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5 ATTIVITA’ DI MIGLIORAMENTO PER LA QUALITA’ E L’AMBIENTE

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ATTIVITA’ DI MIGLIORAMENTO PER LA QUALITA’ E

L’AMBIENTE

5.1 Introduzione alle attività svolte nel periodo di stage

Come già detto in precedenza questa relazione è frutto del secondo periodo di stage effettuato presso lo stabilimento livornese di TRW Automotive Italia ed ha avuto come obiettivo quello di fornire un supporto al sistema di gestione aziendale in un’ottica di miglioramento ed ottimizzazione delle stesso e di supportare delle attività di improvement dei processi produttivi delle linee di assemblaggio.

La maggior parte del lavoro è stata incentrata sulle attività relative al sistema di gestione aziendale ed in preparazione agli audit per il rinnovo delle certificazioni ISO/TS 16949 ed ISO 14001.

Per i processi produttivi invece si è fornito supporto alla realizzazione di un progetto, voluto dalla direzione, di razionalizzazione degli imballaggi con lo scopo di introdurre una gestione dei componenti con imballaggi del tipo returnable.

Ovviamente le due macroattività sono collegate da molteplici aspetti, ma soprattutto dall’obiettivo finale dell’ottenimento di benefici tangibili dal punto di vista qualitativo del prodotto, del rispetto dell’ambiente e dalla riduzione di costi.

Nei paragrafi seguenti saranno analizzate più dettagliatamente le azioni svolte nelle aree di interesse sopra esposte.

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5.2 Fasi preliminari

L’iter di rinnovo/mantenimento del certificato vede nella visita ispettiva solo la parte conclusiva di un percorso che costantemente, giorno dopo giorno, prende forma e concretezza per permettere in primo luogo all’organizzazione di lavorare a norma ma anche di arrivare preparata ed in “regola” all’audit.

Ogni anno, come nel caso in esame, l’azienda certificata deve essere auditata dall’ente per verificare lo stato e la rispondenza ai requisiti. Al termine di questa visita della durata di tre giorni, su tutti i turni di lavori e su tutte le aree, in caso di esito positivo, il team di audit avvia la pratica per il rilascio del certificato di mantenimento. Talvolta può capitare che vengano assegnate delle non conformita/osservazioni, in fase di ispezione, alle quali l’organizzazione deve presentare delle azioni correttive in un tempo stabilito pari a sessanta giorni. Trascorso tale termine l’auditor effettua un controllo sulla corretta gestione delle azioni correttive chiudendo definitivamente la visita.

Come detto in precedenza la visita ispettiva non è che l’ultima fase di interazione tra l’organizzazione e l’ente di certificazione, infatti il primo contatto avviene qualche mese prima con lo scopo di definire le date e le modalità dell’audit. In questa fase le due parti pianificano le date basandosi sull’ultima verifica effettuata che deve risalire circa ad un anno prima.

A poca distanza dalla visita, invece, viene redatto ed inviato all’organizzazione il programma di audit nel quale si ha la descrizione degli obiettivi e dell’estensione del certificato, le responsabilità, le risorse e le procedure interessate. All’interno di questo sono individuate anche le figure che costituiranno il team di audit.

Da questo momento in poi starà all’organizzazione attivare una serie di azioni che possano permettere il regolare svolgimento delle visite e di quanto pianificato. Generalmente è carico del responsabile del Sistema di gestione Qualità informare le figure interessate e fissare gli appuntamenti secondo il piano stabilito. Ovviamente per figure interessate si intendono le prime linee di stabilimento, ossia i responsabili/direttori delle varie aree che saranno anche presenti nella riunione di apertura dell’audit.

Trattandosi di una visita ispettiva di conformità alla norma ISO/TS 16949 le aree soggette a verifica sono state tutte quelle incluse nel campo di applicazione del certificato, quindi tutti i processi, i processi di supporto, comprese visite in linea con gli operatori e gli addetti ai lavori. L’unica esclusione per il sito di Livorno, come dichiarato in fase di certificazione, è il punto 7.3 della norma

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in oggetto intitolato “Progettazione e Sviluppo” in quanto non applicabile perché dipendente dallo stabilimentoTRW di Gardone Val Trompia (Bs).

Sotto è riportato lo schema dell’iter seguito nella certificazione:

Lo stesso discorso, fatto fino a qui, ovviamente vale in fase preliminare anche per la visita ispettiva secondo la norma ISO 14001:2004. In questo caso la gestione è passata al responsabile del sistema di gestione ambientale e non della qualità.

1. PREPARAZIONE: A. Inizio attività

B. Formazione del gruppo di valutazione

C. Preparazione del piano e notifica

D. Lista di riscontro 2. ESECUZIONE E. Riunione introduttiva F. Indagine G. Riunione finale 3. AZIONI SUCCESSIVE H. Rapporto di verifica I. Richiesta azioni correttive J. Gestione azioni correttive

Competenza: Team di audit (ente di certificazione)

Attività in stabilimento

Attività in stabilimento e presso l’ente

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5.3 Il mantenimento della certificazione ISO/TS 16949:2002

5.3.1 Preparazione della visita di mantenimento della certificazione ISO/TS 16949

Nel giugno 2007 presso lo stabilimento si è svolta la visita annuale di mantenimento del certificato ISO/TS 16949 da parte dell’ente tedesco di certificazione DQS.

Per prepararsi alla visita sono state effettuate una serie di attività che hanno avuto come base di partenza la verifica dell’attuazione e dell’efficacia delle azioni correttive, scaturite dalle Osservazioni/Non Conformità rilevate dagli auditor durante la verifica dell’anno 2006.

Il risultato ottenuto era stato di numero 3 Non Conformità maggiori e numero 4 Non Conformità minori, un risultato sicuramente non positivo e che ha spinto la dirigenza a dedicare un’ attenzione particolare alla preparazione della visita successiva. La linea guida è stata quindi quella di “aggredire” gli aspetti che erano stati trascurati con l’ambizioso obiettivo di riuscire ad ottenere un risultato di zero Non Conformità.

Le attività che sono state portate avanti possono essere distinte in tre tipologie:

- dal punto di vista burocratico (comunicazioni con l’ente di certificazione e con le figure aziendali interessate, ecc.);

- dal punto di vista documentale (aggiornamento della documentazione di sistema, di processo, ecc.);

- dal punto di vista operativo (conduzione delle visite ispettive interne, verifica dell’efficacia delle azioni intraprese, ecc.).

Una volta definite ed individuate le attività sono state inserite nel sistema in uso all’interno di TRW, il cosiddetto QIP (Quality Improvement Plan). Questo strumento informatico sviluppato su base excel permette di definire e gestire in maniera concreta le azioni che sono inserite al suo interno, grazie ad una descrizione dettagliata, alle date di riferimento e all’assegnazione a owner ben precisi. Il QIP è a disposizione degli utenti dell’azienda, i quali possono vedere le azioni a loro intestate, portarle avanti e definirne la percentuale di completamento. Dopo di questo si passa ovviamente ad una verifica dell’efficacia che permette di dichiarare completamente chiusa l’azione.

Esistono tanti QIP quante sono le aree di interesse, per esempio ogni linea di assemblaggio può avere il suo QIP nel quale sono indicati una serie di lavori da svolgere su di essa, come un aggiornamento, una modifica od una ristrutturazione ma anche le azioni correttive scaturite da un eventuale audit.

