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PPIIAANNOO EENNEERRGGEETTIICCOO CCOOMMUUNNAALLEE

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(1)

Comune di Medicina

Provincia di Bologna

PI P I AN A NO O E E N N E E R R GE G E T T I I CO C O C CO O MU M U NA N AL LE E

Rapporto ambientale

Adozione del C.C. n. ___. del ______________

Approvazione del C.C. n. ___. del ______________

Il Dirigente Il Sindaco

Area Gestione del Territorio Onelio Rambaldi

Ing. Giulia Angelelli

Il Responsabile scientifico Il Segretario Comunale

Prof. Leonardo Setti Dott.ssa Cinzia Giacometti

Università di Bologna

Dipartimento Chimica Industriale

Medicina, lì 5 dicembre 2013

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Responsabile del progetto:

Leonardo Setti (Università di Bologna)

Dipartimento di Chimica Industriale “Toso Montanari” – Università di Bologna Viale Risorgimento, 4 – 40136 Bologna

Tel: 051 2093672

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 3

INDICE

Pag

Premessa 4

Introduzione 5

Sintesi del piano energetico comunale del Comune di Medicina 7 Valutazione degli ambiti di riferimento per il piano 10

Diagnosi del contesto ambientale 10

Gli indicatori di valutazione ambientale 17

Risultati attesi dal Piano Energetico Comunale 18

Impatto ambientale e valutazione strategica degli impianti di biomassa

per la produzione di energia da fonte rinnovabile 21 Impatto ambientale e valutazione strategica delle piattaforme

fotovolatiche per la produzione di energia da fonte rinnovabile 39

Analisi SWOT di valutazione ambientale 41

Valutazione di coerenza degli obiettivi 44

Valutazione di coerenza con i piani energetici di riferimento Networking e sistema di monitoraggio

44 48

Valutazione di coerenza ambientale interna 50

(4)

RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 4

PREMESSA

Le Valutazioni Ambientali strategiche (VAS), com’è noto, supportano le decisioni inerenti i processi di pianificazione e di programmazione. Il ruolo del rapporto ambientale, che accompagna la proposta di piano, è quello di illustrare la valutazione degli effetti ambientali del piano d’azione.

Questo rapporto ambientale è stato redatto sulla base delle linee guida emanate dalla ARPA Emilia-Romagna (Progetto AGIRE) che consiste nella specificazione del disegno di valutazione attraverso: quesiti su specifici aspetti ambientali, esempi di attività da condurre e descrizione di possibili prodotti dell’attività di valutazione.

Il rapporto ambientale è quindi basato su una serie di domande a cui è necessario rispondere e che si fondano su quattro capitoli principali:

1. Valutazione degli ambiti di riferimento per il piano

2. Valutazione della coerenza ambientale degli obiettivi del piano 3. Valutazione degli effetti ambientali del piano

4. Controllo ambientale del piano

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 5

INTRODUZIONE

Il Piano Energetico del Comune di Medicina è stato sviluppato per ottemperare alle direttive comunitarie del Pacchetto Clima-Energia 20/20/20 sia per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di anidride carbonica che per quanto riguarda la produzione di energia da fonte rinnovabile. Il Piano è basato su un sistema integrato di gestione dell’energia al fine di integrare tutte le azioni atte alla riduzione dei consumi energetici, alla produzione di energia da fonte rinnovabile micro-distribuita sul territorio ed alla riduzione dei gas clima-alteranti.

Il Piano è stato sviluppato secondo le procedure adottate per una corretta Valutazione Ambientale Strategica ex-ante attraverso un’analisi dei fattori di forza, dei fattori di debolezza, delle opportunità e dei rischi (anche conosciuta come analisi SWOT) secondo quanto previsto dall’articolo 6 della Legge Regionale 26/2004 e dall’articolo 4 della Legge Regionale 20/2000. Dall’analisi del quadro conoscitivo riportata nel Piano, è emersa una valutazione delle strategie e delle priorità.

Il Piano Energetico non contempla la realizzazione di specifici impianti da fonte rinnovabile, anche se non sono esclusi in prospettiva lo sviluppo di impianti medio- grandi che saranno comunque soggetti a specifiche valutazioni ambientali strategiche.

In questo contesto l’eventuale sviluppo delle Comunità Solari Locali, quale strumento per l’ampia diffusione del Piano Energetico Comunale, ha come obiettivo quello di costituire le basi per la creazione di un nuovo Sistema di Gestione Integrata dell’Energia a livello locale.

Su questa base questo Piano Energetico si differenzia da quelli generalmente sviluppati a livello della Regione Emilia-Romagna a valle della Legge Regionale 26/2004 in cui venivano riportate le strategie per realizzare veri e propri impianti ben specificati atti a ridurre le emissioni dell’Ente Locale con particolare riferimento ai consumi della pubblica amministrazione. Differente risulta quindi la Valutazione Ambientale Strategica di un piano energetico in cui sono previste le realizzazioni di importanti impianti da fonte rinnovabile come parchi eolici, grandi parchi fotovoltaici piuttosto che impianti alimentati a biomasse collegati ad importanti reti di teleriscaldamento e quella di un PEC finalizzato allo sviluppo di un sistema di gestione dell’energia mirato all’incentivazione di piccoli impianti per cui non sono richieste particolari valutazioni di impatto ambientale.

La scelta degli indicatori di valutazione è stata fatta in funzione degli obiettivi di sviluppo sostenibile assunti dal Piano siano essi ambientali, economici e sociali.

Per questo motivo il Bilancio Energetico del Comune di Medicina ha utilizzato un numero ristretto di indicatori ambientali per descrivere ciascun obiettivo di sviluppo sostenibile del Piano tra cui i principali:

1. Emissioni di anidride carbonica 2. Consumi di energia

3. Intensità energetica

4. Energia rinnovabili in rapporto al consumo interno lordo e al consumo finale lordo

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 6 Gli obiettivi assunti dal Piano sono stati sviluppati e valutati in merito alla loro coerenza interna ed esterna.

Gli indicatori scelti sono rappresentativi (direttamente e indirettamente) dei principali effetti a livello locale del Piano in funzione della traiettoria indicativa prevista al 2020 come da Direttive Europee 28/2009 e 27/2012 riguardanti gli obiettivi in termini di energie rinnovabili e di riduzione dei consumi. Gli indicatori ambientali sono stati inoltre calibrati rispetto ai decreti attuativi che recepiscono tali direttive e coniugano gli obiettivi su scala locale (Decreto Legislativo “Burden Sharing” del 15 Marzo 2012 e Decreto Legislativo n.63 del 4 Giugno 2013).

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 7

SINTESI DEL PIANO ENERGETICO COMUNALE DEL COMUNE DI MEDICINA

Il Piano Energetico si pone come obiettivo primario la progressiva riduzione delle emissioni di anidride carbonica attraverso la creazione di un mercato locale legato alla Green Economy.

Sono stati delineati due scenari per un piano di programma nel breve (2020) e nel medio-lungo (2030-2050). Il piano di programma al 2020 è basato su una decina di azioni ben programmabili sia rivolte alla riduzione dei consumi che all’implementazione dell’energia prodotta da fonte rinnovabile.

L’elemento di coordinazione di tutte le azioni sarà strettamente legato allo sviluppo di un sistema integrato di gestione dell’energia che avrà compiti di indirizzo, di raccordo, di monitoraggio e di sostegno finanziario attraverso capitoli di spesa pubblica e privata.

Nell’ambito di una gestione integrata dell’energia, tali obiettivi verranno declinati secondo un sistema gerarchico di azioni atte a ridurre progressivamente l’emissione di gas serra nell’atmosfera fino ad una percentuale tecnicamente ed economicamente sostenibile rispetto al 2008 quale obiettivo primario secondo quanto richiesto dal Pacchetto Clima-Energia della Comunità Europea e dalle linee guida del Patto dei Sindaci. Il PEC ovviamente raccoglierà al suo interno tutte le linee di indirizzo nazionale e regionale specialmente nell’ambito delle linee di indirizzo per la qualificazione energetica degli edifici e la realizzazione degli impianti da fonte rinnovabile.

