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CAPITOLO II. La Politica Europea di Sicurezza e di Difesa (PESD)

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CAPITOLO II. La Politica Europea di Sicurezza e di Difesa

(PESD)

1. Cenni storici sulla politica estera di sicurezza comune (PESC)

Nel 1948, nell'immediato secondo dopoguerra, con il Trattato di Bruxelles nasce l’UEO26 organismo avente il compito di coordinare le politiche di difesa e sicurezza - sulla base quindi di un patto di autodifesa collettiva - dei cinque Paesi firmatari (Regno Unito, Francia, Belgio, Lussemburgo e Paesi Bassi).

L’impulso alla difesa e sicurezza dei paesi occidentali, ebbe una significativa spinta dopo i fatti di Berlino del 194827 ovvero con il blocco di Berlino da parte dell’Unione Sovietica e il ponte aereo per Berlino delle forze occidentali.

La vicenda dell'assedio a Berlino Ovest favorì la nascita di un'Alleanza del mondo occidentale contro la percepita minaccia sovietica e nel 1949 fu firmato

26 UEO (del 17 marzo 1948), Unione Europea Occidentale: un'organizzazione di sicurezza militare e

cooperazione politica. Con gli Accordi di Parigi del 23 ottobre 1954 (da cui la dizione Trattato di Bruxelles modificato) ne entrarono a far parte l’Italia e la Repubblica Federale Tedesca. L’UEO ha giocato un ruolo nell'integrazione della Germania Ovest nell'Alleanza atlantica (1955). Dopodiché il ruolo dell'UEO è passato in secondo piano, rispetto a quello giocato dalla NATO, sul controllo delle politiche nazionali di difesa. Ai primi 7 Paesi firmatari dell’UEO si sono aggiunti nel 1990 la Spagna e il Portogallo, e da ultimo nel 1995 la Grecia. Elemento fondamentale del Trattato è l’articolo 5, che prevede l’assistenza automatica di tutti gli Stati membri in caso di aggressione nei confronti di uno di essi. Nel 1999 gran parte delle sue funzioni furono trasferite alla UE. Dopo il Trattato di Lisbona (che non fa alcun riferimento alla UEO) si è cominciato a discutere della cessazione dell’UEO. La presidenza della UEO, a nome degli Stati membri, proclamava la decisione collettiva di “terminare” il Trattato entro giugno 2011. Le residue attività dell’Organizzazione cessarono il 1º luglio e vennero definitivamente trasferite all’UE.

27 il 24 giugno del 1948 l'Unione Sovietica bloccò gli accessi ai tre settori di Berlino occupati da

statunitensi, inglesi e francesi, tagliando tutti i collegamenti stradali, ferroviari e della rete elettrica che attraversavano la parte di Germania sotto controllo sovietico. Venne quindi organizzato un imponente ponte aereo per Berlino Ovest in soccorso della popolazione. L'autorità di mediazione e controllo diplomatico venne garantita da un'organizzazione non ufficiale (delle tre potenze promotrici dell’aiuto umanitario: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna) a cui partecipava come contatto anche personale sovietico per facilitare il dialogo che non poteva avvenire tra le rappresentanze governative ufficiali. L'Unione Sovietica tolse il blocco a Berlino Ovest a mezzanotte del 12 maggio 1949.

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38 a Washington D.C. il Patto Atlantico: trattato istitutivo della NATO28. Come si evince dall’art.5 del trattato, il concetto informatore di questa nuova "Alleanza" era quello della difesa collettiva29 nei confronti essenzialmente dell’Unione sovietica (anch’essa uscita vincitrice dalla seconda guerra mondiale) che reagì dando vita ad una alleanza militare contrapposta: siglata dal Patto di Varsavia30 del 1955.Con la nascita del Patto di Varsavia ebbe inizio la Guerra fredda31, così definita in quanto, in realtà, mai combattuta sul campo, e protratta fino alla caduta del Muro32 di

Berlino 1989.

28 Le trattative per il Patto Atlantico si svolsero tra i firmatari del trattato di Bruxelles (Regno

Unito, Francia e Benelux), Stati Uniti d'America, Canada, Norvegia, Danimarca, Islanda, Portogallo e Italia. « Lo scopo della NATO è di tenere dentro gli americani, fuori i russi e sotto i tedeschi ». Affermazione attribuita a Lord Ismay, primo Segretario generale della NATO. John L. Harper, La

guerra fredda. Storia di un mondo in bilico. Dalla caduta del muro di Berlino (1989) la NATO ha

progressivamente perso la propria caratteristica di "Alleanza Difensiva" per orientarsi sempre più come un ambito di collaborazione militare tra Paesi aderenti. In linea generale, la NATO oggi rappresenta l'organizzazione militare più utilizzata per l'imposizione del pieno rispetto della Carta dell'ONU e delle norme e convenzioni di Diritto umanitario e di Diritto bellico, delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU relative a situazioni di crisi di importanza globale.

29 Art. 5: « Le parti concordano che un attacco armato contro una o più di esse, in Europa o

in America settentrionale, deve essere considerato come un attacco contro tutte e di conseguenza concordano che, se tale attacco armato avviene, ognuna di esse, in esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva, riconosciuto dall'articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti attaccate prendendo immediatamente, individualmente o in concerto con le altre parti, tutte le azioni che ritiene necessarie, incluso l'uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza dell'area Nord Atlantica». Il disposto dell'art. 5 del Trattato, mai attuato durante la Guerra fredda, venne invocato per la prima volta nella storia il 12 settembre 2001 dagli Stati Uniti, in risposta all'attacco terroristico del giorno precedente a New York.

30 Il trattato, elaborato da Nikita Chruščёv nel 1955 e sottoscritto a Mosca, è noto come Patto di

Varsavia: città nella quale fu stabilita la sede degli organi del Patto di Varsavia: la cui costituzione avvenne la settimana successiva all'ingresso ufficiale della Germania Ovest nella NATO.

31 Fu una lotta per la supremazia fra due superpotenze e i loro alleati e satelliti, una contrapposizione

ideologica, una corsa agli armamenti, una corsa a dividersi le spoglie della supremazia europea nel Terzo Mondo; paradossalmente una lunga pace, almeno in Europa, per quanto sempre sull'orlo del precipizio.

32 Muro di Berlino: il 13 agosto 1961, il governo della Germania Est (Repubblica Democratica

Tedesca, filosovietica) iniziò la costruzione di un muro attorno ai tre settori occidentali sotto influenza statunitense. Dall’iniziale filo spinato, si passò ad utilizzare elementi prefabbricati di cemento e pietra per realizzare il vero e proprio muro che circondò completamente i settori occidentali: Berlino Ovest divenne un'isola rinchiusa entro i territori orientali. Venne così impedita la libera circolazione delle persone tra Berlino Ovest (Repubblica Federale di Germania) e il territorio della Germania Est. Simbolo della cortina di ferro - linea di confine europea tra la zona d'influenza statunitense e quella sovietica durante la guerra fredda- il muro ha diviso in due la città di Berlino per 28 anni, fino al 9 novembre 1989, giorno in cui il governo tedesco-orientale decretò l'apertura delle frontiere con la repubblica federale.

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39 Durante questo periodo la politica di difesa militare dell’UEO è stata fortemente condizionata e subalterna a quella della Nato.

Nel 1992 venne firmato a Maastricht il Trattato sull’Unione europea (entrato in vigore il 1° Novembre 1993) che gettò anche le basi per la creazione della politica

estera di sicurezza comune PESC.

L’Unione europea venne pensata dal Trattato di Maastricht con una “struttura a pilastri”: il primo consistente nelle Comunità europee (CE, CECA ed Euratom), il secondo dalla PESC, il terzo dalla Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale (GAI). Secondo l’art. J.1 del nuovo Trattato di Maastricht, il secondo pilastro ovvero la “politica estera e di sicurezza comune” era da programmare e da attuare sia dall’Ue sia dagli Stati membri. Si mirava, quindi, alla cooperazione e integrazione comunitaria (ottica sovranazionale) lasciando spazio alla sovranità nazionale dei singoli Stati membri dell’Ue di determinare liberamente la propria politica estera, dentro la cornice dell’Ue, delle norme di diritto internazionale e dello stato di diritto.

