Descriviamo queste due forme di paralisi cerebrale infantile (PCI) al di fuori dei capitoli relativi alle tetraparesi ed alle diplegie perché la loro chiave interpretativa è di tipo per- cettivo e non motorio. Mentre infatti le patologie sopra citate presentano dominanti aspetti motori in tutte le fasi della loro evoluzione, nelle due forme che seguono sono gli aspetti percettivi a risultare di gran lunga i più importanti. Se l’inquadramento diagno- stico di queste due forme di PCI venisse fondato esclusivamente sull’analisi dei proble- mi motori, classificando il bambino in base ai suoi pattern posturo-cinetici come tetra- plegico, per lo più con antigravità a tronco verticale, o inquadrandolo in una delle for- me della diplegia, non si potrebbero spiegare le sue reali difficoltà e la prognosi a di- stanza risulterebbe eccessivamente favorevole. Per una compiuta analisi dell’influenza dei disturbi percettivi sull’organizzazione motoria vedi il capitolo 7 e per i problemi classificativi vedi i capitoli 13 e 14.
Il bambino “cado-cado” (falling child)
Il bambino “cado-cado” non riesce a tollerare in senso “percettivo” la profondità dello spazio che lo circonda e non sa reagire in modo competente all’azione della forza di gra- vità. Egli prova la continua sensazione di essere trascinato dal proprio peso fino a per- dere il controllo della propria posizione, sente e crede di precipitare in modo inarresta- bile anche quando è consapevole di essere sdraiato sul pavimento (Fig. 1), avverte come in un incubo le parti del proprio corpo separarsi e disperdersi, si aggrappa perciò di- speratamente a tutto ciò che trova intorno, come se il mondo intero dovesse sfuggirgli dalle dita.
Fig. 1.Bambino “cado-cado”
Posizione supina
Influenza della startle reaction
La sensazione di cadere, presente anche in posizione supina, non è frutto di prece- denti esperienze catastrofiche, ma espressione di un fenomeno di distorsione percetti- va, ai confini fra l’illusione e l’allucinazione, associato a un comprensibile stato di an- goscia.
Il bambino “cado-cado” non tollera le variazioni posturali indotte dall’esterno e spesso neppure quelle auto-generate, manifesta il proprio disagio e la propria paura at- traverso subentranti reazioni di startle (Fig. 2) e commenta consapevolmente la propria impressione di precipitare verbalizzandola: “Cado! cado!” Egli riesce a tollerare il mo- vimento solo se esercitato in un luogo chiuso (ad esempio un passeggino avvolgente o una carrozzina elettrica munita di bretellaggi) o rimanendo a stretto contatto col corpo dell’adulto portatore di cure (contenimento). Il conflitto con lo spazio scompare in ge- nere nell’acqua, dove il bambino può esprimere tutta la sua potenzialità motoria, per- ché l’acqua svolge per lui un ruolo di contenimento, difesa, protezione e sostegno (l’ac- qua è un’antica alleata perché nell’acqua non c’è vuoto e non si ha peso).
Il bambino “cado-cado” è incapace di definire i confini del proprio corpo, di tener separato il mondo intrapersonale (autonomico) da quello extrapersonale (contestuale), lo spazio percepito da quello agito. Lo spazio intorno a sé viene vissuto e interiorizzato in modo distorto, come se il soggetto non riuscisse a mantenere il proprio corpo ben racchiuso dentro la propria pelle. La pelle nel bambino “cado-cado” è un contenitore insufficiente ed egli ne cerca altri, dentro e fuori di sé, quali il tono muscolare, il corpo dell’adulto portatore di cure, una “nicchia ecologica” costruita opportunamente nel- l’ambiente peripersonale:
• Dentro di sé→ la spasticità (pelle “muscolare”, corazza difensiva): consente una maggiore stabilità posturale ed emozionale, ma risulta rapidamente esauribile (il bambino va infatti incontro a un rapido affaticamento). Si esprime con i caratteri dell’ipertonia da aumento della reazione di sostegno, mostra una risposta esagerata ai farmaci e risulta poco “dosabile” alla chirurgia ortopedica funzionale. Può essere vicariata dall’impiego di ortesi, in genere AFO o KAFO, o di ausili come i gusci im- bottiti e i corsetti a seggiola.
• Intorno a sé → gli abiti: questi bambini non vorrebbero mai spogliarsi completa- mente. Il corpo nudo genera in loro angoscia e disperazione. Semplici prestazioni motorie come girarsi su un fianco, possibili se il bambino è coperto anche solo da un sottile lenzuolo, divengono impossibili se egli si sente troppo esposto allo spazio e al vuoto.
