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Attilio. Due anni prima.

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Academic year: 2022

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L’ambulatorio

Simone aveva sempre attribuito un valore particolare al racconto che il paziente fa della storia della sua malattia. Un racconto che dia una visione della malattia attraverso la prospettiva del paziente serve al medico, era convinto, ma anche al paziente. Assecondare il bisogno del paziente di raccontare e condividere il suo problema, spesso può già essere terapia.

Simone pensava a questa sua attitudine mentre ascoltava il monologo del suo paziente, un signore di una certa età, elegante e barbuto, che si trovava di fronte a lui e che aveva iniziato a raccontare prima ancora di sedersi.

- Dottore, da un paio di anni il mio unico problema è che mi sono spento. Non sento più niente. Tutto il resto è a posto, anzi non mi sono forse mai sentito così bene. Ma il sesso … è un disastro, non funziona più niente.

Per me il sesso è sempre stato importante, sono stato sposato ma, lo confesso, avevo anche altre donne, mi giudicherà male ma non ci posso fare niente, sono sempre stato attratto dalle donne, dal sesso di per se … come una droga … ma ora non mi riconosco più e vorrei…

ascoltato.

- Ho bisogno di farle alcune domande. Mi dice che sta bene. Ha avuto malattie? Interventi? Sta facendo delle cure?

- Macché, sto bene. Anche prima stavo bene, avevo una giornata di diciotto-venti ore e ci mettevo di tutto, lavoro, sport, relazioni amorose … cioè … era sesso, e insomma mai un raffreddore, mai un problema.

Simone batteva sulla tastiera del computer mentre il paziente parlava, ripetendo a voce alta le parole che si formavano nel monitor e che riassumevano gli aspetti essenziali della storia.

- Anamnesi negativa. Vediamo… cinquantanove anni, separato, professione … politico … attualmente fa il sindaco, forte fumatore, non malattie importanti, problemi di erezione da circa due anni, in benessere. L’uomo seduto di fronte a lui, osservò il medico, sembrava infastidito dalla forzata interruzione del suo racconto. Simone cercò comunque di assecondarlo ponendogli un’altra domanda.

- Tutto è cominciato due anni fa, mi ha detto più volte. Cosa è successo due anni fa?

L’uomo sembrò pensarci, quasi sorpreso dalla domanda. Poi dette l’impressione di aver individuato qualcosa di utile alle indagini.

- Ma, forse, in effetti, un paio di anni fa mi è capitata una cosa. Una sciocchezza … non credo che possa entrarci in questo problema.

- Si… ?- Simone rimase con le mani sospese sui tasti, incoraggiante.

- Beh, mi hanno rapinato … in mezzo alla strada.

- E…? - sembrava che improvvisamente la voglia di parlare si fosse esaurita.

- Si, insomma un paio di marocchini mi hanno derubato, minacciandomi … con un coltello. E’ accaduto di mattina, fuori da casa mia, ma in fondo mi hanno rubato solo il cellulare.

Non aveva evidentemente voglia di aggiungere altro.

- D’accordo, facciamo la visita, si metta sul lettino.

Dalla visita non emerse niente. La pressione arteriosa era nei limiti della norma, come i genitali esterni e la prostata.

Mentre ne annotava l’esito sulla scheda, Simone aveva già deciso di fare una cosa che faceva raramente, ma si sentì ispirato.

- Allora signor Torre, le farò fare un paio di esami, giusto per capire se la macchina è poi così in ordine, sa, la vita che

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fa, le sigarette, questa soglia dei cinquanta che ormai ha passato da un po’... poi ci rivedremo con gli esami e magari mi dirà anche qualcosa di più su quella cosa successa due anni fa.

- Ma … è una storia chiusa …

- D’accordo, però…insieme agli esami che le ho richiesto mi porti anche un racconto scritto di quell’episodio

…una sintesi …

- ciati i suoi problemi, l’accaduto ma anche il suo stato d’animo, cosa ha sentito, cosa ha pensato. Guardi non è un mio capriccio, secondo un modello sviluppato ad Harvard, la narrazione della patologia del paziente al medico è considerata fondamentale al pari dei segni e dei sintomi clinici della malattia stessa e al pari anche di un esame di laboratorio.

- Con tutto il rispetto, dottore, mi sembra un po’ esagerato

- Si chiama medicina narrativa. Cerchi di pensare che il suo racconto può essere uno strumento di comprensione.

ma anche a trovare la cura.

