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CAPITOLO 3 INDAGINE CONOSCITIVA

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3

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3.1 Il processo di conoscenza: aspetti normativi

Come già esposto nel paragrafo 1.1, l’OPCM n. 3274/2003 ha determinato un deciso passo avanti verso l’attuazione di una strategia di prevenzione e mitigazione del rischio sismico. Le attuali norme italiane (NTC 2008) risultano decisamente innovative nei loro aspetti fondamentali rispetto alle vecchie norme ed in particolare si fa riferimento a:

• approccio progettuale di tipo prestazionale • definizione delle azioni di progetto

• nuove procedure di progettazione. Analisi e verifica volte a meglio controllare la risposta inelastica delle strutture non isolate

• valutazione degli edifici esistenti • progettazione dei ponti

• progettazione delle strutture con isolamento sismico e con altre tecniche moderne di protezione sismica.

In particolare per le strutture esistenti l’attuale normativa prevede una profonda differenza nell’approccio alle verifiche di sicurezza rispetto a quello utilizzato per le costruzioni nuove. La progettazione di queste ultime si basa sull’uso di coefficienti di sicurezza parziali da applicare alle azioni e alle resistenze dei materiali. Il passaggio dai dati progettuali alla realizzazione concreta è affetto da un grado di incertezza ineliminabile che riguarda le effettive caratteristiche dei materiali.

Per le strutture esistenti, invece, è possibile, mediante prove in situ o documentazione disponibile, ottenere le reali proprietà dei materiali, da considerarsi nelle verifiche opportunamente ridotte a seconda del Livello di Conoscenza (LC) raggiunto a seguito delle indagini conoscitive. Facendo adesso riferimento specificatamente alle costruzioni in cemento armato, le verifiche di sicurezza dipendono, dunque, dai Fattori di Confidenza (FC), strettamente legati al LC, i quali riducono le resistenze medie dei materiali per il calcolo delle capacità degli elementi fragili e duttili. Nella determinazione delle sollecitazioni da applicare agli elementi fragili, per la verifica con spettro elastico, se queste sollecitazioni devono essere valutate in base a quelle trasmesse dagli elementi duttili plasticizzati, i FC amplificano la resistenza di tali elementi/meccanismi duttili. Gli elementi/meccanismi duttli si verificano, in generale, controllando che la domanda non superi la capacità in termini di deformazione, mentre gli elementi/meccanismi fragili si verificano in maniera analoga, ma in termini di resistenza. Tale distinzione influenza, in aggiunta, la definizione della capacità: per gli elementi/meccanismi duttili le proprietà dei materiali esistenti, ottenute da prove in situ o da documentazione disponibile, sono divise per i fattori di confidenza, relativamente al livello di conoscenza raggiunto; per quelli fragili, le proprietà dei materiali vengono divise per i fattori di confidenza nonché per i coefficienti di sicurezza parziali.

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Per le strutture in muratura, invece, la norma fornisce i valori di riferimento della resistenza (con i relativi fattori di confidenza che fungono da fattori di sicurezza riduttivi aggiuntivi ai coefficienti di sicurezza del materiale) e del modulo elastico che possono essere adottati nelle analisi in funzione del livello di conoscenza acquisito.

Le metodologie convenzionali per la valutazione della vulnerabilità sismica di un edificio esistente sono basate su analisi globali dettagliate e prevedono la conoscenza delle caratteristiche progettuali, costruttive e di materiale.

Per raccogliere gli elementi conoscitivi utili ai fini del giudizio di vulnerabilità sono state prese in considerazione le indicazioni presenti nel capitolo 8 del D.M. 14 gennaio 2008, e nella relativa Circolare di aggiornamento.

Il processo di conoscenza descritto dalle NTC ’08 si compone di tre fasi:

- analisi storico critica (inquadramento storico e ricostruzione di eventuali interventi che possano aver modificato nel tempo la conformazione originale.)

- rilievo (rilievo geometrico strutturale, consistente nell’acquisizione della geometria esterna delle strutture e dei dettagli costruttivi. Il rilievo, oltre ad avere lo scopo di individuare l’organismo resistente della costruzione, deve tenere presente anche la qualità e lo stato di conservazione dei materiali e degli elementi costruttivi.)

- caratterizzazione meccanica dei materiali (conseguire un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali e del loro degrado, sulla base di documentazione già disponibile, verifiche visive in situ e su indagini sperimentali.)

In particolare la fase di rilievo geometrico strutturale e la fase di caratterizzazione meccanica dei materiali sono significative per il conseguimento di un maggior livello di conoscenza.

Le fonti da considerare per l’acquisizione dei dati necessari sono:

- documenti di progetto con particolare riferimento a relazioni geologiche, geotecniche e strutturali ed elaborati grafici strutturali;

- eventuale documentazione acquisita in tempi successivi alla costruzione; - rilievo strutturale geometrico e dei dettagli esecutivi;

- prove in situ e in laboratorio.

In generale saranno acquisiti dati sugli aspetti seguenti:

- identificazione dell’organismo strutturale e verifica del rispetto dei criteri di regolarità indicati al paragrafo 7.2.2 delle NTC. Ciò viene ottenuto sulla base dei disegni originali di progetto opportunamente verificati con indagini in situ, oppure con un rilievo ex novo; - identificazione delle strutture di fondazione;

- identificazione delle categorie di suolo secondo quanto indicato al paragrafo 3.2.2 delle NTC;

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- informazione sulle dimensioni geometriche degli elementi strutturali, dei quantitativi delle armature (per le costruzioni in cemento armato), delle proprietà meccaniche dei materiali, dei collegamenti;

- informazioni su possibili difetti locali dei materiali;

- informazioni su possibili difetti nei particolari costruttivi (nel caso di strutture in cemento armato si focalizza l’attenzione sui dettagli delle armature, eccentricità travi-pilastro, eccentricità pilastro-pilastro, collegamento trave colonna e colonna fondazione, etc.);

- informazioni sulle norme impiegate nel progetto originale incluso il valore delle eventuali azioni sismiche di progetto;

- descrizione della classe d’uso, della categoria e della vita nominale secondo le tabelle del paragrafo 2.4 delle NTC;

- rivalutazione dei carichi variabili, in funzione della destinazione d’uso;

- informazione sulla natura e l’entità di eventuali danni subiti in precedenza e sulle riparazioni effettuate.

Sulla base della quantità e qualità delle informazioni ricavate nelle tre fasi di conoscenza, le NTC ‘08 illustrano un procedimento per la stima del livello di conoscenza dei diversi parametri coinvolti nel modello (geometria, dettagli costruttivi e materiali), ed i corrispondenti fattori di confidenza da utilizzare come ulteriori coefficienti parziali di sicurezza che tengano conto delle carenze nella conoscenza dei parametri geometrici e meccanici assunti nel modello.

Il livello di conoscenza acquisito determina, oltre ai fattori di confidenza da applicare alle proprietà dei materiali, anche il metodo di analisi.

Distinguendo il caso delle costruzioni in muratura da quelle in cemento armato, la norma definisce tre livelli di conoscenza con relativi fattori di confidenza.

Per le costruzioni in muratura:

Livello di conoscenza LC3 (accurata): si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievo

geometrico, verifiche in situ estese ed esaustive sui dettagli costruttivi, indagini in situ esaustive sulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1.

Livello di conoscenza LC2 (adeguata): si intende raggiunto quando siano stati effettuati il

rilievo geometrico, verifiche in situ estese ed esaustive sui dettagli costruttivi ed indagini in situ estese sulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1.2.

Livello di conoscenza LC1 (limitata): si intende raggiunto quando siano stati effettuati il rilievo

geometrico, verifiche in situ limitate sui dettagli costruttivi, ed indagini in situ limitate sulle proprietà dei materiali; il corrispondente fattore di confidenza è FC=1.35.

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La relazione tra livello di conoscenza raggiunto e fattore di confidenza è evidenziata nella Tab. C8A1.1. dell’Appendice C8A delle NTC ’08 riportata anche nella figura seguente:

Fig.:3.1 Livelli di conoscenza in funzione dell’informazione disponibile e conseguenti valori dei fattori di confidenza per edifici in muratura

Nella tabella vengono immediatamente evidenziati i parametri che definiscono i livelli di conoscenza:

- geometria, ossia le caratteristiche geometriche degli elementi strutturali. Le operazioni per l’acquisizione della geometria della struttura comprendono il rilievo, piano per piano, di tutti gli elementi in muratura, incluse eventuali nicchie, cavità, canne fumarie, il rilievo delle volte (spessore e profilo), dei solai e della copertura (tipologia e orditura), delle scale (tipologia

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strutturale), la individuazione dei carichi gravanti su ogni elemento di parete e la tipologia delle fondazioni.