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Nelle figure (Figg.45, 46) sottostanti, divise per permetterne la lettura, è visibile la struttura del formato QIP, che nel dettaglio è così costituito:

Figura 45 - Prima parte del modello QIP

- nella prima colonna si ha l’indicazione del cliente, che può essere esterno, come ad esempio la casa automobilistica destinataria del prodotto, o interno come il Sistema di gestione aziendale;

- nella seconda si ha l’origine, ossia da dove proviene la necessità di inserimento dell’azione, che può essere una problematica, piuttosto che un improvement relativo al piano di miglioramento o frutto di un audit;

- nella terza e nella quarta si ha l’area/processo di attribuzione ed il prodotto/requisito;

- nella quinta e nella sesta si ha una breve descrizione del tipo di problema ed una eventuale root cause;

- nell’ultima colonna, di questa parte, si ha il tipo di azione da svolgere, ossia se si tratta di un’azione correttiva, di un improvment, ecc.

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Figura 46 - Seconda parte del Modello QIP

Nella seconda parte del foglio excel la struttura presenta:

- le specifiche azioni intraprese, nella prima colonna (specific actions taken); - gli owner responsabili di svolgere l’azione nella seconda colonna;

- l’area di destinazione, nella terza colonna;

- ed infine nelle ultime colonne si hanno tutte le date relative all’attività e cioè quelle di start, il target previsto, la percentuale di avanzamento (% status), la data effettiva di chiusura (actual close date) ed infine la data relativa all’ultimo controllo effettuato (Last Update). In realtà una volta concluse le attività viene inserita un’ulteriore colonna nella quale si riporta la data di verifica dell’effettiva chiusura, che avviene da una figura distinta dall’owner.

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5.3.2 L’aggiornamento della documentazione

Durante la fase di preparazione sono state molteplici le attività svolte per preparare adeguatamente l’azienda alla visita. Una delle più lunghe e che ha necessitato di un controllo costante e di una attenzione particolare è stata quella relativa alla documentazione. In azienda è presente una grande quantità di documenti, sia cartacei che su supporto elettronico, ed ovviamente mantenerli aggiornati non è molto semplice. Nel capitolo dedicato ai miglioramenti apportati sarà descritta anche un’azione che ha avuto come scopo proprio l’ottimizzazione e razionalizzazione della documentazione in un’ottica di snellimento del sistema di gestione aziendale.

Oggetto della revisione sono state sia le procedure di Sistema che le procedure Operative nonché tutta la documentazione di processo presente in linea (istruzioni, Standard Operation Sheet, Visual Aid) e quella facente parte del Part Approval Process Production (PPAP), quali ad esempio Flow Chart, Control Plan e PFMEA. Tutto ciò sopra menzionato è rintracciabile all’interno del sito intranet.

La prima verifica che si è resa necessaria è stata quella sulla corretta identificazione dei documenti. Una corretta identificazione significa permettere una univocità del documento, evitando di generare confusione dovuta ad un codice assegnato male, ad un numero di revisione non specificato, nonché alla data non correttamente riportata o all’assenza dell’approvazione da parte del responsabile. Come esempio per esporre il lavoro svolto sulla documentazione di processo verrà presentato un caso relativo all’aggiornamento di Flow Chart, Control Plan e PFMEA per la linea E0 dedicata all’assemblaggio delle guide per la Fiat Grande Punto e la Opel Nuova Corsa.

L’aggiornamento del Flow Chart una volta capito il processo ed il flusso logico del prodotto in entrata ed in uscita dalle varie stazioni sequenziali è stato molto semplice, in quanto è stato sufficiente riportare sul modello previsto da TRW Italia le operazioni con il rispettivo numero di identificazione, il nome ed il flusso relativo alla gestione degli scarti e all’area Reworking.

L’esigenza di aggiornare il Flow Chart è nata dallo spostamento di alcuni banchi e dall’introduzione di una stazione di lavoro dedicata al controllo manuale al 100% del gioco lunetta.

Oltre all’introduzione dei blocchi relativi alle operazioni sopra esposte si è dovuto procedere all’introduzione dei blocchi relativi al controllo/decisione, rappresentati dai rombi, riguardanti la fase di rilavorazione. Ciò è stato necessario per consentire la rappresentazione del flusso degli scarti e per un criterio di uniformità nei modelli e nei documenti.

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Le figure riportate nelle pagine successive rappresentano il Flow Chart, revisione numero 5 (Fig.47) ed il successivo modificato, revisione numero 6 (Fig.48). Come si può notare le modifiche sostanziali sono quelle descritte in precedenza e sono state apportate in seguito ad un’attenta analisi della linea, del suo processo e del suo flusso.

A titolo esemplificativo notare il blocco inserito relativamente alla regolazione gioco, riportante anche i valori limite da tenere sotto controllo.

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Successivamente, una volta approvato il Flow Chart si è proceduto alla verifica e l’aggiornamento della PFMEA e del Control Plan.

Per fare ciò si è partiti dall’analisi dei disegni,andando a leggere le istruzioni e le specifiche tecniche facendo attenzione e distinguendo le caratteristiche significative di prodotto e le caratteristiche significative di processo, nonché le specifiche relative alle caratteristiche di sicurezza in quanto elemento critico per il conducente del veicolo.

Attraverso un controllo incrociato tra il disegno, gli schemi di lavoro precedentemente estrapolati dal disegno, della PFMEA e del Control Plan esistenti si è andati a verificare la congruenza dei valori e delle dimensioni riportati nei vari documenti, ed impostati nei programmi delle macchine operatrici.

Nel caso fossero stati riscontrati degli indici RPN troppo alti si è provveduto ad individuare le azioni correttive che hanno permesso di abbassare uno dei tre fattori Severity, Occurrance, Detection ricalcolando così l’indice.

Individuate alcune differenze dettate principalmente dalla modifica di parametri di processo da parte del cliente o a causa della variazione di alcuni componenti utilizzati si è proceduto all’aggiornamento.

Lo stesso è stato fatto anche per l’introduzione del nuovo banco di regolazione del gioco lunetta di tipo manuale. Il controllo già effettuato dalla macchina operatrice, automaticamente al 100%, tramite una sonda Microcontrol, viene ulteriormente controllato manualmente al 100%, in base alla richiesta esplicita del cliente. Come si può vedere avviene anche la registrazione su PC (Fig.49). Per questo si è resa necessaria la modifica del Control Plan con l’inserimento della nuova operazione con i relativi parametri di processo e di controllo. A titolo esemplificativo verrà brevemente presentato il caso appena detto.

Il lavoro svolto è stato quello di inserire nella versione precedente della PFMEA, con lo scopo di aggiornamento, le operazioni riguardanti il controllo del gioco in modo manuale.

Sono pertanto state studiate le varie cause che potessero generare effetti sul prodotto, individuando i casi possibili ed attribuendo sulla base delle tabelle di Severity, Occurrance, Detection i punteggi relativi.

Come si può vedere in figura (Fig.50) la criticità significativa di questa operazione di regolazione ha avuto un punteggio di Severity pari a 7 (il che significa che il sistema è funzionante ma con livelli di performance ridotti, dovuti ad esempio a perdite idrauliche o perdite di olio), ed è stata perciò

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Questo ha generato una modifica anche sul Control Plan come si può vedere in figura (Fig.51). Si è inserita quindi la parte riguardante la specifica operazione, sono stati riportati i valori previsti dal cliente ed è stata apposta la

S

di richiamo al modello PFMEA.

Allo stesso modo si è proceduto a modificare altre incongruenze riscontrate nella documentazione generando così nuove versioni approvate dalla qualità disposte in linea ed in rete.

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Un altro fattore che ha causato la modifica dei documenti, in particolare di quelli del file PPAP, è stata l’installazione sulle macchine di nuovi sistemi antierrore, Poka Yoke.

