistinto dalla presenza di due torrette laterali da fabbricarsi dalle fondamenta, utilizzabili come torre dell’orologio e campanaria; al pianterreno viene mantenuta la loggia preesistente, al di sopra della quale le arcate del terrazzo vengono chiuse per recuperare spazio e creare un’ampia sala nell’appartamento del vicario.

Nonostante il costo di realizzazione del secondo progetto assommi a ben 1500 scudi, l’assemblea cittadina si dimostra entusiasta e, tramite l’intermediazione del cancelliere Avellino Giovacchini, invia al soprassindaco la relazione21 e i due disegni prodotti dal Mazza,

affinché vengano sottoposti all’approvazione granducale22.

Nelli si dimostra invece piuttosto diffidente, ritenendo alquanto improbabile che a Marradi possa trovarsi un perito capace di progettare meglio dell’ingegnere Fortini23.

Quest’ultimo, a cui vengono trasmessi i progetti per un parere, asserisce che, nel caso di partito favorevole da parte del Consiglio generale della comunità, si potrebbe accordare a questa il permesso di attuare la soluzione più costosa a condizione, però, che vengano realizzate almeno tre segrete ben sicure, con un piccolo alloggio per il Soprastante, oltre a mantenere due prigioni pubbliche, per gli uomini e per le donne24.

L’opinione di Fortini sembra essere determinante per il soprassindaco che, presentando i disegni al sovrano, accondiscende a concedere alla comunità il benestare per eseguire il progetto ideato dal muratore sebbene ritenga che “una tale spesa abbia principalmente per oggetto un ornato di quella Piazza fatto con regole barbare, e niente conformi alla buona architettura”25. Sulla scia di quanto espresso dall’ingegnere, Nelli suggerisce che le opzioni

vengano sottoposte all’esame del “pubblico, e general consiglio” in modo che ciascun contribuente abbia una chiara idea dell’incidenza della spesa sull’aumento dell’imposizione. Su richiesta del Magistrato comunitativo e dietro concessione del granduca, viene allargata la partecipazione al Consiglio generale a tutti gli “imborsati” dalla riforma del 24 gennaio

21 La relazione, citata dal cancelliere nella sua missiva del 17 aprile del 1773 (Vedi Appendice, n. IV.5) non

risulta presente nelle filze dell’A.S.F. né dell’A.S.C.M.

22 Il cancelliere annuncia poi che il muratore si recherà personalmente presso il soprassindaco per spiegare i

suoi progetti. Vedi Appendice, n. IV.5.

23 Vedi Appendice, n. IV.3.

24 Fortini necessita di fare una tale precisazione in quanto, essendo la nuova pianta del Mazza del tutto priva di

didascalie e annotazioni, non si capisce a cosa siano destinati i vari ambienti progettati. Vedi Appendice, n. IV.6.

25 Appendice, n. IV.7. Successivamente Nelli definisce Mazza un “idiota muratore. Vedi Appendice, n. IV.16. a

tal proposito si ricorda l’interesse del Nelli per l’architettura (vedi Cap. I, § 3); inoltre tali parole potrebbero alludere alle origini straniere del Mazza, che altrove viene definito svizzero (vedi Appendice, n. IV.28).

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1768,26 ovvero a tutti i finanziatori concreti dell’opera.

Il 25 luglio 1773 i 38 consiglieri partecipanti all’adunanza approvano l’esecuzione del disegno più ambizioso, con un solo voto contrario27. Visto il partito quasi unanime, Firenze concede il

suo consenso all’inizio dei lavori, sollecitando la nomina di un capomastro e di un sovrintendente al cantiere28.

Con partito del 20 settembre 1773 il Consiglio generale deputa alla costruzione lo stesso Mazza29 ed elegge una commissione di “Deputati alla Fabbrica del Palazzo Pretorio”

composta da quattro membri: Iacopo Filippo Fabbroni, Francesco Antonio Fabbroni, Filippo Scalini e Carl’Antonio Torriani30.

