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Spessore resist PMMA

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Academic year: 2021

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II 1 Presentazione del lavoro di tesi

2 Litografia 2.1 Storia

2.2 Breve analisi della tecnica di litografia tradizionale 2.3 Tecnica di stampa NIL

2.3.1 Introduzione

2.3.2 Il processo di stampa

2.3.3 Viscoelasticità e flusso viscoso 2.3.3.1 Introduzione

2.3.3.2 Flusso viscoso di un fluido Newtoniano 2.3.3.3 Proprietà viscoelastiche dei polimeri 2.3.4 Master

2.3.4.1 Digitale 2.3.4.2 Antiriflesso

2.3.4.3 Pulizia e funzionalizzazione 2.3.5 Problematiche

3 Strumentazione utilizzata

3.1 Spettro fotometro UV-VIS 3.1.1 Sfera integratrice 3.2 FTIR

3.3 Ellissometro

3.4 Atomic Force Microscopy AFM

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III 4 Processo sol-gel per la realizzazione di film ibridi organico-inorganici.

4.1 Precursori

4.2 Formazione del reticolo 4.3 Crosslinking

5 Ricoprimenti antiriflesso (AR)

6 Sistema 1: PMMA

6.1 Sintesi e caratterizzazione del sistema 6.2 Stampa

7 Sistema 2: TiO2

7.1 Sintesi e caratterizzazione del sistema “ex situ” nanoparticelle (NPs) 7.2 Stampa

7.3 Sintesi e caratterizzazione del sistema “in situ”

7.4 Stampa

8 Sistema 3: ITO - TiO2

8.1 Sintesi e caratterizzazione del sistema 8.2 Stampa

9 Conclusioni e possibili sviluppi

10 Bibliografia

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1 1 Presentazione del lavoro di tesi

Il lavoro presentato tratta gli aspetti principali della tecnica di litografia nano metrica (NIL), con particolare attenzione alla sua applicazione in campo ottico. L’obbiettivo della tesi è la creazione di sistemi ad alto indice di rifrazione, con caratteristiche peculiari (es. conducibilità, resistenza

abrasione …), per la funzionalizzazione antiriflesso di superfici.

La trattazione è divisa in due parti: la prima di analisi teorica e la seconda di carattere sperimentale.

Inizialmente vengono presentate la litografia classica e alcune tra quelle alternative; viene trattata diffusamente la tecnica NIL, spiegandone il flusso viscoso del fluido polimerico alla base della tecnica, le proprietà viscoelastiche dei polimeri, gli strumenti utilizzati in fase sperimentale e il loro funzionamento, analizzando così le problematiche legate alla replicazione delle strutture.

Si ha lavorato inizialmente con un sistema ampiamente studiato, il polimetilmetacrilato (PMMA), data la sua semplicità, per acquisire manualità e confidenza con le apparecchiature; nonostante la vastità della pubblicazioni su questo argomento, è stato comunque necessario ottimizzare i parametri sperimentali di stampa in base alla chimica del sistema e allo stampo utilizzato.

I sistemi successivi sono stati realizzati con la tecnica di sintesi sol-gel. Grazie a questa tecnica infatti si è in grado di creare matrici ibride organiche – inorganiche, consolidabili mediante radiazioni termiche e/o UV, che a seguito del trattamento e quindi anche in fase di stampa, si comportano come polimeri termoindurenti.

Il secondo sistema utilizzato infatti è quello basato su un precursore alcossidico modificato

organicamente, il glicidossipropiltrimetossisilano (GPTMS), e titania, realizzato attraverso la tecnica sol-gel. Le possibili sintesi esplorate per realizzare questo sistema sono due: una con NPs di titania presintetizzate (commerciali), la seconda con la sintesi in situ di cluster di titania partendo da titanio isopropossido; a questo secondo sistema sono stati aggiunti monomeri epossidici. Con questo sistema si sono realizzati pattern antiriflesso.

Il terzo sistema studiato in modo sistematico è il sistema ITO – titania. Lo sviluppo di questo sistema è stato affrontato solo nell’ultimo periodo del lavoro di tesi, e quindi la parte di caratterizzazione della soluzione e dei campioni è preponderante rispetto a quella di stampa.

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2 2 Litografia

2.1 Storia

I possibili approcci nella manipolazione di strutture nano metriche sono tipicamente due: top-down e bottom-up. Nel primo caso si parte da un sostanza massiva e per asportazione e/o deformazione si generano le strutture volute, nel secondo caso si parte da componenti di dimensioni confrontabili con la scala di lavoro e li si assembla per creare le strutture. La litografia è classificabile come tecnica top-down. Le tecniche che andremo ad analizzare sono branche della litografia. In particolare ci soffermeremo sulla litografia nano metrica (NIL).

La tecnica di impressione litografica consiste nel trasferimento di un disegno voluto, normalmente di dimensioni micrometriche o nano metriche, da una maschera o stampo sulla quale è impresso, ad uno strato di resist depositato su un substrato. Le diverse sorgenti del fascio vettore differenziano le varie tecniche. Il resist è composto da una sostanza di base (resina, polimero ad alto peso molecolare) non fotosensibile, una sostanza fotosensibile nel campo UV, miscibile nella prima e infine un solvente che diminuisce la viscosità globale della soluzione. Il substrato deve avere buone proprietà di legame con il resist.

Il costo e il tempo che richiedono i processi di litografia convenzionale hanno portato, negli ultimi anni, allo sviluppo di tecniche di stampa alternative per il trasferimento di strutture micro e nano metriche; l’obbiettivo quindi è una tecnica a basso costo e ad alta resa.

2.2 Breve analisi della tecnica di litografia tradizionale

Distinguiamo le tecniche a seconda della sorgente di radiazione utilizzata per esporre il resist. Si descrivono brevemente la tecnica UV ed Electron-Beam.

In un tipico processo di litografia tramite UV un substrato fotosensibile viene irradiato selettivamente da una lampada UV; se le zone sono irradiate di una dose minima di radiazione, cambiano le loro proprietà chimiche (solubilità, grado di polimerizzazione, durezza, etc.); un successivo trattamento con uno sviluppo ad - hoc permette di rimuovere o la parte irradiata (sviluppo negativo) o quella non irradiata (sviluppo positivo). Il collo di bottiglia di questa tecnica è nella miniaturizzazione del fascio, infatti le strutture da ricreare sono di una dimensione comparabile con la lunghezza d’onda del fascio incidente: questo, generando interferenza, aumenta la risoluzione minima della tecnica; un ulteriore svantaggio è a limitata scelta di materiali per la sintesi dei resist, oltre al loro costo.

Nella tecnica che impiega fasci elettronici, E-beam, il fascio di elettroni generato da una colonna elettronica viene finemente collimato su un substrato ricoperto di resist elettricamente sensibile (es.

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3 PMMA); il fascio viene deflesso da lenti magnetiche seguendo il disegno di ciò che si vuole riportare sul campione. Viste le alte energie e tensioni applicate (40 – 50kV) il sistema deve lavorare sotto vuoto. I vantaggi peculiari di questa tecnica sono di consentire elevatissime precisioni (<10nm), grande riproducibilità e di consentire la scrittura geometrie complesse; per contro i tempi e i costi specifici sono elevatissimi, incompatibili con la possibilità di usare questa tecnica per una

produzione di massa, in scrittura diretta, nonostante lo sviluppo di strumenti ad basso voltaggio EBL.

Gli svantaggi e le problematiche legate alla litografia tradizionale hanno contribuito alla tecnica di litografia di stampa nano metrica (NIL) di affermarsi.

2.3 Tecnica di stampa NIL 2.3.1 Introduzione

È una delle più recenti e probabilmente promettenti tecniche di realizzazione di nano strutture in quanto ha la peculiarità di essere a basso costo, di semplice realizzazione, ad alto throughput e ad alta risoluzione. NIL è basata, a differenza delle altre tecniche di litografia, sulla deformazione

viscoelastica del resist e sul suo flusso viscoso nelle strutture dello stampo sotto determinate condizioni di temperatura e pressione.

