Fig.1 – Sistema olfattivo umano.
APPLICAZIONI NEL PACKAGING E NEL CONTROLLO ALIMENTARE
I sistemi olfattivi artificiali
I cosiddetti SOA, Sistemi Olfattivi Artificiali (nasi elettronici), riproducono artificialmente le prestazioni di riconoscimento e classificazione di odori che si verificano all’interno di un organismo vivente, utilizzando sensori chimici e software di elbaorazione dati. Tra i principali vantaggi di queste tecniche, quando applicate, ad esempio, alla caratterizzazione di alimenti e di imballaggi alimentari, sono i tempi di riusposta ridotti, l’assenza di pretrattamento
dei campioni, la facilità di interpretazione dei risultati e la capacità di lavorare in continuo.
M. SUMAN, U. BERSELLINI, L. GABBA, G. CRISTOFANILLI, C. RICCI, A. BORDINISANTUCCI, S. SANFELICI, E. COLLE, E. DALCANALE
L
a qualità degli alimenti è costi- tuita da un insieme complesso di parametri valutativi, in con- formità con le richieste dei con- sumatori, che comprendono gli attri- buti sensoriali, la composizione chi- mica, le proprietà fisiche, il livello dei contaminanti microbiologici e tossi- cologici, la shelf-life e il confeziona- mento. Col termine generale di “fla- vor” ci si riferisce invece al comples- so degli stimoli olfatto-gustativi, tat- tili e chinestetici che permettono di identificare un alimento e stabilire un criterio di giudizio. Il flavor negli alimenti risulta strettamente legato alla qualità del prodotto, in quanto rappresenta l’impatto tra il consuma- tore e l’alimento. L’aroma si riferisce alle sensazioni gradevoli percepite dall’organo olfattivo per via diretta o indiretta all’assaggio di un alimento e spesso rappresenta il più importante contributo al flavor. L’aroma di un alimento indica la percezione dell’in- sieme delle molecole volatili che si sprigionano dall’alimento stesso: il problema dell’identificazione e del controllo delle componenti volatili derivanti da processi industriali ine- renti alla produzione e alla commer- cializzazione dei prodotti alimentari rappresenta, nel presente, una delle questioni di maggiore interesse per la determinazione della qualità del prodotto finito.Le molecole odorose presentano del- le caratteristiche che le accomunano:
A L I M E N T I
– alta volatilità, indispensabile per- ché raggiungano la cavità nasale, si sciolgano nel muco e stimolino la mucosa olfattiva;
– liposolubilità, che facilita la riten- zione delle molecole all’interno della membrana delle cellule sensi- tive e quindi il loro legame con i re- cettori;
– tendenza a legarsi con le proteine (recettori di membrana).
La quantità di sostanze volatili pre- senti in un alimento è estremamente bassa (tipicamente 10-15 mg/kg), ma il numero di tali composti è molto al- to. In alimenti che hanno subito un trattamento termico, da solo (ad es.
caffè) o in associazione a un processo fermentativo (birra, thè,…), è possi- bile individuare infatti più di 500 composti volatili. Le valutazioni dell’intensità dipendono dalle perso- nali soglie di percezione, che deter- minano l’entità delle valutazioni ana- litiche di profilo e delle sensazioni di gradevolezza. Esiste dunque un valo- re soglia di concentrazione al di sotto del quale l’odore non È rivelato e un valore di saturazione oltre il quale la curva di percezione raggiunge un pla- teau [1]. La differenza nelle caratteri- stiche di alcuni aromi può quindi es- sere ricondotta alle differenti con- centrazioni degli stessi composti co- stitutivi. La soglia limite minima di concentrazione apprezzabile delle sostanze in fase gas dipende poi dalla pressione di vapore, la quale è a sua
volta legata sia alla temperatura che al mezzo in cui esse si trovano. Tale valore è infine influenzato anche dal- la procedura d’assaggio e/o dalla pre- stazione del panel sensoriale.
La frequente discrepanza nei valori di soglia riportati in letteratura è fon- damentalmente dovuta a queste dif- ferenze.
Altro fattore che influenza il profilo è la competizione delle varie sostanze aromatiche per i siti recettoriali: può verificarsi che una sostanza presente solo in tracce caratterizzi comunque nettamente l’aroma perché ha una maggiore affinità col sito del recetto- re stesso (un esempio è il classico odore di uova marce percepito anche
Fig. 2 – Schema a blocchi di un SOA .
a bassissime concentrazioni di deri- vati solforati).