Sfortunatamente l’ambizioso progetto incontra ben presto delle difficoltà. Nell’estate dell’anno seguente si apprende come una piccola delegazione capeggiata da Carlo Torriani, tenga una sessione a Firenze alla presenza del soprassindaco e dell’ingegner Fortini, per discutere su alcuni problemi strutturali riscontrati in corso d’opera31. In particolare viene

ritenuto opportuno abbandonare l’idea di erigere le due torri in quanto, per la loro costruzione fin dalle fondamenta, sarebbe necessario sborsare almeno 600 scudi, pena la mancanza della dovuta stabilità delle due strutture32. Con la somma risparmiata si pensa di

fare acquisto della proprietà confinante di Francesco Piani, ove ricavare l’abitazione per il cancelliere e “altri commodi ancora ad uso del Pubblico”.

Viene poi decisa la sospensione dei lavori e, previo avallo delle anzidette modifiche da parte della comunità, Fortini si rende disponibile per tornare nuovamente a Marradi per correggere il disegno del Mazza e sovrintenderne l’esecuzione.

Infine, in vista dell’imminente emanazione del nuovo regolamento per le comunità nel mese di settembre33, si determina di sospendere la tassazione a copertura delle spese per il

pretorio, così da calcolare l’imposizione anche sui beni per il momento esenti.

26 Vedi Appendice, n. IV.8-IV.9. 27 Vedi Appendice, n. IV.10-IV.11. 28 Vedi Appendice, n. IV.12.

29 L’architetto Bernardo Fallani, incaricato nel marzo 1776 di eseguire la verifica delle opere realizzate per la

cosiddetta consegna dei lavori, asserisce che il contratto con il capomastro Mazza era stato stipulato il 25 maggio 1774; nella stessa occasione il muratore ottiene il cottimo per la sistemazione del loggiato per 1890 lire. Vedi Appendice, n. IV.24.

30 Vedi Appendice, n. IV.13. Vedi anche A.S.C.M., Libro di spese per il restauro del Palazzo Pretorio di Marradi,

551, c. 9.

31 Vedi Appendice, n. IV.14.

32 Anche la costruzione di una sola torretta viene scartata perché, a fronte di un costo comunque sostenuto,

non se ne ricaverebbe una sufficiente contropartita in termini di spazio e funzionalità.

33 Si tratta del regolamento generale del 29 settembre 1774 (vedi Cap. I, § 2); il regolamento specifico per la

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Malgrado gli sforzi, i rappresentanti di Marradi non concordano sulle proposte nate nel corso della sessione fiorentina: come riferisce il cancelliere Avellino Giovacchini, “doppo un lungo contrasto, e conclusione di ciarle inutili, e lontane dal vero moderato necessario parlare economico, proprio, e concludente”34, con 15 voti favorevoli e 22 contrari, l’assemblea scarta

la mozione di revisione.

Nonostante la sconfitta, dovuta a “l’incapacità di molti consiglieri”35, i quindici

Rappresentanti sostenitori del cambio di indirizzo, sottoscrivono una supplica al Sovrano nella quale tornano a domandare l’invio di un ingegnere capace.

Il 7 luglio 1774 il soprassindaco, in una lunga missiva rivolta al granduca, dopo aver ricapitolato le vicende relative al risarcimento del pretorio, dichiara l’impossibilità di esaudire le richieste dei supplicanti, essendo questi ultimi solo una minoranza del consiglio cittadino36.

D’altro canto suggerisce che venga imposto di completare le opere entro il termine di quattro mesi. Nelli, dunque, non intende imporre alcuna soluzione, sebbene affermi di aver appreso tramite alcune fonti, che i lavori al palazzo si trovano in una situazione di stallo, in quanto, visto che sul luogo manca persino lo spazio sufficiente, non si riesce a trovare chi sia disposto a innalzare le due torri.

Il sovrano avalla la scadenza dei quattro mesi, ma ribadisce la disponibilità ad inviare a Marradi un ingegnere che soddisfaccia il Consiglio generale, se quest’ultimo lo richiede37.

Nel corso dei lavori, il notaio del tribunale abita nella proprietà di Domenico Stanghellini, al quale viene corrisposta una pigione38, almeno fino al principio del 1775; dopodiché, nel

giugno dello stesso anno, i rappresentanti di Marradi sono costretti a cercare un’altra sistemazione39.

