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CAPITOLO 2 – LO SCHEMA COLLABORANTE ARCO – TRAVE

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CAPITOLO 2 – LO SCHEMA COLLABORANTE ARCO – TRAVE

Il calcolo classico dei ponti in sistema combinato arco – trave, sia con arco singolo centrale che con archi gemelli, è particolarmente agevole quando si fissino a monte determinate ipotesi di calcolo, che vedremo nel proseguo di questo capitolo. Comunque sia, attualmente, lo studio di queste tipologie di ponte è effettuato mediante programmi di calcolo agli elementi finiti FEM, che consentono una progettazione molto più accurata e attenta anche ai problemi relativi all’instabilità, relegando il calcolo manuale solo alla fase iniziale di predimensionamento. A tal fine, per comprendere il metodo di calcolo dei ponti collaboranti arco – trave, occorre prima di tutto compiere lo studio delle classiche strutture ad arco e delle relative linee d’influenza. Solo in un secondo tempo, noti i risultati e le teorie per gli archi semplici, sarà possibile affrontare il problema dei sistemi combinati.

2.1 – Introduzione al calcolo dei ponti ad arco

L’arco è un sistema strutturale impiegato tipicamente nel campo di luci comprese tra 0 e 200 metri, oltre i quali inizia ad andare in crisi e viene affiancato e superato da altre tipologie strutturali più performanti.

Si possono avere archi isostatici o iperstatici, secondo le condizioni di vincolo esterne e della presenza o meno di sconnessioni interne all’arco (archi a tre cerniere). In ogni caso, è indispensabile conoscere delle definizioni basilari per la comprensione dei metodi di calcolo.

Arco: si definisce arco un elemento strutturale vincolato e sagomato in modo tale che i carichi

agenti su di esso generino prevalentemente sforzi di compressione.

Linea d’asse dell’arco: è il luogo geometrico dei baricentri delle sezioni dell’arco.

Curva delle pressioni: è quella curva la cui tangente in ciascun punto coincide con la retta

d’azione della risultante di tutte le forze, comprese le reazioni vincolari, che precedono o seguono il punto stesso. Tale curva si riduce ad una spezzata nel caso in cui sull’arco agiscano solo carichi concentrati, mentre è curvilinea nel caso in cui i carichi siano distribuiti. Per com’è definita la curva delle pressioni, si ha che il momento rispetto ad un suo punto di tutte le forze che lo seguono o lo precedono è necessariamente nullo.

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Costruzione della curva delle pressioni: supponiamo che le imposte dell’arco siano alla stessa

quota e che tutti i carichi agenti siano verticali. Per l’equilibrio alla traslazione orizzontale avremo HA = HB = H, mentre per quello in direzione verticale avremo VA + VB = ∑Pi.

Imponendo l’annullamento del momento MP di tutte le forze, comprese le reazioni vincolari, precedenti o successive rispetto ad un generico punto P della curva delle pressioni otterremo che:

= → =

Se è nota la spinta orizzontale H e la funzione che definisce la variazione del momento MP lungo l’arco, è possibile calcolare la funzione yP, ovvero la curva delle pressioni per il sistema di forze applicato.

Sollecitazioni agenti nella generica sezione dell’arco: nota la linea d’asse dell’arco e la curva

delle pressioni, è possibile calcolare le sollecitazioni agenti nella generica sezione S prodotte dal sistema di forze applicate. Indicheremo con yS e con yP rispettivamente la quota della linea d’asse e quella della curva delle pressioni, entrambe rispetto al piano d’imposta. La reazione RP di tutte le forze applicate che precedono la generica sezione S è tangente alla curva delle pressioni nel punto P corrispondente della sezione.

Poiché non ci sono forze orizzontali applicate, tranne che la reazione orizzontale HA, avremo che:

= cos = → componente orizzontale = sin = − ∑ → componente verticale

Come visto in precedenza, il momento MP di tutte le forze applicate che precedono la sezione S rispetto al punto P deve essere nullo, quindi il momento della risultante RP calcolato rispetto all’asse dell’arco, cioè al punto S, sarà pari a:

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La risultante RP di tutte le forze che precedono la sezione S è tangente alla curva delle pressioni nel punto P ed è inclinata rispetto all’orizzontale dell’angolo φP, mentre la linea d’asse nel punto S è inclinata rispetto all’orizzontale dell’angolo φS.

Se allora volessimo calcolare le ulteriori caratteristiche della sollecitazione nella sezione S otterremo:

= cos( − ) = sin( − )

Considerando che ( − ) ≈ 0 si ottiene che:

≈ ≈ 0

In definitiva, sviluppando un calcolo al primo ordine, abbiamo che:

= cos( ); ≈ 0; = ( − )

Se poi la curva delle pressioni e l’asse dell’arco coincidono ( − = 0) e indichiamo con φ l’angolo formato da una delle due con l’orizzontale, si ha che:

= = cos( ); = 0; = 0

OSSERVAZIONE: La situazione in cui l’asse dell’arco e la curva delle pressioni coincidono risulta vantaggiosa in quanto si ottimizza lo sfruttamento del materiale non essendo presenti momenti flettenti. Tuttavia la condizione di arco puramente compresso può essere ottenuta solo per una precisa configurazione dei carichi esterni (in genere per i carichi permanenti) e solo per gli archi a tre cerniere poiché negli archi iperstatici si hanno sempre cadute di spinta, dovute alla deformabilità dell’arco stesso, che spostano la curva delle pressioni rispetto all’asse dell’arco generando di conseguenza momenti flettenti.

