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Farmacogenetica Per i pazienti affetti da tumore primitivo del sistema nervoso centrale i principali fattori prognostici e predittivi la risposta ai trattamenti antitumorali sono rappresentati

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Academic year: 2021

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Farmacogenetica

Per i pazienti affetti da tumore primitivo del sistema nervoso centrale i principali fattori prognostici e predittivi la risposta ai trattamenti antitumorali sono rappresentati dalla diagnosi Istologica, dall’età del paziente, dal KPS e dalla presentazione clinica della neoplasia. La diagnosi anatomopatologica è il principale criterio prognostico con cui vengono valutati i tumori primitivi del sistema nervoso centrale; la stratificazioni in diversi gradi di malignità offre infatti un valido strumento per poter predire la prognosi dei pazienti e indicarne un percorso terapeutico. La classificazione anatomopatologica tuttavia ha il limite di includere nello stesso gruppo pazienti con importanti differenze riguardo la prognosi e la risposta a trattamenti antitumorali. Pazienti affetti da gliomi di IV grado, pur appartenendo allo stesso gruppo anatomopatologico, possono avere caratteristiche cliniche, radiologiche e prognostiche molto diverse. Anche la risposta ai trattamenti radio e chemioterapici può dividere i pazienti con glioblastoma in due classi diverse sulla base della possibilità di controllare o meno la malattia tumorale. Lo studio EORTC del 2005, (Stupp 2005) grazie al quale è stato registrato l’utilizzo di temozolomide insieme alla radioterapia nei pazienti con GBM, ed il successivo aggiornamento Stupp 2009, evidenziano come una percentuale di pazienti si possa giovare del trattamento combinato radio-chemioterapico per alcuni anni.

Negli ultimi anni alla diagnostica anatomopatologica si è affiancata la possibilità di poter eseguire valutazioni biomolecolari e poter quindi stratificare i pazienti con tumori del sistema nervoso centrale in ulteriori sottoclassi prognostiche e predittive di risposta agli agenti antitumorali. Alcuni di questi determinanti biomolecolari sono entrati nella pratica clinica ed offrono l’opportunità di poter assegnare il paziente candidato a un trattamento antitumorale a una classe prognostica più o meno favorevole e la possibilità di poter predire con un buon margine di sicurezza la risposta ad alcuni agenti chemioterapici.

Dal punto di vista prognostico i glioblastomi vengono divisi in due gruppi: primari e secondari. I glioblastomi primari sono quelli che esordiscono de novo con tali

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caratteristiche citologiche I glioblastomi secondari derivano da tumori della serie gliale di basso grado. Il pattern radiologico di questi tumori è molto simile a quello dei gliomi di basso grado, le aree di necrosi e di ipossia sono poco diffuse. Sebbene questa distinzione dei glioblastomi fosse già chiara dagli anni ’30, è dal 2008 che è stato scoperto un biomarker in grado di poter identificare un glioblastoma primario o secondario anche senza sapere se nella storia remota del paziente vi sia stata una neoplasia gliale di basso grado. Nel 2008 sono state identificate come fasi di iniziazione nella gliomagenesi le mutazioni del codone 132 del gene codificante la Isocitrato Deidrogenasi 1 (IDH1) e la mutazione del codone 172 della Isocitrato Deidrogenasi 2 (IDH2), corrispettivo mitocondriale della IDH1. La presenza di una di queste due mutazioni al momento della diagnosi di glioblastoma può rappresentare un importante elemento prognostico per i pazienti, potendo infatti differenziare una neoplasia de novo da forme secondarie.

Nell’ultimo decennio è stata introdotta nella pratica clinica la valutazione della metilazione del promoter del gene codificante la metil-Guanin-metil-transferasi (MGMT), un fattore predittivo di risposta alla Temozolomide. La metilazione del promoter di questo gene ne rende impossibile la trascrizione e quindi rende la cellula deficitaria dell’enzima MGMT, che riveste un fondamentale ruolo nel processo di riparazione del danno provocato dagli agenti alchilanti alle basi azotate del filamento di DNA con conseguente miglior risposta terapeutica.