Nel 1997 con la firma del Trattato di Amsterdam si svilupparono ulteriori aspetti della politica di sicurezza. All’art J.7 si stabilì di «creare una vera e propria identità europea in materia di sicurezza e di difesa» e che l’UEO avrebbe fornito «all’Ue l’accesso ad una capacità operativa di difesa, in particolare nel contesto delle missioni di Petersberg». Quest’ultime erano missioni umanitarie - di mantenimento della pace o di ripristino della pace - che, in effetti, l’UEO intraprese dal 1988 fino al 1999.

Nel 1999 gran parte delle funzioni dell’UEO furono trasferite nelle mani dell’Ue: ciò avvenne inseguito ai Consigli europei di Colonia33 e di Helsinki34 - dedicati ai

33 Dichiarazione del Consiglio Europeo di Colonia (giugno 1999): si intende «fornire all’Unione

europea i mezzi e le capacità necessari perché possa assumere le proprie responsabilità per quanto riguarda una politica europea comune in materia di sicurezza e di difesa. [..] l’Unione deve avere la capacità di condurre azioni in modo autonomo, potendo contare su forze militari credibili, i mezzi per decidere di farle intervenire e la disponibilità a farlo, al fine di rispondere alle crisi internazionali senza pregiudizio per le azioni della NATO. L’UE aumenterà pertanto la propria capacità di contribuire alla pace e alla sicurezza internazionali secondo i principi della Carta delle Nazioni Unite […] in particolar modo a far sì che l’Unione europea abbia a disposizione le capacità (anche militari) necessarie e le strutture appropriate ad un’efficace capacità decisionale nella gestione delle crisi nell’ambito dei compiti di Petersberg. Questo è il settore in cui maggiormente urge una capacità d’agire europea. Lo sviluppo di una capacità di gestione delle crisi militari deve essere considerato un’attività nel contesto della PESC (titolo V TUE) ed un elemento della graduale definizione di una politica comune di difesa in conformità dell’articolo 17 del TUE».

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40 lavori sugli aspetti militari e non militari della gestione delle crisi internazionali e delle missioni umanitarie - che annunciarono un “Rafforzamento della politica europea comune in materia di sicurezza e di difesa”.

Si decise quindi – nell’ambito dei cosiddetti "compiti di Petersberg", per la gestione delle crisi - di sviluppare capacità militari più efficaci e di istituire nuove strutture politiche e militari per tali compiti. Al riguardo, l'Unione stabilì di conseguire una capacità autonoma di prendere decisioni e, in assenza di un impegno dell'intera NATO, di lanciare e condurre operazioni militari dirette dall'Ue in risposta a crisi internazionali.

Il Consiglio europeo di Colonia (1999) segnò quindi la nascita della Politica

Europea di Sicurezza e di Difesa (PESD)35: parte integrante della PESC36.

34 Dichiarazione del Consiglio Europeo di Helsinki (dicembre 1999), ALLEGATO 1

DELL'ALLEGATO IV: «L'Unione europea dovrebbe avere la capacità autonoma di prendere decisioni e, ove non sia impegnata la NATO nel suo complesso, di lanciare e condurre operazioni militari dirette dall'UE in risposta a crisi internazionali a sostegno della Politica estera e di sicurezza comune (PESC). L'azione dell'Unione sarà condotta in conformità dei principi della Carta delle Nazioni Unite e dei principi e degli obiettivi della Carta sulla sicurezza europea dell'OSCE. L'Unione riconosce al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite la responsabilità primaria del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali».

35 PESD, sulle sue origini ed evoluzione si veda sub, Cap. 1, 1.

36 PESC, Articolo 24 del TFUE, trattato di Lisbona firmato il 13 dicembre 2007 (ex articolo 11 del

TUE) : «La competenza dell'Unione in materia di politica estera e di sicurezza comune riguarda tutti i settori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell'Unione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune. La politica estera e di sicurezza comune è soggetta a norme e procedure specifiche. Essa è definita e attuata dal Consiglio europeo e dal Consiglio che deliberano all'unanimità, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente. È esclusa l'adozione di atti legislativi. La politica estera e di sicurezza comune è messa in atto dall'ARe dagli Stati membri in conformità dei trattati. Il ruolo specifico del Parlamento europeo e della Commissione in questo settore è definito dai trattati. La Corte di giustizia dell'Unione europea non è competente riguardo a tali disposizioni, ad eccezione della competenza a controllare il rispetto dell'articolo 40 del presente trattato e la legittimità di talune decisioni, come previsto dall'articolo 275, secondo comma del trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Nel quadro dei principi e degli obiettivi dell'azione esterna, l'Unione conduce, stabilisce e attua una politica estera e di sicurezza comune fondata sullo sviluppo della reciproca solidarietà politica degli Stati membri, sull'individuazione delle questioni di interesse generale e sulla realizzazione di un livello sempre maggiore di convergenza delle azioni degli Stati membri.

Gli Stati membri sostengono attivamente e senza riserve la politica estera e di sicurezza dell'Unione in uno spirito di lealtà e di solidarietà reciproca e rispettano l'azione dell'Unione in questo settore. Essi si astengono da qualsiasi azione contraria agli interessi dell'Unione o tale da nuocere alla sua efficacia come elemento di coesione nelle relazioni internazionali. Il Consiglio e l'alto rappresentante provvedono affinché detti principi siano rispettati».

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41 Con il Trattato di Nizza37 si perfezionò la procedura tipica del metodo di cooperazione sovranazionale in tema di PESC, consolidando il “secondo pilastro” comunitario.

Il Trattato di Lisbona38, entrato in vigore il 1° dicembre 2009, diede un ulteriore spinta allo sviluppo della politica estera e di sicurezza dell’Unione europea con l’introduzione di nuove strutture e procedure decisionali, realizzandosi in un ampio spettro di operazioni militari e civili di mantenimento della pace o di risoluzione di crisi condotte dall’Ue. In primo luogo con il Trattato di Lisbona si è conferita espressamente la “personalità giuridica” all’Ue, rafforzandone il ruolo di attore di diritto internazionale. In secondo luogo si è inteso sostituire la struttura dei tre vecchi “pilastri” con una singola e unitaria struttura con l’obiettivo di renderla operativamente più snella nell’ambito (giuridico-istituzionale) dell’azione esterna

dell’Unione, ovvero nell’insieme delle attività (comunitarie e politiche) che

l’Unione europea è chiamata a esercitare sul piano internazionale. Le modifiche strutturali più importanti apportate dal Trattato sono state, innanzitutto, l’istituzione dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di

Sicurezza39 e, in secondo luogo, l’introduzione di una procedura unica per la

negoziazione e la conclusione di accordi internazionali da parte dell’Unione. L’Unione europea - attraverso l’Alto rappresentante, mandatario del Consiglio, assistito dal Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE) 40 - si propone di parlare con un’unica voce sulla scena internazionale.

Mentre tutti gli accordi internazionali conclusi dall’Ue, sia nell’ambito della PESC, che nelle altre aree di competenza, sono ora sottoposti alle procedure di negoziazione e di conclusione delineate dall’articolo 218 del Trattato di

37 Trattato di Nizza, che modifica il trattato sull’Unione europea, in GUUE C 80, 10 marzo 2001 38 Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull’Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea, Lisbona, 13 dicembre 2007, in GUUE C 306, 17 dicembre 2007

39 Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza - il Trattato di Lisbona ha cercato di realizzare un “legame istituzionale” tra i vari settori dell’azione esterna dell’Unione attraverso la figura dell’Alto rappresentante cosi come descritta dall’articolo 18, paragrafo 2 del nuovo Trattato: - rappresenta l’Unione nelle materie rientranti nella PESC e la guida in qualità di mandatario del Consiglio. Conduce il dialogo politico con i terzi ed esprime la posizione dell’Unione nelle organizzazioni internazionali e in seno alle conferenze internazionali. E’ vicepresidente della Commissione e incaricato delle responsabilità che incombono alla stessa Commissione nel settore delle relazioni esterne.

