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CAPITOLO I “Oh mother, let me in”: le soglie spazio-temporali

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Academic year: 2021

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CAPITOLO I

“Oh mother, let me in”: le soglie spazio-temporali

Margaret Oliphant ebbe una lunga e prolifica carriera letteraria: scrisse e pubblicò novantotto opere, tra cui più di cinquanta short stories, oltre trecento articoli di giornale e di critica letteraria e perfino venticinque opere di saggistica quali biografie e guide turistiche di molte città europee.1

La raccolta “A Beleaguered City and Other Tales of the Seen and the Unseen”2 comprende otto ghost stories 3sulle quali abbiamo deciso di focalizzare la nostra attenzione, dal momento che sono le più rappresentative della problematica affrontata nella presente ricerca. Nel corso della nostra analisi verranno fatti comunque riferimenti ad altre short stories della Oliphant, non presenti in questa raccolta.

Come già è stato anticipato nel capitolo introduttivo, in questa sezione ci concentreremo sulla classificazione tassonomica delle soglie, analizzandone la distribuzione all’interno dei testi presenti nella raccolta. Successivamente, ne indagheremo la specifica valenza simbolica nei casi particolari.

“The Secret Chamber” fu la prima ghost story nella quale Margaret Oliphant si cimentò. Fu pubblicata, nel dicembre 1876, nel Blackwood’s Edinburgh Magazine ma, solamente otto anni dopo la scrittrice decise di inserirla nel three-decker novel4: The Wizard’s Son.5 Nel 1880 venne pubblicato “A Beleaguered City, Being a narrative of certain recent events in the city of Semur, in the department of the haute Bourgogne, a story of the Seen and the Unseen”. Pubblicata nel gennaio 1880 nel Fraser’s Magazine, “Earthbound” è la prima short story a tematica spiritistica tra le ghost stories della Oliphant; un motivo, questo, che ricorrerà in seguito in un altro racconto, “The Open Door”, pubblicato nel 1882 nel Blackwood’s Edinburgh Magazine.

“Old Lady Mary” venne pubblicata nel gennaio 1884, sempre nel Blackwood’s Edinburgh Magazine e fa parte, insieme a “The Portrait” dei racconti a tema spiritistico, quest’ultimo pubblicato nel 1885 nello stesso giornale, e alla precedente “A Beleaguered City”. “The Land of Darkness”,

1 M. OLIPHANT, The Autobiography of Margaret Oliphant, Broadview Press Ltd., Toronto 2002 (1899), p. 7. 2 M. OLIPHANT, A Beleaguered City and Other Tales of the Seen and Unseen, cit.

3 Ibidem, “A Beleaguered City”, pp. 1-105, “The Secret Chamber”, pp. 106-35, “Earthbound”, pp. 137-70, “The Open

Door”, pp. 171-210, “Old Lady Mary”, pp. 211-73, “The Portrait”, pp. 275-312, “The Land of Darkness”, pp. 313-61, “The Library Window”, pp. 363-402.

4 Romanzo in tre volumi popolare durante tutto il XIX secolo, sperimentato da autori come Dickens, Thackeray,

Trollope, Elizabeth Gaskell e George Eliot. Cfr., a questo proposito, D.DENISOFF, op. cit., p. 16. 5 M. OLIPHANT, ABC, cit., “Introduction”, p. 10.

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pubblicato per la prima volta nel Blackwood’s Edinburgh Magazine, nel 1887, è il quarto racconto della Little Pilgrim Series; esso si svolge interamente nell’aldilà ed è noto poiché evidenza la conoscenza che la Oliphant aveva di Dante.6 L’ultima ghost story presente nella raccolta qui presa in esame e pertinente a questa ricerca è “The Library Window”, un racconto del 1896 che riscosse talmente tanto successo da essere in seguito più volte ripubblicato.7

1.1 Soglia, cronotopo e cronotopo della soglia

L’analisi dei testi presenti in questa raccolta si è basata sull’applicazione di una serie di categorie descrittive tratte dalla semiotica e dalla narratologia, e che si sono rivelate fondamentali per la nostra indagine. Partiamo, anzitutto, dai concetti di soglia, cronotopo e cronotopo della soglia.

Con il termine ‘soglia’ Jurij Michajlovič Lotman designa un tratto figurativo spaziale che divide lo spazio in due parti distinte.8Nell’opera La struttura del testo poetico9, infatti, lo spazio viene distinto

dalla frontiera (o soglia) in due parti, una sezione esterna e una sezione interna. Lo studioso ci fornisce un modello di spazio chiuso che possiede come frontiera emblematica una circonferenza.10 La traduzione semantica di questo modello presuppone l’opposizione logica fondamentale di INTERNO vs ESTERNO.

Nella concreta manifestazione testuale, la soglia può essere a sua volta lessicalizzata in innumerevoli modi, ad esempio con termini che presuppongono ulteriori opposizioni dicotomiche, a loro volta strettamente connesse, sul piano simbolico, con la nozione di ‘liminalità’: “ordine vs disordine”, “rifugio vs violenza”, “noto vs ignoto”.11

Secondo Lotman, l’opera letteraria è una struttura fondamentalmente antinomica, costruita su opposizioni semantiche binarie, nella cui realizzazione spaziale un limite, un confine o una soglia hanno la funzione di separare due realtà con caratteristiche peculiari, mettendole allo stesso tempo in contatto.12 Il processo diegetico dei racconti corrisponde al superamento della soglia da parte del

6 J. RICHARDSON,The Margaret Oliphant Fiction Collection, 2014, http://www.oliphantfiction.com, ultimo accesso 26

aprile 2015.

7 M. OLIPHANT,ABC, cit., p. 411.

8 J.M. LOTMAN, B.A. USPENSKIJ, Tipologia della Cultura, Bompiani, Milano 2001 (1970), p. 155. 9 J.M. LOTMAN, La Struttura del testo poetico, cit.

10 Ivi, pp. 261-82.

11 Un esempio di opposizione tra spazio esterno e spazio interno è riscontabile nel romanzo di J. Conrad Heart of Darkness, pubblicato nel 1902. Questa opposizione, all’interno del testo, è lessicalizzata come Europa vs Africa e viene

poi caricata di importanti connotazioni simboliche, a loro volta riconducibili all’opposizione simbolica e timicamente euforico-disforica di “noto” vs “ignoto”.

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personaggio e dal suo passaggio da una parte all’altra parte dello spazio. Questo passaggio implica, a sua volta, la trasformazione di stato da parte del personaggio stesso. Per questo motivo, lo studioso sovietico sostiene che, all’interno del racconto, tutti gli ostacoli che il protagonista è chiamato a superare saranno normalmente concentrati sulla soglia e strutturalmente si presenteranno come parte di essa.13

Per quanto riguarda, invece, le nozioni di cronotopo, in particolare quella di cronotopo della soglia, ci basiamo sulle categorie descrittive che sono state introdotte da Mihail Bachtin in Estetica e romanzo.14 Anzitutto, il termine “cronotopo” significa letteralmente “tempo spazio”. Bachtin ha preso in prestito questo concetto dalla teoria della relatività di Einstein per trasferirlo alla teoria della letteratura, definendolo come “l’interconnessione sostanziale dei rapporti temporali e spaziali di cui la letteratura si è impadronita artisticamente.”15

Il cronotopo implica l’inscindibilità del tempo e dello spazio: esso è visto come materializzazione del tempo all’interno dello spazio che lo ospita. Nel cronotopo letterario, infatti, ha luogo la fusione dei connotati spaziali e temporali in un tutto dotato di senso e concretezza: il tempo si fa denso rendendosi visibile artisticamente; lo spazio si intensifica, immettendosi nel movimento del tempo dell’intreccio dell’opera. Il cronotopo letterario, quindi, ha un significato d’intreccio poiché esso rappresenta il perno, il centro organizzativo dei principali eventi del romanzo: esso è il luogo dove il tessuto della narrazione si allaccia e si scioglie; tutti gli elementi astratti del testo gravitano attorno ad esso e attraverso esso si concretizzano.16

Bachtin scompone il cronotopo in sottoclassi: della strada, dell’incontro, della soglia, del castello e del salotto.17 Una di queste si è rilevata di fondamentale importanza per comprendere la natura delle soglie presenti nella scrittura di Margaret Oliphant: il cronotopo della soglia.