I Poka Yoke si identificano in dispositivi, o in meccanismi (poka yoke device) che rendono evidente l’errore all’operatore in modo che questi vi possa rimediare. Possono bloccare addirittura il flusso di produzione e si applicano sia alle lavorazioni sulle macchine sia alle operazioni manuali.

Normalmente si identificano due categorie di dispoitivi:

- prevenzione: previsti in genere in fase di ingegnerizzazione del prodotto, inseriti nel prodotto stesso per rendere impossibile commettere errori nelle fasi di lavorazione e/o di montaggio; - rilevazione: agiscono durante le fasi di lavorazione/assemblaggio per rendere evidenti le

anomalie di processo (dovendo inserire dei componenti all’interno di una sede il sistema di distribuzione dei componenti deve essere dotato di un accorgimento per evitare di dimenticarne qualcuno, come quello di disporre di una cassetta in cui raccogliere le componenti prima del montaggio);

Spesso questi poka yoke sono costituiti ed effettuati con dei sensori laser, celle di carico, trasduttori, dispositivi meccanici ed altri sistemi, atti a rilevare la presenza di componenti, il corretto orientamento, quote, ecc.

I nuovi sistemi antierrore introdotti per rispettare le attività individuate in linea con il piano di miglioramento implementato sono stati molteplici e tutti molto importanti.

A titolo esemplificativo si può descrivere uno dei PY implementati, semplice ma molto efficace, ossia quello relativo alle morse per l’assemblaggio degli OBJ.

Questo sistema ha la funzione di discriminare la tipologia di OBJ Fiat/Opel. Infatti sulla stessa linea vengono assemblate due guide simili ma per due diversi clienti. Sono state perciò modificate le morse per rendere conforme il funzionamento del Poka Yoke. In questo modo si evita che si possa generare confusione ed installare componenti errati.

Per certificare il corretto funzionamento di questi dispositivi, gli operatori hanno a disposizione i primi cinque minuti di ogni turno per effettuare, seguendo le procedure o con l’utilizzo di appositi Master, dei controlli e compilare delle Check List suddivise per postazioni di lavoro riportanti i numeri identificativi dei Poka Yoke installati, la frequenza del controllo (settimanale o giornaliero), l’esito e il numero di matricola dell’operatore che lo ha effettuato.

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Dopo essersi assicurati dell’effettiva implementazione dei sistemi sulle macchine e della corrispondenza tra i documenti si è proceduto a revisionare le Check List eliminando i PY disattivati ed aggiungendo i nuovi.

In parallelo si è proceduto ad una sensibilizzazione degli operatori in merito all’importanza dei controlli e della registrazione di questi.

La fotografia sottostante rappresenta uno dei controlli PY, effettuato con l’utilizzo di un Master, relativo alla verifica della presenza dell’o-ring sulla lunetta: all’ interno della sede, dove è stata inserita la lunetta (arancione) assemblata con un anello elastico, è installato un sensore che ne rileva la presenza.

Nel caso in cui l’anello elastico non sia montato la macchina operatrice non parte impedendo così che guide montate con una lunetta non conforme procedano oltre nella lavorazione o possano giungere al cliente.

Come sopra detto una volta avvenuto il controllo si passa alla registrazione sulle apposite Check List (Fig.52).

Figura 52 - Esempio di Check List per Poka Yoke

Come ultimi documenti sono stati analizzati, revisionati ed aggiornati gli Standard Operation Sheet, o più semplicemente SOS. Questa documentazione è disposta direttamente sulle linee ed è a disposizione dell’operatore.

Queste schede sono le ultime considerate perché si può dire che sono state generate dai documenti precedentemente descritti, si trovano infatti tutte le informazioni utili corredate di fotografie, riguardanti il tipo di operazione, le dimensioni, i tipi di controlli, le frequenze, i metodi e la documentazione di riferimento.

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L’aggiornamento degli SOS è stato quello che ha richiesto più tempo, in quanto è stata necessaria la presenza, procedura alla mano, sulle singole postazioni per verificare che l’istruzione di lavoro fosse correttamente eseguita.

Nel caso in cui non venissero effettuate le azioni previste si è provveduto ad avvisare immediatamente il Team Leader o il Responsabile di linea, il quale è intervenuto a comunicare all’operatore gli eventuali errori e il modo corretto di operare.

Questo ha avuto lo scopo di intervenire direttamente e velocemente per evitare che si potessero generare difetti sul prodotto.

Una volta appurato che tutto si svolgesse come previsto dalla procedura si è passati ad analizzare le informazioni descritte sugli SOS modificando le eventuali azioni ritenute superflue o non più compatibili con gli aggiornamenti apportati alla linea.

Terminate le modifiche si è provveduto ad inserire in rete nella cartella appositamente creata i nuovi file aggiornati, permettendone così l’archiviazione, la condivisione e la rintracciabilità per ogni linea. La stessa cosa è stata fatta con il formato cartaceo della nuova documentazione che è stato velocemente inserito negli appositi spazi distribuiti sulle stazioni operative.

Il modo di procedere nell’aggiornamento ha seguito inoltre le modifiche generate a monte nella PFMEA, nel Control Plan nonché sul Flow Chart.

Si sono perciò numerati nuovamente i documenti SOS da inserire postazione per postazione in relazione alla numerazione prevista dal Flow Chart ed attribuendo loro un riferimento numerico. Sono state descritte tutte le operazioni da effettuarsi ed inserite vicino a delle nuove fotografie esplicative dei gesti da compiere, corredandole di una piccola descrizione relativa al metodo di controllo o agli strumenti da utilizzarsi per effettuare le misurazioni.

Questa documentazione anche se può risultare scontata o semplicistica è in realtà la più diretta e più importante in quanto destinata all’attenzione degli operatori per la sua facilità di lettura alla velocità di consultazione grazie alle fotografie riportate.

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Figura 53 - Modello di Standard Operation Sheet con riferimento ai Visual Aid

Spesso nell’ultima colonna, quella relativa alle note, si possono trovare dei riferimenti relativi ad un altro documento diretto all’attenzione degli operatori, i Visual Aid. Sempre in relazione al miglioramento della linea ed in modo indiretto del prodotto sono stati inseriti a bordo macchina alcuni ausili visivi in formato cartaceo, che sono stati anche questi oggetto di verifica ed aggiornamento (Fig.53).

Il forte impatto visivo fornito dai Visual Aid permette a colui che sta operando di tenere sotto controllo l’aspetto descritto. Un esempio di Visual Aid può essere quello riportato in Fig.54:

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Figura 54 - Esempio di Visual Aid

Si possono trovare spesso indicate alcune informazioni in ritorno dal cliente dovute a non conformità rilevate, indicazioni riguardanti l’utilizzo di alcuni componenti per brevi periodi ecc. In quanto “documenti vivi” il lavoro svolto è stato quello di mantenerli costantemente aggiornati, attraverso la modifica di quelli esistenti e la creazione di nuovi.

A livello di procedure il discorso è invece un po’ diverso in quanto soltanto il responsabile del sistema di gestione qualità ha la possibilità di modificare o inserire o eliminare, ovviamente insieme all’ente responsabile, qualche documento di sistema. Il supporto fornito al responsabile GSQ è stato quello di verificare che le procedure interne fossero correttamente identificate ed aggiornate e nel caso di una loro obsolescenza dovuta ad una variazione motivata e documentata (per esempio l’adeguamento ai requisiti della norma) il compito è stato quello di modificarle e consegnarle al responsabile. Una volta visionate da quest’ultimo si è proceduto alla loro eventuale emissione e comunicazione all’organizzazione nonché al caricamento sul database interno. Al termine di ogni attività si è provveduto a chiudere la relativa azione implementata nel QIP di gestione.