40 Il Servizio Europeo per l’Azione Esterna (SEAE) è una sorta di servizio diplomatico a sostegno delle azioni e posizioni dell’Unione - Art. 27, par. 3 del TUE.

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42 Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) 41. Ciononostante, come chiarito nelle dichiarazione n.13 relativa alla PESC allegata al Trattato di Lisbona, è espressamente affermato che rimangono «impregiudicate sia le competenze degli

Stati membri, quali esistono attualmente, per la formulazione e la conduzione della loro politica estera sia la loro rappresentanza nazionale nei paesi terzi e nelle organizzazioni internazionali» e tale rimane « il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa degli Stati membri». Nella Dichiarazione n. 14, ugualmente

dedicata alla PESC, è specificato, inoltre, che le medesime disposizioni «non

incidono sulla base giuridica, sulla responsabilità e sui poteri esistenti di ciascuno Stato membro per quanto riguarda la formulazione e la conduzione della sua politica estera, il suo servizio diplomatico nazionale, le relazioni con i paesi terzi e la partecipazione alle organizzazioni internazionali, compresa l’appartenenza di uno Stato membro al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite».

Quindi nonostante il Trattato di Lisbona abbia inteso riunire sotto un’unica “anima” l’azione esterna dell’Unione e integrare la politica estera e di sicurezza nella sua architettura costituzionale, in termini giuridici si è raggiunta solamente un’unità apparente.

In generale, la PESC rimane soggetta a regole e procedure sostanzialmente diverse rispetto a quelle che caratterizzano le altre politiche dell’Unione europea, rimanendo ancorata a quello che era all’epoca il secondo pilastro, in larga parte nelle mani del Consiglio e dei suoi membri. Essa conserva ancora, infatti, una posizione peculiare nell’ordinamento dell’Unione europea pur operando in un contesto dal quale si è cercato di rimuovere ogni possibile segno di divisione. Il Trattato di Lisbona non ha cambiato quindi l’assetto intergovernativo della PESC delineato dai previgenti trattati, ma lo ha razionalizzato e perfezionato . Attualmente, la PESC si configura come un vero e proprio sistema basato sul diritto pattizio derivante dai Trattati.

Il ruolo primario in materia di PESC è svolto dal Consiglio europeo e dal

Consiglio dell’Unione europea (o semplicemente Consiglio). Al primo, in

particolare, spetta individuare le strategie, fissare gli obiettivi, definire gli orientamenti generali per la realizzazione della politica PESC, con la possibilità di convocare una riunione straordinaria qualora lo richiedano gli sviluppi

41 Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE), versione consolidata, in GUUE C 326, 26 ottobre 2012.

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43 internazionali. Il suo Presidente ha la prerogativa di convocare una riunione straordinaria del Consiglio europeo ogniqualvolta lo esigano gli sviluppi internazionali.

Il Consiglio, invece – riunito a livello di Ministri degli esteri – ha il compito di prendere le relative decisioni per l’attuazione della PESC in base alle strategie definite dal Consiglio europeo. Egli è coadiuvato nelle sue funzioni dal COREPER (Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri) e dal Comitato Politico e di Sicurezza (CPS).

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2. Le origini e gli obiettivi della PESD

Nel 1948 fu istituita l’UEO: un'organizzazione di sicurezza militare e cooperazione politica tra i paesi occidentali firmatari del Trattato di Bruxelles. Le attività dell’UEO sono cessate definitivamente il 1º luglio del 2011: le competenze di questa organizzazione sono state, via via, assorbite dall’Ue. Nel 27 maggio 1952 venne firmato il patto istitutivo della CED42, la comunità europea di difesa: primo tentativo di creare una politica di difesa per l’allora Comunità europea. Il progetto della CED che intendeva costituire una autonoma struttura di difesa comune europea fallì nel 1954 . Un altro tentativo, anch’esso fallito, si ebbe poi nel 1962 con i cosiddetti piani Fouchet 43.

Nell’ Atto Unico Europeo44 del 1986, entrato in vigore 1° luglio 1987, si fa il

primo esplicito richiamo alla sicurezza europea come elemento «essenziale allo sviluppo di un'identità dell'Europa in materia di politica esterna».

Mentre le prime disposizioni sulla politica di difesa comune, si hanno nel Trattato di Maastricht del 1992: il Titolo V art. J.4 recita espressamente: «1. La politica estera e di sicurezza comune comprende tutte le questioni relative alla sicurezza

42 Al piano di formulazione di questo trattato di natura intergovernativa dei paesi europei accidentali, partecipò anche l’Italia nella figura di Alcide de Gasperi (influenzato dalle idee di Altiero Spinelli) e dietro l’impulso di Robert Schuman e Eisenhower (rispettivamente: Ministro degli esteri del governo francese e General of the Army americano divenuto 34º presidente degli Stati Uniti d'America nel 1953). Francia e Italia non ratificarono il trattato: l'Italia rimanderà la presentazione al parlamento fino alla decisione francese, che fu negativa: l'Assemblea Nazionale francese rigettò il trattato il 30 agosto 1954. Il 23 ottobre 1954 venne approvato il trattato di Bruxelles modificato: l'Italia e la Germania (la Repubblica Federale Tedesca) entrarono nell'Unione Europea Occidentale. 43 I Piani Fouchet furono elaborati dal diplomatico francese Christian Fouchet e promossi da Charles

de Gaulle come soluzione al dibattito sull’Unione politica e difesa comune sviluppatosi negli anni

1959-1961. L’iniziativa francese voleva favorire l’adesione della Gran Bretagna all’Europa comunitaria che avrebbe comportato per il Regno Unito: una scelta definitiva per l’Europa (unita socio-economicamente) ed una rinuncia alla special relationship con gli Stati Uniti. La seconda stesura del piano (Fouchet II), depositata nel 1962, apportò alcune modifiche al progetto, accentuando il carattere intergovernativo dell’Unione attraverso la previsione di assemblee ministeriali parallele al Consiglio dell’Unione. La cooperazione europea in materia di difesa e di politica estera si sarebbe svolta al di fuori del quadro dell’Alleanza atlantica. I piani Fochet non incontrarono il favore degli altri Stati membri e il negoziato in merito all’adesione britannica entrò in crisi nella seconda metà del 1962, e si interruppe definitivamente nel 1963 proprio a seguito del veto del presidente De Gaulle. 44 Atto Unico Europeo, Lussemburgo 17 febbraio 1986 e L'Aja 28 febbraio 1986 – Titolo III – Disposizioni sulla cooperazione europea in materia di politica estera, in GUUE L 169 del 29.6.1987.

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dell'Unione europea, ivi compresa la definizione a termine di una politica di difesa

comune, che potrebbe successivamente condurre a una difesa comune».

Rimandando all’UEO che rimaneva «parte integrante dello sviluppo dell' Unione europea, di elaborare e di porre in essere le decisioni e le azioni dell'Unione aventi implicazioni nel settore della difesa. Il Consiglio adott[erà], d'intesa con le istituzioni dell'UEO, le necessarie modalità pratiche».

Contestualmente alle vicende che portarono alla riunificazione della Germania, ufficialmente avvenuta il 3 ottobre 1990, nei Balcani cominciava la disgregazione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia che sfociò in una serie di conflitti secessionisti di fronte ai quali i paesi dell’Unione Europea non agirono in modo unitario. La guerra nei Balcani45 che ne derivò fu la più complessa, caotica e sanguinosa in Europa dalla fine della seconda guerra mondiale. Decisivo, per la risoluzione di questi conflitti internazionali, fu l’intervento militare della NATO: che rese palese il ruolo subalterno dei paesi europei. Per l’Unione europea fu evidente l’esigenza di predisporre strumenti adeguati per non trovarsi impreparata al ripetersi di situazioni di crisi internazionale sui territori della vecchio continente.

