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Università degli studi di Pisa

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Facoltà di Farmacia

Laurea Specialistica in Farmacia

Anno accademico 2008-2009

Tesi di laurea

Nuove terapie per il trattamento della malattia del

Parkinson: Antagonisti dei recettori A2A

dell’adenosina

CANDIDATO CHIERICONI SUSANNA

RELATORE RELATORE

(2)

INDICE

Capitolo 1: Il Morbo di Parkinson pag.1 1.1 – Definizione e cenni storici pag.1

1.2 – Cause pag.3

1.3 – Diagnosi pag.6

1.4 – Aspetti clinici pag.7

1.5 – I Parkinsonismi pag.11

1.6 - Decorso del Morbo di Parkinson pag.11 1.7 – Meccanismo delle fluttuazioni motorie pag.12

1.8 – Bibliografia pag.21

Capitolo 2: Adenosina e recettori adenosinici pag.24

2.1 – L’adenosina pag.24

2.2 – I recettori per l’adenosina pag.26 2.3 - Localizzazione cerebrale dei recettori per l’adenosina pag.28

2.4 - Recettori adenosinici A2A pag.30

2.5 - Dopamina e recettori dopaminergici pag.32 2.6 - Organizzazione dei gangli basali:Attinenti alla malattia

del Parkinson pag.34

2.7 - Interazione tra recettori A2A e recettori dopaminergici

nei gangli della base pag.37

2.8 – Bibliografia pag.39

Capitolo 3: Antagonisti dei recettori A2A dell’adenosina pag.43

3.1 - Approcci terapeutici per il morbo di parkinson

e Limiti del corrente trattamento farmacologico della

malattia del Parkinson pag.43

3.2 - Potenziale terapeutico degli antagonisti del

(3)

3.3 – Sintesi degli antagonisti selettivi dei recettori A2A studiati come potenziali farmaci nella

malattia del Parkinson pag.49

3.3.1 - Sintesi degli antagonisti SCH 58261 e

SCH BT2 pag.49

3.3.2 - Sintesi degli antagonisti KW 6002 e

KF 17837 pag.52

3.3.3 - Sintesi dell’antagonista ST 1535 pag.54 3.4 - Effetti degli antagonisti A2A su modelli animale

del Parkinson pag.57

3.4.1 - Effetti degli antagonisti A2A sui deficit motori pag.57 3.4.2 - Effetti degli antagonisti A2A sulle complicazioni

motorie e sulla discinesia pag.58 3.4.3 - Effetti degli antagonisti A2A sul tremore e sulla

rigidità muscolare pag.60

3.5 - Trials Clinical:Effetti degli antagonisti dei recettori A2A

su pazienti parkinsoniani. pag.62

3.6 – Bibliografia pag.67

Capitolo 4: Conclusioni pag.71

4.1 - Prospettive future e nuovi approcci terapeutici pag.71

(4)
(5)

Capitolo 1 - Il Morbo di Parkinson

1.1 - Definizione e cenni storici (1)

Il morbo di Parkinson è un disturbo progressivo caratterizzato da lentezza e povertà di movimenti volontari accompagnati da tremore e rigidità muscolare. Nel 1817, il medico di Hoxton James Parkinson notò nelle strade di Londra un piccolo gruppo di ammalati:essi si muovevano piuttosto lentamente,

mostrando tremori regolari delle mani e della faccia quando erano fermi e camminavano con un portamento rigido.(2)

La descrizione del disturbo motorio che ora porta il suo nome è così accurata e sintetica da essere tuttora attuale:

“… moto tremolante involontario, con forza muscolare ridotta, di parti non in azione, anche quando vengono sorrette; con propensione a piegare il tronco in avanti e a passare da un’andatura al passo alla corsa; assenza di alterazioni sensitive e dell’intelletto” .

Come si può notare, nella sua descrizione originale, Parkinson escluse, che fosse tipica della malattia, la compromissione delle capacità cognitive, affermando l’assenza di alterazioni dello stato mentale (“the senses and the

intellect remain uninjured”-1817).

In realtà egli stesso si era gia reso conto che, anche se non dementi, i suoi malati potevano essere affetti da numerosi sintomi riguardanti la sfera

cognitiva ed affettiva.

Per quanto riguarda la presenza di disturbi cognitivi, si attribuisce a Trousseau ed a Charcot il merito di averli notati per primi, verso la metà del novecento. Ball, psichiatra a Sainte Anne, fu probabilmente il primo negli anni a registrare la frequenza delle manifestazioni psichiatriche (3).