A margine di tutto ciò che è stato presentato fino ad ora si sono dovute costantemente tenere sotto controllo le vecchie azioni inserite ma ancora aperte andando a verificare sul campo l’efficacia delle azioni intraprese per definirne l’effettiva chiusura.

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5.3.3 Le visite ispettive interne

“L’organizzazione deve effettuare ad intervalli pianificati verifiche ispettive interne per stabilire se il sistema di gestione per la qualità:

a) è conforme a quanto pianificato, ai requisiti della presente norma internazionale ed ai requisiti del sistema di gestione per la qualità stabiliti dall’organizzazione stessa,

b) è stato efficacemente attuato e mantenuto aggiornato.

Deve essere pianificato un programma di verifiche ispettive che tenga conto dello stato e dell’importanza dei processi e delle aree oggetto di verifica, oltre che dei risultati delle precedenti verifiche ispettive. Devono essere stabiliti i criteri, l’estensione, la frequenza e le modalità delle

verifiche ispettive[…]” (Punto 8.2.2 Verifiche ispettive interne, ISO 9001:2000)

“Le verifiche ispettive interne devono coprire tutti i processi relativi alla gestione per la qualità, tutte le attività e i turni del personale, e devono essere pianificate annualmente. Quando si verificano delle non conformità interne/esterne o dei reclami dal cliente, la frequenza delle verifiche

ispettive deve essere adeguatamente aumentata. […] ” (Punto 8.2.2.4 Pianificazione delle

verifiche ispettive interne, ISO/TS 16949:2002)

I due testi sopra riportati, estratti dalle norme ISO 9001:2000 ed ISO/TS 16949:2002, evidenziano entrambi l’importanza che l’organizzazione deve attribuire alle visite ispettive interne come indicatore “in tempo reale” delle proprie capacità di rispondere ai requisiti.

La specifica tecnica rimarca ancora di più questo concetto e si esprime in termini più restrittivi indicando una frequenza annuale per gli audit interni.

Per svolgere questo tipo di ispezioni, definite di parte prima ossia condotte da un’organizzazione sul proprio SGQ, l’azienda può utilizzare personale interno debitamente formato e qualificato. L’attività di audit deve garantire l’efficacia e l’efficienza dell’ispezione al fine di apportare un miglioramento al sistema, ponendo quindi come vincoli un comportamento etico, imparzialità ed un’adeguata professionalità dell’auditor, associati ad una completa indipendenza (cioè il valutatore non può auditare la propria area di appartenza) e ad un approccio basato sull’evidenza del processo di audit. Per questo in ottemperanza alle richieste della norma e per dotare l’organizzazione di un maggiore numero di auditor interni oltre a quelli già presenti è stato deciso dalla direzione di svolgere un corso di formazione per la “Conduzione delle Verifiche Ispettive Interne e presso i Fornitori” per un

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gruppo di persone di vari reparti ed al quale ho partecipato. L’ottenimento della qualifica ha così consentito la co-conduzione degli audit interni affiancando un consulente esterno per TRW.

Come primo step è stato stilato un piano riportante date ed aree soggette ad audit che permettesse di coprire le intere attività aziendali e successivamente sono state inoltrate le comunicazioni ai responsabili dei processi.

Per preparare le visite ispettive sono state generate delle Check List che tenessero conto sia della norma in oggetto in fase di audit che delle procedure interne in uso nelle varie aree (Fig.55).

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Figura 56 - Calcolo delle valutazione relativo alla Check List

La check list sopra riportata (Fig.56) è un esempio di quelle che sono state generate e sono servite come strumento per procedere all’audit e per riportare le valutazioni. Per ogni area interessata è stata appositamente redatta una scheda basata sui punti della norma, in questo caso ovviamente la ISO/TS 16949, sui quali sono state formulate delle domande che sono state rivolte agli interlocutori responsabili dei processi. Come si può vedere nel riquadro in alto, nell’intestazione si ha il riferimento all’area soggetta ad audit, ed i relativi punti interessati sui quali il sistema è esaminato. Il coefficiente di criticità è definito con una scala di valori che va da 3 a 1 a seconda se l’aspetto considerato è “critico”, “importante” o “non critico”. La valutazione parziale è invece fornita dall’attribuzione di un punteggio che va da 0 a 4, in base alla risposta fornita dall’esaminato, dove i punteggi hanno i seguenti significati: “4=Piena conformità al requisito”, “3=Generalmente conforme”, “2=Parzialmente conforme”; “1=Scarsamente applicata” ed infine “0=Non applicata o non conforme”. Il punteggio massimo, facilmente calcolabile, è il prodotto tra il coefficiente di criticità e la valutazione, ad esempio per un aspetto critico di peso 3 ed una piena conformità pari ad una valore 4 il massimo ottenibile sarà 12. La valutazione parziale permette di vedere immediatamente lo scostamento tra i due valori. Al termine se la somma delle evidenze della verifica ispettiva fornisce un risultato di efficienza maggiore di 80 si può considerare soddisfacentemente superata la visita.

Successivamente è stato redatto il rapporto di visita (Figg.57, 58, 59) con le eventuali Non Conformità/Osservazioni riscontrate ed è stato inoltrato agli owner delle aree auditate. Sono così

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state analizzate e generate delle azioni correttive a carico dei responsabili ed inserite all’interno del QIP aziendale.

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Figura 59 - Rapporto audit intero

Come si può notare il rapporto conclusivo dell’audit riporta l’indicazione precisa del team di audit, della data e delle persone coinvolte. Nella premessa invece è specificata l’area soggetta all’audit nonché le procedure di riferimento ed i punti della relativa norma sui quali è stato condotto l’audit. Nella parte centrale, il cuore del rapporto, si ha l’assegnazione delle Osservazioni/Non conformità rilevate nell’area interessata.

Per dare evidenza degli strumenti utilizzati per verificare la rispondenza ai requisiti si può vedere come spesso ci si riferisca anche al controllo su calibri, libri di passaggio delle consegne, carte XR e fogli di raccolta dati. Questo permette di avere un riscontro in caso di contestazione della segnalazione rifacendosi al principio descritto nella norma ISO 19011 riguardante “l’approccio basato sull’evidenza”.

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5.3.4 Audit DQS

Tutte le attività svolte e fino ad ora descritte sono state concluse nei primi giorni di giugno 2007 ed alla metà dello stesso mese lo stabilimento ha ricevuto la visita da parte dell’ente di certificazione. La visita si è svolta come pianificato nell’arco dei tre giorni che hanno visto nella prima giornata una breve riunione di apertura con presentazione del team di audit alla direzione ed ai responsabili delle aree interessate seguita da un’ispezione generale allo stabilimento. Dalla seconda parte della prima giornata e fino al terzo giorno si sono svolte le visite area per area. Gli audit sono stati svolti su tutti e tre i turni di lavoro come prevede la norma.

Al termine dell’ultimo giorno è avvenuta la chiusura con la riunione alla quale hanno partecipato le stesse figure di quella iniziale e dove gli auditor hanno presentato ciò che hanno rilevato.

Il risultato è stato di numero 2 Non conformità di cui una molto formale e di fatto chiusa immediatamente. In più a queste sono stati segnalati una serie di spunti di miglioramento che l’organizzazione dovrà tenere in considerazione.

La direzione si è dichiarata abbastanza soddisfatta del lavoro, ma allo stesso tempo ha comunque richiesto di continuare a lavorare per migliorare ancora e raggiungere le zero non conformità per l’anno prossimo.