Viene inoltre rilevato e rappresentato l’eventuale quadro fessurativo e deformativo. La finalità è di consentire, nella successiva fase diagnostica, l’individuazione dell’origine e delle possibili evoluzioni delle problematiche strutturali dell’edificio.

- dettagli strutturali relativi ai seguenti elementi: a) qualità del collegamento tra pareti verticali;

b) qualità del collegamento tra orizzontamenti e pareti ed eventuale presenza di cordoli di piano o di altri dispositivi di collegamento;

c) esistenza di architravi strutturalmente efficienti al di sopra delle aperture;

d) presenza di elementi strutturalmente efficienti atti ad eliminare le spinte eventualmente presenti;

e) presenza di elementi, anche non strutturali, ad elevata vulnerabilità;

f) tipologia della muratura (a un paramento, a due o più paramenti, con o senza riempimento a sacco, con o senza collegamenti trasversali, etc.), e sue caratteristiche costruttive (eseguita in mattoni o in pietra, regolare, irregolare, etc.).

I dettagli costruttivi possono essere rilevati tramite due tipi di verifiche:

Verifiche in situ limitate: basate su rilievi di tipo visivo effettuati ricorrendo, generalmente, a rimozione dell'intonaco e saggi nella muratura che consentano di esaminarne le caratteristiche sia in superficie che nello spessore murario, e di ammorsamento tra muri ortogonali e dei solai nelle pareti. I dettagli costruttivi di cui ai punti a) e b) possono essere valutati anche sulla base di una conoscenza appropriata delle tipologie dei solai e della muratura. In assenza di un rilievo diretto, o di dati sufficientemente attendibili, è opportuno assumere, nelle successive fasi di modellazione, analisi e verifiche, le ipotesi più cautelative.

Verifiche in situ estese ed esaustive: basate su rilievi di tipo visivo, effettuati ricorrendo, generalmente, a saggi nella muratura che consentano di esaminarne le caratteristiche sia in superficie che nello spessore murario, e di ammorsamento tra muri ortogonali e dei solai nelle pareti. L’esame degli elementi di cui ai punti da a) ad f) è opportuno sia esteso in modo sistematico all’intero edificio.

- proprietà meccaniche dei materiali: caratterizzazione di malte pietre e/o mattoni mediante prove sperimentali. Particolare attenzione è riservata alla valutazione della qualità muraria, con riferimento agli aspetti legati al rispetto o meno della “regola dell’arte”.

Quest’ultimo requisito comporta, per gli edifici dei quali non è disponibile una documentazione progettuale recente ed esaustiva, l’esecuzione di una serie di saggi e prove sperimentali che renderebbero necessario l’accesso agli immobili in esame, con sospensione delle attività in essi svolte. La destinazione d’uso di tipo residenziale, ha reso opportuno evitare prove distruttive e deterioranti l’aspetto dell’edificio. La normativa permette, nei casi in cui non è possibile effettuare prove attendibili e in numero significativo sulla struttura, di desumere i valori delle

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resistenze meccaniche da tabelle riportate in Appendice alle NTC o facendo riferimento alle norme preseniti all’epoca della costruzione.

La metodologia di indagine che permette l’individuazione delle proprietà dei materiali si divide in:

Indagini in situ limitate: servono a completare le informazioni sulle proprietà dei materiali ottenute dalla letteratura, o dalle regole in vigore all’epoca della costruzione, e per individuare la tipologia della muratura. Sono basate su esami visivi condotti dopo la rimozione di una zona di intonaco di almeno 1m x 1m, al fine di individuare forma e dimensione dei blocchi di cui è costituita, eseguita preferibilmente in corrispondenza degli angoli, al fine di verificare anche le ammorsature tra le pareti murarie. E’ da valutare, anche in maniera approssimata, la compattezza della malta.

Indagini in situ estese: le indagini di cui al punto precedente sono effettuate in maniera estesa e sistematica, con saggi superficiali ed interni per ogni tipo di muratura presente. Prove con martinetto piatto doppio e prove di caratterizzazione della malta (tipo di legante, tipo di aggregato, rapporto legante/aggregato, etc.), e eventualmente di pietre e/o mattoni (caratteristiche fisiche e meccaniche) consentono di individuare la tipologia della muratura. È opportuna una prova per ogni tipo di muratura presente. Metodi di prova non distruttivi (prove soniche, prove sclerometriche, penetrometriche per la malta, etc.) possono essere impiegati a complemento delle prove richieste.

Indagini in situ esaustive: servono per ottenere informazioni quantitative sulla resistenza del materiale. In aggiunta alle verifiche visive, ai saggi interni ed alle prove di cui ai punti precedenti, si effettua una ulteriore serie di prove sperimentali che, per numero e qualità, siano tali da consentire di valutare le caratteristiche meccaniche della muratura. La misura delle caratteristiche meccaniche della muratura si ottiene mediante esecuzione di prove, in situ o in laboratorio (su elementi non disturbati prelevati dalle strutture dell’edificio).

Per le costruzioni in cemento armato:

Similmente a quanto si è visto per le strutture in muratura, nel caso di costruzioni in cemento armato i tre livelli di conoscenza risultano raggiunti quando:

Livello di conoscenza LC1 (limitata): la geometria della struttura è nota o in base a un rilievo o

dai disegni originali. In quest’ultimo caso viene effettuato un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni. I dettagli costruttivi non sono disponibili dai disegni ma ricavati sulla base di un progetto simulato eseguito secondo la pratica dell’epoca della costruzione. È richiesta una limitata verifica in situ delle armature e dei collegamenti presenti negli elementi più importanti. Non essendo disponibili informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali, si adottano valori usuali della pratica costruttiva dell’epoca convalidati da limitate prove in situ sugli elementi più importanti.

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metodi di analisi lineare statici o dinamici.

Livello di conoscenza LC2 (adeguata): la geometria della struttura è nota o in base a un rilievo o

dai disegni originali. In quest’ultimo caso viene effettuato un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni. I dettagli costruttivi sono noti da un’estesa verifica in situ oppure parzialmente noti dai disegni costruttivi originali incompleti. In quest’ultimo caso viene effettuata una limitata verifica in situ delle armature e dei collegamenti presenti negli elementi più importanti. Le informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali sono disponibili in base ai disegni costruttivi o ai certificati originali di prova, o da estese verifiche in situ. Nel primo caso sono anche eseguite limitate prove in situ; se i valori ottenuti dalle prove in situ sono minori di quelli disponibili dai disegni o dai certificati originali, sono eseguite estese prove in situ.

La valutazione della sicurezza nel caso di conoscenza adeguata è eseguita mediante metodi di analisi lineare o non lineare, statici o dinamici.

Livello di conoscenza LC3 (accurata): la geometria della struttura è nota o in base a un rilievo o

dai disegni originali. In quest’ultimo caso è effettuato un rilievo visivo a campione per verificare l’effettiva corrispondenza del costruito ai disegni. I dettagli costruttivi sono noti o da un’esaustiva verifica in situ oppure dai disegni costruttivi originali. In quest’ultimo caso è effettuata una limitata verifica in situ delle armature e dei collegamenti presenti negli elementi più importanti. Le informazioni sulle caratteristiche meccaniche dei materiali sono disponibili in base ai disegni costruttivi o ai certificati originali, o da esaustive verifiche in situ. Nel primo caso sono anche eseguite estese prove in situ; se i valori ottenuti dalle prove in situ sono minori di quelli disponibili dai disegni o dai certificati originali, sono eseguite esaustive prove in situ.

La valutazione della sicurezza nel caso di conoscenza accurata verrà eseguita mediante metodi di analisi lineare o non lineare, statici o dinamici.

La relazione tra livello di conoscenza raggiunto e fattore di confidenza è evidenziata nella Tab. C8A1.2. dell’Appendice C8A alle NTC ’08 riportata anche nella figura seguente:

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Fig. 3.2 Livelli di conoscenza in funzione dell’informazione disponibile e conseguenti metodi di analisi ammessi e valori dei fattori di confidenza per edifici in calcestruzzo armato o in acciaio

Nella tabella vengono immediatamente evidenziati i parametri che definiscono i livelli di conoscenza:

- geometria, ossia le caratteristiche geometriche degli elementi strutturali.

I disegni originali di carpenteria, quelli costruttivi o esecutivi descrivono la geometria della struttura, gli elementi strutturali e le loro dimensioni, e permettono di individuare l’organismo strutturale resistente alle azioni orizzontali e verticali. I disegni esecutivi contengono anche la descrizione della quantità, disposizione e dettagli costruttivi di tutte le armature, nonché le caratteristiche nominali dei materiali usati.

