• Non ci sono risultati.

1. QUADRO GENERALE NORMATIVO SUL RISPARMIO ENERGETICO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "1. QUADRO GENERALE NORMATIVO SUL RISPARMIO ENERGETICO"

Copied!
11
0
0

Testo completo

(1)

1. QUADRO GENERALE NORMATIVO SUL RISPARMIO

ENERGETICO

Risulta necessario, fin da subito, parlare della normativa nazionale ed europea in termini di risparmio energetico per l’edilizia.

Come abbiamo già detto nell’introduzione, l’esperienza della casa passiva, abitazione che assicura il benessere termico senza alcun impianto di riscaldamento "convenzionale", nei paesi del nord Europa prosegue da diversi anni. In Italia, al contrario, tale progettazione inizia a considerare certi schemi solo negli ultimi anni. I consumi energetici del paese per l’ambito edilizio si attestano intorno al 30,1% del consumo totale di energia, in confronto al 40% del corrispettivo europeo. Si tratta, comunque, di un’ampia porzione e per questo necessita di tutto l’interesse per il suo abbattimento, anche per rispettare i limiti imposti dal protocollo di Kyoto.

Solamente nel 1976, il sistema direttivo italiano pone la sua attenzione su questo aspetto importante del consumo energetico e base fondamentale dello sviluppo sostenibile.

La Legge 373/76, dal titolo Norme per il contenimento del consumo energetico per usi

termici negli edifici, introduce regole al fine di contenere il consumo energetico per usi

termici negli edifici. Sono regolate dalla presente legge le caratteristiche di prestazione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari. Vincoli, ormai, abrogati insieme alla legge. Sono altresì regolate, per la prima volta, le caratteristiche di isolamento termico degli edifici da

(2)

costruire o ristrutturare, nei quali sia prevista l'installazione di un impianto termico di riscaldamento degli ambienti.

All’interno della legge si prescrive, inoltre, che gli impianti di produzione del calore per il riscaldamento degli edifici di nuova costruzione, devono essere dimensionati per fornire una temperatura dell'aria nell'ambiente non superiore a 20°C, limite tuttora valido. Allo stesso modo si impone un vincolo alla temperatura massima dell’acqua calda sanitaria erogata dagli impianti pari a 48°.

Sarà, inoltre, richiesto di depositare in Comune la relazione tecnica, corredata di progetto, degli impianti necessari, corredata da calcolo previsionale del consumo energetico.

Si affronta, nel testo, anche l’argomento sull’isolamento degli involucri edilizi. Infatti, si impone l’obbligo di rispettare le caratteristiche di isolamento termico fissate dal Comune. Come caratteristica base si è scelto il coefficiente volumico globale di dispersione termica espresso in chilocalorie al metro cubo per ora per salto termico di un grado centigrado (kcal/h m al cubo °C).

La determinazione dei valori minimi e massimi dei relativi coefficienti volumici globali di dispersione termica sono fissati dalla Regione.

Come si può notare, il problema viene affrontato superficialmente, senza entrare nello specifico e lasciando ancora parzialmente irrisolto il problema, anche imponendo limiti al coefficiente volumico globale di dispersione termica piuttosto carenti. All’interno del testo non viene minimamente nominato il quesito ponte termico. Usualmente i programmi di calcolo del periodo erano soliti chiedere al progettista la percentuale di impatto delle discontinuità strutturali e geometriche, che veniva solitamente fissata nell’ordine dell’unità.

Sono necessari quindici anni, 1991, per vedere nascere una vera e propria legislazione italiana sul problema.

1.1 Legge 10 del 9 gennaio 1991

La norma dal titolo Norme per l’attuazione del piano energetico nazionale in materia di

uso razionale dell’energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, si suddivide in tre titoli:

(3)

Titolo I:

I. Titolo I: Norme in materia di uso razionale dell’energia, di risparmio energetico

e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia;

II. Titolo II: Norme per il contenimento del consumo di energia negli edifici; III. Titolo III: Disposizioni finali, in cui si tratta di stanziamento di fondi e di

coperture finanziarie.

Al fine di creare un reale piano di intervento energetico nazionale, il legislatore comincia a dividere l'Italia per aree geografiche, in zone climatiche, classificandole con periodi precisi di esercizio (A, B, C, D, E, F): ogni periodo prevede determinate temperature. Le zone climatiche sono classificate anche in base alle velocità dei venti, con coefficienti di esposizione.

La legge, inoltre, propone un percorso per la valutazione del bilancio energetico invernale di un edificio in cui vi sono apporti di calore e dispersioni di calore. Il bilancio energetico è la somma algebrica degli apporti di calore (positivi) e delle dispersioni di calore (negative).

