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2 G LI EFFETTI DEI FONDI PENSIONE SUI MERCATI FINANZIARI

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2 G

LI EFFETTI DEI FONDI PENSIONE SUI MERCATI

FINANZIARI

Un elemento a favore dello sviluppo della previdenza complementare a capitalizzazione, soprattutto in quei paesi caratterizzati dalla presenza di un sistema finanziario relativamente poco sviluppato, consiste nell’ aspettativa di un’importante incidenza positiva sul funzionamento e sull’efficienza dei mercati finanziari. La previdenza privata, infatti, non comporta come unico vantaggio la possibilità di contenere l’onere pensionistico gravante sullo Stato, ma grazie ai meccanismi con cui viene messa in atto riveste un’importanza notevole anche per il sistema economico nel suo complesso.

Gli effetti positivi generati sui mercati finanziari possono essere collegati essenzialmente alla particolare natura che caratterizza il risparmio gestito dai fondi pensione: si tratta, infatti, di risparmio previdenziale avente natura contrattuale e quindi di risorse finanziarie accantonate ed investite in modo tale da garantire agli stessi lavoratori, secondo le logiche proprie della capitalizzazione, la creazione di un reddito futuro. Si tratta quindi di risparmio che per sua stessa natura è caratterizzato dalla contemporanea presenza di due peculiarità che rivestono notevole importanza:

1. la stabilità dei flussi, connessa alla regolarità con cui gli iscritti provvedono ad effettuare i versamenti presso i fondi pensione;

2. il lungo orizzonte temporale di impiego dovuto al fatto che il risparmio a carattere previdenziale ha come scopo prioritario la soddisfazione delle esigenze che si presenteranno in un futuro prossimo, nel momento in cui lo stesso contribuente cesserà di esercitare la propria attività lavorativa.

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La natura collettiva che caratterizza i fondi pensione, inoltre, favorisce il potenziale coinvolgimento di un numero piuttosto elevato di soggetti, per cui anche il risparmio da essi gestito può arrivare a raggiungere volumi piuttosto rilevanti. Proprio grazie alla natura previdenziale del risparmio a loro disposizione ed alla consistenza delle risorse finanziarie raccolte, possono anche usufruire di importanti economie di scala e godere dei vantaggi connessi alla possibilità di realizzare importanti strategie di diversificazione: la gestione collettiva del risparmio, infatti, consente di ottenere una riduzione dei costi unitari ed allo stesso tempo la gestione di importanti volumi di risparmio favorisce sia la realizzazione di una diversificazione di portafoglio più efficiente, basata su un’allocazione più equilibrata tra scadenze, tipologie di strumenti e settori, sia una razionalizzazione complessiva dei flussi, difficilmente ottenibile attraverso una gestione di tipo individuale.

I fondi pensione, nella loro veste di investitori istituzionali, danno anche un significativo contributo a favore della stabilizzazione dei mercati, contrastando le tendenze speculative: i gestori dei fondi, infatti, confidano in una crescita costante e graduale degli investimenti realizzati, avendo soltanto da perdere dalle eventuali fasi di turbolenza. Di conseguenza la presenza sul mercato di numerosi gestori di fondi aventi a disposizione somme elevate ed allo stesso tempo tutti interessati al raggiungimento dell’obiettivo di stabilità, è in grado di influenzare efficacemente le tendenze di mercato.

Un altro aspetto importante riguarda il fatto che l’introduzione dei fondi pensione può fornire un contributo importante alla rivitalizzazione dei mercati e favorire l’afflusso di risparmio verso strumenti finanziari moderni che, direttamente o indirettamente, contribuiscono al finanziamento delle attività reali d’investimento, ampliando in questo modo la gamma di prodotti finanziari offerti sul mercato ed aumentando le opportunità di finanziamento a favore delle imprese. I fondi pensione

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sono un importante mezzo per riuscire a raccogliere flussi regolari e costanti di piccolo risparmio, altrimenti frammentato e volatile, e convogliarlo verso investimenti di medio-lungo termine, con conseguenti importanti vantaggi per il mercato dei capitali. Parte delle risorse disponibili vengono investite in titoli obbligazionari, in grado di minimizzare il livello di rischio sopportato ed allo stesso tempo assicurare rendimenti certi, privilegiando, vista la natura previdenziale dei fondi pensione, quelli con scadenze medio-lunghe, contribuendo in questo modo alla riduzione dei relativi rendimenti. Il comportamento dei fondi pensione, quindi, comporta il duplice vantaggio di allungare la vita media del debito pubblico ed allo stesso tempo ridurre la relativa spesa per interessi. Le conseguenze più significative però sono quelle che interessano il mercato azionario: l’introduzione dei fondi pensione, infatti, rappresenta un possibile incentivo all’incremento della domanda di azioni e quindi anche del volume complessivo di scambi realizzati in Borsa, contribuendo in questo modo a rendere più significativi i prezzi e ad un progressivo ampliamento del listino che diventerà un’immagine sempre più rappresentativa del sistema produttivo reale.

Con l’introduzione dei fondi pensione si possono ottenere anche importanti vantaggi per l’economia reale: in questo modo, infatti, le imprese possono fare affidamento su azionisti fedeli e con un’ottica d’investimento di lungo periodo, in grado di favorire la predisposizione di strategie di lungo termine ed il finanziamento dei relativi investimenti, con importanti vantaggi per la redditività d’impresa e quindi per gli stessi azionisti. In modo particolare possono trarne vantaggio le piccole e medie imprese non quotate, generalmente profittevoli ed innovative, ma per le quali risulta particolarmente difficoltoso riuscire a reperire le risorse di cui necessitano senza dover inevitabilmente ricorrere all’indebitamento bancario. L’esperienza dei paesi in cui la previdenza complementare si è già ampiamente affermata mette in luce il ruolo di fondamentale importanza rivestito dai fondi pensione in riferimento al finanziamento

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del venture capital[1]: l’orizzonte temporale di lungo termine che li contraddistingue, infatti, consente loro di rivolgersi verso investimenti caratterizzati da un maggior rendimento atteso, ma i cui ritorni economici sono differiti nel tempo.