Obiettivi del piano energetico comunale

Il PEC nel suo scenario a medio-lungo termine intende fornire il raggiungimento di una quota energetica rinnovabile in grado di garantire la sicurezza al mantenimento di uno stato sociale sostenibile.

L’obiettivo del piano d’azione per l’energia sostenibile è quello di soddisfare i requisiti di riduzione delle emissioni di gas serra così come richiesto dalle linee guida per il Patto dei Sindaci.

Le azioni sono declinabili secondo le linee di indirizzo principali di un sistema integrato di gestione dell’energia:

 Prevenzione dei consumi

 Energie rinnovabili in micro-generazione distribuita

 Acquisti verdi d energia

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 8 Le principali linee di indirizzo vengono di seguito elencate:

1. Prevenzione dei consumi ovvero riduzione dei consumi finali del 20% rispetto a quelli del 2005:

a) Educazione al risparmio di energia riducendo gli sprechi ovvero una campagna culturale e formativa sull’utilizzo dell’energia

b) Allacciamento della lavatrice e della lavastoviglie all’acqua calda sanitaria ed elettrodomestici a basso consumo: riduzione del consumo di energia elettrica c) Eliminazione dei boiler elettrici ove possibile: riduzione dell’energia elettrica d) Installazione di caldaie ad alta efficienza: riduzione di energia termica

e) Coibentazione degli edifici: riduzione di energia termica nel residenziale ed energia elettrica nell’industriale/terziario

f) Installazione pompe di calore per riscaldamento e raffrescamento nel settore industriale/terziario

g) Sostituzione di auto a benzina e gasolio con auto a metano 2. “Riciclo dell’energia” ovvero l’utilizzo di energia da fonte rinnovabile:

a) Installazione di 4 mq di solare termico a basso temperatura in ogni famiglia per coprire l’80% del fabbisogno di acqua calda sanitaria

b) Installazione di caldaie automatiche a pellets ad alta efficienza da 20-500 kW ad uso domestico auspicabilmente collegate a reti di micro-teleriscaldamento c) Installazione di 2 kWp di impianto fotovoltaico in ogni famiglia per coprire

l’80% del fabbisogno medio di energia elettrica

d) Conversione e/o razionalizzazione degli attuali impianti per la produzione di biogas al fine di favorire la nascita di una filiera sostenibile adatta alla produzione di biometano da immettere nella rete di distribuzione del gas naturale

3. Acquisti verdi di energia:

a) Consorzi di acquisto per settore terziario/industriale b) Gruppi di acquisto solidale per residenziale

La complessità di queste azioni e la necessità di una loro forte integrazione necessita di una interfaccia amministrazione/cittadino in grado di monitorare puntualmente i consumi e la loro variazione.

Gli obiettivi da raggiungere necessitano di una programmazione ben definita, riproducibile e sostenuta da un punto di vista finanziario.

L’aspetto finanziario è oggi il più critico in quanto legato alle scelte del Governo Nazionale o di quello Regionale. Occorre quindi sviluppare un sistema di

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 9 autofinanziamento locale in grado di sostenere indipendentemente l’azione dell’ente pubblico.

L’istituzione della Comunità Solare Locale rappresenta quindi l’idea di costituire un gruppo di cittadini e/o imprese che volontariamente intendono sostenere economicamente il programma dell’ente locale ottenendone i privilegi conseguenti.

Il Piano d’Azione presenta quattro particolari elementi che potrebbero richiedere una particolare attenzione nell’ambito di una valutazione ambientale strategica:

 le piattaforme fotovoltaiche di quartiere

 gli impianti per la produzione locale di biomasse solide derivanti da gestione del verde pubblico/privato e/o del sottobosco per la produzione di pellet e/o cippato

 installazione di caldaie piccole/medie per alimentare il riscaldamento residenziale con eventuale piccole linee di teleriscaldamento su scala di quartiere

 realizzazione di impianti per la produzione di biometano, cioè biogas purificato della componente di anidride carbonica, avente una concentrazione di metano del 95-98% in grado di poter essere immesso nella rete di distribuzione del gas naturale

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 10

VALUTAZIONE DEGLI AMBITI DI RIFERIMENTO PER IL PIANO

Diagnosi del contesto ambientale

La valutazione degli ambiti di riferimento per il piano sono stati particolarmente approfonditi nelle relazioni tecniche relative alla pubblicazione del Piano Strutturale Comunale del Comune di Medicina il cui documento di rilevante interesse risulta il

“Quadro conoscitivo – Sistema ambientale – Volume 2”.

La diagnosi del contesto ambientale deve fare particolare riferimento alla Rete Natura 2000. Natura 2000 è una rete di "siti di interesse comunitario", creata dall’Unione europea per la protezione e la conservazione degli habitat e delle specie, animali e vegetali, identificati come prioritari dagli Stati membri dell'Unione europea.

I siti appartenenti alla Rete Natura 2000 sono considerati di grande valore in quanto habitat naturali, in virtù di eccezionali esemplari di fauna e flora ospitati. Le zone protette sono istituite nel quadro della cosiddetta "direttiva Habitat", che comprende anche le zone designate nell'ambito della cosiddetta "direttiva Uccelli".

La costituzione della rete ha l'obiettivo di preservare le specie e gli habitat per i quali i siti sono stati identificati, tenendo in considerazione le esigenze economiche, sociali e culturali regionali in una logica di sviluppo sostenibile. Mira a garantire la sopravvivenza a lungo termine di queste specie e habitat e mira a svolgere un ruolo chiave nella protezione della biodiversità nel territorio dell'Unione europea.

La Rete Natura 2000 è costituita dalle Zone di Protezione Speciale (ZPS) designate ai sensi della direttiva n. 79/409/CEE e dai Siti di Importanza Comunitaria, individuati ai sensi della direttiva n. 92/43/CEE che diverranno Zone Speciali di Conservazione in seguito alla definitiva designazione. Con delibera di Giunta regionale n.893 del 2 luglio 2012, la Regione Emilia-Romagna ha incrementato la superficie territoriale tutelata nell'ambito di Rete Natura 2000, il sistema integrato con le aree protette Parchi e Riserve destinato alla conservazione degli habitat e delle specie vegetali e animali più rare e minacciate, per quasi 3000 ettari. Complessivamente la rete registra un incremento di 4778 ettari vigente da subito, mentre le riduzioni saranno formalmente adottate solo in seguito a ratifica da parte del Ministero dell'Ambiente e della Commissione Europea.

In base a questo sono stati individuati i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) destinati a divenire, a seguito della loro elezione da parte dell’Unione Europea, le ZSC che costituiranno l’insieme di aree della Rete Natura 2000, rete per la conservazione del patrimonio naturale europeo.

Dal riepilogo degli studi sull’habitat derivati dall’uso sostenibile del territorio e della percentuale di aree protette riportati nel “1° Rapporto sulla Sostenibilità della Provincia di Bologna – 2004” è stato rilevato l’elevato patrimonio naturale presente in Provincia di Bologna che è stato suddiviso in numerose Aree Protette. Il Piano d’Azione Ambientale europeo ha individuato nella rete Natura 2000 la strategia prioritaria per la protezione

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 11 del capitale naturale mettendo in evidenza l’importanza del suolo come risorsa essenziale ai fini della salvaguardia della biodiversità dei siti protetti. La rete è stata quindi ampliata in modo da includere circa il 17% del territorio complessivo dell’Unione europea. In area metropolitana, nel 2006, l’estensione delle aree protette era di circa 27mila ettari ripartiti su 6 parchi regionali, 2 parchi provinciali, 2 riserve naturali e 13 aree di riequilibrio ecologico mentre, nel 2011, la superficie delle aree protette è salita a circa 40mila ettari ripartiti in 48 siti. Complessivamente le aree protette sono passate dal 7,4% del territorio nel 2006 all’attuale 11% non ancora in linea con l’obiettivo dell’Unione europea. Le aree SIC sono prevalentemente concentrate, in conseguenza della distribuzione degli ambienti a maggiore naturalità e di maggiore valore, lungo la fascia appenninica.