Sarà necessario che questo bilancio risulti attivo (poiché l'interno dell'edificio dovrà essere necessariamente più caldo dell'esterno) è necessario spendere dell'energia (primaria) per ottenere una determinata temperatura prefissata (20 °C).

La legge impone anche la verifica della "tenuta" dell'isolamento di pareti e tetto al fine di non disperdere calore inutilmente: l'obiettivo della coibentazione è proprio quello di limitare il più possibile la dispersione, per risparmiare energia.

La legge 10-91 impone, cosa molto importante per dare serietà alla progettazione energetica, di redigere, a cura di un professionista abilitato, una relazione tecnica da depositare in Comune in doppia copia (una di solito viene restituita timbrata). A questo processo sono soggette tutte le abitazioni; per quelle di nuova costruzione la relazione va redatta e consegnata prima dell'avvio dei lavori di costruzione.

La norma, inoltre, pone particolare interesse nella definizione delle fondi di energia rinnovabile. Inoltre, al fine di incentivare la realizzazione di opere volte a ridurre il consumo specifico di energia, il miglioramento dell'efficienza energetica, l'utilizzo delle fonti di energia, nella climatizzazione e nella illuminazione degli ambienti, nonché nella

(4)

produzione di energia elettrica e di acqua calda sanitaria nelle abitazioni adibite ad uso civile e ad uso industriale, si sancisce che possono essere concessi contributi in conto capitale nella misura minima del 20 per cento e nella misura massima del 40 per cento per certe tipologie di interventi, od addirittura fino al 65 per cento per certe categorie (come le agricole).

I vincoli imposti dalla Legge 10 del 9 gennaio 1991 non risultano sufficienti a combattere pienamente il problema dell’abbattimento dei consumi energetici nell’abitato. L’Italia non ha gli standard degli altri paesi europei. A tal fine, per uniformare sotto questo aspetto tutti i paesi che risultano arretrati, l’Unione Europa emenda un direttiva nel 2002.

1.2 Direttiva 2002/91/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio

La Direttiva si inserisce nell'ambito delle iniziative della Comunità in relazione ai cambiamenti climatici (impegni assunti con il protocollo di Kyoto) e alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico. La Comunità Europea dipende più che in passato dalle fonti esterne di energia, mentre sono in aumento le emissioni di gas a effetto serra. La Comunità non può influire molto sull'approvvigionamento di energia, dettata dall’assenza di risorse prime sul territorio, ma può agire sulla domanda. Ridurre il consumo di energia migliorando l'efficienza energetica è una delle possibili soluzioni di questi due problemi.

Il consumo di energia per i servizi connessi agli edifici equivale a circa un terzo del consumo energetico dell'UE. La Commissione ritiene possibile realizzare ingenti risparmi attraverso iniziative in questo settore, contribuendo così al conseguimento degli obiettivi connessi ai cambiamenti climatici e alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico. Per raccogliere tali sfide di carattere comunitario occorre definire misure a livello comunitario.

La direttiva fa seguito ai provvedimenti relativi alle caldaie (direttiva 92/42/CEE), ai prodotti da costruzione (direttiva 89/106/CEE) e alle disposizioni del programma SAVE sugli edifici.

Nonostante esista una direttiva sulla certificazione energetica degli edifici (direttiva 93/76/CEE), si tratta di un provvedimento adottato in un contesto politico diverso. Non

(5)

è ancora giunto a conclusione dell'accordo di Kyoto (entrato 16 febbraio 2005, dopo la ratifica della Russia) e l’Europa vive un clima di incertezza per quanto riguarda l'approvvigionamento energetico.

La direttiva riguarda il settore residenziale e quello terziario. Alcuni edifici sono però esclusi dal campo di applicazione delle disposizioni relative alla certificazione, per esempio gli edifici storici e i siti industriali. La direttiva tratta tutti gli aspetti dell'efficienza energetica degli edifici per affrontare questa problematica con una vera visione d'insieme.

La direttiva comprende quattro elementi principali:

una metodologia comune di calcolo del rendimento energetico integrato degli edifici;

i requisiti minimi sul rendimento energetico degli edifici di nuova costruzione e degli edifici già esistenti sottoposti a importanti ristrutturazioni;

i sistemi di certificazione degli edifici di nuova costruzione ed esistenti e l'esposizione negli edifici pubblici degli attestati di rendimento energetico e di altre informazioni pertinenti. Gli attestati devono essere stati rilasciati nel corso degli ultimi cinque anni;

l'ispezione periodica delle caldaie e degli impianti centralizzati di aria condizionata negli edifici e la valutazione degli impianti di riscaldamento dotati di caldaie installate da oltre 15 anni.