13 Questo si può vedere ad esempio nel romanzo di M. Twain, The Prince and The Pauper (1881). In questo caso, gli

ostacoli saranno concentrati sulla soglia del palazzo reale, la quale viene varcata dal protagonista, Tom Canty. Quest’ultimo è un ragazzo, figlio di un criminale dei bassifondi londinesi, scambiatosi di ruolo con Edoardo VI, erede al trono d’Inghilterra. Nel corso della vicenda, egli dovrà superare molte difficoltà poiché non è abituato a vivere ed a comportarsi da principe. Dopo la morte di Enrico VIII, Edoardo riuscirà a riprendere il trono: quest’ultimo ricordandosi dei pericoli corsi da Tom, primo fra tutti quello di essere scoperto, lo nomina suo protetto, salvandolo dalla condizione di miseria in cui si trovava originariamente.

14 M. BACHTIN, op. cit. 15 Ivi, p. 231.

16 Ad esempio, nel romanzo di A. Manzoni, I Promessi Sposi, la strada è un cronotopo poiché assume un’importante

funzione di snodo narrativo. Questo ruolo fondamentale, esercitato sul piano dell’intreccio da parte della strada, rappresenta il perno intorno al quale gravitano i principali eventi del romanzo. Questo emerge, ad esempio nell’episodio della rivolta di San Martino nella quale Renzo si trova coinvolto sulla via per Milano (capitolo XII).

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Con il termine “cronotopo della soglia”, Bachtin vuole fare riferimento al cronotopo in cui l’aspetto spaziale, in particolare nella sua variante temporale, è particolarmente marcato ed esercita la funzione figurativa di mostrare, appunto, tramite un uso espressivo del il significante spaziale, il tempo. Quest’ultimo acquista, a sua volta, un carattere sensibilmente concreto, divenendo una sorta di istante privo di durata, un momento sospeso e staccato dal flusso normale del tempo biografico del racconto.18

Sul piano della cultura, il lessema “soglia” si è caricato di forti connotazioni simboliche e viene spesso associato al momento di svolta nella vita, alle crisi, alle decisioni che cambiano il corso di un’esistenza. Ad esempio, ne I Promessi sposi, la soglia e i cronotopi ad essa contigui costituiscono i principali luoghi d’azione del romanzo. Per questo motivo, il cronotopo della soglia diventa il principale luogo nel quale si compiono eventi decisivi nel programma d’azione del personaggio.

Il personaggio che si approccia all’area liminale può essere inteso come una figura-soglia, in quanto ha la funzione di tramite tra l’una e l’altra parte dello spazio. Spesso, le figure soglia incarnano fenomenologicamente la liminalità. Questo avviene, ad esempio, nel caso dei personaggi adolescenti, i quali appartengono, per eccellenza, allo stadio intermedio della vita, tra infanzia ed età adulta. Come vedremo nel corso di questa analisi, i personaggi adolescenti manifestano diversi atteggiamenti mentali nei confronti del soprannaturale e il loro ruolo tematico viene definito proprio durante il contatto con la soglia.

L’applicazione sistematica del concetto lotmaniano di “soglia” e di quelli bachtiniani di “cronotopo” e “cronotopo della soglia” sono stati di fondamentale importanza per analizzare i testi qui presi in esame, allo scopo di classificare le diverse categorie cronotopiche della soglia in essi riscontrabili.

L’analisi delle ghost stories di Margaret Oliphant ha evidenziato la presenza di quattro differenti tipologie di soglia: “soglie spazio-temporali”, “soglie strumentali”, “soglie ermeneutiche” e “soglie ontologiche”. Prima di andare avanti, occorrerà fornirne una breve ma esaustiva descrizione.

Le soglie spazio-temporali si trovano direttamente coinvolte nell’unità spazio temporale del cronotopo: esse hanno la funzione di separare, ma simultaneamente anche sancire un incontro tra due sfere diverse e potenzialmente opposte. Esse possiedono quindi le funzioni di limite e frontiera. In

18 Come esempio possiamo citare il romanzo Cent’anni di Solitudine (1967) di G.G. Márquez dove, nel villaggio di

Macondo, le tradizioni culturali vivono non tanto nella memoria soggettiva individuale, bensì nelle forme oggettive della cultura stessa, diventando, quindi, intersoggettive. Esse acquistano pertanto la validità di un istante staccato dal flusso normale del tempo biografico.

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ogni incontro, ovviamente, la determinazione temporale “in uno stesso tempo” è inseparabile dalla determinazione spaziale “in uno stesso luogo.” Per questo motivo, in queste ghost stories le soglie spazio-temporali sono una sotto-categoria descrittiva del cronotopo bachtiniano, all’interno del quale l’unità delle determinazioni spazio-temporali si manifesta con estrema chiarezza e precisione, servendo da nodo, culmine e scioglimento finale dell’intreccio.

Come vedremo più approfonditamente nel corso dell’analisi, nei pressi della soglia avverrà l’incontro tra sfere diverse e opposte: quella del Seen e quella dell’Unseen, le quali rappresentano un’antinomia fondamentale nel lessico di Margaret Oliphant e nell’intero universo finzionale di questa scrittrice.

In questa analisi, abbiamo deciso di suddividere la soglia spazio-temporale in tre categorie: soglia spaziale cioè più orientata verso il polo dello spazio, soglia temporale cioè più orientata verso il polo del tempo e soglia mista dove i poli sembrano controbilanciarsi, senzache l’uno prevalga sull’altro.

Come vedremo, le soglie “spaziali” marcano il confine tra lo spazio topico e lo spazio eterotopico, all’interno del quale avverrà l’incontro tra il protagonista e l’esperienza perturbante. In queste ghost stories, un esempio di soglia spaziale si riscontra nel racconto “The Secret Chamber”, all’interno del quale essa è rappresentata dalla soglia che conduce alla camera segreta: “In a moment, as if thrown suddenly open by some one within, the door moved. It opened just wide enough to let him enter, stopping half-way as if some one invisible held it, wide enough for welcome, but no more.”19 La porta che conduce alla camera segreta possiede una funzione di transito. Quest’ultima è individuabile nel lessema “moved”, che a sua volta presuppone il movimento del personaggio da un luogo all’altro dello spazio. Inoltre, essa sembra dotata di vita propria (“as some one invisible held it”) e lascia presagire al lettore proprio la presenza di un’entità soprannaturale che dimora nella camera alla quale essa dà accesso.

Un tipico esempio di soglia “spaziale”, individuabile al di fuori della produzione della Oliphant, può essere riscontato nel romanzo At the Mountains of Madness, pubblicato nel 1936 da Howard Phillips Lovecraft. Qui la soglia è rappresentata da una caverna, la cui entrata si trova alle pendici di una gigantesca catena montuosa. Al suo interno gli esploratori, protagonisti del racconto, dovranno confrontarsi con diversi esseri mostruosi, congelati lì da migliaia di anni e, per questo motivo, reputati erroneamente innocui. Il varco della caverna ha la funzione di separare il mondo esterno umano

19 M. OLIPHANT, ABC, cit., p. 118.

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dall’abisso mostruoso e simultaneamente simboleggia il cruciale spazio liminale in cui avviene il contatto con un’esperienza perturbante che li condurrà alla follia.

Con il termine “soglia temporale”, intendiamo riferirci allo spazio all’interno del quale sono condensati i connotati concretamente visibili del tempo storico e del tempo quotidiano, i quali sono a loro volta strettamente intrecciati a formare appunto un’unica unità temporale. Nel testo letterario, questa unità diventa artisticamente visibile ed è lo spazio all’interno del quale avvengono gli incontri e si sciolgono gli intrighi. Nelle ghost stories qui prese in considerazione, il salotto rappresenta una soglia temporale poiché è il luogo all’interno del quale sono depositate le tracce del tempo trascorso e di quello quotidiano, fusi a formare un’unica unità temporale: “The drawing-room was already lighted with a flickering array of candles upon the mantelpiece and along the walls. […] Sometimes I gazed into it as a child from without, wondering at the needlework of the chairs, the screens and the looking glasses [.]”20 Gli oggetti custoditi all’interno del salotto come, ad esempio, i lavori a maglia rimasti incompiuti, rendono concretamente visibili le tracce di un’epoca passata, come lacerti memoriali lasciati immutati dopo la morte della proprietaria. Queste tracce si mescolano con segni che testimoniano il quotidiano utilizzo del salotto nel presente: le candele accese. Esse non soltanto rendono la stanza accogliente e fanno del salotto l’ambiente perfetto per accogliere gli ospiti ma, soprattutto, rendono espressivamente tangibile e visivamente concreto l’incontro tra due piani temporali diversi e potenzialmente incompatibili: il passato e il presente.