45 La guerra nei Balcani. Sono diverse le motivazioni alla base di questi conflitti. La più importante è

il nazionalismo imperante nelle diverse repubbliche a cavallo fra la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni novanta (in particolare in Serbia, Croazia e Kosovo, ma in misura minore anche in Slovenia e nelle altre regioni della Federazione), con una propaggine finale nel XXI secolo del conflitto nella Repubblica di Macedonia del 2001. Le Nazioni Unite tentarono più volte di far cessare le ostilità, con la stesura di piani di pace che si rivelarono fallimentari (piani falliti di Carrington-Cutileiro, settembre 1991, Vance-Owen, gennaio 1993, Owen-Stoltenberg, agosto 1993). L’assedio di Sarajevo e le atrocità connesse, determinò il 30 agosto 1995 l’intervento della NATO con l'Operazione Deliberate Force contro le forze della Repubblica Serba in Bosnia di Karadžić. La campagna militare aerea della NATO, data l'evidente superiorità, inflisse gravi danni alle truppe serbo-bosniache e si concluse il 20 settembre 1995. L'intervento alleato fu fondamentale per ricondurre i Serbi al tavolo delle trattative di pace e ai colloqui di Dayton.

Il bilancio della guerra fu molto duro: basti ricordare che il solo assedio a Sarajevo da parte delle truppe serbo-bosniache durò 43 mesi; inoltre ciascuno dei tre gruppi nazionali si rese protagonista di crimini di guerra e di operazioni di pulizia etnica, causando moltissime perdite tra i civili.

La NATO intervenne di nuovo con la guerra del Kosovo: un conflitto armato, svoltosi tra il 1996 ed il 1999. Il governo D'Alema autorizzò l'utilizzo dello spazio aereo italiano, delle basi aeree presenti sul territorio nazionale, e mise a disposizione un'aliquota di cacciabombardieri per le operazioni aeree. Fu il secondo intervento militare italiano a carattere offensivo dalla fine della seconda guerra mondiale (il primo era stato la guerra del golfo contro l'Iraq nel 1991). La guerra del Kosovo è stata l'ultima combattuta nei territori della ex-Jugoslavia e la sua fine ha concluso dieci anni di conflitti regionali (caratterizzati da efferati crimini contro l'umanità) dando inizio ad un periodo di pace e di sviluppo economico e democratico per la maggior parte della regione.

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46 Il 3 e 4 dicembre 1998 si tenne un importante vertice franco-britannico a Saint-Malo, in Bretagna. L'incontro fra Tony Blair e Jacques Chirac creò i presupposti per una nuova area politica dell'Unione europea, che da lì a poco sarebbe stata denominata Politica Europea di Sicurezza e di Difesa (PESD). In sostanza, venne abbandonata l'ipotesi di integrazione dell'UEO all'interno dell'Unione, a favore del graduale trasferimento di competenze dalla prima alla seconda e quindi dello sviluppo di un'autonoma capacità militare da parte dell'Ue.

La Dichiarazione di Saint-Malo46 del 4 dicembre 1998 asseriva: "L'Unione

Europea deve essere in grado di giocare il suo ruolo sulla scena internazionale mediante la creazione di forze armate rinforzate su base industriale e tecnologica per una difesa competitiva e forte: capace di affrontare il rapido aumento dei rischi di attacchi.”

Il documento fu di portata rivoluzionaria, in quanto rappresentava il punto di massima convergenza fra le posizioni di Parigi e Londra, storicamente agli antipodi sul tema della sicurezza dell'Europa: il cd. “dilemma euro-atlantico sulla

sicurezza” che aveva determinato cinquanta anni di impasse. La svolta fu epocale:

se da un lato la Francia, promotrice di una difesa europea indipendente, si riavvicinava parzialmente all’Alleanza Atlantica, dall’altro lato il Regno Unito, fedele al legame euro-atlantico, accettava il fatto che soltanto attraverso l’Ue era possibile migliorare le capacità militari europee. Dietro l’impulso della dichiarazione di Saint-Malo, nel 1999 la maggior parte delle funzioni dell’UEO furono trasferite nelle mani dell’Ue: ciò avvenne in seguito ai Consigli europei di Colonia e di Helsinki.

In particolare il Consiglio europeo di Colonia (giugno 1999) segnò la nascita

ufficiale della Politica Europea di Sicurezza e di Difesa (PESD). In

quell’occasione, furono adottate la “Dichiarazione sul rafforzamento della politica europea comune in materia di sicurezza e di difesa” e la “Relazione della presidenza tedesca sul rafforzamento della politica europea comune in materia di

46 La Dichiarazione di Saint-Malo è documento redatto congiuntamente dal Capo di Stato della

Francia (Jacques Chirac) e dal Capo di Governo della Gran Bretagna (Tony Blair) durante il vertice del 3-4 dicembre 1998. Venne dichiarato che “l’Union européenne doit pouvoir être en mesure de jouer tout son rôle sur la scène internationale, forces armées renforcées, capables de faire face rapidement aux nouveaux risques et s’appuyant sur une base industrielle et technologique de défense compétitive et forte”.

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47 sicurezza e di difesa”. I due documenti prevedono che, allo scopo di consentire all’Unione europea di svolgere appieno il suo ruolo sulla scena internazionale, gli Stati membri intendono fornirle «i mezzi e le capacità necessarie perché possa

assumere le proprie responsabilità per quanto riguarda una politica europea comune in materia di sicurezza e di difesa». Ciò – si legge nella Relazione –

«richiede una capacità di agire in modo autonomo, potendo contare su forze e

capacità militari credibili nonché su organi decisionali appropriati». Tali capacità

e mezzi sono rapportati, in particolare, ai “compiti di Petersberg”, aumentando così la capacità dell’Unione di contribuire alla pace e alla sicurezza internazionale secondo i principi della Carta delle Nazioni Unite. Si afferma, inoltre, la necessità che gli Stati membri creino ulteriori forze «in grado di condurre anche operazioni di gestione delle crisi, senza inutili duplicazioni». Per quanto riguarda le operazioni dirette dall’Unione europea, la Dichiarazione afferma che esse possono essere attuate con il ricorso, o meno, ai mezzi e alle capacità della NATO, a seconda dei casi. La difesa collettiva resta basata sul sistema dell’Alleanza Atlantica, con salvaguardia degli impegni assunti dagli Stati parti ai sensi dell’articolo 5 del Trattato di Washington del 1949 costituente la NATO, nonché ai sensi dell’articolo V del Trattato UEO di Bruxelles.

Nella successiva riunione del Consiglio europeo a Helsinki (dicembre 1999), si sviluppò il progetto Headline Goal 200347 (in seguito sostituito dall’Headline Goal 2010), con l’obiettivo di creare, sul versante militare, una Forza militare di

47 L’Headline Goal 2003 (obiettivo primario del Consiglio di Helsinki) è il progetto dell’Unione di

adozione di uno strumento militare entro il 2003. Progetto sviluppato partendo dalla dichiarazione congiunta tra Francia e Regno Unito a Saint-Malo nel dicembre 1998. Con questo piano, l'Unione Europea si impegnò a raggiungere e mantenere le capacità tali da schierare rapidamente (entro 60 giorni) e per periodi di missione anche prolungati (fino ad un anno) grandi spiegamenti di forze (fino a 15 brigate o 50.000-60.000 uomini) in grado di raggiungere tutti gli obiettivi previsti dalle Missioni di Petersberg e tutelare gli interessi europei in qualunque zona di crisi, fino a 4.000 km da Bruxelles. Per garantire tali capacità, il totale delle forze necessarie è stato calcolato in non meno di 180.000 uomini, in modo da garantire la rotazione del personale in teatro. Nel novembre 2000, nell’ambito di una conferenza a Bruxelles, l'Unione europea stilò una lista delle truppe disponibili (quantificate in 100.000), divenendo nota come catalogo delle forze di Helsinki.