A dispetto delle prescrizioni della Camera delle comunità, il cantiere prosegue ben oltre i quattro mesi prescritti e nel marzo del 1775 il soprassindaco viene interpellato perché “il Capo Maestro Muratore che ha avuto l’incarico della fabbrica di codesto Pretorio trascura di por mano come si conviene a un tal Lavoro”40.

Nel gennaio dell’anno seguente viene constatata la scarsa sicurezza di due carceri segrete, le cui finestre, restando sullo stesso piano di altre attinenti alla vicina proprietà di Iacopo

34 Appendice, n. IV.15. 35 Appendice, n. IV.16. 36Vedi Appendice, n. IV.17. 37 Vedi Appendice, n. IV.17. 38Vedi Appendice, n. IV.13 e IV.19. 39Vedi Appendice, n. IV.21. 40Vedi Appendice, n. IV.20.

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Filippo Fabbroni, uno dei deputati alla costruzione della fabbrica, potrebbero lasciare facilmente comunicare i detenuti con l’esterno41.

Il soprassindaco domanda l’intervento del vicario, il quale assicura di far chiudere le aperture42. Ciò nonostante Fabbroni, alla presenza dell’architetto Fallani, decide di far murare

le proprie finestre anziché quelle del pretorio, traendone un rimborso di 210 lire, pari alla metà della spesa sostenuta43.

Nello stessa occasione, il 17 marzo 1776, su incarico dai deputati alla fabbrica, Fallani esegue il riscontro de “la misura dei muri, volte, pavimenti, intonachi, e Tettoie di detta Fabbrica del Palazzo Pretorio” in ottemperanza a quanto stabilito nel contratto stipulato con il Mazza. I lavori di ristrutturazione, escluso il loggiato, sono valutati in 7039 lire, le opere di consolidamento delle strutture a mezzo delle catene sono stimati in 1400 lire, infine per “la nuova riedificazione della loggia di detto Palazzo fino al Colmo delli Archi, e volta” sono conteggiate 1890 lire, corrispondenti al cottimo aggiudicatosi dal muratore. Il totale della spesa ammonta a 10329 lire, poco meno di 1500 scudi.

Nondimeno quella stimata dall’architetto corrisponde solamente ad una parte della cifra spesa dai marradesi per il rifacimento del loro pretorio. Il libro dei conti conservato nell’Archivio storico di Marradi, che conserva il dettaglio di tutte le spese effettuate, dimostra che nel 1776 la comunità ha sborsato un totale di 3359.5.12 scudi pari a 23518.12 lire44,

mentre nello stesso periodo le somme contratte a cambio ammontano a ben 2700 scudi45.

Da una lettera del 1784, in cui il cancelliere riferisce al nuovo soprassindaco Mormorai circa lo stato dei lavori, si apprende che questi ultimi terminano “circa l’anno 1776”46. Ciò

nonostante, i documenti dimostrano che negli anni successivi non si cessa di effettuare lavori di integrazione e sistemazione della struttura. Al 19 maggio 1779 risale una perizia del capo mastro Pietro Pedretti riguardante alcune crepe e cedimenti comparsi sulla parte sinistra della volta della sala vicariale al primo piano47. Pedretti, come pure Mazza48, chiamato

41Vedi Appendice, n. IV.22-IV.23. 42Vedi Appendice, n. IV.23.

43 Vedi Appendice, n. IV.25. Nella stessa circostanza Fallani esegue una perizia sulla fogna del palazzo pretorio,

la quale scarica i propri liquami in quella del Sig. Torriani, probabilmente identificabile con il Carl’Antonio Deputato alla fabbrica. Anche a quest’ultimo viene riconosciuto un piccolo rimborso di 28 lire.

44 A.S.C.M., Libro di spese per il restauro del Palazzo Pretorio di Marradi, 551, c. 88. 45 A.S.C.M., Libro di spese per il restauro del Palazzo Pretorio di Marradi, 551, cc. 86-87.

46 Appendice, n. IV.42. Restano da realizzare il lastricato e la scalinata della loggia esterna per una spesa di 500

lire, ma non sono stati ancora eseguiti soprattutto a causa delle ingenti spese sofferte per la “nuova chiesa arcipretale”, ovvero la chiesa di S. Lorenzo, la cui ricostruzione era stata avviata nel 1780.

