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ERGONOMIC ANALYSIS AND ORGANIZATIONAL ANALYSIS FOR PREVENTION ANALYSE ERGONOMIQUE ET ANALYSE ORGANISATIONNELLE POUR LA PRÉVENTION ANALISI ERGONOMICA E ANALISI ORGANIZZATIVA PER LA PREVENZIONE

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ERGONOMIC ANALYSIS

AND ORGANIZATIONAL ANALYSIS FOR PREVENTION

ANALYSE ERGONOMIQUE ET ANALYSE

ORGANISATIONNELLE POUR LA PRÉVENTION

ANALISI ERGONOMICA E ANALISI ORGANIZZATIVA

PER LA PREVENZIONE

JEAN-CLAUDE SPERANDIO

UNIVERSITÉ DE PARIS V–RÉNÉ DESCARTES GIOVANNI RULLI

AGENZIA DI TUTELA DELLA SALUTE DELL’INSUBRIA

Abstract

The ergonomic analysis of work activities, typical of the francophone tradition, may usefully benefit from the organizational analysis that considers the well-being of the subjects of the action processes. According to the theory of organizational action, this encounter is possible: the method it proposes allows the integration of biomedical analysis and ergonomic analysis for the purpose of prevention in the workplace. A seminar of the Interdisciplinary Research Program “Organization and Well-being”, with the example of an ergonomic analysis of airline pilots’ activity and an organizational analysis of a work situation in large archives, shows the compatibility and the possible synergies between the two research paths.

Keywords

Ergonomic analysis, Organizational analysis, Biomedical analysis, Well-being, Prevention.

The texts of this ebook were originally published in the journal Ergonomia, 1999, 12: 21-35. We thank Edizioni Moretti & Vitali for authorizing this new publication.

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Licenza: CC BY-NC-ND 4.0 © Copyright 2020 degli autori

ISBN: 978-88-98626-24-3

DOI: http://doi.org/10.6092/unibo/amsacta/6559

The TAO Digital Library is part of the activities of the Research Programs based on the Theory of Organizational Action proposed by Bruno Maggi, a theory of the regulation of social action that conceives organization as a process of actions and decisions. Its research approach proposes: a view on organizational change in enterprises and in work processes; an action on relationships between work and well-being; the analysis and the transformation of the social-action processes, centered on the subject; a focus on learning processes.

The contributions published by the TAO Digital Library are legally deposited and receive an ISBN code. Therefore, they are to be considered in all respects as monographs. The monographs are available online through AMS Acta, which is the institutional open archive of the University of Bologna. Their stable web addresses are indexed by the major online search engines.

TAO Digital Library welcomes disciplinary and multi- or inter-disciplinary contributions related to the theoretical framework and the activities of the TAO Research Programs:

- Innovative contributions presenting theoretical or empirical analysis, selected after a double peer review sprocess;

- Contributions of particular relevance in the field which are already published but not easily available to the scientific community.

The submitted contributions may share or not the theoretical perspective proposed by the Theory of Organizational Action, however they should refer to this theory in the discussion.

EDITORIAL STAFF

Editor: Bruno Maggi

Co-editors: Francesco M. Barbini, Giovanni Masino, Massimo Neri, Giovanni Rulli, Angelo Salento International Scientific Committee:

Jean-Marie Barbier CNAM, Paris Science of the Education

Vittorio Capecchi Università di Bologna Methodology of the Social Sciences Yves Clot CNAM Paris Psychology of Work

Renato Di Ruzza Université de Provence Economics Daniel Faïta Université de Provence Language Science Vincenzo Ferrari Università degli Studi di Milano Sociology of Law Armand Hatchuel Ecole des Mines Paris Management Luigi Montuschi Università di Bologna Labour Law Roberto Scazzieri Università di Bologna Economics

Laerte Sznelwar Universidade de São Paulo Ergonomics, Occupational Medicine Gilbert de Terssac CNRS Toulouse Sociology of Work

ISSN: 2282-1023

www.taoprograms.org – dl@taoprograms.org http://amsacta.cib.unibo.it/

Pubblicato nel mese di dicembre 2020 da TAO Digital Library – Bologna

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Introduzione

Il Programma Interdisciplinare di Ricerca “Organization and Well-being” ha dedicato il suo 19° seminario, nel 1998 a Bologna, a una riflessione sulla possibile complementarità dell’analisi ergonomica delle attività di lavoro, propria della tradizione francofona, con l’analisi organizzativa orientata alla prevenzione, condotta secondo la scelta teorica e metodologica su cui il Programma O&W è fondato.

L’analisi delle attività di lavoro, com’è noto, caratterizza numerosi indirizzi ergonomici di origine e tradizione francofona, cui il Programma O&W ha da sempre prestato particolare attenzione. Numerosi seminari hanno ospitato studiosi di centri di ricerca e laboratori di questa tradizione, coinvolgendoli nei dibattiti via via promossi dalle attività del programma. Il 19° seminario è stato tuttavia rivolto a un particolare obiettivo: accostare due modalità di analisi del lavoro, entrambe dirette a fini di prevenzione, ma disciplinarmente diverse, per riflettere sulle differenze e le sinergie possibili. L’analisi ergonomica delle attività di lavoro, infatti, è nata essenzialmente da un incontro tra fisiologia e psicologia sperimentale e cognitiva, mentre l’analisi dei processi d’azione di lavoro proposta dalla teoria dell’agire organizzativo e condotta secondo il metodo delle congruenze organizzative che ne è derivato, è fondata anch’essa su un incontro interdisciplinare, ma che riguarda le discipline sociali.

E’ possibile una complementarità, e come si può esprimere? L’interpretazione del processo di lavoro non può che giovarsi dell’apporto convergente dell’analisi della regolazione dell’azione sociale da un lato, e della regolazione fisiologica e cognitiva dall’altro lato. La teoria dell’agire organizzativo include il benessere dei soggetti coinvolti nei processi d’azione; il metodo delle congruenze organizzative permette un incontro diretto con le discipline biomediche, ed è in effetti da sempre adottato da medici del lavoro e

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operatori della prevenzione. Un analogo incontro è possibile con l’analisi ergonomica. L’ergonomia di tradizione francofona ha mostrato alla fine del Novecento una nuova attenzione per gli aspetti di ordine organizzativo delle situazioni di lavoro: a ciò fu dedicato in particolare il 30° Congresso della Société d’Ergonomie de Langue Française, presieduto da Jean-Claude Sperandio, a Biarritz nel 1995.

La riflessione proposta dal 19° seminario del Programma O&W ricorda in modo significativo un momento di rilevante interazione tra due campi di studio e di ricerca, chiaramente distinti ma aperti al colloquio e alle possibilità di collaborazione. E’ sembrata quindi opportuna una riedizione delle relazioni di tale seminario. Esse sono state pubblicate originariamente nel 1999 dalla rivista Ergonomia, la prima rivista italiana dedicata all’ergonomia - attiva per circa un decennio - fondata da Enrico Moretti nel 1993 con un ricco programma aperto a dibattiti multidisciplinari, a risultati di ricerca, a orientamenti progettuali, oltre che allo studio di campo ergonomico.