Il Consiglio europeo (giugno 2004) ha approvato un nuovo obiettivo primario denominato "Headline Goal 2010" con l'intento di potenziare le capacità europee nella gestione delle crisi e nella proiezione delle forze. Tale documento è integrato dall'impegno degli Stati membri di raggiungere al massimo entro il 2010, le capacità di reazione rapida e rispondente tutti gli standard concordati per l'assolvimento dell'intero spettro di missioni e di gestione della crisi previste dal Trattato dell'unione europea del 2003, ovvero nel quadro della politica della difesa e sicurezza comune.

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rapido intervento europea che fosse disponibile entro 60 giorni e in grado di

restare operativa per almeno un anno. Con questo progetto furono gettate le basi politiche e giuridiche per la successiva formalizzazione della PESD e della stessa Headline Goal come mezzo per svolgere i “compiti di Petersberg” (Petersberg tasks) ovvero le missioni umanitarie e di soccorso, operazioni di peace-keeping e operazioni di gestione delle crisi, comprese le missioni di peace-making – nel quadro della PESD.

Con il Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2002 nelle Conclusioni della

Presidenza Copenaghen48, venne specificato: «tutti gli Stati membri dell'Ue parteciperanno pienamente alla definizione e all'attuazione della PESC dell'Unione, che includerà tutte le questioni relative alla sicurezza dell'Unione, compresa la progressiva definizione di una politica di difesa comune».

Gli obiettivi della PESD furono chiariti e definiti in seguito al Consiglio europeo

del 12-13 dicembre 2003 di Bruxelles: nelle Conclusioni della Presidenza49 -

Bruxelles, 12 e 13 dicembre 2003 si legge: «Il Consiglio europeo ha adottato la

strategia europea in materia di sicurezza […] Detta strategia europea in materia di sicurezza ribadisce la nostra comune determinazione di assumerci le nostre responsabilità, per garantire un'Europa sicura in un mondo migliore. Essa consentirà all'Unione europea di affrontare meglio le minacce e le sfide globali e di sfruttare le opportunità che si aprono. Un'Unione europea attiva, capace e più coerente avrebbe un impatto su scala mondiale e, così facendo, contribuirebbe a un effettivo sistema multilaterale a sua volta generatore di un mondo più equo, più sicuro e più unito».

Il documento UN'EUROPA SICURA IN UN MONDO MIGLIORE50 del 12 dicembre 2003 - redatto in seguito al Consiglio Europeo – con il sottotitolo

Strategia di Sicurezza Europea, costituì il primo documento strategico dell’Ue.

Con questo documento si riconosceva il ruolo cruciale svolto dagli Stati Uniti nell’integrazione europea e nella sicurezza europea, in particolare tramite la NATO. Con la fine della guerra fredda gli Stati Uniti si sono ritrovati in una posizione dominante dal punto di vista militare. Tuttavia, si prendeva coscienza

48 Cfr. http://www.consilium.europa.eu/it/european-council/conclusions/1993-2003/ 49 Cfr. http://www.consilium.europa.eu/it/european-council/conclusions/1993-2003/ 50 Cfr. https://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/031208ESSIIIT.pdf

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49 che nessun paese era in grado, da solo, di affrontare la complessità dei nuovi problemi. L'Europa doveva far fronte a nuove minacce e sfide alla sicurezza. Il conflitto nei Balcani aveva ricordato che la guerra non era scomparsa dal vecchio continente. Nell’ultimo decennio nessuna regione del mondo era rimasta indenne da conflitti armati, i quali, nella maggior parte dei casi, non furono conflitti tra Stati, bensì conflitti interni facendo vittime soprattutto tra i civili.

Nel primo decennio del XXI secolo forze europee furono schierate all’estero in luoghi molto distanti dall’Europa, come Afghanistan51, Timor Est52, RDC53. Nel documento tra le minacce rilevate vi erano:

• Terrorismo: vari Paesi europei già erano stati attaccati. Basi logistiche di cellule di al Qaeda furono scoperte nel Regno Unito, in Italia, in Germania, in Spagna e in Belgio. Un'azione europea concertata era indispensabile.

51 La Guerra in Afganistan è iniziata il 7 ottobre 2001, ed ha visto l'avvio tra talebani e dei gruppi afghani dell'Alleanza del Nord, mentre gli USA e la NATO hanno fornito, nella fase iniziale, supporto tattico, aereo e logistico. Nella seconda fase, dopo la conquista di Kabul, le truppe occidentali, statunitensi e britanniche in testa, hanno incrementato la loro presenza anche a livello territoriale per sostenere il nuovo governo afghano: Operazione Enduring Freedom: operazioni militari avviate dopo gli attentati dell'11 settembre 2001. Quest’ultimo evento è la giustificazione dell’amministrazione Bush per l'invasione dell'Afghanistan, nell'ambito della guerra al terrorismo con lo scopo di distruggere al-Qāʿida . A partire dall'invasione dell'Iraq del 2003, la guerra in Afghanistan ha perso priorità tra gli obiettivi dell'amministrazione americana, riacquistandola solo a partire del 2009 sotto l'amministrazione Obama. A partire dal 2015, l'operazione della NATO ISAF è stata sostituita dall'Operazione Sostegno Risoluto, tesa a continuare l'aiuto al governo afghano con un minor numero di truppe, nel contesto di un aumento delle offensive dei talebani. Nel periodo 2002-2014 l'esborso totale da parte dei contribuenti italiani è stato di 5 miliardi di euro, secondo il parlamentare del Movimento 5 Stelle Alessandro Di Battista. Guerra ancora in corso.

52 La guerra a Timor Est, ex colonia portoghese, ebbe inizio nel 1999 dopo un referendum sull’indipendenza dall’Indonesia le cui milizie diedero vita alla guerra civile. Le Nazioni Unite autorizzarono la creazione di una forza internazionale conosciuta come INTERFET (acronimo di International Force for East Timor), con la risoluzione numero 1264 del Consiglio di Sicurezza. Le truppe furono formate da 17 nazioni, tra cui molti paesi europei. Le truppe sbarcarono a Timor Est il 20 settembre 1999. Ad ottobre 1999 poi le Nazioni Unite assunsero l'amministrazione di Timor Est con la United Nations Transitional Administration in East Timor (UNTAET) che amministrò il Paese per un periodo di circa due anni, al termine del quale il controllo passò alle nuove autorità di Timor Est, che il 20 maggio 2002 proclamò la sua indipendenza.

53 La Guerra mondiale africana, si è svolta tra il 1998 e il 2003nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), ed è terminata con l'istituzione del Governo di transizione della Repubblica Democratica del Congo. È stata la più grande guerra della storia recente dell'Africa, ed ha coinvolto 8 nazioni africane e circa 25 gruppi armati. Il 24 febbraio 2000 l'ONU inviò una forza di 5.537 soldati, la "Missione delle Nazioni Unite nella Repubblica Democratica del Congo" (conosciuta con l'acronimo francese MONUC), per monitorare il cessate-il-fuoco. La guerra e le sue conseguenze hanno causato circa 5,4 milioni di morti.

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50 • Proliferazione delle armi di distruzione di massa specie nel Medio Oriente. • Conflitti regionali e fallimento dello Stato: dovuti al malgoverno o collasso

delle istituzioni pubbliche. La Somalia, la Liberia e l’Afghanistan sotto i Talebani per esempio.

• Criminalità organizzata: percepita come minaccia interna alla sicurezza dell’Ue ma con un'importante dimensione esterna: il traffico transfrontaliero di stupefacenti, la tratta di donne, di migranti clandestini e di armi rappresenta una cospicua parte delle attività delle bande criminali. La criminalità organizzata può avere legami con il terrorismo.

A queste minacce nel documento venivano tracciate alcune possibili soluzioni, prevedendo anche l’intervento militare:

• In risposta all'11 settembre si è adottata la misura del mandato di arresto

europeo, iniziative per la lotta al finanziamento del terrorismo e un accordo

sull'assistenza giudiziaria con gli Stati Uniti d'America. Continuando a migliorare i suoi mezzi di difesa.