Fisiologia della percezione olfattiva
L’area della membrana olfattiva (che manifesta il suo optimum di funzio- namento alla temperatura di 37°C) occupa circa 6 cm2 nella parte più al- ta della cavità nasale (fig. 1). L’atto di annusare permette all’aria di giunge- re in modo improvviso e irregolare a contatto con tale area, trasportando le molecole odorose [2].
Inoltre, nel processo olfattivo corre- lato alla masticazione le sostanze vo- latili con peso molecolare minore di 400 vengono trasportate, attraverso la bocca, nelle cavità nasali, dove giungono anch’esse a contatto con le cellule olfattive [3]. Diversamente dal gusto, per il quale sono tuttora ri- conosciuti cinque tipi di recettori re- sponsabili della sensazione di dolce, salato, amaro, aspro e umami (glu- tammato), l’olfatto coinvolge centi- naia di famiglie recettoriali (dissemi- nate su 100 milioni di cellule olfatti- ve) [4] in grado di riconoscere princi- palmente una categoria di molecole.
Lo stimolo sensoriale è dato dall’in- terazione delle strutture sensibili, i recettori, con le molecole sensoriali volatili, producendo lo stimolo chi- mico. Tale processo avviene in tempi distinti in quanto le molecole odoro- se percorrono, all’interno delle ca- vità nasale, spazi diversi prima di raggiungere i recettori, la cui stimo- lazione può poi avvenire per tempi più o meno prolungati. L’insieme di tutti gli impulsi elettrici è convoglia- to nei glomeruli del bulbo olfattivo, dove si genera un “modello di eccita- zione spazio-temporale” caratteristi- co di ogni sostanza. Tale modello è rielaborato nel cervello in modo da ottenere l’associazione al rispettivo descrittore. L’apprendimento e la memorizzazione delle associazioni avviene durante l’infanzia: qui ven- gono percepiti, analizzati, ricordati, classificati, riconosciuti gli aromi e i loro componenti.
È il sistema limbico del cervello la zo- na ove vanno a raccogliersi i segnali e dove avviene la loro “memorizzazio- ne”: per tale ragione quando perce- piamo un odore particolare questo può far riaffiorare ricordi o precise esperienze vissute in passato associa- te ad esso.
Inoltre, il sistema limbico non è solo un’area di memoria del cervello ma è anche sede di controllo delle emozio- ni e dell’umore: in esso, quindi, odori, emozioni e ricordi “si incontrano ed interagiscono fra loro”.
tazione bidimensionale di uno spazio a più dimensioni per cui le funzioni discriminanti non sono ortogonali tra di loro.
Attualmente in commercio si posso- no individuare sostanzialmente quat- tro categorie principali di sensori:
MOS (Metal Oxide Semiconductors);
Sensori CP (Conductive Polymers);
Sensori PCS (Polymer Composite Conductors); Sensori QCM (Quartz Crystal Microbalance).
In questo articolo vengono descritte applicazioni che fanno uso di sensori MOS, i quali sono in pratica costituiti da una lamina ceramica riscaldata in- ternamente da una resistenza elettri- ca, ricoperta in superficie da uno strato di film di ossidi semicondutto- ri, tra cui il più utilizzato a livello commerciale è il biossido di stagno (SnO2).
Il principio di funzionamento di que- sto tipo di sensori (fig. 2) si basa su una diminuzione della resistenza elettrica causata dall’ossidazione su- perficiale delle sostanze che compon- gono l’aroma e dalla riduzione dell’os- sigeno precedentemente adsorbito ed attivato sulla superficie del senso- re stesso. Questi sensori sono carat- terizzati da bassa selettività, elevata sensibilità (fino ai ppb), alta resisten- za all’umidità e lunga durata nel tem- po (3-5 anni).
SOA per controllo qualità degli imballaggi alimentari
Tra i vari controlli che possono esse- re eseguiti su di un alimento, sicura- mente non sono da trascurare quelli inerenti gli imballi di copertura e di protezione del prodotto tal quale dall’ambiente esterno.