- Quindi lei si è già fatto l’idea che il mio sia un problema di testa, ma io non lo credo, io ora sono sereno, le assicuro, ma la mia erezione non sta funzionando.

- Mi aiuti a capire. Attenzione però, scriva come se raccontasse a un lettore anonimo, non a me, come quando si pub- blica un libro e non si sa chi lo leggerà. Riguardo poi alla questione della causa psicologica o organica, le assicuro che non c’è tutta questa differenza.

L’uomo lo guardò senza dire niente, si alzò, con le ricette in mano, i due si salutarono. Sulla porta l’uomo si fermò prima di uscire e chiese - Come se dovessi scrivere un romanzo?

- Quasi. Non deve divertire il lettore. Non abbellisca niente.

L’uomo rimase pensieroso per un momento e se ne andò, lo sguardo dubbioso.

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Attilio. Due anni prima.

La mattina che ha cambiato la mia vita mi sono alzato presto. Una mezz’ora di ginnastica davanti alle prime notizie dei tiggì, i miei rituali cinque esercizi tibetani, che mi ha insegnato anni fa Mara, la mia prima moglie, e che da allora non ho mai smesso di praticare tutti i giorni. La barba con la lametta, il dopobarba in gel e poi la crema antirughe, un’occhiata allo specchio del guardaroba. Sono asciutto e in forma e sono elegante, nel mio abito da lavoro grigio. Il problema è il viso, scavato dal tempo e solcato dalle rughe. Mostro sulla faccia tutte le battaglie che la vita mi ha portato ad affrontare.

Mi piace pensare che sia così, ma forse è solo l’età. Prima di uscire, come sempre, un’occhiata alla camera e al letto rifat- to. Non mi piace uscire da casa con le stanze in disordine. Immagino sempre che, se mi capitasse qualcosa, chi entrasse in casa non dovrebbe pensare che sono un tipo disordinato. Effetti collaterali del vivere da solo. Ultima operazione, cercare il telecomando per spengere la tv, ossessivamente accesa sul canale delle news 24 ore su 24. Una sbirciata ai

In strada a quell’ora non c’è mai nessuno. Il freddo è pungente e le prime luci del giorno danno ai contorni dei palazzi dover rinunciare alla praticità dell’avere tutto a portata di mano. Mi soffermo sulla soglia dell’atrio per un rapido ripas- so dei primi impegni della mattinata e, come un nuotatore che si appresta a tuffarsi in piscina per il suo allenamento, faccio un respiro profondo e muovo con decisione il primo passo in strada, sentendo dopo pochi metri la metaforica sensazione del coltello tra i denti con il quale i miei collaboratori dicono che io passi le mie giornate di lavoro. L’auto è a un centinaio di metri, e mentre mi dirigo in quella direzione, ho già il cellulare in mano. Nel pomeriggio ci sarà il consiglio comunale e dovrò passare la mattina a ricompattare il consenso di una maggioranza sempre meno determi- nata a sostenere la giunta. La prima telefonata è per Ugo, compagno di tante battaglie, ormai ampiamente sul fronte degli oppositori interni. Mentre cerco il suo contatto sul cellulare, noto che è un ragazzino, poco di più, quello che mi è comparso accanto chiedendomi una sigaretta. Lo ignoro aspettando che Ugo mi risponda e camminando a passo il segnale di linea occupata realizzo che non sono sigarette quelle che il ragazzino sta cercando. Il compare sbuca alle mie spalle e prima ancora di vederlo è il mio naso a percepirne la presenza. Sa di muffa e di cucina rancida. Mi avvicina con aria tranquilla pronunciando una sorta di ossimoro “Amico, dammi il portafogli o ti apro”.

Intuisco, più che vedere, che è una lama di coltello quella con cui avrebbe fatto quanto promesso. D’istinto mi giro e mi metto in posizione di boxer, con il cellulare ancora stretto in pugno sorprendendo per un attimo i due. Non mi so spiegare perché lo stia facendo, forse avevo già molta adrenalina in circolo, o forse i due non mi sono sembrati così mi- l’auto. Sono davvero in forma, nonostante le sigarette, ma raggiunta l’auto mi rendo subito conto che non avrei avuto il tempo di passare il telefono nella mano sinistra, aprire con la destra i bottoni del cappotto e tirare fuori dalla tasca dei pantaloni le chiavi. Mi giro quindi appena in tempo per far fronte all’uomo che mi ha inseguito e si ferma davanti a me, senza neanche ansimare, invitandomi con un cenno del mento a fare quanto chiesto poco prima. La prudenza consiglie- rebbe a chiunque di tenere le mani ben in vista e consegnare al delinquente il portafogli, ma l’adrenalina spumeggia nel mio sangue rendendomi spavaldo. Mi metto a salterellare attorno al mio aggressore come un pugile, disorientandolo.