In conclusione merita di essere menzionato anche il ruolo che questi particolari investitori istituzionali possono svolgere a vantaggio del finanziamento delle infrastrutture: la capacità dello Stato di investire notevoli risorse nella realizzazione di grandi opere, che ad ogni modo risultano necessarie, è sempre più ridotta ed è proprio per questo motivo che è risultato necessario cercare di coinvolgere in modo diretto anche soggetti di natura privata attraverso il ricorso alla formula del project financing. Questo genere di investimenti rappresentano un’ottima occasione per i fondi pensione che in questo modo hanno l’opportunità di realizzare investimenti caratterizzati da rendimenti certi anche se lontani nel tempo.

In conclusione i fondi pensione, grazie proprio alle dimensioni delle risorse gestite ed alle politiche d’impiego adottate, possono offrire un importante contributo sia all’aumento della vitalità dei mercati finanziari, migliorandone l’efficienza, la consistenza e la stabilità, sia al finanziamento dello sviluppo.

Riveste particolare importanza, quindi, mettere in rilievo l’influenza che lo sviluppo dei fondi pensione è in grado di esercitare all’interno del settore economico e finanziario, ed in modo particolare:

1. come la previdenza complementare influenza il risparmio e quindi il tasso di investimento ed accumulazione del sistema economico;

2. la relazione esistente tra lo sviluppo dei fondi pensione ed i mercati azionari ed obbligazionari;

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Per venture capital generalmente s’intende un’attività professionale volta, in un’ottica di diversificazione del portafoglio, all’apporto di capitale di rischio (generalmente sotto forma di partecipazione di minoranza al capitale azionario o di sottoscrizione di titoli convertibili in azioni) per un arco di tempo medio-lungo, in piccole-medie imprese non quotate ad elevato potenziale di sviluppo, eventualmente anche con un apporto di esperienza professionale utile alla crescita dell’azienda.

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3. il contributo apportato dai fondi pensione al finanziamento delle infrastrutture.

2.1 Gli effetti sul risparmio

Un aspetto che riveste particolare rilievo riguarda gli effetti che l’introduzione dei fondi pensione è in grado di generare sia sul volume che sull’allocazione del risparmio: gli studi svolti sull’argomento, incentrati in modo particolare sull’esperienza dei paesi in cui la previdenza collettiva ha già avuto ampia diffusione come ad esempio gli Stati Uniti, mettono in evidenza l’esistenza di importanti vantaggi riguardo l’allocazione del risparmio, mentre risultano alquanto incerti gli effetti di ordine quantitativo[2]. Dal punto di vista teorico, quindi, non sembra possibile giungere ad una conclusione univoca riguardo l’impatto che l’introduzione dei fondi pensione è in grado di generare sul risparmio individuale ed aggregato, e di conseguenza non risulta affatto scontato il fatto che grazie all’introduzione del sistema pensionistico privato, si ottenga necessariamente un incremento del risparmio individuale e collettivo presente all’interno del paese.

Secondo la teoria economica il fine previdenziale è una delle principali motivazioni che presiedono le scelte di risparmio, quindi è evidente la presenza di un forte legame tra previdenza e risparmio, ma al contempo risulta estremamente complicato riuscire ad individuare le relazioni causali esistenti tra le due variabili.

L’approccio più diffuso per analizzare l’impatto che la previdenza determina sul risparmio prende come riferimento la teoria del ciclo vitale di Modigliani: gli individui tendono a suddividere il reddito a propria disposizione in modo tale da stabilizzare il livello di consumi durante la vita, senza trascurare né i possibili imprevisti né le maggiori esigenze legate all’avanzare dell’età. In questo modo sono portati, dopo una fase d’indebitamento iniziale, ad accumulare risparmio durante tutta la vita lavorativa,

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in modo da essere poi in grado di finanziare i consumi durante la fase di pensionamento: ciascun lavoratore, in pratica, realizza il proprio risparmio previdenziale nell’ambito di una libera allocazione temporale del reddito che ha a propria disposizione. Questa necessità è avvertita in misura maggiore tanto minore risulta essere il livello di trattamento previdenziale assicurato dallo Stato.

In base a quanto evidenziato da questa teoria, quindi, l’introduzione di una componente previdenziale a carattere privato, in caso di completa assenza di imperfezioni di mercato e di incentivi fiscali a favore dei fondi pensione, non dovrebbe avere alcun tipo d’impatto sul volume complessivo di risparmio, piuttosto si verificherebbe una contrazione del risparmio discrezionale di ciascun individuo in misura pari all’incremento dei contributi versati alla previdenza complementare.

L’unico risultato ottenibile attraverso l’introduzione di un sistema previdenziale a carattere privato consiste in una modificazione della forma in cui i soggetti detengono le risorse necessarie a finanziare i propri consumi durante il periodo di pensionamento, mentre l’effetto netto finale sul risparmio personale risulterebbe pressoché nullo. La quota di risparmio destinata ai fondi pensione, infatti, andrebbe semplicemente a sostituire il risparmio previdenziale che altrimenti i singoli lavoratori effettuerebbero in modo individuale per essere in grado di finanziare i propri consumi durante la vecchiaia.

Le cose, però, cambiano completamente nel caso in cui siano previste delle agevolazioni fiscali come incentivo allo sviluppo della previdenza privata: in questo caso, infatti, il rendimento generato dal risparmio previdenziale risulta notevolmente superiore rispetto a quello che invece caratterizza il risparmio di tipo non previdenziale.

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Il maggior rendimento del risparmio previdenziale in questo caso genera due effetti di segno opposto sull’ammontare di risparmio personale[3]:

1. effetto reddito: il maggior rendimento offerto dal risparmio previdenziale porta gli individui ad aumentare i propri consumi durante tutta la vita, riducendo quindi la quota di risparmio corrente;

2. effetto sostituzione: il maggior rendimento offerto dal risparmio previdenziale può essere anche visto come un incentivo a rinviare i consumi al momento del pensionamento, visto che il consumo attuale risulta più costoso in termini di consumi futuri. In questo modo viene stimolato un incremento della quota di risparmio corrente.