La corrispondenza tra l’effettiva geometria della struttura e i disegni originali di carpenteria disponibili viene evidenziata tramite un rilievo visivo della geometria di alcuni elementi. Nel caso in cui si riscontri una non corrispondenza tra i disegni originali e l’effettiva geometria della struttura o nel caso di completa assenza degli elaborati originali, si procede ad un rilievo completo in modo da ricavare i disegni completi di carpenteria.

La normativa fornisce inoltre delle indicazioni sui dati supplementari per l’identificazione della geometria delle strutture in cemento armato:

1 identificazione del sistema resistente alle forze orizzontali in entrambe le direzioni; 2 tessitura dei solai;

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3 dimensioni geometriche di travi, pilastri e pareti; 4 larghezza delle ali di travi a T;

5 possibili eccentricità fra travi e pilastri ai nodi.

- dettagli strutturali, ossia la quantità e disposizione delle armature, compreso il passo delle staffe e la loro chiusura, per il c.a., i collegamenti per l’acciaio, i collegamenti tra elementi strutturali diversi, la consistenza degli elementi non strutturali collaboranti.

I dati appena elencati possono essere ricavati, in mancanza dei disegni costruttivi originali, tramite un progetto simulato che viene eseguito sulla base delle norme tecniche in vigore e della pratica costruttiva caratteristica all’epoca della costruzione.

La corrispondenza tra le armature o le caratteristiche dei collegamenti effettivamente presenti e quelle riportate nei disegni costruttivi, oppure ottenute mediante il progetto simulato, si ottiene tramite le verifiche in situ limitate

Le verifiche in situ sono effettuate su un’opportuna percentuale degli elementi strutturali primari per ciascun tipologia di elemento (travi, pilastri, pareti…) privilegiando comunque gli elementi che svolgono un ruolo più critico nella struttura, quali generalmente i pilastri.

Nel caso in cui non siano disponibili i disegni costruttivi originali (o siano semplicemente incompleti) come alternativa al progetto simulato, si eseguono verifiche in situ estese o esausive a seconda del livello di conoscenza che si desidera raggiungere.

Per l’identificazione dei dettagli costruttivi, la normativa specifica che i dati raccolti devono includere i seguenti:

1 quantità di armatura longitudinale in travi, pilastri e pareti;

2 quantità e dettagli di armatura trasversale nelle zone critiche e nei nodi trave-pilastro;

3 quantità di armatura longitudinale nei solai che contribuisce al momento negativo di travi a T;

4 lunghezze di appoggio e condizioni di vincolo degli elementi orizzontali; 5 spessore del copriferro;

6 lunghezza delle zone di sovrapposizione delle barre.

- materiali, ossia le proprietà meccaniche dei materiali.

La misura delle caratteristiche meccaniche del calcestruzzo, dell’acciaio e dell’unione di elementi in acciaio si ottiene mediante estrazione di campioni ed esecuzione di prove. Si parla quindi di metodi di indagine distruttivi. La normativa consiglia quelli non distruttivi a semplice integrazione dei metodi distruttivi, purché i risultati siano tarati su quelli ottenuti con prove distruttive.

Il completamento delle informazioni sulle proprietà dei materiali, ottenute o dalle normative in vigore all’epoca della costruzione, o dalle caratteristiche nominali riportate sui disegni costruttivi, o da certificati originali di prova, si ottiene tramite prove in situ limitate.

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Nel caso in cui non siano disponibili ne i disegni costruttivi ne i certificati originali di prova, oppure quando i valori ottenuti dalle prove limitate risultano inferiori a quelli riportati nei disegni o certificati originali, si procede a prove in situ estese o a quelle esaustive a seconda del livello di conoscenza che si desidera raggiungere.

Pr l’identificazione dei materiali, la normativa specifica che i dati raccolti devono includere i seguenti:

1 resistenza del calcestruzzo;

2 resistenza a snervamento, di rottura e deformazione ultima dell’acciaio.

3.2 Analisi storico-critica

Come già esposto nel paragrafo precedente, la prima fase conoscitiva di un edificio prevede il suo inquadramento storico e la ricostruzione di eventuali interventi che possano aver modificato nel tempo la conformazione originale (anamnesi costruttiva).

I 48 edifici (15 in muratura e 33 in cemento armato) oggetto della presente tesi e facente parte del complesso di strutture adibite a residenze popolari, appartenenti e gestite da CASALP, sorgono tutte all’interno dei quartieri della città di Livorno ad eccezione di 4 unità (di cui una in muratura e le altre in cemento armato). Queste ultime sono situate a Portoferraio (2 costruzioni di cui una in muratura), Cecina e Rosignano Marittimo.

Le restanti 44 costruzioni si trovano nei quartieri La Rosa (16 edifici), Sorgenti (5 edifici), Coteto (4 edifici), Colline-Salviano (5 edifici), Stazione (3 edifici), Shangai (3 edifici), Garibaldi (5 edifici), Salviano (un edificio), Fiorentina (un edificio), Quartieri Nord (un edificio).

I 15 edifici in muratura risalgono alla prima metà del secolo scorso, ad una fascia temporale che va dal 1911 al 1956 mentre la costruzione dei restanti 33 edifici in cemento armato abbraccia la seconda metà del 1900 comprendendo gli anni dal 1958 al 1980.

Le strutture analizzate, generalmente adibite ad uso residenziale con l’eccezione di alcuni locali al piano terra adibiti ad uso commerciale e alla sede di CASALP spa, sono quindi state realizzate prima dell’entrata in vigore delle norme tecniche per zone sismiche approvate con il D.M. 19/06/1984. Pertanto, tutti gli edifici in esame sono realizzati senza tenere in conto alcuna verifica di resistenza nei confronti delle azioni orizzontali e ciò implica che:

• gli edifici in muratura risentono dell’assenza di un comportamento scatolare ovvero collegamenti tra le pareti ortogonali e tra queste ed i solai.

• l’assenza di un comportamento sismo resistente per gli edifici in cemento armato, invece, comporta la mancanza di criteri di gerarchia delle resistenze e l’assenza di collegamenti tra un telaio principale e l’altro.

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Nella seguente tabella vengono riportati i dati relativi al sito e all’anno di costruzione di ciascuna struttura:

CODICE INDIRIZZO COMUNE ANNO

COSTRUZIONE QUARTIERE

00090404 via Trieste 19/23 Livorno 1911 STAZIONE

00090201 viale Nievo 53/61- Capocchi 1 Livorno 1935 FIORENTINA

000090204 via Garibaldi 439/445 Livorno 1937 GARIBALDI

00090205 via Bruno 13/19 Livorno 1938 GARIBALDI

00090232 via Stenone5/15 Livorno 1939 SHANGAI

00090431 via Amedollo 14/20 Livorno 1942 STAZIONE

00090462 via Vecchia di Salviano Livorno 1942 SALVIANO

00090208 via Bruno 21/29 Livorno 1942 GARIBALDI

00090209 via Bruno 2/10 Livorno 1943 GARIBALDI

00090236 via Bixio 58/66 Livorno 1943 SHANGAI

10141418 via Manzoni 21 a/b Portoferraio 1949

00090214 via Marchi 4/12 Livorno 1950 GARIBALDI

00090245 via Giolitti 13/15 Livorno 1952 SHANGAI

00090140 via Gemignani 3/5/7 Livorno 1954 SORGENTI

00090466 via Bengasi 97-a/b Livorno 1956 STAZIONE

00090467 via Lorenzini 6 Livorno 1958 COTETO

00090470 via Lorenzini 11/13/15 Livorno 1960 COTETO

00090101 via Soffredini 3/5/7 Livorno 1961 SORGENTI

00090483 via Lorenzini 64/68 Livorno 1961 COTETO

00090904 via Machiavelli 88/104 Livorno 1961 LA ROSA

00090906 via Machiavelli 31/61 Livorno 1961 LA ROSA

00090908 via Bikonachy 3/4/5 Livorno 1961 LA ROSA

00090909 via De Sanctis 1 Livorno 1961 LA ROSA

00090184 via Foscolo 46 Livorno 1962 SORGENTI

00090931 via De Sanctis 2/4/6 Livorno 1962 LA ROSA

00090933 via De Sanctis 16/18/20 Livorno 1962 LA ROSA

00090957 via Cattaneo 15/17/19/21/23 Livorno 1962 LA ROSA

00090489 via Paganini 2/4/6 Livorno 1967 COTETO

00090911 via Machiavelli 16/24 Livorno 1967 LA ROSA

00090912 via Caduti di Marzabotto 2/4/6 Livorno 1967 LA ROSA

00090914 piazza Di Vittorio 5/6/7 Livorno 1967 LA ROSA

00090917 via Machiavelli 108/114 Livorno 1968 LA ROSA

00090918 via Machiavelli 116/118 Livorno 1968 LA ROSA

00090919 via Tommaseo 2/4/6/8 Livorno 1968 LA ROSA

00090921 via Muratori 33/35 Livorno 1972 LA ROSA

00090922 via Machiavelli 120/122 Livorno 1972 LA ROSA

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00090710 via Costanza 2/8/14 Livorno 1977 COLLINE-SALVIANO