Aree inserite nella Rete Natura 2000 della Provincia di Bologna (fonte: Provincia di Bologna)

L’elenco dei siti è stato sancito con D.M. 03/04/2000 n.65 e successivamente ampliato con deliberazione del Consiglio regionale n.1242/02 e con deliberazione della Giunta regionale n.167/06 e 456/06.

Le Zone di Protezione Speciale (ZPS) sono state, invece, sancite dallo stesso decreto ministeriale ma successivamente ampliate con deliberazione del Consiglio regionale n.1816/03.

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 12 Le Zone Speciali di Conservazione (ZPS) sono state designate nei siti in cui sostano o nidificano le specie elencate nell'allegato I della direttiva, il cui scopo è quello di conservare gli habitat in cui tali specie compiono le diverse fasi del loro ciclo biologico.

Tali aree sono state localizzate prevalentemente nella zona di pianura caratterizzate dai principali corsi d’acqua come nel caso del Comune di Medicina.

Il Comune di Medicina è un tipico territorio della pianura padana che si presenta completamente pianeggiante (m.25 s.l.m.) e solcato da diversi torrenti e scoli che scendono dalle vicine colline (Torrenti Idice, Quaderna, Gaiana, Canale di Medicina, Sillaro, Garda, Fossatone) per confluire nelle valli a ridosso del fiume Reno (ex Po di Primaro).

La zona a sud, presso l'asse "San Vitale", è caratterizzata da un più intenso insediamento e da aziende agricole a conduzione diretta; a nord della statale e del Canale Emiliano Romagnolo, prevalgono le zone a più estesa coltivazione: "le larghe", un tempo aree vallive poi bonificate.

In quest'ultima fascia di territorio, percorsa dai corsi d'acqua, restano zone umide (valli, casse di espansione, stagni) aventi sia un valore storico-ambientale unico nella pianura bolognese sia un rilevante ruolo di interesse economico, culturale e turistico in via di ulteriore valorizzazione, prima fra tutte l'Oasi naturale del Quadrone, una tipica area rinaturalizzata di circa 70 ettari, e la Valle della Fracassata, un'antica cassa di espansione per l'alimentazione delle risaie attiva fino alla metà del XX secolo.

Questo rinnovato mosaico ambientale favorisce la diversità biologica e distingue l'area come luogo di sosta, di alimentazione e di nidificazione di una ricca avifauna.

Rappresentazione cartografica dei biotopi più rappresentativi (fonte: PSC del Circondario Imolese)

Attraverso il Piano per la conservazione e il miglioramento degli spazi naturali ed il Progetto “ECOnet”, la Provincia di Bologna ha messo a punto metodologie ed indirizzi per la creazione di reti ecologiche, partendo dall’analisi del progressivo impoverimento del paesaggio e della biodiversità che caratterizza alcune zone del territorio, ed in particolare della pianura. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) ha

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 13 inserito, tra le azioni per l’attuazione di politiche di tutela e valorizzazione del sistema rurale ed ambientale, la realizzazione di interventi di miglioramento degli spazi naturali e semi-naturali esistenti e di loro interconnessione tramite reti ecologiche, prevedendone la realizzazione negli strumenti di pianificazione comunale. Tuttavia la presenza di grandi aree coltivate e zone urbanizzate genera una frammentazione degli ecosistemi che impedisce interscambi tra le varie aree protette determinandone inevitabilmente un impoverimento.

L’unico nodo complesso della rete ecologica locale è costituto dalle aree protette e dall’unica riserva naturale speciale istituita con Delibera del Consiglio Regionale n.172 del 14/11/1990 che è ampiamente descritto nel quadro conoscitivo del PSC del Comune di Medicina.

Nel documento di Piano Strutturale Comunale, sono stati rilevati e commentati i seguenti nodi semplici dello stato della rete ecologica:

I Nodi segnalati dal PTCP sono stati individuati all’interno dell’abitato del Comune. La rete ecologica è costituita da un reticolo di corridoi ecologici di primo e secondo livello, costituito da fiumi e canali, su cui sono state inserite le aree protte con funzione di stepping stone (guadi) e altre, agli incroci tra corridoi, con funzione di gangli.

Mappa dell’utilizzo del reticolo idrografico del Comune di Medicina (fonte: PSC del Circondario Imolese)

Le aree di suolo non coperte da questo patrimonio sono occupate da suolo coltivato per attività agricola che è sostanzialmente incentrata su colture erbacee estive, autunno-

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 14 vernine e poliennali più o meno equamente distribuite come si evince sia dalle mappe di sensibilità che dal censimento delle aziende agricole riportato nel quadro conoscitivo del PSC.

Mappa dell’utilizzo del suolo del Comune di Medicina (fonte: PSC del Circondario Imolese)

Nel territorio del Circondario sono presenti 4111 aziende agricole con una superficie totale di 63582 ettari dei quali 50366 costituiscono la superficie agricola utilizzata (SAU). Il valore medio della SAU per azienda è par a 15,5 ettari: i cereali vengono coltivati soprattutto a Imola, Castel San Pietro e Medicina, gli alberi da frutto, quali albicocco e il pesco, sono distribuiti per la maggior parte a Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Imola, solo la vite viene coltivata in maniera diffusa anche a Castel San Pietro, Dozza e Mordano. Per la zootecnia, nel Circondario sono presenti 23520 capi tra bovini, suini, ovini, cunicoli, equini e asini. Le più diffuse sono le aziende che allevano suini a Dozza, mentre gli ovini sono localizzati nelle zono montane del territorio.

Tipologia di sfruttamento agricolo del suolo (ha) (fonte: PSC del Circondario Imolese)

Capi allevati e densità di allevamento (fonte: PSC del Circondario Imolese)

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 15

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 16

GLI INDICATORI DI VALUTAZIONE AMBIENTALE

Gli indicatori di Valutazione Ambientale utilizzati rispondono quindi alle seguenti domande relative all’impatto dello stesso Piano a livello locale secondo il medesimo approccio utilizzato per la valutazione ambientale strategica del Piano Energetico Regionale 2007-2010 redatto da dall'ARPA Emilia-Romagna nel 2002 quale unico documento di riferimento a livello regionale:

Il Piano contribuisce al perseguimento degli impegni nazionali per la riduzione dei gas serra secondo quanto previsto dal Pacchetto Clima Energia della Comunità Europea?

Il Piano assicura condizioni di compatibilità ambientale, sicurezza sociale del sistema energia anche con la sostituzione e l’adeguamento degli impianti esistenti?

Il Piano promuove il risparmio energetico e l’uso razionale dell’energia al perseguimento degli impegni nazionali per la riduzione dei gas serra secondo quanto previsto dal Pacchetto Clima Energia della Comunità Europea?

Il Piano migliora le prestazioni del sistema energetico comunale?

Il Piano promuove la competitività del sistema energetico comunale?

Il Piano promuove lo sviluppo di un tessuto industriale locale a supporto del sistema energetico locale?

Il Piano valorizza e sviluppa le fonti rinnovabili?

Il Piano assicura condizioni ambientali di compatibilità ambientale, sicurezza sociale del sistema energia?

Il Piano tutela il consumo di energia?

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 17

RISULTATI ATTESI DAL PIANO ENERGETICO DEL COMUNE DI MEDICINA

Il piano di programma è stato sviluppato tenendo conto delle reali possibilità del territorio cercando di far prevalere le opportunità di crescita economica e dell'occupazione nell'ambito dei Green Jobs.