I soggetti, quindi, possono risparmiare la quantità di reddito necessaria a finanziare un prestabilito livello di consumi futuri ad un tasso di risparmio inferiore, ma allo stesso tempo la maggior remunerazione che caratterizza il risparmio di natura previdenziale può indurli a programmare un livello di consumi superiore durante la fase di pensionamento. L’impatto complessivo sul risparmio generato dall’introduzione del sistema previdenziale privato a questo punto risulta alquanto incerto visto che è strettamente legato alla forza relativa dei due effetti opposti e da quale quindi riesce a prevalere.

Bisogna, però, tenere in considerazione anche ulteriori possibili effetti legati all’introduzione della previdenza privata, in grado di influenzare positivamente il livello di risparmio personale. Per alcuni soggetti, ed in modo particolare coloro che percepiscono redditi più bassi, il risparmio previdenziale può rappresentare una sorta di risparmio forzoso, cioè un’ulteriore quota di risparmio che va ad aggiungersi a quello di carattere volontario; altri individui, indipendentemente dall’ammontare del reddito percepito, possono presentare un atteggiamento cosiddetto “miope” per cui in caso di

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totale assenza di versamenti previdenziali obbligatori realizzano un volume di risparmio insoddisfacente; infine alcuni, possono attribuire al risparmio di carattere previdenziale un coefficiente di rischio superiore rispetto a quello che invece contraddistingue il risparmio di tipo discrezionale, proprio a causa dell’orizzonte temporale d’investimento più vasto. In questo modo sono portati a ridurre il proprio livello di risparmio non previdenziale in misura inferiore rispetto all’incremento subito dal risparmio previdenziale. Generalizzando, si può arrivare alla conclusione che tanto inferiore risulta essere il grado di sostituibilità esistente tra risparmio previdenziale e non previdenziale, tanto minore appare la probabilità che l’introduzione della pensione privata provochi una riduzione del livello di risparmio personale netto.

Alla luce degli effetti complessivamente descritti, dal punto di vista teorico non risulta possibile stabilire a priori l’impatto che l’introduzione della previdenza complementare può generare sul risparmio, ma è necessario fare riferimento a studi di carattere empirico[4]. L’esperienza degli Stati Uniti, ad esempio, mostra come l’introduzione del risparmio previdenziale privato abbia ridotto in modo meno che proporzionale quello di natura non previdenziale, determinando in questo modo un incremento del risparmio complessivo del sistema, a conferma del fatto che l’introduzione della previdenza privata genera un effetto nel complesso positivo sul risparmio. Si tratta, però, di risultati la cui validità anche per altri sistemi economici, caratterizzati da tassi di risparmio e contesti istituzionali differenti, non è automatica, ma necessita di verifica.

Nel caso in cui il sistema previdenziale privato non venga introdotto in aggiunta a quello pubblico, ma in sua sostituzione totale o parziale, si generano ulteriori effetti di tipo indiretto connessi alle possibili inefficienze o distorsioni generate dalla presenza del sistema previdenziale pubblico. Molta letteratura presente sull’argomento valuta la

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possibilità che le pensioni statali abbiano un impatto negativo sul livello di risparmio personale riducendo la propensione all’investimento e quindi il ritmo di accumulazione del capitale. Questi effetti indesiderati possono essere superati nella misura in cui la previdenza privata rappresenta un’alternativa all’espansione di quella pubblica oppure ne consente una riduzione dei programmi pensionistici.

La previdenza pubblica può indurre una contrazione del livello di risparmio personale per due motivi:

1. introducendo un sistema previdenziale pubblico che operi secondo il criterio retributivo[5] o aumentandone i benefici erogati, nel caso in cui il numero dei soggetti in età lavorativa risulti superiore rispetto a coloro ormai in età da pensionamento, il sistema inizialmente, da un punto di vista attuariale, potrebbe non risultare equo in quanto il valore attuale delle prestazioni previdenziali risulta superiore rispetto al valore attuale delle contribuzioni. In questo modo, almeno inizialmente, si determinerebbe un trasferimento della ricchezza in favore della popolazione attiva inducendo un incremento del livello di consumi. Secondo quanto enunciato dalla teoria del ciclo vitale di Modigliani i lavoratori, infatti, avvertirebbero un aumento del reddito futuro atteso e quindi sarebbero portati ad aumentare i

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Il metodo di calcolo retributivo è applicato ancora oggi a quei lavoratori che al 31 dicembre 1995 erano in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 18 anni. Secondo questo metodo, la pensione di vecchiaia (o anzianità) viene calcolata prendendo in considerazione la retribuzione media degli ultimi anni di lavoro ed applicandovi una percentuale a scaglioni decrescenti all’aumentare della retribuzione (pari al massimo al 2%) per ogni anno di anzianità contributiva maturata. Più semplicemente, la pensione dipende dagli anni di lavoro accumulati e dalla retribuzione degli ultimi anni, indipendentemente dall’ammontare dei contributi versati durante l’intera vita lavorativa. Ciò mediamente assicura una copertura pari al 70-80% rispetto all’ultimo reddito ante pensionamento. Il calcolo pensionistico di tipo contributivo introdotto dalla riforma Dini, invece,viene applicato a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996 e commisura la pensione ai contributi effettivamente versati durante tutta la vita lavorativa: ogni anno i contributi versati vengono rivalutati in base alla variazione media quinquennale del PIL nominale e cumulati fino a costituire il montante contributivo individuale, che, al momento del pensionamento, verrà convertito in pensione mediante l’utilizzo di un coefficiente di trasformazione la cui entità dipende dall’età scelta per il pensionamento. Per i lavoratori che al 31 dicembre presentavano meno di 18 anni di anzianità contributiva la pensione viene calcolata secondo il metodo misto: si applica il metodo retributivo in relazione ai contributi versati fino al 31 dicembre 1995 e quello contributivo a partire dal 1° gennaio 1996.

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propri consumi sia durante il periodo lavorativo che al momento del pensionamento, riducendo di conseguenza il livello di risparmio a carattere volontario e ricorrendo eventualmente anche a prestiti;

2. anche a fronte di un sistema previdenziale pubblico equo dal punto di vista attuariale, la sicurezza di ricevere prestazioni annuali certe durante la vecchiaia favorisce la riduzione dell’esigenza avvertita dai lavoratori di effettuare risparmi a carattere precauzionale in vista delle necessità future. Teoricamente, quindi, la presenza di programmi pensionistici pubblici porta ad una riduzione del livello di risparmio di tipo precauzionale.