Un esempio letterario di soglia “temporale” è individuabile nel romanzo del 1764 The Castle of Otranto di Horace Walpole. Si tratta del castello che rappresenta, al pari del salotto, il luogo dove sono condensati i connotati visibili del tempo passato e di quello quotidiano dato che questo spazio architettonico cristallizza, una generazione dopo l’altra, le tracce degli eventi e dei personaggi che hanno vissuto al suo interno. Qui avvengono gli incontri e si risolvono i misteri: come cronotopo, esso sostanzia ogni nodo, culmine e scioglimento dell’intreccio.

La terza categoria di soglie spazio-temporali merita di essere considerata a parte: abbiamo deciso di chiamare queste soglie “miste”, poiché consistono in una particolare combinazione delle due soglie indicate in precedenza. Come le soglie spaziali, esse hanno, infatti, la funzione di transito, conducendo il personaggio da uno spazio topico ad uno spazio eterotopico e cioè da un luogo a lui familiare ad uno ignoto. Allo stesso tempo, esse favoriscono il passaggio temporale, compiuto dal personaggio, da una dimensione temporale familiare a una non familiare, proiettandolo quindi, in un tempo altro. Dato che però questo tempo non è sottoposto alle leggi terrestri, a differenza di quanto

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accade per le due soglie precedenti, questo genere di soglia conduce i personaggi in un luogo all’interno del quale vige la logica temporale dell’eternità, una dimensione al cui interno i connotati temporali del “prima” e del “poi” vengono eliminati, a favore di una visione simultanea del tutto (“You will live here for ever, and you will come to my view; and we shall meet in the course of ages, from time to time [.]”)21 e nella quale il personaggio è costretto a vivere per l’eternità (“You will live

here for ever”) essendo imprigionato per sempre in un interminabile ciclo degli stessi eventi.

Un esempio letterario di questo tipo di soglia è ravvisabile anche nel racconto di Washington Irving “Rip van Winkle”, ambientato in un villaggio di coloni olandesi alle pendici delle Catskill Mountains. Un giorno di autunno, Rip fugge sulle montagne poiché esasperato dai continui rimproveri della moglie, la quale lo considera uno sfaticato. Durante il suo cammino tra i boschi, egli incontra degli uomini abbigliati all’antica intenti a bere e a giocare a ninepins. Egli, dopo aver bevuto insieme a loro, cade in un sonno profondo. Al suo risveglio, Rip si vede molto cambiato nell’espetto e con stupore apprende, una volta tornato nel suo villaggio, di avere dormito per ben vent’anni. Le persone che lo hanno accolto sulle montagne non sono altro che i fantasmi dei marinai della flotta di Henry Hudson, un esploratore morto secoli prima. Il bosco è il varco attraverso il quale Rip viene proiettato in un tempo altro: qui vi dimorano gli spiriti, i cui rituali si ripeteranno incessantemente per l’eternità. In questo racconto, esso esercita, quindi, la funzione di soglia.

Abbiamo deciso di chiamare “soglia strumentale” la seconda tipologia di soglia riscontrabile all’interno delle ghost stories qui analizzate, poiché essa è rappresentata da alcuni oggetti dotati di una funzione strumentale che si esercita, a sua volta, non soltanto sul piano materiale, ma soprattutto su quello metafisico. Si tratta, in questo caso specifico, di strumenti medianici aventi quindi la capacità di mettere in contatto i vivi con i morti o di oggetti presenti nello spazio topico e che alludono a pratiche occultistiche caratteristiche dell’epoca vittoriana. Un esempio di soglia strumentale è il “Black Mirror” ravvisabile all’interno della ghost story “The Secret Chamber”, un oggetto molto particolare che rimanda, come vedremo nel corso di questa analisi, a una complessa pratica spiritistica utilizzata all’epoca per evocare gli spiriti, funzionando da canale medianico tra il nostro mondo e l’aldilà.

Nella produzione letteraria occidentale, è possibile riscontrare moltissimi riferimenti a questi oggetti dal potere occulto. Tra questi, il più noto è sicuramente l’Unico Anello, presente nel romanzo di John R. R. Tolkien The Lord of The Rings (1954). L’Anello può essere considerato una soglia strumentale poiché chiunque lo indossi viene a contatto con il mondo oscuro, all’interno del quale

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dimorano gli spiriti dei non-morti. Il suo portatore viene reso invisibile e beneficia di inimmaginabili poteri ma, allo stesso tempo, viene lentamente e inevitabilmente contaminata dalla sua influenza demoniaca, nell’anima e nel corpo.

Abbiamo deciso di utilizzare il termine “soglia ermeneutica” per indicare la terza tipologia di soglia qui esaminata. Con questo termine intendiamo fare riferimento non tanto a elementi dello spazio topico, né a personaggi specifici, quanto piuttosto agli atteggiamenti mentali e ai corrispondenti programmi attanziali che le figure-soglia manifestano durante l’approccio con l’area liminale. All’interno di questi racconti, una figura-soglia esemplare è sicuramente quella del medium M. Paul Lecamus, un personaggio emarginato che decide, in “A Beleaguered City”, di varcare i cancelli della città assediata, essendo egli l’unico dotato della capacità di percepire gli spiriti dei defunti: “The message I delivered was said through me; I can tell no more.”22 Come figura-soglia, egli favorisce la comunicazione trascendentale, dato che trasmette il messaggio degli spiriti ai suoi concittadini, svolgendo anche la funzione di intermediario tra il loro regno e la sua comunità. Inoltre, il suo ruolo attanziale viene definito interamente, attraverso l’atteggiamento che egli assume rispetto al suo stesso ruolo medianico, ad esempio, accettando pienamente l’interazione con il soprannaturale e scegliendo di comunicare tutta la verità che è stata rivelata dai fantasmi.

Un esempio di soglia “ermeneutica” è riscontrabile nel famosissimo romanzo horror di Stephen King, Shining del 1977. Qui la figura-soglia è il piccolo Danny Torrance, un bambino dotato di enormi poteri extrasensoriali: il dono della “luccicanza” (lo shining) è una capacità che gli permette di vedere i fantasmi che infestano l’Overlook Hotel, ma anche di prevedere eventi futuri. Anche in questo caso, Danny decide, nonostante gli avvertimenti, di varcare la soglia della camera 237, all’interno della quale si trova faccia a faccia con un fantasma, accettando quindi pienamente l’interazione potenzialmente pericolosa, con l’alterità.

Infine, esamineremo le soglie “ontologiche”. Esse traspongono strutturalmente fenomeni psichici ed esistenziali vissuti dai personaggi in momenti cruciali di passaggio della loro vita e del loro sviluppo fenomenologico, come per esempio il passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Come vedremo nel corso della nostra analisi, i personaggi di questi racconti mutano il proprio status nel corso della loro esistenza. Spesso, questo avviene dopo essere stati chiamati a superare una prova in corrispondenza di una soglia. Si pensi, ad esempio, al personaggio adolescente di “The Secret Chamber”: “You could stand against him – you! […] You are the conqueror!”23 Il superamento della

22 M. OLIPHANT, ABC, cit., p. 61. 23 Ivi, p. 129.

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soglia da parte del personaggio assume, quindi, un carattere rituale, a cui il protagonista non può sottrarsi se vuole evolversi, acquisendo lo status sociale eroico del “conqueror”. Gli studi sul personaggio di A. J. Greimas, si sono rivelati molto utili durante l’analisi di queste soglie. Secondo il semiologo lituano, il programma narrativo dell’attante sarebbe articolato in tre fasi: competenza, performanza e sanzione.24 La competenza implica che l’attante si doti delle qualità e dei mezzi necessari all’impresa, la performanza rappresenta la prova che egli è chiamato a superare; infine, la sanzione avviene se l’operato del soggetto viene riconosciuto come conforme al contratto iniziale, permettendogli così di acquistare un nuovo status.

