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2. Le arginature dei corsi d’acqua 2.1

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2.

Le arginature dei corsi d’acqua

2.1

Generalità

L'argine è un'opera di difesa passiva del territorio atta ad impedire lo straripamento dei corsi d'acqua, adoperata sin dai tempi più antichi.

Esso è generalmente costituito da un rilevato impermeabile in terra, simile ad una diga, e può raggiungere altezze considerevoli (fig. 2.1.1).

Anche se sono simili a piccole dighe in terra gli argini differiscono da esse per i seguenti importanti aspetti:

- un argine può saturarsi solo per un breve periodo di tempo al di là del limite di saturazione capillare;

- l'adeguamento degli argini è dettato principalmente da esigenze di protezione dalle inondazioni delle zone limitrofe al corso stesso, che si traduce spesso nel costruire su terreni di scarsa resistenza meccanica;

- il materiale preso in prestito per realizzare l’argine è prelevato da pozzi o da canali scavati in zone adiacenti all’opera, dai quali si ottiene materiale di riempimento che è spesso eterogeneo e tutt'altro che ideale.

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Una diffusa classificazione dei corsi d’acqua viene fatta in base alla configurazione della sezione trasversale che muta a seconda della posizione dell’alveo e degli argini. Sono detti incassati i fiumi il cui alveo è tutto al di sotto del piano di campagna, arginati quelli il cui fondo si trova al di sotto del piano campagna, ma il profilo di massima piena è contenuto da argini che si elevano al di sopra di detto piano; sono infine, detti pensili i fiumi il cui letto è più alto della campagna circostante.

A volte non si distinguono i due ultimi casi e vengono detti indifferentemente arginati o pensili i fiumi dotati di arginature.

Nei fiumi di una certa importanza si distingue sempre l’alveo di magra, occupato permanentemente dall’acqua, dal letto di piena.

Le zone laterali dell’alveo, invase dalle acque solo durante le piene, sono dette golene; in alcuni fiumi, quale per esempio il Po, le golene sono coltivate, essendo molto bassa la frequenza con cui vengono allagate.

A volte, proprio per ridurre tale frequenza, il letto di magra è separato dalle golene mediante argini golenali, che gli consentono di contenere portate maggiori (fig. 2.1.2). Le golene sono quindi separate dalla campagna circostante da un naturale rialzo del terreno (fiumi incassati) o da argini maestri (fiumi arginati o pensili).

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Quando mancano gli spazi golenali, gli argini maestri sono direttamente innalzati sul letto di magra e vengono detti argini in froldo.

Tali argini, per quanto possibile, sono da evitare in quanto non sono ispezionabili e un loro cedimento o una loro corrosione durante le piene coglie di sorpresa.

La configurazione in froldo comporta inoltre che i rilevati si vengano a trovare a diretto contatto con il flusso della corrente, senza interposizione di golena; per questo fatto l'argine è sottoposto ad azioni erosive molto più spiccate rispetto ad un argine in golena; il piede del rilevato è direttamente a contatto con la parte inferiore della sezione liquida del corso d'acqua, quella cioè caratterizzata da maggiore pressione idrostatica ed attività cinetica.

Per dette ragioni, i tratti d'argine in froldo sono solitamente protetti da opere di difesa idraulica quali semplici scogliere in pietrame o veri e propri rivestimenti con sottofondo in calcestruzzo e faccia vista in pietrame lastrolare.

Un ulteriore aspetto negativo e che questa disposizione, limitando drasticamente l’espansione laterale del fiume, comporta un forte innalzamento dei livelli di piena, rigurgitando anche la corrente a monte.

In località dove manca lo spazio, come molte zone urbanizzate, l’argine può essere delimitato verso fiume da muraglioni.

Esempi di muraglioni sono rappresentati nelle figure 2.1.3 e 2.1.4.

In casi estremi un muro di sponda può completamente sostituire un argine.

 

 

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Figura 2.1.4 - Muraglione prolungato da diaframma

Una distinzione che riguarda gli argini maestri è in funzione del fatto che essi possano essere insommergibili o sommergibili durante gli eventi di piena.