Gli imballi utilizzati per i prodotti ali- mentari, in genere, sono multistrati flessibili frequentemente stampati e/o verniciati, all’interno dei quali è possibile ritrovare un gran numero di sostanze organiche potenzialmente Sistemi Olfattivi Artificiali
(SOA)
I SOA si propongono di riprodurre ar- tificialmente le prestazioni di ricono- scimento e classificazione di odori che si verificano all’interno di un or- ganismo vivente; la cavità nasale vie- ne riprodotta nei SOA mediante una camera a tenuta termostatata, conte- nente un insieme di sensori chimici che, lambiti da un flusso laminare di una miscela aeriforme, interagiscono con essa, generando un segnale elet- trico (ad esempio una variazione di resistenza) a causa della temporanea presenza delle molecole volatili sulla loro superficie. Un computer, dotato di un opportuno software di elabora- zione dati, svolge poi la funzione ana- loga a quella cerebrale.
Proprio come accade per il cervello, anche il SOA necessita di “imparare”:
è cioè necessario sottoporlo ad un periodo di addestramento per fargli memorizzare un sufficiente numero di combinazioni di segnali derivanti da miscele volatili a composizione no- ta. Questo viene fatto con il duplice scopo di ottenere sia una ripetibilità di risposta verso odori paragonabili, sia un alto potenziale discriminante verso odori differenti tra loro [5].
I segnali emessi dai sensori vengono memorizzati e sottoposti ad un’elabo- razione statistica che in genere consi- ste in un’analisi delle componenti principali (PCA) oppure nell’analisi della funzione discriminante (DFA) [6]. Il calcolo della PCA è un processo iterativo nel quale vengono trovate le componenti principali ortogonali nel- lo spazio sensori-parametri, lungo le quali la variazione nella serie dei dati è massima. Il calcolo della DFA, inve- ce, consiste nel riconoscimento della classe di appartenenza di un campio- ne incognito tramite confronto con un set di misure precedentemente analizzate di cui sono note le catego- rie di appartenenza; è una rappresen-
capaci di sprigionare odori sgradevoli o comunque componenti volatili, co- me ad esempio residui di monomeri derivanti dai materiali plastici di ba- se, solventi, additivi di inchiostri, ver- nici di sovrastampa, additivi delle materie plastiche di base (antiossi- danti, stabilizzanti termici e radiativi, plastificanti, espandenti,…), adesivi e primer di accoppiamento nonchè i loro solventi [7]. I controlli tradizio- nalmente impiegati si riferiscono principalmente alla gascromatografia ed all’analisi sensoriale. Le limitazioni principali che si possono individuare nell’indagine gascromatografica sono le seguenti:
– sostanze non inserite nello stan- dard di controllo non vengono con- siderate;
– non c’è correlazione diretta tra la risposta del detector FID del ga- scromatografo e il potenziale d’im- patto organolettico di una determi- nata sostanza rilevata come picco sul tracciato;
– la strumentazione necessita di per- sonale con un’adeguata prepara- zione tecnica.
Esistono d’altronde notevoli limita- zioni anche nell’ambito dell’analisi sensoriale:
– la preparazione dei campioni è lun- ga ed impedisce dei controlli “on li- ne” del processo;
– è necessario un panel di assaggia- tori addestrato e di dimensioni suf- ficienti (almeno 7 persone);
– si può controllare un ridotto nume- ro di campioni al giorno a causa an- che dell’affaticamento olfattivo del panel di assaggiatori;
– il concetto di “soglia olfattiva” [9]
di un determinato composto per- cepito da un panel sensoriale non è univoco: in letteratura vi sono mol- teplici definizioni e metodiche di determinazione;
– un dato derivante da analisi senso- riali non è facilmente impugnabile in sede legale nel caso di contesta- zioni o reclami
Ci si è pertanto posti l’obbiettivo di mettere a punto un SOA per valutare oggettivamente e rapidamente la qualità degli imballi alimentari e quindi la loro idoneità organolettica al confezionamento degli alimenti: gli studi svolti attraverso la collaborazio- ne tra Barilla ed il Dipartimento di Chimica Organica e Industriale dell’Università di Parma hanno condotto ad un prototipo a 6 sensori MOS che ha soddisfatto questa speci- fica necessità e alla nascita di una so- cietà di spin-off accademico (Soatec - Parma).