Le due relazioni del seminario riguardano, rispettivamente, un’analisi ergonomica e un’analisi organizzativa. La presentazione di ogni analisi è seguita da un commento proposto dal punto di vista dell’altro orientamento di analisi.

Il primo contributo riguarda l’attività di piloti di linee aeree. L’autore è Jean-Claude Sperandio, all’epoca Direttore del Laboratoire d’Ergonomie Informatique della Université de Paris V - René Descartes. L’analisi è condotta con un simulatore di volo abitualmente utilizzato per l’addestramento dei piloti, che permette di rappresentare in successione numerose situazioni verificatesi di fatto in tempi diversi, guasti e inconvenienti di volo che possono provocare incidenti e disastri. Sono evidenziate le decisioni degli equipaggi nel far fronte a condizioni di alto rischio, e le reazioni dei piloti alle prescrizioni imposte per la guida ampiamente automatizzata degli aerei.

Il secondo contributo riguarda la movimentazione di materiale cartaceo in grandi archivi. L’autore è Giovanni Rulli, medico chirurgo specializzato in medicina del lavoro e in igiene e medicina preventiva, appartenente alla

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direzione dei servizi sanitari territoriali del Nord-ovest della Lombardia. L’analisi pone in luce le scelte organizzative che sono all’origine di rischio posturale per la colonna vertebrale, e utilizza procedure di campo biomedico per la determinazione di tale rischio. Essa permette inoltre di prospettare diverse scelte organizzative che possono evitare il rischio presente nella situazione di lavoro analizzata, tra cui - precorrendo quanto sarà realizzato diversi anni dopo – la scansione dei documenti e l’informatizzazione degli archivi. Evidenzia così possibilità di prevenzione primaria, non soltanto di protezione e riduzione dei rischi come nell’intervento tradizionale sui disturbi muscoloscheletrici.

Il commento alla prima analisi è di Giovanni Rulli: esso mostra come l’analisi del processo organizzativo in cui l’attività dei piloti è immersa può essere la naturale integrazione dell’analisi ergonomica. Jean-Claude Sperandio commenta la seconda analisi, le compatibilità e le possibili sinergie dello studio organizzativo e biomedico di Giovanni Rulli con l’analisi ergonomica delle attività di lavoro.

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Analisi ergonomica dell’attività dei piloti di linee aeree

Jean-CIaude Sperandio, Université de Paris V - René Descartes

Introduzione

L’ergonomia sviluppata nella tradizione francofona (Ombredane, Faverge, 1955; Daniellou, 1996; Sperandio, 1996; Wisner, 1997) insiste sulla necessità di collegare ogni intervento ergonomico a un’analisi precisa del lavoro, cioè dei compiti e delle attività degli operatori e utenti di macchine, con osservazioni sistematiche e interviste, nei luoghi stessi di lavoro. Tuttavia, vi sono casi che non permettono un’analisi del lavoro direttamente sul campo, particolarmente quando lo scopo è studiare i comportamenti e i processi mentali, cognitivi, degli operatori posti di fronte a incidenti tecnici o organizzativi. Generalmente, tali incidenti sono troppo poco frequenti per poter essere osservati nel tempo limitato di un’analisi ergonomica. Inoltre, una condizione elementare di ogni studio scientifico è il carattere riproducibile dei risultati ottenuti su una popolazione rappresentativa e abbastanza numerosa. In questi casi, la simulazione sperimentale, quando è tecnicamente possibile e quando è abbastanza rappresentativa della realtà, cioè del lavoro reale in condizioni abituali, è la soluzione ideale e spesso è l’unica proponibile. Nel caso particolare del pilotaggio aereo, i simulatori di volo, molto realistici, sono utilizzati da molto tempo, in particolare per la formazione professionale dei piloti.

L’analisi qui presentata, condotta con Arona Aw (1997), ha utilizzato un simulatore di tipo full flight, cioè capace di simulare esattamente un posto di pilotaggio di un aereo con tutte le reazioni ai comandi di pilotaggio, nonché di produrre perfettamente i guasti e gli incidenti tecnici, e di simulare anche le comunicazioni con il controllo aereo. La somiglianza con la realtà è quasi perfetta, anche secondo i piloti, abituati a pilotare i simulatori di volo; essi sanno bene che non si tratta di un volo reale ma accettano di comportarsi in

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modo abituale. Occorre ricordare che questi simulatori sono omologati dai servizi ufficiali dell’aeronautica, come gli aerei.

Abbiamo usato un simulatore dell’Airbus A320, perché il costruttore europeo Airbus era partner di questa indagine, finanziata dal Ministero dei Trasporti francese (Direzione Generale dell’Aviazione Civile) nel quadro di un programma di ricerche sui “fattori umani” in aeronautica. L’aereo A320 è stato scelto perché è un esemplare tipico degli aerei di nuova generazione, chiamati anche glass cockpits, le cui principali caratteristiche sono un alto livello dell’informatizzazione, dell’automazione e dell’aiuto al pilotaggio. Tale denominazione si riferisce a una presentazione generalizzata dell’informazione su schermi catodici, invece dei quadranti classici, in funzione delle fasi di volo e dei compiti in corso. Prima di questa analisi, un’altra similare è stata condotta, da Arona Aw, su aerei di tipo convenzionale (DC10).

Poiché lo scopo di questo contributo non è fare una lezione sul pilotaggio degli aerei moderni, né entrare nei dettagli della ricerca e dei risultati, sottolineeremo i nessi tra l’analisi ergonomica e l’analisi organizzativa, insistendo sulla complessità del lavoro. L’ergonomia non si interessa solo al miglioramento delle macchine, dei posti di lavoro e dell’ambiente, ma si occupa anche dell’organizzazione del lavoro e dei sistemi di lavoro. Tuttavia, se l’ergonomia si è basata sin dalle sue origini sulla fisiologia e sulla psicologia, prendendo conoscenze e metodi da queste scienze e sviluppando nuove conoscenze e nuovi metodi adatti alle problematiche del lavoro umano, bisogna invece riconoscere che gli aspetti organizzativi non sono stati presi in considerazione con lo stesso livello di competenza. Questa lacuna deriva in parte da una cultura insufficiente degli ergonomi in questo campo di studio, ma anche dal fatto che pochissimi ricercatori di organizzazione si interessano all’ergonomia.

Origine della ricerca

Lo scopo iniziale è un’indagine delle possibilità e dell’interesse di formazioni di tipo LOFT (Line Oriented Flight Training) per i piloti di linea. La

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formazione dei piloti professionisti inizia generalmente su piccoli aerei, per ottenere le licenze di base del pilotaggio, prima con visibilità, poi senza visibilità. Essa richiede in seguito una formazione specifica per ogni tipo di aereo commerciale, generalmente predisposta dal costruttore dell’aereo o dalla compagnia aerea del pilota, e ore di addestramento sino alle licenze professionali. In seguito i piloti di linea partecipano ad addestramenti periodici, allo scopo di mantenere la propria qualificazione (recurrent training), per apprendere qualche nuova procedura, ma principalmente per addestrarsi a fronteggiare incidenti di gravità e frequenza variabile.