Sono insommergibili se la loro sommità è in grado di contenere la massima portata di progetto, mentre sono detti sommergibili se vengono sormontati quando la portata supera un determinato valore; il primo tipo di argini segue la così detta tecnica italiana, il secondo tipo la tecnica francese.

Naturalmente gli argini sommergibili possono essere realizzati solo in località opportunamente scelte, lontane dai centri abitati e da importanti insediamenti, in modo tale che gli allagamenti si verifichino nelle campagne, con riduzione della portata massima in quei tronchi a valle in cui le esondazioni sono assolutamente da evitare. Da un punto di vista strettamente idraulico, sono preferibili gli argini sommergibili; infatti, l’esondazione permette il deposito delle torbide trasportate dalla corrente sulle campagne circostanti e viene così ridotta la tendenza del fiume a rialzare gli spazi golenali; inoltre, l’esondazione a monte evita che si raggiungano a valle valori della portata massima via via più elevati, con la conseguenza di dover costruire argini sempre più alti, se si vuole che la massima portata di progetto sia contenuta nell’alveo.

Argini così alti, oltre a presentare vari problemi di natura paesaggistica e di inserimento ambientale, rappresentano un continuo pericolo durante le piene; infatti, gli elevati carichi idraulici che si instaurano sono alla base di problemi di “piping” e sifonamento.

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Malgrado i vantaggi degli argini sommergibili dal punto di vista idraulico, in Italia è seguita la tecnica degli argini insommergibili, per motivi di natura sociale e demografica ben precisi.

Infatti, con gli argini sommergibili i terreni limitrofi al fiume, essendo pianeggianti, vengono invasi dalle acque di piena per un’estensione a volte grandissima e non sono quindi utilizzabili, non solo per insediamenti produttivi, ma anche per coltivazioni intensive.

Se ciò è ammissibile in Francia, dove non è elevata la densità di popolazione e vasti sono i terreni di pianura disponibili, non lo è in Italia, dove una più grande densità di popolazione si contrappone una scarsa disponibilità di terreni pianeggianti, che sono perciò sfruttati al massimo dal lato agricolo e utilizzati per i più importanti insediamenti abitativi e produttivi e devono quindi essere difesi dagli allagamenti da argini insommergibili.

Si fa però presente che le esondazioni verificatesi negli ultimi decenni da vari corsi d’acqua italiani, anche in adiacenza di città molto importanti, dimostrano che anche in Italia non sempre gli argini risultano insommergibili, con il risultato che spesso le esondazioni si verificano nei tratti fluviali meno indicati.

Un’altro aspetto molto importante legato ai corsi d’acqua è senz’altro rappresentato dai processi che caratterizzano l’evolutività degli alvei; in particolare, si fa riferimento alle attività estrattive di inerti dagli stessi.

L’estrazione di sabbia, ghiaia ed altri materiali inerti che per effetto del defluire delle acque si accumulano nell’alveo dei fiumi, nonché nelle zone golenali durante le piene non ordinarie, e ne alterano le caratteristiche funzionali, è operazione di polizia idraulica indispensabile per garantire la regolarità del deflusso e necessaria per evitare il verificarsi di straripamenti e alluvioni.

Per tale motivo, con il passare degli anni è stata prestata molta attenzione a quest’aspetto, con emanazioni di leggi in materia da parte degli enti preposti.

A onor del vero, la tendenza delle disposizioni di legge, è sempre stata quella di vietare o comunque limitare le attività estrattive.

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Un’ inclinazione del legislatore in questo senso, è motivata dal fatto che le estrazioni di inerti, se avvengono in maniera sconsiderata, influiscono in maniera molto negativa sull’evoluzione dei corsi d’acqua.

Per citare un esempio, il meccanismo che induce il processo di abbassamento del fondo dell’alveo può essere legato alla riduzione della portata solida a valle del tronco in cui si effettua il prelevamento di inerti: parte dell’apporto solido di monte è infatti utilizzato dal corso d’acqua per ripascere il tronco depauperato dal prelievo di materiale.

