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EditorialeLa dimensione antropologica nell’anziano

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Academic year: 2021

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EDITORIALE

I

luoghidella cura

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ANNOIV - N. 1 - 2006

Immergersi nello studio dell’uomo, visto nel com- plesso, nei particolari e nei rapporti con la natura (cuore dell’antropologia) è un tema talmente se- ducente, ed al tempo stesso così intrigante che, a vol- te, rischia di lasciarci smarriti. La dimensione antropo- logica dell’uomo è sempre stata croce e delizia per le riflessioni di filosofi, sociologi, letterati, ma sta suscitan- do sempre maggior interesse anche da parte di psico- logi e operatori del mondo sanitario. Quando si ana- lizza l’invecchiamento dell’uomo nella sua globalità, con tutti i risvolti “critici” in esso contenuti, emerge un cer- to disagio da parte di chiunque affronti il tema. In real- tà chi si occupa di gerontologia e geriatria a tempo pieno è costantemente immerso nella complessità dei problemi, anzi, essi divengono “il pane quotidiano” da condividere con tutti gli attori (operatori, pazienti, pa- renti, politici e amministratori) che, a vario titolo, si tro- vano ad affrontare (per scelta, o per necessità) il tema della vecchiaia.

È evidente che l’invecchiamento e tutto ciò che ad es- so è correlato come il pensionamento, il problema del welfare, la disabilità, l’emarginazione, la complessità cli- nica, la cronicità, la dipendenza e tutte le altre attribu- zioni, stanno mettendo “in crisi” la nostra civiltà e l’e- conomia della nostra società. Visto in questa prospet- tiva il problema è veramente drammatico e sembra non avere soluzione.

Pur con queste premesse, la visione antropologica, ci ha stimolati a scoprire e comprendere le varie dimen- sioni biopsicofisiche, affettive ed esistenziali dell’uomo e dell’anziano in particolare.

Un esempio di questa visione è stato proposto da al- cune correnti di pensiero cui appartiene anche il Prof.

C.M. Mozzanica, secondo il quale l’attenzione va posta in particolare alla corporeità, all’affettività e all’intenzio- nalità. Il nostro sguardo, deve quindi essere certamen- te rivolto alla corporeità nel campo sanitario attraver- so l’anamnesi clinica classica, ma bisogna riservare par- ticolare attenzione anche a informazioni quali lo sguar- do, la capacità di ascolto, la mobilità del corpo come espressione del sé e al linguaggio non verbale. Il fine è

comprendere che cosa l’anziano è ancora in grado di fare e comunicare. Analoga attenzione merita la di- mensione affettiva attraverso la nostra capacità di co- gliere i sentimenti, le pulsioni, gli istinti, le ansie, le pau- re, il pianto, il sorriso, la tristezza e la gioia che abitano e agitano il cuore dell’anziano.Viene da chiedersi quan- ti di noi colgono e valorizzano, nella raccolta anamne- stica, questa dimensione affettiva tentando di collo- quiare, con il dovuto rispetto, del mondo interiore del- l’anziano. Il metodo clinico geriatrico dà valore, corret- tamente, al riscontro su come l’anziano espleta le pro- prie funzioni fisiologiche ma, difficilmente, si sofferma sul suo mondo affettivo, anzi, questa domanda sembra appartenere esclusivamente ad una sfera privata... più intima dei propri bisogni fisiologici. Un ultimo elemen- to è l’intenzionalità intesa come salvaguardia nell’anzia- no della capacità di pensiero, della consapevolezza e coscienza di essere, per mantenere la capacità di sco- prire e valorizzare costantemente la propria vita.

L’attuale modello economico sanitario sembra met- tere in discussione, se non in crisi, il modello antropo- logico dell’approccio globale all’anziano. Al tempo stesso sta sorgendo l’esigenza di approfondire gli aspetti biopsicosociali delle persone bisognose di cu- re. È intuitivo che la disponibilità di risorse offre la possibilità di realizzare programmi di intervento più adeguati e raffinati ma, accanto alle risorse economi- che, bisogna chiedersi quale spazio intendiamo dare ad un nuovo modello culturale gerontologico e geria- trico che includa veramente la dimensione antropo- logica dell’anziano. La parola crisi è traducibile, secon- do alcuni ideogrammi cinesi, come “occasione di cambiamento”. Forse si può iniziare a riflettere su ciò che appare critico per tentare di ripensare ad un nuovo modo di considerare l’anziano, l’invecchiamen- to e la società, per verificare se vi siano altri modelli di sviluppo per la collettività capaci di valorizzare ogni singolo individuo. Questa occasione di cambiamento potrebbe essere un inizio che, almeno in parte, di- pende anche da noi.

Antonino Frustaglia

La dimensione antropologica nell’anziano

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