Mentre le formazioni di base sono soprattutto focalizzate su apprendimenti individuali (per ottenere le licenze), lo scopo del LOFT, considerando che un aereo di linea è pilotato non da un solo pilota ma da un equipaggio di due o tre individui, riguarda lo sviluppo delle risorse di tutto un equipaggio al completo. Questa formazione pone l’accento sulle interazioni in seno agli equipaggi, specialmente a fronte di eventi imprevisti, non solo gravi, in particolare quando la soluzione non si basa su una procedura appresa. In questo spirito è stato sviluppato il concetto di CRM (Cockpit Resource

Management).

Le potenzialità di un equipaggio non sono date semplicemente dalla somma delle competenze individuali, ma anche dal tipo di cooperazione e dalle relazioni che si instaurano tra i membri, particolarmente negli equipaggi a due piloti, che hanno entrambi la stessa abilitazione di pilotaggio. Essi si alternano ai comandi dell’aereo. Sebbene il comandante di bordo abbia una posizione gerarchica più alta, non è sempre il più esperto del tipo di aereo, né il più anziano in età o nella compagnia. Ne possono risultare alcuni conflitti, particolarmente in caso di situazioni problematiche. L’interesse del LOFT non riguarda quindi l’apprendimento delle procedure del pilotaggio di base, ma l’addestramento degli equipaggi a risolvere collettivamente gli incidenti. E’ vero che i piloti sono bene allenati a risolvere gli incidenti maggiori (panne di motore, incidenti elettrici o idraulici, incendi, ecc.), ma questi sono molto rari; al contrario, essi sono meno allenati a fare fronte agli incidenti meno gravi, che

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pure non sono rarissimi. Pertanto la nostra analisi ha riguardato i comportamenti di ricerca di soluzione degli incidenti mediamente frequenti e non gravi, in accordo con i dati di un’analisi condotta da Arona Aw delle statistiche degli incidenti registrati su questo tipo di aereo.

Metodologia

Il simulatore full flight dell’Airbus A320 permette di simulare in modo realistico un gran numero di incidenti durante voli completi o parziali. La principale difficoltà è costruire uno scenario coerente incorporando in un solo volo tutti gli incidenti che interessano gli sperimentatori. Ogni incidente è scelto con alcune ipotesi precise sui comportamenti attesi e sulle ragioni che hanno i piloti di esitare o di sbagliarsi. Una soluzione, comunque impossibile per i limiti di tempo, di costo e di disponibilità del simulatore e dei piloti, sarebbe moltiplicare gli scenari sperimentali, ma questo potrebbe provocare altri problemi metodologici per omogeneizzare le condizioni sperimentali.

Abbiamo scelto di simulare un volo completo in tempo reale, dalla preparazione iniziale del volo da parte dei piloti fino all’arresto dei reattori, da un aeroporto francese (Marsiglia) fino a un altro aeroporto in un paese vicino in Europa (Bruxelles): così il tempo di volo non è troppo lungo, senza essere troppo breve. Durante questo volo, i piloti fanno il loro lavoro come al solito. Sono vestiti con l’uniforme, sono in contatto radio con gli organismi di controllo aereo e fanno gli abituali annunci ai passeggeri. Diversi incidenti o problemi accadono durante il volo: piccoli errori nei dati del piano di volo da rilevare e correggere durante la sua preparazione, guasto del radar meteorologico, costrizione imposta dal controllo aereo dell’altitudine durante la fase di salita, allarme tecnico ambiguo, guasto parziale del pilota automatico, sciopero improvviso dell’aeroporto di destinazione che provoca un dirottamento verso un altro aeroporto (ad esempio Paris-Roissy), indisponibilità momentanea della pista di atterraggio che provoca all’ultimo momento un atterraggio sulla pista di decollo (procedura rara ma imposta dalla torre di controllo quando la pista di atterraggio non è disponibile), e infine un blocco alle alette che turba

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l’equilibrio dell’aereo, pur senza impedire l’atterraggio. Questi ultimi incidenti si succedono rapidamente. Tutto questo, lungi dall’assomigliare a un film che accumula catastrofi, costituisce al contrario un volo quasi normale, nel corso del quale tali incidenti sono plausibili, anche se inducono un forte carico di lavoro.

Il simulatore registra tutte le informazioni, gli allarmi, i comandi eseguiti dai piloti e tutte le comunicazioni verbali scambiate. Inoltre, per gli scopi della sperimentazione, quattro videocamere frontali e laterali sono installate al fine di registrare i comportamenti dei piloti, che possono quindi, dopo il volo, osservare e commentare i propri comportamenti durante le fasi critiche del volo.

Risultati

Quindici equipaggi (composti di due piloti) qualificati per questo tipo di aereo, di una compagnia aerea francese, hanno eseguito questo volo completo, tutti esattamente nelle stesse condizioni sperimentali, e tutti sono riusciti, con sicurezza, a portare a termine la missione di raggiungere la destinazione finale. Questo è il primo risultato.

Ogni pilota ha cercato una soluzione ai diversi incidenti, mettendo in atto dei comportamenti “personalizzati”, non sempre ottimali in termini di carico di lavoro, ma garantendo la sicurezza come principale criterio. Il dettaglio dei risultati sarebbe troppo lungo e troppo tecnico in questa sede, ma si può dire che essi mostrano bene certe difficoltà del lavoro degli equipaggi in caso di incidenti, di fronte alla complessità degli aerei moderni e all’opacità del funzionamento degli automatismi. E ciò benché l’automazione di certe funzioni, molto sviluppata su questo tipo di aereo, anche se parziale, sia volta a diminuire il carico di lavoro dei piloti, almeno quando tutto funziona perfettamente, come è il caso più generale.

L’automazione è solo parziale, in effetti, e la supervisione umana delle funzioni automatizzate resta un’attività fondamentale. Spetta agli equipaggi riprendere in mano il pilotaggio in caso di inefficacia degli automatismi e trovare la soluzione agli incidenti o ai problemi che si producono, peraltro poco

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frequentemente, la cui maggiore difficoltà è diagnosticare la natura dell’incidente e la sua causa. A questo proposito, i nostri risultati hanno mostrato qualche lacuna nella formazione e nella documentazione di bordo, per quanto riguarda gli incidenti rari e poco gravi, e alcune difficoltà con l’interfaccia di presentazione dell’informazione sugli schermi. Inoltre, diverse costrizioni esterne all’aereo, riguardanti l’ingombro dello spazio aereo e gli aeroporti, accrescono il carico di lavoro degli equipaggi.

Tra i numerosi fattori rilevati dall’analisi del lavoro, due sono molto importanti: le costrizioni di tempo e le procedure prescritte.