Ne consegue una tendenza alla riduzione della pendenza del corso d’acqua a valle del prelievo e la successiva propagazione del processo erosivo sia a valle che a monte. Tuttavia, possono essere deleteri anche eccessivi sedimenti all’interno del letto dei fiumi in quanto determinano una riduzione di capacità di invaso determinando la riduzione del franco di sicurezza al passaggio delle piene.

A tal proposito, si intuisce quanto sia importante un attività da parte delle Autorità di Bacino nel favorire una regolarizzazione delle attività estrattive in alveo, indicandone i periodi e i siti in cui possano essere esercitate o meno tali attività antropiche.

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2.2

L’influenza del tracciato dei fiumi

Un aspetto che influisce per vari aspetti sui rilevati è rappresentato dal tracciato dei corsi d’acqua.

Gli argini in froldo e quelli disposti a poca distanza dall’alveo ordinario ne seguono da vicino il percorso.

Ciò implica uno sviluppo delle arginature più lungo, soprattutto nei tratti a meandri. In questo caso, data la naturale evolutività dei meandri, bisogna aver cura di difendere efficacemente il piede dell’argine dall’erosione, soprattutto nella sponda concava del meandro, dove è più forte l’azione erosiva.

Le soluzioni possono essere dirette o indirette; le prime consistono nel proteggere le sponde con dei rivestimenti di vario tipo (scogliere in pietrame), le seconde prevedono la realizzazione di opere repellenti, dette anche pennelli che hanno un andamento trasversale rispetto alla corrente e interessano una sola parte dell’alveo.

I pennelli sono opere trasversali, poste a un certo interasse tra loro, che hanno origine da una delle sponde nella quale sono immorsati e sono dirette verso la zona centrale dell’alveo; hanno lo scopo di ridurre la larghezza virtuale della sezione trasversale, allontanando la corrente dalla sponda sulla quale sono impostate e permettendo così un’efficace protezione dall’erosione.

Quando gli argini sono disposti in golena, a grande distanza dall’alveo ordinario, sono disposti con un tracciato molto meno tortuoso, seguendo solo l’andamento generale della vallata, ed hanno uno sviluppo conseguentemente minore.

Bisogna comunque cercare di dare al tracciato arginale un andamento più regolare possibile, perché nelle curve e in corrispondenza di discontinuità le correnti hanno una maggiore attitudine erosiva.

 

 

 

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2.3

La sezione di progetto

Il progetto della sezione arginale implica la definizione di una serie di elementi: la quota della sommità arginale, il materiale, la pendenza dei paramenti e la presenza di banchine, la profondità d’imposta, l’uso o meno di schermi impermeabili, di filtri e di protezioni.

La quota della sommità arginale è fissata in modo da assicurare il passaggio della piena di progetto con un franco adeguato.

Generalmente si adotta un franco di un metro nei corsi d’acqua più importanti e almeno 80 cm in quelli minori.

Tale franco deve essere considerato al netto dei futuri cedimenti, praticamente inevitabili nei rilevati di terra, o di eventuali subsidenze in atto per varie cause.

Cedimenti e subsidenze devono essere preventivamente valutati, anche se è sempre possibile intervenire in seguito con modesti interventi correttivi.

Soprattutto negli argini in froldo in fiumi tortuosi occorre anche valutare il sovralzo in curva della corrente.

La quota del livello idrico al colmo della piena di progetto viene calcolata tracciando i profili di corrente in moto permanente.

A questo scopo è necessario disporre di sezioni d’alveo disposte a breve distanza l’una dall’altra, perché la presenza di irregolarità tende sempre ad innalzare i livelli.

Bisogna anche procedere ad un accurato rilievo delle opere d’arte che interessano l’alveo e che possono influenzare il profilo della corrente.

Una influenza non trascurabile sui livelli di piena hanno, in genere, gli attraversamenti stradali e ferroviari, con ponti dotati di pile in alveo o con rilevati che restringono l’alveo di piena occupando gli spazi golenali.

I livelli di piena possono cambiare nel tempo, oltre che per la costruzione di eventuali opere a valle, anche per effetto della evolutività dell’alveo, naturale o indotta da interventi sull’alveo stesso o sul bacino del fiume.