Diversi studi hanno dimostrato che la metilazione del promoter di MGMT è associata a un prolungamento della malattia libera da progressione e una migliore sopravvivenza (Hegi 2005, Weller 2009) nei pazienti trattati con radio-chemioterapia. Nei pazienti anziani affetti da glioblastoma, per i quali un trattamento radio-chemioterapico potrebbe comportare importanti tossicità, la valutazione della metilazione del promoter di MGMT può essere di aiuto per poter ponderare il bilancio tra benefici attesi dall’aggiunta di temozolomide alla radioterapia e le sue potenziali tossicità.

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Le neoplasie gliali di alto grado vengono classificate come radioresistenti, ovvero scarsamente responsive al danno indotto dalle radiazioni ionizzanti per varie loro caratteristiche, in particolare per la presenza di aree ipossiche, per l’elevata capacità di riparare il danno subletale indotto dai frazionamenti convenzionali e dalle radiazioni a basso LET utilizzate nella routine clinica. Pur con tali limitazioni, il trattamento con radiazioni ionizzanti dei glioblastomi è da molti decenni uno dei principali e imprescindibili strumenti terapeutici a disposizione; i risultati ottenuti anche in tempi più recenti con l’associazione radio-chemioterapia hanno tuttavia confermato nei pazienti trattati una diversa radiosensibilità, di genesi multifattoriale. Nei tumori del sistema nervoso centrale vi può essere una varietà di risposta alle radiazioni ionizzanti come già da tempo dimostrato nei tumori solidi extracranici; i meccanismi alla base di queste diversità non sono completamente noti e numerosi studi in vitro e in vivo sono attualmente in corso per poter fornire una spiegazione, che potrebbe risiedere quindi nel diverso pattern enzimatico dell’ospite in quanto anche i danni radio-indotti possono essere riparati dai sistemi enzimatici preposti alla conservazione del DNA, analogamente a quanto avviene per alcuni farmaci chemioterapici; diversi sono i sistemi enzimatici conosciuti coinvolti in questi processi. La diversità dei geni che codificano per le proteine coinvolte nei meccanismi di riparazione cellulare possono stratificare i pazienti in diverse classi di radiosensibilità.

La disciplina che studia le diversità intrinseche nel genoma dei pazienti è la farmacogenetic, disciplina nata con la finalità di identificare le differenze genetiche interindividuali responsabili dell'ampia variabilità esistente nella risposta ai farmaci (Vessel, 2000). Tale variabilità è in gran parte determinata da fattori ereditari che causano alterazioni nel metabolismo dei farmaci o nell'espressione dei loro recettori, influenzando la farmacocinetica e la farmacodinamica. Il termine farmacogenetica risale al 1959, anno in cui Vogel per primo conferì a questo genere di indagine la dignità di branca autonoma della farmacologia. Una conferma all'ipotesi che le differenti risposte ai trattamenti fossero dovute all'eterogeneità genotipica

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caratteristica della specie umana deriva dagli studi condotti alla fine degli anni '70 da Vessel e Page (1968) sui gemelli omozigoti. In questi individui con identico patrimonio genetico non c'erano differenze nel metabolismo dei farmaci, mentre nei gemelli eterozigoti la variabilità era simile a quella presente nella popolazione generale. La variabilità genetica ha dunque un'importanza fondamentale nella pratica clinica, poiché sembra essere alla base di due principali problemi della terapia farmacologica: il mancato verificarsi dell'effetto farmacologico in alcuni pazienti e la comparsa di gravi e inattesi fenomeni di tossicità in altri (Barale, 2001). Grazie alla farmacogenetica è quindi possibile effettuare un percorso a ritroso per risalire dal genotipo alterato al fenotipo clinico.