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2.2 – L’arco a tre cerniere

Si tratta di una struttura isostatica particolarmente semplice da calcolare. Supponiamo che l’arco sia caricato da un carico unitario viaggiante lungo il suo asse come mostrato in figura. Rispetto alla cerniera C deve essere nullo il momento di tutte le forze che precedono o seguono la cerniera stessa.

Determinando le reazioni vincolari attraverso le equazioni cardinali della statica otteniamo: = = ; = " ; ! = !′"

La spinta H si considera positiva se diretta verso il centro dell’arco.

Le reazioni vincolari verticali VA e VB coincidono con quelle di una trave appoggiata di luce l e caricata dai medesimi carichi dell’arco.

Il momento flettente deve essere necessariamente nullo nel punto C poiché in C è posta una cerniera interna, di conseguenza la curva delle pressioni deve necessariamente passare per il centro della cerniera C per qualsiasi configurazione dei carichi esterni applicati. Possiamo allora utilizzare tale informazione per il calcolo della spinta orizzontale H.

Imponendo l’annullamento del momento rispetto alla cerniera interna si ha che:

$ % & % ' = ! "( ) " * !′ ≥ "( = !′ ") " * !′ ≤ ", (

Tali espressioni ci consentono di tracciare la linea d’influenza della spinta H, ponendo il carico P unitario. Inoltre, se b’ = l2 e b = l1 e P = 1, la spinta assumerà il valore massimo pari a:

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Si può quindi osservare come la spinta assuma il valore massimo quando il carico P transita sulla cerniera.

Le linee di influenza delle reazioni vincolari verticali VA e VB sono definite dalla relazioni scritte in precedenza e coincidono con quelle di una trave appoggiata di pari luce caricata allo stesso modo, che da ora in poi chiameremo trave appoggiata equivalente.

OSSERVAZIONI:

- Se la cerniera è posta in mezzeria, cioè l1 = l2 = l/2 e P = 1 allora la spinta massima vale

./0=2 3 1 ;

- Se l’arco è soggetto ad un carico distribuito uniforme e la cerniera è posta in mezzeria, si ha che VA = VB = q l/2 e imponendo l’annullamento del momento rispetto alla cerniera in C si ottiene che la spinta massima è pari a ./0 =4 16 35;

Possiamo adesso determinare la linea d’influenza del momento nella generica sezione S: 7 = 8 − − (8 − != 8 − * !′ ≥ 89) * !′ ≤ 8

Sostituendo i valori di VA = P b/l e H nelle equazioni sovrastanti e assumendo P = 1, si ottengo le espressioni dei vari tratti della linea d’influenza di MS in funzione di b e b’, che sono tra loro correlati (b’ = l – b).

OSSERVAZIONE: L’espressione generale del momento nella sezione S è data da MS =VA xS – HA yS , il termine VA xS può essere indicato con MS0 = VA xS ed è il momento che si ha nella

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Il termine HA yS tiene conto del contributo al momento fornito della spinta dell’arco, raccogliendo allora il termine yS nell’espressione del momento MS nella sezione S si può scrivere che: MS = yS (MS0/yS – HA), allora la linea d’influenza di MS è fornita dalla differenza tra quella di MS0/yS e quella della spinta orizzontale H moltiplicate per il termine yS. Il tracciamento della linea d’influenza di MS0/yS è immediato essendo questa coincidente con quella del momento flettente nella trave equivalente divisa per il termine yS , mentre la linea d’influenza di H è già stata determinata, è allora possibile tracciare quella di MS come differenza delle due linee di influenza sopra definite.

Quindi, il momento flettente nell’arco è minore di quello che si ha nella trave equivalente a causa del contributo del momento flettente dovuto alla spinta, che si oppone a MS0.

Vediamo ora come ricavare le linee d’influenza del taglio e dello sforzo normale. Indichiamo con α l’inclinazione rispetto all’orizzontale della tangente in ciascun punto dell’asse.

7 := ;<*= − *>?=

: = − *>?= − ;<*=

Sostituendo l’espressione di VA nel caso in cui il carico viaggiante fosse unitario (VA = b/l) e raccogliendo il termine che moltiplica la spinta H otteniamo:

@ := *>?= ( !

