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G It Diabetol Metab 2012;32:93-95 93

Dalla Letteratura

Cambiamento dello stile di vita e mobilità in adulti con diabete di tipo 2 obesi

N Engl J Med 2012;366:1209-17 Rejeski WJ, Ip EH, Bertoni AG, Bray GA, Evans G, Gregg EW, Zhang Q per il Look AHEAD Research Group

Reynolda Campus, Wake Forest University, Winston-Salem, NC 27109, USA

rejeski@wfu.edu

Premessa. Le persone adulte con diabete di tipo 2 hanno spesso limitazioni di mobi- lità con l’avanzare dell’età. In questi pazienti un intervento intensivo sullo stile di vita che induca perdita di peso e incentivi l’esercizio fisico potrebbe rallentare la perdita di mobilità.

Metodi. In questo lavoro sono stati randomizzati 5145 adulti sovrappeso od obesi con diabete di tipo 2 di età compresa fra i 45 e i 74 anni e sono stati assegnati, in modo randomizzato, a un intervento intensivo sullo stile di vita o a un programma educazio- nale abituale; i partecipanti allo studio sono stati 5016. Abbiamo utilizzato il modello di Marcov (regressione logistica) per caratterizzare lo stato di disabilità e per stimare la probabilità del declino funzionale. L’outcome primario era la segnalazione da parte del paziente di una limitazione nella mobilità, con valutazioni annuali, per 4 anni.

Risultati. A 4 anni, tra 2514 adulti assegnati al gruppo di intervento intensivo sullo stile di vita, 517 (20,6%) hanno avuto una disabilità severa e 969 (38,5%) una buona mobilità; nel gruppo (2502) di controllo rispettivamente 656 (26,2%) e 798 (31,9%).

Il gruppo di intervento intensivo, confrontato con il gruppo di supporto, ha avuto una riduzione relativa del 48% nel rischio di perdita della mobilità (odds ratio 0,52; inter- vallo di confidenza al 95% da 0,44 a 0,63; p < 0,001). Sia la perdita di peso sia l’au- mento dell’attività fisica (treadmill test) sono stati mediatori significativi di questo effet- to (p < 0,001 per entrambe le variabili). Nel gruppo di intervento (stili di vita) a un anno si sono osservati con una frequenza lievemente superiore, non significativa, un aumento di sintomi muscolo-scheletrici.

Conclusioni. La perdita di perso e l’aumento dell’attività fisica hanno rallentato la perdita della mobilità negli adulti sovrappeso con diabete di tipo 2.

L’automonitoraggio glicemico nei pazienti con diabete non insulino-dipendente. Le linee guida seguono i principi della medicina basata sull’evidenza?

Diabet Med 2012 Mar 21.

doi: 10.1111/j.1464-5491.2012.

03659.x

Aakre KM, Watine J, Bunting PS, Sandberg S, Oosterhuis WP Laboratory of Clinical

Biochemistry, Haukeland University Hospital, Bergen, Norway;

Laboratoire de Biologie Polyvalente, Hôpital

de la Chartreuse, Villefranche- de-Rouergue, France; Division of Biochemistry, The Ottawa Hospital, Ottawa, ON, Canada;

The Norwegian Quality Improvement of Laboratory Services in Primary Care (NOKLUS), Department of Public Health and Primary Health Care, University of Bergen, Bergen, Norway; Department of Clinical Chemistry, Atrium Medical Centre, Heerlen, the Netherlands

Obiettivi. Valutare se le raccomandazioni delle linee guida relative all’automonitorag- gio glicemico nei pazienti diabetici non insulino-dipendenti seguono i principi della medicina basata sull’evidenza.

Metodi. A seguito di una ricerca dal 1999 al 2011, sono state incluse nello studio 18 linee guida usate nella pratica clinica. Le raccomandazioni relative all’automonitorag- gio glicemico sono state classificate secondo una scala da uno (decisamente contra- rie all’automonitoraggio) a quattro (decisamente a favore dell’automonitoraggio) e confrontate con le conclusioni analogamente classificate di revisioni sistematiche che erano citate nelle stesse linee guida usate nella pratica clinica. Abbiamo anche valu- tato come le caratteristiche delle linee guida di pratica clinica, per esempio le fonti di finanziamento e la qualità della bibliografia citata, potessero essere correlate alle rac- comandazioni delle linee guida.