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La forma della sezione di progetto è fondamentalmente trapezia, la larghezza al coronamento dipende da esigenze legate alla viabilità e dall’altezza dell’argine; in ogni caso la larghezza minima deve essere di almeno 3 metri, per poter transitare sull’argine con i mezzi meccanici ed effettuare la manutenzione.

La pendenza della scarpata lato fiume varia da 2:3 (scarpa 3:2) per terreni molto forti a 1:3 per terreni prevalentemente sabbiosi, con un valore intermedio di 1:2 per terreni in prevalenza argillosi; la pendenza lato campagna è in genere inferiore ed ha indicativamente un valore minimo di 1:2.

Quando l’altezza dell’argine raggiunge i 5-6 metri, le scarpate arginali vengono interrotte da tratti orizzontali, per cui l’argine assume un andamento a gradoni, in cui si alternano tratti inclinati a tratti praticamente orizzontali; ciò equivale, da un punto di vista geotecnico, a una riduzione della pendenza delle scarpate stesse, che è molto più utile ai fini della stabilità (fig. 2.3.1).

Le riseghe orizzontali servono a semplificare le operazioni di manutenzione e vengono in genere realizzate a distanza in verticale di 3 metri, a partire dalla sommità arginale. Procedendo dall’alto verso il basso, le successive riseghe lato campagna sono dette: banca, sottobanca e piè di banca; mentre quelle lato fiume: petto, antipetto e parapetto. In generale si tende a dare al paramento di monte una pendenza sufficiente ad assicurarne la stabilità, mentre il paramento di valle viene realizzato con pendenze complessive minori, per allungare i percorsi idrici, tenendo altresì la linea di saturazione (superficie libera del moto filtrante) lontano dal paramento di valle.

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Figura 2.3.1 - Terminologia relativa alle sezioni arginali

Gli argini tradizionali, con la loro regolarità, costituiscono indubbiamente un elemento molto artificiale con un impatto visivo non trascurabile, e certamente non molto interessante dal punto di vista paesaggistico.

In zone pregiate dal punto di vista naturalistico (parchi fluviali) è possibile sostituire gli argini tradizionali con argini naturalistici, o rilevi arginali (figura 2.3.2).

I rilievi arginali sono ovviamente molto più cari degli argini tradizionali, perché ogni movimentazione altimetrica deve avvenire al disopra del livello idrico della piena di progetto più il franco, e quella planimetrica all’esterno delle dimensioni minime di sicurezza.

Inoltre, se sui rilevi arginali devono essere impiantati alberi, le cui radici dirette verso il fiume in cerca di acqua possono costituire linee preferenziali per l’innesco del sifonamento, gli argini devono essere realizzati di una larghezza molto superiore e con maggiore cura.

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Figura 2.3.2 - Rilievi arginali per un parco fluviale

 

Intorno agli argini va stabilita una zona di rispetto, in modo che attività o strutture potenzialmente dannose per la loro stabilità possano danneggiarli, con grave rischio in caso d’inondazione.

Nella tabella 2.3.1 sono elencate alcune caratteristiche delle zone di rispetto, rappresentate anche nella figura 2.3.3.

 

Tabella 2.3.1 - Caratteristiche tipiche delle fasce di rispetto per rilevati arginali

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Figura 2.3.3 - Distanze di rispetto per le opere in prossimità degli argini

               

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2.4

Il materiale da costruzione

I materiali impiegati per la costruzione delle arginature devono garantire una bassa permeabilità (es. limi e argille) ed una adeguata resistenza meccanica, compatibile con la stabilità dell’opera, e devono essere nello stesso tempo sufficientemente deformabili per assecondare le deformazioni in fase di costruzione senza fessurarsi.

Devono inoltre essere poco plastici, per non essere soggetti a sensibili rigonfiamenti o ritiri sotto l’azione della filtrazione e delle variazioni climatiche stagionali.

Le modalità di costruzione di nuovi argini, per il ripristino o ringrosso di quelli esistenti, sono legate innanzitutto alla necessità di garantire un adeguato collegamento con il terreno di fondazione e/o con quello costituente il rilevato esistente e di realizzare un’opera di caratteristiche fisiche e meccaniche omogenee.