Il Parkinson è definita come una malattia cronica, detta anche paralisi agitante, propria dell'età presenile e senile. Insorge abitualmente tra i 50 e i 60 anni e ha andamento cronico con durata che può superare i 20 anni. A tutt'oggi l'eziologia del morbo di Parkinson è sconosciuta, mentre la patogenesi è stata ampiamente identificata nella drastica diminuzione a livello di alcune strutture del sistema extrapiramidale (sostanza nera, striato) della dopamina, uno dei

(6)

principali neurotrasmettitori del sistema extrapiramidale. Tale carenza è responsabile di un'alterazione fondamentale dell'equilibrio con altri neurotrasmettitori attivi in queste strutture anatomiche, soprattutto con l'acetilcolina, la cui attività, non più bilanciata dalla dopamina, diventa prevalente. Sembra inoltre certo che anche altri neurotrasmettitori quali, per esempio, l'acido gamma-amminobutirrico, l'acido glutammico e la serotonina, svolgano un ruolo non trascurabile, anche se non ancora sondato con precisione.(4)(Fig.1)

Fig.1- Confronto del controllo recettoriale sull’attività motoria in soggetti allo stato normale e colpiti da Parkinson.

(7)

1.2- Cause (5)

Questa patologia colpisce generalmente soggetti oltre i cinquant'anni, con una leggera prevalenza per il sesso maschile; attualmente in Italia ci sono più di 200.000 malati di Parkinson, con circa 8.000 - 12.000 nuovi casi l'anno. È diffusa in tutto il mondo ma ha minore incidenza in Cina e Africa. Le cause del blocco nella produzione della dopamina sono ancora sconosciute; il Parkinson può comparire dopo traumi alla testa, esposizione a sostanze tossiche nell'ambiente, arteriosclerosi cerebrale. I casi in cui non si riesce a trovare con esattezza la causa responsabile della malattia vengono definiti “parkinsoniani idiomatici”. Una recentissima ricerca condotta dall’Istituto per il Parkinson di Milano, pubblicata sulla rivista scientifica Neurology, afferma che a correre il rischio di contrarre questa patologia dopo i cinquanta anni, sarebbero meccanici, verniciatori, restauratori di mobili e tutti coloro che si trovino a contatto con idrocarburi solventi, resina, pesticidi e così via.(5)

In ogni caso è un disturbo caratterizzato dalla degenerazione e dalla morte dei neuroni produttori di dopamina; quando questi neuroni scendono sotto il 30% compaiono i primi sintomi tipici della malattia.

I sintomi di ansia e depressione collegati alla malattia, sono anche degli effetti collaterali derivati dall'assunzione di dopamina. La dopamina è impiegata come farmaco per malati psichiatrici e ha vari effetti collaterali, noti dal 1997, quali: ansia o depressione, che possono sfociare anche in gioco d'azzardo patologico, alcolismo, bulimia, ipersessualità, shopping compulsivo. La dopamina può produrre ansia o depressioni per dosaggi superiori a 0.125 milligrammi al giorno, protratti per lunghi periodi di tempo. Dosaggi inferiori e/o interruzioni temporanee della cura proteggono da questi problemi. I recettori della dopamina sono altamente concentrati nella zona del cervello che definisce l'umore della persona, il comportamento e la ricerca delle soddisfazioni dei propri bisogni. Questa zona si trova in prossimità dell'area che controlla il comportamento che porta al vizio, e all'appagamento dei sensi incontrollato. Clinicamente il morbo di Parkinson può essere confuso con i molti parkinsonismi, rispetto ai quali però manca di una causa identificabile. I motivi per cui si verifica un improvviso blocco nella produzione di dopamina, da parte

(8)

delle cellule dei gangli posti alla base del cervello, sono ancora sconosciuti, anche se sono state avanzate varie ipotesi tra le quali prevalgono quella genetica e quella tossica. Il fatto che la malattia di Parkinson, pur presentando sintomi piuttosto specifici, sia stata descritta per la prima volta solo nel 1800 costituisce un indizio a favore dell'ipotesi tossica, che fa risalire la causa ad una sostanza chimica prodotta dall'inquinamento ambientale, ipotesi mai confermata ma tuttora presa in considerazione dalla ricerca.

L'ipotesi tossica è stata ulteriormente avvalorata dalla scoperta di una particolare tossina l’ MPTP (1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidro-piridina) composto secondario che si forma durante la sintesi dell’eroina sintetica, che è causa di una forma reversibile del morbo di Parkinson.(fig.2)

N C H3 N+ CH3 N+ N+ CH3 CH3 MPTP MPP+ PARAQUAT Fig.2- MPTP e suoi derivati

Questa scoperta ha aperto la via alla ricerca di cause tossiche per spiegare la genesi della malattia (il rischio sembra più elevato in ambiente rurale, forse in relazione all'uso di pesticidi). Il suo ruolo emerse alla fine degli anni settanta, quando fu riscontrato che numerosi pazienti in gioventù avevano fatto uso di sostanze stupefacenti contenenti MPTP.