Gli equipaggi devono, in effetti, gestire parecchi tempi e costrizioni riguardanti i tempi (Aw, Sperandio, 1998):

- il tempo tecnico intrinseco dell’aereo, chiamato “tempo sistema”, che definisce diversi segmenti incomprimibili, dall’inizio della preparazione al volo fino alla fine, considerando che questo tempo non termina all’atterraggio;

- il tempo della gestione operativa dell’aereo, chiamato “tempo regolamentare”, che definisce altri segmenti incomprimibili, imposti dalla compagnia o dalla regolamentazione aerea;

- il tempo del controllo aereo (ATC Air Traffic Control), più che mai impellente a causa della saturazione dello spazio e degli aeroporti;

- il tempo della missione commerciale, chiamato “tempo passeggeri”, che impone di partire all’ora prevista e soprattutto di arrivare all’ora annunciata, sapendo che ciò dipende da parecchi parametri esterni, in particolare l’autorizzazione dell’ATC, la verifica tecnica dell’aereo e l’adempimento delle operazioni aeroportuali.

L’accumulo di queste pressioni temporali ha grande influenza sul carico di lavoro degli equipaggi. Anche il rispetto delle procedure è un fattore di carico di lavoro (anche se contemporaneamente un fattore di sicurezza). Il pilotaggio è in effetti ritmato dalle check-list che devono essere sistematicamente lette e seguite scrupolosamente per rispettare le procedure previste durante il volo e in caso di incidenti. Forti costrizioni di tempo, da una parte, procedure scritte e imposte, d’altra parte, fanno tipicamente del pilotaggio un lavoro molto

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prescritto. Certo, tra i compiti prescritti e il lavoro reale si possono notare differenze – tema caro agli ergonomi -, ma minori se paragonate a quelle che si possono abitualmente osservare in ogni lavoro, non solo industriale.

I piloti devono dimostrare la loro competenza a prendere in tempo utile le decisioni adeguate, ma l’organizzazione - cioè la compagnia aerea, i servizi ufficiali, ecc. - veglia sul rispetto minuzioso delle procedure e della regolamentazione. La conseguenza di queste prescrizioni permanenti porta i piloti a essere molto scrupolosi. A tale punto che, di fronte a incidenti o problemi nuovi, essi cercano anzitutto nella documentazione di bordo la procedura adeguata, che è ritenuta sempre detentrice della soluzione. Ciò non è vero in ogni caso, il problema può presentarsi in modo ambiguo o non se ne trova traccia nella documentazione. Durante la nostra simulazione la ricerca della soluzione nella documentazione di bordo è stata osservata presso quasi tutti gli equipaggi, come accade di solito.

Tuttavia, i piloti perdono così, o almeno rischiano di perdere, le competenze necessarie per analizzare i problemi ed elaborare essi stessi la migliore soluzione. Nei sistemi complessi non è possibile conoscere, prevedere e prevenire tutti i problemi e gli incidenti possibili, contrariamente a ciò che spesso è preteso. Il rischio è dunque di trovarsi in situazioni in cui la documentazione e le procedure prescritte sono carenti, e di perdere tempo prezioso invece di impegnarsi subito nell’elaborazione personale della soluzione del problema.

Il rispetto delle regole prescritte è assolutamente necessario, perché troppi incidenti, infortuni e catastrofi sono causati proprio dal mancato rispetto di tali procedure. Ma è anche vero il contrario. Non bisogna trascurare che le competenze del pilota non sono semplicemente attinenti al saper manovrare un aereo nell’aria, ma includono il governo dell’interazione tra elementi aria-suolo di cui tenere continuamente conto. Infatti, ogni aereo è un elemento in interazione, non sempre previsibile, con molti altri. E’ importante che gli equipaggi, come molti anni fa, conservino un certo grado di libertà per risolvere autonomamente gli imprevisti di cui non conoscono una soluzione prescritta

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dal loro addestramento. Al contrario, le compagnie aeree e i costruttori di aerei, come l’aeronautica in generale, civile o militare, tendono a far perdere al pilota degli aerei moderni, soprattutto quelli molto automatizzati, queste ricchezze innovative del mestiere, per una lodevole preoccupazione di sicurezza e a profitto di una perfetta disciplina.

La formazione deve comporre un “compromesso” sufficiente, nel senso sviluppato da Amalberti (1996), tra un eccesso di prescrizioni, incompatibile con la complessità del pilotaggio degli aerei moderni e un’eccessiva autonomia, anch’essa incompatibile con questa complessità e con quella del sistema aeronautico attuale. Paradossalmente, malgrado tutte le prescrizioni e un severo controllo del loro rispetto e della regolamentazione aerea, o forse precisamente a causa di tutte queste prescrizioni, nelle situazioni a rischio spetta infine all’equipaggio, e talvolta solo al comandante di bordo, prendere la decisione critica.

Commento di Giovanni Rulli all’analisi di Jean-Claude Sperandio

Vi sono diversi aspetti di complementarità tra il percorso di analisi ergonomica del lavoro della tradizione francofona e l’analisi organizzativa con il metodo delle congruenze organizzative, cioè secondo la teoria dell’agire organizzativo. Nella presentazione di Jean-Claude Sperandio emergono tali aspetti, che tenterò di evidenziare.

Dall’introduzione della presentazione si rileva anzitutto l’intento dell’ergonomia francofona di analizzare il lavoro per come esso si manifesta, sul campo, nell’attribuzione di compiti a soggetti che lavorano, e di far precedere un’analisi precisa del lavoro all’intervento ergonomico. Strumenti descrittivi fondamentali nel metodo illustrato da Jean-Claude Sperandio sono l’osservazione e la verbalizzazione, cioè la raccolta di informazioni dai soggetti al lavoro: gli stessi elementi (e la raccolta di documentazione) sono strumenti descrittivi essenziali nell’analisi organizzativa per la prevenzione proposta dal Programma di ricerca “Organization and Well-being”, secondo il metodo delle congruenze organizzative.

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Questa modalità di analisi, giustamente pur senza enfasi, è differente dalla modalità dell’ergonomia anglofona. In quest’ultima, infatti, l’oggetto di analisi, e quindi di comprensione, non è il lavoro come evento sociale, organizzativo, di cognizione e di azione, quanto piuttosto lo specifico incontro tra tecniche e soggetti agenti, con l’obiettivo della maggiore compatibilità possibile tra essere umano e tecniche, in ottica di sicurezza e salute certamente, non solo di efficacia ed efficienza, ma secondo una netta predeterminazione tecnica.

Il percorso di analisi organizzativa per la prevenzione proposto dal Programma O&W può offrire un importante contributo all’analisi ergonomica, tramite una descrizione analitica e un’interpretazione che conducono all’identificazione di scelte organizzative i cui caratteri patogeni possono essere valutati anche grazie ai consolidati strumenti di conoscenza dell’ergonomia, fisiologici e psicologici. La tradizione fondata sull’analisi degli aspetti fisiologici e psicologici non esaurisce tuttavia la lettura della situazione di lavoro: in questo senso Jean-Claude Sperandio rileva la mancanza di approfondimenti di ordine organizzativo. L’analisi condotta secondo il metodo delle congruenze organizzative può validamente colmare questa lacuna, permettendo di identificare gli elementi di costrittività organizzativa (condizioni di potenziale pericolosità) meritevoli di interpretazioni di ordine fisiologico, psicologico, clinico, politecnico, ecc.