I tipi di imballo considerati sono quel-
li tipicamente utilizzati nel mondo ali- mentare e per comodità sono stati di- visi nelle seguenti classi:
– classe A: carta + polipropilene me- tallizzato
– classe B: carta + alluminio + polie- tilene
– classe F: polipropilene + polipropi- lene metallizzato
– classe H: poliestere metallizzato + polipropilene
– classe E: polipropilene + polipropi- lene
– classe D: polipropilene – classe M: polietilene
Gli imballi sono stati chiusi (quantità pari a 50 cm2) in fiale da 20 ml e sot- toposti a riscaldamento a 60°C - 10
minuti per la generazione dello spa- zio di testa. Tra gli aspetti di ottimiz- zazione delle condizioni analitiche considerati si sottolinea la scelta di utilizzo di aria cromatografica secca quale gas di trasporto: gli stessi im- balli hanno infatti bassissime percen- tuali di acqua ed alti valori deprime- rebbero inutilmente la risposta.
Per quanto riguarda la costruzione delle banche dati dei diversi materiali è stato necessario analizzare in modo alternato e con ordine casuale imballi buoni e imballi cattivi. Sono stati con- siderati una serie di solventi rappre- sentanti di categorie aventi soglie li- mite di impatto organolettico diffe- renti. Non avendo a disposizione un
Fig. 3 – Esempi di banche dati SOA su imballi.
CLASSE F: POLIPROPILENE + POLIPROPILENE METALLIZZATO
CLASSE H: POLIESTERE METALLIZZATO + POLIPROPILENE
numero sufficiente di campioni “cat- tivi” si è appositamente messa a pun- to una metodica che prevede il dro- gaggio artificiale di imballi buoni me- diante l’utilizzo di quei solventi che generalmente creano problemi in questo settore (tab.1).
La scelta del numero minimo di anali- si richieste per la costituzione della banca dati si è basata su diversi studi statistici disponibili in letteratura e il valore finale è stato ottenuto median- te il seguente calcolo: N (parametro fisso dipendente dall’approccio statistico impiegato e solitamente compreso tra 3 e 10) x (numero di sensori) x (numero di parametri delle curve di acquisizione scelti per l’elaborazione dei dati) x (nu- mero di gruppi da discriminare).
Inizialmente sono state considerate tutte le classi di imballo insieme, con- siderando per ognuna due tipologie di campioni, “buoni” e “cattivi” (ovve- ro con livelli fino al 50% superiori al valore limite in tabella): il SOA è riu- scito a percepire non solo le differen- ze di qualità, ma anche la tipologia del materiale di base ed è quindi ri- sultato indispensabile considerare singolarmente le diverse classi di ma- teriali e solo successivamente prova- re a raggrupparne alcune tra loro.
Nella figura 3 sono riportati esempi di banche dati ottenute per l’imballo polipropilene + polipropilene me- tallizzato e per l’imballo poliestere metallizzato + polipropilene: si so- no ottenute delle buone discrimina- zioni per entrambe le categorie, sono stati completamente separati gli im- balli buoni da quelli cattivi ed inoltre tra le aree dei campioni drogati non si sono avute delle sovrapposizioni.
Essendo riusciti a costruire le ban- che dati per tutte le tipologie di im- ballo in questione e a dimostrare che il sistema è stabile nel tempo, si è quindi provato a simulare l’attività di un laboratorio controllo qualità che riceve giornalmente dei campioni di imballaggi incogniti. Sono stati im- piegati imballi provenienti da diversi
lotti settimanali di consegna e desti- nati a diversi tipi di prodotti. Gli im- balli sono stati analizzati preventiva- mente in gascromatografia in modo da conoscere con certezza la qualità dei materiali che venivano sottoposti al giudizio del naso elettronico e da poter così controllare il giudizio emesso dallo stesso strumento. Un esempio di riconoscimento è riporta- to in figura 4. Grazie al costante ag- giornamento delle banche dati si è anche riusciti a mantenere sotto stretto controllo il drift dei sensori che, altrimenti, può condizionare la riproducibilità delle misure e la vali- dità temporale delle banche dati stesse. Il sistema infatti è stato pre- disposto (anche a livello di software) per sfruttare in modo “intelligente” i campioni incogniti: il campione inco- gnito, una volta riconosciuto, può es- sere inserito nella banca dati della classe appropriata: questa diventa pertanto costituita dalle misure ne- cessarie più recenti (venendo sem- pre aggiornata) e l’eventuale drift dei sensori viene compensato, con la contemporanea aggiunta di nuova informazione.