La Comunità Solare Locale è stata impostata con una forte azione perequativa di micro- distribuzione delle risorse.

Il piano di programma è stata esteso al 2020 e verrà rendicontato annualmente con scadenze di reindirizzo ogni biennio cominciando dall'anno 2014 secondo quanto richiesto dalla direttiva europea 28/2009.

La baseline delle emissioni così come il bilancio energetico di riferimento è stato inventariato per l’anno 2008 seguendo le linee di indirizzo previste dal Patto dei Sindaci.

I risultati attesi al 2020 sono stati così riassunti:

-5381 -1462

-6,8 % Consumo di energia

-1077 -192

-719 -270

-2397

-733

33,8 % -41653 8896

FER

-57,8 % Emissioni CO2

OBIETTIVI PER UN PIANO ENERGETICO INTEGRATO AL 2020

TEP Riqualificazione energetica TEP Efficienza energetica

Risparmio energetico TEP

TEP FER

ton CO2 ton CO2 ton CO2

ton CO2

Raccolta differenziata RSU ton CO2

Forestazione urbana ton CO2

Trasporti ton CO2

In cui i macro-indicatori prevedono:

1. Riduzione delle emissioni di anidride carbonica del 57,8% rispetto al 2008 2. Riduzione dei consumi finali lordi del 6,8% rispetto al 2008

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 18 3. Energia rinnovabile prodotta sul territorio del 33,8% su consumo finale lordo al

2020

Comunità Solare Locale

Il piano di programma presenta obiettivi minimi legati ad uno studio di fattibilità per la costituzione della Comunità Solare Locale che, coinvolgendo fino al 20% della popolazione e delle imprese residenti, rappresenta un possibile strumento di incentivazione locale per poter raggiungere gli obiettivi del piano, delineati dalla traiettoria indicativa. La mancata realizzazione di un progetto locale di sostegno economico lascia qualsiasi azione del piano energetico alla mercé delle linee di incentivo nazionale. Il Conto Energia così come le detrazioni fiscali sulle riqualificazioni energetiche sono infatti degli stimoli nazionali sui quali un ente locale può difficilmente fondare un piano a lungo termine.

Prevenzione dei consumi

Il programma di riduzione dei consumi al 2020 prevede una riduzione di energia primaria di 1924 TEP rispetto ai 28.255 TEP del Consumo Finale Lordo del Comune cioè il 6,8%. L’azione preponderante per la riduzione dei consumi è legata al risparmio energetico che dovrebbe incidere per il 76% del risultato atteso. Tale obiettivo è quindi perseguibile attraverso una forte campagna di educazione alla riduzione degli sprechi.

E’ certamente l’azione che meno impatta sugli investimenti economici del privato ma impegna notevoli risorse amministrative

Le riqualificazioni energetiche di edifici privati (residenziale o industriale/terziario) dovrebbero incidere per il 14% (270 TEP) sul totale delle riduzioni in una logica di riqualificare il 5% del parco edilizio, residenziale e industriale. Questa riduzione potrebbe rappresentare circa 340 interventi di riqualificazione degli edifici esistenti sia agendo sul piano strutturale dell’edificio che su quello impiantistico. L’obiettivo sembra sicuramente alla portata del piano di azione del Comune in quanto, a livello regionale tra il 2006 ed il 2010 (fonte: ENEA, 2010), l’incentivo legato alle detrazioni fiscali del 55% ha permesso di riqualificare circa 100mila abitazioni cioè 1 abitazione ogni 54 abitanti (non viene fatta distinzione tra abitazione ed edificio in quanto non sono pubblicati dati in merito a tale distinzione). Sulla base di questa ipotesi, il Comune di Medicina avrebbe un potenziale ogni quattro anni di circa 302 edifici riqualificabili.

L’azione di riqualificazione degli edifici potrebbe avere un’incidenza sotto l’aspetto veicolare locale, tuttavia il numero degli interventi si può ritenere trascurabile sul complesso sistema urbano. Questa azione presenta senza ombra di dubbio l’impatto maggiore sull’investimento finanziario da parte della Comunità Locale, tuttavia rappresenta anche l’azione più strutturale sulla riduzione dei consumi termici che costituiscono circa il 66% del Consumo Finale Lordo.

L’efficientamento dei dispositivi elettrici così come l’alimentazione degli elettrodomestici con acqua calda sanitaria (lavatrici e lavastoviglie) dovrebbe incidere per l’4% (73 TEP) sul totale delle riduzioni. L’efficienza implica un basso impatto ambientale sul sistema

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 19 locale ed un relativo impegno finanziario se escludiamo la parte relativa al settore industriale.

La riduzione dei consumi riguardo all’amministrazione pubblica potrà incidere per il 2%

sul totale dell’azione. Questa operazione è la più controllabile da parte del governo locale, tuttavia costituisce anche quella meno prevedibile in quanto dipende strettamente dalla disponibilità di fondi pubblici e dalle priorità nella gestione del contingente.

Utilizzo di energia da fonte rinnovabile

Il raggiungimento di obiettivi al 2020 in questo settore sono strettamente legati ai costi delle tecnologie e alle linee di indirizzo dettate dagli incentivi nazionali. Il piano energetico comunale ha quindi distinto un trend di crescita legato alle linee di indirizzo nazionale da quello strettamente interconnesso alla costituzione della Comunità Solare Locale.

Il piano d’azione si basa su quattro voci principali:

 impianti fotovoltaici

 impianti solari termici

 impianti per la produzione di biogas

 impianti per l’utilizzo di biomasse solide.

L’energia da fonte rinnovabile produrrà direttamente sul territorio 8.896 TEP del Consumo Finale Lordo è sarà così suddivisa: 23% sarà imputabile al fotovoltaico (2.024 TEP), l’8% al solare termico (716 TEP) mentre il restante 69% alle biomasse distribuite tra biogas (5.087 TEP) e biomasse legnose ad uso riscaldamento domestico (1069 TEP).

Non è ancora valutabile la ricaduta dell’eventuale costituzione della Comunità Solare Locale e quanto questa potrà coinvolgere la popolazione. E’ evidente che se la Comunità Solare riuscirà ad aggregare nel progetto maggiori percentuali della popolazione e delle aziende locali, allora l’indice di auto-sufficienza energetica potrà essere incrementato proporzionalmente a discapito dell’energia da fonte rinnovabile importata.

La produzione di energia da fonte rinnovabile da parte dell’amministrazione pubblica a sostegno del proprio auto-consumo potrà incidere per l’2% sul totale dei risultati previsti nel Piano Energetico al 2020.

Trasporti

I trasporti costituiscono una delle voci che incide maggiormente sul Consumo Finale Lordo con il 39%. Questo dato è anche quello più problematico da contabilizzare poiché legato al traffico veicolare locale ma anche di transito. Il piano energetico ha considerato solo il parco di autotrasporti residente nel Comune trascurando tutta la parte di incidenza extra-comunale. La strategia messa in atto dal piano consiste nella progressiva sostituzione dei veicoli a benzina e gasolio con quelli alimentati a gas metano con l’intento di utilizzare quel gas metano risparmiato dall’utilizzo dell’energia

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 20 da fonte rinnovabile a livello locale. In questo modo a fronte di una riduzione della dipenda petrolifera non si ha un aumento contabile della dipendenza dal gas metano ed il bilancio energetico comunale rimane in pareggio sotto questa voce. L’incremento delle auto a gas metano inciderà sicuramente sulla qualità dell’aria e sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Le strategie legate al piano del traffico non sono state inserite nel piano energetico comunale in quanto non quantificabili in termini di bilancio energetico.

Lo scenario ottimistico al 2020 prevede un recupero di gas naturale di circa 1,4 milioni mc ovvero 1.127 TEP. Il pareggio di bilancio di consumo di gas naturale potrebbe essere mantenuto convertendo il 10% del parco automobilistico a gas metano, favorendo così una progressiva riduzione dalla dipendenza dal consumo di prodotti petroliferi come la benzina e il diesel.