Il programma narrativo di molti personaggi letterari prevede che essi debbano misurarsi, durante il loro cammino esistenziale, con prove cruciali, destinate a loro volta a cambiare il corso della loro esistenza, modificandone, allo stesso tempo, il loro stesso comportamento e lo status. Un caso di questo tipo è riscontrabile, ad esempio, nel racconto di Dickens “A Christmas Carol” (1843). Durante la Vigilia di Natale, Ebenezer Scrooge, arido e ricco banchiere londinese, riceve la visita da parte del fantasma del suo ex-socio in affari, Marley, il quale prospetta l’imminente dannazione eterna a causa della sua avarizia. Prima di scomparire, Marley gli annuncia la visita di tre spiriti: quello che incarna il Natale passato, quello del presente e quello del futuro. Gli spiriti mostrano rispettivamente a Scrooge gli errori che ha commesso in passato, la miseria alla quale i poveri sono condannati nel presente e infine, la sua morte futura e prossima, della quale nessuno sembra rattristarsi. La mattina di Natale, dopo le tre prove a cui viene sottoposto dagli spiriti, Scrooge si sveglia nel suo letto e capisce di essere un uomo profondamente cambiato: egli desidera salvare la sua anima e per questo motivo, abbandona l’egoismo e l’avarizia che l’avrebbero condotto all’Inferno, a favore di una vita caritatevole.25 Il protagonista incarna una soglia ontologica dato che è un vecchio prossimo alla morte. La comunicazione con i tre spiriti rappresenta il momento di svolta della sua esistenza: questo confronto cruciale avviene in una zona liminale, ossia quella tra la veglia e il sonno. Inoltre, come abbiamo visto, il programma d’azione del personaggio cambia radicalmente dopo l’incontro con l’elemento soprannaturale.

Tornando alle ghost stories di Margaret Oliphant, esaminiamo, anzitutto, la prima tipologia di soglia, quella “spazio-temporale”, focalizzando la nostra attenzione sulle differenti sottoclassi nella quale essa può essere suddivisa: soglie spaziali, soglie temporali e soglie miste.

24 S. TRAINI, Le basi della semiotica, Bompiani, Milano 2013.

25 In particolar modo, vediamo come queste tre prove alle quali Scrooge viene sottoposto dagli spiriti riprendano

fedelmente la struttura schematica tripartita del rito di iniziazione (separazione dalla società-transizione-reintegrazione) individuato da Victor Turner, di cui ci occuperemo approfonditamente nel corso di questa analisi.

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Le soglie “spazio-temporali” sono la tipologia di soglia più diffusa all’interno dei testi e rappresentano il principale luogo d’azione dei racconti, all’interno del quale si compiono gli eventi decisivi sia per l’intreccio che per i percorsi esistenziali del personaggio. La prima sottocategoria di cui ci occuperemo adesso è quella della soglia spaziale.

1.2 Le soglie spaziali

Le soglie spaziali compaiono in “A Beleaguered City”, in “The Secret Chamber”, in “Earthbound” e in “The Open Door”. Esse vengono segnalate, all’interno dei testi, dalla presenza di lessemi riconducibili al campo semantico dell’architettura. Si tratta, in particolare, di elementi architettonici risalenti all’epoca georgiana e aventi le funzioni di transito e di passaggio: “gate”, “door”, “doorway”, “threshold”, “postern”, “walk”, “path”.26 Come ho già accennato precendentemente, esse marcano il confine tra lo spazio topico (familiare) e lo spazio eterotopico (ignoto), all’interno del quale i protagonisti saranno chiamati ad addentrarsi, venendo così a contatto con un’esperienza perturbante, destinata a mutare radicalmente la loro esistenza. Sigmund Freud nel suo saggio Il Perturbante27, pubblicato nel 1919 definisce il “perturbante” come qualcosa appartenente alla sfera dello spaventoso, ciò che genera angoscia e orrore.28 Lo psicoanalista austriaco sostiene che a molti uomini appare perturbante in massimo grado ciò che è legato alla morte, ai cadaveri, al ritorno dei defunti e agli spettri. Come vedremo nel corso di questa analisi, l’esperienza perturbante dei protagonisti di questi racconti nasce, appunto, dal contatto con gli spiriti dei defunti.

Esaminiamo, anzitutto, quanto avviene in “A Beleaguered City”. Esso è uno dei racconti più famosi della raccolta. Esso narra la storia di una città, Semur, nella quale accadono eventi strani e inquietanti. Il nome della cittadina in questione allude al piccolo borgo di Semur-en-Auxois in Borgogna che l’autrice aveva visitato nel 1872 insieme a Cecco, il minore dei suoi figli.29 La cittadina viene prima assediata poi invasa da una moltitudine di spiriti, i quali spingono la cittadinanza ad uscire dai cancelli. Vani si rivelano tutti i tentativi della popolazione che, trovatasi senza casa, tenta con la forza di riconquistare le proprie dimore. Dopo un’assemblea, alcuni uomini decidono di compiere una spedizione all’interno della città, per comprendere il vero motivo della loro improvvisa

26 Alcuni lessemi (quali “walk” e “path”) che segnalano la presenza di una soglia spaziale, ricorrono anche in altre

opere della Oliphant come ad esempio, “The Lady’s Walk”, Longmans, Green & co, London 1883, pp. 234-7, a riprova del fatto che costituiscano una parte importante della sua scrittura.

27 S. FREUD,il Perturbante, op. cit. 28 Ivi, p. 270.

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espulsione. Solo in quel momento le porte della città, sbarrate fino ad allora, tornano ad aprirsi, consentendo ad alcuni cittadini soltanto di rientrare nella cittadina.

La particolarità di questa ghost story si ravvisa sul piano della voce, essendo narrata da quattro testimoni, ognuno dei quali racconta più volte un segmento della vicenda, dandone al lettore una visione caleidoscopica. Il racconto è a focalizzazione interna multipla, poiché lo stesso avvenimento viene narrato varie volte a seconda del punto di vista dei numerosi personaggi (M. Paul Lecamus, M. de Bois-Sombre, Madame Dupin de la Clairière ed infine Madame Veuve Dupin) i quali rivelano, allo stesso tempo, il proprio carattere, le proprie credenze e sfaccettature.

Esaminiamo adesso, la soglia spaziale più evidente e corrispondente alle porte della città: “We turned to resist this mysterious impulse which had sent us forth. […] The gates were closed upon us. The two folds of the great Porte St Lambert, and the little postern for foot-passengers, all at once, not hurriedly, as from any fear of us, but slowly, softly, rolled on their hinges and shut-in our faces.”30 La funzione di sbarramento esercitata dalle porte è individuabile nei lessemi “closed” e “shut” poiché esse rappresentano un ostacolo che impedisce il rientro degli abitanti. Allo stesso tempo, esse hanno una funzione soteriologica poiché la loro chiusura invita gli espulsi alla riflessione, inducendoli al pentimento e quindi alla salvezza.

Nessuno degli abitanti si rivela in grado di riaprirle con la forza: “I rushed forward with all my force and flung myself upon the gate. To what use? It was so close as no mortal could open it.”31 Questo passo sottolinea come in questo racconto il motivo della liminalità sia strettamente legato al soprannaturale: gli spiriti hanno il potere di controllare i cancelli mentre il vigore fisico dei viventi non ha nessuna possibilità di riappropriarsene con la forza. Solamente dopo avere accettato l’effettiva esistenza degli spiriti, e dopo aver espresso la volontà di cambiare e redimersi, agli abitanti verrà consentito di rientrare nelle proprie dimore: “There we stood one breathless moment. Then the little postern slowly opened before us, and once more we stood within Semur.”32 In questo ultimo passo, come possiamo riscontrare nella lentezza del suo movimento “slowly opened”, il cancello ha la più una funzione di invito al transito che una di separazione: esso rappresenta una via aperta il cui percorso appare indispensabile per l’equilibrio e la crescita spirituale dei personaggi che sono chiamati a varcarlo.

Tutti i luoghi di transito che danno accesso alla città rappresentano il passaggio possibile tra due mondi antitetici: la loro apertura implica che il personaggio intraprenda un percorso che va da uno spazio noto ad uno ignoto, dove verrà a contatto con il perturbante, la cui esperienza è indispensabile

30 M. OLIPHANT, ABC, cit., p. 28. 31 Ibid.

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per la salvezza morale del personaggio stesso. Queste soglie, allo stesso tempo, hanno la funzione di dividere lo spazio topico dallo spazio eterotopico (il mondo dei vivi da quello dei morti) dato che con la loro temporanea chiusura, esse impediscono l’incontro di queste due realtà contrapposte.