A livello epidemiologico circostanze interessanti riguardano il fatto che il Parkinson affligge solo i non fumatori, il che ha lasciato supporre che la nicotina possa assolvere a una funzione protettiva. Quanto all'ipotesi ereditaria, essa non pare confermata da studi su gemelli identici: la diagnosi di Parkinson in uno dei due non aumenta la probabilità che l'altro fratello possa contrarre la malattia, quantomeno in forma conclamata. Studi più recenti, effettuati per mezzo della tomografia ad emissione di positroni, sembrano

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attribuire all'ipotesi genetica un'importanza maggiore. Certamente esiste una componente ereditaria nella predisposizione a sviluppare la malattia, ma solo il 10% circa dei malati ha un familiare affetto. La componente genetica sembra essere più importante nei casi ad esordio precoce. I pugili professionisti, a seguito dei violenti colpi al capo cui sono soggetti, possono sviluppare una sindrome di Parkinson di carattere progressivo (il caso di Cassius Clay ne è triste dimostrazione). Da non trascurare, infine, l'ipotesi legata all'età. La malattia presenta un picco di insorgenza attorno ai sessant'anni, e nell'adulto sano la perdita di cellule e pigmento nella sostanza nera è maggiore proprio intorno al sessantesimo anno d'età. Viene meno così la protezione delle cellule contenenti dopamina e il cervello delle persone anziane è, inevitabilmente, più predisposto al Parkinson. Altra ipotesi attribuisce un ruolo patogenetico a prodotti del catabolismo endogeno, che producendo radicali liberi, danneggerebbe le cellule della sostanza nera. Un'ulteriore ipotesi imputa alla microglia (sistema immunitario cerebrale) un ruolo importante, dato che la

substantia nigra (Fig.3) dei pazienti con Parkinson, contiene microglia molto

attiva (forse a causa di un aumento di citochine) e questo fatto aumenta la produzione di radicali liberi e i danni ossidativi nei neuroni.(6)

(10)

Fig.3 - Sezione di substanzia nigra

1.3- Diagnosi (1)

La diagnosi di morbo di Parkinson rimane prevalentemente clinica e si basa sulla presenza della caratteristica triade rigidità extrapiramidale, tremore e bradicinesia; la diagnosi è suffragata da una buona risposta alla terapia dopaminergica e dal coinvolgimento asimmetrico degli arti all’esordio (7). E’ importante che il decorso della malattia sia lento, e non vi siano cause esterne (uso di MPTP o di farmaci che inducono sintomi parkinsoniani, altre patologie a sintomatologia parkinsoniana).

La registrazione dei segni clinici del paziente avviene mediante l’uso di scale di valutazione internazionali. Una delle più usate è la Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (8).

L’uso delle neuroimmagini consente una conferma diagnostica soprattutto nei casi in cui la diagnosi è dubbia per la presenza di segni clinici atipici.

(11)

E’ bene ricordare che l’esame autoptico dei pazienti affetti da morbo di Parkinson rivela, oltre alla perdita di neuroni a livello della substantia nigra e del locus ceruleus, la presenza dei cosiddetti corpi di Lewy. Quindi la diagnosi più importante di Parkinson idiopatico avviene, post-mortem, nel rinvenimento di corpi di Lewy (aggregati proteici anormali che si sviluppano all’interno dele cellule nervose) nelle cellule della substantia nigra. Nel 75% circa dei pazienti con diagnosi di Parkinson viene rinvenuta, all’autopsia, la presenza di corpi di Lewy. Il fatto che vi siano comunque 25% di pazienti ove non si riscontra la presenza di corpi di Lewy rende tale reperto eziologico fondamentale ma non specifico.

Affinché i primi sintomi di Parkinson appaiano, è necessario che sia danneggiato almeno il 60% delle cellule della substantia nigra e vi sia una diminuzione dell’80% della dopamina nello striatum. Questo lascia supporre che la malattia insorga molto prima della comparsa dei sintomi e la relativa diagnosi e che vi sia una consistente percentuale di popolazione che, pur in assenza di sintomi, sta sviuppando il morbo di Parkinson. Tale fatto risulta estremamente importante, in quanto una diagnosi precoce del problema potrebbe indurre un tempestivo trattamento capace di rallentarne significativamente il decorso.

1.4-Aspetti Clinici (1)

DISTURBI MOTORI: il sintomo d’esordio nel 70% dei casi, è rappresentato dal tremore.

- Il tremore parkinsoniano è caratteristicamente un tremore a riposo, che si riduce o scompare appena si esegue un movimento finalizzato; per lo più esordisce da un solo lato e può interessare l’una o l’altra mano. - Rallentamento nell’esecuzione del movimento e povertà o assenza di

movimenti automatici, denominati rispettivamente bradicinesia ed ipocinesia o acinesia sono sintomi caratteristici della malattia.

- Rigidità, conseguente all’aumentato tono muscolare, può essere presente agli arti, al collo e al tronco.

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- Instabilità posturale si presenta più tardivamente nel corso della malattia. I pazienti con morbo di Parkinson perdono i riflessi di raddrizzamento, cosicché, se spinti od urtati con forza, facilmente cadono. La postura eretta è compromessa, per cui il paziente progressivamente si flette sul busto. Le difficoltà di deambulazione si esprimono nella combinazione di rigidità delle gambe,radicinesia e instabilità posturale.

DISTURBI COGNITIVI: la malattia di Parkinson presenta spesso

un’associazione di deficit cognitivi specifici con quadri di demenza. Recentemente è stata classifica un tipo di Demenza Dovuta a Malattia di

Parkinson. La demenza che si ritiene una conseguenza fisiologica diretta della malattia di Parkinson.