La metodologia comune di calcolo deve tenere conto di tutti gli elementi che concorrono a determinare l'efficienza energetica, e non più soltanto della qualità dell'isolamento termico dell'edificio, come era stato tenuto di conto nella legislazione italiana. E’ necessario tenere conto di fattori quali gli impianti di riscaldamento e di raffreddamento, gli impianti di illuminazione, la posizione e l'orientazione dell'edificio, il recupero del calore e molti aspetti ancora.

Si pone particolare attenzione all’aspetto del rendimento energetico. Si definisce

rendimento energetico: “la quantità di energia effettivamente consumata o che si

(6)

standard dell’edificio, compresi, tra gli altri, il riscaldamento, il riscaldamento dell’acqua, il raffreddamento, la ventilazione e l’illuminazione”.

Tale parametro dovrà tenere di conto dei seguenti aspetti: Coibentazione del manufatto edilizio;

Caratteristiche tecniche e di installazione degli impianti;

Progettazione e posizione dell’edificio in relazione agli aspetti climatici; Esposizione al sole ed influenza delle strutture adiacenti;

Esistenza di sistemi di generazione propria di energia;

Condizioni di confort presenti all’interno degli ambienti interni (temperatura, umidità, ecc.).

Per quanto riguarda la metodologia di calcolo del rendimento energetico è obbligatorio rifarsi normativa tecnica. In particolare, di nostro interesse, risultano la

UNI EN 832, “Thermal performance of buildings – Calculation of energy use for heating

– Residential buildings”, e la EN ISO 13790, “Thermal performance of buildings – Calculation of energy use for space heating”.

Con questa Direttiva, risulta obbligatorio calcolare il rendimento energetico dell’organismo edilizio e della redazione di un Attestato di rendimento energetico: “un documento riconosciuto dallo Stato membro o da una persona giuridica da esso designa, in cui figura il valore risultante dal calcolo del rendimento energetico di un edificio effettuato seguendo una metodologia sulla base del quadro generale descritto nell’allegato (della direttiva)”.

Tale attestato deve contenere:

Valore del rendimento energetico risultante dal calcolo;

Valori di riferimento (quali i requisiti minimi di legge) con i quali il fruitore possa effettuare un confronto diretto;

Raccomandazioni per il miglioramento di tale rendimento, soprattutto in termine al rapporto a costi-benefici.

E’ importante notare che la Direttiva sancisce che all'atto della costruzione, della compravendita o della locazione di un edificio deve essere disponibile l'attestato di rendimento energetico.

(7)

La direttiva concentra in particolare la propria attenzione sull’aspetto della locazione per garantire che il proprietario, che di norma non paga le spese per il consumo energetico, adotti i provvedimenti necessari.

L’Europa relega agli Stati membri la responsabilità dell'elaborazione delle norme minime e di garantire che la certificazione e il controllo degli edifici siano effettuati da personale qualificato e indipendente. Gli Stati membri devono mettere in vigore le disposizioni legislative per conformarsi alla presente direttiva entro e non oltre il 4 gennaio 2006.

Il recepimento da parte dell’Italia della Direttiva 2002/91/CE si è palesa con il Decreto Legislativo 192 del 19 agosto 2005.

1.3 Decreto Legislativo 192 del 19 agosto 2005

Il Decreto Legislativo 192 del 19 agosto 2005, dal titolo Attuazione della Direttiva

2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia, è il decreto attuativo della

direttiva 2002/91/CE. Esso stabilisce i criteri, le condizioni e le modalità per migliorare le prestazioni energetiche degli edifici al fine di favorire lo sviluppo, la valorizzazione e l'integrazione delle fonti rinnovabili e la diversificazione energetica, contribuire a conseguire gli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal protocollo di Kyoto, promuovere la competitività dei comparti più avanzati attraverso lo sviluppo tecnologico. Tutto questo in accordo con la Direttiva europea del 2002.

Tale decreto è stato successivamente modificato ed incrementato con il Decreto Legislativo 311 del 26 dicembre 2006, Disposizioni correttive ed integrative al decreto

legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell'edilizia.

In particolare, il decreto rende obbligatorio l'utilizzo di pannelli fototovoltaici, pannelli solari per la produzione di acqua calda e schermature solari esterne, per tutti gli edifici di nuova costruzione o ristrutturati con superficie superiore a 1000 m2.