Risultati. Le linee guida usate nella pratica clinica hanno citato un totale di 15 ras- segne sistematiche, 14 studi randomizzati controllati, 33 studi non randomizzati con- trollati e 18 linee guida usate nella pratica clinica o dichiarazioni di posizione. Le rac- comandazioni delle linee guida di pratica clinica hanno avuto un punteggio medio di 3,4 (range 2,0-4,0). Punteggi maggiori sono stati raggiunti da linee guida di pratica clinica a cui è stato riconosciuto un finanziamento del settore (valore medio 4,0) o rila- sciate da organizzazioni dipendenti da finanziamenti privati (valore medio 3,6 vs 3,0 per i finanziamenti statali). Le conclusioni delle 15 revisioni sistematiche hanno avuto un punteggio medio di 2,2 (range 1,0-3,8). Revisioni sistematiche con punteggi infe- riori sono state citate di meno. In totale, nelle revisioni sistematiche sono stati inclusi 21 studi randomizzati controllati. Approssimativamente metà di questi ha valutato che l’intervento educazionale non poteva essere chiaramente isolato dall’automonitorag- gio della glicemia.

Conclusioni. Le linee guida usate nella pratica clinica erano più favorevoli all’auto-

monitoraggio che non le revisioni sistematiche che erano citate nelle stesse linee

guida. La citazione in pratica non era sistematica e il finanziamento dell’industria

apparentemente ha portato a un atteggiamento più positivo verso l’automonitorag-

gio glicemico.

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Dalla Letteratura 94

Relazione fra riduzione di escrezione urinaria di albumina e mortalità cardiovascolare a dieci anni in pazienti con diabete di tipo 2 e ipertensione sistemica Am J Cardiol 2012 Mar 20.

[Epub ahead of print]

Estacio RO, Dale RA, Schrier R, Krantz MJ

Colorado Prevention Center, Denver, Colorado; Department of Medicine, University of Colorado, Denver, School of Medicine, Denver, Colorado; Denver Health Medical Center, Denver, Colorado

La microalbuminuria è uno dei maggiori predittori sia di malattia renale sia di malattia cardiovascolare (cardiovascular disease, CVD) in pazienti con diabete mellito di tipo 2.

Nonostante la misurazione dell’escrezione urinaria di albumina (urinary albumin excretion, UAE) sia largamente raccomandata, sono limitati i dati che indicano che la riduzione dell’UAE si traduca in una riduzione della mortalità cardiovascolare a lungo termine, particolarmente fra i pazienti senza nefropatia conclamata, che costituisco- no la maggior parte dei pazienti con diabete di tipo 2.

Abbiamo valutato se variazioni in UAE a un anno si associassero a mortalità cardio- vascolare in 393 pazienti con ipertensione e diabete di tipo 2 per un periodo di 10 anni. All’analisi univariata storia di CVD, età, durata del diabete e variazioni un UAE a un anno erano associate a rischio di mortalità cardiovascolare (hazard ratio 2,60 per storia di CVD, intervallo di confidenza IC al 95% 1,47-4,62; hazard ratio 1,59 per diabete di 10 anni, IC al 95% 1,12-2,25; e hazard ratio 1,49 per aumento logaritmico di UAE, IC al 95% 1,13-1,96). In un modello di regressione di Cox che includeva UAE al basale e storia di CVD, la predizione di mortalità a 10 anni di colo- ro con abbassamento di UAE di 2 logaritmi a un anno era del 4,7% (IC al 95%

1,4-7,8); per quelli con un aumento di UAE di 2 logaritmi a un anno era del 24,5%

(IC al 95% 10,1-36,5).

In conclusione, questi dati avvalorano le attuali raccomandazioni delle linee guida per lo screening di UAE in tutti i pazienti con diabete di tipo 2, anche in assenza di nefro- patia, e suggeriscono che misurazioni seriali di UAE, anche dopo l’inizio della terapia antipertensiva, abbiano un valore prognostico indipendente dai tradizionali fattori di rischio cardiovascolare.

Implicazioni cliniche degli effetti pleiotropici cardiovascolari protettivi degli inibitori

della dipeptidil-peptidasi 4 Am J Cardiol 2012 Mar 15.