Per non creare discontinuità tra nuova opera e quella esistente sono previsti scortichi, solcature e gradonature; il materiale viene usualmente posto in opera a strati dello spessore dell’ordine di 30 cm e successivamente compattato.

Per il costipamento dei terreni in sito possono essere impiegate attrezzature diverse in relazione alle caratteristiche e al tipo di terreno e all’energia richiesta per il costipamento.

Le tecniche impiegate possono trasmettere al terreno azioni meccaniche di tipo statico, di compressione e di taglio, o di tipo dinamico, di urto o vibrazione.

In base al prevalere di uno dei due tipi di azioni le attrezzature per il costipamento si suddividono in due classi costituite rispettivamente dai mezzi prevalentemente statici e prevalentemente dinamici.

In particolare, per il costipamento dei terreni a grana fine risultano efficaci solo le attrezzature della prima classe, mentre per il costipamento dei terreni granulari sono efficaci soprattutto quelle del secondo tipo.

Nei mezzi prevalentemente statici sono compresi i rulli lisci, i rulli o carrelli gommati e i rulli a punte (fig. 2.4.1).

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Figura 2.4.1 - Rullo compressore usato per i terreni a grana fine

I rulli lisci statici compattano per compressione e la loro azione è limitata alla parte più superficiale di terreno; hanno un peso generalmente compreso tra le 2t e le 20t e trasmettono pressioni dell’ordine di 30÷100 kg/cm su una striscia di un centimetro di generatrice.

I rulli gommati sono costituiti da un cassone trasportato da un certo numero di ruote gommate, compattano sia con azione di compressione che di taglio per mezzo dei pneumatici; rispetto ai rulli lisci agiscono più in profondità.

I rulli a punte sono dotate di protrusioni di varia forma (es. rulli “a piè di pecora”) o di segmenti mobili che esercitano nel terreno un’azione di punzonamento e di taglio. La loro azione è limitata alla parte più superficiale di terreno.

Nella classe dei mezzi prevalentemente dinamici sono compresi i rulli lisci vibranti (fig. 2.4.2), le piastre vibranti e le piastre battenti.

I rulli vibranti sono analoghi a quelli lisci, ma sono dotati di pesi eccentrici che generano forze verticali di tipo sinusoidale che mettono in vibrazione il terreno; in genere sono poco efficaci in superficie, per cui nella fase finale vengono utilizzati senza vibrazione per costipare lo strato più superficiale di terreno.

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Figura 2.4.2 - Rullo compressore (vibratore) usato per terreni granulari

Le piastre vibranti sono formate da una piastra di acciaio sulla quale è posto un motore e una serie di masse eccentriche che generano un moto sinusoidale verticale in grado di sollevare, spostare e far ricadere la piastra.

Le piastre battenti consistono in una massa che viene ritmicamente sollevata e lasciata ricadere sul terreno; vengono usate soprattutto per costipare aree di dimensioni ridotte quando non possono essere utilizzati altre tecniche di costipamento.

Le prove classiche con le quali si può controllare l’addensamento e le caratteristiche prestazionali del terreno in sito, sono caratterizzate da tempi lunghi e lentezza nei controlli consentendo quindi un numero ridotto di prove; inoltre con esse si possono controllare solo gli strati superficiali dei rilevati e non quelli sottostanti, a meno che non si effettuino indagini ad ogni strato compattato.

La ricerca di procedimenti innovativi per il controllo dell’addensamento in sito, nascono proprio dall’esigenza di disporre di metodi che consentano lo studio degli strati di terreno anche a lavoro finito, con conseguente riduzione dei controlli in fase di costruzione e quindi una diminuzione di costi.

Per raggiungere questo scopo è stato studiato come utilizzare le prove CPT (cap. 5) in tale ambito, ipotizzando una dipendenza diretta fra addensamento e resistenza alla punta misurata durante la penetrazione, ipotesi questa abbastanza attendibile.

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Al fine di controllare l’addensamento, i dati dedotti in sito vengono poi confrontati con quelli ricavati in laboratorio con l’utilizzo di mini-penetrometri, su campioni di massa volumica nota, addensati con pressa.

Disponendo di dati relativi alla resistenza alla punta su provini di densità nota, il controllo consiste nel comparare i risultati delle prove in laboratorio con quelli

relativi alle verticali eseguite in sito.