In questa ghost story, dal punto di vista della narrazione, le soglie spaziali rappresentano quindi il centro organizzativo dei principali eventi del racconto, servendo da snodo fondamentale dell’intreccio.

In questa ghost story, la caratteristica tipica della scrittrice di citare il proprio vissuto è evidente: la famiglia Dupin, protagonista del racconto, vive con intensità il desiderio di rivedere lo spirito della figlia Marie, morta in fasce. Questo può costituire un’allusione alla speranza da parte dell’autrice di potere riabbracciare in un’altra vita l’unica figlia femmina, Maggie, morta nel 1864 alla tenera età di dieci anni, durante un soggiorno a Roma.33

Analizzeremo adesso quanto avviene in “The Secret Chamber”, un racconto ambientato nell’antico Gowrie Castle. Questo luogo è infestato dai fantasmi e al suo interno è presente una misteriosa camera segreta: quella dalla quale, appunto, questo racconto prende il titolo. La famiglia Randolph, antica casata di conti scozzesi, è afflitta da una maledizione: ogni erede maschio, una volta raggiunta la maggiore età, deve sancire un misterioso patto di sangue con l’essere soprannaturale che dimora da secoli l’interno della Secret Chamber. La notte del suo compleanno, John Randolph Lord Lindores, unico erede maschio di Lord Gowrie, viene condotto dal padre sulla soglia della camera segreta, dove egli verrà a contatto con un’esperienza perturbante.

La narrazione è gestita da un narratore onnisciente e nascosto, del quale non sappiamo il nome e che riporta in modo arbitrario le parole dei personaggi: per questo motivo abbiamo un racconto a focalizzazione zero. Il racconto si pone a livello eterodiegetico nei confronti della storia in quanto il narratore è assente dalle avventure raccontate. Dopo aver riferito della paura provata da Lindores nei confronti della creatura demoniaca, egli rievoca, mediante un breve flash back, il terrore del padre del ragazzo, Lord Gowrie, quando egli dovette sottoporsi a sua volta alla stessa prova, trent’anni prima.

Qui la soglia spaziale è rappresentata dalla porta che conduce il giovane Lindores all’interno della Secret Chamber: “In a moment, as if thrown suddenly open by some one within, the door moved. It opened just wide enough to let him enter, stopping half-way as if some one invisible held it, wide enough for welcome, but no more.”34 La porta ha una chiara funzione di frontiera: questo è riscontrabile, ad esempio, nel lessema “moved”, il quale implica l’apertura di un passaggio che il giovane Lindores viene chiamato a varcare. Allo stesso tempo, però, essa rimane leggermente accostata: “It opened just wide enough to let him enter, stopping half-way […] wide enough for

33 M. OLIPHANT, The Autobiography of Margaret Oliphant, cit., p. 154. 34 M. OLIPHANT,ABC, cit., p. 118.

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welcome, but no more.” Questa porta non completamente aperta simboleggia la possibilità di esplorare l’ignoto ma allo stesso tempo, fa comprendere al protagonista che varcarla richiederà molto coraggio e una maggiore forza di volontà. Inoltre, in queste righe il narratore lascia intuire al lettore la presenza di qualcuno al di là della porta. (“as if thrown suddenly open by some one within” e “[…] as if some one invisible held it.”) Essa sembra aprirsi sotto il controllo di un essere invisibile, la cui natura rimarrà, per molte pagine, ignota al lettore, fino a quando l’effettiva mostruosità dello spirito in agguato nella camera segreta si manifesterà nel testo con tutta la sua carica orrifica.

La porta che conduce alla Secret Chamber ha una collocazione particolare all’interno del castello: “His father pushed open a door which it seemed to him he had never seen before and led him to another vaulted chamber. For want of speech he pointed to another door in the further corner of this small vacant room, gave him to understand by a gesture that he was to knock there.”35 Essa si trova in una stanza vuota e inutilizzata del castello: Lord Gowrie si tiene a debita distanza da essa, temendo che l’essere nascosto al suo interno possa nuovamente trascinarlo con sé.

Una volta varcata la soglia, Lindores viene a contatto con l’entità demoniaca, che a sua volta provocherà in lui un effetto perturbante: “I have power beyond what you can understand; but I want flesh and blood to reign and to enjoy. Come, Lindores!”36 Da secoli, essa si nutre del sangue di tutti i membri maschi della casata: i lessemi “flesh” e “blood” rimandano infatti alla sua volontà di nutrirsi del liquido vitale degli uomini per eccellenza, in modo da acquisirne l’energia e indebolirne, allo stesso tempo, la volontà. Inoltre, questi termini rimandano a un legame di tipo familiare dato che nella nostra cultura il sangue rappresenta l’appartenenza ad una stirpe: la creatura, infatti, non è altro che lo spirito del malvagio Earl Robert, un antenato della casata dei Randolph. In questo caso, l’esperienza perturbante scaturisce dall’orrore che il personaggio prova nei confronti dello spirito del suo avo.

Dopo essersi sottoposto a questo incontro agghiacciante, Lindores riesce a fuggire dalla Secret Chamber: “Resolutely, with the daring of desperation, he turned round to the spot where he entered, the spot where no door was, hearing already in anticipation the step after him, feeling the grip that would crush and smother his exhausted life, but too desperate to care.”37 La porta che conduce alla camera segreta sparisce misteriosamente dal muro nel quale era incardinata: “the spot where no door was.” Il lettore non saprà mai come Lindores sia riuscito nuovamente a varcarne la soglia. Entrare nello spazio liminale è, in realtà, molto più facile che uscirne. Inoltre, il personaggio che si avventura nello spazio della soglia ne viene imprigionato e inghiottito e il suo cammino di ritorno viene

35 M. OLIPHANT,ABC, cit., p. 118. 36 Ivi, p. 121.

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costantemente ostacolato, come si può evincere nel riferimento a “the step after him”: egli viene inseguito dall’essere soprannaturale che vi dimora, il quale è determinato ad impossessarsi di lui.

Questa porta ha la funzione di marcare il confine tra due realtà diverse e antitetiche: quella dei vivi e quella dei morti. Per questo motivo, essa si trova posizionata in una stanza remota ed inutilizzata del castello. Allo stesso tempo, essa rappresenta un varco che viene superato dal personaggio, conformemente a quanto fatto in passato dai suoi antenati. Dal punto di vista della narrazione, la soglia della Secret Chamber diventa il principale luogo d’azione del racconto e simultaneamente è lo spazio dove avviene lo scioglimento finale dell’intreccio.

In conclusione, la soglia spaziale, qui rappresentata dalla porta della camera segreta, possiede la valenza simbolica di una prova rituale che il protagonista è chiamato a superare. Essa ha la funzione di mettere in contatto il personaggio con una difficile sfida, destinata a sua volta a cambiare la sua vita: dopo avere sperimentato il senso del perturbante ed esserne sopravvissuto, egli potrà uscire finalmente uscire dall’abisso nel quale la porta l’ha condotto, acquisendo un nuovo status (quello di adulto) all’interno della sua famiglia.

Esaminiamo ora quanto avviene in “Earthbound”. Il racconto narra le vicende del giovane Edmund Coventry, il quale viene invitato a passare le vacanze di Natale presso la famiglia Beresford, proprietaria della tenuta di Daintrey. Una notte, passeggiando nel giardino della tenuta, Edmund incontra una bellissima ragazza vestita di bianco e ne rimane affascinato:

The curious thing was that the moment Edmund saw this pretty figure in front of him his heart began to beat […] he was seized with a great desire to follow, to get a good look at her, to know what she could be doing here and who she was.38

Il giovane rimane subito “stregato” dalla bellezza della giovane sconosciuta: egli prova l’ardente desiderio (“great desire”) di conoscerla. Egli cerca quindi di raggiungerla ma, superata la porta della recinzione del giardino, la fanciulla scompare facendo perdere le sue tracce. Gli incontri notturni si ripetono, ma la ragazza ogni volta svanisce e sempre dopo avere varcato la soglia. Al termine del racconto, Sir Robert Beresford, preoccupato per l’attrazione ossessiva provata da Edmund per la ragazza, gli rivela come ella sia in realtà lo spirito di una giovane donna, morta un secolo prima e costretta a risiedere in quel luogo per l’eternità: “I was so fond of the house and the trees, and everything that was our own. That is why I am here so much.”39 Da questo passo riusciamo a

38 M. OLIPHANT,ABC, cit., p. 144. 39 Ivi, p. 155.

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comprendere come lo spirito sia legato a ciò che prima le apparteneva. È appunto a causa del suo attaccamento ai beni terreni che ella si aggira, senza sosta, nei luoghi della sua vita precendente.