La demenza associata a malattia di Parkinson è caratterizzata da rallentamento cognitivo e motorio, da compromissione delle funzioni esecutive, e da deficit della memoria di recupero [Text Revised, American Psychiatric Association, 2000].

In circa il 10-15% dei pazienti con morbo di Parkinson si sviluppa una demenza. Il rischio di svilupparla in questi pazienti sembra favorito dall’età avanzata di esordio della malattia principale, dalla presenza di un disturbo depressivo e dal grado più elevato di disabilità motoria (9).

Le caratteristiche della demenza Parkinsoniana non sono uniformi. Si fa

riferimento, in merito, alla “demenza sottocorticale” categoria diagnostica che include, insieme ad altre patologie, il morbo di Parkinson (10).

Disturbi cognitivi sono una caratteristica comune del morbo di Parkinson idiopatico; essi si presentano con prevalenza del 40%, possono comparire anche in uno stadio iniziale della malattia ed in assenza di una vera demenza. La bradifrenia o acinesia psichica, termine introdotto dal neurologo francese Naville nel 1922, viene usato per indicare le molteplici difficoltà, intellettuali e psicologiche che, nei pazienti Parkinsoniani, si evidenziano come perdita di concentrazione, incapacità a creare nessi logici, tendenza alla perseverazione e rallentamento generalizzato dei processi di pensiero.(11)

(13)

accompagnato da un disturbo dell’attenzione (12,13).

I risultati di studi sui potenziali evocati corticali evento-correlati, combinati ai dati derivanti da misurazioni neuropsicologiche, sono stati rispettivamente interpretati come conferma della presenza di un disturbo di natura frontale della regolazione dei processi attenzionali e di un possibile deficit nei

meccanismi frontali di controllo, mantenimento e shifting dell’attenzione (14,15,16,17).

La memoria, e più precisamente la memoria di lavoro e le operazioni di recall e “dating” appaiono compromessi; i deficit interessano, non tanto la capacità di memorizzare, quanto la possibilità di accedere ai dati memorizzati.

Numerosi Autori hanno riscontrato prestazioni deficitarie della memoria a breve termine e verso compiti messi a punto per l’indagine della memoria di lavoro in pazienti affetti dalla malattia.(18,19,20,21,22)

Anche la memoria a lungo termine appare compromessa, specie per quanto riguarda la memoria episodica e la memoria procedurale. (23,24)

Sebbene, in pazienti non dementi, i disturbi del linguaggio non influiscano in genere sull’efficacia complessiva della comunicazione, tuttavia essi caratterizzano la malattia di Parkinson. Tali disturbi riguardano la comprensione di frasi, il processo semantico e l’integrazione lessico-grammaticale.

Esistono dati che suggeriscono che in pazienti non dementi l’abbassamento delle prestazione ai compiti proposti per la ricerca di disturbi visuo-spaziali, nel caso di pazienti non dementi, possa essere dovuto ad un generico aumento dei tempi di reazione, o comunque ad un deficit di natura attentiva, e non a un disturbo specifico delle funzioni visuo-spaziali, che non appaiono differire dalla norma.(25,26)

DISTURBI PSICHIATRICI:

La più comune complicanza psichiatrica nel morbo di Parkinson è rappresentata dalla depressione. I sintomi depressivi sono presenti nel 25-40% dei casi e possono essere precedenti o concomitanti al quadro neurologico. Si tratta, per lo più, di una depressione di lieve o moderata entità. Essa ha più

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spesso caratteristiche omogenee; i disturbi distimici e le depressioni maggiori sono i più comuni, mentre si ritrova eccezionalmente il disturbo bipolare.(27) Quando la depressione compare in uno stadio iniziale della malattia e prima del caratteristico quadro sintomatologico motorio, la diagnosi differenziale di disturbo depressivo maggiore può essere difficoltosa. Un recente studio, confrontando i dati di perzone affette da Parkinson depresse, con quelli di pazienti con depressione maggiore ha dimostrato che la gravità dei sintomi depressivi era equivalente nei due gruppi.(28)

Inoltre secondo alcuni Autori (29,30,31,32,33), la presenza di depressione si assocerebbe ad un più rapido declino cognitivo.

Il fatto che la depressione, sia di intensità maggiore rispetto ad altre malattie croniche invalidanti e che possa precedere la situazione neurologica e quindi non essere correlata alla gravità della malattia e all’insieme di inabilità funzionale, fa pensare ad una patogenesi endogena del quadro affettivo collegato alla malattia, anche se alcuni Autori ne hanno sostenuto una genesi reattiva o un’origine endogena concomitante ma separata (27).

Pertanto la depressione nella malattia di Parkinson è stata attribuita da alcuni ricercatori alle conseguenze della diminuita capacità di movimento e al generale stato di stress conseguente a tale inabilità; da parte di altri, invece, a una diminuita capacità di risposta del sistema serotoninergico. (34)

Infatti i Parkinsoniani depressi mostrano livelli dei metaboliti della serotonina più bassi di quelli di pazienti con Parkinson non depressi.