L’addensamento del rilevato arginale può essere considerato accettabile se i valori di resistenza alla punta rilevati in sito ricadono all’interno di un intervallo di prove di laboratorio eseguite su provini di densità nota.

Un altro mezzo di indagine in sito da accompagnare alle CPT è senz’altro costituito dalle prove dilatometriche (cap. 5).

Infatti, le penetrometrie statiche, utili a valutare i valori delle tensioni verticali nel terreno, poco ci dicono relativamente ai valori delle tensioni orizzontali.

Al contrario dall’interpretazione di prove effettuate con dilatometro, utilizzando delle correlazioni (Marchetti, 1980), si possono ricavare indicazioni riguardo al coefficiente di spinta a riposo Ko che a sua volta permette di determinare la tensione orizzontale. In terreni molto compattati, i valori delle tensioni orizzontali e verticali possono differire di molto, ecco quindi la necessita di utilizzare in maniera sinergica le prove CPT e dilatometriche, allo scopo di avere un quadro conoscitivo più esauriente circa il grado di addensamento raggiunto in sito a seguito delle procedure di compattazione. Generalmente, per mettere in opera e costipare i materiali, in modo da ottenere adeguate caratteristiche di resistenza e deformabilità, si fa riferimento alla densità ottenuta con l’energia Proctor Standard nelle prove di laboratorio.

La prova Proctor fa parte della tipologia di prove definite dinamiche o di urto utilizzate per valutare il costipamento all’interno degli studi di analisi.

L’attrezzatura per le prove Proctor è costituita da un cilindro metallico di dimensioni standard dotato di un collare rimovibile e da un pestello di diametro pari alla metà di quello del cilindro e di peso prefissato (fig. 2.4 3).

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In relazione alle caratteristiche dell’apparecchiatura e alle modalità di esecuzione, le prove Proctor si distinguono in “standard” e “modificata” (tab. 2.4.1).

L’energia di costipamento della prova modificata, che viene eseguita soprattutto per terreni di sottofondo e materiali per pavimentazioni stradali e aeroportuali, è superiore a quella della standard.

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Tabella 2.4.1 - Caratteristiche dell’apparecchiatura e modalità di esecuzione della prova Proctor standard e modificata

La prova Proctor viene eseguita disponendo a strati una certa quantità di terreno, preventivamente essiccata o bagnata, nel cilindro e compattandola con il pestello per un numero prefissato di colpi (25), assestati in una posizione prestabilita.

L’operazione viene ripetuta per un certo numero di strati (3 per la standard e 5 per la modificata) fino a riempire il cilindro poco al di sopra dell’attaccatura col collare (fig. 2.4.3).

Successivamente viene rimosso il collare, livellato il terreno in sommità, pesato il tutto e determinato il contenuto d’acqua, prelevando una porzione di terreno dal cilindro. Mediante il peso, P, e il volume, V, (noti) si ricava il peso di volume, γ, e, avendo determinato w, si può ricavare il peso di volume del secco, γd, ovvero la densità secca

(ρd =γd/g, essendo g l’accelerazione di gravità) Si ha infatti:

Quindi:

Analizzando i risultati ottenuti in laboratorio mediante l’esecuzione di prove Proctor è possibile descrivere il comportamento del terreno sottoposto a costipamento.

Supponiamo di eseguire la prova Proctor (quindi di impiegare la stessa tecnica di compattazione e la stessa quantità di energia) su alcuni campioni dello stesso terreno (5 o 6) aventi diversi contenuti d’acqua.

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Se, per ciascun campione, riportiamo in un grafico (fig. 2.4.4) il valore del peso di volume del secco (o, indifferentemente, della densità secca) ottenuto al termine della prova in funzione del contenuto d’acqua corrispondente, e uniamo i vari punti, otteniamo una curva, detta “curva di costipamento” che presenta un tipico andamento a campana.

Figura 2.4.4 - Curva di costipamento

Il valore del contenuto d’acqua corrispondente al valore massimo del peso di volume del secco (detto “maximum”) è indicato come “contenuto d’acqua optimum” o “optimum Proctor”.