• Programma d'azione per rafforzare l'Agenzia internazionale dell'energia

atomica, misure per rendere più rigorosi i controlli sulle esportazioni e per

trattare le spedizioni e gli approvvigionamenti illegali.

• Intervento dell’Ue e degli Stati membri per far fronte ai conflitti regionali e per aiutare gli Stati falliti a rimettersi in sesto, tra l'altro nei Balcani, in Afghanistan e nella Repubblica democratica del Congo.

• mettendo in grado le autorità locali di affrontare la criminalità organizzata nell'ambito dell'Unione.

Tra le preoccupazioni dell’Europa vi erano: le attività nucleari in Corea del Nord, i rischi nucleari in Asia meridionale e la proliferazione in Medio Oriente che rimanevano le preoccupazione per l'Europa. Ma anche la concorrenza per le risorse naturali, in particolare le risorse idriche, aggravata dal riscaldamento globale con possibilità di generare altri sconvolgimenti e movimenti migratori in varie

regioni. Particolare preoccupazione per l'Europa la dipendenza energetica dal

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51

3. Le novità introdotte dal Trattato di Lisbona

La Politica estera e di sicurezza comune (PESC) è disciplinata nel titolo V del trattato sull'Unione europea (TUE): "Disposizioni sulla politica estera e di sicurezza comune"; e comporta la definizione progressiva di una Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) che, al momento opportuno, potrebbe portare a una difesa comune.

Il trattato di Lisbona converte il Titolo V in “Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione europea e disposizioni specifiche sulla Politica estera e di sicurezza comune". Si specifica che la PESC sarà fondata sullo sviluppo della reciproca solidarietà politica tra Stati membri, sull'individuazione delle questioni di interesse generale e sulla realizzazione di un livello sempre maggiore di convergenza delle azioni degli Stati membri.

Nel nuovo trattato, PESC e PESD continuano tuttavia a svolgere il ruolo di politiche distinte nel quadro generale dell'Unione europea e continuano a essere governate dal principio dell’unanimità in sede di Consiglio e non sono soggette, per quanto concerne la loro concreta attuazione, all'adozione di atti legislativi, bensì di decisioni del Consiglio europeo o del Consiglio.

Il primo paragrafo del nuovo articolo 24 recita: “La competenza dell’Unione in

materia di politica estera e di sicurezza comune riguarda tutti i settori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una

difesa comune”.

Viene inoltre riaffermata la mancanza di competenza della Corte di giustizia dell’Unione europea per le disposizioni di questo settore, salvo eccezioni specifiche .

Il diritto di iniziativa spetta, tranne per i casi previsti di voto a maggioranza qualificata da parte del Consiglio, a uno Stato membro, all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, o a quest’ultimo con l’appoggio della Commissione.

In materia di Politica di sicurezza e di difesa, il diritto di proposta è invece attribuito all’Alto rappresentante o a uno Stato membro.

I casi in cui il trattato prevede la maggioranza qualificata sono quelli in cui il Consiglio adotta una decisione europea - che non abbia implicazioni militari e non

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52 rientri nel settore della difesa – relativa a un’azione o una posizione dell’Unione, sulla base di una decisione europea del Consiglio europeo relativa agli interessi e obiettivi strategici dell’Unione; un’azione o posizione dell’Unione in base a una proposta dell’Alto rappresentante in seguito a una specifica richiesta rivolta a quest’ultimo dal Consiglio europeo; l’attuazione di una decisione europea che definisce un’azione o una posizione dell’Unione; la nomina di un rappresentante speciale. Si prevede, tuttavia, un freno di emergenza nel caso in cui uno Stato si opponga all’adozione di una decisione a maggioranza qualificata per “motivi politici vitali”. In tal caso, l’Alto rappresentante cerca, in stretta consultazione con lo Stato membro interessato, una soluzione accettabile per quest’ultimo. In mancanza di un risultato, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, può chiedere che della questione sia investito il Consiglio europeo, in vista di una decisione all’unanimità. Il Consiglio ha inoltre la facoltà di decidere all’unanimità i casi in cui estendere la maggioranza qualificata.

La seconda parte del nuovo articolo 24, così come anche altri articoli e dichiarazioni relativi alla PESC, tende a limitare le possibilità di sviluppo della politica estera in senso più sopranazionale, pur non introducendo disposizioni che restringano esplicitamente l’ambito di competenza della PESC. Si è cercato in tal modo di assecondare la volontà di alcuni paesi europei tesa a limitare interpretazioni che vadano nel senso di accrescere i poteri comunitari rispetto a quelli degli Stati membri.

La dichiarazione n. 13 allegata all’atto finale sottolinea infatti che le disposizioni del TUE sulla Politica estera e di sicurezza “lasciano impregiudicate sia le competenze degli Stati membri, quali esistono attualmente, per la formulazione e la conduzione della loro politica estera, sia la loro rappresentanza nazionale nei Paesi terzi e nelle organizzazioni internazionali” e “non pregiudicano il carattere specifico della Politica di sicurezza e di difesa degli Stati membri”. Nella stessa dichiarazione, è affermato che “l’Unione europea e i suoi Stati membri resteranno vincolati dalle disposizioni della Carta delle Nazioni Unite e, in particolare, dalla responsabilità primaria del Consiglio di sicurezza e dei suoi membri per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali”.

Il trattato di Lisbona ha ribadito l'ulteriore rafforzamento della cooperazione interparlamentare previsto dal trattato di Lisbona, nell’ambito della PESC e della PESD: il Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali conferisce infatti alla

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53

COSAC il potere di "organizzare conferenze interparlamentari su temi specifici, in

particolare per discutere su argomenti che rientrano nella Politica estera e di sicurezza comune, compresa la Politica di sicurezza e di difesa comune".

Le principali novità di natura istituzionale introdotte dal trattato riguardano

l'istituzione della figura di un "Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza" e la creazione di un "Servizio europeo per l’azione esterna". L’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che il trattato costituzionale denominava invece, più ambiziosamente, “Ministro degli affari esteri dell’Unione europea”, riunisce in sé i ruoli e le attribuzioni di due figure istituzionali attualmente distinte, l’Alto rappresentante per la PESC e il Commissario per le relazioni esterne. Ricongiungendo il versante amministrativo e politico delle relazioni esterne, si è inteso semplificare il quadro istituzionale e l'efficacia della politica estera europea.

L'Alto rappresentante - nominato dal Consiglio europeo a maggioranza qualificata, con l’accordo del Presidente della Commissione - ha il compito di guidare sia la PESC che la PESD, contribuendo alla formazione di dette politiche e presiedendo quale mandatario alla loro attuazione. Egli assume anche la presidenza della formazione "Affari esteri" del Consiglio, che, insieme al Consiglio europeo, rappresenta la principale sede decisionale in ambito PESC e PESD. Diviene inoltre vicepresidente della Commissione europea. Egli ha la potestà (che i trattati vigenti affidano alla Presidenza semestrale dell'Unione europea) nei casi che richiedono una decisione rapida, di convocare, d'ufficio o a richiesta di uno Stato membro, una riunione straordinaria del Consiglio, entro un termine di 48 ore o, in caso di emergenza, entro un termine più breve.

Il Servizio europeo per le relazioni esterne (SEAE) nel frattempo è stato costituito come una sorta di corpo diplomatico europeo, con il compito di assistere nell’esercizio delle sue funzioni l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Il Servizio lavora in collaborazione con i servizi diplomatici degli Stati membri e dove essere costituito da funzionari provenienti dal Segretariato generale del Consiglio e della Commissione e da personale distaccato dai servizi diplomatici nazionali. L’organizzazione e il funzionamento del Servizio sono fissati con decisione del Consiglio su proposta dell’Alto rappresentante e previa consultazione del Parlamento europeo e approvazione della Commissione.