Il ragazzino è lontano e ha un cellulare all’orecchio e in strada neanche un passante che possa chiamare la polizia. In fondo non m’importa. Sono convinto di bastare io a mettere in fuga i due. Uno scalpiccio alle mie spalle mi fa girare la testa quanto basta per vedere un terzo complice che sopraggiunge e consentire all’uomo di fronte a me di colpirmi al

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mi fa piegare. Un terzo fendente alla coscia mi fa cadere. L’aggressore si impossessa del cellulare, che solo in questo momento ho mollato. Prima che possa tentare una reazione, sento il rumore di un’auto che frena e vedo i tre fuggire in direzioni diverse. Fino a questo momento non ho provato nessuna paura. Sopraffatto dalla rabbia, cerco di rialzarmi per correre dietro ai ladri, ma devo sdraiarmi rapidamente per evitare che un capogiro mi faccia cadere di nuovo. Mi sento mi ritrovo sull’ambulanza, con l’infermiere che scherza su come mi sia andata bene.

- Il taglietto al braccio è una sciocchezza e per quello alla coscia ti è andata proprio bene, cinque centimetri a destra e saltavano tutti i gioiellini di famiglia.

- Li hanno presi?- Mi viene da chiedere questa cosa, a dare espressione al senso d’ingiustizia che una loro mancata cattura genererebbe. In fondo sono ben poco preoccupato dalle coltellate e ancora molto rabbioso per l’aggressione subita.

- Non lo so, siamo arrivati insieme alla polizia e ti abbiamo caricato su subito.

Per la verità sono un po’ infastidito dal tu usato dai portantini, dopotutto loro sono poco più che ragazzini.

trasformato in un dolore viscerale che mi paralizza l’addome in un crampo interminabile. L’infermiere rimane senza pa- role per un istante, dopodiché gli vedo cambiare espressione e urlare all’autista -Marco accendi la sirena e vai a tutta! - prendendo un rotolo di garze comincia a tamponarmi la ferita gridando -Vai, vai vaiiii! Vai veloce dai, il taglio è grosso!

Ecco. Sento il gelo invadermi, come se all’improvviso mi avessero abbandonato nella taiga siberiana e mi sento inspie- gabilmente perso. Provo l’irrimediabile consapevolezza che tutto sarà vano e che non potrò completare i miei progetti e lasciare in ordine gli strascichi che la mia dipartita lascerà. In un attimo le mie ex mogli, le mie altre donne, le strategie di partito, mi appaiono come immagini congelate di una vita ormai già passata. L’idea che non rivedrò Mara per spie- garle quanto mi dispiaccia per come è andata, pare soffocarmi. Un capogiro violento, che mi rendo conto, non è dovuto

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Ambulatorio

pagine per cui l’aveva chiuso ripromettendosi di guardarlo con calma il giorno dopo, evitando però di leggerlo davanti al paziente come a volte invece gli capitava di fare. Quando Attilio si presentò davanti a lui, puntualissimo, il racconto era ancora vivido nella sua mente.

- Buongiorno signor Torre, allora ha fatto gli esami?

- Si, ho fatto gli esami e sono riuscito anche a scrivere qualcosa, gliel’ho mandato ieri sera …

- Si si, dopo ne parliamo. Vediamo gli esami. Dunque, ematochimica, metabolismo, bene, prolattina, testosterone … si, ci siamo, anche il PSA va bene. Gli esami del sangue sono a posto. L’ecocolor Doppler dinamico, eccolo qua, vediamo

…non è splendido, ma va abbastanza bene.

Evitò di rispondergli direttamente.

Che effetto le ha fatto scriverlo?

L’uomo sembrò pensarci, ma forse era solo che voleva godersela un po’. Forse era soddisfatto di quanto gli aveva mandato.