Il costo della tecnica è legato principalmente alla produzione di master con strutture (pattern), infatti per questo bisogna ricorrere a metodi come la litografia convenzionale mediante E-beam. Il tempo ciclo di stampa (throughput) dipende essenzialmente dalla dimensione dello stampo, dalla densità delle strutture presenti, dalla qualità e durata nel tempo della sua funzionalizzazione antiadesiva, dalla pressione e temperatura di stampa e dall’eventuale tempo di curing del resist (principalmente polimerico o sol-gel); la risoluzione che possiamo raggiungere dipende dalle caratteristiche

meccaniche del resist, ma è generalmente di 5nm o di poco inferiore.

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4 2.3.2 Processo di stampa

In generale un processo NIL può essere schematizzato con in figura 1.

Figura 1: schema del funzionamento della tecnica NIL. Due momenti distinti: imprint e pattern transfer.

Il processo è composto da due operazioni distinte: la stampa (imprint) e il trasferimento del pattern (pattern transfer). Nella stampa uno stampo dotato di nano strutture sulla sua superficie è usato per deformare plasticamente, mediante l’applicazione di pressione, un film sottile, detto resist, nelle condizioni di temperatura più idonee al materiale di cui è composto. La fase di trasferimento di pattern consiste in un processo anisotropo di etching chimico o fisico (ovvero mediante opportuni reagenti o mediante plasma), atto a rimuovere la parte del resist che non ha ricevuto le strutture dello stampo, il residual layer; scopo di questo secondo passaggio è quello di avere la superficie del substrato libera e quindi di avere su quest’ultima esclusivamente le repliche delle strutture nano metriche dello stampo. In quest’ ottica il campione stampato deve possedere un residual layer più sottile possibile.

Se questa seconda operazione non dovesse essere effettuata possiamo parlare di litografia Hot Embossing (HEL); questa tecnica mira a replicare strutture su un layer che possiamo definire massivo; un esempio può essere quello presentato in figura 2, dove si nota l’assenza di un substrato per il PMMA. Una possibile applicazione di questa tecnica è presentata in figura 2 a destra, dove un layer stampato mediante HEL viene fissato ad un substrato dalla parte della stampa, in modo da creare strutture nano metriche nel bulk del materiale e non sulla superficie.

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5

Figura 2: Due modalità di HEL: solo replica delle strutture superficiali (processo standard) e processo per replica strutture nel bulk del materiale per polimerizzazione termica.

Esistono diverse procedure di stampa. Per il processo di stampa a stampa singola viene usata una pressa da laboratorio a piatti riscaldati; il campione e lo stampo vengono messi in contatto a temperatura ambiente, il campione così costituito viene inserito (con fogli protettivi di kapton e teflon) tra i piatti e mediante l’azione combinata di pressione e temperatura il resist può fluire per capillarità nelle strutture dello stampo, rammollendo e diminuendo la sua viscosità,; segue una fase di raffreddamento e di distacco del master dal campione. Altre procedure per stampare secondo la tecnica NIL sono step-and-repeat e roller. Nella prima si stampa una grande superficie con uno stampo relativamente piccolo per ripetizione; i vantaggi sono la precisione globale maggiore (poiché lavoro su superfici più piccole rispetto alla totale) e il ridotto costo vista la dimensione inferiore del master. Nella modalità roller viene impiegata una macchina, detta RON (roller nanoimprint); questa consiste in un cilindro con strutture nano metriche sulla superficie esterna che viene fatto ruotare sul resist, replicando in maniera continuativa le strutture.

Esistono ulteriori varianti della tecnica NIL, come ad esempio la Mould-Assisted Lithography (MAL); questa tecnica prevede l’uso di master trasparenti alla radiazione ultravioletta (es. silice). Il materiale da depositare sul substrato deve avere una bassissima viscosità a temperatura ambiente (quindi tipicamente polimeri termoindurenti): infatti l’accoppiamento campione master viene fatto a temperatura ambiente e posto nella pressa. La fase di stampa viene svolta nel medesimo modo della tecnica NIL, ma l’agente che promuove la polimerizzazione del resit è una luce UV, data la

trasparenza del master e le pressioni sono molto ridotte.

Il processo di stampa cambia a seconda che il resist sia termoplastico o termoindurente; se

termoplastico tende a rammollire, diminuendo la sua viscosità all’aumentare della temperatura, fino alla comparsa di un flusso viscoso al di sopra della propria Tg; in questo caso il campione deve

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6 essere portato in temperatura (maggiore della Tg del materiale) e solo a quel punto viene applicata pressione. Viceversa avviene per un resist a carattere termoindurente, infatti la pressione viene applicata a temperatura ambiente per un certo tempo permettendo la diffusione per capillarità del resist e poi il tutto viene portato in temperatura. Questo avviene poiché all’aumentare della

temperatura la viscosità, dopo un’iniziale diminuzione, aumenta all’avanzare della polimerizzazione, ovvero aumentando la reticolazione tra le macromolecole che costituiscono il resist (cap. 2.3.3.3).

2.3.3 Viscoelasticità e flusso viscoso 2.3.3.1 Introduzione

Legare le proprietà chimiche e fisiche del resist alle sue proprietà di flusso viscoso permette di individuare i parametri di processo per la litografia NIL.

Come già accennato, un generico processo di stampa per materiali termoplastici avviene quando questo è scaldato al di sopra della sua temperatura di transizione vetrosa, ottenendo un fuso con determinate proprietà di flusso. Le proprietà di flusso devono essere scelte ed ottimizzate a seconda dei vincoli del processo (tempi e costi) e del materiale che subisce la trasformazione (essenzialmente la sua stabilità termica). I polimeri per le loro proprietà meccaniche, per la loro temperatura di transizione vetrosa generalmente inferiori agli altri materiali e per la loro unica versatilità nel processo di sintesi, che permette di modificare a piacimento le loro proprietà chimico fisiche, sono i materiali più adatti per la tecnica NIL.

I parametri fondamentali del processo sono la temperatura e la pressione applicate, i tempi di ciclo e la morfologia delle strutture da replicare. I tempi del ciclo di stampa sono fortemente legati alle proprietà di flusso dei polimeri, quindi alla loro viscosità (la minore possibile in fase di stampa), in ultima analisi alla temperatura del processo stesso. La pressione applicata e lo spessore iniziale del resist dipendono dalla distanza che il fuso deve percorrere per riempire tutte le cavità dello stampo (cap.2.3.3.2).

Sperimentalmente si osserva che la disposizione e l’entità delle strutture del master influenzano la velocità del polimero fuso: minore è la distanza, maggiore è la velocità di riempimento delle cavità a parità di condizioni di stampa.

In quest’ottica i pattern più semplici da replicare e i più efficaci sono costituiti da strutture di piccolo periodo, in rapporto di volumi 1:1 tra cavità e rilievi, per garantire uniformità di riempimento;

peggiori risultati si incontrano con pattern non periodici e con strutture grandi ed isolate.

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7 2.3.3.2 Flusso viscoso di un fluido Newtoniano

Figura 3: schema del flusso viscoso tra due piatti in movimento verticale di un fluido viscoso generico.

Il flusso viscoso tra due dischi paralleli come in figura 3, è una buona approssimazione della

condizione incontrata nella tecnica NIL. Per attenersi al modello sperimentale che verrà trattato, tutto il volume di polimero fuso che si sposta deve andare a riempire le cavità. La distanza ℎ in figura 3, è lo spessore iniziale del resist fluido. Viene applicata una forza  in direzione z ortogonale ai dischi per mantenerli in moto uniforme alla velocità uguale ed opposta ±; questo spostamento

esclusivamente verticale mette in moto il fluido, mantenuto contro la pressione atmosferica  . La risoluzione in uno stato quasi statico, data dall’equazione di Stefan, porge  =   ∗  : ciò suggerisce che sono necessarie forze intense per ottenere un flusso veloce su grandi distanze di trasporto in un film sottile. In un fluido newtoniano, la viscosità dipende, per definizione, solo dalla temperatura e dalla pressione, non dalla forza applicata.

Si conclude quindi che nell’approssimazione di fluido Newtoniano la forza da applicare per garantire il moto uniforme dei piatti, quindi il flusso, dipende direttamente dalla viscosità del fuso e dalle distanze di trasporto, inversamente dallo spessore del resist fuso.