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 21

IMPATTO AMBIENTALE E VALUTAZIONE STRATEGICA DEGLI IMPIANTI DI BIOMASSA PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTE RINNOVABILE

La parte più critica in una valutazione ambientale strategica del piano energetico comunale è certamente legata agli impianti di biomasse ed alla filiera conseguente.

Come si può notare dall’analisi del piano, l’energia da fonte rinnovabile prodotta a livello locale per il 69% è prevista essere da biomassa di cui il 83% dalla filiera della produzione del biogas e per il restante 17% dalla gestione delle biomasse legnose.

Oggi non è pensabile di affrontare il problema energetico nazionale, legato al raggiungimento delle direttive europee, senza un apporto del 60-70% dalle biomasse.

Infatti, la filiera delle rinnovabili in Italia è partita in ritardo e a ridosso della scadenza degli obiettivi comunitari per cui è molto complesso far si che vi possa essere velocemente una transizione culturale della popolazione in questa direzione. Ecco quindi che la costituzione di filiere locali ambientalmente ed economicamente sostenibili diventano strategiche ai fini di raggiungere gli obiettivi del 2020. Differente sarà il percorso successivo che porterà il Paese verso una completa transizione energetica in cui le energie rinnovabili copriranno l’80-90% del fabbisogno complessivo dove il fotovoltaico, il solare termico e l’eolico giocheranno il ruolo preponderante.

In questo capitolo si analizzeranno le valutazioni ambientali strategiche proprio di queste due azioni previste.

Filiera per la produzione di biogas

Fare una valutazione ambientale strategica ex-ante di questa filiera non è semplice in quanto il quadro nazionale è necessariamente in completa evoluzione dovendo recepire alcune linee di indirizzo già in essere in tutti i Paesi europei che porteranno all’immissione del biogas purificato a biometano direttamente nella rete di distribuzione del gas naturale.

Oggi, il mercato del biogas e le condizioni normative su scala nazionale favoriscono la realizzazione di impianti aventi dimensioni medie tali da non eccedere 1 MW di potenza elettrica. Questa scelta è prevalentemente dettata dai costi della tecnologia e dalla normativa relativi agli incentivi legati alla Tariffa Fissa Omnicomprensiva che remunera e norma ogni kWh di energia elettrica prodotta dall’impianto.

Il processo autorizzativo è descritto, a livello nazionale dal Dlgs 387/03 che si applica a tutti gli impianti che producono energia elettrica da fonte rinnovabile. La Regione Emilia- Romagna ha poi emanato un decreto Dlgr 1255/08 per snellire e omogeneizzare l’iter burocratico al fine di incentivare la realizzazione degli impianti:

 Per impianti con potenza inferiore a 250 kWe, la delibera regionale, in accordo con la legge 244/2007, non prevede alcuna autorizzazione alla costruzione e alla gestione dell’impianto; i questi casi viene solo richiesta la Denuncia di Inizio Attività (DIA) come riferito dal testo unico in materia edilizia (Dpr 380/01) nel rispetto delle disposizioni urbanistiche locali.

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 22

 La delibera regionale prevede procedure autorizzative semplificate anche per impianti di potenza inferiore o uguale a 1 MWe e 3 MW termici che producono energia da biogas ottenuto con biomasse non classificate come rifiuti. In base al Dlgs 152/06, inoltre, tali impianti non devono richiedere l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera (procedura che richiede la conferenza dei servizi ai sensi del 387/03), ma devono comunque rispettare i limiti di emissione previsti per gli impianti di combustione. In ogni caso si prevede che il soggetto titolare presenti tutta la documentazione allo Sportello unico del comune in cui deve essere allegata una relazione tecnica che illustri nel dettaglio la gestione e la destinazione finale del digestato per il quale la delibera fornisce linee guida utili per l’uso agronomico sulla base delle biomasse in ingresso e della vulnerabilità del terreno.

 Per impianti superiori a 1 MWe e 3 MW termici, indipendentemente dai materiali organici trattati, la procedura consiste in un autorizzazione unica da parte delle Province. Si avvale dell’istituto della conferenza dei servizi da cui l’autorizzazione viene rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano tutte le amministrazioni interessate. Gli impianti a fonti rinnovabili e le infrastrutture correlate sono considerati di pubblica utilità per cui la localizzazione degli impianti può dare luogo ad attività di esproprio.

Il progetto per la realizzazione di un impianto biogas deve tener conto di alcuni fattori che sono critici da un punto di vista della valutazione ambientale strategica:

1. Tipologia di biomassa utilizzata nel feedstock e disponibilità della biomassa sul territorio di riferimento

2. Movimentazione dei camion per il trasporto delle biomasse al biodigestore con un incremento notevole del trasporto veicolare pesante

3. Disponibilità dei terreni per lo spargimento del biodigestato in uscita dall’impianto 4. Tecnologie adeguate per il contenimento degli odori

L’autorizzazione del progetto dovrebbe tener conto di una ricognizione locale della disponibilità di biomasse derivanti dall’attività agro-alimentare o agro-industriale e della filiera zootecnica. In generale un punto di forte criticità che limita l’accettabilità sociale e strategica di questi impianti è proprio la mancanza di un progetto locale che possa coinvolgere la comunità nel suo insieme.

Alcuni esempi di condivisione locale atta a superare le criticità sopra-citate è quella derivante dal progetto avviato nel 2007 dalla Cooperativa Agrobioenergetica Territoriale di Correggio (RE) che ha coinvolto agricoltori e cantine locali per garantire sia la disponibilità di biomasse dedicate o derivanti da lavorazioni agro-alimentari che lo spargimento dei biodigestati. Un ulteriore progetto, che può costituire un esempio di riferimento, è quello relativo all’impianto di biodigestione di Monzuno (BO) che è destinato prevalentemente a smaltire i liquami provenienti da alcuni allevamenti insediati in un raggio di pochi chilometri la cui matrice di ingresso sarà integrata con insilati cerealicoli, con scarti delle produzioni agricole, con sfalci d’erba e, se possibile,

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 23 con materiale organico della raccolta differenziata. Un secondo esempio è relativo all’impianto presso l’azienda Pizzoli a Budrio (BO) destinato a utilizzare in primo luogo gli scarti, tal quali o semilavorati, della filiera pataticola in quanto la zona è particolarmente vocata e dimensionato per il recupero del calore prodotto dal motore termoelettrico ed utilizzato nelle attività di produzione. Un ulteriore esempio è quello dell’impianto co-generatico dell’azienda CLAI a Imola che viene alimentato dagli scarti della lavorazione della carne ed è anch’esso stato dimensionato per l’utilizzo del calore prodotto nell’azienda. Questi biodigestori presi ad esempio possono essere alimentati con:

 liquame zootecnico

 frazione organica provenienti da raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani

 cereale coltivato nel territorio

 oli esausti di friggitoria

 sfalci di aree verdi

 scarti agro-alimentari dal siero di latte alle vinacce

Gli aspetti critici sono legati sia alla tipologia di impianti di biodigestione che devono essere realizzati in modo tale da poter essere alimentati con diverse biomasse nell’ambito dei vincoli normativi che la legge consente. Gli impedimenti normativi non agiscono tanto per l’impiego in ingresso, quanto per la successiva destinazione del biodigestato in uscita, il quale viene ad assumere la qualifica di rifiuto da collocare in discarica, perdendo così la possibilità del suo impiego in campo come ammendante. A tal proposito stanno nascendo progetti per la stabilizzazione aerobica dei biodigestati provenienti da biodigestori alimentati con scarti e rifiuti organici; un esempio di questo tipo è rappresentato dall’impianto del Centro Agricoltura Ambiente di Crevalcore (BO).

La stabilizzazione dei biodigestati può renderli adatti allo stoccaggio in discarica o ad un eventuale utilizzo come compost.