Anche la simulazione di situazioni di volo è compatibile con un procedimento pluridimensionale di analisi del lavoro, specialmente se si considera tale forma di sperimentazione come una rappresentazione delle “situazioni tipiche” di lavoro, senza pretese totalizzanti. La simulazione è particolarmente adatta a far emergere le eccezioni, le situazioni impreviste, ove si evidenzia particolare variabilità. L’analisi organizzativa interpreta questo procedimento come manifestazione dei bisogni di cambiamento nel processo di pilotaggio, e pone attenzione alla verifica delle modifiche nel processo indotte da nuovi interventi di formazione.

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I comportamenti giudicati “non ottimali” sono stati posti in relazione a carenze nella formazione, nella documentazione di bordo, nella presentazione dell’informazione su schermi catodici (compresa l’opacità di certi automatismi dell’aereo), nelle condizioni dello spazio aereo e dell’aeroporto. In tal modo si sono evidenziate diverse incongruenze inerenti all’intero processo di pilotaggio, certamente ascrivibili, grazie al contributo dell’analisi organizzativa, a specifiche relazioni tra aspetti istituzionali, tecnici e strutturali del pilotaggio. Questo è un campo dove è ipotizzabile una rivisitazione analitica del processo d’azione, che permetta di interpretare da un punto di vista organizzativo le origini di tali forme di costrittività, e conseguentemente di proporre scelte alternative di obiettivi, di strutturazione, di tecniche.

Risalta come elemento cruciale il tempo: esso appare insufficiente riguardo a diverse prescrizioni (pressione temporale) e riguardo a situazioni di emergenza che si manifestano (urgenza). Il pilotaggio è “ritmato” dall’esecuzione di check-list, sia in condizioni ordinarie sia in condizioni di anomalia. Si noti come per le compagnie aeree la scelta e il rispetto delle procedure siano elementi importanti di valutazione, e quindi di “coinvolgimento dei soggetti agenti” (se si utilizza la terminologia dell’analisi organizzativa). Il tempo è sempre un elemento cruciale nell’analisi secondo il metodo delle congruenze organizzative. In particolare permette di evidenziare eventuali incongruenze tra attribuzione dei compiti e tempi assegnati di svolgimento.

Su questo aspetto l’analisi presentata da Jean-Claude Sperandio offre spazi di approfondimento sinergico. Ciò specialmente a proposito dell’assunzione di decisioni autonome, cioè dell’esercizio di autonomia, non solo di discrezionalità. A quale autonomia ci si può riferire? A quella riguardante l’attribuzione di una responsabilità, di un compito di governo, oppure quella inerente al complessivo processo decisionale? In quest’ultimo caso emerge con chiarezza il possibile contributo dell’analisi organizzativa al percorso ergonomico prospettato. Per mezzo dell’analisi organizzativa è possibile progettare il percorso decisionale che tenga conto in modo consapevole degli

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obiettivi del processo, prospettando anche un nuovo bisogno di formazione, centrato non solo sulla simulazione di pilotaggio ma anche sulle più generali dinamiche del processo decisionale dell’equipaggio. Ad esempio potrebbero proporsi percorsi di formazione sulla capacità di individuare elementi discriminanti tra perseguimento di alternative di scelte prescritte ed esercizio di autonomia all’approccio di problemi complessi, o capacità di orientarsi alla condivisione di processi decisionali. Infine anche l’approfondimento con l’analisi organizzativa dei cosiddetti “quasi incidenti” potrebbe essere utile alla riprogettazione ergonomica del pilotaggio. Grazie a questi contributi sarebbe possibile tentare di conciliare prescrittività e autonomia, nella complessità del moderno processo di pilotaggio.

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Analisi organizzativa per la prevenzione nella movimentazione di

materiale cartaceo in grandi archivi

Giovanni Rulli, Agenzia di Tutela della Salute dell’Insubria

Introduzione

Molte Direttive dell’Unione Europea sulla salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro (89/391/CEE e seguenti) invitano a considerare la complessiva situazione di lavoro sin dalla sua progettazione. L’analisi e la progettazione del lavoro appaiono quindi strettamente connesse con il processo di prevenzione, e la valutazione delle condizioni di rischio sul lavoro è il primo passo per una completa individuazione di misure di prevenzione. La valutazione richiesta dalle Direttive comunitarie deve essere esaustiva e basata su criteri scientifici espliciti (Maggi, 1997). Essa deve mostrare le relazioni tra: condizioni di rischio riguardanti la situazione di lavoro, insorgenza del rischio, possibilità e probabilità del rischio, possibilità di danno, possibilità di eliminazione dei rischi (prevenzione), possibilità di riduzione del rischio (protezione). Le Direttive dell’Unione Europea in tema di salute e sicurezza sul lavoro non appaiono rivolte a una semplice “quantificazione” del rischio (come probabilità di certe entità di danno), ma sono orientante verso una completa e continua analisi del lavoro. Tale analisi deve estendersi alla valutazione di possibilità di insorgenza di

rischio, per individuare livelli analitici di intervento di prevenzione e

protezione.

Capire il lavoro per trasformarlo è l’obiettivo dell’ergonomia francofona, e l’analisi organizzativa può fornire un importante contributo per vaste azioni di prevenzione. Questo punto di vista invita i ricercatori e i lavoratori a riflettere sull’insufficienza del modello probabilistico basato sulla necessità di relazioni dirette tra cause ed effetti, e a perseguire invece l’indagine sulla possibilità del rischio (Maggi, 1984/1990; Rulli et al., 1997) ove la partecipazione dei lavoratori è implicita, sia per capire sia per progettare il processo di lavoro.

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Che cosa richiede un’analisi dei processi di lavoro per la prevenzione? Anzitutto occorre evidenziare alcuni principali aspetti (Maggi, 1997):

a) il processo di benessere. L’evoluzione verso un’idea di benessere come processo perfettibile (Rulli, 1996) presuppone di non limitarsi a considerare standard epidemiologici, ma di rivolgersi a standard di preferibilità, riguardo alle aspettative delle popolazioni e alle prospettive di prevenzione. Da questo punto di vista è necessario evitare sia procedimenti di indagine deterministici (ove l’individuo è sottoposto a scelte tecniche), sia indeterministici (ove non è riconoscibile un progetto organizzativo del lavoro).

b) il processo di lavoro. Il processo di lavoro è il risultato di scelte, decisioni e azioni. Le scelte organizzative sono scelte di obiettivi, scelte di coordinamento e controllo (di strutturazione), e scelte tecniche. Esse sono interdipendenti e nessuna di esse può essere considerata come semplicemente subordinata alle altre. Nei luoghi di lavoro è possibile valutare le relazioni tra questi livelli analitici, evidenziando gli elementi di incongruenza riguardanti obiettivi del processo di lavoro, compiti e loro relazioni, condizioni di luoghi, materiali, mezzi, coordinamento e controllo degli individui, tecniche, ecc. Grazie a queste peculiari caratteristiche dell’analisi, sono ipotizzabili scelte alternative per ogni aspetto dell’organizzazione, al fine di ridurre le incongruenze, che sono potenziali condizioni di pericolo. In questa serie di passi analitici e interpretativi, la conoscenza dei principi dell’ergonomia deve essere estesa agli aspetti di progettazione del lavoro, basati sulla consapevolezza dell’importanza di concepire il lavoro in termini di processo.