La forza così trovata può essere spezzata in due contributi, uno che genera la pressione  −  , dipendente dall’area di contatto tra lo stampo e il resist; l’altro deriva dagli sforzi di taglio dovuti al fluido in movimento. Infatti la parte del movimento dei dischi che viene trasferita al fluido genera un flusso radiale dello stesso (che parte dal centro del disco verso il bordo della circonferenza) di

velocità ,  = −   ∗ [1 − ] con un profilo parabolico; questa è la responsabile della comparsa di sforzi di taglio nel fluido. Si può individuare il tempo di dimezzamento dello spessore di fluido integrando l’equazione di Stefan, dalla quale si ricava "#/ =%&'#)*(

+ ; osserviamo che più la distanza di trasporto è elevata più il tempo aumenta, quindi più piccole sono le cavità più veloce sarà il riempimento.

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8 Un ulteriore fenomeno da tenere in considerazione nella tecnica NIL è che riempiendo

progressivamente le strutture aumentano le distanze di trasporto fino a coincidere con le dimensioni macroscopiche dello stampo; il flusso, quindi, passa da localizzato a globale: il moto dello stampo subisce un rallentamento o corrispondentemente un aumento di pressione letta.

In realtà il moto del flusso è molto più complesso; ciò è dovuto all’influenza reciproca delle strutture vicine sul moto del fluido, all’approssimazione del resist fuso a fluido Newtoniano e alla presenza nella condizione iniziale di un volume di resist superiore a quello strettamente necessario al

riempimento delle strutture. Il modello non tiene conto della dilatazione termica né del resist, né del substrato.

2.3.3.3 Proprietà viscoelastiche dei polimeri

Come è stato visto nel precedente capitolo la forza applicata e quindi l’entità del flusso, dipendono strettamente dalla viscosità  del resist. Questa quantità può cambiare di 3, 4 ordini di grandezza nel range di temperatura usate nella tecnica NIL. La viscosità alla ,-di qualunque polimero vale per convenzione 10# /0 ∗ 1, mentre già a pochi gradi Kelvin più sotto il processo di flusso viscoso è estremamente lento e la risposta del polimero può essere assimilata a quella di un solido elastico. La legge che lega la temperatura alla viscosità è la Vogel-Fulcher , = 2exp −6 667

8 , con ,9, 2 e ,: determinate sperimentalmente dalla formulazione WLF dovuta a Williams – Landel – Ferry: ,9 ha valori tipicamente di 500 - 5000 K e ,: (>0°C), chiamata la temperatura di Vogel, che dipende dal materiale considerato. Tipicamente ,: si colloca ad un valore 30-50 K sotto la temperatura di transizione vetrosa ,- del sistema. La viscosità è vista quindi come un processo attivato. Altro fattore che influenza la viscosità è il peso molecolare Mw delle macromolecole: dipendenza lineare diretta fino al valore critico ;2 al quale gli entanglements passano da presenza a livello molecolare ad una estensione macroscopica, oltre questo valore la relazione diventa di potenza.

Usando modelli viscoelastici (es. Kelvin-Voight) il materiale avrà tempi di deformazione e

rilassamento ritardati, secondo tempi caratteristici che dipendono dalla viscosità del materiale (quindi dalla temperatura). Applicando uno sforzo costante (come in fase di riscaldamento) verrà raggiunta la deformazione costante elastica dopo un tempo caratteristico "<= > (caratteristico del materiale); il sistema rimane costante a questa deformazione fino al raggiungimento del "?=@A (anch’esso

caratteristico del materiale), al quale le deformazioni avranno un incremento lineare tipico dei fluidi Newtoniani; Il processo in fase di stampa deve essere dimensionato in modo da garantire che il tempo di flusso viscoso domini quello di deformazione elastica, ovvero che i tempi caratteristici

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9 siano piccoli. Per il principio di sovrapposizione tempo – temperatura, a temperature più alte

corrisponderanno tempi più corti e viscosità più basse.

Tolta lo sforzo costante (fase di raffreddamento), il materiale tenderà a rilassare gli stress secondo il modello usato, per effetto di molla entropica. Il materiale esercita quindi forze sullo stampo: se gli stress così generati non riescono ad essere dissipati prima del raffreddamento sotto ,-, si possono avere problemi in fase di separazione campione – stampo, per la persistenza di queste forze che si trasformano in forze antiadesive, rischiando di danneggiare le strutture (es. fenomeno di peeling).

2.3.4 Master

Si presentano i master utilizzati per l’imprint (cap. 2.3.4). Possiamo dividerli in master a pattern digitale o a pattern antiriflesso. La tecnica di indagine delle strutture è quella AFM (cap. 3.4).

2.3.4.1 Digitale

Vengono usati tre diversi master: Si406 di area 2.7x2.1cm2, parametri nominali delle strutture:

periodo 406nm, altezza 160nm, lunghezza 200nm; M206 di area 4cm2: quest’ultimo master viene diviso in due pezzi: PZ1 di area 2X1.5cm2 e PZ2 di area 1X1.9cm2, parametri nominali strutture:

periodo 406nm; lunghezza 160nm; altezza 120nm; 91020A area 2.5X2.5cm2, parametri nominali delle strutture: periodo 406nm; lunghezza 160nm; altezza 230nm. Questi master sono delle repliche in silicio.

Si conducono misure su master Si406; modalità acquisizione in contatto, parametri di acquisizione setpoint 56 nN, frequenza di acquisizione 1 Hz, resa 0.3. Si analizza un’area di (2 x 2 BC , 256x256 punti). La morfologia superficiale appare come in figura 10;

Figura 4: topografia del master Si406 in due e tre dimensioni. Le zone eliminate nell’analisi statistica sono colorate nella figura di sinistra.

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10 L’analisi statistica condotta sulle immagini ricavate con AFM con software SPIP 5.1.3 presenta i risultati in figura 11.

Appare chiaro dalla curva di distribuzione delle altezze la divisione in due gruppi molto separati ed intensi; la distanza tra i valori medi di queste distribuzioni è la profondità media rilevata, pari a 123nm, rispetto a 160nm nominali. Dall’analisi di Fourier possiamo trovare le dimensioni

caratteristiche del sistema periodico che sono 402nm e 197nm, in buon accordo con quelle nominali di 406nm e 200nm.

In generale le profondità delle strutture sono misurate più precisamente su aree ristrette, mentre le misure caratteristiche dei sistemi periodici su aree grandi. Analizziamo nuovamente master Si406 su un’area maggiore (8 x 8 BC , 512x512 punti) per vedere questa discrepanza. Modalità di

acquisizione in contatto, parametri di acquisizione setpoint 60nN, frequenza di acquisizione 0,8 Hz, resa 0.1 La superficie del master appare come in figura 12;

Figura 5: diagramma analisi di Fourier e distribuzione delle altezze relative alla misura master Si406.

Figura 6: topografia del master Si406 in due e tre dimensioni. Le zone eliminate nell’analisi statistica sono colorate nella figura di sinistra.

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11 Come prima mediante il software SPIP 5.1.3 si analizzano i risultati: il digramma di distribuzione delle altezze porge una misura di 83 nm, sottostimata del 50% rispetto alla profondità nominale del pattern (160nm), mentre le strutture risultano essere periodiche con parametri 399nm e 200nm, più prossimi a quelli nominali.

Si misura il master 91020A in modalità di non contatto su un’area di 25 BC ; modalità di acquisizione non contatto. La morfologia superficiale appare come in figura 14.

Si condice l’analisi statistica sulla immagini pervenuta dall’AFM con software Gwyddion;

Figura 7: diagramma analisi di Fourier e distribuzione delle altezze relative alla misura master Si406.

Figura 8: topografia del master 91020A in due e tre dimensioni. Le zone eliminate nell’analisi statistica sono colorate nella figura di sinistra.

Figura 9: analisi sui volumi di Minkowsky (parallelo di quella di Abbott) e diagramma della distribuzione delle altezze.

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12 La distribuzione delle altezze misura 24nm come profondità delle strutture, mentre l’analisi dei volumi di Minkowsky (considerando il 90% del volume de campione) misura 26.2nm. Entrambi i risultati sono evidentemente irrealistici a causa di un probabile deterioramento della punta dello strumento e alla modalità di misura in non contatto.

2.3.4.2 Antiriflesso

I master con pattern antiriflesso usati sono principalmente due, master antiriflesso quadrato (MAQ) e master antiriflesso rettangolare (MAR), entrambi in nickel con strutture di altezza nominale 200nm.