" ;<A= − )

: = −;<*= (!" AB?= + )

OSSRVAZIONI: I termini “b/l cotα” e “b/l tanα” rappresentano la linea d’influenza di VA scalata rispettivamente per cotα e tanα. Quindi le linee d’influenza di TS e di NS possono essere ottenute combinando opportunamente quelle della reazione vincolare VA e della spinta H. Nel caso dello sforzo normale, se b’ ≤ xS, l’espressione specifica della linea d’influenza diventa

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sforzo normale di trazione. Tale situazione è molto critica per l’arco specialmente nel caso in cui esso sia realizzato in muratura, non resistente a trazione.

In conclusione, trattandosi di una struttura isostatica, le linee d’influenza delle caratteristiche di sollecitazione, come si vede dalle relative espressioni, sono delle spezzate, con un punto angoloso in corrispondenza della cerniera C.

Fino ad ora ci siamo preoccupati di analizzare l’arco a tre cerniere soggetto ad un carico concentrato viaggiante, ma se consideriamo come azione agente il solo peso proprio (carico distribuito uniforme) è possibile determinare l’espressione della linea d’asse dell’arco affinché esso sia soggetto solo a compressione?

In questo caso particolare la risposta è affermativa e ci preoccupiamo di trovare l’equazione dell’asse considerando la cerniera interna posta nella sezione in chiave.

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Attraverso le equazioni di equilibrio alla traslazione orizzontale e verticale e a momento rispetto alla cerniera C otteniamo i valori della spinta e delle reazioni verticali:

=E "8 ) ; =( =E "2

Consideriamo ora una sezione generica S posta a distanza xS dall’origine e di ordinata yS, affinché l’arco sia soggetto a sola compressione, è necessario che il momento rispetto a tale sezione sia nullo. Scriviamo allora l’espressione del momento rispetto alla sezione S:

= 8 − −E 82 = 0(

Sostituendo le espressioni di VA e H ed esplicitando rispetto all’ordinata yS si ottiene: =4 )" (−8(+ 8 ")

Questa è l’equazione di una parabola e se l’asse dell’arco è disposto secondo di essa, sotto una distribuzione di carichi uniformi (l’entità del carico non entra nell’espressione), esso risulta uniformemente compresso indipendentemente dalla posizione della cerniera.

2.3 – L’arco a due cerniere

Passiamo adesso a studiare un arco a due cerniere, le cui imposte si trovano alla medesima quota. Le reazioni vincolari VA e VB sono staticamente determinate, e coincidono con quelle della trave appoggiata equivalente, mentre la spinta orizzontale H risulta essere staticamente indeterminata. La struttura è una volta staticamente indeterminata.

Per determinare la spinta H occorre risolvere la struttura una volta iperstatica. Consideriamo di applicare il Metodo delle Forze e di assumere come incognita iperstatica la spinta orizzontale stessa.

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L’equazione di congruenza, o equazione di Muller – Breslau, che permette la risoluzione del problema è:

I,= I,J+ I,, K,= 0 → K,= −II,J ,, Sistema 0 (sistema principale)

Le reazioni vincolari valgono:

= 0; = L −∑ M" ; =∑ M" Quindi, le caratteristiche della sollecitazione sono pari a:

@

J = *>?= J= ;<*=

J= 8 − L (8 − M )

OSSERVAZIONI:

- T è la somma di tutti i carichi verticali alla sinistra della sezione considerata, ovvero il taglio nella corrispondente sezione della trave appoggiata equivalente;

- Il momento M0 coincide con quello che si ha nella corrispondente sezione della trave appoggiata equivalente.

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Le reazioni vincolari valgono:

= = 1; = = 0

Quindi, le caratteristiche della sollecitazione sono pari a: O JJ= −;<*== *>?=

J= −

Possiamo dunque calcolare i coefficienti η10 e η11 da utilizzare nell’equazione di Muller – Breslau (si omettono tutti i passaggi di calcolo):

I,J= P , JQR M* + P S TU M* + P, J QU M* =, J = − P QR M* − PJ QU ( *>?= ;<*= −1 SQT *>?= ;<*=) M* e I,,= P , ( QR M* + P S , ( TU M* + P , ( QU M* = P ( QR M* + PQU (;<*1 (= +SQT *>?(=) M*

È possibile a questo punto introdurre un’ipotesi semplificativa, nota come ipotesi di Resal- Sesini, secondo la quale il fattore χE/G = 1. Questa ipotesi porta a risultati molto prossimi a quelli rigorosi e ha come conseguenza quella di trascurare parte della deformazione dell’arco dovuta al taglio. Così facendo otteniamo il valore della spinta dell’arco:

= −II,J

,,=

V 0

QR M*

V QR M* +2 VQU M*1

Il denominatore di questa espressione è una costante dell’arco e non dipende dai carichi applicati: in esso possiamo trovare l’espressione della rigidezza estensionale e una sorta di momento d’inerzia della sezione rispetto alla corda.