c) la prevenzione primaria. L’oggetto della prevenzione non è solo il lavoratore coinvolto, ma l’intero processo di lavoro. La visione analitica del processo è l’unica utile per la prevenzione primaria, mentre procedimenti di descrizione sintetici, che non evidenziano e non discriminano sufficientemente gli specifici contributi organizzativi, possono portare solo a interventi di prevenzione secondaria o terziaria. La conoscenza epidemiologica è estremamente utile, ma non sufficiente, perché si rivolge ai danni per spiegare i rischi (intesi come probabilità di insorgenza di danni). La prevenzione primaria richiede invece la

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conoscenza delle relazioni tra scelte organizzative e possibilità di rischio. Inoltre, la prevenzione primaria richiede una approfondita conoscenza delle alternative di scelta nel processo di lavoro, al fine di valutare le condizioni di rischio che ciascuna scelta organizzativa può implicare.

d) la valutazione delle condizioni di rischio. Essa consiste nella valutazione delle possibili relazioni tra scelte, decisioni, azioni, e le conseguenze su rischi e danni. Suggerisce di non attendere la probabilità (o peggio, la certezza) della presenza di rischi e danni, specialmente quando l’esposizione è variabile, o quando appare difficile o impossibile l’identificazione di relazioni causa-effetto specifiche (Rulli et al., 1996).

Un esempio di analisi

Un caso di analisi di un processo di lavoro può utilmente servire da esempio. Esso riguarda azioni di sollevamento manuale da parte di operatori singoli. L’analisi è rivolta a identificare alternative di scelta di obiettivi, di coordinamento e controllo, e di conoscenze tecniche. Obiettivo dell’analisi è la determinazione del rischio posturale per la colonna vertebrale. La valutazione ha anche utilizzato il modello NIOSH (Waters et al., 1993), ma ha riguardato il complessivo insieme di scelte, decisioni e azioni che possono comportare un rischio posturale per la colonna vertebrale, sino a giungere a proporre scelte organizzative alternative orientate alla prevenzione primaria. L’analisi ha riguardato il lavoro nell’archivio di una grande Compagnia assicurativa italiana. La descrizione si è basata sull’osservazione diretta del lavoro, sull’acquisizione di informazioni tramite interviste e consultazione di documenti aziendali, e sulla videoripresa di situazioni di lavoro.

Si è utilizzato il metodo derivato dalla teoria dell’azione organizzativa di Bruno Maggi, detto metodo delle congruenze organizzative (Maggi, 1984/1990). I passi principali sono:

a) la scelta del processo da analizzare, sulla base degli obiettivi dell’indagine (efficienza, efficacia, conseguenze sul benessere dei lavoratori, salvaguardia dell’ambiente, ecc. );

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b) la descrizione degli obiettivi del processo analizzato, della struttura delle azioni tecniche e del loro svolgimento, delle scelte tecniche in esso previste; c) l’interpretazione, cioè la valutazione delle congruenze tra scelte istituzionali, tecniche e strutturali che governano il processo analizzato, e l’identificazione degli elementi di costrittività organizzativa indotti dalle scelte organizzative.

Gli obiettivi desiderati del processo investigato sono l’archiviazione di documenti assicurativi (in tre gruppi principali: incidenti del traffico, documenti di Direzione, altri incidenti), eventuali periodiche consultazioni, e la distruzione finale dei documenti dopo un certo periodo di tempo.

Il coordinamento e controllo delle azioni tecniche è rappresentato da: a) l’archiviazione di documenti in scaffali o cassettiere di altezza variabile tra 20 e 210 cm. da terra, dopo il loro arrivo quotidiano in scatoloni da 20 Kg. circa ciascuno (l’attuale immagazzinamento è di più di 13 milioni di documenti); b) la ricerca e la consultazione di circa 14.000 documenti l’anno; c) l’accatastamento in container al fine di inviare i documenti al macero, dopo 5 o 10 anni. Queste azioni si svolgono contemporaneamente nel processo, per tempi variabili durante i differenti momenti della giornata.

Il coordinamento e controllo dello svolgimento delle azioni tecniche può essere così brevemente descritto: i soggetti coinvolti sono 35 maschi, di solito di un livello professionale medio-basso; la movimentazione manuale di carichi è

svolta in uffici open space (8 piani di 400 m2 ciascuno), in differenti momenti

dalle ore 8.00 alle 17.00, usando le mani, carrelli, piccoli sgabelli, scalette, scale con piattaforma, scaffali automatizzati; i lavoratori coinvolti usufruiscono di una speciale “indennità”, e la loro formazione avviene per affiancamento.

Le conoscenze tecniche richieste dalle azioni descritte, al fine di ottenere gli obiettivi desiderati, sono molteplici e riguardanti la natura dei documenti e il complessivo processo di consultazione degli stessi, di pianificazione del posizionamento dei documenti su scaffali o in cassettiere, di utilizzo di attrezzature d’ausilio, e l’uso di modi di sollevamento rivolti a evitare incidenti e problemi muscoloscheletrici.

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Interpretazione

Valutando congruenze e incongruenze tra tali categorie analitiche, è possibile identificare gli elementi di costrittività organizzativa, e quindi le possibili condizioni di rischio per il benessere dei lavoratori.

Secondo lo scopo della nostra analisi (la prevenzione dei disturbi della colonna vertebrale), abbiamo evidenziato solo le condizioni di rischio di incidente o di disordine muscolo-scheletrico (anche tramite l’applicazione dei criteri NIOSH, “indici di sollevamento”) (Waters et al., 1993).

La Tabella 1 riporta l’elenco di alcune azioni tecniche svolte manualmente, valutate con i criteri NIOSH, e i relativi “indici di sollevamento” (IS).

Tabella 1

Azioni tecniche Peso

movimentato manualmente

Altezza di partenza dei

movimenti delle mani Altezza di arrivo dei movimenti delle mani

I.S. per maschio adulto Sollevamento (manuale) di scatole di

documenti da carrelli a tavoli

20 Kg. 20 cm. 90 cm. 1.32

Sollevamento (manuale) di scatole di documenti da pallets a piani medi di scaffali

20 Kg. 10 cm. 140 cm. 1.40

Sollevamento (manuale) di fascicoli per l’inserimento in scaffali robotizzati

5 Kg. 90 cm. 70 cm. 0.50*

Sollevamento (manuale) di fascicoli da tavoli a cassettiere multiple (piano alto)

5 Kg. 90 cm. 170 cm. 0.30

Sollevamento (manuale) di scatole di documenti da tavoli a scaffali alti

20 Kg. 90 cm. 210 cm. ∞

* in qualche caso la dislocazione orizzontale può arrivare sino a 65 cm. con I.S.= ∞

I compiti non presentano movimenti associati, sono svolti in posizione in piedi, con adeguata presa del carico (e a due mani), buona frizione piedi-suolo, condizioni microclimatiche favorevoli, adeguati tempi di recupero tra le effettuazioni dei diversi compiti. Sono state in particolare indicate le altezze di partenza e di arrivo dei movimenti, elementi “moltiplicatori” con maggiore rilevanza nella composizione degli IS complessivi (rapporto tra peso effettivamente movimentato e limite di peso raccomandato).