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54 Al Consiglio europeo spetta il compito di individuare gli interessi e gli obiettivi strategici dell'Unione tanto in tema di PESC quanto in altri settori dell'azione esterna. Il Consiglio europeo viene dotato di un Presidente permanente, eletto con mandato rinnovabile di due anni e mezzo, il quale avrà il compito, "qualora lo esigano sviluppi internazionali", di convocare una riunione straordinaria del Consiglio europeo per definire le linee strategiche dell'Unione, nonché l'obbligo di presentare una relazione al Parlamento europeo dopo ogni riunione del Consiglio europeo.

Il trattato tende inoltre a rafforzare la credibilità dell’Unione europea quale attore di politica internazionale, sia all’interno sia all’esterno, attribuendole una

personalità giuridica internazionale unica. Questa viene introdotta dall’articolo

47 delle disposizioni finali del nuovo TUE (“l’Unione ha personalità giuridica”) e rafforzata dalla disposizione del nuovo terzo comma dell’articolo 1, secondo il quale “l’Unione sostituisce e succede alla Comunità europea”. L’Unione europea acquisirà quindi la capacità di stipulare accordi internazionali vincolanti al tempo stesso per le sue istituzioni e per gli Stati membri.

Per quanto riguarda la PESD, che finora si è sviluppata in gran parte al di fuori di un preciso contesto giuridico e istituzionale, le novità previste dal trattato di Lisbona sono rilevanti.

Mentre con il precedente Trattato di Nizza vi era, infatti, un solo articolo che si occupava della sicurezza e della difesa nell’attuale TUE una nuova Sezione 2

comprendente cinque articoli all’interno del Capo 2 del Titolo V. In questa

sezione si trova la nuova versione dell’articolo 17 del “vecchio” TUE e altre nuove disposizioni.

Ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 1 del nuovo TUE, «la politica di sicurezza e di

difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Essa assicura che l’Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite».

L’articolo 43 aggiunge: «le missioni di cui all’articolo 42, paragrafo 1, nelle quali

l’Unione può ricorrere a mezzi civili e militari, comprendono le azioni congiunte in materia di disarmo, le missioni umanitarie e di soccorso, le missioni di

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55

consulenza e assistenza in materia militare, le missioni di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento per la gestione delle crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace e le operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti. Tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio».

La PESD viene riconosciuta come parte integrante della Politica estera e di sicurezza comune (PESC). Essa dovrà assicurare che l'Unione disponga di una capacità operativa ricorrendo a mezzi civili e militari. L’Unione potrà avvalersi di tali mezzi in missioni al suo esterno per garantire il mantenimento della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza internazionale, conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite. Il trattato specifica che la politica di sicurezza e di difesa comune comprende la "graduale definizione di

una politica di difesa comune dell’Unione", che condurrà a una difesa comune

quando il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, avrà così deciso. Di particolare rilievo sono, inoltre, una serie di disposizioni volte a far sì che gli Stati membri si impegnino per migliorare progressivamente le proprie capacità militari. Il trattato prevede infatti la realizzazione dell’Agenzia europea per la difesa, in realtà già istituita con l’azione comune 2004/551/PESC del Consiglio del 12 luglio 2004. Spetta all’Agenzia individuare le esigenze operative, promuovere misure per darvi un’adeguata risposta, contribuire a individuare e, se necessario, attuare ogni misura utile a rafforzare la base industriale e tecnologica nel settore della difesa, contribuire alla definizione di una politica europea delle capacità e degli armamenti, assistere il Consiglio nella valutazione del miglioramento delle capacità militari. In particolare, lo strumento della cooperazione strutturata permanente, che potrà essere creata con decisione del Consiglio a maggioranza qualificata, rappresenta un'innovazione importante.

Il Trattato di Lisbona prevede la possibilità di istituire una cooperazione

strutturata permanente54 per tutti quegli Stati membri che soddisfino determinati criteri in termini di capacità militari - specificati nel protocollo n.10 allegato al trattato - e che sottoscrivano impegni maggiormente vincolanti per la realizzazione delle missioni più impegnative dell’Unione. Al fine di garantire trasparenza e uguaglianza di condizioni a tutti, tali criteri riguardano il conseguimento di elevate

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56 capacità militari operative attraverso “pacchetti” di forze nazionali e multinazionali, nonché la partecipazione allo sviluppo di programmi comuni o europei per la predisposizione di equipaggiamenti di vasta portata nel quadro dell’Agenzia per la difesa, incluso il conseguimento di obiettivi concordati riguardanti il livello delle spese per gli investimenti in materia di equipaggiamenti per la difesa. La cooperazione strutturata permanente (una specie di “Eurozona

della difesa” degli Stati con maggiore capacità di impegno) si distingue dunque sia

rispetto alla cooperazione rafforzata, poiché ha portata più determinata e circoscritta, sia rispetto a precedenti iniziative nel settore della PESC, poiché è “permanente”, ha carattere strutturato, e la valutazione delle capacità si basa su una forma di certificazione, come avviene nella NATO. Essa mira generalmente ad accrescere la flessibilità in un settore in cui, più che in altri, le differenze di capacità, ma anche la determinazione a utilizzarle, sono particolarmente evidenti. La procedura per realizzare tale cooperazione è innovativa, poiché prevede, in via eccezionale, il ricorso al voto a maggioranza qualificata da parte del Consiglio, previa consultazione dell’Alto rappresentante ed appare pertanto più semplice e rapida se confrontata con le condizioni necessarie per poter instaurare una cooperazione rafforzata, che richiedono l’unanimità e la partecipazione di almeno nove Stati membri.

Il Trattato di Lisbona, ha previsto di istituire un’Agenzia Europea per la Difesa (AED) 55 operante nel settore dello sviluppo delle capacità di difesa, della ricerca, dell’acquisizione e degli armamenti. La partecipazione degli Stati membri all’AED è facoltativa.

Infine, per quanto riguarda le missioni, il Trattato di Lisbona precisa e amplia le cosiddette missioni di Petersberg. Inizialmente concepite nell’ambito dell’Unione europea occidentale (UEO), tali missioni sono state introdotte nei trattati europei con il trattato di Amsterdam e comprendono le missioni umanitarie e di soccorso, le missioni di mantenimento della pace e le missioni di unità di combattimento nella gestione di crisi, ivi comprese le missioni tese al ristabilimento della pace. Gli ulteriori compiti previsti dal trattato di Lisbona comprendono: azioni congiunte in materia di disarmo, missioni di consulenza e assistenza in materia militare, missioni di prevenzione dei conflitti, operazioni di stabilizzazione al termine dei conflitti. Il trattato precisa che “tutte queste missioni possono contribuire alla lotta

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57

contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio”.

Come si evince dal dettato dell’articolo 43 i “compiti di Petersberg” sono stati notevolmente ampliati e comprendono attualmente tre nuovi tipi di operazioni: disarmo; assistenza e consulenza in materia militare e stabilizzazione al termine dei conflitti. L’elenco delle missioni, benché dettagliato, è però meramente esemplificativo; il Consiglio, infatti, gode di un’ampia discrezionalità nel decidere, di volta in volta, che tipo di intervento effettuare e quali attività porre in essere, alla luce delle circostanze e soprattutto delle ambizioni e aspettative degli Stati membri. Questa flessibilità è consentita anche da una formulazione generica che non permette di distinguere bene tra l’una o l’altra missione.

L’articolo 42, paragrafo 2, dello stesso Trattato, si riferisce, invece, alla «graduale definizione di una politica di difesa comune [...]. Questa condurrà a una difesa comune», dando apparentemente maggiore enfasi e certezza al raggiungimento dell’obiettivo di una politica di difesa condivisa tra gli Stati membri. Quindi nonostante la sua formalizzazione all’interno dei Trattati costitutivi, il processo di evoluzione della PESD non si sia ancora concluso. In ogni caso, i parametri politici e giuridici permangono gli stessi rispetto al periodo pre-Lisbona; in altre parole, ogni iniziativa sul versante della difesa comune richiede una decisione, presa all’unanimità, del Consiglio europeo e la ratifica da parte di tutti gli Stati membri. Le altre novità del nuovo trattato includono:

- una clausola di reciproca difesa56, che implica l'obbligo di aiuto e di assistenza reciproca fra gli Stati membri, con tutti i mezzi, nel caso in cui uno Stato sia oggetto di un’aggressione armata nel suo territorio, in conformità all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite e nel rispetto degli impegni dell’organizzazione del trattato del Nord-Atlantico per gli Stati membri che vi appartengono. Viene sottolineato che tale obbligo non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di alcuni Stati membri. Tuttavia, non è una clausola di mutua difesa tout court e non trasforma, per così dire, l’Unione in un’alleanza militare, ferma restando la sua grande importanza a livello simbolico e politico.