00090104 via Perini 1/3/5 Livorno 1978 SORGENTI

00090107 via Dudley 4/6 Livorno 1978 SORGENTI

CODICE INDIRIZZO COMUNE ANNO

COSTRUZIONE QUARTIERE

00090703 via Piccioni 2/4/6/8 Livorno 1978

COLLINE-SALVIANO

00090708 via Costanza 28/30/32 Livorno 1978

COLLINE-SALVIANO

00090712 via Haiphong 1/17 Livorno 1979

COLLINE-SALVIANO

10070702 via Pasubio 33 Cecina 1979

00090259 via Passaponti 23/27 Livorno 1980 QUARTIERI

NORD

00090715 via Costanza 33/53 Livorno 1980

COLLINE-SALVIANO

10141403 Via Pertini 23/29 Portoferraio 1980 LOC.

ALBERETA

10171701 via Amendola 17/23 Rosignano

M.mo 1980

Tab.: 3.1

Durante l’inizio del secolo scorso, nacque il dibattito circa la necessità di costruire case popolari, al quale aveva dato un sostanziale contributo il giornale “Indicatore della società democratica unitaria di Livorno”, descrivendo le disastrose condizioni di abitazione della plebe. Altrettanto necessario veniva dai più considerato il fatto che non si poteva demolire prima di aver edificato. Nel 1906 fu costituito, su iniziativa del sindaco liberale Malenchini, il “comitato per le case popolari”. Si mise dunque mano al piano che faceva coincidere l'area della nuova stazione con una vasta zona libera da qualsiasi vincolo, determinandovi un'organizzazione a scacchiera in cui si avvicendavano palazzi di una certa ampiezza a villette su due piani, con una decorazione semplicissima, vagamente ispirata all'Art Nouveau (lo stile Liberty). Il nuovo quartiere ebbe un ampio sviluppo e costituì l'elemento direttore di una delle più importanti espansioni della città per oltre quarant'anni, a dimostrare la correttezza e la serietà del piano allora approvato.

Sebbene la mancanza dei servizi fu una caratteristica di tutti i quartieri popolari della Livorno di quegli anni, il livello edilizio era del tutto decoroso: gli appartamenti erano composti di alcune stanze disposte intorno a un corridoio centrale, con cucina, latrina e antilatrina. I gabinetti erano a chiusura idraulica, c'era l'illuminazione elettrica e servizi collettivi. Nella maggioranza dei casi era previsto il doppio affaccio. Ciò era dovuto sia all'impostazione sociale, che prevedeva case per il

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ceto medio, sia per l'ideologia stessa di allora rispetto alle case popolari, considerate come strumento di elevazione e di educazione e come manifestazione di modernità e di progresso, mentre nel fascismo l'”ideologia” della casa popolare sarà del tutto diversa.

La costruzione delle case popolari si bloccò però durante la guerra a causa della scarsità di mano d'opera.

Nel periodo fascista andò facendosi sempre più netta la differenziazione tra le varie zone della città: in quest'epoca il settore nord est venne sempre più riservato all'edilizia popolare, mentre il settore sud venne destinato ad accogliere, di fronte all'Accademia Navale, un quartiere di villette signorili. Qui sorsero dei villini concepiti in un guazzabuglio di stili, dotati di logge e torrini, talora in stile medioevale, talora in falso-liberty, opera del disegnatore Cioni, autodidatta, molto amato dai professionisti della città.

La politica urbanistica livornese dell'epoca fascista, da una parte si sviluppò secondo le linee nazionali dell'”urbanistica di parata”, dall'altra di fatto continuò ad adeguarsi alle necessità e alle consuetudini degli strati più conservatori.

Mentre Il problema del risanamento si saldava strettamente a quello dell'edilizia economica e popolare, nel 1930 il Comune aveva acquistato un ampio terreno sulla via del Camposanto; qui venne prevista una delle due direttrici di espansione dei quartieri popolari, che andarono sostituendosi alle direttrici precedenti contigue al porto e alla zona industriale. L'altra direttrice utilizzata sarebbe stata poi lungo la vecchia strada per Pisa.

L'architetto Venturi, incaricato del progetto del quartiere, sulla traccia di un progetto comunale del '27, divise la città in settori non in base alla densità o alla tipologia edilizia, ma in base alle classi sociali cui erano destinate: a sud la gente “per bene”, a nord-est il “popolo”.

L'acquisto della proprietà Fabbricotti, poi, aveva permesso il proseguimento verso sud dell'asse della città. Se anche nel quartiere Fabbricotti si erano costruite case popolari e si erano progettati isolati a scacchiera, la qualità urbana e costruttiva era stata comunque accettabile. Nell'espansione Nord, invece, l'intento dell'amministrazione appare quello di far edificare ogni metro di terreno sebbene edifici del Venturi mostrano almeno la volontà di mascherare, con la simmetrica solennità del neoclassicismo novecentesco, la loro miseria.

Da un punto di vista stilistico, l'epoca fascista lasciò a Livorno appena qualche “eco” del celebre architetto tedesco Erich Mendelsohn, in qualche facciata curva, in alcuni ballatoi e nei motivi a strisce orizzontali di alcuni edifici multipiano.

Il 28 maggio 1943 segnò l’inizio di settanta bombardamenti che avrebbero violato per sempre il volto della città colpendo tutta Livorno, distruggendo non solo il porto e la zona industriale, ma anche moltissimi quartieri abitati del centro.

Alla fine della guerra lo scenario livornese era apocalittico: solo l'8,38% degli edifici del centro era illeso, il 33,38% distrutto, il 27,94% gravemente danneggiato e il 28,30% danneggiato. Nel resto della città il 43,14% degli edifici erano illesi, il 15,78% distrutti, il 14,94% gravemente danneggiati, il 26,14% leggermente danneggiati.

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Per la ricostruzione molto venne demandato ai privati, anche in termini di regolamentazione, poiché si temeva di allontanare potenziali ricostruttori dal centro. inizialmente ai privati veniva concesso di non seguire alcun ordine urbanistico: nessun obbligo di attenersi ai 3-4 piani ritenuti tipici dell'architettura toscana, nessun vincolo a non demolire il poco che poteva essere recuperato.

Tra il 1947 e il 1950 vennero redatti 40 elenchi di aree da espropriare per l'attuazione del piano di ricostruzione, giustificati da una legge nazionale che autorizzava le Amministrazioni comunali all'esproprio.

La pratica dell'esproprio, insieme allo scarso vigore della ricostruzione del centro storico che aveva abbassato il livello dei prezzi, avevano reso disponibili all'edilizia pubblica ampi lotti, che consentirono di invertire parzialmente la tendenza di cacciare fuori dal centro i ceti popolari. L'edilizia pubblica ebbe a Livorno una parte assai importante nella ricostruzione degli immobili distrutti dalla guerra. La tipologia preponderante fu quella del tipo edilizia in linea a tre o più piani fuori terra, con uno schema di aggregazione di due o più alloggi ai vari piani attorno al vano scala. Sulla progettazione architettonica influirono i riflessi delle esperienze razionaliste dell'architettura italiana fatte a cavallo delle due guerre, che contribuirono a definire un prodotto caratterizzato da un linguaggio formale di tipo tradizionale mediato da elementi innovativi e da semplificazioni nelle connotazioni esterne delle varie finiture.

Per la ricostruzione del centro città, l'Istituto Case Popolari cercò di mediare tra le necessità di contenimento dei costi con l'intenzione di connotare i fabbricati in modo adeguato, perché risultassero inseriti e integrati in un'importante area della città, producendo quella che alla fine può essere definita un'edilizia dignitosa con strutture in minima parte salvate e in gran parte ricostruite.