Un ciclo chiuso di questo genere dovrà essere considerato anche per il Comune di Medicina al fine di garantire una positiva valutazione di impatto ambientale per l’eventuale realizzazione di una filiera locale per la produzione di biogas.

Il Piano prevede il consolidamento degli attuali impianti verso sistemi cogenerativi per il recupero di calore, ove possibile, oppure verso la riconversione degli stessi alla produzione di biometano. Il Piano riporta inoltre un’indicazione precisa circa la futura alimentazione di questi impianti attraverso la realizzazione di filiere locali per il collettamento e la gestione degli scarti. Tale linea di indirizzo intende prevenire uno dei più importanti punti di criticità legato alla sostenibilità economica di tutti gli impianti alimentati a biomasse dedicate dopo l’esaurimento del periodo di incentivazione. Infatti, l’eventuale chiusura degli esercizi produrrebbe un importante calo di energia prodotta da fonte rinnovabile con un conseguente deficit nel bilancio energetico del Comune.

Si deve tener conto che nel futuro prossimo, l’Italia dovrà necessariamente normare l’immissione del biometano nella rete di distribuzione del gas naturale il cui buco normativo è causa oggi di una posizione di infrazione nei confronti della Comunità

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 24 Europea. Su questa base dobbiamo quindi prevedere un nuovo sistema di incentivazione sul biometano che indurrà la realizzazione o riconversione degli impianti che saranno in grado di garantire la produzione di biometano e la sua immissione nella rete.

Da un punto di vista delle emissioni in atmosfera, il bilancio nella produzione di biogas risulta negativo e quindi implica una complessiva riduzione delle emissioni di anidride carbonica rispetto all’energia prodotta. Tuttavia, non si può dire altrettanto rispetto alle emissioni di PM2,5 e PM10 che sono strettamente legate alla gestione dell’impianto.

Una parte di queste deriverà dalla movimentazione delle biomasse sia all’atto dell’alimentazione dell’impianto che nella fase di smaltimento del biodigestato. I trasporti, infatti, possono generare un sensibile incremento delle emissioni locali, seppure compensato globalmente dal fatto che la raccolta e la movimentazione delle biomasse in campagna sarebbe comunque necessaria.

Differente è la questione legata alle emissioni al camino della centrale su cui però dobbiamo fare una serie di ipotesi:

1. centrale a biogas per la produzione di energia elettrica senza recupero di calore:

questo è il modello di centrale a biogas che si è maggiormente sviluppato nel Comune di Medicina. Una centrale da 1 MWe cioè circa 2,5 MW termici complessivi brucia circa 4 milioni di mc di biogas che corrispondono a 2 milioni di metri cubi di biometano cioè l'equivalente del gas metano (il 50% del biogas è anidride carbonica).

Tale combustione è equivalente a circa quella di 1700 caldaie domestiche (una cittadina di circa 5000 abitanti) da 25 kW ma con una differenza che il biodigestore consuma mediamente 5500 mc di gas al giorno tutto l’anno mentre le 1700 caldaie consumano mediamente circa 12 mila metri cubi di gas al giorno soltanto durante i 140 giorni invernali; anche se, in pieno inverno, avremo dei picchi da quasi 24000 metri cubi di gas al giorno. Durante i mesi estivi, da aprile a settembre, ovviamente, il rapporto si inverte e le stesse caldaie consumano mediamente circa 1700 metri cubi di gas al giorno solo per l'acqua calda sanitaria.

In pieno inverno alle 18, un comune di 1700 famiglie ha mediamente una potenza accesa di 17 MW termici quale somma di tutte le caldaie accese contemporaneamente.

Le emissioni sono concentrate d'inverno nelle case mentre sono distribuite su tutto l'arco dell'anno per il biodigestore.

Le emissioni tra caldaie e biodigestore sono dello stesso tipo e, per semplificare molto, è come se d'inverno aggiungessimo 800 famiglie in più e d'estate 12 mila in più rispetto alle 1700 che già emettono in maniera diffusa sul territorio.

In questo contesto, si può prevedere che la centrale a biogas sia effettivamente significativamente impattante nel medio-lungo termine.

2. Centrale a biogas con produzione di energia elettrica e calore a supporto dell’attività produttiva: queste centrali sono in genere alimentate con scarti della

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 25 lavorazione agro-alimentare in cui il biogas prodotto viene utilizzato per alimentare un cogeneratore dimensionato per il completo utilizzo del calore nell’ambito del processo industriale. Queste centrali sono quelle che riducono maggiormente l’impatto emissivo in quanto operano su una filiera cortissima (bassa movimentazione delle biomasse) e sostituiscono il metano che alimenta la caldaia di produzione con il biogas. In termini emissivi, al camino, il bilancio è zero in quanto è stato sostituito il combustibile con un biocombustibile mentre vi sono notevoli riduzioni in termini di anidride carbonica. Nel piano tali impianti sono stati indicati a sostegno delle attività produttive, li dove la disponibilità della biomassa di scarto è risultata quantitativamente importante.

3. Centrale a biogas per la produzione di biometano da immettere nalla rete di distribuzione del gas naturale: tali centrali in Italia non sono state realizzata a causa del buco normativo, tuttavia diventeranno strategiche nel futuro per quanto riguarda la realizzazione di filiere locali per il collettamento e la valorizzazione degli scarti organici che comprende anche la FORSU. Queste centrali sono quelle che mantengono il bilancio emissivo più prossimo allo zero, per quanto riguarda il particolato, mentre riducono notevolmente le emissioni di anidride carbonica. L’utilizzo degli scarti, infatti, rende favorevole il ciclo in quanto l’emissione di anidride carbonica del processo industriale viene scorporata dal bilancio così come il trasporto dello scarto per lo smaltimento in quanto sarebbero comunque necessari. La produzione di particolato rimane a bilancio zero in quanto il biometano andrebbe a sostituire il metano nella rete di distribuzione e quindi non vi sarebbe accumulo di emissioni in più rispetto a quello che c’è già oggi per effetto del riscaldamento domestico, industriale e dei trasporti che utilizzano questo vettore. Il Piano suggerisce quindi la riconversione nel medio termine degli impianti a biogas oggi esistenti all’alimentazione a scarti organici e alla produzione di biometano.

L’attuale situazione nel Comune di Medicina presenta 6 centrali per la produzione di energia elettrica da biogas per un totale di 7.394 MWe che producono 59 milioni di kWh/anno. I biodigestori sono prevalentemente alimentati a biomasse dedicate di tipo insilati di mais per i quali è ipotizzabile una media di 250 ettari di terreno agricolo necessari ogni MWe di potenza installata da cui un totale complessivo di 1849 ettari.

Tale quantità rappresenta il 16% dei terreni destinati a seminativi nel Comune di Medicina (ca 11.893 ettari). Tali seminativi sono prevalentemente e storicamente di tipo cerealicolo per cui non costituiscono una modifica significativa della gestione dei terreni agricoli. Si deve tenere comunque conto che la produzione di mais richiede elevati consumi di acqua per l’irrigazione rispetto ad altre colture cerealicole. Tuttavia, il Comune di Medicina è tra quelli che maggiormente utilizza l’approvvigionamento idrico nel Circondario Imolese sulla base del numero di aziende agro-zootecniche che già necessitano dell’utilizzo della risorsa acqua.

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 26 La quasi totalità delle aziende agro-zootecniche del Circondario Imolese utilizza acqua proveniente dai pozzi e dai corpi idrici superficiali. Come terza fonte di approvvigionamento si trovano i laghi naturali e/o artificiali. Le strategie di consumo che comportano un minore impatto ambientale, quali la raccolta di acque pluviali, non sono ancora molto diffuse tra le aziende del Circondario e non è per altro possibile reperire i dati sul consumo idrico totale del settore.