Alla luce del risultato gli auditor hanno proposto a DQS, dopo l’eliminazione della non conformità ancora aperta, il mantenimento del certificato secondo l’ISO/TS 16949.

I passi successivi sono stati quelli di chiudere le azioni correttive entro i 60 giorni stabiliti, al termine dei quali si è svolto un follow up audit da parte dell’ente.

Anche queste azioni sono state trattate nell’action plan dedicato provvedendo così alla loro gestione. Nel giugno 2008 l’organizzazione sarà soggetta all’audit di rinnovo della durata di 5 giorni.

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5.4 Il mantenimento della certificazione ISO 14001

5.4.1 Preparazione della visita di mantenimento della certificazione ISO 14001

La visita per il mantenimento della certificazione ISO 14001 è stata effettuata presso TRW dall’ente DQS nel mese di luglio 2007 e per farsi trovare pronti è stato necessario svolgere una serie di attività sul sistema presente in stabilimento.

Il lavoro per la preparazione di questa visita è stato, rispetto alla ISO/TS 16949, un po’ più complesso. Questo è dovuto in primo luogo alla moltitudine di aspetti e vincoli che in un sistema di gestione ambientale devono essere rispettati ed in secondo luogo a causa della difficoltà riscontrata nel seguire la norma ISO 14001 che è molto meno dettagliata e meno precisa nell’evidenziare i requisiti da valutare in confronto alla specifica tecnica.

Per questo si è reso necessario analizzare attentamente la documentazione presente già introdotta a suo tempo dal Responsabile del sistema di gestione ambientale per capire come funzionasse il sistema in uso.

Il primo passo è stato quello di leggere l’Analisi Ambientale Iniziale (AAI) (compilata nel 2002 dal DIMNP dell’Università di Pisa) per comprendere come e perché sono state redatte determinate procedure e registrazioni con lo scopo di verificare, in un secondo momento, la loro necessità o la loro eventuale obsolescenza.

L’AAI è costituita da quattro capitoli, Introduzione, Inquadramento generale, Analisi degli aspetti ambientali, Determinazione della significatività.

Questa parte da una analisi generale dell’azienda sino a giungere ad esplicitare le relazioni esistenti tra le attività produttive e l’ambiente, valutando la rilevanza degli aspetti di impatto ambientale nei confronti della vulnerabilità del territorio e dei recettori sensibili.

Per l’individuazione sistematica di tutti gli aspetti ambientali da prendere in considerazione viene utilizzata una Matrice degli Aspetti Ambientali nella quale sono incrociati tutti gli aspetti possibili con i processi, le attività, i prodotti dello stabilimento e le eventuali attività indirette derivanti da forniture di prodotti o servizi esterni (aspetti indiretti). Questo è stato fatto sia in condizioni di normale esercizio che in condizioni di emergenza dovute a guasti e/o incidenti.

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• Consumi idrici;

• Consumi materie prime;

• Consumi materiali ausiliari e tecnici;

• Emissioni in atmosfera (convogliate e diffuse); • Reflui scarichi idrici;

• Rifiuti; • PCB/PCT;

• Sostanze lesive dello strato di ozono; • Amianto;

• Odore; • Rumore; • Vibrazioni;

• Contaminazione del suolo;

• Intrusione visiva (notturna e diurna); • Traffico;

• Inquinamento elettromagnetico;

• Tipologia di attività svolte da ditte terze in stabilimento; • Tipologia di processi utilizzati dai fornitori;

• Sistema di gestione ambientale fornitori;

La suddetta matrice sarà oggetto del piano di ottimizzazione del sistema di gestione esposto più avanti nell’elaborato.

Per ciascuno degli aspetti citati sono individuati i processi e le attività che sono o possono essere correlati all’aspetto ambientale. Successivamente sono stati caratterizzati e quantificati sulla base delle informazioni disponibili. Questo significa che per ogni aspetto attinente al sito sono riportati:

- i riferimenti legislativi, ovvero le norme nazionali o locali applicabili allo stabilimento, incluse eventuali autorizzazioni o permessi rilasciati per l’esercizio degli impianti e delle attività;

- i processi e le attività che causano o possono causare l’aspetto ambientale in condizioni normali;

(29)

- le informazioni circa le caratteristiche intrinseche della risorsa usata o dell’effluente prodotto, le quantità annue;

- eventuali note che possono evidenziare un elemento particolare dell’attività o dell’aspetto ambientale relativo.

L’insieme di questo è poi raccolto in tabelle di sintesi per ciascun aspetto.

In uno stabilimento come quello di TRW Livorno, o in una qualsiasi industria metalmeccanica le emergenze ambientali potenzialmente e realmente più frequenti sono legate essenzialmente alla presenza di oli e grassi necessari per il processo produttivo nonché alla tipologia di attività confinanti esterne allo stabilimento. Generalmente sono identificabili in:

1) Sversamenti di oli e soluzioni inquinanti;

2) Incendio e conseguente rilascio di sostanze tossiche in corrispondenza delle aree di stoccaggio di oli, grassi ed emulsioni;

3) Superamento dei limiti negli scarichi reflui a valle del trattamento chimico-fisico di depurazione;

4) Emergenza esterna.

La consapevolezza dei propri rischi potenziali di incidenti serve anche ad indicare all’organizzazione le procedure di emergenza da realizzare per ogni caso specifico.

Come si può capire da tutto ciò il mantenimento ed i meccanismi di un Sistema di gestione ambientale non sono così semplici né immediati. Per questo l’attività si è svolta in più step con lo scopo di verificare la corretta gestione e permetterne l’aggiornamento.

Si è proceduto quindi:

- ad individuare la legislazione vigente in tema ambientale e a verificarne il corretto recepimento;

- a verificare l’aggiornamento dei permessi e delle autorizzazioni; - a verificare l’aggiornamento dei risultati dei monitoraggi ambientali; - a verificare se ci sono stati cambiamenti relativi ai lay-out;

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In tutti questi casi si sono seguite le procedure interne presenti andando a riportare i risultati, le evidenze ed aggiornando le registrazioni o i documenti dove necessario. Per semplicità si possono dividere in attività di aggiornamento della documentazione ed in attività operative (visite ispettive).

5.4.2 L’aggiornamento della documentazione

La documentazione nel contesto del sistema di gestione ambientale è costituita principalmente da cartaceo e solitamente si distingue in tre tipi:Procedure SGA, Documenti SGA e Registrazioni SGA. Tutti questi hanno lo scopo di coprire interamente e gestire in maniera completa i requisiti della norma ISO 14001. Qui sotto si ha un elenco dei principali documenti del Sistema che sono stati oggetto di verifica (Fig.60)

(31)

Figura 61 - Principali documenti e registrazione del sistema di gestione

Le procedure possono essere emesse a livello Corporate oppure dal Responsabile del Sistema di Gestione Ambientale del sito in oggetto. Ovviamente in quest’ultimo caso si rifanno a situazioni, attività e/o a gestioni relative alle funzioni dello stabilimento. La loro modifica o aggiornamento è stata svolta perlopiù dal responsabile, anche se è stato necessario effettuare un controllo sulle versioni inserite sul sito intranet per far sì che fossero caricate le ultime revisioni.

Per i documenti e le registrazioni si è dovuto visionare la totalità di quelli attivi con il compito di allinearli allo stato attuale. Lo stesso è stato necessario per i lay-out di stabilimento, delle aree di stoccaggio e delle vie di fuga, a causa delle modifiche alle linee produttive ed alla dismissione/introduzione di nuovi camini.

Per fare un esempio di registrazione soggetta ad aggiornamento è riportata la “Scheda Riepilogativa Rifiuti”(Fig.62):

Come si può vedere dall’elenco riportato sopra e a fianco, ogni documento/registrazione ha un riferimento al punto della norma ambientale e al relativo argomento (Fig.61).