Vennero privilegiati gli affacci sulle vie pubbliche, che fanno riferimento al cosiddetto “stile liscio” sviluppatosi negli anni ‘30 e caratterizzato dall'uso di materiali lapidei trattati con adeguata finitura, dall'uso degli intonaci, dalle semplici cornici marcadavanzale e con il completamento della sagoma classica per il sottogronda. I prospetti tergali, invece, vennero relegati a un ruolo di assoluto anonimato. Si può notare, dunque, non solo una diversificazione di “impegno costruttivo” tra fronte e retro dello stesso edificio, ma anche una gerarchia in base alla tipologia di strada in cui l'edificio è collocato. Malgrado gli sconvolgimenti della guerra, insomma, restavano attuali le indicazioni degli anni '30.

Nella morfologia cittadina ciò che derivò dall'espansione postbellica fu il formarsi di una grossa fascia di edilizia sovvenzionata, cui andò affiancandosi un'edilizia privata di livello modesto in tutta la zona compresa tra l'Aurelia e la ferrovia.

Con l'INA Casa (il piano di intervento dello Stato per realizzare edilizia residenziale pubblica), nonostante le realizzazioni a bassi costi, le ubicazioni quasi sempre casuali delle costruzioni, la scarsità di servizi e di collegamenti e la mancanza di ogni elemento di arredo urbano, arrivò un soffio di architettura nazionale, poiché le nuove costruzioni facevano propria la tendenza del

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Neorealismo architettonico, che portava a una reinterpretazione dei temi razionalisti basata sulla coerenza compositiva dei materiali, delle scelte tecnologiche, dei particolari architettonici.

Il primo quartiere INA-Casa di Livorno, del 1951, è quello di “Sorgenti”. Il piano urbanistico venne realizzato da Barrucci e da Rossi de Paoli, che progettarono il primo quartiere livornese in cui la disposizione degli edifici obbedisce non più alla logica dei lotti ma a un discorso interno, mirante a qualificare gli spazi secondo le loro funzioni, in un continuo colloquio tra pubblico e privato.

Da lì a poco venne realizzato il quartiere di Coteto (1956), il cui nucleo,mostra un chiaro rapporto tra le strade e gli spazi interni dell'isolato, inserendosi in un contesto definito quale “non molto ordinato campionario di casette di ogni forma e dimensione”.

L'introduzione della Legge 18 aprile 1962, n.167: “Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare“, consentì per la prima volta in Italia di usare piani decennali intesi come veri e propri piani urbanistici d'intervento diretto per iniziativa comunale. In quesrto modo era possibile (almeno teoricamente) programmare l'assetto edilizio integrando gli strumenti urbanistici con i piani per l'edilizia economica e popolare, i cosiddetti PEEP, in una visione unitaria rispetto alle linee di sviluppo e riassetto sul territorio.

Livorno fu uno dei primi Comuni d'Italia ad adottare il piano PEEP, individuando più zone, aventi caratteristiche differenti e variamente ubicate rispetto al centro cittadino, distinguendo tra:

• aree esterne, distanti dalla città circa 2,5 km, con possibilità di un collegamento molto rapido per poter costruire un quartiere satellite nelle vicinanze delle zone industriali esistenti, previsto nella zona di Pian di Rota;

• aree esterne rispetto alla linea ferroviaria per incontrare le esigenze dell'edilizia modesta a carattere privato, intorno al borgo di Salviano;

• aree interne all'arco ferroviario in zona più prossima al centro, per incontrare le esigenze degli Enti e delle cooperative edificatrici, allora non disposte a costruire fuori dalla linea della ferrovia, ovvero il quartiere (CEP) La Rosa;

• aree entro l'anello stradale costituito dall'Aurelia e da via Nazario Sauro;

• una piccola area nel Comune di Quercianella, rivolta a rispondere alle esigenze della popolazione di questa frazione.

Il capitolo certamente più importante e significativo dell'espansione edilizia degli anni '60 è certamente costituito dal quartiere “La Rosa”, realizzato per iniziativa del Comitato Interministeriale per l'edilizia popolare, con la progettazione coordinata affidata ad architetti di notevole statura professionale, tra cui l'architetto Moretti, l'architetto Fagnoni, Martigli, Spadolini e Razzauti. Il primo blocco di costruzioni venne iniziato nel 1959 e terminato nel 1962, realizzando i primi 809 alloggi e 32 fondi destinati a esercizi commerciali al dettaglio.

Il quartiere fu un modello dal punto di vista urbanistico in quanto i progettisti tesero alla realizzazione di un'idea di urbanistica originale in cui il bisogno di unità abitative si accordasse con un livello di vita più confortevole possibile. Non furono adottati schemi rigidi di

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progettazione ma si scelse una composizione libera, dove si identificassero comunque elementi che creassero una sorta di “simbologia” del quartiere, quali i grattacieli che ne segnano inizio e conclusione.

In quest'area vi furono successive espansioni fino agli anni ‘70, anni in cui si concluse il ciclo di completamento progressivo del quartiere in cui si provvide a saturare interamente l'insediamento abitativo.

I vent'anni trascorsi tra il primo e l'ultimo intervento di costruzione nel quartiere La Rosa hanno determinato inevitabilmente una varietà di forme e stili, a discapito dell'omogeneità complessiva dello stesso: i concetti innovativi espressi alla stesura dei primi progetti non vennero ripresi, lasciando il posto a modelli urbanistici diversi confondendo zone in cui prevale la disposizione degli edifici in linea, altre in cui si ha un accenno alle corti semichiuse, altre in cui gli edifici sono disposti a ventaglio.

Nella premessa al nuovo Piano Regolatore della città, affidato all'architetto Italo Insolera, possiamo individuare un'impietosa fotografia della Livorno degli anni ‘70 individuando le radici del problema livornese da leggersi soprattutto nel primato della quantità rispetto alla qualità: “Oggi Livorno formalmente è un'ampia distesa di architettura degli anni '50, '60, '70 interrotta dalla striscia dei Borghi superstiti”. Sia il centro ricostruito che le zone di espansione vengono definite “senza storia, senza essenzialità”.

La relazione prosegue citando altri punti deboli dei piani urbanistici precedenti, accusati di aver ignorato l'importanza della zona dei borghi, di non aver riconosciuto, al momento della ricostruzione, il valore della città distrutta, tanto da aver costruito “un'altra cosa”, e di non aver dato importanza a quanto fosse rimasto come valore insostituibile.

Il PRG Insolera si proponeva di soddisfare globalmente a livello urbano lo standard regionale di 30 mq/abitante, o, in via riduttiva, lo standard di 18 mq/abitante, recuperando o sostituendo all'interno degli isolati di risanamento edilizio con ristrutturazioni degli spazi interni nei vari quartieri.

I quartieri il linea con lo standard definito dal Piano a 30 mq/ab erano Colline, Coteto, Fabbricotti, Salviano, Collinaia, Valle Benedetta, Ardenza, La Rosa, Antignano, Quercianella, Montenero, al 18 mq/ab Filzi e San Jacopo.

Il piano individua poi le differenti zone del rinnovo urbano nei lotti distrutti dalla guerra.

Dalle informazioni apprese sulla tradizione costruttiva dell’epoca, i solai di tipo SAP erano spesso utilizzati per il fatto che i travetti prefabbricati, composti da travi in laterizio armato con interposte tavelle in laterizio, potevano essere confezionati anche a piè d’opera. Solai di questo tipo denotano un’elevata fragilità e, a causa della mancanza della soletta, deformabilità nel proprio piano.

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Inoltre era consuetudine della tradizione costruttiva ricavare tra il suolo ed il primo solaio una camera d’aria appoggiando il solaio su muretti (gattaiolato) in modo da assicurare un certo distacco dal terreno ed una ventilazione efficiente.

Per le costruzioni in muratura la tradizione costruttiva prevedeva l’uso di materiale di scarto per la realizzazione di edifici residenziali popolari con conseguente muratura costituita da materiale misto e disomogeneo. Tale ipotesi è confermata dall’esame visivo delle zone con intonaco assente di alcuni paramenti esterni, dalla documentazione ritrovata per alcuni edifici nonché dall’impiego della camera termografica con la quale si è fotografata una tessitura muraria disordinata

Infine anche i muri di tamponamento delle strutture in cemento armato sono stati realizzati in linea con le usanze costruttive dell’epoca (come confermato anche dalla documentazione riguardante alcune costruzioni che si è riusciti a recuperare), ovvero con tamponature “a cassetta”, generalmente così composte: 8 cm di mattoni forati, intercapedine d’aria, 12 cm di mattoni pieni di rivestimento esterno.