Gli studi empirici realizzati da Feldestein sugli Stati Uniti evidenziano l’impatto negativo che la previdenza pubblica ha esercitato sul risparmio personale e sulla crescita economica, però allo stesso tempo risulta alquanto complesso accertarne la valenza generale. In ogni caso se la tesi risultasse corretta e quindi la previdenza pubblica generasse effetti negativi sul risparmio, proprio attraverso la sua eliminazione sarebbe possibile ottenere importanti vantaggi sull’ammontare complessivo di risparmio. La previdenza complementare, quindi, favorisce un incremento del livello complessivo di risparmio nella misura in cui consente una riduzione del ruolo svolto dal sistema pensionistico pubblico oppure ne impedisce l’espansione.

In realtà il sistema previdenziale pubblico e quello privato non rappresentano due soluzioni alternative, ma è opportuno prendere in considerazione l’ipotesi più veritiera di una loro coesistenza resa necessaria dal livello insufficiente di prestazioni garantite soltanto dallo Stato. In questo caso risulta evidente l’esistenza di un’aspettativa di pensionamento, accompagnata però allo stesso tempo dalla consapevolezza riguardo l’esiguità del suo ammontare. L’ipotesi di base secondo cui gli individui sono portati a stabilizzare il livello dei consumi durante la propria esistenza, mette in evidenza la

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relazione inversa che lega il livello atteso di previdenza pubblica e quello di risparmio previdenziale: una riduzione attesa delle prestazioni pubbliche, infatti, stimola il risparmio previdenziale di tipo individuale favorendo così lo sviluppo della previdenza privata, che a sua volta dovrebbe contribuire positivamente alla crescita del risparmio aggregato. Anche la sola aspettativa di una riduzione delle prestazioni pubbliche, senza che sia accompagnata da un’effettiva riduzione dei contributi obbligatori, può indurre un incremento del risparmio previdenziale individuale, ottenuto attraverso una riduzione dei consumi e/o di altre componenti del risparmio. Le potenzialità di sviluppo della previdenza privata e l’entità degli effetti positivi ad essa connessi, dipendono strettamente dall’entità della contribuzione da versare obbligatoriamente al sistema previdenziale pubblico che incide sul livello del reddito disponibile e quindi sulla propensione al risparmio: secondo le teorie keynesiane, infatti, sia la propensione media che quella marginale al risparmio crescono all’aumentare del reddito disponibile. Risulta, quindi, particolarmente difficoltoso riuscire a prestabilire se il passaggio da un sistema pensionistico pubblico ad uno misto, caratterizzato dalla presenza di forme di previdenza privata complementare, sia in grado di generare un incremento del livello di risparmio. Quello che ci si attende in ogni caso è una ricomposizione del risparmio aggregato, cioè una variazione della composizione delle attività detenute nel portafoglio delle famiglie, che infatti saranno portate ad indirizzare il proprio risparmio prevalentemente verso impieghi di medio-lungo termine. Quindi un altro fenomeno di particolare rilievo legato all’introduzione di una previdenza a carattere privato consiste nella riallocazione del risparmio: a prescindere dall’esistenza di effetti concreti sul volume di risparmio è evidente l’elevata probabilità di una sua differente allocazione che almeno in parte, infatti, verrà sottratto alle scelte di investimento individuali di breve termine caratterizzate da elevata instabilità per essere destinato ad una gestione accentrata e professionale rivolta verso impieghi con scadenze medio-lunghe.

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L’economista Benjamin Friedman è uno dei principali sostenitori dell’effetto positivo esercitato dalla previdenza privata sull’allocazione del risparmio ed ha messo in evidenza il ruolo fondamentale svolto dai fondi pensione come investitori istituzionali che, grazie all’orizzonte d’investimento di lungo termine, favoriscono la stabilizzazione e la crescita dei mercati finanziari.

L’economista E. P. Davids a sua volta sostiene che l’introduzione della previdenza complementare alimenti l’offerta sui mercati dei capitali di fondi a lungo termine e riduca i depositi bancari, anche nel caso in cui risparmi e benessere non subiscano alcuna variazione. L’effetto di stabilizzazione e stimolo sui mercati dei capitali è connesso alle peculiarità delle scelte di portafoglio realizzate dagli investitori istituzionali: il risparmio istituzionale, infatti, si differenzia significativamente da quello intermediato dal sistema bancario tipicamente di breve periodo.

I potenziali effetti positivi sulla quantità e sull’allocazione del risparmio legati all’introduzione della previdenza privata sono un aspetto particolarmente importante anche per l’Italia che si caratterizza per una propensione al risparmio elevata, ma in diminuzione. Questa tendenza negativa, infatti, potrebbe essere opportunamente controbilanciata dalle conseguenze legate allo sviluppo della previdenza complementare. I fondi pensione possono favorire una migliore allocazione del risparmio grazie alla loro tipica tendenza ad investire in attività a lunga scadenza ed alla loro capacità di incrementare il livello di risparmio intermediato professionalmente. Attraverso lo sviluppo dei fondi pensione, quindi, è possibile favorire una riduzione di quelle distorsioni che ostacolano l’incontro tra coloro che detengono i capitali e coloro che invece hanno le informazioni e le competenze necessarie per realizzare gli investimenti.

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2.2 Effetti sul mercato dei capitali

L’analisi degli effetti generati dalla previdenza privata sul risparmio ha evidenziato come, nonostante possa apparire ambiguo l’impatto complessivo generato sul risparmio aggregato, dal punto di vista teorico lo sviluppo dei fondi pensione ha importanti effetti sull’allocazione del risparmio e, quindi, sulla composizione del portafoglio delle famiglie.