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Figura 62 - Scheda riepilogativa rifiuti

Come si può vedere per procedere all’attualizzazione/modifica di questo si è dovuto andare a ricercare le varie autorizzazioni concesse ai trasportatori ed agli smaltitori , così come le date di scadenza delle stesse ed i codici di rifiuti considerati.

Un ulteriore esempio che può dimostrare i miglioramenti apportati ai documenti del sistema di gestione ambientale può essere la proposta di una nuova “Matrice di valutazione degli aspetti ambientali diretti ed indiretti significativi” (Fig.63) sviluppata appunto nell’ambito della preparazione alla visita.

A differenza di quella esistente è stato effettuato un approccio di tipo FMEA andando a valutare i singoli aspetti ambientali in base alla gravità (G), alla frequenza (F) ed alla rilevabilità (R), in condizioni normali ed in condizioni di emergenza. In particolare per valutare la gravità si è calcolata la media dei valori attribuiti all’impatto ambientale in base al grado (GIA), alla conformità legislativa (CL) ed ai reclami della comunità esterna (CE). Il prodotto dei valori G, F ed R fornisce un indice di significatività (IDS) che permette di individuare l’origine e gli aspetti ambientali più significativi.

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Figura 63 - Matrice di valutazione degli aspetti ambientali diretti ed indiretti significativi

5.4.3 Le visite ispettive interne

Il punto 4.5.5 della norma ISO 14001 prevede la conduzione di audit interni del sistema di gestione ambientale ad intervalli pianificati, al fine di determinare se il sistema è conforme a quanto è stato pianificato, se è correttamente attuato e mantenuto attivo.

Per questo sono state svolte delle visite ispettive interne che hanno avuto anche lo scopo di andare a verificare direttamente sull’intera area dello stabilimento la reale situazione operativa. Sono state visitate sia le aree di produzione, quindi le linee produttive dal punto di vista ambientale (sversamenti, corretta gestione/identificazione dei prodotti chimici utilizzati, ecc.), che le aree di stoccaggio dei materiali, degli oli, e degli impianti termici.

Anche in questo caso è stata generata una check list (Fig.64) ed utilizzata nella conduzione degli audit. Quella riportata è soltanto uno stralcio di quella completa.

Al termine è stato redatto un report, successivamente inoltrato alle figure competenti, che ha generato azioni correttive riportate sul QIP e messe in atto.

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5.4.4 Audit DQS

Tutte queste attività svolte e fino ad ora descritte sono state concluse nel mese di giugno 2007 e a luglio lo stabilimento ha ricevuto la visita da parte dell’ente di certificazione.

La visita si è svolta come pianificato nell’arco dei tre giorni alternando ispezioni operative sulle linee/aree di stoccaggio ed a livello documentale per valutare la conformità del sistema..

Il risultato è stato di numero uno Non conformità minori relativamente al punto 4.4.1 della norma ambientale il quale richiede di definire e documentare le competenze minime richieste per le varie funzioni in relazione agli aspetti ambientali significativi derivanti dai processi dei quali si occupano. In più sono stati segnalati una serie di spunti di miglioramento che l’organizzazione dovrà tenere in considerazione.

Il risultato è stato sicuramente soddisfacente e gratificante per il lavoro che è stato svolto. Ovviamente l’impegno dovrà essere costante e la strada da seguire dovrà continuare nella direzione intrapresa per migliorare ancora.

Alla luce del risultato gli auditor hanno proposto a DQS, dopo l’eliminazione della non conformità ancora aperta, il mantenimento del certificato secondo l’ISO 14001.

Anche queste azioni sono state trattate nell’action plan dedicato provvedendo così alla loro gestione. Nel giugno 2008 l’organizzazione sarà soggetta all’audit di rinnovo della durata di 5 giorni.

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5.5 Il progetto di razionalizzazione degli imballaggi

Questa attività, nata sempre nell’ottica di un miglioramento generale dell’organizzazione, è stata fortemente spinta dalla direzione che ha deciso di investire anche sul rinnovamento logistico e gestionale degli imballaggi.

L’obiettivo del progetto è stato quello di razionalizzare gli imballaggi di una serie di componenti, prima, e di estenderla in un secondo momento a tutta la componentistica.

Questa attività ha avuto come punto principale quello di eliminare, dove possibile, gli imballi in metallo, legno e cartone, per ridurre la contaminazione del prodotto ed evitare le operazioni di re-picking in magazzino. Inoltre l’orientamento preso è stato quello di passare all’introduzione di imballi del tipo returnable, ossia riutilizzabili.

Gli scopi ed i vantaggi del progetto sono così riassumibili:

- eliminazione del re-picking, che costituisce un elevato costo;

- introduzione di nuovi imballi che possano alimentare direttamente la linea;

- eliminazione di cartone e legno, riducendo i rischi di contaminazione e l’impatto ambientale dovuto al loro smaltimento;

- condivisione degli imballi con i fornitori attraverso la creazione di schede imballo.

I componenti considerati in questa prima fase sono stati: lunette, boccole, soffietti, tiranti, cremagliere e sedi.

Il discorso per i primi tre citati è pressoché lo stesso in quanto il nuovo imballo scelto varia in misura tale da non necessitare di una trattazione singola per ognuno.

Discorso diverso, invece, per le sedi. Queste richiedono molto spazio ed hanno bisogno di un contenitore dedicato e non standardizzato come nel caso degli altri.

Nei prossimi paragrafi sarà perciò presentato, a titolo esemplificativo, il lavoro svolto per le sedi e per le lunette.

Prima di passare alla descrizione è importante sottolineare quali sono state le caratteristiche ricercate negli imballi durante la fase di definizione e che sono comuni a tutti i componenti presi in considerazione:

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- Ergonomia: l’imballo deve essere maneggiato con facilità ed essere impilabile; - Durata: deve essere di buona qualità;

- Sicurezza: la capacità non deve superare il limite di legge in kg ma non deve essere riempito parzialmente.

Come per le attività descritte precedentemente nel presente elaborato, lo strumento di gestione e tenuta sotto controllo è stato il QIP denominato in questo caso “Timing razionalizzazione contenitori”.

5.5.1 Nuovo imballo per sedi

Il progetto è stato sviluppato su tre modelli di sedi attualmente assemblate a Livorno e destinate al montaggio su veicoli commerciali Ford, su autoveicoli Fiat e del gruppo PSA. Per esemplificare l’esposizione del lavoro si farà riferimento alla sede del sistema di guida del Ford Transit.

La prima fase di realizzazione del progetto ha visto la realizzazione di una scheda strutturata in modo che potesse presentare gli step e ne permettesse il mantenimento di una traccia.

È nata così la scheda progetto costituita da quattro sezioni e nello specifico: - obiettivo del progetto;

- situazione allo stato attuale; - test su campioni;

- esito dei test.

L’obiettivo è ovviamente quello comune e precedentemente descritto di eliminare le attività di re-picking dei componenti e l’introduzione di imballi eco-qualitativamente migliori.

Prima della definizione di nuovi tipi di imballaggio, le sedi giungevano dallo stabilimento bresciano di TRW già impregnate, all’interno di cassoni metallici (Fig.65) di dimensioni (800x1000)mm, che andavano ad asservire direttamente la linea di assemblaggio. I vari strati di sedi erano separati da un foglio di polionda ed avvolti da due fogli di polietilene.