3.3 Rilievo geometrico-strutturale

L’acquisizione della geometria delle strutture e dei dettagli costruttivi (seconda fase prevista per il processo di conoscenza descritto dalle NTC ’08), è stata effettuata attraverso il passaggio dalle seguenti fasi:

- raccolta ed esame della documentazione disponibile presso gli uffici tecnici di CASALP s.p.a.: in particolare si è preso visione dei disegni tecnici riportanti particolari costruttivi e piante quotate. In questo modo è stato possibile venire a conoscenza di alcuni particolari che non sarebbero emersi in fase di rilievo a causa dell’impossibilità di fare indagini invasive.

Nei casi in cui la documentazione progettuale originale non poteva ritenersi attendibile, ci siamo serviti dell’unione di queste informazioni con quelle fornite da rilievi architettonici più recenti anche se talvolta non del tutto esaustivi.

- Rilievi in situ (verifica dei rilievi geometrici se disponibili o esecuzione di rilievi geometrici, ispezioni visive, documentazione fotografica, etc.) e restituzione grafica degli schemi funzionali e strutturali mancanti: le indagini fotografiche e il rilievo geometrico hanno permesso l’individuazione della reale corrispondenza tra quanto dichiarato nei disegni tecnici e quanto realmente eseguito.

Per gli edifici in muratura il rilievo a vista è stato implementato dall’ausilio della macchina termografica.

Per alcune strutture in cemento armato sono state inoltre eseguite sia indagini con Ferroscan, per individuare l’esatta ubicazione delle armature longitudinali, la quantità di ferri utilizzati e la

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distanza tra le staffe dei pilastri, sia delle indagini con battute sclerometriche su diversi campioni di pilastri per avere informazioni dirette sulla qualità del calcestruzzo.

In alcuni casi, parte degli elementi conoscitivi sono stati dedotti da colloqui con il personale tecnico o messi in evidenza dal degrado delle finiture esterne.

- Analisi delle caratteristiche degli elementi costruttivi significativi e della configurazione strutturale nei confronti delle azioni sismiche: elemento significativo deducibile dall’esame della documentazione progettuale e dal rilievo a vista dell’edificio è stata l’individuazione di evidenti irregolarità nello sviluppo della struttura dell’edificio, sia in pianta che in elevazione. Tra le altre irregolarità degli edifici riscontrabili dall’esame a vista sono state considerate:

- la presenza di giunti strutturali sottodimensionati, - la presenza di strutture spingenti,

- la presenza di corpi di fabbrica di uno stesso organismo realizzati con materiali o tipologie strutturali diversi,

- la presenza di impalcati poco rigidi,

- variazioni significative di resistenza e rigidezza da un piano all’altro, - la presenza di corpi aggettanti,

- la presenza di elementi non strutturali non adeguatamente ancorati (ai fini del ribaltamento), - anomalie nella distribuzione di carichi e sovraccarichi.

Nella fase di rilievo non è stata prevista l’esecuzione di alcun saggio o prelievo di campioni di materiale: la mancanza di qualsiasi tipo di prova invasiva non ha consentito l’accertamento delle condizioni strutturali.

Altre indicazioni sono state ricavate sia dall’esame del quadro fessurativo o dei fenomeni di degrado rilevati e ritenuti significativi ai fini del comportamento sismico dell’edificio, sia dall’eventuale presenza di interventi di manutenzione, di riparazione e rinforzo strutturale individuati. È però da precisare che, salvo casi particolari, una precisa identificazione dell’origine dei meccanismi lesionali può essere valutata solo a seguito di un preciso monitoraggio, e pertanto tali evidenze sono state prese in considerazione solo quando costituivano un elemento significativo ai fini della resistenza strutturale nei confronti di azioni di natura sismica.

La campagna di rilievi sui complessi edilizi ha rivelato che la tipologia strutturale degli edifici in cemento armato si può ricondurre in generale a telai deformabili con tamponamenti deboli in laterizio. I telai in cemento armato sono tutti monodirezionali: mancando le travi trasversali secondarie di collegamento tra un telaio e l’altro, i pilastri interni risultano tutti non confinati. La mancanza di questi collegamenti fa si che gli edifici siano molto poco rigidi e quindi inclini a grandi spostamenti in caso di azione sismica.

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Infine per la quasi totalità degli edifici oggetto dello studio si nota che gli assi dei pilastri e delle travi sono allineati; solo in alcuni casi notiamo che le travi non sono in asse con i pilastri, oppure che le travi hanno una larghezza minore del pilastro.

La maggior parte delle costruzioni in cemento armato è caratterizzata dalla presenza di un piano pilotis al piano terra con conseguente aumento di massa tra questo e il primo piano. Il piano interessato dai pilotis, sovente costituito da pilastri di esigua sezione, potrebbe portare al collasso dell’edificio per piano debole, situazione riscontrabile in seguito alla formazione di cerniere plastiche in testa e al piede della colonna, con conseguente diminuzione della duttlità globale della struttura.

Inoltre in caso di sisma la sollecitazione si può trasferire dalla struttura principale (il telaio in cemento armato), alle strutture secondarie cioè i tamponamenti a cassetta di cui si è parlato nel paragrafo precedente. Questi ultimi, essendo soggetti a rotture fragili ed essendo collegati in maniera instabile sia ai telai che agli sbalzi, costituiscono una fonte di pericolo per cose e persone. Infine i tamponamenti, offrendo un effetto irrigidente alla struttura, potrebbero provocare un peggioramento del comportamento dinamico in fase di oscillazione della stessa.

Altro elemento che accomuna la maggior parte degli edifici in cemento armato è la presenza di finestre a nastro al piano terra in corrispondenza delle zone di collegamento ai piani superiori; queste sono utili per far filtrare la luce all’interno dell’edificio ed offrire un ricircolo d’aria tuttavia hanno un’effetto molto negativo sulla sui pilastri adiacenti diminuendone notevolmente l’altezza libera e creando così un elemento tozzo.

Le strutture che invece sono caratterizzate da un sistema resistente in muratura sono classificabili come murature in pietrame mista e sbozzata, senza ricorsi, con orditura disordinata, e malta generalmente scadente. Questo tipo di edifici, come già esposto nel precedente paragrafo, presentano caratteristiche di cattivo ammorsamento tra gli elementi verticali ed assenza di cordoli a tutti i piani; solo in un caso studio si sono rilevati cordoli di 20 cm circa, al quale si è ritunuto però di non voler assegnare una capacità significativa di collegamento.

Inoltre il rapporto interasse-spessore delle murature, riscontrabile nel piano tipo del generico edificio, assume un valore superiore a 25

Si evidenzia che non sono stati rilevati porticati, loggiati o torri e che la riduzione di massa all’aumentare del numero dei piani, dipende in generale dalla variazione della pianta in alzato.

Così come per le costruzioni con struttura resistente in muratura gli spessori dei maschi variano a partire da un valore massimo al piano terra diminuendo all’aumentare del numero di piani, allo

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stesso modo le sezioni dei pilastri in cemento armato vanno diminuendo con l’aumentare del numero dei piani.

Gli edifici oggetto dello studio, pur presentando dimensioni molto diverse tra loro, presentano generalmente un rapporto tra area degli elementi resistenti (sezione dei maschi murari o dei pilastri in cemento armato) e superficie coperta molto basso.

Per nessuna costruzione è stato possibile verificare in prima persona lo stato delle fondazioni, tuttavia per la maggior parte degli edifici si è potuto reperire la documentazione tecnica che ne attesta la presenza e la morfologia (generalmente a trave rovescia o a platea se in presenza di setti).

Non per tutti gli edifici in cemento armato oggetto del presente studio si è potuta constatare la presenza di una soletta di calcestruzzo (talvolta armata, talvolta no) di uno spessore non almeno pari ai 4 cm così da poter considerare gli orizzontamenti rigidi.

Inoltre per le scale è comune tanto la presenza di una struttura appoggiata in cemento armato (soletta rampante) quanto la presenza di una trave a ginocchio.

Per le murature, durante la campagna di rilievo con camera termografica, si sono individuati per lo più solai di tipo SAP disposti trasversalmente ai muri laterali e di spina, composti da travi in laterizio armato affiancati a tavelloni in laterizio, solai con travetti metallici (longherine) e tavelloni, ed un caso di solaio a travetti metallici e voltine. Le tipologie riscontrate possono essere classificate tutte come deformabili anche in virtù dell’assenza di cordoli perimetrali a garanzia di un buon ammorsamento con gli elementi verticali

Si sono rilevate inoltre due tipologie di corpo scala: in cemento armato o in pietra, tipo mensola incastrata al muro laterale alla rampa. In alcuni casi si sono individuati inserimenti a posteri di ascensori in acciaio, che non comportano però variazioni significative della struttura dal punto di vista statico.