Polimorfismi del singolo nucleotide (SNPs)

Si parla di polimorfismo genico quando esistono, nella popolazione normale, geni mutati o variati con una frequenza superiore all’1% (Meyer, 1991). Sebbene il genoma degli individui sia identico per il 99,9% dei casi, la differenza dello 0,1% può dar luogo fino a 3 milioni di polimorfismi, il più comune dei quali è associato alla mutazione di un singolo nucleotide. I polimorfismi del singolo nucleotide (SNPs) consistono in variazioni della sequenza del DNA che coinvolgono una sola base nucleotidica (A, T, C o G) e possono essere presenti sia in regioni codificanti che non codificanti del genoma (Figura 2). Alcuni SNPs non sembrano avere espressione fenotipica, altri invece influenzano l’espressione e la funzione delle proteine e risultano in fenotipi che predispongono l’individuo a sviluppare determinate patologie e, come si è cominciato ad intuire dagli anni ‘50, condizionano la risposta al trattamento farmacologico; sono noti, infatti, polimorfismi per geni che codificano per meccanismi di trasporto, bersagli molecolari ed enzimi che metabolizzano i farmaci.

La necessità di migliorare l’efficacia e la tollerabilità dei trattamenti antitumorali, attraverso un’appropriata selezione dei pazienti da sottoporre a terapia, conferisce

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all’analisi degli SNPs un notevole valore nell’ambito della ricerca biomedica; l’identificazione delle relazioni tra genotipo del paziente e risposta ai trattamenti potrebbe contribuire all’ottimizzazione del processo terapeutico.

Geni coinvolti nella riparazione del DNA e radioterapia

I dati relativi allo studio di rare malattie genetiche, la grande variabilità in termini di risposta alle radiazioni ionizzanti tra gli individui e nei diversi tessuti trattati, pongono come centrale l’ipotesi della radiosensibilità clinica quale fenomeno regolato geneticamente in maniera complessa (Andreassen, 2002). Accettando tale ipotesi, gli studi volti ad approfondire le conoscenze e stabilire le relazioni tra il genoma e gli effetti cellulari prodotti dalle radiazioni costituiscono un valido campo di ricerca e potrebbero offrirci strumenti utili dal punto di vista predittivo. Le possibilità sono molteplici; i dati preliminari finora disponibili indicano che l’analisi dell’espressione genica è in grado di fornirci molti risultati, tuttora da interpretare e correlare con i dati clinici. Alcuni studi iniziali nell’ambito della radiosensibilità dei tumori indicano che è possibile stabilire correlazioni significative tra profili specifici di espressione e risposte tumorali (Ghadimi, 2005; Kitahara, 2004).

Il sistema di Riparazione del Danno per escissione (NER) comprende proteine con attività di riconoscimento del danno, nonché di taglio, sintesi e legame. Sono stati identificati circa 30 polipeptidi che partecipano a questo sistema, fra cui la proteina ERCC1, che ha un ruolo fondamentale nel processo di incisione del filamento, processo che costituisce la tappa limitante del processo di riparazione. E' stato infatti osservato, in studi in vitro, che l'attività di ERCC1 è essenziale per la riparazione degli addotti del cisplatino e per la conseguente sensibilità nei confronti di questo chemioterapico (Calvert e Walling, 1998; Adjei et al., 2000). Diverse ricerche hanno recentemente dimostrato che la presenza di un'elevata espressione di ERCC1 in