- Ero scettico, poi una sera ho acceso il computer e ho cominciato a scrivere. E’ venuto giù tutto da solo, stava lì chiaro nella mia mente. Non ho dovuto correggere o aggiungere quasi niente.

- E…

- E forse non mi è dispiaciuto farlo. Soprattutto, non so se sono riuscito a farlo capire, mi è apparso chiaro come io ho provato questa sensazione di inevitabile destino scritto. Mi sono sentito proprio scivolare verso la morte. Questa sensazione mi è rimasta addosso per giorni, anche se la sera stessa, uscito di sala operatoria, me l’hanno detto che non ero in pericolo di vita.

- E poi? cosa è successo?

- Poi sono iniziati i problemi, poca voglia di lavorare, poco interesse per la vita sociale, nessuna voglia di donne e, so- prattutto, la mia erezione … scomparsa, morta. Le cose più importanti per me, la politica e le donne. Non me ne fregava più niente.

- Si chiama sindrome da stress post traumatico.

- Si si, lo so, me l’hanno detto. Ma post traumatico vuol dire subito dopo il trauma. Ormai sono passati due anni.

- E come ha vissuto in questi due anni?

- In modo diverso… ho cambiato lavoro, ho cambiato casa, e, in effetti, molte cose sono cambiate. In meglio direi, ma la mia impotenza non è cambiata. Non so descriverle quanto questa cosa mi abbia avvilito e reso la vita insopportabile … si, insopportabile, non pensi che stia esagerando…

- Mi scusi, ma perché allora ha deciso solo ora di affrontare il problema?

- In realtà un mio amico mi ha fatto provare delle pasticche … - E con quelle?

- Con quelle l’erezione c’era, ho avuto rapporti, funzionano bene, ma, capisce, non ero più io dovevo prendere un farmaco per fare sesso, anche se l’erezione c’era io non mi sentivo eccitato, non sentivo il piacere. Senta facciamo così, lo so dove vuole andare a parare. Lei mi prescrive qualcosa che mi tiri fuori da questo problema e io le scrivo la seconda puntata.

Simone pensò che normalmente era lui a dettare le regole e forse permettergli di violare questo gioco di ruoli non era una buona cosa, ma decise di assecondarlo.

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Attilio. La vita di prima e la vita adesso

iniziato a scrivere per una rivista lavorando da casa. Mi sono trasferito in paese, nella casa dei miei, a pochi chilometri

Stamani mi sono preparato con cura, certe abitudini non si cambiano. Altre si. Ho fatto i miei esercizi ma non mi sono dovuto rasare (farmi crescere la barba è stato un naturale segno di stacco dal passato?), niente crema antirughe, vestito casual, niente ispezione nello specchio ma casa riordinata prima di uscire. Televisore acceso ma su un programma di musica 24 ore su 24. Anche stamattina mi soffermo sul portone di casa pensando ai programmi del giorno. Tanto per cominciare colazione nel bar nella piazza centrale del paese con sbirciata ai giornali. Ho ricominciato a guardare i gior- nali dopo mesi di astinenza, sfogliandoli dall’ultima pagina a risalire, soffermandomi sullo sport e sulle cronaca locale e chiudendolo prima delle beghe della politica, ormai insopportabili. In piazza in bicicletta, nonostante l’aria frizzante del mattino. Poi organizzare la giornata, soprattutto la serata. Mi chiedo ogni giorno come potessi vivere con i ritmi di prima. Ero parte di un ingranaggio di cui mi illudevo di avere il controllo assoluto. Ma avevo la giornata così piena che mi alzavo al mattino e mi ritrovavo un attimo dopo di nuovo a prepararmi per andare a dormire, senza neanche essermi reso conto che la giornata era già passata, senza pause, senza che potessi neanche percepire la bellezza delle cose che avevo attorno. Avevo aspettato che capitasse quella cosa. Mi rendo conto che mi sono servito di quella cosa per rompere l’incantesimo.

Ora è diverso. Mi concedo anche spazi di meditazione. Peccato per quei momenti avvilenti, insopportabili. Non casuali.

Il tavolo in fondo, un po’ appartato e vicino al caminetto. Ho rifatto la doccia e mi sono vestito con cura e sono con- centrato. Sono arrivato per tempo e mi sono versato un calice del rosso. Poco però, voglio essere lucido per quello che dovrò dire. Sono sereno ma la paura che non arrivi mi costringe ad alzare lo sguardo ogni volta che la porta si spalanca, e viene verso di me. Non sorride. Mi piace vederla curata nell’aspetto. Sta proprio bene.