47 Vedi Appendice, n. IV.26-IV.27. 48 Vedi Appendice, n. IV.28.

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anch’esso per un sopralluogo, riconducono la causa del cedimento alla recente costruzione di due tramezzi nel piano superiore, all’interno del quartiere di uno dei due notai, avvenuta nel febbraio dell’anno precedente49.

Mazza valuta la spesa per la sistemazione della struttura in 70 lire, tuttavia Nelli, sospettando l’inutilità di una tale spesa, intima il cancelliere di far accertare da un “perito imparziale, ed onesto” se il risarcimento proposto sia sufficiente a rimediare al danno o piuttosto se la volta non sia in grado di sostenere il peso dei tramezzi50.

In incredibile contraddizione con quanto accaduto solo pochi anni prima, alla richiesta del soprassindaco il cancelliere replica “non esserci in questo Vicariato da trovare tal perito capace, e imparziale, da farsene da me una proposizione da farne conto”51.

La questione viene sottoposta all’analisi del capo ingegnere fiorentino Salvetti che, però, non ha in mano elementi sufficienti per formulare un parere certo52. Se la volterrana non è in

grado di sostenere il peso dei divisori del piano superiore, andrebbe rafforzata la struttura sottostante per mezzo di archi o ghiere di mattoni. Tuttavia, per valutare la soluzione più propria è necessario il sopralluogo di un buon muratore che, visionato il problema, proponga una soluzione corredata da relativo preventivo di spesa, possibilmente allegando una pianta della sala con le sue misure e l’indicazione a tratteggio dell’ubicazione dei tramezzi.

L’impasse viene risolta dal passaggio a Marradi dell’architetto Bernardo Fallani nell’ottobre del 177953. Il cancelliere approfitta della presenza di un tecnico esperto per far visionare la

volta del pretorio e far redigere una perizia.

Fallani sconfessa le presunte cause addotte circa la rovina della muratura, in quanto i tramezzi che gli restano sopra sono di legname, dunque non molto gravosi. Piuttosto, l’avvallo che si riscontra in una ristretta porzione della volta, sarebbe stato provocato dall’imperizia di qualche operaio, nell’atto di lasciar cadere bruscamente della legna o qualche pietra. Perciò è sufficiente disfare e rifare la zona interessata, riprendendola nel suo

49 Quest’ultima informazione è fornita dal cancelliere Avellino Giovacchini in una successiva lettera del 16 luglio

1779 (vedi Appendice, n. IV.30). Nella stessa occasione vengono allargate le finestre delle tre carceri segrete.

50 Vedi Appendice, n. IV.29. 51 Appendice, n. IV.30. 52 Vedi Appendice, n. IV.33.

53 Vedi Appendice, n. IV.34. È probabile che l’architetto si trovasse a Marradi per lavorare al progetto di

ristrutturazione della chiesa di S. Lorenzo. Vedi “1780 Si costruisce la chiesa arcipretale: breve storia della chiesa di S. Lorenzo in Marradi”, 07 dicembre 2013, in http://ilkiblog.blogspot.it/2013/12/1780-si-costruisce-la-chiesa-arcipretale.html (consultato il 14/06/2014). Un trafiletto della Gazzetta Toscana del 23 settembre 1778 riporta la notizia della chiusura della chiesa “per rifabbricarsi prontamente a spese di questo Pubblico nella maniera moderna e più maestosa, onde servire all’aumento del culto Divino e al maggiore decoro del Paese” (vedi Gazzetta Toscana, n. 39, 1778); i lavori terminarono nel 1785 (vedi ACIDINI, 2000, p. 137).

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sesto, e sistemare il pavimento soprastante. La spesa è valutata in 35 lire.

La relazione viene prestamente inviata al soprassindaco per attenderne gli ordini54; dopo

pochi giorni il cancelliere riceve indietro il testo approvato dall’ingegnere Salvetti per procedere con i risarcimenti proposti55.