• Fuori di sé → il corpo dell’adulto, in particolare della madre, diventa per il bambino
“cado-cado” uno strumento di contenimento sia fisico sia psicologico.
Le sensazioni tattili, visive, acustiche, ecc., evocate dagli input ambientali devono es- sere trasformate, “mentalizzate” perché possano essere “contenute” e non siano più de- vastanti.
Nella situazione endouterina l’ambiente stesso funge da “contenitore”, viceversa nel- la vita extrauterina non c’è più un contenitore “fisico” e il bambino si trova di fronte ad input ambientali non più mediati dal mezzo uterino, che determinano sensazioni cor- poree dotate di un carico mentale destrutturante. “L’azione della mente deve essere quella di contenere gli input e quindi di “mentalizzarli”. Ciò è possibile nel bambino sen- za gravi deficit neurologici solo se l’azione di contenimento è guidata dalla “rèverie”
materna (Bion 1973) che funge da “filtro”, da mediatore tra gli input ambientali e quin- di le sensazioni corporee e la mente del bambino” (Armando Ferrari 1992, citato da Bottos 2003).
308 Le forme spastiche della paralisi cerebrale infantile
In braccio al portatore di cure il bambino “cado-cado” diviene più attivo ed interes- sato ad agire e a interagire con l’ambiente circostante. Spesso questa situazione finisce però per rendere il paziente ancora più povero, perché gli fa vivere attraverso il corpo e la mente dell’adulto un’illusione di abilità che gli impedisce di prendere oggettivamen- te coscienza dei propri limiti. Ci dobbiamo chiedere tuttavia quali progressi psicomo- tori potrebbe compiere autonomamente questo bambino se il movimento genera in lui disagio, vertigine, paura di precipitare, se lo spinge a oltrepassare il confine che separa eccitazione e angoscia, se lo conduce alla depressione e quindi alla rinuncia.
Il bisogno di contenimento si esprime, in senso psicologico, anche come malessere al momento dell’addormentamento (inteso come cambiamento di stato: da uno stato con- trollato a uno incontrollabile), come difficoltà al distacco dal corpo della madre (inteso come cambiamento di luogo) e come disagio e indisponibilità a restare da solo, anche momentaneamente, pur essendo a portata di voce dei portatori di cure o potendoli chiaramente vedere al di là di un vetro. Marzani (vedi cap. 11) parla in questo senso di ansietà di separazione e ipotizza che la funzione mancante sia di carattere fantasmatico, poiché i disturbi si attenuano con la sola presenza di un familiare o con l’uso della voce come sostegno al movimento.
Il bambino “cado-cado” vorrebbe essere una mente senza corpo in grado di gover- nare il corpo senza mente di un adulto consenziente, generalmente la propria madre.
Il trattamento farmacologico dei disturbi dispercettivi del bambino “cado-cado”
contempla l’uso di antidepressivi (trazodone) e di ansiolitici (benzodiazepine, specie nitrazepam e clonazepam) che non sempre si rivelano però efficaci.
Il bambino “cado-cado” ha tipicamente una discreta dotazione intellettiva e un lin- guaggio maturo e fin troppo ricco, con cui verbalizza anche esperienze che non ha mai potuto compiere (preferendo immaginare piuttosto che sperimentare, ma dimostrando conoscenza dei meccanismi e dei processi che presiedono alle azioni); non presenta in genere importanti disturbi visivi e oculomotori (vedi cap. 9) e riesce a coordinare i mo- vimenti dello sguardo con gli spostamenti del capo. Mantiene però a lungo il riflesso ot- tico di difesa e utilizza lo sguardo per traguardare la propria posizione rispetto allo spa- zio circostante, agganciandosi di volta in volta ad una “mira” vicina. A volte può in- contrare difficoltà a orientare la propria traiettoria di avanzamento nello spazio, cioè a direzionarsi correttamente con il deambulatore o la carrozzina elettrica, specie in as- senza di riferimenti visivi facilitanti. Non raggiunge in genere un’elevata capacità ma- nipolativa, ma riesce ugualmente ad essere abbastanza autosufficiente per le attività compiute al tavolo come usare le posate o la tastiera del computer. In condizioni di ri- poso, gli arti superiori vengono tenuti abitualmente addotti al tronco con i gomiti e i polsi flessi, le metacarpofalangee semiflesse e le interfalangee semiestese (mani in posi- zione “abbandonata”).