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I principali elementi di costrittività organizzativa evidenziati dall’interpretazione delle relazioni tra le diverse categorie analitiche di descrizione sono stati:

- condizioni di pericolo (schiacciamento, caduta, ecc.) collegate alla movimentazione di carichi non sempre stabili, all’uso di carrelli, piccoli sgabelli, scalette, scale con piattaforma, scaffali automatizzati, con caratteristiche che non rispettano i princìpi ergonomici;

- ripetitività di azioni semplici, che richiedono tuttavia attenzione;

- necessità di conoscenze dell’intero processo e delle caratteristiche di pianificazione dell’immagazzinamento di differenti tipi di documenti;

- necessità di conoscere i mezzi di ausilio (attrezzature, scaffali robotizzati, ecc.); - necessità di ampi spazi per l’immagazzinamento;

- necessità di un gran numero di rimozioni e consultazioni periodiche di documenti, in un numero di azioni variabile nei diversi giorni;

- altezze incongrue di immagazzinamento in scaffali o cassettiere;

- movimentazione manuale di carichi (specialmente scatoloni di documenti) con indici di sollevamento spesso superiori ai valori raccomandati, e con variabilità nel numero e nella frequenza delle azioni;

- necessità di personale esclusivamente maschile, privo di handicap;

- carenza di progetti di formazione sul processo e sugli aspetti di prevenzione dei disturbi della colonna vertebrale.

E’ possibile proporre scelte alternative al fine di prevenire e ridurre i disturbi della colonna vertebrale, ad esempio:

- acquisendo nuovi ausili (quali scale e sgabelli con sistemi elevatori idraulici o elettromeccanici) al fine di facilitare la movimentazione degli scatoloni di documenti;

- riducendo le dimensioni degli scatoloni, e le altezze di immagazzinamento; - promuovendo la formazione, estesa ai rischi connessi alla movimentazione di carichi e alla importanza di corrette azioni di sollevamento (back school, ecc.); - identificando specifiche parti della giornata dedicate alla movimentazione, e limitando la frequenza dei sollevamenti;

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- definendo un programma di sorveglianza sanitaria mirato.

Un commento più approfondito è tuttavia necessario sulla incongruenza tra obiettivi desiderati del processo (archiviazione e consultazione) e correlate scelte strutturali e tecniche. La maggior parte della movimentazione manuale di carichi è, infatti, diretta verso l’immagazzinamento orientato in senso logico, per facilitare un’agevole e rapida consultazione di documenti. Sono stati installati scaffali automatizzati al fine di facilitare la rimozione di documenti, sulla base del loro precedente inserimento. Tali scelte mostrano che l’interpretazione logica di questo tipo di archivi non è diversa da quella utilizzata per magazzini di pezzi di ricambio o materie prime. L’orientamento ai problemi della movimentazione manuale di carichi non dovrebbe tuttavia esaurirsi nell’automazione, nella meccanizzazione, nel supporto delle azioni, o nell’ottimizzazione delle azioni stesse in termini di durata, frequenza, forza applicata, o comunque nella modificazione dei moltiplicatori influenti sugli indici di sollevamento, ecc. Esso dovrebbe estendersi alla riflessione sugli scopi dell’archiviazione, e sulla “natura” della “materia” archiviata. Scelte alternative basate sull’immagazzinamento di informazioni piuttosto che di fogli di carta sarebbero certamente in questo caso più congruenti. Una scelta potrebbe essere la scansione dei documenti, un’altra, ancor più evoluta, l’acquisizione di informazioni selezionate (in vista degli usi successivi) attraverso l’uso di modelli predefiniti di documenti. Queste ultime scelte, che sono diverse dalla semplice automazione o meccanizzazione delle operazioni, permetterebbero di evitare:

- l’interpretazione dell’archiviazione di documenti alla stregua

dell’immagazzinamento di oggetti d’uso;

- la necessità di sempre maggiori spazi (che avviene in primo luogo con l’aumento delle altezze di accatastamento);

- la necessità di estendere l’uso di scaffali elettromeccanici robotizzati, che è una prima alternativa alla semplice movimentazione manuale, ma sempre ispirata allo stesso principio di movimentazione di materiali, non di informazioni;

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- il continuo ricorrere al prelevamento e reinserimento di documenti, al fine di fornire informazioni richieste da uffici centrali o periferici;

- il vincolo alla scelta di personale maschile, e privo di handicap; - infine, la stessa movimentazione manuale di carichi.

Questa scelta permetterebbe inoltre di operare immediatamente richieste di dati per fini statistici, anche per pianificazioni nel marketing, mentre ora queste valutazioni sono possibili solo attraverso complessi assemblaggi di dati provenienti da fonti diverse. Tuttavia una scelta di questo tipo deve essere attentamente condotta, per prevedere le conseguenze sulle differenti conoscenze tecniche richieste, sui complessivi costi, anche in termini di riduzione e soprattutto di riconversione della manodopera, sulla necessità di riservatezza e identificabilità dei dati, sull’emergenza di nuovi e diversi bisogni di formazione.

Questo esempio di analisi mostra che qualsiasi programma di miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza può avvalersi di semplici interventi (sui materiali d’uso o sulla sorveglianza sanitaria), ma non deve perdere di vista la complessità degli elementi che determinano il globale contesto di lavoro. Inoltre deve essere sempre prevista la possibilità di agire radicalmente sugli obiettivi dei processi e sugli articolati modi per raggiungerli, naturalmente definendo una gerarchizzazione degli interventi e una loro conseguente pianificazione. Così l’analisi organizzativa può offrire un contributo non solo all’identificazione del rischio (come probabilità dell’accadimento di un danno) e dell’esposizione (dosi, tempi, ecc.), ma specialmente all’esplicitazione dei complessi aspetti delle scelte che possono determinare la possibilità di rischio per il benessere dei lavoratori.

Commento di Jean-Claude Sperandio all’analisi di Giovanni Rulli

L’analisi condotta e presentata da Giovanni Rulli potrebbe essere definita come ergonomica. II tema di questa analisi - le conseguenze delle movimentazioni di scatoloni pesanti in termini di rischio di disordini muscoloscheletrici (DMS o, in inglese, WMSD, work related musculo skeletal

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disorders) - è un tema centrale dell’ergonomia medico-fisiologica attuale. Una

delle conseguenze dell’aumento di tali disordini osservati è uno sviluppo degli studi ergonomici dedicati a questo argomento e dell’attenzione rivolta alle lagnanze dei lavoratori, non solo gli addetti a un lavoro fisico pesante, ma anche coloro che lavorano negli uffici, specialmente se seduti davanti a un computer.