Nel dicembre dello stesso anno i lavori di riparazione, affidati al solito muratore Mazza, non risultano conclusi a causa della difficoltà nel reperire il materiale da costruzione necessario: legname, calcina, rena e gesso56.

Altre lettere dello stesso periodo riportano notizie sull’uffiziatura della cappella esistente nel pretorio, affidata a partire dal 1613 ai Reverendi Padri della Santissima Annunziata, ai quali viene tolta nell’agosto del 1779 per essere assegnata ai sacerdoti del paese57.

Gli ultimi lavori al pretorio di cui si ha notizia risalgono al febbraio del 1781, quando il nuovo cancelliere Domenico Lelli notifica al soprassindaco la necessità di alcuni “comodi” per il quartiere del notaio criminale, cui non si è pensato nel corso del corso della recente ristrutturazione vale a dire: “un uscio a capo scala del quartiere di detto sig. Notaro criminale perché abbi la sua sicurezza nel quartiere medesimo, un luogo comune nel detto quartiere, essendone mancante dovendo la famiglia del Notaro andare ad un tal comodo nel quartiere del Messo lo che non sembra proprio al detto sig. Vicario, ed allo stesso Notaro”58. Inoltre

viene domandato di poter spostare il luogo da cui si suona la campanella fin nelle stanze del notaio e di restaurare gli infissi del “quartiere del Messo”59.

Nell’agosto dalla Camera della comunità giunge l’autorizzazione ad effettuare questi piccoli interventi, attenendosi ad una relazione dell’ingegnere Salvetti, la quale tuttavia non ci è pervenuta60.

54 Vedi Appendice, n. IV.35. 55 Vedi Appendice, n. IV.36. 56 Vedi Appendice, n. IV.38.

57 Vedi Appendice, n. IV.31-IV.32 e IV.37. Come afferma il cancelliere in una missiva del 19 dicembre 1779 il

Magistrato cittadino “commesse al Sacerdote Don Francesco Gondi, che sin'a nuovo ordine celebrasse nella medesima i giorni festivi il Santo Sacrifizio per comodo di detti Carcerati, che per la pura preferenza gl'avrebbe il Magistrato passato soldi dieci ogni Festa, ed Esso ne prese l'impegno, a riserva de Mesi d'ottobre, e novembre”. Appendice, n. IV.38.

58 Vedi Appendice, n. IV.39-IV.40.

59 A partire dal 1 settembre 1774, nel tribunale di Marradi la carica di messo era stata unita a quella di

soprastante. Nell’ottobre dello stesso anno il soprassindaco e l’auditore fiscale avevano eletto come messo e soprastante di Marradi Pietro Carli, precedentemente impiegato come messo del tribunale di Scarperia. Vedi Appendice, n.IV.18.

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4.

I progetti

Il primo progetto per la sistemazione del palazzo pretorio di Marradi redatto il 12 agosto 1772 da Fortini61 si compone di una relazione corredata dalla rappresentazione grafica del

pianterreno, primo piano e secondo dell’edificio nello stato in cui si trova al momento della visita e del modo in cui si propone di restaurarlo (tav. XV). Le murature si trovano in una pessima condizione, in particolare il terzo pilastro del porticato a partire da sinistra pende “in fuori per un sesto di braccio” e un arco è “sciolto, e crepato nel suo serraglio” e minaccia di far crollare tutto il muro maestro, che pure non è in piombo. Per questo è necessario rifare gran parte del muro a cui la loggia si addossa e aggrappare i pilastri con quattro catene. Lo stesso intervento è previsto per la torre dell’orologio, dove i muri sono pieni di “squarci e sciolture”.

A sinistra dell’atrio d’ingresso, comprendente la cappella dei carcerati62, tre vani posti su

livelli diversi vengono mantenuti con la precedente destinazione di carceri pubbliche per gli uomini e le donne e segreta. A destra dell’atrio, invece, si pensa di demolire la piccola e umida segreta esistente per permettere l’apertura di una finestra che dia luce al locale e allontani l’umidità. Questa nuova stanza viene destinata al banco civile e un sottile tramezzo la divide da un vestibolo che conduce a una nuova scaletta da costruire in una porzione dell’adiacente casa di Francesco Piani. Dalla proprietà Piani la comunità dovrà acquistare una piccola porzione che va dal pianterreno fino al secondo piano, dove ricavare, oltre alla scala, il banco criminale, affacciato sulla piazza, due segrete e all’ultimo livello una camera per il Soprastante.