L’irrigidimento generalizzato (pelle muscolare), mostrato in situazioni di difficoltà o in condizioni di disagio, è generalmente proporzionale all’entità del disturbo disper- cettivo ancora presente.
La spasticità difensiva del bambino “cado-cado” deve essere tenuta distinta dalla spasticità di natura antigravitaria legata all’organizzazione della reazione di sostegno.
Le variazioni del tono generate in relazione a un’insufficiente calibrazione percettiva si
riducono non appena il paziente impari a sopprimerle (vedi cap. 7) e si sia meglio or- ganizzato sul piano emotivo, indipendentemente dalla maturazione del comportamen- to antigravitario. Al contrario una riduzione della spasticità imposta al bambino per via farmacologia o chirurgica, prima che questi abbia potuto risolvere il problema percet- tivo, finisce per ingigantire le difficoltà e per condurre il soggetto alla rinuncia o al ri- fiuto della stazione eretta e della locomozione che si intendevano migliorare.
La prognosi motoria del bambino “cado-cado” non è sempre la stessa. In molti sog- getti il disturbo dispercettivo va lentamente attenuandosi, rendendo possibile la sepa- razione dall’adulto nella seconda-terza infanzia e il poter restare da soli, anche a dor- mire, prima dell’inizio dell’adolescenza. In questo caso anche i disturbi motori vanno parallelamente migliorando e i pazienti possono arrivare a conquistare la capacità di spostarsi con il deambulatore o anche con i quadripodi (Fig. 3). Per altri soggetti, indi- pendentemente dal percorso terapeutico seguito, non avvengono cambiamenti miglio- rativi nell’ambito dei disturbi dispercettivi, mentre sono ugualmente possibili un mag- gior contenimento degli stati di angoscia e una maturazione del processo di separazio- ne-individuazione. L’unica forma raggiungibile di autonomia locomotoria per questi pazienti è rappresentata dall’impiego della carrozzina elettrica, che è giusto venga pro- posta loro anche precocemente.
La chirurgia ortopedica funzionale andrebbe affrontata il più tardivamente possibi- le sia per il rischio di importanti regressioni sul piano psicologico (ripresa della paura di essere spogliato, toccato, spostato, di stare da solo, ecc.) sia per il pericolo di un’in- sufficienza muscolare secondaria e di un definitivo abbattimento in stazione eretta del- la reazione di sostegno (ricomparsa dell’astasia e dell’abasia). La chirurgia ortopedica sconvolge infatti la strategia di controllo faticosamente sviluppata dal paziente (uso della spasticità come difesa percettiva).
310 Le forme spastiche della paralisi cerebrale infantile
Fig. 2.Bambino “cado-cado”
Posizione seduta
Influenza della startle reaction
Fig. 3.Bambino “cado-cado”
Posizione eretta
Esauribilità della reazione di sostegno
mazioni legate alla cinestesi, alla batiestesi e alla barestesi (senso di movimento, senso di posizione e senso di pressione), informazioni che inizialmente risultano per lui poco tollerabili (vedi cap. 7). È come se egli ripetesse continuamente tra sé: “Non sentire di cadere... se anche cadi non ti succede niente”, ecc. Così facendo egli trascura le corre- zioni posturali necessarie per orientarsi, allinearsi ed equilibrarsi e finisce per perdere davvero il controllo della propria posizione.
Alcuni autori considerano questo fenomeno un segno di “ipotonia” o di “ipopostu- ralità” (Bobath e Bobath, 1976; Giannoni e Zerbino, 2000), confondendo l’incapacità di eseguire una correzione posturale (versante motorio) con l’incapacità di coglierne au- tonomamente il bisogno impellente (versante percettivo). Marzani (vedi cap. 11) lo at- tribuisce a un disturbo dello schema corporeo o a un problema di stabilità interna del- la sensazione del Sé corporeo. Per qualche bambino potrebbe trattarsi, invece, di un disturbo primitivo dell’attenzione (vedi cap. 10) che potrebbe spiegare perché il pa- ziente sia capace di eseguire “volontariamente”, ma in genere solo “dietro richiesta”, le correzioni posturali che “automaticamente” egli non riesce al contrario a fare.
La soppressione percettiva è un processo mentale complesso che richiede una certa
“maturità” da parte del soggetto. Inizia in genere a partire dalla seconda infanzia. Prima di questo periodo il bambino “tirati su” presenta molte analogie con il comportamento percettivo e motorio del bambino “cado-cado”, anche se appare fin da subito meno gra- ve.