A questo punto possiamo calcolare le varie linee d’influenza anche per l’arco a due cerniere in maniera analoga a quanto fatto per l’arco a tre cerniere. Le linee d’influenza delle reazioni vincolari VA e VB coincidono con quelle della trave appoggiata equivalente e quindi con quelle dell’arco a tre cerniere, mentre la linea d’influenza della spinta H ha un andamento che si avvicina a quello parabolico, il cui valore massimo si ha quando il carico esplorativo è posto in mezzeria.

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Le espressioni generali delle linee d’influenza delle caratteristiche di sollecitazione sono: $ & ' = −;<*= (= *>?= ( J AB?= + ) J ;<A= − ) = ( J− )

2.4 – La caduta di spinta nell’arco a due cerniere

Confrontiamo la spinta che si ha nell’arco a tre cerniere con quella che si ha nell’arco a due cerniere. Supponiamo che la cerniera interna C dell’arco a tre cerniere sia posta nella sezione di mezzeria; al solito la spinta nell’arco a tre cerniere viene ottenuta imponendo l’annullamento del momento rispetto alla cerniera interna.

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Se l’arco è caricato con un carico P concentrato in mezzeria, il momento M0 della trave appoggiata equivalente vale P l/4 e quindi la spinta sarà pari a:

XY = ) =J 4 ) "

Per l’arco a due cerniere si ha che il momento nella sezione in chiave è diverso da zero, per cui:

(Y = ) −J )W

Quindi la spinta H nell’arco a due cerniere risulta minore di quella che si ha in un analogo arco a tre cerniere. Proponiamoci, dunque, di ricavare la differenza tra questi due valori di spinta, che indicheremo con ∆H e chiameremo “caduta di spinta”. Poniamo:

(Y= XY+ ∆

Supponiamo di essere nel caso in cui la linea d’asse dell’arco coincida con la curva delle pressioni e quindi l’arco sia soggetto a soli sforzi di compressione.

= J− = 0 → J = (

Sostituendo questa espressione in quella della spinta nell’arco a due cerniere ed esplicitando ∆H otterremmo: ∆ = − V 1 QU M* V QR M* +2 VQU M*1 XY = − 1 V QR M*2 VQU M*1 + 1 XY

Si vede quindi che la caduta di spinta dipende dal rapporto al denominatore tra la rigidezza estensionale e quella flessionale: essendo tale rapporto sempre positivo allora la caduta di spinta è sempre negativa e conseguentemente H2c ≤ H3c.

OSSERVAZIONI: Se EJ→0 si ha che ∆H→0, in tal caso si ha il cosiddetto funzionamento ad arco puro e la caduta di spinta è nulla, cioè H2c = H3c. Nella realtà si ha che EJ è sempre maggiore di zero e quindi la caduta di spinta è sempre presente. Si capisce quindi che, affinché il funzionamento ad arco sia il più efficiente possibile, è bene che le cadute di spinta siano più piccole possibili, altrimenti l’arco acquista un funzionamento a trave.

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Variazioni di spinta dovute alle variazioni termiche

Se l’arco fosse soggetto a una variazione termica uniforme ∆t, un concio elementare subirebbe una variazione di lunghezza infinitesima pari a du = α ∆t ds, mentre la variazione di lunghezza complessiva della corda dell’arco sarebbe ∆l = α ∆t l. Sempre utilizzando le equazioni di Muller – Breslau otterremmo:

∆ [= ± = ∆A "

V QR M* +2 VQU M*1

La variazione di spinta dipende allora dal segno assunto dalla variazione termica, in particolare se ∆t è positivo si avrà un aumento di spinta viceversa se ∆t è negativo si avrà una diminuzione di spinta.

Variazioni di spinta dovute al ritiro

Negli archi in c.a. a seguito del ritiro, dovuto alla maturazione del materiale, si hanno sempre cadute di spinta che possono essere ricondotte ad una variazione termica negativa di 15°, in pratica si può porre che:

∆ ]= − ^] "

V QR M* +2 VQU M*1 Con εr = -α ∆t e ∆t = 15°C.

Variazioni di spinta dovute ai cedimenti differenziali anelastici

Per quanto riguarda i cedimenti anelastici è opportuno distinguere tra cedimenti verticali e orizzontali. I cedimenti anelastici verticali, siano essi omogenei o differenziali, non provocano cadute di spinta, mentre i cedimenti anelastici orizzontali generano cadute di spinta quando vi sia un movimento orizzontale relativo delle imposte dell’arco. In pratica se le spalle subiscono uno stesso movimento orizzontale, non vi saranno cadute di spinta mentre se lo spostamento orizzontale delle due imposte è diverso nascerà una caduta di spinta. È da osservare che a causa della spinta orizzontale dell’arco le fondazioni delle imposte subiranno sempre un allontanamento imputabile alla deformabilità del terreno di fondazione. In pratica vi sarà sempre una caduta di spinta imputabile allo spostamento relativo delle spalle tanto maggiore quanto maggiore sarà lo spostamento relativo orizzontale tra le imposte. Se ∆l è lo spostamento relativo subito dalle imposte la caduta di spinta vale:

∆ Y = ± ∆"