Relativamente all’impatto sulle emissioni atmosferiche si possono fare alcune considerazioni che non possono risultare esaustive ma permettono di elaborare alcune riflessioni rispetto alla situazione dell’anno di riferimento al bilancio energetico comunale cioè il 2008.

Nel 2008 non erano presenti gli attuali 6 biodigestori che bruciando gas metano per la produzione locale di energia elettrica hanno ovviamente incrementato l’immissione in atmosfera su scala comunale. Occorre effettuare alcune precisazioni circa la tipologia di emissioni al camino che sono strettamente dipendente dal contenuto chimico del biogas che alimenta il motore endotermico dopo le necessarie purificazioni effettuate all’uscita dall’impianto di biodigestione per allontanare le componenti solforate che danneggiano irreversibilmente il motore. Il biogas è una miscela di metano al 50%, di anidride carbonica al 40% e di vapore acqueo al 10%. Altri composti chimici rappresentano concentrazioni in parti per milione o parti per miliardi che vengono allontanati nei processi di purificazione in entrata al motore endotermico. La combustione del biogas si può quindi a tutti gli effetti equiparare a quella del gas naturale che circola nella rete nazionale di distribuzione del gas.

In base alla tipologia di biodigestori presenti sul territorio di Medicina, possiamo affermare che la produzione di circa 7 MWe sono equiparabili alla combustione di 14 milioni di mc di gas metano ogni anno rispetto ai 15 milioni di mc che sono stati contabilizzati nel bilancio energetico del 2008. E’ quindi evidente che sono state raddoppiate le emissioni complessive da gas metano sul territorio comunale. E’

Numero di aziende agro-zootecniche per tipologia di approvvigionamento (fonte: PSC del Circondario Imolese)idrico

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 27 necessario, tuttavia, far presente che i biodigestori bruciano costantemente su tutto l’arco dell’anno l’equivalente di 38356 mc di metano al giorno mentre i 15 milioni derivanti dalle attività tradizionali si possono ragionevolmente dividere in 100000 mc al giorno nei mesi invernali e 4500 mc al giorno nei mesi estivi.

Altra considerazione importante è legata alla diversa distribuzione delle fonti emissive in cui quelle legate ai camini sono distribuite in maniera puntiforme su tutto il territorio urbanizzato mentre quelle legate ai biodiigestori si localizzano soltanto in sei punti specifici.

Un secondo problema legato alle emissioni degli impianti di biodigestione è quello per la gestione dei biodigestati come ammendanti.

Il PSC del Circondario Imolese ha messo in evidenza che alcuni Comuni, e per Imola in particolare, presentano valori molto elevati sia per quanto riguarda gli ettari di superficie comunale utilizzati per lo spandimento di liquami sa per la quantità di liquami distribuita per ettaro. In termini di carico di azoto distribuito per ettaro di superficie ineressata dallo spandimenti si nota un valore molto elevato per il Comune di Dozza dove anche la percentuale di SAU su cui si effettuano gli spandimenti risulta piuttosto alta pari al 22%.

Tali dati mettono in luce una situazione per Dozza che potrebbe essere problematica, anche in relazione alle caratteristiche di vulnerabilità degli acquiferi proprie del territorio.

Per la medesima ragione, l’elevato numero di biodigestori di Medicina farà incrementare significativamente la percentuale di SAU fino a quasi triplicare (18%) su cui si effettuano gli spandimenti dei biodigestati equiparabili a liquami superando i 6 milioni di kg di azoto apportato ogni anno. Tale dato risulta, tuttavia, ancora inferiore alla media di quelli riscontrati a Imola e a Dozza per cui si ritiene che ‘impatto ambientale possa ritenersi sostenibile nell’ambito ovviamente di una buona gestione dei biodigestati secondo quanto previsto dalla normativa vigente.

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 28

Apporti al suolo e superficie interessata da spandimenti (fonte: PSC de Circondario Imolese)

Filiera per la valorizzazione delle biomasse solide locali

La gestione del verde pubblico e privato così come quella del sottobosco può costituire un importante obiettivo per il piano energetico comunale attraverso lo sviluppo di una filiera locale di biomasse solide ai fini energetici. La diffusione del riscaldamento a legna tramite l’utilizzo di stufe o caldaie a pellet o a cippato sta via via incrementando tanto che in Italia si stima un consumo di pellet di circa 1 milione di ton/anno a fronte di una produzione interna di circa 750 mila ton/anno.

La Regione italiana che ha maggiormente sviluppato l’utilizzo delle biomasse legnose è il Trentino-Alto Adige. Il 42% del territorio dell’Alto Adige è ricoperto da boschi e foreste.

Non deve quindi sorprendere che la produzione di energia da biomassa sia particolarmente sviluppata, puntando a coniugare economia e sostenibilità. La Provincia autonoma di Bolzano ha incentivato la nascita di impianti alimentati a biomassa (sia piccoli impianti a pellets e cippato, sia la costruzione di grandi impianti di teleriscaldamento). Dal 1993 sono entrati in funzione 55 impianti di teleriscaldamento medio-grandi, distribuiti su 44 Comuni per un’energia totale prodotta di 463 GWht corrispondenti a circa 41800 TEP/anno.

Se da una parte gli impianti a biomasse riducono l’emissione di anidride carbonica in quanto si chiude il ciclo della fotosintesi, dall’altro, secondo l’Agenzia Federale Tedesca per l’Ambiente (Schnelle-Kreis J. et al., Semi volatile organic compounds in ambient PM2,5 – Seasonal trends and daily resolved source contributions. Environmental Science&Technology, 2007, 41(11), 3821-3828), circa il 13% delle emissioni totali di PM10 in Germania hanno origine da impianti di riscaldamento che bruciano legna ovvero un contributo analogo a quello derivante dal traffico. Un’indagine promossa dal Ministero dell’Ambiente e della Salute dello Stato della Baviera nel 2006 sulla città di Augusta ha evidenziato un inventario di circa 14100 camini collegati a stufe e 200 boiler per combustibili solidi che equivale a circa il 51% di tutti i sistemi di riscaldamento

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 29 privati. Questo parco consuma circa 26000 tonnellate/anno di legna coprendo il 2% del fabbisogno per la climatizzazione invernale. Attraverso il monitoraggio ambientale di PM10 e di marker per la combustione di legna come il levoglucosano, che si produce durante la pirolisi della cellulosa, e il potassio, che è un macro-nutriente di tutte le piante, è stato messo in evidenza una forte correlazione tra il funzionamento delle stufe a legna e i livelli di particolato rilevati in atmosfera. Le concentrazzioni più elevate sono state osservate durante condizioni metereologiche di inversione. Ciò significa che più alta era la concentrazione di PM10, più alta era la frazione di PM da combustione di legna. Le emissioni sono strettamente legate alle condizioni significative di contorno come la densità locale di bruciatori nell’area di indagine, la loro qualità, la posizione del rilevatore del particolato rispetto all’input atmosferico di immissione all’esterno e le condizione metereologiche. Il risultato generale del rapporto è che le emissioni hanno effetti principalmente negli immediati dintorni della fonte di emissione e perciò generano la massima concentrazione di immissione con condizioni di dispersione pessima. Lo studio ha altresì sviluppato un modello di calcolo per ipotizzare l’andamento delle PM10 in funzione di vari scenari:

scenario A – nessuna autorizzazione per emissioni derivanti da stufe a legna all’interno della città: le concentrazioni di PM10 (36 g/m3) si ridurrebbero del 4% (1,6 g/m3) ed il numero di giorni di sforamento del valore limite di PM10 (50 g/m3) si ridurrebbero di 3 su una media annuale di 20 sforamenti tra novembre e marzo per gli anni 2006-2008 scenario B – riduzione del 50% delle stufe all’interno della città: le concentrazioni di PM10 (36 g/m3) si ridurrebbero del 2% (0,8 g/m3) ed il numero di giorni di sforamento del valore limite di PM10 (50 g/m3) si ridurrebbero di 1 su una media annuale di 20 sforamenti tra novembre e marzo per gli anni 2006-2008

scenario C – tutte le emissioni da combustione di legna ridotte del 50%: le concentrazioni di PM10 (36 g/m3) si ridurrebbero del 4% (1,7 g/m3) ed il numero di giorni di sforamento del valore limite di PM10 (50 g/m3) si ridurrebbero di 3 su una media annuale di 20 sforamenti tra novembre e marzo per gli anni 2006-2008.