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tessuti tumorali ovarici e gastrici è associata a una maggiore resistenza nei confronti di una chemioterapia contenente cisplatino (Kaye, 1998; Adjei, 2000). Similmente Shirota et al. (Shirota, 2001), utilizzando l'analisi dell'espressione genica con Real-Time PCR hanno osservato una correlazione fra i livelli di mRNA di ERCC1 e TS nei tessuti e la risposta alla chemioterapia con oxaliplatino e 5-fluorouracile in 50 pazienti affetti da carcinoma del colon. Infine, un'analisi su 56 pazienti in uno stadio avanzato (IIIb o IV) di NSCLC trattati con gemcitabina 1250 mg/m2 (giorni 1 e 8) e cisplatino 100 mg/m2 (giorno 1 ogni 3 settimane), ha dimostrato che la sopravvivenza media complessiva è significativamente maggiore nei pazienti con una minore espressione di ERCC1 (Thodmann et al., 1999), mentre Rosell et al. (2004) hanno osservato che in pazienti affetti da NSCLC trattati con cisplatino e gemcitabina l'overespressione di ERCC1 e della subunità RRM1 della ribonucleotide reduttasi è correlata con una minore sopravvivenza. Non sono disponibili al momenti dati relativi al ruolo di enzimi del sistema NER nei trattamenti con radioterapia dei tumori del sistema nervoso centrale; tuttavia sulla base dei dati ottenuti per altri tumori è ipotizzabile che questo sistema enzimatico possa avere un ruolo nella riparazione del danno radio e chemioindotto anche in queste neoplasie.

RAD51 è una proteina che gioca un ruolo importante nella ricombinazione omologa del DNA durante la riparazione delle rotture a doppio filamento. La proteina codificata dal gene RAD51 è coinvolta nelle fasi di ricerca e abbinamento dei filamenti di DNA. La base strutturale per la formazione del doppio filamento da parte di Rad51 e il suo meccanismo funzionale rimangono ancora poco conosciuti. Il ruolo potenziale di Rad51 nei tumori del sistema nervoso centrale non è stato indagato. Tuttavia, considerando il ruolo svolto nel mantenere l’integrità della doppia elica del DNA, potrebbe avere un ruolo nella radioresistenza dei tumori trattati con radio e radio-chemioterapia.

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Figura 3. Meccanismo d’azione del sistema di riparazione del DNA NER

Razionale e obiettivi dello studio

La casistica riportata in questo lavoro raggruppa 28 pazienti omogenei per quanto riguarda la diagnosi istologica (glioblastoma, IV WHO), un KPS maggiore di 70 e il tipo di trattamento post operatorio (tutti i pazienti sono stati trattati con un trattamento radio-chemioterapico secondo protocollo Stupp). Nonostante l’omogeneità dei dati clinici che caratterizzano questo gruppo di pazienti si sono registrate diverse risposte ai trattamenti combinati, diversi pazienti hanno infatti sviluppato una recidiva di malattia dopo poche settimane dal termine della radio-chemioterapia mentre altri hanno un controllo di malattia che dura da oltre 3 anni. Lo

DNA danneggiato

XPC HR23B

XPA

TFIIH

Riconoscimento della lesione

Apertura della doppia elica

TFIIH

Incisione del filamento danneggiato ERCC1

Eliminazione della sequenza contenente il danno

DNA polimerasi Neosintesi del DNA

XPF XPA XPG RPA RPA DNA danneggiato XPC HR23B XPA TFIIH

Riconoscimento della lesione

Apertura della doppia elica

TFIIH

Incisione del filamento danneggiato ERCC1

Eliminazione della sequenza contenente il danno

DNA polimerasi Neosintesi del DNA

XPF XPA XPG

RPA

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scopo di questo lavoro è quello di diversificare la casistica esaminata utilizzando marcatori mutuati dalla biologia molecolare e poter quindi valutare il potere prognostico/predittivo di determinanti legati alla neoplasia (mutazione di IDH1/IDH2, metilazione del promoter di MGMT) e di determinanti legati al genotipo del paziente (SNPs dei geni I geni XRCC1, XRCC1, XRCC3, RAD51 e GSTP).

Obiettivo primario: analizzare i marcatori molecolari di resistenza e di sensibilità

alla radioterapia e al temozolomide e correlarli con l’attività di questi in rapporto alla storia clinica dei pazienti.

Obiettivi secondari: correlazione dei determinanti molecolari studiati anche con la

Figura

Figura 3. Meccanismo d’azione del sistema di riparazione del DNA NER

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