- Ora vediamo che sorpresa mi presenti - I preamboli non le sono mai piaciuti. E’ un tipo pratico lei. E ce l’ha ancora con me.

- Sorpresa?

- Sei un mistero. Sparisci, ricompari quassù, mi chiami per parlare del più e del meno, e poi mi mandi quel biglietto - Ti è piaciuto?

- Strano, come d’altronde sei strano anche te.

- Era solo un biglietto di invito a cena.

- Di cosa hai bisogno?

- Intanto che ti rilassi. Poi si … ho da chiederti una cosa, ma non credo di riuscire a chiedertela prima del dolce, quindi chiacchieriamo un po’?

- Stai bene? - mi chiede. La conversazione a poco a poco ci avvicina. Il vino ci aiuta.

il male si può dire, ma non che tu sia un tipo freddo, anzi, sei sempre stato caldo, di temperamento e di passioni…

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- Il carattere non c’entra.

Il dolce è in tavola e a questo punto tocca a me.

chiederti, ma vorrei che tu mi ascoltassi senza interrompermi prima di darmi una risposta.

- In questi 59 anni sono diventato quello che volevo essere, la laurea, lo sport, le regate oceaniche in solitario, moto e auto veloci … ho parlato tante volte da un palco, ho scritto molto e presentato i miei libri in teatri e in caffè letterari … ho vissuto per anni con la donna dei miei sogni …, non commentare ti prego, lo sai bene che lo sei stata, ma ho avuto molte altre donne, ho viaggiato in tutti e cinque i continenti … ho avuto una vita così ricca che non riesco a ricordare tutte le cose belle che ha contenuto. Nello snocciolare questo elenco mi vengono in mente le foto di ciascun evento, come in un che avrei davvero desiderato. E’ stato tutto accessorio al crearmi il personaggio che faceva le cose che avrei desidera- to facesse, o forse che altri avrebbero desiderato facessi. Genitori, insegnanti, compagne. Come se l’unico impegno della mia vita fosse, come scrive Plotino, “scolpire la mia statua“ per lasciarla ai posteri. Da anni la sensazione di aver mancato l’obiettivo, essere me stesso, mi ronzava attorno in modo fastidioso, con acuzie che si fanno vive ogni qual lasciava invece senza emozioni e con il gravoso compito, non appena compiuta, di dovergli cercare spazio nell’album dei ricordi. Poi le cose sono cambiate. Non ho più cercato di fare cose epiche. Sono venuto quassù, penso molto, sto trovando un me stesso che non conoscevo.

La guardo, mi sta osservando attenta, così mi sembra.

E glielo dico.

- Da tempo non faccio sesso.

- Sei diventato anche ascetico? - Non era rimasta senza parole dopotutto.

- No. E’ che non ci riesco.

- Cioè?

- Cioè sono impotente, nel senso peggiore. Non sento desiderio e, se provo a farlo comunque, non funziona niente, a meno che non usi i farmaci che mi hanno prescritto.

- Sei stato da un medico?

- Si, mi ha fatto fare degli esami ma pare vada tutto bene. Lui non me lo dice ma è convinto che il problema sia la mia scatta nessun meccanismo di piacere. Per questo ho smesso di usarle da tempo.

- E tu che ne pensi?

- Come posso aiutarti?

Sono stato molto innamorato di Mara. Perché è una donna intelligente e una compagna di vita completa. Tra noi il sesso rapporto con lei può essere assoluto o niente. Era stato assoluto per tanto tempo.

- Avevo pensato che tu fossi la persona giusta, per aiutarmi ad uscire da questa cosa….

Perché io? Perché non un’altra delle tue ex? Perché non una professionista?

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Ambulatorio

- E’ venuta fuori la crocerossina che è in lei.

- Perché lei e non un’altra delle sue ex? Perché non una professionista? - L’uomo sorrise.

- Sa, invece, cosa mi ha detto Mara? Mi ha detto: ma come, invece di essere contento di liberarti una volta per tutte da questa tirannia del sesso, mi proponi di aiutarti? Proprio io che più ho sofferto per questo tua schiavitù?

- E lei cosa le ha risposto?

Il paziente non riuscì a trattenere un sorriso compiaciuto.