Caratterizzazione SOA del prosciutto crudo
Il prosciutto di Parma è particolar- mente apprezzato per le caratteristi- che aromatiche e gustative che si svi- luppano durante il lungo processo di stagionatura (12 mesi almeno). La formazione delle molecole aromati- che è un processo estremamente complesso che coinvolge numerose reazioni chimiche ed enzimatiche a carico del tessuto muscolare e del tes- suto adiposo che hanno luogo soprat- tutto nella fase di caldo del ciclo pro- duttivo [10]. Ossidazione dei lipidi e degradazione degli amminoacidi co- stituiscono le reazioni biochimiche di base nella produzione della maggior parte dei composti volatili e non-vola- tili. Esse sono essenzialmente soste- nute dagli enzimi endogeni poiché nel prosciutto crudo la carica microbica presente, nei muscoli interni, risulta essere praticamente nulla. La costru- zione della banca dati in questo caso è stata fatta eseguendo per ogni cam- pione un’analisi con sistema SOA do- tato di 12 differenti sensori MOS.
Il campionamento della parte di pro- sciutto da analizzare prevede innan- zitutto una macinazione ed un rapido congelamento sotto azoto liquido. Al momento dell’analisi vera e propria il campione, viene dosato (2 g) e suc- cessivamente lasciato a temperatura ambiente per 30 minuti all’interno della vial (volume 20 mL) predispo- sta per l’analisi, per la formazione dello spazio di testa.
Prima di tutto si è valutata la possibi- lità di discriminare i campioni in base agli stabilimenti di produzione. La DFA presentata in figura 5 (in cui gli stabilimenti sono indicati come A, B e C) dimostra la fattibilità di tale classi- TAB.1 - SOLVENTI UTILIZZATI E LORO SOGLIE LIMITE
SOLVENTE SOGLIA LIMIT
(mg/mq)
Acetato di etile 20 Soglia limite alta
Cicloesano 4 Soglia limite alta
Metossipropanolo 2 Soglia limite media
Acetilacetone 1 Soglia limite media
Toluene 0.5 Soglia limite bassa
Metossipropilacetato 0.5 Soglia limite bassa
Fig. 4 – Riconoscimento campioni di imballo incogniti.
ficazione ed in particolare tende a se- parare i campioni delle aziende A e C, ponendo in una zona intermedia i prosciutti dell’azienda B.
Sussiste quindi un ruolo preponde- rante dello stabilimento nello svilup- po dell’aroma, perciò i dati sono stati poi suddivisi per classi di stagionatu- ra, ottenendo librerie più piccole, sul- le quali abbiamo calcolato ancora la DFA (fig. 6). Si nota che il naso elet- tronico separa i prosciutti provenien- ti dallo stesso stabilimento in modo progressivamente più netto all’au- mentare della stagionatura. Lo svi- luppo aromatico avviene infatti negli ultimi mesi della maturazione del prosciutto (generalmente dopo i 10 mesi) e quindi implica un maggior ac- cumulo di molecole odorose. In gene- rale si è potuto evidenziare una ten- denza di sviluppo dell’aroma in termi- ni di aumento di intensità e non di cambiamento qualitativo in seguito al protrarsi dell’invecchiamento.
Una fase successiva ha riguardato l’individuazione di possibili difetti or- ganolettici, prendendo in particolare in considerazione le zone del gambo e dell’arteria femorale.
Il difetto di gambo è riconoscibile dal tipico odore di marcio, riconducibile a fenomeno alterativo-mefitico profondo che interessa tutte le por- zioni muscolari della coscia; esso co- mincia ad evidenziarsi anche nelle prime fasi della stagionatura a tem- peratura ambiente, specie se la cari- ca microbica iniziale era elevata e ri- masta silente nel periodo di riposo e salatura, nonchè se la penetrazione stessa del sale è risultata ostacolata da fattori ambientali. Nel caso dell’ar- teria femorale, impropriamente detta vena laterale, il difetto è principal- mente riconducibile a cattive condi- zioni igieniche nelle fasi precedenti la salatura (tali da provocare una forte
contaminazione superficiale della co- scia) o ad un’errata applicazione del- le tecnologie produttive (in particola- re temperature troppo elevate nel periodo di cella e un insufficiente dis- sanguamento). Nella figura 7 è possi- bile vedere come il SOA separi tra lo- ro i diversi campioni di prosciutto in funzione dell’entità del difetto orga- nolettico presente. La tabella inserita nella medesima figura riporta anche il giudizio corrispondente ottenuto dall’analisi di un panel di assaggiatori addestrato: si può notare la grande corrispondenza con i risultati di clas- sificazione ottenuti appunto dal naso elettronico.