[Epub ahead of print]

Gli inibitori della dipeptidil-peptidasi 4 (DPP-4) sono nuovi farmaci per il trattamen- to del diabete mellito di tipo 2. Essi esercitano la loro azione attraverso l’inibizione del catabolismo delle incretine secrete localmente, quali il peptide 1 glucagone- simile (glucagon-like peptide-1, GLP-1) e il polipeptide insulinotropo glucosio- dipendente (glucose-dependent insulinotropic polypeptide, GIP), inibendo l’enzima DPP-4. GLP-1 e GIP sono secreti dal tratto gastrointestinale in risposta all’assun- zione di cibo. GLP-1 è secreto dalle cellule L presenti a livello della mucosa del pic- L’effetto dell’adesione a linee

guida e la gestione dei Centri Specialistici Diabetologici di riferimento sulla morbilità e mortalità del diabete PLoS ONE 7(4):e33839.

doi:10.1371/journal.pone.0033839 Giorda C

1

, Picariello R

2

, Nada E

3

, Tartaglino B

3

, Marafetti L

1

, Costa G

2,4

, Gnavi R

2

1

Servizio Dipartimentale di Malattie Metaboliche e Diabetologia, ASL Torino 5, Chieri (TO);

2

Servizio di Epidemiologia, ASL Torino 3, Grugliasco (TO);

3

Associazione Chaira Medica, Chieri (TO);

4

Dipartimento di Salute Pubblica, Università degli Studi di Torino, Torino

Nonostante la consapevolezza che il diabete sia un problema sanitario importante, le prove dell’impatto dell’assistenza e dell’organizzazione, così come dell’adesione alle linee guida raccomandate sulla morbilità e mortalità del diabete sono ancora scarse.

Abbiamo identificato i diabetici residenti a Torino dal primo gennaio 2002 utilizzando quali fonti dati multipli indipendenti. Abbiamo raccolto dati su diversi test di laborato- rio ed esami specialistici per confrontare l’assistenza dei MMG (medici di medicina generale) con la cura dei Centri Specialistici Diabetologici e usato un indicatore di qualità della cura basato sulle linee guida di screening esistenti (GCI). Abbiamo poi eseguito una valutazione statistica (regressione multipla) per identificare le associazio- ni di questi fattori con la mortalità e la morbilità cardiovascolari durante 4 anni di fol- low-up.

I pazienti con il punteggio più basso di qualità delle cure (per esempio trattati solo con cura primaria senza GCI) avevano peggiore RR di mortalità per tutte le cause (1,72;

IC al 95% 1,57-1,89), cardiovascolare (1,74; IC al 95% 1,50-2,01) e cancro (1,35; IC al 95% 1,14-1,61) se confrontati con quelli con la migliore qualità delle cure.

Mostravano inoltre un più alto RR di incidenza per eventi cardiovascolari maggiori fino a 2,03 (IC al 95% 1,26-3,28) per amputazioni agli arti inferiori.

Ricevere cure specialistiche aumenta di per sé la sopravvivenza, ma è molto più effi- cace se combinato con GCI; l’implementazione delle linee guida è emerso come un fattore di grande influenza sulla prognosi.

Concludiamo che la gestione dei pazienti diabetici con un percorso basato su

entrambi i livelli assistenziali, MMG e Centro Specialistico, è associata a un impatto

positivo sull’incidenza di mortalità per tutte le cause e per quella cardiovascolare, a

condizione che vengano implementate le linee guida.

(3)

Dalla Letteratura 95

Chrysant SG, Chrysant GS Oklahoma Cardiovascular &

Hypertension Center and the University of Oklahoma College oh Medicine, Oklahoma City, Oklahoma

colo intestino e del colon, mentre GIP è secreto dalle cellule K del digiuno. Queste due incretine, attraverso la stimolazione del rilascio di insulina dalle cellule beta del pancreas, abbassano la glicemia a digiuno e postprandiale, aumentando così l’in- sulino-sensibilità, rallentando lo svuotamento gastrico, diminuendo l’apporto di cibo stimolando una sazietà precoce e causando così una perdita di peso a lungo ter- mine. Tuttavia la loro azione è di breve durata (2-3 minuti) per via del catabolismo determinato dall’enzima DPP-4.

L’importanza degli inibitori del DPP-4 sta nella loro capacità di bloccare l’enzima DPP-4 portando a un’inibizione del catabolismo delle incretine e quindi a un aumento del loro livello nel sangue, allungando la durata della loro azione e aumen- tando il loro effetto ipoglicemico. Oltre alla loro azione nel controllare la glicemia, esperimenti recenti e studi clinici hanno dimostrato un loro effetto pleiotropico car- diovascolare protettivo indipendente dalla loro azione sulla glicemia. Prevengono l’aterosclerosi, migliorano la disfunzione endoteliale, abbassano la pressione e pre- vengono le lesioni del miocardio. In questa rassegna vengono prese in esame tutte queste azioni.

In conclusione, gli inibitori del DPP-4 sono nuovi antidiabetici che, oltre a svolgere

azione ipoglicemica, hanno effetti pleiotropici cardiovascolari protettivi.

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