Scenario D – non è ammessa nessuna emissione da combustione di legna: le concentrazioni di PM10 (36 g/m3) si ridurrebbero del 8% (3,4 g/m3) ed il numero di giorni di sforamento del valore limite di PM10 (50 g/m3) si ridurrebbero di 9 su una media annuale di 20 sforamenti tra novembre e marzo per gli anni 2006-2008.

Dallo studio tedesco si evince come effettivamente le emissioni da combustione di legna possa influenzare significativamente le emissioni in atmosfera. Deve essere sottolineato che al momento dello studio, in Germania, vigeva l’obbligo di fare controllare periodicamente il proprio impianto a biomasse a uno spazzacamino, che non poteva essere scelto liberamente ma era definito in base alla zona di residenza. Non era previsto nessun obbligo di dispositivi per l’abbattimento delle emissioni al camino per i piccoli impianti domestici. A questo proposito fin dal 2005 si è cominciato ad osservare un progressivo sviluppo tecnologico verso gli abbattitori di particolato per

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 30 stufe e caldaie a biomasse legnose (La combustione del legno: fattori di emissione e quadro normativo – Associazione italiana energie agroforestali – Report 2009/2010).

Le misure di riduzione delle polveri si dividono in misure primarie, che si riferiscono ai nuovi sviluppi tecnologici degli apparecchi (geometria della camera, immissione di aria, regolazioni) e misure secondarie che invece si riferiscono ai sistemi di separazione delle polveri. Riguardo agli apparecchi domestici manuali esistono ancora ampi margini di miglioramento con ricorso a misure primarie quali l’equipaggiamento degli apparecchi con opportuni sistemi di regolazione e controllo che permettano di migliorare le fasi più critiche del processo di combustione. Recenti ricerche hanno dimostrato come attraverso una calibrata gradazione dell’aria comburente e un minore eccesso d’aria si possa ottenere un significativo effetto di riduzione dell’emissione di polveri (Klippel N., Nussbaumert T. (2006) Feinstaubbildung in hotzfeuerungen und gesundheitsrelevanz von holzstaub im vergleich zu dieseruss. ISBN 3-908705-14-2. Nussbaumer T. (hrsg.):

9, Holzenergie-Symposium ETH Zurich). Riguardo alle piccole caldaie a pellet (10-25 kW) sono in corso attività di ricerca sul miglioramento della fase di ossidazione (post- combustione) agendo su aria secondaria, temperatura e turbolenza ritendo raggiungibile il limite di emissione di 10 mg/Nm3 (Oberberger I., Brunner T., Biedermann F., Klausmann W., Hoffmann S. (2009) Entwiklung einer Low-Dust Biomasse- Kleinfeuerung unter ausnutzung von primarmassnamen. Tagungsband 9.

Industrieforum PELLETS, Stuttgart – www.pelletsforum.de).

Attualmente vi sono diversi dispositivi ampiamente studiati e commercializzati basati su filtri antiparticolato di tipo elettrostatico (www.ruegg-cheminee.com;

www.spartherm.com; www.oekotube.ch). Un esempio su tutti può essere quello di una tecnologia sviluppata dall’istituto svizzero per le tecnologie sostenibili EMPA che consiste in un dispositivo di abbattimento elettrostatico universale che può funzionare con ogni tipo di apparecchio di riscaldamento a legna, di qualunque marca e principio. Il dispositivo è stato proprio studiato per focolari con potenze inferiori a 35 kW e per condotte da 150 a 300 mm di diametro.

Filtro antiparticolato per stufe e camini a biomassa legnosa

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RAPPORTO AMBIENTALE DEL PEC Pagina 31 Le misure dell'EMPA su impianto pilota (focolare con rivestimento in ceramica) hanno rivelato un'efficacia massima di separazione di più dell'80%, con una media del 73% nel corso delle prove. Grazie alla bassa potenza consumata (<12W), il costo di funzionamento per 350 ore si è rilevato molto limitato: 0,85 CHF, ossia 0,55 €.

Le misure in loco, con un impianto fatto secondo le regole dell'arte, hanno dato risultati equivalenti. Per concludere, un impianto funzionante con pellet ha raggiunto valori del 90%. Uno di questi filtri è stato testato dall’Università di Trento attraverso una campagna di misurazioni che sembra confermare la bontà del livello di separazione (fonte: AIEL). Recentemente sono stati provati un minielettrofiltro (Spanner Re2 GmbH) e un minicondensatore (SGL Carbon AG) rispettivamente su una moderna caldaia a legna (30 KW) e una a cippato (50 kW). L’elettrofiltro ha consentito di portare il livello di particolato sotto i 10 mg/Nm3 con un abbattimento del 80-90% mentre il condensatore ha permesso di abbattere solo 30% delle polveri (Ellner-Schubert F., Harmann H., Turowski P., Rossmann P. (2010) Partikelemissionen aus kleinfeuerungen fur holz und ansatze fur mindeungsmassnahrmen. Berichte aus dem TFZ 22, Straubing, Marz 2010).

La normativa italiana di riferimento è il Dlgs 152/2006 per il quale al di sotto dei 35 kW non esiste alcune regolamentazione ai limiti di emissione. L’Austria ha adottato una normativa derivante direttamente dalla norma EN 303-5 in cui, fino a 300kW, senza distinzioni di classi di potenza e di tipologia di combustibile i limiti di emissione sono uguali per tutti gli apparecchi cioè 88 mg/Nm3 nelle aree residenziali e 150 mg/Nm3 fino a 1 MW nelle aree commerciali e industriali. La Germania ha invece approvato a luglio 2009 una nuova versione della legge tedesca sulle emissioni in atmosfera per piccoli e medi apparecchi termici a biomasse solide in cui quelli alimentati a legna, cippato e ramaglia hanno un limite a 100 mg/Nm3 mentre quelli a pellet hanno il limite a 60 mg/Nm3.

Il Comune di Fano ha emesso il 1° febbraio 2012 una ordinanza che contiene provvedimenti riguardanti la riduzione della concentrazione di polveri sottili Pm 10 nell'aria e il funzionamento degli impianti termici (www.comune.fano.pu.it)

In particolare il sindaco invita la cittadinanza ad adottare comportamenti virtuosi finalizzati alla riduzione delle emissioni gassose in atmosfera generate da combustione quali: 1. ridurre (sensibilmente) l'uso dei veicoli a motore: automobili, motocicli, ciclomotori e utilizzare, in alternativa, i mezzi e servizi pubblici; 2. moderare al minimo indispensabile il periodo giornaliero di funzionamento degli impianti di riscaldamento ed a contenere la temperatura interna dell'aria dei singoli ambienti ed edifici; 3. provvedere ad una regolare manutenzione delle caldaie a legna, stufe e caminetti. 4. far unicamente uso di legna da riscaldamento allo stato naturale ricordando che è vietato ardere legna mista a scarti della lavorazione del legno, dei cantieri e delle attività industriali ed artigianali in genere.

Inoltre il sindaco ordina sull'intero territorio comunale il rispetto degli obblighi e dei divieti relativi alle seguenti misure, per gli impianti termici degli edifici pubblici e privati:

- Negli edifici classificati, in base al DPR 412/93, con le sigle E1, E2, E4, E5, E6, la temperatura non deve essere superiore a 20° C. Negli edifici classificati, in base al DPR 412/93, con la sigla E8, la temperatura non deve essere superiore a 18°C.

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