Al primo piano si sale tramite una scala esterna, anch’essa da riparare. Dopo un ristretto vestibolo sopra il quale “cade il peso dell’oriuolo”, un’anticamera, ottenuta dalla tamponatura di una delle campate del terrazzo aperto, conduce alla stanza di udienza del vicario. La parte centrale del piano resta occupata dall’ampia sala, adibita anche a cucina, dalla quale si accede a un salotto e, dall’altro lato, a una camera con retrocamera.

Dal piano nobile una scala di legno, da ricostruire in pietra, conduce al secondo piano, assegnato ai due notai. Il quartiere consta di una cucina da utilizzare in comune e una

61 Appendice, n. IV.1.

62 Nelle planimetrie del Fortini (tav. XV), ma anche in quella successiva del Mazza (tav. XVI), nell’angolo della

cappella è indicata la presenza di una colonna tonda, che è tuttora esistente, incassata nella muratura dell’atrio del palazzo comunale (fig. 32). Le tracce di una seconda colonna rimangono poi in uno stanzino a destra dello stesso ingresso.

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camera per ciascuno; i due rimanenti locali, di cui uno sottostante la torre dell’orologio, sono lasciati al personale di servizio.

Nell’ultima stanza della torre deve essere costruito un arco addossato al muro di facciata, che funga da sostegno ad un piccolo campanile per alloggiare la pubblica campana appena realizzata.

L’importo della spesa, compreso l’acquisto della proprietà del Piani, è calcolato in 780 scudi. Del secondo progetto per il riadattamento del pretorio, elaborato nel 1773 dal capomastro Mazza, non è rimasta la relazione, ma solo due disegni (tavv. XVI-XVII): uno contiene una planimetria, basata su quella del Fortini, che riporta solamente il pianterreno e il livello superiore, mentre l’altro raffigura la facciata da realizzarsi.

Come nota lo stesso Fortini63, nelle planimetrie gli ambienti non sono identificati da alcuna

didascalia per cui non se ne riconosce la destinazione, tranne poche eccezioni. Alcune informazioni sul progetto vengono comunque dedotte dai disegni, mentre altre sono contenute nella corrispondenza che li riguarda.

Mazza risolve il problema dell’insufficienza di spazio senza far uso delle proprietà adiacenti, bensì recuperando il vuoto creato dal terrazzo coperto del piano nobile, le cui aperture prospettanti sulla piazza vengono tamponate, allineando così la cortina della facciata su tutto il piano e proseguendo allo stesso modo nel secondo livello fino al tetto. In questo modo il muratore aumenta lo spazio a disposizione del vicario e dei due notai, ancora alloggiati al secondo piano. Per ovviare alla carenza di luce derivata dalla perdita del terrazzo, il muratore inserisce nella parte posteriore dell’edificio un cortile, ottenuto grazie allo sbancamento di una porzione di terrapieno esistente tra il pretorio e il retrostante palazzo Fabbroni, operazione che consente altresì di togliere una buona parte di umidità. Affiancata alla corte interna, Mazza prevede una scala a due rampe, allineata con l’ingresso principale dalla piazza, che colleghi i tre piani del palazzo senza soluzione di continuità. La scala esterna non viene tuttavia abbandonata, anche se l’ingresso viene spostato nella vecchia cucina. La stanza attigua, che costituiva il precedente ingresso e sopra la quale gravava il peso dell’orologio, diventa un’ampia stanza comunicante con il salone.

Il pesante orologio, infatti, viene spostato in una delle due torri che vanno ad inquadrare il nuovo palazzo, da innalzare al di sopra delle campate all’estrema destra e sinistra del portico. Nel disegno del muratore le due torrette sono raffigurate come una struttura a base

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quadrata che prosegue oltre il secondo livello, comprendente, almeno nella parte frontale, un arco a tutto sesto che racchiude l’orologio da una parte e, presumibilmente, la campana dall’altra, concluse nella parte alta da due cupolette a cipolla di grande effetto decorativo64.