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Figura 65 - Cassoni metallici per sedi

Questi cassoni, spesso lasciati esposti agli agenti atmosferici, finivano per essere resi inutilizzabili a causa della formazione di ruggine ed al deterioramento estetico e funzionale. Sicuramente non garantivano più il mantenimento del livello di qualità previsto da TRW e richiesto dai propri clienti. Per questo si è resa necessaria la ricerca di un tipo di cassone tecnicamente più avanzato e meno soggetto al deterioramento dovuto alle intemperie.

Dopo un attenta ricerca l’attenzione è stata focalizzata su di un contenitore plastico definito Capplast (Fig. 66) che associa al vantaggio di avere dimensioni standardizzate “pallet” (800x1200)mm, la possibilità di abbattere le sponde laterali, nel viaggio di ritorno a vuoto, riducendo la sua altezza di circa il 60% consentendo una riduzione dei costi di trasporto. Questa sua caratteristica lo rende anche migliore nel suo utilizzo in linea facilitando il movimento dell’operatore nella presa dei componenti disposti in fondo al contenitore.

Inoltre per rendere ancora più sicuro il trasporto dei componenti e garantire una migliore disposizione degli stessi all’interno dei contenitori è stato fatto realizzare un termoformato in PE-HD (Polietilene ad alta densità) a misura che permettesse un alloggiamento stabile.

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Figura 66 - Contenitori Capplast e vassoi termoformati

Definito il tipo di cassone ed il termoformato il passo successivo è stato quello di richiedere una spedizione al fornitore delle sedi, che era stato provvisto di uno di questi contenitori, di un lotto imballato secondo la nuova tipologia individuata (Fig.67).

Una volta consegnato secondo le modalità usuali (trasporto su gomma), è stato svolto il primo test con le seguenti caratteristiche e le rispettive valutazioni:

- contenitore Capplast con 6 strati di 10 sedi, separati da termoformato in PE-HD; - n° 2 fogli di cartene per ogni strato, sopra e sotto le sedi;

- disposizione delle sedi con cavità lunetta rivolta verso il basso;

La valutazione che è venuta fuori da questo primo test ha evidenziato due problemi non indifferenti: il primo è dovuto alla conformazione dei termoformati che non hanno garantito un sufficiente supporto alle sedi in quanto lo strato superiore è entrato in contatto con quello inferiore generando la rottura del foglio di cartene non proteggendo i componenti.

Il secondo invece è dovuto ad una evidente contaminazione di plastica sulle sedi a causa dello sfregamento sul termoformato (Fig.68).

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Figura 67 - Composizione primo lotto in arrivo per test

Figura 68 - Sedi intaccate, cartene danneggiato e contaminazione di plastica

Per risolvere i problemi riscontrati in questo primo test è stato deciso di apportare una modifca costruttiva al termoformato che permettesse di lasciare uno spazio, tra l’uno e l’altro, sufficiente ad evitare che le sedi si potessero toccare.

È stato previsto così l’invio di un ulteriore imballo campione composto, a differenza del primo, da:

- contenitore Capplast con 6 strati di 10 sedi, separati da termoformato in PE-HD; - foglio di cartene, sotto le sedi;

- foglio di polietilene spessore 0,6 mm, sopra le sedi;

l’imballo così costituito ha presentato durante la valutazione il solo problema dovuto al danneggiamento dovuto a foratura nei punti di contatto tra sede e termoformato del foglio di polionda e dovuto sicuramente alle vibrazioni assorbite durante il trasporto. Alla luce di questo il test ha fornito esito negativo (Fig.69).

(41)

Figura 69 - Disposizione sedi per secondo test e problemi riscontrati

La soluzione migliore è stata trovata nel terzo test, dove è stato sostituito il foglio di polietilene, usa e getta, da un foglio di polionda in grado di fornire maggiore protezione, assorbimento di urti e vibrazioni oltre ad un minore rischio di foratura. Inoltre il foglio di polionda riutilizzato ipoteticamente 5 volte andrà a pareggiare il costo del film in polietilene usa e getta stimato in 0,20 € a foglio.

Individuata la modalità migliore di imballo è stata generata una scheda da condividere con il fornitore con lo scopo di dare una definizione univoca e concordata del modo con il quale l’imballo deve essere fornito e del modo con il quale il vuoto deve tornare allo stesso.

Questa scheda, elaborata insieme alla logistica, può essere divisa in tre sezioni (Fig.70), dove:

- nella prima si hanno le informazioni relative ai codici interni del componente e del codice SAP, nonché le informazioni relative a data, revisione e numero progressivo della scheda; - nella seconda si ha la descrizione del componente imballato strato per strato, con le

caratteristiche relative al vassoio.

- nella terza si ha la descrizione dell’imballo così come è esternamente e come deve essere consegnato.

Come si può vedere la scheda è corredata di fotografie illustrative.

(42)

Una cosa molto importante, che in questo contesto non è stata trattata data la tipologia del componente, è l’ergonomia dell’imballo che in fase di definizione deve essere considerata per non superare i limiti legislativi imposti (D.L.626/94).

Ovviamente nel caso delle sedi la movimentazione avviene meccanicamente attraverso l’utilizzo di transpallet.

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Figura 71 - Seconda pagina scheda imballo

Per completezza può essere interessante fornire qualche cifra relativa all’investimento a carico dell’azienda che permetta di valutare anche la differenza di costo annua rispetto alla gestione precedente (Tab.5).

(44)

I dati riportati ed i costi sono estrapolati dal calcolo totale relativo agli investimenti per il progetto di razionalizzazione dei contenitori per tutti i codici di sedi assemblate.

Per questo si deve considerare:

- il costo di ogni contenitore plastico più il coperchio ( sempre in materiale plastico), pari a 160 €;

- il costo di ogni vassoio pari a 23€;

- un fabbisogno di 177 contenitori e 1062 vassoi (di cui rispettivamente 60 e 360 già acquistati);

- un volume annuo complessivo di sedi da movimentare nei nuovi contenitori pari a circa 250000 Pz;

- un volume di sedi Ford di circa 62000 Pz;

- un numero di anni di ritorno dell’investimento (totale) pari a 2; - un impatto dell’investimento (totale) su ogni pezzo pari a 0,095€; - ogni unità costituita da:

- n°1 contenitore in plastica (1200x800)mm con relativo coperchio; - n°1 foglio di cartene per ogni strato;

- n°1 polionda per ogni strato - n°6 strati di vassoi termoformati.

Tabella 5 – Costi gestione sedi con contenitori metallici

Mentre nel caso della gestione precedente dove ogni imballo era costituito da: - n°1 cassone in metallo di dimensioni (1000x800)mm;

- n°1 polionda ogni strato;

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Tabella 6 - Costi gestione sedi con contenitori Capplast

Come si può ben notare la differenza del costo annuo passa dai 2902€ della gestione precedente, nella quale non si doveva sostenere alcun costo di investimento, ai 7995€ di quella attuale con un delta pari a 5093€ (Tab.6).

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5.5.2 Nuovo imballo per lunette

La lunetta, come già descritto in precedenza, è l’elemento che grazie all’accoppiamento con la cremagliera serve ad evitare che questa ed il pignone perdano contatto generando la perdita di guidabilità del veicolo. Data la sua importanza è stato deciso di inserire anche questo componente tra i primi beneficiari del progetto di miglioramento degli imballaggi.

Prima dell’introduzione delle nuove cassette standardizzate, i componenti, giungevano in magazzino all’interno di imballi di cartone senza protezioni ulteriori e quindi liberi di muoversi e urtarsi tra di loro (Fig.72).

L’addetto al magazzino provvedeva a travasarle all’interno di cassettine di plastica inserendole all’interno di una busta di nylon e ad immetterle in linea pronte per essere assemblate.