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OSSERVAZIONE: Tanto più piccolo sarà il ribassamento dell’arco tanto più l’arco sarà sensibile alla deformabilità assiale, alle variazioni termiche, al ritiro e ai cedimenti differenziali. Infatti, al diminuire del ribassamento il valore dell’integrale V 2

QRM* diminuisce, perciò, a parità

del valore dell’integrale V_, M*, il valore del denominatore di ∆H diminuisce ovvero aumenta il valore della caduta di spinta per le diverse cause viste. Rappresentativo è il caso del 4° ponte sul Canal Grande recentemente realizzato dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava: il ponte presenta un ribassamento molto piccolo a fronte di una luce notevole al punto che spostamenti orizzontali relativi delle imposte dell’arco superiori a pochi centimetri comporterebbero una caduta di spinta tale da provocare il collasso della struttura. Per tali ragioni gli spostamenti delle spalle del ponte sono costantemente monitorati e dovranno esserlo per tutta la vita dell’opera.

Variazioni di spinta dovute alla deformabilità assiale della catena

Nel caso di ponti a spinta eliminata vi sono cadute di spinta imputabili alla deformabilità della catena. Questo tipo di caduta di spinta verrà esaminata dettagliatamente in seguito nella trattazione dei sistemi collaboranti arco - trave a spinta eliminata.

OSSERVAZIONE: La trattazione degli archi doppiamente incastrati, o comunque con condizioni di vincolo diverse da quelle sin qui viste, esula dagli scopi di questo studio non essendo propedeutica all’analisi della trave Langer. Si rimanda pertanto per lo studio di queste strutture alla letteratura tecnica consolidata.

2.5 – I ponti collaboranti arco – trave: la trave Langer ad arco sottile e travata irrigidente

Il sistema collaborante arco trave si presenta come un ponte a via inferiore nel quale l’impalcato assolve la funzione di catena, eliminando la spinta dell’arco e sgravando le spalle dall’assorbimento di azioni orizzontali derivanti dalla spinta stessa. Il ponte arco – trave, essendo esternamente isostatico, bene si presta a essere impiegato quando si temano cedimenti differenziali delle imposte essendo insensibile a tali movimenti. Altra caratteristica interessante di questo sistema strutturale è quella di essere insensibile alle variazioni termiche uniformi, infatti, la variazione di lunghezza dell’arco coincide con quella della catena, pertanto non nascono variazioni delle sollecitazioni. Per comprendere qualitativamente il comportamento della struttura, in funzione della rigidezza flessionale dell’arco Ja e di quella dell’impalcato Jt, possiamo introdurre il coefficiente adimensionale K definito dalla relazione:

` =R R/

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Se la rigidezza flessionale dell’arco è trascurabile, ossia Ja ≈ 0, si ottiene che K = 0 e si ha il cosiddetto funzionamento ad arco a volta sottile con trave irrigidente ipotizzato da Langer. In tal caso tutte le sollecitazioni flessionali finiscono nell’impalcato mentre l’arco è soggetto a solo regime di sforzo normale, il che equivale anche a dire che l’asse dell’arco coincide, di fatto, con la curva delle pressioni. Se invece la rigidezza flessionale della trave è trascurabile, ossia Jt ≈ 0, si ottiene che K = 1 e si ha il cosiddetto funzionamento ad arco puro di rigidezza infinita. In questo caso l’impalcato lavora solamente per trasferire i carichi dalla pavimentazione stradale al sistema di sospensione e da questo all’arco, che incassa da solo tutte le sollecitazioni essendo infinitamente rigido rispetto alla trave.

Le strutture reali hanno un comportamento che si avvicina notevolmente al caso limite di K = 0 ipotizzato da Langer e mostrato nella figura sottostante.

2.5.1 – Calcolo delle sollecitazioni

Il calcolo della trave Langer è del tutto analogo a quello dell’arco a due cerniere, occorre però formulare opportune ipotesi sul comportamento del sistema di sospensione e tenere debitamente conto della deformabilità assiale della catena ovvero dell’impalcato.

Se l’arco e i pendini sono dotati di rigidezza flessionale, il grado d’iperstaticità della struttura è pari 3(np + 1), dove np è il numero dei pendini; adottando, però, opportune ipotesi è possibile ridurre drasticamente il grado di iperstaticità interno della struttura fino ad uno. Vediamo quali sono queste ipotesi semplificative:

1) La rigidezza flessionale dell’arco è trascurabile rispetto a quella della trave (EJa = 0 → K = 0) per cui l’arco può incassare solo sforzi normali e quindi la curva delle pressioni e la linea d’asse coincidono;

2) La distanza dei pendini è piccola rispetto alla luce del ponte in modo tale da poter considerare una distribuzione continua a cortina del sistema di sospensione;

3) I pendini sono incernierati alle estremità ovvero infinitamente flessibili rispetto alla trave d’impalcato, così da poter trascurare i momenti flettenti da essi assorbiti;

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4) Punti della trave e dell’arco che si trovano sula stessa verticale subiscono uguali abbassamenti; il ché equivale a trascurare la deformabilità assiale dei pendini nonché gli spostamenti orizzontali dell’arco rispetto alle frecce di inflessione.