Sul piano motorio il bambino “tirati su” riesce a produrre una reazione antigravita- ria efficace, ma non sa automatizzarla e renderla stabile perché sopprime l’analisi delle informazioni necessarie a questo scopo. Sul piano posturale sembra una persona che si stia addormentando seduto sulla seggiola: “crolla” quando chiude gli occhi per ripren- dersi immediatamente dopo, come “risvegliato” dalla percezione del movimento com- piuto (Fig. 4).
Non prestando attenzione alla propriocezione, per poter controllare la propria po- stura il bambino “tirati su” ha costante bisogno di segnali aggiuntivi e di conferme pro- venienti dall’esterno. Si accorge di quanto sta avvenendo alla propria posizione solo quando viene informato da altri organi, soprattutto dalla vista, o più spesso dall’adulto portatore di cure, che continuamente gli ripete appunto: “tirati su, mettiti a modo, stai diritto!”.
Per l’incapacità di esecuzione simultanea di più attività mentali, la difficoltà del con- trollo posturale viene aumentata spostando l’attenzione del bambino a un altro compi- to, ad esempio facendolo parlare o chiedendogli un impegno cognitivo.
Il linguaggio di questi soggetti non è particolarmente compromesso, tende però a di- venire meno comprensibile quando il paziente, riducendo la reazione di sostegno, flet- te anteriormente capo e tronco.
Dal punto di vista “motorio” il bambino “tirati su” si presenta come un diplegico, più raramente come un tetraplegico con antigravità a tronco verticale capace di rag- giungere e mantenere la stazione eretta con appoggio e di spostarsi con il deambulato- re, ma rapidissimamente esauribile (Fig. 5). Alla richiesta di fermarsi su comando, egli mantiene a lungo la necessità di ricorrere a passi di aggiustamento successivi all’ordine ricevuto.
La sua reazione di sostegno tende ad essere esagerata all’inizio della prestazione e a divenire insufficiente solo pochi minuti dopo. Lo stato emotivo o la motivazione pos- sono prolungare la capacità del paziente di stare in piedi e di camminare, ma è difficile assistere a un vero investimento psicologico verso stazione eretta e marcia.
A terra questi bambini si spostano strisciando a foca (arti superiori che trascinano in avanti il tronco e inferiori reclutati in flessione-adduzione-intrarotazione).
Il rischio di deformità dell’anca è elevato a causa delle contrazioni in flesso-addu- zione, a volte violente, che accompagnano le reazioni emotive più intense.
La risposta ai farmaci antispastici risulta generalmente esagerata. La chirurgia orto- pedica funzionale, per quanto dosata, finisce spesso per portare il muscolo operato al- l’insufficienza. È giustificato, anche in posizione seduta, l’impiego di ortesi AFO, purché leggere, per la loro capacità di contribuire ad aumentare il controllo posturale del pa- ziente.
Non risultano invece di grande aiuto i sistemi di postura perché il tronco del pazien- te tende a crollare in avanti e i bretellaggi vengono in generale mal sopportati.
Fig. 4.Bambino “tirati-su”
Posizione seduta
Capo antepulso e semiflesso, ipercifosi dorsale, tronco antepulso ed inclinato di lato, anche semiflesse (bacino retroverso), ginocchia semiflesse con arti inferiori orientati di lato
Fig. 5.Bambino “tirati-su”
Posizione eretta
Capo allineato, cifosi dorsale ed iperlordosi lombare, obliquità e lateropulsione pelvica, anche flesse (bacino antiverso), ginocchia semiestese e valghe, piedi equino- valgo-pronati, carico asimmetrico
Bottos M (2003) Paralisi cerebrale infantile. Dalla “Guarigione all’Autonomia”. Diagnosi e proposte riabilitative.
Piccin editore, Padova
Ferrari A (2000) I problemi percettivi connessi ai disordini motori della paralisi cerebrale infantile. Giorn Ital Med Riab 14, 4:17-24
Ferrari AB (1992) L’eclissi del corpo. Borla editore, Roma
Giannoni P, Zerbino L (2000) Fuori schema. Springer editore, Milano
Letture consigliate
Corominas J (1993) Psicopatologia e sviluppi arcaici. Borla editore, Roma Winnicott DW (1975) Dalla pediatria alla psicoanalisi. Martinelli editore, Firenze