Il fine previdenziale che caratterizza la domanda, il vasto orizzonte temporale di impiego, la regolarità tipica dei flussi finanziari in questione, la gestione di carattere professionale e gli elevati volumi di denaro che possono essere intermediati, costituiscono una valida spiegazione del modo in cui lo sviluppo dei fondi pensione può favorire la canalizzazione costante e regolare di elevate quantità di piccolo risparmio, altrimenti volatile e frammentato, verso impieghi di medio-lungo termine. In questo modo si verifica una ricomposizione del portafoglio delle famiglie in cui vengono ad assumere un peso più rilevante gli impieghi a lungo termine. La peculiare natura contrattuale e collettiva del risparmio versato presso i fondi pensione lo rendono allo stesso tempo prevedibile e regolare, favorendo una migliore pianificazione degli investimenti ed una più efficiente diversificazione del portafoglio tra scadenze, tipologie di strumenti finanziari e settori economici. Proprio grazie al ricorso alla diversificazione risulta possibile ridurre significativamente il grado di rischio del portafoglio ed allo stesso tempo aumentare il tasso di rendimento del risparmio.

In accordo con la teoria delle scelte di portafoglio se un investitore può realizzare una diversificazione efficiente delle attività detenute all’interno del proprio portafoglio viene ad assumere particolare rilievo la correlazione esistente tra i rendimenti dei vari titoli. Dunque, per i fondi pensione, grazie alla possibilità di realizzare una maggior diversificazione, non assume rilievo tanto il grado di rischio che caratterizza ogni

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singolo titolo, ma piuttosto la correlazione esistente tra le diverse attività: lo scopo prioritario di ciascun fondo, infatti, sarà proprio quello di riuscire a combinare all’interno del proprio portafoglio attività che presentano rendimenti con correlazioni basse, o meglio ancora negative, in modo tale da conseguire allo stesso tempo una riduzione significativa del livello di rischio insito nel portafoglio complessivo ed un aumento del relativo rendimento.

La concentrazione del piccolo risparmio nelle mani di gestori professionali favorisce anche una complessiva razionalizzazione dei flussi finanziari da cui derivano un amento ed una razionalizzazione dell’offerta di fondi a medio-lungo termine. Ciò favorisce l’aumento dello spessore e dell’ampiezza dei mercati finanziari, l’allungamento delle scadenze del debito e lo sviluppo di un’offerta di prodotti finanziari più articolata, garantisce una maggiore continuità al processo di accumulazione e favorisce un’allocazione in linea col criterio della produttività degli investimenti, senza trascurare i settori più marginali del sistema finanziario, come ad esempio quello delle piccole e medie imprese.

2.2.1 Il mercato obbligazionario

Lo sviluppo dei fondi pensione genera importanti ripercussioni sul mercato obbligazionario, i cui titoli rappresentano un’alternativa d’investimento a basso rischio ed allo stesso tempo in grado di garantire rendimenti sicuri: nei paesi in cui la previdenza complementare si è già affermata da tempo, infatti, gran parte delle risorse finanziarie affidate ai fondi pensione sono state investite proprio in obbligazioni private e titoli pubblici[6].

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Per quanto riguarda il mercato dei titoli pubblici, in linea generale, l’adesione dei risparmiatori ai fondi pensione è seguita da una contemporanea riduzione degli investimenti diretti in titoli di Stato, non necessariamente compensata da un incremento della rispettiva domanda da parte dei fondi pensione. Ciò è espressione di una differente propensione al rischio che contraddistingue i fondi pensione rispetto ai singoli risparmiatori: i fondi pensione, infatti, mettono in atto strategie di investimento caratterizzate da una maggiore diversificazione del rischio, basate su informazioni migliori, ed in modo particolare aventi un orizzonte temporale d’impiego più vasto.

L’effetto complessivo che può essere generato a favore del debito pubblico grazie all’introduzione di forme di previdenza privata, quindi, risulta pressoché nullo, o addirittura negativo nel caso in cui i fondi pensione prediligano segmenti alternativi del mercato dei capitali. E’ necessario, però, tenere in considerazione anche l’effetto che lo sviluppo dei fondi pensione può generare sul risparmio in quanto, in caso di un eventuale aumento del livello di risparmio individuale, è possibile riuscire a contenere, o addirittura a compensare, l’effetto negativo generato sui titoli di Stato.

Questo genere di relazione esistente tra previdenza privata e domanda di titoli di Stato, però, non ha valenza universale, ma può venire meno di fronte a forti effetti di spiazzamento, cioè nel caso in cui i titoli di Stato presentino rendimenti significativamente superiori rispetto a quelli invece offerti da attività alternative. In questo caso, a parità di rischio sopportato, non si determina uno spostamento della domanda dai titoli pubblici verso quelli privati, ma attraverso una gestione professionale del risparmio è possibile riuscire ad ottimizzare il rendimento ottenibile da un portafoglio composto esclusivamente da titoli pubblici, senza la necessità di rivolgere il risparmio verso altri segmenti del mercato dei capitali.

A prescindere dagli effetti di natura quantitativa, assume particolare rilievo il contributo di carattere qualitativo che i fondi pensione apportano allo sviluppo del

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mercato dei titoli di Stato: trattandosi, infatti, di investitori istituzionali che operano su scadenze piuttosto lunghe, favoriscono un incremento della domanda di titoli di Stato a lungo termine. La crescente propensione del risparmio a prediligere i titoli a lungo termine gioca a favore di una riduzione dei rendimenti incorporati in questi titoli, offrendo la possibilità al Governo di allungare le scadenze dei propri debiti senza dover necessariamente aumentare in maniera eccessiva i rispettivi oneri finanziari. Viene così di gran lunga facilitata la gestione del debito pubblico favorendo il raggiungimento dell’obiettivo prioritario di allungare la vita media della posizione debitoria dello Stato.

L’introduzione dei fondi pensione contribuisce ad un miglioramento qualitativo del mercato dei titoli di Stato anche consentendo al Tesoro di ampliare la gamma di titoli offerti rendendo più appetibile per i risparmiatori finanziare l’indebitamento pubblico. Molti studi teorici confermano come grazie ad una maggiore diversificazione degli strumenti finanziari messi a disposizione dei risparmiatori sia possibile riuscire ad aumentare in modo anche significativo la possibilità di ottenere importanti riduzioni del costo del debito.