Si effettuano analisi AFM per master antiriflesso quadrato. Modalità acquisizione in contatto, area 6 x 6 BC , 512x512 punti, parametri di acquisizione setpoint 56nN, frequenza di acquisizione 0,8 Hz, resa 0.2. La morfologia superficiale appare come in figura 16;

La curva di Abbott ricavata con il software SPIP 5.1.3 è riportata in figura 17.

Figura 10: topografia del master MAQ in due e tre dimensioni. Le zone eliminate nell’analisi statistica sono colorate nella figura di sinistra.

Figura 11: curva di Abbott, 96% del volume considerato.

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13 Si mantiene il 96 % del volume (eliminiamo il 4 % del volume che appartiene a zone estreme) le strutture piramidali sono alte 105nm.

Si effettuano analisi AFM per master antiriflesso rettangolare. Modalità acquisizione in contatto, area 6 x 6 BC , 512x512 punti, parametri di acquisizione setpoint 56nN, frequenza di acquisizione 0,8 Hz, resa 0.2. La morfologia superficiale appare come in figura 18.

La curva di Minkowsky per il volume ricavata con il software Gwyddion è riportata in figura 19.

Figura 13: analisi sui volumi di Minkowsky, considera 90% del volume.

Considerando il 90 % del volume (eliminiamo il 10 % del volume che appartiene a zone estreme) le strutture piramidali sono alte 60,2nm.

2.3.4.3 Pulizia e funzionalizzazione

La funzionalizzazione del master avviene mediante tricloro-perfluoroctilsilano. Questo silano, in ambiente anidro, si lega chimicamente alla superficie del master mediante una reazione di

Figura 12: : topografia del master MAQ in due e tre dimensioni. Le zone eliminate nell’analisi statistica sono colorate nella figura di sinistra.

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14 condensazione con i gruppi ossidrilici presenti naturalmente sulla sua superficie. . Le proprietà

chimico fisiche dei silani ed in particolare la loro inerzia chimica alla maggior parte dei solventi organici e stabilità termica, conferiscono le proprietà di idrofobibicità necessarie al master, che rimangono buone anche fino a 10 processi di stampa. Il trattamento, in soluzione di silano in eptano in ambiente anidro, dura dalle 4 alle 8 ore. Strutturalmente questi silani si organizzano auto

assemblandosi in un film sottile, dello spessore di alcuni nanometri; questo comportamento è chiamato Self Assembly Monolayer (SAM); viene preferito ad altri trattamenti superficiali perché lo spessore finale del layer funzionalizzante è ininfluente rispetto alle dimensioni delle strutture del master.

La pulizia dei master è un parametro critico per la buona riuscita della stampa. Il fatto che un master rimanga attaccato al campione alla fine di una prova di imprint, dipende strettamente dalla qualità e deterioramento della sua funzionalizzazione antiadesiva. Se residui di resist rimangono sul master, questo viene immerso in un solvente organico, quello che può sciogliere il resist e che è stato usato nella sua sintesi, ponendo il tutto in bagno ad ultrasuoni per 10 minuti. Nello specifico nel sistema PMMA si ottengono buoni risultati con cloroformio (solvente di sintesi) e toluene, nel sistema GPTMS-titania la pulizia diventa più difficile ma con prolungati bagni in toluene si possono ottenere buoni risultati, mentre nel sistema GPTMS-titania-ITO i solventi organici non sembrano molto efficaci e bisogna ricorrere ad acidi organici diluiti, con il vincolo di dover ri - funzionalizzare il master dopo la pulizia. Nei sistemi con NPs di ITO è molto efficace un trattamento in acqua ossigenata (H2O2) essendo questa usata per l’etching dell’ITO; il trattamento viene condotto sia a temperatura ambiente che in temperatura, a seconda del grado di pulizia del master. Per ogni sistema, quando un lavaggio in solventi non portava a risultati significativi si ricorre ad un breve bagno di alcuni secondi in acido fluoridrico (HF) diluito 1:15 in acqua; questa operazione rimuove ogni funzionalizzazione del master.

2.3.5 Problematiche

Riassumendo le problematiche legate alla tecnica NIL sono essenzialmente il controllo delle dimensioni critiche a causa del rilassamento delle tensioni nel resist polimerico per effetto di mola entropica, controllo ed ottimizzazione dei parametri di stampa per garantire viscosità e quindi i tempi di flusso ottimali, modellizzazione e successiva scrittura analitica delle caratteristiche di flusso viscoso di fluido non-Newtoniano. In generale si può affermare che per avere un riempimento veloce bisogna applicare sia una pressione che una temperatura elevate. Nonostante questo, ciascuno dei parametri sopra elencati deve essere ottimizzato in fase di stampa nell’ottica di poter avere una

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15 tecnica a basso costo, a grande risoluzione e ripetibilità delle strutture; in tal senso sono di recente sviluppo le tecniche di imprint a temperatura ambiente.

3 Presentazione degli strumenti utilizzati 3.1 Spettro fotometro UV-VIS

La spettroscopia di assorbimento permette, attraverso lo studio delle radiazioni assorbite dalle varie sostanze, di effettuare rapide e precise analisi sia qualitative che quantitative su molteplici materiali.

Vengono usate sorgenti luminose in grado di eccitare, per l’energia fornita, i soli elettroni di legame degli atomi del campione facendoli effettuare transizioni energetiche; poiché l'energia degli elettroni di legame è quantizzata, l’energia associata ad un fotone di frequenza tipica dello spettro UV o visibile verrà assorbita dall’elettrone passando dal suo stato fondamentale ad uno stato eccitato; lo strumento analizza l’intensità luminosa non assorbita per ogni lunghezza d’onda. La tecnica è applicata in analisi qualitative e quantitative mediante la legge di Lambert-Beer. Un generico strumento si presenta come in figura 4.

Figura 14: schema funzionamento di spettrofotometro UV-VIS a doppio raggio.

I principali componenti sono:

1. Sorgente luminosa, una o più per ogni zona dello spettro. Per la regione del visibile si utilizzano lampade a incandescenza (es. filamento di tungsteno). Per la regione UV si usano lampade a scarica di un gas (deuterio o a idrogeno). Queste sono costituite da un'ampolla di quarzo contenente il gas rarefatto nella quale viene attivata una scarica tra due elettrodi.

2. Fenditure, filtri e lenti focalizzanti posizionate in modo da indirizzare il raggio proveniente dalle lampade sorgente.

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16 3. Il monocromatore, o elemento disperdente, è normalmente un prisma o reticolo; la sua

funzione è separare le varie componenti della radiazione incidente, permettendone la

successiva selezione. Consentono bande passanti dell'ampiezza di circa 5-20nm nel visibile.

Il prisma è in grado di disperdere le radiazioni con diversa λ per rifrazione; i reticoli sono costituiti da serie di fenditure parallele tracciate su una superficie a distanza ravvicinata e sfruttano il fenomeno dell’ interferenza.

4. Filtri e specchi per restringere ulteriormente la banda passante e indirizzare il raggio 5. Cella o cuvette è la componente destinata a contenere il campione da esaminare. Devono

essere trasparenti alla radiazione impiegata; in UV si utilizzano celle in quarzo, nel visibile in vetro o quarzo o alcuni materiali plastici, in IR si rendono necessarie celle in sali (es. NaCl, KBr).

6. Il rivelatore può essere di diverso tipo; i fototubi sono realizzati inserendo due elettrodi in una ampolla sotto vuoto, con una finestra (in quarzo) per il passaggio della radiazione luminosa.

Il catodo (elettrodo negativo) è rivestito di un materiale fotosensibile che liberi facilmente elettroni (come il cesio); tra anodo e catodo viene applicata una d.d.p. .I fotomoltiplicatori sono una variante dotata di una serie di elettrodi (dinodi) contrapposti, in opportuno materiale, ai quali vengono applicati potenziali crescenti. In questa maniera gli elettroni vengono accelerati da un dinodo all'altro e ad ogni urto liberano più elettroni, moltiplicando cosi gli effetti finali. I fotodiodi, infine, sono microscopici circuiti su chip semiconduttore, che variano la loro d.d.p. se investiti da radiazioni luminose; questi ultimi hanno sensibilità inferiore ai fotomoltiplicatori, ma presentano il vantaggio di poter essere inseriti in grande numero su un singolo chip di silicio, prestandosi cosi in modo efficace alla costruzione di spettrofotometri a serie di diodi.

