Dissolvenze europee
Nazionalismi economici all’attacco. Quando la crisi mondiale finirà molte cose risulteranno cambiate. Speriamo che fra i cambiamenti non si debba annoverare anche la dissoluzione dell’Unione Europea.
La crisi economica-finanziaria sta colpendo con durezza il mercato unico europeo.
Sembrava, fino a poco tempo fa, quel mercato, una conquista sulla quale non c’erano più possibilità di ripensamenti. Veniva attaccato da gruppi minoritari di nazionalisti economici sparsi per i territori dell’Unione ma nessuno pensava che potesse essere davvero rimesso in discussione. La crisi ha cambiato tutto, il nazionalismo economico è diventato la nuova prassi dei governi euriopei. Una prassi che comincia a diventare anche dottrina. Come dimostrano le improvvide parole usate da Sarkozy. Il presidente francese ha infatti detto ciò che quasi tutti gli altri governanti europei pensano. Si è detto contrario al trasferimento di impianti francesi in altri Paesi europei (“poichè non è bene che servano a produrre auto nella Repubblica ceca per venderle in Francia”).
Che altro può produrre una simile tesi, così spudoratamente affermata, se non le ritorsioni degli altrei Paesi europei? E non ci sono solo le parole. Ci sono i fatti. Ci sono i lavoratori britannici contro il lavoro italiano in Gran Bretagna, ci sono tutte le misure di sostegno alla produzione nazionale che i governi europei hanno preso e continuano a prendere. È insomma in atto un attacco generalizzato al mercato unico in nome del nazionalismo economico. Da tempo, ormai, il processo si integrazione europea languiva, era in una situazione di stallo. La crisi dell’Unione, che covava da tempo, diventò manifesta con il tentativo, fallito, di imporre all’Europa la cosiddetta
“Costituzione europea”. Fu una forzatura che si ritorse contro chi l’aveva voluta, un grave errore commesso per tentare di rimediare a un altro, precedente, grave errore:
l’allargamento alle nuove democrazie orientali attuato prima di avere modificato le regole decisionali europee.
Su un’Unione europea da tempo in gravi difficoltà per ragioni eminentemente politiche si è ora abbattuta con violenza la crisi ecnomico-finanziaria. Perfino il mercato unico, come si è visto, rischia di esserne travolto. A volte le crisi uniscono i soggetti colpiti.
Altre volte accrescono le divisioni. Molto dipende dalla loro natura. Le crisi provocate da gravi ninacce militari possono unire (ci si difende meglio stando insieme, mettendo le risorse in comune). Le crisi economiche, invece, possono scatenare un’insana competizione a colpi di misure protezioniste, in cui ciascuno tenta di salvarsi a spese del vicino. Che è quanto sta accadendo oggi in Europa. Speriamo che all’Unione europea non tocchi la sorte della Lega anseatica, la confederazione di città mercantili tedesche che fu una grande potenza economica e politica soprattutto nei secoli quattordicesimo e quindicesimo ma che poi si dissolse, non potendo essa competere, a causa delle sue deboli capacità di coordinamento interno, con gli emergenti Stati europei. Quando la crisi economica mondiale finirà molte cose risulteranno cambiate (livello di interdipendenza economica, distribuzione del potere internazionale, numero e ruolo delle grandi potenze). Speriamo che fra i cambiamenti non si debba annoverare anche la dissoluzione dell’Unione.
Angelo Panebianco 19/02/09