La prima ipotesi equivale a poter considerare presenti in qualsiasi punto dell’arco delle sconnessioni interne a cerniera (dovendo essere il momento nullo in qualsiasi punto dell’arco) che, associata all’ipotesi di distribuzione uniforme, assenza di rigidezza flessionale e inestensibilità della cortina di sospensione, consentono di ridurre il grado d’iperstaticità interno della struttura ad uno. Possiamo allora assumere quale incognita iperstatica lo sforzo normale nella trave ovvero la spinta H esercitata dall’arco. Consideriamo l’equilibrio alla rotazione rispetto ad un generico punto P dell’arco della parte sinistra di struttura (vedi figura sottostante):

= 8 − P E(8)(0

J 8 − 8′)M8 − (8) − (8) = 0

Il termine 8 − V E(8)(8 − 8J0 9)M8 è pari al momento m0(x) che si ha nella trave appoggiata equivalente, per cui si ha:

(8) = bJ(8) − (8)

Quindi, una volta nota la forza orizzontale H è noto anche il momento agente nella trave e dunque possiamo pensare di risolvere la struttura, una volta staticamente indeterminata, assumendo come incognita iperstatica la spinta orizzontale H e applicando nuovamente il Metodo delle Forze. L’equazione di congruenza, o equazione di Muller – Breslau, che permette la risoluzione del problema è:

I,= I,J+ I,, K,= 0 → K,= −II,J ,,

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Sistema 0 (sistema principale)

La trave non può essere soggetta a sforzo assiale cosi come l’arco che è pertanto scarico, si ha quindi che Nt = Na = 0. Ricaviamo allora l’espressione del momento, imponendo l’equilibrio alla rotazione rispetto ad un generico punto P dell’asse dell’arco.

J[ = 8 − P E(8)( 0

J 8 − 8′)M8 = bJ(8)

Come si vede dall’equazione soprastante, tale momento eguaglia quello che si ha nella medesima sezione della trave appoggiata equivalente.

Inoltre, si considera trascurabile la deformabilità a taglio della trave.

Sistema 1 (sistema ausiliario)

In questo sistema la trave – catena è soggetta ad una forza di trazione unitaria che genera compressione nell’arco, più flessione e taglio nella trave stessa. Allora, le caratteristiche di sollecitazione nei diversi elementi della struttura in corrispondenza della generica ascissa x valgono: $ & ' ,,/]Yd= −;<* (=(8))1 ,,[]/ef= tan (=(8)) ,,[]/ef = −

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Quindi, possiamo calcolare i coefficienti η10 e η11 da utilizzare nell’equazione di Muller – Breslau, considerando di aver trascurato la deformabilità a taglio della trave d’impalcato:

I,J= P Q R, J [ i []/ef M* = P − bQ RJ(8) [ M* i []/ef I,,= P , ( Q R[ i []/ef M* + P Q U,( [ i []/ef M* + P Q U,( /M* i /]Yd = P Q R( [M* i []/ef + P Q U1 [ i []/ef M* + PQ U 1 / ;<*((=) M* i /]Yd

L’incognita iperstatica H, che è anche la spinta dell’arco, varrà allora:

= V

bJ(8)

Q R[ M* i

[]/ef

V[]/efi Q R([M*+ V[]/efi Q U1[M* + V Q U 1

/ ;<*((=) M* i

/]Yd

OSSERVAZIONE: L’espressione della spinta determinata coincide con l’espressione della spinta per l’arco a due cerniere nella quale la rigidezza flessionale dell’arco venga assunta virtualmente pari a quella della trave e che tiene conto della deformabilità del tirante mediante il termine V _ ,

j

i

[]/ef M*, dipendente dalla rigidezza estensionale della trave.

Nota la spinta H è immediata la deduzione delle caratteristiche della sollecitazione per l’intera struttura:

[]/ef= → *)<kl< ?<kbB" ? ""B AkBm /]Yd(8) = −cosn=(8)o→ *)<kl< ?<kbB" ? ""′Bk;<

[]/ef(8) =MbM8 − ′ → ABp">< ? ""B AkBmJ(8)

[]/ef(8) = bJ(8) − → b<b ?A< )" AA ?A ? ""B AkBm

2.5.2 – La caduta di spinta

Analogamente a quanto accade nell’arco a due cerniere, anche nel sistema combinato arco – trave, si avrà una diminuzione di spinta per effetto della deformabilità assiale dell’arco e della trave pari a: q = − V 1 Q UB ;<*2(=) M* − Bk;< V Q R2 AM* − AkBm +V 1 Q UA − AkBm M* +V 1 Q UB ;<*2(=) M* − Bk;<