I rilevatori quantificano intensità del fascio luminoso trasmesso, ma le grandezze che vengono poi usate sono la trasmittanza, definita come il rapporto tra l'intensità del raggio uscente dal campione e quella del raggio entrante, e l’ assorbanza, detta anche 'densità ottica' o 'estinzione', legata alla trasmittanza da D = − log#, .

Esistono diversi tipi di spettrofotometro, a seconda di come sono organizzate le varie componenti:

monoraggio, doppio raggio, serie di diodi. Lo schema generale di un doppio raggio è rappresentato in figura 4. Si può parlare di mono raggio se non ci fosse lo specchio semi-riflettente e quindi il

secondo cammino verso la cuvette del riferimento. Lo spettrofotometro a serie di diodi invece è costituito in modo da investire il campione con uno spettro completo proveniente dalla sorgente ed

(20)

17 avere gli elementi disperdenti immediatamente prima del rilevatore a fotodiodi, che analizza

simultaneamente tutte le lunghezze d’onda.

Lo strumento utilizzato è Jasco UV-570, parametri di acquisizione larghezza banda 2nm, NIR 8nm, velocità 400nm/min, range 200 – 2000nm, pitch 1nm.

3.1.1 Sfera integratrice

Una sfera di integrazione è uno strumento che diffonde la luce in ingresso in modo che sia distribuita uniformemente su tutta la sua superficie interna. Questa diffusione avviene attraverso

due meccanismi: la sfera è rivestita di una superficie di riflessione Lambertiana e il contenitore ha geometria sferica. Una superficie di riflessione Lambertiana è idealmente in grado di riflettere completamente l’energia del fascio di luce incidente: l'intensità della radiazione incidente varia solo con l'angolo di riflessione. Quando questa superficie ideale è combinata con una forma sferica, viene assicurato che ogni punto all'interno dello strumento riceva la stessa intensità di luce. Nello spettrofotometro usato la cuvette può essere sostituita con questo strumento.

3.2 FTIR

La spettroscopia IR è una tecnica spettroscopica di assorbimento per la caratterizzazione dei

materiali e per lo studio dei legami chimici. La strumentazione e i principi fisici che stanno alla base di questa tecnica sono i medesimi della tecnica UV-VIS. La differenza risiede nel percorso che il segnale compie, in quanto grazie ad uno specchio mobile, può essere scomposto mediante una trasformata di Fourier, rendendo lo strumento più veloce. Lo strumento che viene usato per questo lavoro di tesi è Jasco FT/IR-600 con parametri di acquisizione: range 4500 – 500 cm-1; risoluzione 4cm-1; passaggi 32 o 64.

In uno spettro infrarosso in ascissa troviamo una scala di frequenze espresse in numero d'onda, ovvero quantità di onde per centimetro, e in ordinata la percentuale di trasmittanza, definita come nel capitolo 3.1.

Si consideri il legame chimico formato da due atomi diversi; questo si comporta come un oscillatore armonico; mediante l’equazione di Schrödinger possiamo ricavare i livelli energetici vibrazionali permessi, funzione del numero d’onda vibrazionale. Si può così verificare che maggiore è la forza del legame maggiore sarà la frequenza di vibrazione per un dato livello vibrazionale permesso.

Condizione necessaria per indurre una vibrazione IR è che la radiazione incidente faccia variare il momento dipolare della molecola, definito come B = H × J̅ (q carica elettrica, J̅ distanza

vettoriale). I valori di assorbimento sono caratteristici di ogni tipo di legame.

(21)

18 Le possibili vibrazioni dei legami possono essere sul piano del legame (stretching simmetrico ed asimmetrico, Scissoring e docking) o fuori dal piano del legame (wagging e twisting).

3.3 Ellissometro

L’ellissometro è uno strumento che permette rapide e precise misure dei parametri ottici e fisici di superfici e di eventuali ricoprimenti (resist, ossidi, etc.).

Figura 15: piano x,y di incidenza di una raggio polarizzato linearmente. Si mettono in evidenza raggi riflessi e rifratti con rispettivi angoli e campi elettrici ortogonali e paralleli associati.

In generale, come presentato in figura 5, ogni onda polarizzata può essere scomposta come

sovrapposizione di due onde polarizzate linearmente lungo gli assi di riferimento X,Y con campi Ex

ed Ey; in genere pensando alla riflessione della luce questi vengono fatti coincidere per comodità con un campo parallelo al piano d’incidenza Ep = Ey ed uno normale Es = Ex detti rispettivamente

polarizzazione P e polarizzazione S, tra loro ortogonali.

Se un’onda piana, polarizzata linearmente e monocromatica Ei incide su un mezzo dielettrico, anche l’onda riflessa Er e l’onda rifratta Et sono onde piane polarizzate linearmente della stessa frequenza e fase costanti rispetto all’onda incidente. Le leggi dell’ elettromagnetismo dimostrano che P ed S sono auto stati di polarizzazione per il fenomeno delle riflessione e trasmissione, possiamo quindi ricavare i coefficienti di Fresnel di riflessione e di trasmissione ed esprimere i campi dei raggi incidenti, riflessi e trasmessi come combinazione dei campi P ed S.

Figura 16: espressioni analitiche coefficienti di Fresnel e L. I coefficienti e gli indici di rifrazione n sono espressi come complessi.

Si perviene alla legge principe dell’ellissometria (fig. 6) come rapporto dei coefficiente di Fresnel come quantità complesse; tan P è legata al rapporto delle ampiezze dei coefficienti di riflessione e

(22)

19 quindi al rapporto tra l’intensità del campo incidente e riflesso per entrambi gli stati P e S di

polarizzazione; ∆= QR− Q> = SR− S>− SR− S>> , dove QT è la differenza tra i due sfasamenti dell’onda riflessa ed incidente, dipendenti dallo sfasamento tra l’onda P ed S che le compongono. Questi sono i due parametri calcolati da un ellissometro.

tan P e ∆ per la teoria di Fresnel estesa ai film sottili da Drude sono funzioni non lineari e trascendenti, per le quali non è possibile un’inversione diretta e che quindi necessitano di metodi numerici per essere trattate; sono funzioni del coefficiente di rifrazione, dello spessore e del coefficiente di estinzione di ciascun layer che il fascio attraversa; sono funzione della lunghezza d’onda del fascio incidente, del mezzo di propagazione, dell’angolo di riflessione e incidente: quindi una volta ottenute l’andamento delle funzioni tan P e ∆, mediante l’applicazione di modelli

matematici via software si possono ricavare tutti i parametri elencati; particolare interesse rivestono gli indici di rifrazioni e gli spessori dei layer.

Figura 17: schema funzionamento ellissometro RAE.

Esistono vari tipi di ellissometro ad angolo di incidenza fisso e lunghezza d’onda variabile, viceversa o entrambe variabili. I componenti ottici fondamentali di un ellissometro sono i due polarizzatori; il primo, posto tra sorgente e campione, invia su quest’ ultimo la luce polarizzata linearmente, mentre il secondo detto analizzatore, posto tra campione ed un ulteriore monocromatore, analizza la

polarizzazione ellittica della luce riflessa come si vede in fig. 7. Esistono numerose configurazioni di ellissometro, a seconda delle applicazioni. Quella più diffusa è quella di ellissometro fotometrico, nella quale l’intensità del fascio riflesso viene modulato mediante un analizzatore rotante (RAE) o mediante un polarizzatore rotante (RPE). In entrambi i casi il segnale luminoso viene convertito in un segnale di tensione sinusoidale (fasore), relazionabile con i coefficienti di Fresnel e quindi con tan P e ∆. Lo strumento usato per il lavoro presentato è un Wvase della Woollam Co.Inc, di tipo RAE.

(23)

20 3.4 Atomic Force Microscopy AFM

Un AFM ha la caratteristica di poter riportare la morfologia di strutture e superfici nella scala

atomica, sfruttando le forze di legame debole che si manifestano nell’interazione tra due corpi posti a distanza sufficientemente piccola.

Figura 18: schema funzionamento AFM. Sono messi in evidenza i componenti fondamentali di misura, movimentazione ed analisi.