La ridotta attività nella corteccia prefrontale suggerisce inoltre che l’alterazione dell’umore è associata a un danno a carico dei lobi frontali.

Il fenomeno è stato ampiamente studiato, e la letteratura più recente, oltre a confermare una più alta incidenza di depressione in pazienti affetti da Parkinson rispetto alla popolazione di controllo, riporta dati a supporto dell’ipotesi neurobiologica nell’origine della depressione da Parkinson. (35,36) In questi pazienti sono abbastanza comuni anche i disturbi ansiosi, per lo più disturbi fobici, come irrazionale paura di cadere e fobie sociali, ma anche quadri di ansia generalizzata e attacchi di panico.

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Sono frequenti anche i disturbi psicotici quali allucinazioni, specie visive, e disturbi del pensiero, attribuiti però alla terapia farmacologica.

1.5-I Parkinsonismi(1)

Esistono forme cliniche che per molti aspetti assomigliano alla malattia di Parkinson, ma in realtà non lo sono.

Negli ultimi 10-15 anni un interesse crescente ha stimolato lo studio di queste forme particolari nonchè la caratterizzazione clinica e patologica.

Il bagaglio di conoscenza così accumulato e l’avvento di nuove metodiche strumentali, oggi permette di essere più precisi nel diagnosticare casi di parkinsonismo che in passato venivano classificati come morbo di Parkinson. Il dubbio diagnostico deve sorgere quando la modalità d’esordio è tipicamente monolaterale o sono presenti sintomi atipici, quando il decorso è rapido ed invalidante e quando non vi è buona risposta alla levodopa.

I parkinsonismi possono essere suddivisi in due gruppi principali: uno cosiddetto sintomatico (o secondario) in cui è riconoscibile una causa; l’altro definito primitivo, in cui la causa rimane sconosciuta.(1)

1.6- Decorso del morbo di Parkinson (5)

È variabile ma nella maggior parte dei casi si ha una lenta ed inarrestabile progressione. In base alla prevalenza di alcuni sintomi e segni piuttosto che altri si possono distinguere due forme di evoluzione:

 forma ipercinetica dominata dal tremore, con età di esordio più precoce, evoluzione meno invalidante e più lenta

 forma acinetico-ipertonica dominata da rigidità ed acinesia, più rapidamente invalidante.

Oggi la terapia con levodopa ha reso la durata della vita dei pazienti di poco inferiore a quella della popolazione sana. Ma la terapia ha molti limiti e uno dei problemi è costituito dalla cosiddetta "sindrome da trattamento con levodopa", cioè l'insieme di complicazioni e fenomeni clinici che insorgono nel paziente dopo alcuni anni di terapia:

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 fenomeno del wearing-off (effetto di fine dose): (molto comune) con il passare del tempo la durata dell'effetto terapeutico della dose si riduce.  fluttuazioni on/off: alternanza a breve distanza di periodi di conservata

motilità con momenti di marcata acinesia, tremore scarsamente responsivo alla levodopa e senza una vera correlazione con la somministrazione del farmaco; nella fase "on" si hanno movimenti involontari.

 turbe neuropsichiatriche: disturbi del sonno, allucinazioni notturne, soprattutto nei soggetti di età avanzata; si può anche arrivare a marcati stati psicotici o di confusione mentale.

Nella malattia di Parkinson la progressione della sintomatologia clinica è suddivisa in 5 stadi, di cui il primo è quello più lieve e il quinto è quello più invalidante.(5)

1.7 – Meccanismo delle fluttuazioni motorie (37)

Nella fase iniziale della malattia, e per alcuni anni, i sintomi parkinsoniani sono ben controllati dalla terapia, in particolare dalla L-Dopa, tanto che il malato è in grado di continuare a svolgere le proprie attività al meglio o comunque in maniera adeguata.

E' questa la fase compensata di malattia o "luna di miele con levodopa".

Purtroppo dopo questo periodo, della durata variabile tra 2 e 10 anni, nella maggior parte (80-85%) dei malati in terapia con levodopa, compare una fenomenologia complessa definita "fase scompensata della malattia" o sindrome da trattamento cronico con L-Dopa .

La fase scompensata è caratterizzata da due principali fenomeni, le fluttuazioni motorie giornaliere e le discinesie, e da altri sintomi secondari ma non meno importanti.

Le fluttuazioni motorie consistono in variazioni dello stato di performance motoria e quindi di autonomia del paziente durante l'arco della giornata.

Il paziente alterna momenti, della durata da 30' ad alcune ore, durante i quali è in grado di muoversi e camminare speditamente, di parlare a voce alta, di

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avere in pratica un comportamento del tutto normale o pressoché tale, senza alcun segno di malattia, ad altri momenti durante i quali i sintomi

tipici della malattia, tremore, rigidità, acinesia compaiono in modo più o meno grave e tale da ridurre la sua autonomia.

Le fluttuazioni motorie (o oscillazioni motorie) vengono distinte in fluttuazioni prevedibili e fluttuazioni non prevedibili (38,39,40).