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Il termine che moltiplica H dipende esclusivamente dalle caratteristiche meccaniche della trave e dell’arco: la caduta di spinta risulta tanto maggiore quanto più grande è la deformabilità assiale dell’arco V _ ,

r Yd:5(s)M*

i

/]Yd e tanto è minore il ribassamento, di cui si tiene conto

attraverso il termine V _ ut5 jM*

i

[]/ef . Come già discusso, archi caratterizzati da forti ribassamenti

sono soggetti a elevate cadute di spinta in seguito a piccoli spostamenti delle imposte; se si vuole quindi limitare la caduta di spinta occorre adottare archi dotati di elevata rigidezza estensionale e ribassamento non troppo elevati. A causa di ∆H, si ha una diminuzione dello sforzo normale nell’arco e un incremento della flessione sulla trave, per cui le nuove caratteristiche della sollecitazione saranno pari a:

f33 = − ∆ → *v>?AB )) AA>mB []/ef= f33→ *)<kl< ?<kbB" ? ""B AkBm /]Yd(8) = −cosn=(8)of33 → *)<kl< ?<kbB" ? ""′Bk;<

[]/ef(8) =MbM8 −J(8) f33 ′ → ABp">< ? ""B AkBm []/ef(8) = bJ(8) − f33 → b<b ?A< )" AA ?A ? ""B AkBm

OSSERVAZIONE: Se consideriamo un arco a tre cerniere ad asse parabolico e caricato uniformemente, abbiamo visto che la spinta vale =4 16 35. Indichiamo allora con k =31 il rapporto di ribassamento dell’arco, per cui =6 ]4 1 e, se introduciamo il parametro ` =4 16, abbiamo che =w ].

Si può osservare, quindi, come la spinta H vari con legge iperbolica in funzione del ribassamento. Per valori piccoli del ribassamento H è elevata, viceversa per elevati valori di r, H è piccola. Archi con forti ribassamenti esercitano allora spinte elevate con conseguenti cadute di spinta notevoli in presenza di deformabilità assiale elevata dell’arco e del tirante. All’aumentare della spinta diminuisce il momento flettente nella trave ma aumenta lo sforzo normale nell’arco rendendone antieconomica la costruzione. Da un punto di vista della stabilità fuori piano abbiamo poi che archi con forti ribassamenti si comportano meglio di archi con frecce maggiori. Per le ragioni viste occorre trovare un compromesso alle varie necessità ottimizzando il ribassamento dell’arco: nella pratica si adottano valori del ribassamento ottimali attorno ad 1/5.

2.5.3 – Tracciamento delle linee d’influenza

(20)

Fissata la sezione d’interesse S si determina innanzi tutto la linea d’influenza della spinta H e della caduta di spinta mediante integrazione numerica degli integrali visti, che tengono conto della deformabilità flessionale ed estensionale della trave. Nota la linea d’influenza della spinta effettiva Heff si costruiscono, sulla base di essa, le linee di influenza delle caratteristiche della sollecitazione. Assumiamo che l’arco abbia andamento parabolico, allora la quota dell’asse dell’arco rispetto all’asse della trave può essere calcolata mediante l’equazione:

(8) =4 )"( (−8(+ "8)

La linea d’influenza della spinta orizzontale H si ottiene mediante integrazione numerica del seguente integrale al variare della posizione xp del carico esplorativo P = 1.

= 1 Q R[xV (" − 8y) " 8 (8)M8 0z J + V {01z n" − 8" yo8 − n8 − 8yo| (8)M8} VJ1Q R([M8+ V 1J1Q U[M8 + V Q U 1 / ;<*((=(8)) M8 1 J

Per effetto della deformabilità assiale dell’arco e della catena avremmo una caduta di spinta, proporzionale alla spinta H secondo il coefficiente di caduta di spinta KC che dipende dalle sole caratteristiche meccaniche delle sezioni ed è indipendente dalla condizione di carico.

`W = V Q U 1 / ;<*((=(8)) M8 1 J VJ1Q R([M8+ V 1J1Q U[M8 + VJ1Q U/ ;<*1((=(8)) M8

La spinta effettiva è allora data da: f33 = (1 − `W).

Di seguito sono riportate le linee d’influenza di H e di Heff per un caso studio reale che riguarda un ponte di luce pari a 122 metri.

0 30.5 61 91.5 122 0 0.8 0.5 0.3 0 H xp( ) xp

(21)

0 30.5 61 91.5 122 0 0.75 0.5 0.25 0 Heff (xp) xp

Com’è possibile notare, tali linee d’influenza hanno un andamento simile ad una parabola e il loro massimo si ha quando il carico esplorativo è applicato nella mezzeria della trave. Adesso possiamo determinare le linee d’influenza delle caratteristiche della sollecitazione nella trave e nell’arco a partire da quella della spinta effettiva.