Un microscopio a forza atomica consiste in una microleva (cantilever, tipicamente in silicio o in nitruro di silicio) con una punta (tip) con raggio di curvatura tipico i qualche nanometro. Quando questa punta viene portata in prossimità della superficie del campione, le forze di interazione debole tra punta e campione (Van der Waals, capillarità, legame chimico, forze magnetiche ed

elettrostatiche, etc.) portano ad una deflessione del cantilever; tipicamente questa deflessione è misurata mediante la riflessione di un fascio laser focalizzato precedentemente sul cantilever, grazie a vettori di fotodiodi.

La scansione della superficie avviene tipicamente a forza costante (non ad altezza costante per problemi di contatto); il campione è montato quindi su un tubo dotato di un materiale piezoelettrico, che fa muovere il campione lungo l’asse z per mantenere la forza costante e lungo x ed y per

permettere la scansione del campione. Ciò che viene memorizzato dopo la trasformazione del segnale ottico pervenuto ai fotodiodi è una funzione tipo z = f(x,y) a forza costante, ovvero una superficie.

Esistono diverse modalità di misura, le principali sono contatto, non-contatto e tapping. La modalità contatto si avvale di cantilever sufficientemente duttili data l’entità delle forze tra punta e campione al contatto; la forza è mantenuta costante tenendo costante la deflessione del cantilever. In non- contatto il cantilever (in materiale rigido) e la punta sono mantenuti in oscillazione, molto sopra la sua frequenza di risonanza molto vicino alla superficie del campione; la presenza di forze che

(24)

21 agiscono sulla punta diminuisce la frequenza di risonanza del cantilever, mentre il sistema

piezoelettrico su cui è posizionato il campione mantiene constante o la frequenza o l’ampiezza delle oscillazioni della punta muovendosi lungo z. Nella modalità tapping il sistema di fissaggio del cantilever è dotato di un piezoelettrico e la punta viene fatta oscillare a cavallo della sua frequenza di risonanza, ad ampiezze dieci volte superiori alla modalità in non-contatto; l’ampiezza delle

oscillazioni diminuisce al crescere dell’intensità delle forze che agiscono sulla punta e quindi il campione viene mosso lungo z per mantenere constante l’ampiezza di oscillazione, posta quella per cui si ha un contatto intermittente tra punta e campione.

Rispetto al SEM questa tecnica fornisce morfologie tridimensionali; tale tecnica non ha bisogno né di particolari pre-trattamenti del campione né di specifici ambienti di lavoro; gli svantaggi sono legati alle massime dimensioni del campione che lo strumento può misurare, alla limitata velocità di analisi specialmente su superfici grandi che può generare effetti di drift e infine sul fenomeno fisico

dell’isteresi dei componenti piezoelettrici che diminuisce la precisione dello strumento nel tempo.

Vengono utilizzate due punte differenti a seconda dello strumento usato e della modalità: in contatto:

Sharp Microlevers, Park Scientific Instruments, modello FWMS-06AU (raggio curvature tipico 20 nm, altezza punta 0.6 µm, mezzo angolo di apertura ∼35°) in non-contatto.

(25)

22 4 Processo sol-gel per la realizzazione di film ibridi organico-inorganici.

Le matrici ibride sono a tutti gli effetti materiali compositi a livello molecolare, dotati di elevata trasparenza, stabilità all’idrolisi, resistenza termica e inerzia chimica. I compositi molecolari combinano le proprietà strutturali di differenti classi di materiali in modalità inaccessibile alle miscelazioni di fasi macroscopiche com’è nel caso dei compositi classici (esempio matrice polimerica con fibre di vetro come rinforzo); una miscelazione così intima permette di evitare la formazione di fasi separate, punto debole dei compositi. Il processo di sintesi è detto sol-gel e prevede la formazione di network organici ed inorganici utilizzando precursori costituiti ad hoc per le varie applicazioni.

Questi materiali si possono dividere in due classi: la prima dove i legami tra i componenti sono solo di tipo debole (Van der Waals, idrogeno, elettrostatici), la seconda, oggetto del nostro interesse, dove parte organica ed inorganica sono unite da forti legami covalenti.

Normalmente questo processo prevede la formazione inizialmente del reticolo inorganico, seguito successivamente dalla reticolazione organica (fase di curing).

4.1 Precursori

Esistono molteplici tipi di precursori, generalmente monomeri, catalogabili in quattro categorie: I.

formatori di reticoli inorganici a base di silice (legami Si-O-Si), II. formatori di reticoli di ossidi inorganici diversi da Si-O-Si, III. modificatori del reticolo inorganico attraverso funzionalità

organiche non reattive, IV. formatori di reticoli sia inorganici (Si-O-Si), che organici. Sono di nostro interesse i precursori della IV categoria, nella quale possiamo trovare appunto il Glicidossipropil- trimetossilano (GPTMS), largamente usato nelle sintesi di questo lavoro di tesi (cap. 7-8).

Figura 19: struttura Glicidossipropil-trimetossilano GPTMS.

Questo precursore garantisce ridotta ritiro della matrice in fase di addensamento e basso scattering della luce incidente in seguito alla ridotta porosità ottenuta. Le reazioni di crosslinking organico sono controllate dal numero di unità Si-OR, mentre i gruppi organici polimerizzabili controllano la

reticolazione organica.

(26)

23 4.2 Formazione del reticolo inorganico

La creazione del reticolo inorganico implica l’idrolisi di precursori tipo alcossidi, la formazione di una sospensione colloidale e l’evoluzione di quest’ultima verso un gel per condensazione.

Le reazioni che regolano la formazioni del reticolo inorganico sono qui riportate:

≡M-OR + H2O

WJXYW1W

Z[[[[\

]1"]W^W_0WX`]

a[[[[[[[[[[b ≡M-OH + ROH

≡M-OR + HO-M≡

_X`J]`10WX`]

Z[[[[[[[[[[\

=2@=T>T

a[[[[b ≡M-O-M≡ + ROH

≡M-OH + HO-M≡

_X`J]`10WX`]

Z[[[[[[[[[[\

WJXYW1W

a[[[[b ≡M-O-M≡ + H2O

M rappresenta il metallo di transizione Ti (molto reattivo) o un silicato (meno reattivo perché elettronegatività minore).

La prima fase è l’idrolisi di uno o più precursori in presenza d’acqua. L’ossigeno dell’acqua si attacca nucloefilicamente all’atomo di Si, quindi viene eliminata una molecola d’alcol ROH. La reazione si ripete anche per le altre funzionalità sensibili all’idrolisi, anche se la condensazione può avvenire prima che finisca completamente la fase di idrolisi. Il silicio è poco reattivo all’idrolisi e con la comparsa di gruppi sostituenti di rilevante ingombro sterico, la reazione rallenta; per

aumentarne la velocità si ricorre spesso a catalizzatori quali acidi e basi: si può quindi avere catalisi di tipo acido, dove la proto nazione del gruppo alcossido avviene mediante lo ione H+ dell’acido, o basica mediante lo ione idrossile OH-.

La seconda fase è la reazione di condensazione che porta alla comparsa della dispersione colloidale, ovvero alla prima creazione del network inorganico; dipende dal catalizzatore (acido o basico). Si forma quindi un sol, cioè una dispersione in liquido di particelle di dimensioni micrometriche; queste evolvono verso la formazione di particelle di dimensioni maggiori quando il numero di legami inorganici Si-O-Si. Nella catalisi acida la struttura del sol è lineare, in quella basica si verifica un’intensa ramificazione.

(27)

24 La terza fase è della di gelificazione, dove le specie silicatiche si uniscono tra loro per diventare un network tridimensionale detto gel; questa condizione è determinata dal raggiungimento di un caratteristico valore di viscosità o di modulo di taglio.

4.3 Crosslinking

La reticolazione organica avviene durante la sintesi del sol o durante la fase finale di trattamento termico o UV. A seconda dei gruppi sostituenti del precursore mediante i classici meccanismi di polimerizzazione si possono creare strutture lineari o tridimensionali; reazioni di polimerizzazioni radicaliche UV o termiche inducono un considerevole ritiro della struttura, mentre meccanismi di apertura d’anello presentano un ritiro più ridotto.