Fluttuazioni prevedibili

Sono quelle che hanno un rapporto diretto con le singole somministrazioni di levodopa e vengono definite con il termine inglese “wearing-off phenomenon”, o “end of dose deterioration” (effetto di fine dose).

In questo caso il paziente si accorge e nota che la singola dose di farmaco, assunta, ad esempio, alle ore 9, sta per terminare il suo effetto alle 11, infatti ricompare il tremore, diventa più lento nei movimenti, fin tanto che non riassume la dose successiva, quella ad esempio delle 12, che determina, dopo 30'-45', un nuovo miglioramento del quadro clinico.

Questa sintomatologia può ripresentarsi ad ogni successiva assunzione di L-Dopa quindi 3-4 volte al giorno. Risulta pertanto evidente che in questa condizione, le funzionalità motorie del paziente sono strettamente correlate ai livelli plasmatici dei medicamenti, in altre parole le fluttuazioni motorie seguono le fluttuazioni plasmatiche di L-Dopa.

L'acinesia del risveglio, così come l'acinesia notturna, rientra nell'ambito delle fluttuazioni prevedibili ed entrambe corrispondono a livelli plasmatici assai bassi di L-Dopa. L'inizio ritardato della risposta è attribuito principalmente ad alterazioni dell'assorbimento del farmaco, o alterazioni del passaggio di L-Dopa attraverso la barriera emato-encefalica.

Fluttuazioni imprevedibili

Vengono definite anche come fenomeni "on-off", o "random on-off", o "yo-yoing", non hanno alcun rapporto con l'orario della somministrazione dei farmaci e si verificano di solito nelle fasi più avanzate della malattia in quei pazienti che seguono una terapia composita con molte somministrazioni quotidiane e con più farmaci antiparkinsoniani.

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Nell'ambito di questa sintomatologia si può verificare che una delle dosi di L-Dopa della giornata non provochi il suo effetto terapeutico, per cui il malato rimane in "off" per diverse ore.

E' questo il fenomeno chiamato "periodo off resistente alla singola dose" che si verifica di solito al primo pomeriggio.

Non infrequentemente tale fenomeno è dovuto all'assunzione del pasto meridiano, che rallenta o blocca l'assorbimento di L-Dopa attraverso un meccanismo di competizione da parte degli aminoacidi neutri.

Le fluttuazioni motorie possono accompagnarsi, soprattutto nei casi più avanzati, a fluttuazioni di altri sistemi e funzioni. La pressione arteriosa, normale o addirittura bassa nella fase "on", diventa elevata nella fase "off". Così pure, sempre nella fase "off", il respiro può modificarsi ed il paziente può avvertire una notevole difficoltà mentre è completamente libero nella fase"on". Il controllo della minzione si altera in fase "off" per la comparsa di uno stimolo impellente e ripetuto ad urinare.

Infine, in fase "off" il malato può presentare modificazioni psichiche ed umorali, consistenti in stati di ansietà, d'angoscia, di depressione e di confusione con difficoltà nella attività mentale. Compaiono, inoltre, modificazioni del sistema sensoriale, con parestesie o dolore nella fase "off", di solito nei segmenti corporei più colpiti dall'acinesia.

Può essere interessata dal dolore qualunque regione del corpo, come la schiena o gli arti superiori, l'addome o le gambe.

Le discinesie o ipercinesie costituiscono l'altro principale problema della fase scompensata della malattia, e vengono caratterizzate in rapporto all'aspetto fenomenologico ed al tempo di comparsa dopo l'assunzione di L-Dopa.

Discinesie

Sono movimenti involontari, coreiformi, quindi rapidi ma non rapidissimi come le mioclonie, della testa, delle mani, degli arti; osservando il volto del paziente, si vedono delle involontarie "boccacce", e movimenti della lingua, con rapide protrusioni (linguacce), della mandibola, come se masticasse; le braccia e le mani si torcono, le dita assumono per pochi secondi posizioni improvvise in estensione come nei gesti di una danza.

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Le Distonie o movimenti distonici

Sono movimenti sostenuti, cioè protratti nel tempo, in cui la massima contrazione muscolare è raggiunta al massimo della rotazione o spostamento articolare degli arti, del collo e del tronco: il paziente assume degli atteggiamenti in torsione del collo o delle braccia, delle gambe, delle mani, oppure atteggiamenti in estensione (con l'alluce in su) o in flessione del piede. Essi durano alcuni secondi o sono costanti.

L'atteggiamento piegato in avanti, camptocormico, di molti pazienti parkinsoniani (distonia del tronco), o la torsione all'indietro, o la retropulsione, di altri pazienti, sono sempre definiti atteggiamenti distonici .

La forma più comunemente riconosciuta di Discinesia nella malattia di Parkinson è la discinesia di picco-dose: quando il paziente, dopo aver assunto l'ultima dose di L-Dopa, si sente attivo e mobile al massimo della sua efficienza, compaiono anche movimenti discinetici.

Poiché i movimenti discinetici non compaiono se viene ridotta la quantità di L-Dopa somministrata, sembra verosimile che le discinesie siano determinate dal livello ematico di farmaco.