L’introduzione dei fondi pensione consente di ottenere effetti di particolare rilievo anche sul mercato delle obbligazioni emesse dalle imprese private: la loro tradizionale tendenza a rivolgersi prevalentemente verso titoli a lunga scadenza, infatti, determina una riduzione del premio incorporato nel rendimento di questi titoli favorendo in questo modo la riduzione dei tassi a lungo termine. Il minor costo dell’indebitamento a lungo termine consente alle imprese di realizzare una più efficiente ricomposizione delle proprie passività in caso di squilibri verso l’indebitamento a breve termine.

Proprio grazie all’orizzonte di lungo periodo che contraddistingue i loro investimenti ed alle strategie di diversificazione e di copertura del rischio che sono soliti mettere in atto, i fondi pensione possono agevolare anche il collocamento delle obbligazioni di tipo non tradizionale, rendendo possibile, ad esempio, anche la

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diffusione di titoli che offrono rendimenti inferiori rispetto a quello prevalente sul mercato per scadenze simili, ma che in compenso attribuiscono al sottoscrittore diritti accessori in grado di aumentare il rendimento complessivo fino a renderlo persino superiore rispetto ai tassi d’interesse prevalenti sul mercato. Gli studi svolti sul mercato statunitense, ad esempio, mettono in risalto come numerose innovazioni delle attività a reddito fisso attualmente presenti sul mercato siano una semplice risposta alla domanda dei fondi pensione[7].

Lo sviluppo dei fondi pensione, infine, può generare anche importanti vantaggi per il mercato secondario dei titoli obbligazionari, sia pubblici che privati: la regolarità e la continuità che caratterizzano la domanda di questi investitori, infatti, contribuiscono ad attenuare la volatilità delle quotazioni e favoriscono l’ispessimento ed una maggior liquidità dei mercati. La grande varietà di operatori con caratteristiche istituzionali differenti e con diverse logiche d’investimento, a sua volta contribuisce ad accrescere l’ampiezza dei mercati. In questo modo si ottiene una maggiore liquidità degli strumenti finanziari ed una conseguente riduzione del premio richiesto come ricompensa di scadenze più lunghe.

2.2.2 Il mercato azionario

Nei paesi in cui i fondi pensione hanno avuto maggiore diffusione è dubbio se la loro natura tipicamente previdenziale, da cui deriva l’esigenza di realizzare impieghi a lungo termine e al contempo caratterizzati da un adeguato rapporto tra rendimento e rischio, li renda in grado di convogliare il risparmio verso il capitale di rischio emesso dalle imprese. Le esperienze di quei paesi in cui la previdenza complementare è ormai consolidata, come l’Inghilterra e gli Stati Uniti, evidenziano una forte propensione dei

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fondi pensione ad investire in titoli azionari, di gran lunga superiore rispetto a quella che invece contraddistingue gli investitori individuali che in genere prediligono gli investimenti caratterizzati da un rischio ridotto, una possibilità di valutazione immediata, una gestione semplice ed un elevato grado di liquidità[8]. I titoli azionari non rispondono a nessuna di queste caratteristiche, ma presentano un reddito variabile e quindi altamente incerto e le decisioni di acquisto e di vendita richiedono complesse valutazioni di carattere finanziario, una buona conoscenza dei mercati finanziari e la professionalità necessaria per consentire una gestione del patrimonio dinamica e diversificata. Si tratta, quindi, di strumenti piuttosto complessi da manovrare soprattutto da parte di singoli investitori non esperti, ma che in compenso sono in grado di offrire rendimenti reali notevolmente superiori rispetto ad altri titoli: proprio a causa di queste sue peculiarità l’investimento azionario in genere viene realizzato tramite intermediari professionali.

Nonostante il risparmio previdenziale possa essere considerato il diretto sostituto del risparmio personale che altrimenti ciascun lavoratore realizzerebbe direttamente, lo sviluppo dei fondi pensione comporta anche una trasformazione qualitativa della domanda di attività finanziarie: il trasferimento del risparmio delle famiglie ai fondi pensione, infatti, genera un aumento della domanda di titoli azionari dovuta al perseguimento del loro principale obiettivo di diversificazione del portafoglio, con importanti effetti benefici a favore del mercato dei capitali. L’aumento della domanda professionale di titoli azionari quale conseguenza diretta dell’introduzione dei fondi pensione, rappresenta a sua volta un valido contributo al progressivo aumento del volume di scambi realizzati in Borsa, rendendo in questo modo più significativi i prezzi ed aumentando l’efficienza valutativa del mercato. L’afflusso di consistenti e regolari quantità di risparmio assieme all’aumento della quantità e tipologia di intermediari

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finanziari presenti sul mercato determinano un incremento ed una maggior varietà della domanda favorendo così l’ampliamento e l’ispessimento del mercato azionario. Una domanda di azioni ed un volume di scambi più consistenti a loro volta generano un incremento dell’offerta di titoli quotati, che in questo modo appaiono più convenienti, con un conseguente significativo ampliamento del mercato che diventa più rappresentativo del sistema economico nel suo complesso (e non solamente di pochi gruppi economici di elevate dimensioni) e quindi anche meno volatile.

La continuità che contraddistingue i flussi di risparmio dei fondi pensione fa sì che anche nei periodi di forte calo del mercato possano agire contro tendenza, sostenendo la domanda con un’importante funzione stabilizzatrice.

Questi effetti sono risultati validi per i paesi anglosassoni in cui i mercati finanziari sono particolarmente sviluppati ed efficienti, ma alla luce delle scelte di portafoglio realizzate dai fondi pensione di altri paesi, non risultano generalizzabili a tutti i sistemi economici: in Germania ed in Spagna, ad esempio, il peso assunto dai titoli azionari all’interno del loro portafoglio risulta alquanto esiguo[9]. La notevole diversità delle strategie d’investimento messe in pratica dai fondi pensione appartenenti a paesi diversi può essere spiegata facendo riferimento a due fattori principali: i vincoli normativi ed in modo particolare il livello di sviluppo del mercato finanziario in cui operano. Nei paesi in cui l’investimento azionario è ridotto, infatti, vige una normativa volta a disciplinare gli investimenti dei fondi pensione imponendo importanti limitazioni alla tipologia di impieghi realizzabili, favorendo implicitamente gli investimenti in obbligazioni e titoli di Stato. Si tratta, però, di vincoli non così stringenti da riuscire da soli a spiegare la scarsa propensione dei fondi pensione ad investire in capitale di rischio, che invece può essere giustificata se si tengono in considerazione anche la minore efficienza e le dimensioni più ridotte che caratterizzano questi mercati.