(28)

25 5 Ricoprimenti antiriflesso (AR)

I ricoprimenti antiriflesso sono state tra le prime applicazioni dei metodi di sintesi sol-gel. Le

procedure principali che si sono sviluppate nel corso del tempo sono state a singolo layer, multi-layer e a gradiente di indice.

I ricoprimenti a singolo strato sono efficaci per solo determinate lunghezze d’onda c singole, dipendenti dallo spessore e dal materiale di cui è costituito sia il layer che il substrato; un resist creato con la metodologia multi-layer è considerato disomogeneo e quindi le sue proprietà ottiche, come ad esempio l’indice di riflessione, variano man mano che dalla superficie ci si avvicina al substrato (fig. 21 sinistra). Come vediamo in figura 20, dove I è il raggio incidente ed Ri l’i-esima parte riflessa della radiazione, si ha riflessione quando esiste un cambio finito di indice di rifrazione fra due superfici: il layer disomogeneo è idealmente con variazione continua dell’indice di rifrazione (gradiente) lungo il suo spessore.

A differenza del ricoprimento singolo, quello multy-layer allarga il numero delle lunghezze d’onda che minimizzano la loro riflessione tra strato e strato; aumentando il numero degli strati che

compongono il ricoprimento, si aumentano le lunghezze d’onda che non generano riflessione.

Possiamo esprimere la riflessione della luce mediante il metodo dei vettori; nelle ipotesi di assorbimento trascurabile da parte degli starti di cui è composto il layer ricoprente, considero un sistema come quello in figura 21. Considero per ogni lunghezza d’onda incidente la riflessione come un vettore, che in coordinate polari può essere espresso come

def= ghi] jkl jm dnon= p def

T,q h r ,i r #

Figura 20: schema riflessione e trasmissione di un raggio incidente normale. Da evidenziare la discontinuità al passaggio tra i diversi layer contrapposto al passaggio continuo nel layer disomogeneo centrale (assimilabile con la zona con strutture nanometriche).

(29)

26 dove ghi è il modulo della rifrazione tra il layer n-esimo ed m-esimo, ] jkl jm è la fase del

vettore e Qh = & hk stu vw k k è lo spessore della fase; quest’ultimo dipende direttamente dallo spessore del n-esimo layer e dal suo indice di rifrazione. Quindi selezionando una lunghezza d’onda e confrontando due mezzi a diverso indice di rifrazione con il medesimo spessore fisico Jh, si

minimizza l’inevitabile riflessione (con raggio di incidenza normale alla superficie, cos zh = 1 ), se i loro indici sono entrambi alti.

Figura 21: schema vettoriale della riflessione nel layer disomogeneo. A destra le due strutture antiriflesso più diffuse:

piramidali e emisferiche.

Per questo motivo vengono usati substrati con un ricoprimento superficiale di ITO (cap. 7.4, 8.2).

Un ulteriore modo per avere gradiente di indici di rifrazione è quello di costruire sulla superficie del substrato strutture nano metriche di forma piramidale o conica (di un ottimale rapporto larghezza - altezza); per la forma di queste strutture, la loro larghezza è crescente mano a mano che ci avvicina al substrato. Il mezzo di propagazione della radiazione luminosa cambia gradualmente, quindi anche l’indice di rifrazione, passando da quello del mezzo esterno (tipicamente aria n=1), all’indice del substrato. Le nanostrutture idealmente dovrebbero toccarsi alla base ricoprendo tutta la superficie del substrato, senza lasciare layer residui e/o superficie scoperta, come è possibile vedere in figura 21 a destra.

(30)

27 6 Sistema 1: PMMA

Il polimetilmetacrilato (PMMA) è il polimero termoplastico più studiato e collaudato per il processo NIL. Le caratteristiche che lo hanno portato ad essere così largamente utilizzato in questa tecnica sono la trasparenza ottica e la bassa temperatura di transizione vetrosa ( 95 ; 120 °C). Questa ultima caratteristica diviene fondamentale in quanto è indice del passaggio da solido elastico a viscoelastico;

per il sistema PPMA la viscosità è già sufficientemente bassa a temperature relativamente basse (cap.

2.3.3.3).

Figura 22: unità monomerica di una macromolecola di polimetilmetacrilato PMMA

Il polimero si può considerare abbia un comportamento di fluido newtoniano nell’ipotesi di piccole deformazioni. La grande conoscenza del sistema permette di poter ottenere macromolecole del peso molecolare desiderato (anche maggiore di 950k).

Nella fase di deposizione su substrato la grande tensione di vapore dell’acetone permette a questo di evaporare quasi integralmente, lasciando sulla superficie del campione le macromolecole di PMMA interconnesse da entalgments e una piccola quantità di cloroformio residuo intrappolato da queste:

ciò rende il resist facilmente deformabile.

6.1 Sintesi e caratterizzazione del sistema

Per la sintesi si è usato PMMA in pellet con un peso molecolare nominale Mw = 350k diluito in cloroformio secondo il grado di diluizione richiesto.

La prima operazione è di caratterizzare il resist sintetizzato mediante IR. Il campione è depositato per spin-coating (1400rpm, 50 secondi) su silicio; come possiamo vedere in figura 23, viene presentato il tipico spettro IR del PMMA: 2995 e 2951 cm-1 doppio picco stretching gruppi CH, CH2 e CH3

simmetrico ed asimmetrico; 2850 cm-1 assorbimento gruppo -O-CH3; 1731 cm-1 bending C=O; 1388 cm-1 bending gruppo CH3; 1244 cm-1 stretching C-O, 1270 cm-1 ;1150 cm-1 bending catene C-C-C.

(31)

28

4500 4000 3500 3000 2500 2000 1500 1000 500 0,00

0,05 0,10 0,15 0,20 0,25

Assorbanza (A.U.)

Numero d'onda (cm^-1)

PMMA_2.5p

Figura 23: Spettro IR di PMMA 2% depositato su Si 1400rpm 50 secondi.

Il sistema è stato considerato a diverse concentrazioni di PMMA. Per la caratterizzazione IR questo non comporta alcuna differenza nello spettro se non nell’intensità del segnale, per la maggior presenza quantitativa di PMMA, come è possibile vedere in figura 24. Nemmeno i parametri di spinning influenzano lo spettro, ma solo lo spessore del film.

1500 1000

0,00 0,02 0,04 0,06 0,08 0,10 0,12 0,14

Assorbanza (A.U.)

Numero d'onda (cm^-1)

pmma_2p pmma_2.5p pmma_3p pmma_3.5p

Figura 24: Confronto spettri IR substrato di Si con resist a diverse concentrazioni PMMA in cloroformio. Parametri spinning 1400rpm per 50s. Range 1600-1000 cm^-1

Lo spessore del resist e il suo indice di rifrazione vengono valutati mediante ellissometria, a

parametri di spinning costanti tra i campioni (1400rpm, 50 secondi). In figura 25 si può notare come l’indice di rifrazione cresca all’aumentare della concentrazione di PMMA: questo è probabilmente dovuto alla conseguente diminuzione della porosità del film. Dalla tabella possiamo verificare come lo spessore cresce al crescere della concentrazione fino ad un massimo del 3%, a concentrazioni più alte comincia a scendere. Questo è probabilmente dovuto alle modalità di deposizione del film, le quali non permettono con questi parametri una crescita troppo elevata dello spessore.

(32)

Tabella 1: interpolazione spessori resist PMMA certa concentrazione.

In ognuna delle soluzioni considerate, il PMMA è molto diluito; il solvente residuo, pur essendo volatile e basso bollente, non ha subito nessun trattamento te

che le lunghe macromolecole del polimero ne immobilizzino

nella tabella sottostante e non supera mai gli 800nm; si tratta quindi di una deposizione di film sottile. In queste condizioni la quantità di materia coinvolta a formare il laye

contenuta; la cinetica di evaporazione dei solvente e il conseguente impaccamento macromolecole di PMMA, sono rispettivamente più veloci ed efficienti

struttura massiva (bulk). Poiché l’indice di rifrazione del cloroformio (a 630 nm, n = 1.4459) è inferiore rispetto a quello medio del PMMA (a 630nm, n = 1.489), il suo aumento

concentrazione di PMMA in soluzione

PMMA in bulk è da attribuirsi alla differente struttura mo impaccata, quindi più compatta.