Consideriamo una generica sezione S del ponte posta a distanza x dall’estremo A (origine del nostro sistema di riferimento); al variare della posizione xp del carico esplorativo unitario, le reazioni vincolari verticali sono definite dalle seguenti funzioni:

@ = 1 −

8 " =8"

Linea d’influenza dello sforzo normale Ns dell’arco in S (8 ) =cos (=(8 ))f33(8 )

Linea d’influenza del momento flettente Ms nella trave in S (8 ) = (8 ) {b(8 ) −J(8 ) f33(8 )|

Dove mS0(xP) è la linea d’influenza del momento flettente in S nella trave appoggiata equivalente, ed è pari a:

@8 ~1 − 8

"• * 0 ≤ 8y≤ 8 8 ~1 −8" • * 8 ≤ 8y≤ " Linea d’influenza del taglio Ts nella trave in S

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Dove tS0(xP) è la linea d’influenza del taglio in S nella trave appoggiata equivalente, ed è pari a:

@− 8

" * 0 ≤ 8y≤ 8 1 −8" * 8 ≤ 8y≤ "

Se consideriamo, ad esempio, una sezione S posta ad l/4 rispetto all’estremo A, si possono tracciare le linee d’influenza delle caratteristiche della sollecitazione in S attraverso le espressioni sovrascritte. 0 30.5 61 91.5 122 0 0.75 0.5 0.25 0 Ns(xp) xp 0 30.5 61 91.5 122 6 − 3 − 0 3 6 9 12 Ms (xp) xp 0 30.5 61 91.5 122 1 − 0.5 − 0 0.5 1 Ts (xp) xp

2.9 – Verifiche di stabilità dell’arco

Essendo l’arco, un elemento strutturale prevalentemente compresso occorre verificare oltre alla sua resistenza la sua stabilità. Il controllo della stabilità dell’arco può essere condotto mediante modelli analitici in forma chiusa o mediante soluzioni agli FEM attraverso analisi di bukling o analisi non lineari incrementali P-delta. Avendo visto nei precedenti paragrafi le regole di calcolo dei ponti arco - trave in forma chiusa, ci si limiterà, in questa sede, a trattare le sole verifiche di stabilità analitiche che forniscono procedure semplificate ma che ben inquadrano il

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problema dando risultati attendibili. Il problema della verifica di stabilità dell’arco in forma chiusa è stato ampliamente trattato in letteratura e recepito nelle normative tecniche più importanti1 (le figure e le tabelle riportate di seguito sono tratte dall’EC3,parte 2, Appendice H). L’instabilità dell’arco si può manifestare sia nel piano dell’arco sia fuori di esso. La verifica è condotta assimilando l’arco ad un’asta caricata di punta. Si tiene poi conto della sua forma, dei carichi applicati e del tipo di sistema di sospensione introducendo opportuni coefficienti correttivi.

Instabilità nel piano dell’arco

Per l’instabilità nel piano dell’arco il carico critico qcr dipende da vari fattori quali la forma dell’arco, la natura dei vincoli, le caratteristiche delle sezioni, ecc….

L’espressione generale del carico critico è: EY] = ~• :€•(QR

Dove EJ è la rigidezza flessionale nel piano dell’arco, s è la semilunghezza dell’arco e β è il fattore relativo alla lunghezza di libera inflessione. Per il caso specifico di archi con catena tesa e tiranti di sospensione il coefficiente β è diagrammato nella figura sottostante.

Il coefficiente K dipende dal rapporto di ribassamento f/l e dalla natura dei vincoli ed è riportato nella tabella seguente. Per valori intermedi di tale rapporto è possibile ricavare K mediante interpolazione lineare mentre non è ammessa in alcun caso l’estrapolazione di K per valori minori o maggiori di quelli riportati in tabella.

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Instabilità fuori piano dell’arco

L’espressione generale del carico critico fuori dal piano dell’arco è uguale all’espressione generale del carico critico nel piano dove, però, si sostituisce alla rigidezza flessionale nel piano dell’arco la rigidezza flessionale fuori piano.

Il fattore β, che tiene conto della lunghezza libera d’inflessione, varia a seconda che si considerino archi liberi di inflettersi lateralmente o archi controventati e dotati di portali di estremità. Per archi singoli liberi di inflettersi lateralmente, quindi nel caso di ponti arco - trave supportati da un singolo arco, il coefficiente β è dato dall’espressione:

‚ = ‚, ‚(

Il coefficiente β1 dipende dal rapporto f/l e dall’andamento del momento d’inerzia, se costante o variabile secondo la legge R =ƒ„… (†u

‡), ed è riportato nel prospetto seguente.

Il coefficiente β2 dipende invece dal sistema adottato per trasferire i carichi dall’impalcato all’arco ed è riportato nel prospetto seguente.

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Per ponti ad archi gemelli portalizzati mediante controventi reticolari o vierendeel, la verifica della stabilità fuori piano degli archi si può ricondurre a una verifica di stabilità dei portali d’estremità e il carico critico vale: EY] = ~• ˆ€•(QR

Il coefficiente β può essere desunto dai diagrammi riportati, dove si assuma per hr la media di tutte le lunghezze dei tiranti di sospensione data da ℎ] =

Œ•Ž (••)Š‹

. , avendo indicato con m il

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