Va sottolineato che il valore massimo del peso di volume del secco è relativo ad un valore di energia prefissato e ad una particolare tecnica di compattazione. Quindi, per un dato terreno, l’optimum, il maximum e l’andamento della curva dipendono dall’energia spesa e dal metodo di costipamento.

Tornando a parlare dei rilevati arginali, si ricorda che nelle operazioni di compattazione di qualsiasi tipo di terreno si possono variare: il contenuto d’acqua, il tipo di costipamento e l’energia di costipamento.

Il proporzionamento di questi fattori nella posa in opera, dipende sia dal tipo di terra sia dalle proprietà che si desidera esaltare principalmente.

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Variando, infatti, i fattori sopraindicati, cambiano anche le relazioni sforzi - deformazioni, la resistenza al taglio, la compressibilità, il rigonfiamento, il ritiro e la permeabilità.

Aumentando la densità si aumenta la resistenza, diminuisce la compressibilità, si riduce la permeabilità e si riduce il potenziale di liquefazione.

All’aumentare del contenuto d’acqua, per valori che si mantengono inferiori all’optimum, si ha una sensibile diminuzione di permeabilità, mentre si ha un leggero aumento per contenuti d’acqua superiori all’optimum.

All’aumentare dell’energia di costipamento si riduce la permeabilità perché aumentano sia la densità che l’orientamento delle particelle.

Quando viene dato accesso all’acqua, un campione costipato con w inferiore all’optimum rigonfia di più di un campione costipato con w maggiore dell’optimum, poiché ha una maggiore deficienza d’acqua ed un minor grado di saturazione insieme ad una distribuzione più disordinata delle particelle.

Il terreno deve essere posto in opera con contenuti in acqua prossimi o superiori all’optimum e con densità secca non particolarmente elevata.

In questo caso, anche le variazioni di volume a seguito di imbibizione rimangono sufficientemente limitate.

La densità di riferimento per la compattazione è usualmente quella pari ad almeno il 95% di quella ottenuta al “maximum” in laboratorio con la prova Proctor Standard e l’umidità naturale dovrebbe essere mantenuta ± 2% di quella ottenuta all’optimum sempre in laboratorio.

In questo modo si ottiene un rilevato con caratteristiche meccaniche medie ed una deformabilità buona che gli consente di assestarsi col terreno di fondazione senza dar luogo a fessurazioni.

I materiali impiegati per il rialzo e il rinforzo delle arginature vengono in genere scelti con una energia di costipamento pari a quella Proctor Standard, vengono impiegate terre limose e argillose comprese tra il tipo A-6, della classificazione CNR-UNI 10006, con

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contenuto minimo in sabbia del 15% e il tipo A-4 con contenuto massimo in sabbia del 50%.

Nonostante quanto sin qui detto, è sempre da prevedere un certo calo del rilevato arginale, specie se i fondo è cedevole, calo che può giungere fino al 15% dell’altezza dell’argine.

Di questo fatto va tenuto conto in sede di progettazione e di esecuzione, realizzando l’argine un po’ più alto o prevedendo un rialzamento a costipamento avvenuto.

Nel caso che non si trovi in luogo economicamente accessibile un materiale che goda di tutte queste proprietà elencate, le funzioni di stabilità e impermeabilità possono essere affidate a parti diverse del rilevato, costruendo argini con nucleo impermeabile, oppure assicurando l’impermeabilità con schermi di materiale artificiale (diaframmi impermeabili) (fig. 2.4.5).

Figura 2.4.5 - Sezioni arginali a zone con permeabilità diversa, atte a garantire funzioni di drenaggio e di impermeabilizzazione. Questa tecnica consente di minimizzare la quantità di materiali con determinate

caratteristiche idrauliche, il cui reperimento in certi casi può costituire un costo elevato. 1- materiale molto permeabile

2- materiale impermeabile 3-materiale permeabile

Figura

Figura 2.1.1 - Esempi di sezioni arginali
Figura 2.1.2 - Argini maestri e argini golenali
Figura 2.1.3 - Muraglioni a sostegno degli argini
Figura 2.1.4 - Muraglione prolungato da diaframma
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