Solo al termine della vicenda, lo spirito svelerà ad Edmund la sua vera natura: “I told you I had loved the earth and all that was on it: and now I am earthbound.”40 Il termine “earthbound”, dal quale il racconto prende il titolo, significa letteralmente “legato alla terra” e rispecchia la condizione esistenziale dello spirito della giovane: ella è un anima imprigionata Terra che non riesce a partecipare al corso ne dell’una né dell’altra vita.

In questa ghost story la narrazione alterna un narratore onnisciente e un narratore con visione dall’esterno, e entrambi senza identità: il primo è onnipresente, penetra l’animo dei personaggi e ne interpreta i pensieri più reconditi; il secondo descrive il personaggio enigmatico rappresentato dallo spirito della ragazza mediante la focalizzazione esterna.

In questo racconto, una soglia spaziale di notevole importanza è rappresentata da una porta incardinata su un alto muro di mattoni che circonda il grande giardino della tenuta:

Here, for no apparent reason at all, a wall had been built, of the date of some hundred years back, a high brick wall, quite out of place, screening in a square and rather gloomy angle of grass [.] In the side of this wall farthest from the house was a door which opened into the byway through the park.41

Il muro nel quale è incardinata la porta (“high brick wall”) possiede un doppio significato: può essere visto come simbolo di protezione e riparo, ma allo stesso tempo, esso può rappresentare un ostacolo. Dal punto di vista della famiglia Beresford, il muro rappresenta una sorta di fortezza, la cui maestosità ripara e difende la tenuta da eventuali intrusioni; simultaneamente, però, esso rappresenta un ostacolo per lo spirito della ragazza, la quale rimane bloccata all’esterno, senza la possibilità di entrare nel luogo che prima le apparteneva, se non attraverso la porta. Il muro è quindi, a sua volta, una soglia spaziale con funzione di limite: allo stesso tempo, però, esso ingloba la porta che, avente funzione di transito, lo configura come un limite valicabile. La porta ha quindi una funzione di frontiera: essa si affaccia su di un sentiero (“byway”) che si estende sul parco oltre la recinzione. Mediante questa aperture, il fantasma della giovane riuscirà più volte a sfuggire a Edmund:

She reached the door; he was so near that he could see her half turn round as if to look who was behind: but, though she must have perceived him, she closed the door upon him as she passed

40 M. OLIPHANT,ABC, cit., p. 169. 41 Ivi, p. 144.

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through. He opened the door. […] Strange, very strange! There was nobody to be seen on the other side of the door.42

Dopo aver varcato la soglia, ella richiude volontariamente la porta alle sue spalle con l’intenzione di far perdere le sue tracce: non vedendola, il protagonista rimane sbalordito, provando, per la prima volta nel racconto, un senso perturbante: “Strange, very strange!”. Anche in questo caso, l’esperienza perturbante nasce, appunto, dalla paura del ritorno degli spiriti dei defunti sulla Terra. Sebbene gli antichi abbiamo considerato effettiva questa possibilità, il personaggio ha superato questo modo di pensare.

Sebbene egli incarni pienamente la figura dell’uomo “moderno”, le antiche convinzioni sopravvivono ancora in lui e sono in agguato in attesa di essere confermate. Per questo motivo, non appena si verifica, nella sua esistenza, qualcosa che sembra avvalorare queste credenze ormai deposte, egli sperimenta il senso del perturbante.

Nonostante venga più volte eluso, il giovane accompagnerà presso la porta la giovane donna, la quale, con crescente malizia, riuscirà a sottrarsi alle sue domande:

As she passed through she smiled upon him with a little wave of her hand. He made a dash at the door, threw it open, plunged out into the white desert where she had gone. […] The pathway would along for a hundred yards or so fully visible; but no one was there.43

Edmund si scaglia contro la porta, al di là della quale la ragazza è nuovamente svanita. Come possiamo notare, in questo passo sono presenti i termini “dash”, “threw” e “plung” che esprimono un movimento repentino e violento, conforme al sentimento di disperazione che pervade l’animo del protagonista, al momento ostacolato dalla porta chiusa che egli vorrebbe varcare. L’impetuosità che essi esprimono è in contrasto con la scena che si estende al di là di essa: una distesa di neve candida e placida (“white desert”).

La porta che si apre sul sentiero (“pathway”) ha la funzione di separare lo spazio familiare, rappresentato dal giardino della tenuta, dallo spazio ignoto, cioè la vastità del parco che si estende al di là di essa. Dal punto di vista metafisico, essa marca il confine tra due realtà antitetiche: quella dei vivi e quella dei morti, dalla quale il fantasma proviene. Allo stesso tempo, la soglia, e il sentiero ad essa contiguo, rappresentano i passaggi mediante i quali lo spirito della ragazza si rende visibile ai sensi delle persone terrene. All’interno della narrazione, essi rappresentano gli spazi attorno ai quali

42 M. OLIPHANT,ABC, cit., pp. 144-45. 43 Ivi, p. 156.

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gravitano tutti gli eventi chiave dell’intreccio: dato che è proprio in questo luogo che avvengono gli incontri e si sviluppano i dialoghi tra i personaggi.

In conclusione, la porta ha un valore simbolico di accoglienza poiché consente allo spirito della ragazza di manifestarsi agli occhi del protagonista, permettendogli di evadere, momentaneamente, dalla solitudine della sua condizione di anima errante legata alla terra. Allo stesso tempo, essa e il muro nella quale è incardinata hanno la funzione di proteggere lo spazio familiare, e il personaggio ad esso associato, da intrusioni potenzialmente dannose e perturbanti, provenienti dall’ignoto.

Analizziamo ora quanto avviene nella ghost story “The Open Door”. L’ambientazione di questo racconto è nuovamente tratta da luoghi realmente visitati dall’autrice: Margaret Oliphant visitò infatti la famiglia Blackwood nel 1881, soggiornando presso Colinton House, vicino a Edimburgo, dove viveva il suo editore William Blackwood e la sua famiglia. La tenuta, i terreni circostanti e le rovine del vecchio Colinton Castle le diedero appunto ispirazione per la Brentwood House del racconto.44

Nel racconto, Brentwood House viene presa in affitto dal Colonel Mortimer con la sua famiglia. Al sopraggiungere dell’inverno, il figlio del colonnello, Roland, un bambino fragile e sensibile, si ammala gravemente: “His hair seemed to me to have grown long and lank; his eyes were like blazing lights projecting out his white face.”45 Nessuno riesce a comprendere la causa dei suoi deliri, finché il ragazzino racconta al padre di avere sentito delle grida strazianti e tormentate provenire dalle rovine del vecchio castello e lo supplica di aiutare l’anima dolente.

Colonel Mortimer comincia a indagare la natura delle grida con l’aiuto di tre personaggi: il suo servitore Bagley, il dottor Simson e il pastore Dr. Moncrieff. Quest’ultimo conferma l’origine soprannaturale dei lamenti uditi presso il rudere del vecchio castello e, alla fine della vicenda, sarà lui ad aiutare l’anima dolente a ricongiungersi con Dio.

Sul piano narratologico, il racconto è narrato in prima persona da Colonel Mortimer, il quale si configura come narratore autodiegetico. Il racconto è a focalizzazione interna fissa poiché la narrazione è gestita, appunto, dal protagonista.

In questo racconto, la soglia spaziale più importante consiste in una porta incardinata sulle rovine di un muro solitario: “This was the end of a low gable, a bit of grey wall, all encrusted with lichens, in which was a common doorway. Probably it had been a servants’ entrance, a back-door, or opening into what are called the offices in Scotland.”46 Della costruzione precedente, rimangono solo dei frammenti di tetto, le cui rovine formano, appunto, un muro scalcinato. La porta che poggia su di esso ci fa capire che essa veniva usata come entrata di servizio dalla servitù del castello: essa quindi

44 M. OLIPHANT, The Autobiography of Margaret Oliphant, cit., “Introduction”, p. 12. 45 M. OLIPHANT,ABC, cit., p. 191.

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rappresenta i resti di un passato ricco che non esiste più. Le rovine sono ricoperte da licheni (“encrusted with lichens”) e questo sottolinea ulteriormente l’effetto che lo scorrere inesorabile del tempo ha avuto sui ruderi.