SOA per valutazione di difetti in oli vergini d’oliva
La qualità dell’olio vergine d’oliva è condizionata da una serie di fattori ambientali e di produzione che è indi- spensabile conoscere per ottenere un prodotto di qualità elevata.
Il comportamento dei consumatori nei confronti dell’olio d’oliva è so- prattutto legato a fattori sensoriali:
aspetto, odore, sapore, sensazione al palato. Ognuno di questi fattori inte- ragisce differentemente con i diversi consumatori, a seconda delle diverse situazioni. Il consumatore è anche in- fluenzato da fattori non sensoriali, come ad esempio la salute, la cultura, l’area geografica, il clima, così come da altre variabili quali la convenienza e la disponibilità del prodotto.
Tuttavia senza entrare nel merito a valutazioni personali derivanti da un complesso di abitudini ed esperienze, si possono ritenere attributi di qua- lità per un olio extra vergine d’oliva i seguenti:
– grado di acidità più basso possibile (non superiore prudenzialmente allo 0,5%);
– composizione e caratteristiche chi-
mico-fisiche ampiamente compre- se nei limiti previsti dalle normati- ve di legge e dai disciplinari per le DOP;
– aroma e gusto irreprensibili (as- senza di difetti quali muffa, ranci- do, ossidato, etc);
– all’assaggio e al panel test si deve percepire nettamente il fruttato di oliva (verde o matura);
– le percezioni organolettiche positi- ve (aroma, sapore e sensazioni tat- tili) devono essere presenti in un rapporto di equilibrio e di armonia [11].
Lipolisi e ossidazione sono i due pro- cessi maggiormente responsabili del deterioramento dell’olio d’oliva. La li- polisi, in genere, ha inizio quando l’olio è ancora nel frutto, mentre l’os- sidazione inizia quando l’olio è sotto- posto a spremitura e continua soprat- tutto durante la fase di stoccaggio [12]. Per potere valutare la qualità di
Fig. 5 – Classificazione SOA di prosciutti crudi (stagionati a 22-24 mesi) provenienti da 3 differenti stabilimenti.
Fig. 6 – Classificazione SOA di prosciutti crudi provenienti da un singolo stabilimento ma ottenuti a differenti tempi di stagionatura.
Fig. 7 – Classificazione SOA di prosciutti crudi con individuazione di difetti.
PUNTO 1: posizione del gambo, in prossimità della tibia; PUNTO 2: posizione della vena laterale, in prossimità
dell’arteria femorale; PUNTO 3: posizione della zona femorale, nelle vicinanze della testa del femore; PUNTO 4: posizione dell’anchetta, localizzata principalmente sotto l’osso del bacino.
un olio di oliva non è sufficiente ana- lizzarne le qualità chimico-fisiche; è infatti possibile che un olio extra ver- gine di oliva perfetto dal punto di vi- sta chimico, abbia dei difetti dal pun- to di vista organolettico. Il punteggio organolettico è ottenuto dalle medie dei voti che gli assaggiatori attribui- scono alle percezioni dei pregi e dei difetti e soprattutto dal giudizio glo- bale che ne deriva. Il C.O.I., Consiglio Oleicolo Internazionale, ha proposto una disposizione CEE (Reg. 796/02) , che dal primo settembre 2002 ha so- stituito il precedente regolamento CEE (n° 256/91) e che si differenzia da questo principalmente per il me- todo di valutazione e per quello di classificazione dell’olio in funzione dell’intensità dei difetti.
Fra gli attributi definiti, quelli più im- portanti per la valutazione dei difetti degli oli vergine di oliva sono: avvi- nato, riscaldo, rancido, e morchia.
Molto interesse suscita il difetto ran- cido (flavor sgradevole e irreversibi- le), specialmente a livello commer- ciale ed industriale, perché l’insor- genza dello stesso non è necessaria- mente correlabile né ad una cattiva conservazione delle olive né ad un er- rato processo di produzione dell’olio.