Lo stesso livello ematico di dopamina, che pure determina il massimo miglioramento motorio, determina la comparsa di discinesie.

L'esperienza frequente è che i pazienti preferiscono assumere dosi alte di L-Dopa e tenersi le discinesie piuttosto che sopportare l'acinesia determinata dalla bassa dose.

La spiegazione corrente è che le discinesie siano dovute ad una ipersensibilità da denervazione dei neuroni dello Striato: livelli ematici di L-Dopa che non portano a discinesie nei soggetti normali, scatenano le discinesie nel paziente parkinsoniano perché le cellule dello Striato, che non ricevono più da tempo l'afferenza dalla Sostanza Nera, sono ipersensibili a causa della denervazione. Le distonie compaiono per lo più quando i livelli ematici di L-Dopa sono bassi o si riducono rapidamente.

La distonia più comune nel Parkinson è quella delle gambe e del piede in estensione, al mattino o notturna.

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Oltre all'ipersensibilità da denervazione, sono stati ipotizzati diversi altri meccanismi per spiegare l'origine delle discinesie o distonie o anche delle acinesie che compaiono quando il livello di L-Dopa ematico sembra essere massimo.

Si è pensato ad un'improvvisa depolarizzazione (inattivazione) da eccesso di stimolazione farmacologiaca dei neuroni dello Striato (o del Pallido), all'effetto di un metabolita della dopamina (la 3-O-methyldopa prodotta dalle COMT) o di altri neurotrasmettitori, ma nessuna di queste ipotesi ha trovato definitiva dimostrazione.

Dopo l'introduzione in terapia della L-Dopa, è apparso subito chiaro che le alterazioni motorie erano uno dei problemi principali nella terapia della malattia di Parkinson.

Meno chiaro era, e tuttora esistono molti dubbi, se questi disturbi erano in diretta relazione con la terapia o se avevano una qualche corrispondenza con la progressione naturale della malattia.

Come abbiamo già detto, i maggiori esperti della malattia di Parkinson ritengono comunque che le fluttuazioni motorie presenti nei pazienti affetti da diverso tempo dal morbo di Parkinson, derivino dalla combinazione della malattia con l'effetto dei farmaci.

Raramente abbiamo avuto la possibilità di osservare la risposta al trattamento con L-Dopa in pazienti affetti da Parkinson da oltre 10 anni e che non avevano mai ricevuto alcuna terapia: in questi pazienti le discinesie sono comparse pochi giorni dopo l'inizio del trattamento, il che farebbe ritenere che, perché esse compaiano, deve esistere un precedente deterioramento progressivo dei circuiti motori diretti e indiretti.

A simili conclusioni giungono gli studi sperimentali sull'effetto dell’ MPTP (1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidro-piridina).

Studi recenti suggeriscono che le discinesie da L-Dopa sono correlabili all'uso di L-Dopa, solo in relazione alla dose utilizzata all'epoca dell'osservazione, e che i le maggiori cause della presenza o severità delle discinesie siano la durata e la gravità della malattia. Infatti le discinesie

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sono tipicamente peggiori nel lato del corpo colpito per primo dalla patologia e più gravemente affetto, se la terapia con L-Dopa è iniziata in ritardo, le discinesie si presentano prima. Le discinesie sono causate anche dai dopaminoagonisti, e si presentano con diversa incidenza (o gravità)

in sottogruppi di pazienti, pure affetti dal M. di Parkinson Idiopatico.

Riportiamo di seguito la spiegazione dei disturbi acinetici o distonico discinetici di comune riscontro nel Parkinson in fase avanzata, definizione più frequentemente usata dai vari studiosi.

Acinesie del mattino e Acinesia di fine-dose o wearing off

Come riportato in precedenza, sono dovute alla perdita della capacità di immagazzinare la L-Dopa.

Il primo segno di deterioramento della capacità di immagazzinare L-Dopa è l'acinesia del mattino:

il paziente, che non ha assunto L-Dopa durante la notte, si sveglia acinetico e rigido. Con l'assunzione della L-Dopa i disturbi scompaiono.

Nell'acinesia di fine dose il paziente diventa rigido ed acinetico dopo 2-3 ore dall'assunzione dell'ultima dose e l'acinesia scompare 1/2 -1 ora dopo la nuova assunzione.

La terapia più semplice dell'acinesia di fine dose consiste nel ravvicinare le dosi di L-Dopa (ogni 3 ore, invece che ogni 4-6 ore).

Poiché, però, l'acinesia di fine dose è spesso accompagnata da discinesie di picco-dose, diventa necessario somministrare dopaminoagonisti e L-Dopa a lenta cessione.

L'acinesia del mattino può essere meglio controllata da somministrazione di L-Dopa un'ora circa prima di alzarsi.

Acinesia fonatoria

Il paziente improvvisamente non riesce più a parlare. Il termine è in realtà sbagliato, perchè si tratta di una distonia dei muscoli coinvolti nella fonazione. Deve essere trattata nello stesso modo con cui si trattano le distonie.