Obbliga, inoltre, gli edifici pubblici all'esposizione della targa energetica. La targa enegetica contiene solo l'indicazione della classe di efficienza energetica di appartenenza, tramite la classificazione imposta dalla normativa, calcolata in base al

(8)

valore di Fabbisogno specifico di energia primaria (EPH). Un esempio di tale targa è riportato in Figura 1.1.

A decorrere dal 1º luglio 2009 si applica alle singole unità immobiliari, nel caso di trasferimento a titolo oneroso, mentre era già in precedenza applicato ai trasferimenti a titolo oneroso di interi fabbricati.

Figura 1.1: Esempio di targa energetica.

Il Decreto prevede che il certificato energetico sia obbligatorio, non solo per edifici di nuova costruzione, ma anche per quelli esistenti con le seguenti tempistiche :

• Dal 1 Luglio 2007, per edifici di superficie utile maggiore di 1000 m2 , nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell’intero immobile;

• Dal 1 Luglio 2008, per edifici con superficie utile inferiore ai 1000 m2, nel caso di trasferimento a titolo oneroso dell'intero immobile con esclusione della vendita di singole unità abitative;

• Dal 1 Luglio 2009, nel caso di trasferimenti a titolo oneroso anche delle singole unità immobiliari.

Il D.Lgs. 311 impone anche nuovi limiti, via via più stringenti in un arco temporale che va dal 2006 al 2010, al fabbisogno di energia primaria per la climatizzazione invernale degli edifici e alle trasmittanze di tutte le componenti dell'involucro edilizio, sia opache

(9)

che trasparenti, verticali ed inclinate (vedi Tab. 1.1), in base alla zona climatica in cui risiede l’edificio.

Zona climatica 1 Gennaio 2006 U (W/m²K) 1 Gennaio 2008 U (W/m²K) 1 Gennaio 2009 U (W/m²K) A 0.85 0.72 0.62 B 0.64 0.54 0.48 C 0.57 0.46 0.40 D 0.50 0.40 0.36 E 0.46 0.37 0.34 F 0.44 0.35 0.33

Tabella 1.1: Valori della trasmittanza termica per le strutture opache verticali.

1.4 Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio

La Direttiva 2010/31/UE, pubblicata il 18 giugno 2010 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, abroga totalmente la Direttiva precedente, la 2002/91/CE, con effetto a partire dal 1 febbraio 2012.

La nuova Direttiva sull’energia in edilizia, costituisce una rifusione della precedente Direttiva 2002/91/CE non solo con i testi degli interventi di modifica che nel tempo sono stati prodotti, ma anche e soprattutto con le disposizioni derivanti dai nuovi obiettivi di risparmio energetico introdotti dalle istituzioni europee con la cosiddetta regola del “20-20-20”.

La data di nascita dei nuovi obiettivi è il mese di marzo 2007, quando il Consiglio europeo ha sottolineato la necessità di aumentare l’efficienza energetica nell’Unione per conseguire l’obiettivo di ridurre del 20% il consumo energetico dell’Unione entro il 2020 e ha chiesto che venga data rapida e piena attuazione alle priorità definite nella comunicazione della Commissione intitolata “Piano d’azione per l’efficienza energetica:

concretizzare le potenzialità”.

Gli altri due obiettivi fondamentali prevedono, sempre entro il 2020, la riduzione delle emissioni di CO2 del 20% rispetto ai livelli misurati trenta anni prima, nel 1990, e la promozione delle energie alternative.

(10)

Le misure previste per la riduzione del consumo di energia totale dell’Europa, inoltre, consentirebbero a quest’ultima di conformarsi meglio al protocollo di Kyoto allegato alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e di rispettare l’impegno a lungo termine di mantenere l’aumento di temperatura globale al di sotto di 2°C.

Ne consegue che come conditio sine qua non per abbassare i consumi energetici di dover imporre prescrizioni più restrittive anche per il settore edilizio, settore che registra un costante aumento di consumi nei diversi paesi dell’Unione.

Tra le maggiori novità introdotte dalla nuova Direttiva, vi è il concetto di Edifici ad

energia quasi zero, la cui definizione, riportata nell’art. 2, recita: “edificio a energia quasi zero: edificio ad altissima prestazione energetica, determinata conformemente all’allegato I. Il fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili, compresa l’energia da fonti rinnovabili prodotta in loco o nelle vicinanze.”