Il tema delle DMS è anche oggetto della medicina del lavoro contemporanea. Il punto di vista della medicina del lavoro riguarda in primo luogo la diagnosi precoce di queste DMS, le cure necessarie e le conseguenze eventuali per qualche possibile incapacità ad alcuni posti di lavoro. Il punto di vista dell’ergonomia è complementare: l’adattamento dei posti di lavoro, degli strumenti e dei metodi allo scopo di evitare qualsiasi rischio (o almeno di diminuire il rischio) di DMS, in ergonomia correttiva come in ergonomia preventiva. Quindi, l’analisi di Rulli può interessare gli ergonomi, anche coloro che sono interessati unicamente o principalmente agli aspetti fisiologici.

Ma Giovanni Rulli adotta, secondo la teoria e il metodo proposti da Bruno Maggi, un’analisi organizzativa. Questa linea di ricerca è perfettamente convergente con l’ergonomia. In effetti, quando si toccano (nel senso di concepire o di modificare) i mezzi tecnici del lavoro, si tocca o si deve toccare (nel senso di muovere, di adeguare) l’organizzazione. Se le conseguenze non sono studiate e prese in conto, diversi segni d’inadattabilità appaiono rapidamente. Reciprocamente, non si può concepire o modificare un’organizzazione senza considerare i mezzi tecnici, l’ambiente fisico o sociale, le caratteristiche delle persone, ecc.: sono due ambiti sempre collegati di ogni processo innovativo. Quindi una soluzione di organizzazione che avrebbe avuto successo qui può fallire altrove, se le condizioni sociali e materiali sono differenti. Allo stesso modo, ogni cambiamento tecnico che non includa un processo di (ri)organizzazione è diretto all’insuccesso. Numerosi insuccessi in operazioni mal ordinate di introduzione dell’informatica nelle imprese ne sono un esempio.

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Giovanni Rulli sottolinea i conflitti che si presentano tra i criteri di archiviazione dei documenti e di consultazione di questi documenti una volta archiviati. Disporre tali oggetti allo scopo di occupare al meglio lo spazio disponibile oppure allo scopo di ritrovarli facilmente implica veramente due logiche differenti. Bisogna tenere conto della natura degli oggetti (forma, dimensioni, peso, prossimità eventualmente incompatibile con altri oggetti) e delle logiche di ricerca e di utilizzazione. Bisogna pure tenere conto di diversi altri criteri di nocività per gli operatori, particolarmente quando gli oggetti sono pesanti e possono indurre un rischio di DMS.

Vorrei ora commentare le proposte di modifica indicate da Rulli allo scopo di prevenire e ridurre il rischio di DMS. Modifico l’ordine dell’esposizione:

- acquisire nuovi ausili al lavoro di movimentazione dei carichi pesanti; - ridurre le dimensioni degli scatoloni e le altezze d’immagazzinamento;

- identificare specifiche parti della giornata dedicate alla movimentazione e limitare la frequenza dei sollevamenti;

- promuovere la formazione al sollevamento corretto; - definire un programma di sorveglianza sanitaria.

Sono cinque proposte ergonomiche che hanno tutte una dimensione organizzativa evidente. Acquisire nuovi mezzi coinvolge una scelta di materiali che avranno immancabilmente un impatto sulla scelta delle risorse umane, cioè sulla scelta delle persone e delle qualificazioni nel futuro. Rulli ha notato che il personale è esclusivamente maschile e privo di handicap, perché è necessaria forza fisica. Vediamo ciò che è successo in alcune imprese dopo l’introduzione di macchine automatizzate e, in modo più generale, dei mezzi tecnici che riducono la necessità di fare sforzi fisici: è stata cambiata la scala delle attitudini richieste agli operatori. Le donne, ma anche uomini più anziani o più deboli o con qualche handicap fisico minore, che erano precedentemente esclusi, diventano capaci di svolgere il lavoro. Per esempio, un tempo le donne erano escluse dalla professione di pilota di linea perché la manipolazione dei comandi degli aerei di vecchia generazione poteva richiedere una certa forza fisica, non

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riconosciuta alle donne; ma con l’assistenza elettro-idraulica degli aerei moderni, la forza fisica non è più un criterio decisivo di capacità. Ugualmente per la guida di grossi autocarri. L’introduzione dell’informatica ha molto cambiato le competenze richieste per diversi mestieri, meno forza fisica richiesta ma più intelligenza, meno destrezza manuale ma più capacità a trattare l’informazione simbolica. L’automazione comunque non è senza conseguenze sui livelli occupazionali, sulla disoccupazione e sulle retribuzioni.

La dimensione organizzativa della seconda proposta (ridurre le dimensioni degli scatoloni e le altezze d’immagazzinamento) è evidente, non vi insisterò. La dimensione cronofisiologica e cronopsicologica è implicita nella proposta di identificare specifiche parti della giornata dedicate alla movimentazione e di limitare la frequenza dei sollevamenti. E’ noto da molto tempo che la frequenza degli infortuni sul lavoro può essere ridotta per mezzo di limitazioni adeguate della durata del tempo di lavoro. Questo effetto è noto e si osserva anche fuori del lavoro, per esempio in casa o sulle strade, particolarmente tra gli autotrasportatori, specialmente di notte. Considerando i DMS, è stato provato l’effetto della pesantezza dei carichi e della durata del lavoro.

La necessità di una formazione specifica per il sollevamento di carichi si pone ai confini dell’ergonomia. Per eccesso di ottimismo l’ergonomia postula che un sistema ben progettato non dovrebbe aver bisogno di formazione specifica né di selezione particolare dei lavoratori, tuttavia la generalizzazione di tale criterio è utopistica. Le posture e i gesti hanno una grande importanza sull’insorgenza dei DMS; i movimenti corretti devono essere appresi. Sostituire l’empirismo inefficiente o pericoloso con una formazione adeguata è una scelta organizzativa fondamentale.

E’ una scelta organizzativa fondamentale anche definire e applicare un programma di sorveglianza sanitaria dei DMS, ma si può osservare che le imprese che hanno una politica avanzata di formazione professionale hanno anche una politica sanitaria avanzata, e viceversa.

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Infine, Giovanni Rulli propone una forte riflessione sulla possibile diminuzione del volume dell’archiviazione di documenti per mezzo di una scansione ottica o addirittura di una generazione informatica dei documenti. Questa scelta presenta diverse difficoltà tecniche, costi e inconvenienti, ma può in effetti cambiare la natura dei problemi di archiviazione. Per esempio, può limitare le manipolazioni di scatoloni pesanti, ma anche aumentare la velocità della consultazione, facilitare il trasferimento di documenti tra posti di lavoro lontani, ecc. Come Rulli ha sottolineato, occorre guardare alla protezione dei lavoratori nonché ai vantaggi per gli utilizzatori anche a lungo termine. Certi documenti cartacei sono conservati da secoli; che diventeranno su supporti informatici?

Finirò con una storiella assai nota: un capo ordina ai suoi subordinati di distruggere uno stock di vecchi documenti, divenuti inutili con l’informatica, ma non senza raccomandare di farne le fotocopie, poiché con gli strumenti tecnici, non si sa mai!

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