Il costo di realizzazione della ristrutturazione secondo il progetto del Mazza sale a ben 1500 scudi, ma è possibile spendere meno della metà, 700 scudi, nel caso in cui si rinunci alla costruzione delle torri. In realtà non è del tutto chiaro quali interventi preveda il pacchetto di spesa di 700 scudi in quanto, dalle parole del gonfaloniere Venturini, che in una sua lettera spiega i progetti di Mazza65, sembra di capire che questo non comprenda né la messa in

sicurezza della struttura della loggia, né la tamponatura del terrazzo scoperto. Tuttavia è difficile pensare che il costruttore suggerisse una ristrutturazione senza proporre alcun sistema per ovviare all’imminente rovina delle murature; inoltre le parole del gonfaloniere si discostano da quanto riportato nella planimetria ascritta all’opzione di spesa più bassa (tav. XVI), nella quale il terrazzo è chiaramente tamponato.

Nel progetto del Mazza, prescelto dalla comunità nella sua variante più dispendiosa e dunque reso esecutivo, non è dato conoscere la configurazione del secondo piano, anche se si potrebbe ipotizzare una precisa congruenza degli ambienti con quelli del piano nobile. Certamente esisteva un’ampia sala soprastante quella del vicario, che nel febbraio del 1778 viene suddivisa da tramezzi in legno66 “per levarci dei comodi per i vari usci”67 e in

particolare per ricavare il banco di uno dei notai68.

Il banco per l’altro notaio, invece, si trova collocato al pianterreno, in un locale adiacente l’ingresso. Si tratta di uno dei pochi ambienti identificati con una didascalia nella planimetria, insieme alla loggia e alle carceri pubbliche, che vengono lasciate nella loro sede originaria. Nella pianta non si riconosce nemmeno l’ubicazione delle segrete, solitamente ravvisabili dalle consuete finestre ferrate. Gli unici indizi che le riguardano sono forniti ancora dai documenti successivi: una memoria databile pressappoco al gennaio del 1776 rivela che una

64 Le cupole a cipolla costituiscono una scelta stilistica interessante perché, non essendo appartenenti alla

tradizione costruttiva italiana, ma piuttosto dell’Europa orientale, denunciano l’origine straniera del loro ideatore. In una lettera del cancelliere di Marradi il muratore Mazza viene definito svizzero (vedi Appendice, n. IV.28) ed è significativo come a Friedrichshafen, una cittadina affacciata sulla sponda tedesca del lago di Costanza, situato al confine con la Svizzera, esista una chiesa la cui facciata è inquadrata da due torrette laterali culminanti in due cupole a cipolla molto simili a quelle pensate per il pretorio.

65 Vedi Appendice, n. IV.4. 66 Vedi Appendice, n. IV.30. 67 Vedi Appendice, n. IV.34.

68 Il vicario Paolo Rindi afferma che la volta della sala “forma il Piano del Banco di questo mio Notaro”, senza

specificare se di quello civile o criminale. Vedi Appendice, n. IV.26. La sala al secondo piano esiste tutt’oggi ed è utilizzata per le assemblee comunali.

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carcere si affaccia nel ricetto del pretorio, mentre altre due sono situate “in una parte laterale, e ricevono la Luce da due finestrelle che sono a Livello di altre Finestre di Particolari, dalle quali si può facilmente introdurre Viglietti, e parlare comodamente con i Segretanti”69.

Dunque le prigioni segrete sono tre, di cui la prima citata è indubbiamente quella collocata al pianterreno al di sopra della carcere pubblica degli uomini. Le altre due, che sono visitate dall’architetto Fallani nel marzo dello stesso anno, si sa soltanto che sono affacciate nel cortile del palazzo, in corrispondenza a due finestre nella casa Fabbroni70.

69 Vedi Appendice, n. IV.22.

70 Vedi Appendice, n. IV.25. Dato che gli ambienti disegnati intorno al cortile al primo piano non sembrano

confarsi alla funzione di prigione (non si ravvisano infatti ambienti con murature di adeguato spessore e dotati delle classiche finestrelle ferrate) probabilmente queste si trovavano al secondo piano.

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