Anche in questo caso il progetto ha avuto lo scopo di:

- eliminare gli imballi in scatole di cartone che sono inquinanti e difficili da smaltire; - migliorare la qualità del componente riducendo la possibilità di contaminazione;

- assicurare l’approvvigionamento in linea direttamente con l’imballo in arrivo dal fornitore; - eliminare il re-picking fuori linea;

- assicurare una migliore movimentazione agli addetti al rifornimento ed agli operatori.

Figura 72 - Lunette in arrivo e modalità di inserimento in linea

I miglioramenti da apportare a questo tipo di gestione sono stati orientati sull’introduzione di nuove cassette di plastica (400x300x120)mm, in commercio, da utilizzare per tutti i tipi di lunetta in produzione (Fig.73).

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In associazione a questo è stato deciso di inserire dei vassoi in plastica termoformata idonei all’imballaggio delle lunette (di tre diametri diversi). Questi sono stati studiati in maniera che i componenti potessero alloggiare senza muoversi né toccarsi durante il trasporto.

Figura 73 - Nuove cassette e vassoi termoformati

L’adozione di queste cassette dalle dimensioni contenute ha permesso di far arrivare il componente in linea senza la necessità di operazioni di re-picking ed evitando allo stesso tempo che, sempre in linea, fossero presenti più componenti del necessario nell’ottica di una corretta applicazione delle indicazioni di 5S.

La scelta di questo preciso modello è dovuta anche al fatto che, a differenza delle sedi, deve essere movimentato a mano dagli addetti ai rifornimenti del kanban e dagli operatori di linea.

Infatti le caratteristiche di questo tipo di imballo hanno permesso di rispettare i limiti di legge imposti nella movimentazione manuale dei carichi senza danneggiare né rallentare il flusso produttivo (ad esempio questo si sarebbe potuto verificare se la quantità nelle cassette avesse costretto gli addetti a prelevare frequentemente dal kanban). Il decreto legislativo 626/94 raccomanda un peso limite pari a 30 Kg per gli uomini e 20 Kg per le donne (per entrambi si intende un età superiore ai 18 anni). Come si può vedere nell’esempio della scheda imballo riportata i pesi degli imballaggi sono ampiamente entro i limiti (Fig. 74)

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Anche in questo caso è stata effettuata un’analisi per valutare il numero di imballi necessari per gestire il flusso del 100% delle lunette facendo anche un inventario delle cassette già disponibili ed utilizzabili in stabilimento. Il fornitore, dato l’elevato volume richiesto da TRW, si è fatto carico dell’investimento per le cassette mancanti.

(50)

5.6 Miglioramento e Integrazione dei sistemi

Come ampiamente descritto il Sistema di Gestione Aziendale di TRW Livorno è diviso in Sistema di Gestione Qualità e Sistema di Gestione Ambientale.

Entrambi sono stati già trattati ed esposti nei capitoli precedenti ma è necessario presentare un ulteriore lavoro che è stato portato avanti, e tutt’oggi in corso, relativo ad un miglioramento dei due sistemi e ad un progetto di integrazione. Questa esigenza è nata dalla volontà dell’organizzazione di continuare in un’ottica di miglioramento a seguito delle visite precedentemente presentate.

Questo è possibile in quanto i due sistemi che seguono le norme ISO/TS 16949 e ISO 14001 per garantire la conformità ai requisiti hanno dei punti in comune dovuti alla loro discendenza dalla norma ISO 9001:2000. L’integrazione ha lo scopo di alleggerire i due sistemi rendendoli più snelli ed agevolando il loro mantenimento.

Una testimonianza di questo, che è stato poi il primo aspetto considerato, è l’integrazione delle politiche per la Qualità, l’Ambiente e la Sicurezza. Queste da tre distinte sono passate ad una unica, che è già stata approvata dalla direzione ed affissa in varie zone dello stabilimento rendendola pubblica e visibile a tutto il personale.

Un grande aiuto alla realizzazione di questo progetto di miglioramento è fornito dalla struttura del sito intranet dello stabilimento, infatti in questo sono raccolti tutte le procedure, le registrazioni nonchè tutta una serie di report e documenti utili alla gestione (Fig.75)

(51)

Questo strumento è anche la base di supporto e di sviluppo per una serie di miglioramenti apportati ai due sistemi che hanno lo scopo di coinvolgere tutta l’organizzazione aumentando la conoscenza e facilitando il reperimento delle informazioni.

A titolo di esempio sarà presentato il discorso fatto sulle schede di sicurezza. Queste sono fornite dal produttore in abbinamento al prodotto chimico specifico ed hanno al loro interno tutte le informazioni, divise in sedici punti, relative al tipo di sostanza pura o alla sua composizione, alle proprietà tossicologiche, ai dispositivi di protezione individuale (DPI) in situazioni normali ed in situazioni di emergenza, ecc. Queste sono raccolte ed archiviate dal RSGA ed ogni ente utilizzatore ha la propria copia.

Per rendere più semplice la loro utilizzazione e facilitarne la loro lettura, una volta immesse in linea, sono stati creati dei fogli excel riportanti le caratteristiche principali. Queste sono state inserite nel sito intranet, in linea e nei laboratori (Fig.76).

Come si può vedere riportano la data di ultima revisione della scheda di sicurezza, le frasi di rischio e di sicurezza, le caratteristiche, i DPI, le misure di prevenzione, protezione e di primo soccorso. La loro particolare veste grafica permette anche di individuare velocemente l’area di destinazione e di utilizzo dei prodotti grazie al colore dell’intestazione. In questo caso viola significa laboratorio chimico ma è stato assegnato un colore ad ogni area.

Questo lavoro è stato fatto per circa 120 prodotti tra quelli in uso e quelli non più in uso (per archivio così come previsto dalla legge).

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Il miglioramento della documentazione è avvenuto anche grazie ad un lavoro di ottimizzazione delle registrazioni presenti andando a compattare quelle compatibili eliminando così della documentazione ritenuta in eccesso ed in alcuni casi divenuta obsoleta. È ovvio che con questo la gestione diventa più agevole ed evita che a causa della mole di documenti si finisca per trascurarne qualcuno.

Il caso esemplificativo di questo è la raccolta in un unico documento di registrazione denominato “Gestione Rifiuti” che ha raccolto il “Piano di Sorveglianza e Misurazioni”, lo “Scadenziario Ambientale” e la “Matrice Controllo Operativo”.

Il tutto è riportato su di un solo foglio excel e sono stati realizzati tanti fogli quanti sono i codici determinanti per il calcolo da riportare sul Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (MUD). Questo è il modello attraverso il quale devono essere denunciati i rifiuti pericolosi prodotti dalle attività produttive, i rifiuti raccolti dal comune e quelli smaltiti, avviati al recupero o trasportati nell’anno precedente la dichiarazione. La semplificazione della registrazione ha quindi la duplice funzione di rendere più agevole la tenuta sotto controllo e di velocizzare la compilazione del modello citato. I documenti/registrazioni interessate a questo tipo di ottimizzazione sono stati, per la maggior parte, quelli del Sistema di gestione Ambientale. Ad oggi le attività in corso per questo progetto stanno coinvolgendo anche l’Analisi Ambientale Iniziale. L’idea è infatti quella di creare un altro documento meno dettagliato ma completo che permetta una dinamicità maggiore per essere rivisto ogni anno, se necessario, in base ai cambiamenti.

Figura

Figura 45 - Prima parte del modello QIP
Figura 46 - Seconda parte del Modello QIP
Figura 48 - Flow Chart Revisione 6
Figura 49 - Nuovo banco per controllo gioco e PC per memorizzazione dati
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