L’olio di oliva vergine, infatti, tende ad irrancidire durante il periodo di conservazione anche se questa viene condotta in condizioni ottimali (as- senza di luce ed ossigeno, temperatu- re di refrigerazione): all’interno del prodotto possono continuare reazio- ni chimiche che portano all’autossi- dazione dei grassi e al successivo sprigionamento di composti volatili caratteristici (ad esempio aldeidi co- me l’esanale).
Sono state analizzate con SOA a 12 sensori a film sottile le stesse miscele impiegate nell’addestramento dei pa- nelisti, al fine di paragonare la capa- cità discriminante del sistema olfatti- vo artificiale alle prestazioni ottenute dal panel sensoriale e quindi di intro- durre il SOA come strumento da con- trollo qualità in industrie olearie per valutare la qualità dell’olio extra ver- gine d’oliva [13-14].
I campioni sono stati preparati con le seguenti modalità: 200 µL di olio so- no stati prelevati e depositati sul fon- do di una fiala di vetro da 25 mL di volume; durante la generazione dello spazio di testa, per cui sono necessari pochi minuti, le fiale contenenti l’olio sono state poste in un luogo a tempe- ratura ambiente e in assenza di luce per evitare fenomeni ossidativi.
Inoltre, per aumentare la frazione volatile della componente aromatica, le fiale sono state termostatate a
30°C (valore che simula la tempera- tura di degustazione dell’alimento stesso) per 400 secondi prima del- l’iniezione.
Gli standard di olio difettato rancido che utilizzano i panel test per adde- strarsi hanno 12 livelli di difettosità, da 1 (il più intenso) a 12 (privo di di- fetto); il livello 10 viene riconosciuto come difettato dal 75% degli assaggia- tori. L’elaborazione dei dati prove- nienti dal SOA è stata condotta con- centrandosi sui valori a minore inten- sità di difetto (7-12). La costruzione della banca dati ha richiesto 5 giorni d’analisi per un totale di 330 misure con una buona riproducibilità tra le giornate. Il riconoscimento con DFA utilizzando due coefficienti della tra- sformata di Fourier dei segnali supera il 90% (fig. 8). La separazione tra i dif- ferenti valori è risultata estremamen- te precisa, inoltre sono stati discrimi- nati i campioni 11 e 12 che i panelisti stessi hanno difficoltà nel riconoscere.
Consclusioni
I vantaggi dei SOA che si sono potuti apprezzare negli studi sopra esposti riguardano principalmente:
– tempi di risposta ridotti e quindi possibilità di maggiore campiona- mento su di uno stesso lotto;
– assenza di pretrattamenti dei cam- pioni prima dell’analisi;
– risultati espressi in maniera sem- plice, sintetica e facilmente inter- pretabile da un utilizzatore anche inesperto.
Un ulteriore vantaggio indiscutibile dei SOA è la capacità di lavorare in continuo senza subire le problemati- che di affaticamento e conseguente diminuzione della sensibilità olfattiva che sono invece tipiche di un panel sensoriale; anzi, sperimentalmente si è osservato che più lo strumento la- vora, migliori sono i risultati. D’al- tronde, va detto che negli ultimi anni i SOA sono stati proposti sul mercato
come strumenti versatili in grado di risolvere rapidamente i problemi di rilevamento di odori più svariati e complessi, senza procedere invece ad una precisa identificazione delle migliori condizioni operative. Questo eccessivo ottimismo si è poi spesso scontrato proprio con problemi prati- ci di messa a punto, tra cui quelli di garantire un’adeguata sensibilità\se- lettività, ripetibilità e riproducibilità delle misure.
La realtà odierna rimane comunque estremamente interessante: se que- sti strumenti vengono “tarati” di volta in volta su una singola mirata applica- zione, in termini di scelta dei sensori, condizioni operative e di campiona- mento, dimensioni e mantenimento delle banche dati di riferimento, essi si rivelano effettivamente vincenti.
In particolare, i sensori MOS utilizzati nel presente lavoro hanno dimostrato elevata affidabilità nella risposte emesse e quindi, unendo questo pa- rametro al loro costo contenuto, ri- sultano una scelta ottimale per il SOA nelle applicazioni in campo alimenta- re mirate soprattutto a supportare un panel sensoriale di riferimento.
Il presente articolo è tratto dal convegno “Le tre giornate del controllo alimentare”, Mor- gan Ed. Tecniche, Milano, 16-18 giugno 2004.
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ig. 8 – Classificazione SOA olio di oliva vergine a diverso livello di rancidità - confronto con punteggio panel sensoriale.