Come ci informa il narratore, la porta si apre sul parco circostante poiché tutte le stanze della precedente dimora non esitono più: “No offices remained to be entered-paintry and kitchen had all been swept out of being; but there stood the doorway open and vacant, free to all the winds, to the rabbits, and every wild creature.”47 Anche in questo passo, viene sottolineato il fluire implacabile del tempo: quello che rimaneva delle stanze è stato spazzato via (“swept out of being”), mentre la natura si è riappropriata lentamente dello spazio artificiale, risparmiando, tuttavia, la porta che rimane aperta sulla vastità del parco. In questo caso, essa rappresenta il varco attraverso il quale penetrano tutte le creature che hanno bisogno di riparo e protezione.

Colonel Mortimer e il suo servitore Bagley si trovano in prossimità della porta quando, improvvisamente, un grido straziante fa gelare loro il sangue nelle vene: “Oh, mother, let me in!”48 Il termine ‘let me in’ significa ‘fammi entrare’ e viene pronunciato dallo spirito dell’anima dolente che si trova nei pressi della soglia nella sua disperata richiesta, fatta alla madre, di aprire la porta.

Lo spirito non è consapevole di essere morto: il suo fantasma è rimasto legato alla terra e vaga nei luoghi che gli erano famigliari nella sua vita precedente e per questo, supplica la madre di dargli protezione In questo caso, la porta rappresenta un ostacolo per la creatura errante poiché lo confina all’esterno della soglia, impedendogli di trovare conforto: questo è riscontrabile appunto nei suoi gemiti, che vengono uditi dai protagonisti nei pressi della doorway.

Solo successivamente, lo spirito miserabile riuscirà a ritrovare la pace: mediante la preghiera del pastore Dr. Moncrieff, egli riuscirà ad attraversare la porta che lo condurrà a Dio: “I sprang forward to catch something in my arms that flung itself wildly within the door.”49 L’anima della creatura varca repentinamente la soglia e non è più costretta a vagare sulla Terra. In questo passo, la porta non rappresenta più un ostacolo, bensì ha la funzione di reintegrare al suo interno lo spirito che era rimasto bloccato all’esterno. La valenza simbolica della porta è ulteriormente sottolineata dalla presenza di un cespuglio di ginepro (“juniper-bush”) che cresce in prossimità di essa: “I pushed forward across the light in the doorway, and fell upon it with my hands; but it was only a juniper-bush growing close against the wall.”50Il protagonista si accorge della sua presenza quasi con sollievo (“it was only a juniper bush”) poiché pensava di essersi imbattuto in qualcosa di ben più pericoloso.

47 M. OLIPHANT,ABC, cit., pp. 173-74. 48 Ivi, p. 193.

49 Ivi, p. 206. 50 Ivi, p. 192.

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Le connotazioni del juniper-bush hanno molta rilevanza all’interno del racconto: secondo la tradizione popolare occidentale, esso veniva considerato una pianta protettiva usata durante gli esorcismi per sconfiggere il maligno, oppure veniva appeso sulle soglie delle abitazioni per respingere i demoni e gli esseri malvagi. Il ginepro aveva quindi una funzione apotropaica ed era simbolo di protezione, soccorso e accoglienza.51 Qui, la Oliphant sembra avere recuperato queste credenze.

In questo racconto, esso viene infatti collocato nei pressi della porta: ed è appunto nelle vicinanze della soglia che lo spirito vaga in cerca di protezione. Sarà inoltre in questo luogo, che il fantasma incontra il pastore che verrà in suo aiuto: la porta sarà il varco mediante il quale egli riuscirà a ricongiungersi con Dio, trovando finalmente la pace.

All’interno di questo racconto, quindi, sono presenti due atteggiamenti nei confronti del contatto con i defunti che, a loro volta, appartengono a due visioni del mondo contrapposte. Il primo atteggiamento può definirsi “superstizioso” in quanto mira, mediante l’uso di piante protettive, all’allontanamento degli spiriti poiché creduti erroneamente maligni; il secondo è invece un atteggiamento “religioso” poiché orientato verso il soccorso nei confronti dell’anima dolente.

Dal punto di vista narratologico, la porta assume un’importanza cruciale, dato che attorno ad essa ruota tutta la vicenda.

All’interno di questa ghost story, la porta assume inizialmente una funzione di limite, poiché separa il mondo dei vivi dal mondo dei morti. Solo in seguito, essa acquisirà una funzione di frontiera, essendo varco attraverso il quale queste due realtà opposte potranno entrare in contatto.

In conclusione, la porta di “The Open Door” si configura, inizialmente, come ostacolo apotropaico nei confronti dello spirito, il quale rimarrà emarginato al suo esterno, abbandonato alla sua disperazione. Successivamente, essa assumerà chiare connotazioni positive, dato che finirà per rappresentare simbolicamente un luogo di accoglienza, all’interno del quale l’anima tormentata potrà finalmente trovare la protezione e la pace tanto agognate.

1.3 Le soglie temporali

Possiamo individuare le più importanti soglie temporali in “The Portrait” e in “The Library Window”. Esse compaiono nel testo in corrispondenza dei lessemi “drawing-room”, presente in entrambi i racconti, e “window”, termine ricorrente nella seconda ghost story sopra citata. Questi termini sono riconducibili al campo semantico dello spazio domestico, entro il quale i connotati visibili del tempo storico e del tempo quotidiano sono fusi tra loro a formare un’unica unità cronotopica, avente la funzione di contestualizzare i momenti chiave dell’intreccio.

51 S. CUNNINGHAM, Cunningham’s Encyclopedia of Magical Herbs, Llewellyn Publications, Woodbury, Minnesota

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Esaminiamo anzitutto, quanto avviene in “The Portrait.” Il racconto narra le vicende del giovane Philip Canning, il quale vive insieme al padre, un ricco proprietario terriero. Una sera, Mr. Canning conduce il figlio all’interno del salotto della casa, mostrandogli un dipinto che ritrae una giovane donna. Egli gli rivela che la ragazza del dipinto è sua madre, morta dandolo alla luce. Il dipinto, poco a poco, diventa una vera e propria ossessione per Philip ed egli avverte un misterioso impulso che lo porta recarsi sempre nella stanza che un tempo apparteneva a sua madre.

“The Portrait” è un racconto a focalizzazione interna e fissa, poiché la narrazione è gestita esclusivamente dal protagonista, il quale si configura a sua volta come narratore autodiegetico.

In questo racconto, la soglia temporale è rappresentata dal salotto della casa del protagonista:

The drawing-room I was aware of only as a place of deadly good order [...] Sometimes I gazed into it as a child from without, wondering at the needlework on the chairs, the screens, the looking-glasses which never reflected any living face.52

Al suo interno infatti, sono depositate le tracce del tempo passato come “needlework”, “screens” e “looking-glasses” che rappresentano concretamente i segni di un’epoca trascorsa per sempre. Allo stesso tempo, però, il salotto mostra i segni di un uso quotidiano: “The drawing-room was already lighted with a flickering array of candles upon the mantelpiece and along the walls.”53 Le candele accesse (“flickering array of candles”) segnalano, infatti, il suo utilizzo nel presente, poiché vengono utilizzate per rendere l’ambiente accogliente agli abitanti e agli ospiti. Per questo motivo, possiamo dire che gli oggetti riposti all’interno del salotto costituiscano i segni del tempo quotidiano che, mescolandosi con i cimeli appartenenti ad un epoca trascorsa, formano un’unica unità temporale, dove il passato e il presente sono strettamente legati tra loro.