Sebbene il gruppo di edifici in cemento armato, costituito per quasi la totalità da singoli corpi di fabbrica, sia caratterizzato da aggetti poco sporgenti ed una distribuzione in pianta abbastanza simmetrica di massa e di rigidezza, la presenza di una forma rettangolare molto allungata esclude la regolarità in pianta.

I 15 edifici in muratura presentano invece schemi planimetrici vari, tra i quali sagoma rettangolare, a C ed a L.

Generalmente, per entrambe le tipologie di edificio (muratura e cemento armato), si è ipotizzato quale sistema costruttivo della copertura quello analogo al solaio del relativo edificio, con 2 sole

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eccezioni nel quale erano visibili dall’esterno i travetti in legno (orditura doppia in legno e tegole).

Le costruzioni in muratura presentano 13 casi di copertura a padiglione, un caso di copertura piana, a terrazza ed un caso misto. La copertura a padiglione è appoggiata su muretti in mattoni a una o due teste. Da quanto appreso dal programma VSM della Regione Toscana, la struttura a padiglione si considera come poco spingente sui muri resistenti laterali: in caso di sisma infatti, i puntoni costituiscono un elemento critico in quanto possono provocare crolli nelle zone d’angolo della muratura.

La tipologia di copertura che invece prevale nel caso di edifici in cemento armato è quella piana in latero-cemento.

Lo stato di fatto degli elementi resistenti visibili in cemento armato è da considerarsi non fessurato.

Anche gli edifici in muratura risultano senza lesioni visibili e caratterizzati da un buono stato di conservazione delle murature: le ampie aree di degrado dell’intonaco riscontrate, infatti, pur essendo indice di vetustà non sono significative nella valutazione della resistenza della muratura.

3.4 Caratterizzazione meccanica dei materiali

La terza fase conoscitiva prevista dalle NTC ‘08 prevede di conseguire un’adeguata conoscenza delle caratteristiche dei materiali e del loro degrado, sulla base di documentazione già disponibile, verifiche visive in situ e su indagini sperimentali.

Come è già stato discusso nei paragrafi precedenti, la destinazione d’uso di tipo residenziale, ha reso opportuno evitare prove distruttive e deterioranti l’aspetto dell’edificio. La normativa permette, nei casi in cui non è possibile effettuare prove attendibili e in numero significativo sulla struttura, di desumere i valori delle resistenze meccaniche da tabelle riportate in Appendice alle NTC o facendo riferimento alle norme presenti all’epoca della costruzione.

Edifici in muratura

Le proprietà fondamentali in base a cui si classifica una muratura sono: • Resistenza caratteristica a compressione fk

• Resistenza caratteristica a taglio τk (ed a taglio puro τk0) • Modulo di elasticità normale secante E

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Il parametro meccanico fk è connesso con la funzione primaria portante di resistere ai carichi verticali. Se per le murature nuove il problema della determinazione della resistenza a compressione viene risolto dalla norma per via sperimentale o ricorrendo a tabelle in cui fk è funzione della resistenza caratteristica a compressione dell’elemento lapideo componente e del tipo di malta, viceversa per le murature esistenti esso è risolvibile (causa la loro grande variabilità tipologica) per via sperimentale oppure ricorrendo alle indicazioni tabellari fornite sia dalla circolare applicativa delle NTC 2008 che dalla letteratura specializzata.

E’ opportuno ricordare che la vulnerabilità sismica delle pareti murarie dipende innanzitutto dalla loro tipologia costruttiva: la muratura è fondamentalmente un materiale composito, le cui proprietà sono in una certa misura ben diverse da quelle dei suoi componenti, specialmente nel caso di tessuti murari piuttosto irregolari come risultano essere quelli degli edifici oggetto del presente studio.

Per quanto riguarda l’individuazione della resistenza a taglio della muratura, si può attingere inoltre da tabelle riportate nel “Manuale per la compilazione della scheda G.N.D.T./C.N.R. di II livello”, pubblicato dalla Regione Toscana. Tali tabelle sono specifiche per le tipologie murarie ricorrenti sul territorio regionale; in esse sono descritte accuratamente le più diffuse tipologie murarie, gli orizzontamenti e le coperture della tradizione costruttiva toscana, associate alle caratteristiche meccaniche e di peso:

VALORI DELLA RESISTENZA TANGENZIALE DI RIFERIMENTO (T/MQ) Tipo di muratura

a) Murature non consolidate, non lesionate τk τk*

- Mattoni pieni - malta bastarda 6 -12 12

• Blocco modulare con caratteristiche rispondenti

alle prescrizioni del D.M. 24.1.1986 - malta bastarda 8 8 - Blocco in argilla espansa o calcestruzzo - malta bastarda 18 18 - Murature in pietra (in presenza di ricorsi di mattoni estesi

a tutto lo spessore del muro il valore di τk può essere incrementato del 30%)

- pietrame in cattive condizioni (non squadrato) 2 2

- pietrame squadrato e ben organizzato 7-9 7

- a sacco in buone condizioni 4 4

- blocchi in tufo 2-10 10

b) Murature nuove

- Mattoni "pieni" con fori circolari - malta cementizia

Rm non minore di 1450 t/mq 20 20

- Forati doppio UNI rapp. vuoto/pieno = 40% - malta cementizia -

Rm non minore di 1450 t/mq 18 18

c) Murature consolidate

- Murature, in mattoni pieni pietrame squadrato, consolidate

con due lastre in calcestruzzo armato da cm 3 (minimo) 11 11 - Pietrame iniettato - Murature in pietra a sacco consolidate

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τk*valori suggeriti dal D.M. 2 luglio 1981

Dalla tabella 1 del Manuale per la compilazione della Scheda GNDT/CNR di II livello

Per quanto riguarda la stima corretta della resistenza caratteristica a taglio τk0 della muratura, la circolare applicativa relativa alle NTC’08, nella tabella C8A.2.1 ne indica i valori massimi e minimi di riferimento per varie tipologie murarie. I moduli elastici normale E e tangenziale G riportati nella suddetta tabella sono da considerarsi relativi a condizioni non fessurate. Sono anche riportati i valori della resistenza media a compressione fm della muratura, nonché il peso specifico medio della stessa:

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Le celle mostrano i parametri rappresentativi delle murature resistenti perimetrali relativi alla tipologia rilevata per le costruzioni oggetto del presente studio (muratura in pietrame disordinata) e degli elementi resistenti interni (muratura in blocchi laterizi semipieni).

Nella tabella C8A. 2.2 della circolare applicativa relativa alle NTC’08 vengono inoltre forniti dei coefficienti correttivi dei suddetti parametri meccanici da applicarsi in caso di murature caratterizzate da particolari condizioni inerenti ai materiali impiegati nonché alle modalità e qualità esecutive:

Tipologia di muratura Malta

buona Giunti sottili (<10 mm) Ricorsi o listature Connessio ne trasversale Nucleo scadente e/o ampio Iniezione di miscele leganti Intonaco armato * Muratura in pietrame disordinata

(ciottoli, pietre erratiche e irregolari) 1,5 - 1,3 1,5 0,9 2 2,5

Muratura a conci sbozzati, con

paramen-to di limitato spessore e 1,4 1,2 1,2 1,5 0,8 1,7 2

Muratura in pietre a spacco con buona

tessitura 1,3 - 1,1 1,3 0,8 1,5 1,5

Muratura a conci di pietra tenera (tufo,

calcarenite, ecc.) 1,5 1,5 - 1,5 0,9 1,7 2

Muratura a blocchi lapidei squadrati 1,2 1,2 - 1,2 0,7 1,2 1,2

Muratura in mattoni pieni e malta di

calce 1,5 1,5 - 1,3 0,7 1,5 1,5

* Valori da ridurre convenientemente nel caso di pareti di notevole spessore (p.es. > 70 cm). Fig.: 3.4 Riportante la tabella C8A.2.2 - Coefficienti correttivi dei parametri meccanici da applicarsi in presenza di: malta di caratteristiche buone o ottime; giunti sottili; ricorsi o listature; sistematiche connessioni trasversali; nucleo interno particolarmente scadente e/o ampio; consolidamento con iniezioni di malta; consolidamento con intonaco armato.

E’ opportuno infine evidenziare che, salvo casi in cui fossero evidenziate da un mero esame superficiale, la natura e le caratteristiche qualitative dei materiali strutturali degli edifici esaminati costituiscono comunque un’incognita, di non secondaria importanza, la cui interpretazione non può che essere affidata all’esecuzione di saggi e prove di laboratorio. Infatti la notevole varietà su scala nazionale delle tecnologie murarie esecutive rende problematico un loro inquadramento in tipologie precostituite: ciò è riscontrabile sia nella notevole variabilità e dispersione numerica insita nelle tabelle sopra riportate sia nella discrepanza nei valori di alcuni parametri presenti nella tabella C8A.2.1 con l’analoga precedente tabella 11.D.1 della O.P.C.M. 3274.