- una clausola di solidarietà57, che impone all'Unione e agli Stati membri di agire congiuntamente qualora uno di questi sia oggetto di un attacco terroristico o di una

56 Art. 42, paragrafo 7 del TUE 57 Art. 222 del TFUE

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58 calamità naturale o provocata dall’uomo; quindi in queste circostanze, gli altri Stati dell’Unione, agendo «congiuntamente in uno spirito di solidarietà», sono chiamati ad assistere lo Stato vittima su richiesta delle sue autorità politiche e a mobilitare tutti i mezzi a disposizione al fine di prevenzione, protezione e assistenza in caso di minacce terroristiche o attacchi armati.

- una base giuridica specifica per l’aiuto umanitario e l'istituzione di un corpo volontario europeo di aiuto.

Nonostante tutte queste novità apportate dal trattato di Lisbona, la regola dell’unanimità in seno al Consiglio, che permane la soluzione prevalente, e la mancanza di qualsiasi fattore vincolante (i Governi possono sempre recedere dalle decisioni assunte), mantengono la PESC nel campo della cooperazione intergovernativa. Infatti all’articolo 42, paragrafo 2 del TUE è prevista l’applicazione della clausola di salvaguardia secondo la quale la politica dell’Unione nel settore della PESC «non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi di alcuni Stati membri, i quali ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite l'Organizzazione del trattato del Nord-Atlantico (NATO), nell'ambito del trattato dell'Atlantico del Nord, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto».

4. La cooperazione tra Unione europea e Nazioni Unite nella gestione

delle crisi internazionali

La PESD è correlata alla cooperazione tra UE e ONU per mantenere la pace e la sicurezza internazionale ovvero promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che potrebbero portare a una rottura della pace58.

58 L'articolo 1 e 2 dello Statuto delle Nazioni Unite riassumono gli scopi e i principi che

l'organizzazione internazionale si è prefissata: Mantenere la pace e la sicurezza internazionale; Promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che potrebbero portare a una rottura della pace; Sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto del principio di uguaglianza tra gli Stati e l'autodeterminazione dei popoli mondiali; Promuovere la cooperazione economica e sociale; Promuovere il rispetto dei diritti umani e delle

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59 I rapporti tra l’Ue e l’ONU a partire dagli anni ’90 si sono modificati nel rispetto, da parte dell’Unione europea, dei principi e delle norme della Carta delle Nazioni Unite di San Francisco. Infatti nella Dichiarazione adottata dal Consiglio europeo

a Cannes59 del 1995, si ribadiva solennemente «la fedeltà dell'Unione europea agli obiettivi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite e rinnova il suo impegno al servizio degli ideali e dell'azione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite» per il

«mantenimento della pace e della sicurezza internazionali in collaborazione con le

organizzazioni regionali, al disarmo, alla decolonizzazione, allo sviluppo e all'aiuto umanitario, alla tutela e alla promozione dei diritti dell'uomo e alla cooperazione tra le nazioni nei settori più diversi». Essendo l'ONU «la sola a poter decidere del ricorso alla forza nelle relazioni internazionali».

Dal 1999 con la cooperazione dell’Ue e dell’ONU - nella guerra dei Balcani, Afganistan, Timor Est, e RDC - la PESD ha sviluppato e consolidato i rapporti tra le due Organizzazioni internazionali nel settore della pace e della sicurezza. Il Consiglio europeo di Göteborg del 200160 manifestò la propria determinazione di rafforzare il dialogo politico e giungere con la collaborazione a «un vero partenariato con l'ONU nei settori della prevenzione dei conflitti e della gestione

delle crisi nonché della cooperazione allo sviluppo, delle questioni umanitarie, delle politiche di asilo e dell'assistenza ai rifugiati». Garantendo da parte dell’Ue

le proprie capacità militari e civili in evoluzione come un effettivo valore aggiunto per la gestione delle crisi da parte dell'ONU.

Nella direzione di un “partenariato strutturale” va intesa la Dichiarazione comune

ONU-Ue nella gestione delle crisi61 del 2003, che riguardava sia le operazioni a

carattere civile, che quelle militari: «In tale contesto, l'Unione europea riafferma il suo impegno a contribuire agli obiettivi delle Nazioni Unite nella gestione delle crisi». Con questo importante documento:«le Nazioni Unite e l'Unione europea

libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui; Promuovere il disarmo e la disciplina degli armamenti; Promuovere il rispetto per il diritto internazionale ed incoraggiarne lo sviluppo progressivo e la sua codificazione.

59 Dichiarazione del Consiglio Europeo - Cannes, 26 e 27 GIUGNO 1995. Oggetto: Cinquantenario

delle nazioni Unite. Documento all’indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/summits/can2_it.htm

60 Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo di GÖTEBORG 15 E 16 GIUGNO 2001 (punto 53. Cooperazione tra l'UE e l'ONU). Il documento è reperibile all’indirizzo: http://www.consilium.europa.eu/it/european-council/conclusions/1993-2003/

61 New York, 24 settembre 2003 12510/03 (Presse 266). Il documento è reperibile all’indirizzo: http://europa.eu/rapid/press-release_PRES-03-266_it.pdf

(24)

60 decidono di istituire un meccanismo consultivo comune a livello operativo per esplorare i modi e i mezzi intesi a migliorare la compatibilità e il coordinamento reciproci nei seguenti settori:

• Pianificazione: compresa l'assistenza reciproca nelle missioni di valutazione e maggiori contatti e cooperazione tra le cellule di pianificazione della missione, segnatamente in relazione all'inventario e all'assegnazione delle risorse logistiche nonché all'interoperabilità dei materiali.

• Formazione: l'istituzione, in materia di formazione, di norme, procedure e una programmazione comuni per il personale civile e militare; la sincronizzazione della formazione nella fase preschieramento per la polizia civile, gli ufficiali di collegamento militari e gli osservatori militari nonché l'istituzionalizzazione di seminari, conferenze ed esercitazioni di formazione.

• Comunicazione: maggiore cooperazione fra i centri di situazione; scambio di ufficiali di collegamento, ove richiesto (a livello militare, di polizia civile, dei centri di situazione, politico/fra le rispettive sedi); istituzione del dialogo "desk-to-desk" attraverso i rispettivi uffici di collegamento a New York e a Bruxelles. • Migliori pratiche: scambio regolare e sistematico delle informazioni sugli insegnamenti tratti e sulle migliori pratiche, fra cui la condivisione di informazioni sul trasferimento e sugli approvvigionamenti relativi alla missione.

Per quanto riguarda il settore militare, vennero delineati due modelli di dispiegamento rapido di forze in supporto delle NU: il bridging model, allo scopo di permettere alle Nazioni Unite di preparare una nuova missione o riorganizzare un’operazione già esistente (come nel caso dell’Operazione ARTEMIS nella Repubblica Democratica del Congo) e lo stand-by model, cioè il dispiegamento di una missione dell’Unione che operi contemporaneamente ad un’operazione dell’ONU in funzione di overthe-horizon reserve o di extraction force, pronta ad intervenire al fianco del personale delle Nazioni Unite in caso di necessità (come nel caso dell’operazione EUFOR RD Congo).

In entrambi i casi, l’operazione dell’Unione deve essere avviata su richiesta dell’ONU, ma rimane sotto il controllo politico e la direzione strategica della prima. Infine, l’Unione europea può favorire lo scambio d’informazioni e il coordinamento tra gli Stati membri quando questi contribuiscono con proprie forze

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