1,47 1,48 1,49 1,50 1,51 1,52 1,53 1,54 1,55 1,56 1,57 1,58

Indice di rifrazione (adm)

Figura 25: Risultati delle misure ellissoetriche sui campioni con substrato in Si (spessore circa 1 mm) con resist PMMA a diverse concentrazioni (solvente cloroformio). Parametri di spinning 1400rpm per 50secondi. Gli indici di rifrazione a 630nm sono progressivamente più grandi al crescere della concetrazione di PMMA.

340 440 540 640 740

1,50

Spessore resist PMMA

nm

%

: interpolazione spessori resist PMMA a diverse concentrazioni in cloroformio. Si noti la diminuzione oltre una

In ognuna delle soluzioni considerate, il PMMA è molto diluito; il solvente residuo, pur essendo , non ha subito nessun trattamento termico di essiccamento

che le lunghe macromolecole del polimero ne immobilizzino molto. Lo spessore dei layer è visibile nella tabella sottostante e non supera mai gli 800nm; si tratta quindi di una deposizione di film sottile. In queste condizioni la quantità di materia coinvolta a formare il layer solido è molto

vaporazione dei solvente e il conseguente impaccamento

rispettivamente più veloci ed efficienti rispetto ai medesimi in una struttura massiva (bulk). Poiché l’indice di rifrazione del cloroformio (a 630 nm, n = 1.4459) è

del PMMA (a 630nm, n = 1.489), il suo aumento

concentrazione di PMMA in soluzione (figura 25) e il suo valore sensibilmente più alto rispetto al PMMA in bulk è da attribuirsi alla differente struttura molecolare del film sottile, generalmente più

400 450 500 550 600 650 700 750 800 850 900 9501000 1,47

1,48 1,49 1,50 1,51 1,52 1,53 1,54 1,55 1,56 1,57 1,58

Lunghezza d'onda (nm)

PMMA_flat_SUB_Acrylic_glass pmma_clorof_3p_1400rpm50s_ar.env pmma_clorof_3.5p_1400rpm50s_t1.env pmma_clorof_2p_1400rpm50s_s1

Risultati delle misure ellissoetriche sui campioni con substrato in Si (spessore circa 1 mm) con resist PMMA a e concentrazioni (solvente cloroformio). Parametri di spinning 1400rpm per 50secondi. Gli indici di rifrazione a 630nm sono progressivamente più grandi al crescere della concetrazione di PMMA.

2,00 2,50 3,00 3,50 4,00

Spessore resist PMMA

29

a diverse concentrazioni in cloroformio. Si noti la diminuzione oltre una

In ognuna delle soluzioni considerate, il PMMA è molto diluito; il solvente residuo, pur essendo di essiccamento ed è probabile

Lo spessore dei layer è visibile nella tabella sottostante e non supera mai gli 800nm; si tratta quindi di una deposizione di film

r solido è molto vaporazione dei solvente e il conseguente impaccamento delle

rispetto ai medesimi in una struttura massiva (bulk). Poiché l’indice di rifrazione del cloroformio (a 630 nm, n = 1.4459) è

del PMMA (a 630nm, n = 1.489), il suo aumento al crescere della e il suo valore sensibilmente più alto rispetto al

del film sottile, generalmente più

Risultati delle misure ellissoetriche sui campioni con substrato in Si (spessore circa 1 mm) con resist PMMA a e concentrazioni (solvente cloroformio). Parametri di spinning 1400rpm per 50secondi. Gli indici di rifrazione a

(33)

30

Resist Spessore (nm) Disuniformità I.R. 630nm

PMMA 2% in cloroformio 347 ± 1 5.2 % 1.521

PMMA 3% in cloroformio 751 ± 2 4.8 % 1.537

PMMA 3.5% in cloroformio 730 ± 1 6.0 % 1.557

Mediante gli spettri UV-VIS riportati in figura 26, possiamo verificare come la deposizione del PMMA aumenti la trasmittanza totale del campione rispetto al substrato di quarzo (n = 1.458) solamente nella parte dello spettro visibile (380-800nm) e nel primo UV (230-380nm). Il valore cresce al crescere della concentrazione di PMMA. La diluizione e i parametri di spinning ci permettono di controllare lo spessore del resist.

200 400 600 800 1000 1200 1400 1600 1800 2000 0,60

0,65 0,70 0,75 0,80 0,85 0,90 0,95 1,00

Trasmittanza (A.U.)

Lunghezza d'onda (nm)

quartz pmma-CHCl3 (2%) pmma-CHCl3 (3%) pmma-CHCl3 (3.5%)

Figura 26: spettro UV-VIS deposizione PMMA a diverse concentrazioni in cloroformio, su quarzo. Parametri spinning 1400rpm 50 secondi.

6.2 Stampa

Il sistema PMMA cloroformio è termoplastico; a temperatura ambiente si presenta come un solido elastico, al riscaldamento rammollisce fino alla temperatura di transizione vetrosa (Tg) tipica del PMMA deviando progressivamente dal comportamento elastico-lineare; superata questa temperatura il polimero presenta un flusso viscoso.

La tecnica di stampa consiste nel posizionare campione e master nella pressa (con due strati di kapton e uno di teflon), far scendere i piatti riscaldanti a temperatura ambiente fino ad essere in contatto con il sandwich, riscaldare fino alla temperatura prefissata, quindi mettere progressivamente in pressione, mantenendo in condizione isoterma per il tempo stimato. In fase di raffreddamento sufficientemente lento, la pressione viene rimossa progressivamente tra 60 e 50 °C in modo da arginare fenomeni di infragilimento del resist evitando così l’asportazione da parte del master (cap.

2.3.3.3)

L’approccio sperimentale è quello di ottimizzare il sistema nelle variabili del processo di stampa (temperatura, pressione, tempo di imprint) e del resist (spessore e minima viscosità ad una

(34)

31 determinata temperatura). Ovviamente queste variabili sono fortemente legate tra di loro come

mostra, in prima approssimazione, la trattazione di flusso laminare in ipotesi di piccole deformazioni per fluidi newtoniani (forza in caso di flusso laminare).

I primi parametri possono essere ricavati nel processo di stampa di master digitale. Per quanto

esposto nel capitolo 2.3.3, le strutture digitali sono le più idonee ad essere stampate e in base a queste si ottimizzano i parametri prima di testare i master antiriflesso. L’obbiettivo quindi è quello di

ottimizzare i parametri per la stampa di strutture antiriflesso che a causa della morfologia piramidale delle strutture dello stampo, risultano più difficili da imprimere sul resist.

Si sintetizzano tre soluzioni a differenti concentrazioni di PMMA come da tabella:

Conc. ponderale % Massa pesata (gr) Trattamento

PMMA al 2% 0.148 Ultrasuoni

PMMA al 2.5% 0.185 Agitazione magnetica in temperatura PMMA al 3% 0.222 Agitazione magnetica in temperatura

PMMA al 3.5% 0.259 Agitazione magnetica in temperatura e ultrasuoni All’aumentare della concentrazione di PMMA, il polimero tende a creare sospensioni colloidali, portando ad una soluzione eterogenea. Si introduce quindi un trattamento isotermo per conferire energia alle catena di PMMA e riportarle in soluzione per agitazione meccanica; un trattamento ad ultrasuoni di durata di almeno di 45 minuti, seguito da agitatore magnetico posto a 55°C

(temperatura di poco al di sotto della temperatura di ebollizione del solvente, 60°C) per 15 minuti.

Lo spessore varia con la concentrazione di PMMA (cap. 6.1), quindi si possono tenere i parametri di spinning costanti e fissati a 1400rpm per 50 secondi per tutte le prove .

Mediante una serie di prove sistematiche possiamo individuare i parametri di pressione temperatura e tempo di mantenimento in temperatura della pressione, ottimali per il sistema PMMA.

Si riportano per sintesi solo le prove più significative per due sistemi, effettuate con master Si406 (cap. 2.3.4.1). I campioni sono stati depositati su vetro soda lime con parametri di spinning 1400rpm, 50 secondi.

Campione Soluzione t (min) T (°C) F (kN) Master

V1A PMMA clorof. 2% 4 100 3 M206

V2E PMMA clorof. 3% 2 120 2 M206

La qualità dell’imprint viene valutata mediante analisi AFM e successiva elaborazione statistica dei dati: valuto in questo modo la profondità delle strutture rispetto a quelle presenti sul master.

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