All’interno del salotto, è custodito il ritratto di una giovane donna: Mr. Canning confessa al figlio che si tratta di sua madre che lui non ha mai conosciuto. Il dipinto poggia su un tavolo al centro del salotto e in esso Philip avverte, per la prima volta nella sua vita, l’esistenza concreta della madre la cui presenza e affetto gli sono sempre mancati. Il drawing-room diventa quindi il luogo in cui il passato nascosto riaffiora in superficie e le tracce della breve esistenza della donna si fanno visibilmente concrete, permettendo al protagonista di venire a contatto con l’alterità soprannaturale e a lui ignota fino a quel momento. La figura ritratta nel dipinto, se viene illuminata, sembra, agli occhi del protagonista, come voler sbalzare fuori dalla tela: “I entered the room but little. Looked at so, the

52 M. OLIPHANT,ABC, cit., p. 276. 53 Ivi, p. 285.

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slight figure in its white dress seemed to be stepping down into the room from some slight visionary altitude.”54

In questo spazio, inoltre, sono custoditi altri oggetti che sottolineano lo scorrere inesorabile del tempo: “Upon a small table stood a little basket. […] The basket fell, its contents turning out upon the carpet, little bits of needlework, coloured silks, a small piece of knitting half done.”55 I piccoli lavori di cucito fuoriusciti dal cesto appartenevano alla madre di Philip che li stava eseguendo per il suo bambino durante la gestazione: essi rimasero interrotti (“half done”) dopo la sua morte. Il fluire del tempo li ha lasciati immutati, nello stesso luogo dove erano stati riposti dalla giovane donna: ancora una volta, le tracce del tempo trascorso si rendono visibili agli occhi dei personaggi. Questi oggetti diventano, infatti, reliquie e si caricano di una valenza affettiva connessa all’esistenza della persona che essi richiamano alla memoria con la loro silenziosa presenza. In questo racconto, il salotto conserva quindi importanti lacerti memoriali, ai quali viene attribuito un grande valore affettivo e si mescolano agli oggetti utilizzati nella quotidianità dagli abitanti come, ad esempio, le candele e le lampade. All’interno del salotto quindi, l’atmosfera è satura di tempo passato e di tempo presente poiché la compresenza spaziale di questi elementi testimonia una coesistenza temporale di epoche diverse e lontane, fuse a formare un’unica unità cronotopica. Dal punto di vista della narrazione, questa unità cronotopica è rilevante, come di consueto, per l’intreccio, perché è qui che avviene l’incontro cruciale tra il protagonista e lo spirito.

In conclusione, il salotto e gli oggetti depositati al suo interno svolgono la funzione di intermediari nella comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti poiché colmano una mancanza metafisica ed esistenziale, rendendo vicino ciò che ormai non lo è più. Inoltre, essi permettono il ripristino del rapporto prematuramente interrotto tra madre e figlio.

Analizziamo adesso “The Library Window”. Questa ghost story narra le vicende di una ragazzina, invitata a passare le vacanze estive da sua zia Mary, nella cittadina universitaria di St. Rule. La giovane passa la maggior parte del suo tempo seduta nella nicchia della finestra che si affaccia sulla High Street e, in modo particolare, sulla facciata della College Library. Questa si trova dalla parte opposta rispetto alla casa della signora Mary e tutti sostengono, tranne qualche eccezione, che l’ultima finestra della fila sia in realtà finta, cioè solamente dipinta. Tra coloro che sostengono questa versione si annovera Lady Carnbee, un’amica della signora Mary della quale la ragazzina ha paura poiché indossa un anello che sembra dotato di vita propria e pare lanciarle dei raggi di luce. A

54 M. OLIPHANT,ABC, cit., p. 299. 55 Ivi, p. 289.

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differenza degli altri personaggi, la protagonista riesce a scorgere chiaramente la presenza di qualcuno all’interno della finestra e poco a poco ne diventa ossessionata. Successivamente, l’uomo che appare al suo interno si scoprirà essere il fantasma di uno studente assassinato molti anni prima. Alla fine del racconto, la ragazzina, ormai diventata adulta, informa il lettore di avere ereditato l’anello di Lady Carnbee e di averlo sigillato in una scatola per il timore che ancora le incuteva.

La giovane, il cui nome rimane ignoto, narra la vicenda in prima persona, configurandosi dunque come narratore autodiegetico. Il racconto è a focalizzazione interna fissa.

Le più importanti soglie temporali, all’interno di questa ghost story sono il salotto e la finestra che dà sulla facciata della College Library:

I was not aware at first of the many discussions which had gone on about that window. It was almost opposite one of the windows of the large old-fashioned drawing-room of the house in which I spent that summer, which was of so much importance in my life.56

In questo primo passo che abbiamo scelto per esaminare il motivo della liminalità, viene dichiarato dalla protagonista come il salotto abbia ricoperto un ruolo centrale nella sua vita. Esso viene descritto con il termine “old-fashioned”, sottolineando come al suo interno siano depositati i segni riconducibili a epoche trascorse, tracce di un glorioso passato che non esiste più. Inoltre, il termine “discussions” rimanda ai dibattiti che presumibilmente avevano luogo all’interno della College Library, quando era gremita di studenti universitari ed intellettuali: un’altra traccia del prestigioso passato al momento irrecuperabile.

In questa atmosfera satura di tempo trascorso, la signora Mary è solita ricevere le sue amiche: “They came and went, and I had the sensation of their old bonnets gliding out and in, and their dresses rustling […]”57 I connotati visibili del tempo passato sono, ad esempio, rappresentati dal vestiario

démodés delle signore. Le stoffe fruscianti dei loro vestiti e le cuffie antiquate (“old bonnets”) alludono ad una foggia datata ed obsoleta che, all’interno della stanza, si mescola e si fonde con i segni della quotidianità e dell’immutata routine degli abitanti e degli ospiti della casa. Il salotto della signora Mary è il luogo dove avvengono gli incontri tra le signore che vanno e vengono (“they came and went”), alludendo ad una attività giornaliera rimasta pressoché identica nel corso degli anni. Inoltre, qui si sviluppano i dialoghi riguardanti la finestra della biblioteca, attraverso i quali il lettore viene a conoscenza delle idee dei protagonisti: “‘One thing is clear, it cannot be a window to see

56 M. OLIPHANT,ABC, cit., p. 363. 57 Ivi, p. 364.

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through. It may be filled in or it may be built up, but it is not a window to give light.’”58Le donne pensano che la finestra sia stata costruita appositamente per abbellire la facciata della College Library: essa quindi viene privata della sua funzione tipica, quella di illuminare (“to give light”).

Al contrario, la giovane protagonista riesce a percepire la presenza di qualcuno alla finestra: “I had grown very well acquainted by this time with that large dim room. […] Some one must have been there. I saw a little movement within”59 Il sintagma “well acquainted” mostra come la ragazzina abbia passato molto tempo ad osservare la finestra dal salotto della casa di sua zia. Ai suoi occhi, il fioco bagliore (“dim”) che si scorge al suo interno è la prova che non si tratti di una finestra finta, contrariamente a ciò che pensano gli ospiti della casa.

Al termine del racconto, la protagonista vede distintamente un uomo (uno studente universitario dal sanguinoso passato) affacciarsi dalla finestra della College Library: si tratta di uno spirito che accorge finalmente della ragazzina, l’unica che lo aveva disperatamente cercato attraverso i vetri della finestra del salotto:

I had not been deceived. I knew then, when I looked across, that this was what I had been looking for all the time, that I had known he was there. Then he put his hands upon the window to open it. It was stiff and hard to move; but at last he forced it open with a sound that echoed all along the street. I saw the people heard it, and several looked up. […]60

Nonostante gli ospiti pensassero a una mera illusione dei sensi, la ragazzina comprende di non essersi ingannata: quella della College Library è una finestra vera, al cui interno vive un uomo. Questa convinzione è ulteriormente sottolineata da termini come “stiff” e “hard”, che si riferiscono ai battenti della finestra: essi sono così strettamente saldati tra loro che, una volta apertisi, generano un suono il cui eco risuona per tutta la High Street. Lo studente riesce, con difficoltà, a spalancarne le imposte (“forced it open”) che erano rimaste anchilosate per molto tempo (“stiff”): l’opposizione dicotomica “chiuso” vs “aperto”, riguardante la finestra, allude alla precedente assenza e al successivo avvio del processo di comunicazione tra lo spirito e la ragazzina. Questo è ulteriormente ravvisabile nell’uso di “looked across”: attraverso la Library Window, la protagonista vede, infatti, una luce fioca e solo successivamente riesce a percepire, in modo graduale, la presenza dell’uomo. Il chiarore che viene emanato dall’interno della College Library allude alla luce del sapere, della conoscenza poiché, appunto, proviene da un ambiente universitario adibito allo studio degli accademici e dei dotti. Allo stesso tempo, esso simboleggia la volontà di fare luce sul passato, di svelare la verità: la ragazzina,

58 M. OLIPHANT,ABC, cit., p. 367. 59 Ivi, p. 377.

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