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Acinesia paradossa o Freezing ("Congelamento")

Questo fenomeno è rappresentato da una improvvisa incapacità di movimento quando il paziente parkinsoniano deve attraversare una porta, o sedersi o, comunque, deve compiere un movimento complesso.

La durata di questo "congelamento" è in genere breve (pochi secondi).

Il movimento può riprendere utilizzando uno stimolo visivo come punto di riferimento, o cambiando la modalità del movimento: ad esempio, il paziente rimane immobile e non riesce ad eseguire un normale passo in avanti; se però cambia il modo di camminare, sollevando il ginocchio come per la marcia militare o per scavalcare un ostacolo, può riprendere il cammino.

Il freezing non compare in tutti i pazienti parkinsoniani e sembra un fenomeno imputabile ad un'alterazione della liberazione di Noradrenalina, piuttosto che della L-Dopa. Infatti risponde poco alla correzione della terapia dopaminergica. Acinesia Difasica

Uno dei nomi con cui viene definita l'acinesia di fine dose o wearing off . Acinesia di picco-dose

Una grave complicanza, coincidente con la comparsa delle fluttuazioni circadiane tipo on-off spontaneo o yo-yoing.

Cinesia Paradossa

Consiste in una attività motoria rapida e breve come conseguenza di uno stimolo improvviso ed inaspettato in un paziente fino a quel momento immobile; è un fenomeno caratteristico della malattia e non costituisce una complicanza del decorso clinico.

Acatisia

Termine derivante dal greco antico (letteralmente "impossibilità a stare seduto") che indica il soggettivo desiderio del paziente di rimanere costantemente in movimento, associata ad impossibilità a

rimanere seduto o immobile.

L'acatisia rappresenta il più precoce e comune effetto collaterale indotto dai farmaci neurolettici.

A tutt'oggi, non è chiaro se si tratti di un disturbo di natura psichica o, più verosimilmente, di alterazioni organiche del sistema extrapiramidale.

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L'acatisia nella malattia di Parkinson appare essere un disturbo distinto, poco sensibile alle comuni terapie antiparkinsoniane.

Discinesie di picco-dose

Consistono in movimenti involontari di tipo coreico o atetoide (lenti movimenti delle dita e delle mani) o orofacciale estremamente variabili, interessanti distinti distretti corporei (soprattutto gli arti) e di durata variabile (in genere alcuni minuti).

Compaiono nella fase di massima concentrazione plasmatica di L-Dopa, complicano la fase di massimo controllo motorio e sono seguite da acinesia di fine dose.

La terapia consiste anche in questo caso nel riavvicinare le dosi del farmaco o nell'uso di preparati a lunga durata d'azione.

Distonie difasiche

Sono movimenti involontari simili a quelli della discinesia picco-dose con maggiori caratteristiche distoniche, di breve durata (pochi minuti), presenti pochi minuti dopo l'assunzione dell'ultima dose e poco prima dell'assunzione della dose seguente.

Interessano prevalentemente i pazienti con forme giovanili di Parkinson e risentono positivamente dell'aumento del dosaggio dell' L-Dopa.

Distonie del mattino

La postura è distonica, per lo più con elevazione dell'alluce e accompagnata da dolore e crampi delle gambe. Generalmente compare di notte o nelle prime ore del mattino e viene trattato con preparati a lento rilascio di L-Dopa ma anche con sostanze gabaergiche ( Baclofen ) .

Discinesia oro-faciale

Una delle varie discinesie possibili (come il blefarospasmo, le crisi oculogire ecc.). Consiste, come già riportato, in movimenti linguali e masticatori.

Mioclonie da L-Dopa

Sono da movimenti bruschi di brevissima durata, prevalentemente a carico degli arti inferiori che compaiono durante il sonno e sono corrette dalla riduzione della dose di L-Dopa. Tuttavia queste manifestazioni sono alquanto rare.

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Posture distoniche

Non rappresentano una complicanza a parte. Nella fase distonica compaiono delle posture particolari (coatte) di tipo camptocormico ed in retropulsione. Anche la postura distonica può essere corretta dalle stesse modifiche terapeutiche che controllano le distonie.

Acinesia acuta

La sindrome Acinetica Acuta è caratterizzata da una transitoria refrattarietà della risposta alla somministrazione di L-Dopa o dopaminoagonisti. In genere compare in pazienti sottoposti ad interventi chirurgici, in conseguenza di un'infezione o di un trauma con frattura.

Il paziente diviene gravemente acinetico e la somministrazione di L-Dopa o dopaminoagonisti non determina alcun recupero delle capacità motorie. Inoltre possono sovrapporsi disturbi psichiatrici o cognitivi.

La descrizione classica segnala il totale crollo delle funzioni motorie, con immobilità, disfagia, afonia e rapida essiccosi (disidratazione cui si sovrappongono infezioni opportunistiche) (41).

Turning behavior

E’ un cambiamento del comportamento legato alla liberazione in eccesso di dopamina dal lato danneggiato, un parametro comportamentale che viene indotto nel ratto emiparkinsoniano per il grado di asimmetria posturale.

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