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E’ evidente, quindi, come i fondi pensione costituiscano una condizione necessaria, ma non sufficiente per favorire il finanziamento delle imprese, grazie proprio alla loro tipica propensione ad investire il risparmio in titoli azionari, ma un presupposto importante per riuscire ad ottenere questo risultato è proprio l’esistenza di un mercato azionario adeguatamente dimensionato e sviluppato. I fondi pensione, infatti, possono fungere da stimolo allo sviluppo dei mercati dei capitali, ma affinché ciò avvenga è necessaria la presenza di mercati già caratterizzati da un soddisfacente grado di sviluppo, quindi assume particolare importanza che allo stesso tempo si verifichi anche un aumento dei volumi e della qualità di titoli offerti sul mercato azionario, altrimenti si corre il rischio che i fondi pensione manifestino una forte tendenza ad investire in titoli pubblici ed in mercati azionari esteri, senza contribuire significativamente alla crescita del mercato azionario interno.

Un ulteriore elemento capace di incidere negativamente sulla propensione dei fondi pensione ad investire in azioni è l’eventuale effetto di spiazzamento che può essere generato dal debito pubblico: elevati tassi d’interesse sul debito pubblico, infatti, riducono l’incentivo ad investire in quei titoli che si contraddistinguono per l’elevata variabilità dei rendimenti offerti.

2.2.3 Il finanziamento delle piccole e medie imprese

Il contributo offerto dai fondi pensione al capitale di rischio non coinvolge soltanto il settore delle grandi imprese, dato che essi allo stesso tempo costituiscono anche un canale importante per favorire l’afflusso del risparmio delle famiglie verso le piccole e medie imprese non quotate.

Le piccole e medie imprese sono delle realtà in linea generale caratterizzate da un’elevata propensione all’innovazione e da buone prospettive di crescita e di

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rendimento, per le quali però risulta allo stesso tempo particolarmente difficoltoso riuscire a reperire le risorse finanziarie di cui hanno bisogno per la realizzazione dei propri progetti.

Nei paesi in cui i fondi pensione sono già ampliamente diffusi, essi hanno in linea di massima ricoperto un ruolo fondamentale per il finanziamento del venture capital, proprio grazie alla principale peculiarità che contraddistingue il risparmio di natura previdenziale: l’orizzonte d’impiego di lungo termine, infatti, consente ai fondi pensione di rivolgersi ad investimenti caratterizzati da un maggior rendimento atteso, ma che allo stesso tempo offrono ritorni economici differiti nel tempo e presentano un grado di liquidità estremamente ridotto[10].

Questi investimenti considerati singolarmente presentano un coefficiente di rischio non trascurabile legato sia alla natura dell’impiego, si tratta infatti di capitale di rischio, sia alla tipologia di soggetti finanziati che sono piccole e medie imprese, sia infine a causa del vasto orizzonte temporale per cui si protrae l’esposizione. I fondi pensione, però, possono sfruttare a proprio vantaggio la possibilità di realizzare una diversificazione del portafoglio più efficiente, ottenendo in questo modo una consistente riduzione del rischio sistematico proprio degli investimenti in capitale di rischio di piccole e medie imprese, e godendo allo stesso tempo dei maggiori rendimenti attesi connessi.

Nei paesi in cui i fondi pensione hanno già avuto una consistente diffusione, la quota di patrimonio destinata a questa tipologia di investimenti risulta piuttosto esigua se considerata in termini di percentuale degli impieghi complessivi, ma al contrario costituisce un contributo piuttosto importante se considerata in termini assoluti.

In linea generale il venture capital implica un coinvolgimento diretto dell’investitore nel progetto finanziato: non deve, infatti, limitarsi ad apportare le risorse

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finanziarie necessarie alla realizzazione, ma deve provvedere allo stesso tempo anche a fornire le capacità professionali di gestione aziendale ugualmente indispensabili. E’ proprio sotto questo punto di vista che i fondi pensione appaiono come dei partner atipici visto che generalmente dispongono di ingenti somme, ma non possiedono le competenze professionali necessarie a fornire un supporto adeguato. Sotto questo aspetto, quindi, rimangono degli investitori di portafoglio piuttosto che degli investitori a carattere reale.

In linea generale i fondi pensione non provvedono direttamente ad investire nelle piccole e medie imprese, ma raggiungono questo scopo per vie traverse, servendosi di altri intermediari finanziari specializzati come i fondi chiusi e le società di venture capital, in grado di assicurare una gestione professionale del risparmio ed allo stesso tempo una riduzione del rischio complessivo grazie ad un’ulteriore diversificazione del portafoglio. In questo modo si viene a creare un forte legame tra fondi pensione e fondi chiusi, dovuto alle esigenze complementari d’impiego e raccolta che li contraddistinguono: i fondi pensione, infatti, hanno a disposizione elevate e regolari quantità di risparmio da investire per lunghi periodi di tempo allo scopo di ottenere rendimenti elevati, ed è proprio ciò di cui hanno bisogno i fondi chiusi. Proprio per questo motivo spesso il decollo dei fondi chiusi è legato alla presenza di importanti investitori istituzionali, come possono essere gli stessi fondi pensione, per i quali non rappresenti un problema né il considerevole costo unitario delle quote né la scarsa liquidità dell’investimento.

Un circuito finanziario capillare, basato sul sistema d’intermediazione che i fondi pensione sono capaci di alimentare, è in grado di favorire anche lo sviluppo dei mercati dei capitali secondari rivolti alle piccole e medie imprese. I fondi pensione, quindi, agevolano l’accesso al mercato dei capitali di queste realtà di dimensioni ridotte

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creando una domanda stabile di titoli in linea di massima poco liquidi, ma che allo stesso tempo offrono rendimenti piuttosto elevati.