La stessa Direttiva, però, lascia il compito ai singoli Stati membri di definire i requisiti energetici minimi dai quali deriverà anche la definizione di una soglia di consumo energetico, al di sotto della quale un edificio sarà considerato ad energia quasi zero. La direttiva impone, anche che a partire dal 2020, tutti gli edifici di nuova costruzione rientrino nella categoria degli edifici ad energia quasi zero, mentre per gli edifici pubblici si parla di 2018.

Assolutamente innovativa è anche la previsione di requisiti minimi di prestazione energetica per gli elementi edilizi che fanno parte dell’involucro dell’edificio e hanno un impatto significativo sulla prestazione energetica di quest’ultimo quando sono sostituiti o rinnovati, al fine di raggiungere livelli ottimali in funzione dei costi.

Le disposizioni recate dall’art.10 riguardano gli incentivi finanziari e le barriere di mercato e di fatto riconoscono l’importanza di costruire una strumentazione finanziaria che sia incentivante rispetto alla prestazione energetica degli edifici e favorisca il passaggio ad “edifici ad energia quasi zero”.

È, inoltre, confermato l’obbligo di affissione in un luogo ben visibile per il pubblico dell’attestato energetico redatto per edifici di metratura utile totale di oltre 500 m2 e occupata da enti pubblici e abitualmente frequentata dal pubblico. Si prevede, però,

(11)

l’abbassamento a partire dal 9 luglio 2015 del valore di superficie, previsto come soglia per l’affissione, che passerà a 250 m2.

Molto interessante e in linea con il principio di trasparenza è la disposizione di cui all’art. 12, che prevede in caso di offerta in vendita o in locazione di:

edifici aventi un attestato di prestazione energetica;

unità immobiliari in edifici aventi un attestato di prestazione energetica; unità immobiliari aventi un attestato di prestazione energetica;

l’indicatore di prestazione energetica che figura nell’attestato dell’edificio o dell’unità immobiliare, sia riportato in tutti gli annunci dei mezzi di comunicazione commerciali. La Direttiva, inoltre, richiama i requisiti che dovranno avere i soggetti certificatori, definiti esperti indipendenti, per i quali si prevede che possano essere liberi professionisti o dipendenti di enti pubblici o imprese private.

Estremamente innovative sono anche le disposizioni relative alle informazioni da fornire al pubblico. È infatti previsto che ogni Stato membro dovrà emanare disposizioni finalizzate all’informazione del pubblico in merito alla formazione ed all’accreditamento dei citati operatori.

Il soggetto pubblico, nella nuova Direttiva sull’energia in edilizia, è titolare di una vera e propria funzione di guida; esso deve rappresentare un autentico punto riferimento che serve ad educare il cittadino con l’esempio.

La pubblicazione di questa nuova Direttiva comporterà certamente un adeguamento della normativa nazionale italiana sul tema dell’energia in edilizia. Il D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192, sottoposto nel recente passato ad interventi di modifica ed adeguamento, prima tramite il D.Lgs. 311/2006 e successivamente ad opera della Legge 133/2008, potrà essere nuovamente aggiornato oppure essere abrogato e sostituito da una nuovo dispositivo normativo ad hoc.

Figura

Figura 1.1: Esempio di targa energetica.
Tabella 1.1: Valori della trasmittanza termica per le strutture opache verticali.

Riferimenti

Documenti correlati

b) mediante il campionamento e l'analisi dei combustibili per uso marittimo contenuti nei serbatoi della nave o, ove cio' non sia tecnicamente possibile, nei campioni

condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti, puerpere, bambini e giovani; parità di trattamento ed altre norme in materia di non discriminazione. Per retribuzione si

Il Corso di Laurea Magistrale, strutturato in modo da garantire una ripartizione equilibrata tra conoscenze teoriche e pratiche (nel rispetto della Direttiva 2005/36/CE del

1. Nel caso in cui sia necessaria una valutazione ambientale ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, deve essere redatto un rapporto ambientale in cui siano individuati, descritti

La presente direttiva non pregiudica la facoltà delle parti di concordare, fatte salve le pertinenti disposizioni della normativa nazionale applicabile, termini di pagamento

iv) prima dell'inizio delle operazioni di smaltimento, il richiedente abbia adottato o adotti idonei provvedi- menti, sotto forma di garanzia finanziaria o altra equi- valente,

Nel caso di cui al paragrafo 3, lettera b), non prima di 15 giorni dalla data in cui ha inviato al notificante la sua relazione di valutazione e non oltre 105 giorni dalla data

Gli Stati membri adottano piani d’azione nazionali per definire i propri obiettivi quantitativi, gli obiettivi, le misure e i tempi per la riduzione dei rischi e degli