Edifici in cemento armato: l’armatura

La normativa tecnica italiana ha regolamentato le caratteristiche meccaniche degli acciai per c.a. fin dai primi anni del ‘900.

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Va ricordato, innanzitutto, il Regio Decreto legge 16/11/1939 n° 2228-2232 che introduce una classificazione dell’acciaio da c.a. definita da tre categorie: acciaio dolce, semiduro e duro. I parametri meccanici considerati in questa classificazione sono il carico di rottura a trazione, la tensione di snervamento e l’allungamento percentuale a rottura. Le tre tipologie di acciai si distinguono per le diverse caratteristiche meccaniche e per il differente carico di sicurezza da adottarsi nella progettazione, variabile tra i 1400 e 2000 kg/cm2; in particolare, il carico di sicurezza risulta dipendente non solo dalla tipologia di acciaio ma anche dalla resistenza del calcestruzzo e dalla forma della sezione trasversale dell’elemento strutturale.

La possibilità di utilizzare acciai duri, ossia definiti da una maggiore resistenza specifica, consente di adottare sezioni ridotte. Per questo motivo a partire dal 1946, con la Circolare del Ministero dei LL.PP. n.1735, è possibile utilizzare acciaio ad alto limite elastico A.L.E. (acciai con resistenza a rottura superiore a 70 kg/mm2).

Nel 1957 la Circolare del Ministero dei LL.PP. 23/05/1957 n.1472 introduce una nuova denominazione per le barre lisce (acciai di qualità ossia gli Aq) riproponendo però la medesima classificazione del precedente Regio Decreto legge 16/11/1939 n° 2228-2232: Aq42, Aq50 e Aq60, equivalenti rispettivamente alle categorie dolce, semiduro e duro e caratterizzati rispettivamente da intervalli di resistenza a rottura di 42-50, 50-60, 60-70 kg/mm2, da tensione di snervamento non inferiore a 23, 27 e 31 kg/mm2 ed infine da allungamenti a rottura valutata su 10 diametri non inferiori a 20%, 16% e 14%.

L’innovazione apportata dalla predetta Circolare del Ministero dei LL.PP. 23/05/1957 n.1472 sta nel fornire le prime indicazione sugli acciai speciali ad aderenza migliorata.

• In conformità con le disposizioni dell’epoca sono pertanto definiti Aq.42 gli acciai caratterizzati dalle seguenti caratteristiche meccaniche:

− tensione di snervamento, fy non inferiore a 230 N/mm2; − tensione di rottura, fu compresa tra 420 e 500 N/mm2; − allungamento a rottura, A10φ non inferiore al 20%.

le disposizioni normative definiscono per la sola tensione di rottura sia un valor minimo che un massimo mentre per le restanti grandezze è definito il solo limite inferiore.

Analizzando i parametri caratteristici relativi ad un vasto numero di prove a trazione eseguite per la realizzazione di opere civili presso il laboratorio del Dipartimento (ex Istituto) di Scienza delle Costruzioni della Facoltà d’Ingegneria di Napoli, si è rilevato che la tensione di rottura così come l’allungamento a rottura risultano pressoché invariati con il diametro, mentre la tensione di snervamento ha un andamento decrescente all’aumentare dello stesso.

La distribuzione delle tensioni di snervamento osservate risulta non particolarmente distante dalla distribuzione gaussiana. Si osserva infine l’ottima duttilità degli acciai.

(27)

• In conformità com le disposizioni dell’epoca sono definiti Aq.50 gli acciai caratterizzati dalle seguenti caratteristiche meccaniche:

− tensione di snervamento, fy non inferiore a 270 N/mm2; − tensione di rottura, fu compresa tra 500 e 600 N/mm2; − allungamento a rottura, A10φ non inferiore al 16%.

Analizzando i parametri caratteristici relativi ad un vasto numero di prove a trazione eseguite per la realizzazione di opere civili presso il laboratorio del Dipartimento (ex Istituto) di Scienza delle Costruzioni della Facoltà d’Ingegneria di Napoli, si è rilevato che la tensione di rottura così come l’allungamento a rottura risultano pressoché invariati con il diametro mentre la tensione di snervamento ha un andamento decrescente all’aumentare dello stesso.

Anche in questo caso si osserva l’ottima duttilità degli acciai; peraltro si rileva la nota diminuzione di duttilità con la resistenza, dal confronto con gli analoghi valori dell’acciaio tipo Aq.42, in termini di allungamento a rottura.

Dal punto di vista della variabilità statistica, in questo caso si osserva che la distribuzione delle tensioni di snervamento osservate risulta particolarmente distante dalla distribuzione gaussiana (distribuzione leptocurtica)

• In conformità con le disposizioni dell’epoca sono definiti Aq.60 gli acciai caratterizzati dalle seguenti caratteristiche meccaniche:

− tensione di snervamento, fy non inferiore a 310 N/mm2; − tensione di rottura, fu compresa tra 600 e 700 N/mm2; − allungamento a rottura, A10φ non inferiore al 14%.

Analizzando i parametri caratteristici relativi ad un vasto numero di prove a trazione eseguite per la realizzazione di opere civili presso il laboratorio del Dipartimento (ex Istituto) di Scienza delle Costruzioni della Facoltà d’Ingegneria di Napoli, si è confermata la buona duttilità degli acciai nonostante risulti evidente la diminuzione di duttilità con l’aumentare della resistenza degli acciai. Dal punto di vista statistico si osserva che in questo caso la distribuzione delle tensioni di snervamento osservate risulta non particolarmente distante dalla distribuzione gaussiana.

Per tutti e tre i tipi di acciai analizzati, la variabilità della tensione di snervamento che si è riscontrata è essenzialmente condizionata dalla modalità di classificazione degli stessi in funzione di un range di valori entro il quale è contenuta la tensione di rottura.

Il successivo D.M. 30 maggio 1972 n°9161 stabilirà, in senso normativo, il passaggio definitivo dalle barre lisce sino ad allora utilizzate alle barre ad aderenza migliorata.

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Il suddetto decreto, inoltre, divide gli acciai lisci in sole due categorie denominate FeB22 ed FeB32. Tale classificazione, rimane per gli acciai lisci sostanzialmente invariata con il successivo Decreto Ministeriale 30/05/1974.

Si vuole evidenziare che la norma del 1972 getta le basi per quello che diventerà il calcolo agli stati limite, passando da un sistema di tipo deterministico a quello statistico attraverso l’introduzione del valore caratteristico, per cui la tensione di snervamento, così come quella ultima, non va più intensa come valore medio ma la tensione che ha solo il 5% di probabilità di essere minorata dalla resistenza effettiva.

Le tipologie FeB22 ed FeB32 fanno riferimento ad un periodo immediatamente successivo a quello degli acciai di qualità Aq, per cui il fatto che la loro distribuzione di parametri caratteristici (sempre relativi ad un vasto numero di prove a trazione eseguite per la realizzazione di opere civili presso il laboratorio del Dipartimento di Scienza delle Costruzioni della Facoltà d’Ingegneria di Napoli), tenda a sovrapporsi rispettivamente a quella delle tipologie Aq42 ed Aq60 non sorprende.

Gli acciai FeB22K e FeB32K sostituiscono definitivamente gli acciai di qualità; in particolare, essi evidenziano, mediamente, una tensione di snervamento rispettivamente simile agli acciai Aq42 e Aq60.

Ciò è probabilmente dovuto al fatto che il passaggio da una modalità di classificazione all’altra, che teoricamente viene fatta coincidere con il passaggio normativo, non è in realtà così netto ma esiste un periodo di transizione, dal punto di vista della produzione industriale, in cui le due classificazioni coesistono.

Nella seguente tabella viene riportata la classificazione delle armature da cemento armato strettamente connessa alle indicazioni normative susseguitesi nel tempo:

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E’ da ricordare, inoltre, che negli anni del dopoguerra, vista la situazione eccezionale e l'urgenza di ricostruire, viene consentito l’utilizzo di acciai non sempre rispettosi dei limiti normativi.

Di seguito vengono riportati i risultati delle analisi dei parametri caratteristici relativi alle prove di trazione eseguite per la realizzazione di opere civili presso il laboratorio del Dipartimento (ex Istituto) di Scienza delle Costruzioni della Facoltà d’Ingegneria di Napoli:

Tab.: 3.2

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