Questi aspetti assumono particolare rilievo alla luce delle elevate potenzialità innovative che caratterizzano il settore delle piccole e medie imprese: il numero di investimenti innovativi che possono sostenere, infatti, risulterà sicuramente alquanto più esiguo se possono essere finanziati ricorrendo quasi esclusivamente all’indebitamento. Un eccessivo ricorso al canale del debito contribuisce anche ad ostacolare la crescita dimensionale di queste imprese ed allo stesso tempo ne rende piuttosto critica la struttura economico- finanziaria.

La presenza sul mercato dei fondi pensione e la loro collaborazione con altri intermediari finanziari, quindi, rappresenta un elemento a vantaggio della crescita delle piccole e medie imprese e di conseguenza anche dello sviluppo del sistema economico nel suo complesso.

2.3 Gli effetti sul finanziamento delle infrastrutture

Lo sviluppo dei fondi pensione può apportare un contributo significativo anche al finanziamento dell’edilizia, ed in modo particolare delle infrastrutture: si tratta, infatti, di investimenti che rivestono un’importanza crescente nel contesto europeo, ma che allo stesso tempo trovano ostacolo nella sempre minore capacità dei governi di provvedere direttamente al loro finanziamento.

Con la globalizzazione dei mercati le infrastrutture hanno acquisito maggiore rilievo come elemento di competitività trai vari paesi: infatti, siccome permettono di godere di importanti economie esterne, incidono direttamente sui costi di produzione sopportati dalle imprese e quindi sulle loro capacità concorrenziali e sulle scelte d’insediamento. Gli investimenti in infrastrutture, inoltre, hanno un peso notevole sia

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sulla produzione di reddito che sul livello di occupazione, ed è proprio per questo motivo che i maggiori paesi industrializzati hanno avvertito la necessità di definire nuove priorità di politica economica che tenessero maggiormente in considerazione il problema dell’adeguamento delle infrastrutture.

La crisi dei canali pubblici, tradizionalmente utilizzati per il finanziamento delle opere infrastrutturali, ha fatto avvertire l’esigenza di trovare delle soluzioni alternative in grado di colmare questa lacuna: il modello d’intervento pubblico ormai appare del tutto inadeguato sia a causa dell’insufficienza delle risorse disponibili rispetto all’ingente fabbisogno da coprire, sia a causa dell’inefficienza gestoria che lo caratterizza. L’inevitabile esigenza di contenere il deficit statale e quindi ridurre le spese pubbliche ha reso necessario intervenire limitando innanzitutto le voci di spesa relative a programmi di carattere discrezionale, tra cui rientrano anche quelle riferite alle grandi opere infrastrutturali.

Si è avvertita, quindi, l’esigenza di trovare soluzioni alternative in grado di coinvolgere, assieme alla componente pubblica, soggetti privati a cui affidare le funzioni finanziarie ed organizzative.

Gli investimenti di natura infrastrutturale si contraddistinguono per il fatto che generano fabbisogni finanziari durevoli ed allo stesso tempo presentano una redditività differita nel tempo, per cui le principali fonti di finanziamento di cui necessitano sono il capitale di rischio ed i finanziamenti a lungo termine, anche sotto forma di titoli di debito. L’unica motivazione, quindi, che potrebbe portare un privato a finanziare questo genere di investimenti è l’aspettativa di un’elevata redditività, competitiva con quella proveniente da investimenti alternativi presenti sul mercato. E’ quindi indispensabile cercare di attrarre i possibili investitori sia assicurando la certezza dei programmi, in modo da rendere loro possibile una pianificazione di carattere economico-finanziario e quindi una chiara prospettiva di reddito, sia attraverso il ricorso ad incentivi non

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monetari (ad esempio fiscali) volti a favorire la redditività degli interventi infrastrutturali.

Una volta create le basi per un’effettiva aspettativa di profitto e quindi lo scenario adatto per l’intervento del capitale di rischio, anche il piccolo risparmio può rivolgersi a questo genere di investimenti ed alla base di questo coinvolgimento c’è proprio la fiducia del risparmiatore sulla redditività della gestione e la prospettiva dell’imprenditore di una leva finanziaria positiva, cioè una redditività del capitale proprio superiore rispetto al costo medio del debito.

Per poter creare appositi canali che consentano l’afflusso del risparmio privato verso il settore delle infrastrutture è necessaria l’esistenza di un mercato finanziario efficiente, in cui operino degli intermediari, come ad esempio i fondi pensione, caratterizzati da un elevato grado di professionalità e da un orizzonte d’investimento di lungo termine adatto a far fronte al fabbisogno durevole che caratterizza questi investimenti. Il contributo che i fondi pensione possono fornire al finanziamento delle infrastrutture risulta particolarmente significativo se si tengono in considerazione le peculiarità che contraddistinguono questo genere di operazioni: si tratta, infatti, di opere che richiedono lunghi periodi per la realizzazione e che allo stesso tempo generano redditività solo una volta ultimati i lavori. Si tratta, quindi, di una tipologia di investimenti che si caratterizza al contempo per un fabbisogno durevole ed una redditività differita nel tempo. All’interno di questo contesto i fondi pensione possono svolgere un ruolo di primaria importanza come fonte di finanziamento, e non si tratta di un rapporto possibile solo dal punto di vista teorico, ma di operazioni che sono già state messe in pratica sui mercati internazionali dove accade sempre più frequentemente che i fondi pensione partecipino ad operazioni di project financing con lo scopo ultimo di cogliere le opportunità di rendimento offerte dai progetti infrastrutturali realizzati in mercati emergenti.

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Assume particolare rilievo anche il legame che si può venire a creare tra fondi pensione e fondi o società immobiliari sotto il profilo dell’edilizia abitativa: nel mettere in pratica la propria strategia di diversificazione del portafoglio i fondi pensione sono portati ad indirizzare parte del patrimonio a propria disposizione verso fondi immobiliari, convogliando in questo modo il risparmio verso settori difficilmente avvicinabili da parte del piccolo risparmiatore che non dispone delle risorse necessarie per acquistare intere unità immobiliari, e che allo stesso tempo possono risultare estremamente convenienti.

Anche sotto questo punto di vista i fondi pensione risultano un’importante fonte di patient money per il sistema finanziario, in grado di favorire un’allocazione più efficiente del risparmio.

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