-Le ho detto una cosa che non sapevo di avere dentro. A proposito dell’iceberg. Io ho usato quella parola non per espri- mere freddezza di sentimenti, ma perché sento che questa vita, piena di cose fatte e altre da fare, è solo la parte emersa.

C’è una parte sommersa, enorme, dove non c’è il mio senso di onnipotenza e non ci sono imprese da compiere, sesso compreso. Lì c’è il vero me stesso.

Simone cominciò a vedere una luce.

- Si ma, insomma, poi come è andata?

- Vede, come le ho scritto io e Mara siamo stati molto innamorati. Ma l’amore è legame, dipendenza, appartenenza, a e libertà non possono coincidere in una relazione a due.

- E…

- D’altro canto, a differenza del sesso, ho scoperto che per me l’eros impone rapporti del tutto esclusivi. Con lei il sesso non è solo sesso, è intesa, scoperta, rispetto ... Ci siamo ritrovati. Anzi, ci siamo trovati. Ha funzionato.

- Bene, questa è una svolta positiva. Ora lei entra in una fase importante per la soluzione del problema, ci sono buoni presupposti.

- Pensa che abbia bisogno di una cura? Io non voglio diventare dipendente dai farmaci.

Simone cercò di soppesare bene le parole, per essere certo di avere l’attenzione del suo paziente.

- Vede, lei ha subito un evento traumatico, che l’ha messa in pericolo di vita, e ha cercato di superarlo archiviandolo come un fatto, ormai accaduto, da mettere da parte. Non ha cercato una elaborazione dell’aggressione, non ha cercato e ha avuto ripercussioni anche sul piano sessuale. La disfunzione erettile le ha causato una perdita di stima di se e l’ha proiettata in una condizione di disagio. Nonostante lei sia un uomo colto e decisionista ha aspettato due anni prima di rivolgersi a un medico, non è un rimprovero badi bene, è un dato che rientra nella media, ma questo ritardo le ha com- portato una cronicizzazione del problema. Nel frattempo ha preferito usare occasionalmente farmaci prestati da amici, ricavandone buone erezioni ma rimanendo insoddisfatto perché senza il farmaco l’erezione continuava a non funzio- sessuale appagante, grazie a un farmaco per l’erezione, è vero, ma soprattutto perché riesce a ricreare una situazione erotica con la sua ex moglie, una persona per lei rassicurante.

- Speravo sinceramente che prima o poi tutto sarebbe tornato a posto.

bene. Lei è già sulla buona strada. Le propongo una cura con un farmaco erettogeno da assumere quotidianamente … - Non voglio diventare dipendente …

- Si, me l’ha già detto ma non credo che lo diventerà. Le propongo un periodo di cura a termine, integrato da un per-

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corso psico sessuologico …

- Ma io non credo di aver bisogno dello psicologo …

- Si faccia guidare. Lei è venuto da me e io le propongo una cura. Vorrei che gli scopi della cura le fossero chiari. Poi deciderà. Lei ha bisogno di lavorare su se stesso. La terapia cognitivo comportamentale l’aiuterà a riprendere il con- trollo della sua erezione.

- Quindi lei mi sta dicendo che a un certo punto decideremo di abbandonare il farmaco? Non ne avrò più bisogno?

- Le faccio la ricetta e le do il numero di uno psicologo competente. Noi ci rivedremo tra 4 mesi e, magari, mi porterà la terza puntata.

La Medicina Narrativa aiuta il medico a capire, ma aiuta anche il paziente a uscire dall’isolamento nel quale la malattia lo ha posto, e spesso si trasforma in una terapia potentissima.

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Nota dello Specialista: il caso di Attilio

Quello di Attilio, un problema di disfunzione erettile che fa seguito a un disturbo da stress post-traumatico non affron-

Il Disturbo Post-Traumatico da Stress è una condizione psichiatrica che si manifesta in conseguenza di un fattore traumatico estremo, in cui la persona vive un evento che ha implicato il rischio di morte o ha subito lesioni gravi, o incidenti, malattie gravi. La risposta a questi eventi è soggettiva per intensità e modalità di attuazione e comprende ipervigilanza o esagerate risposte di allarme. Spesso l’evento viene rivissuto in modo persistente, con ricordi spiacevoli ricorrenti e intrusivi, azioni o sensazioni che compaiono come se l’evento traumatico si stesse rimanifestando, disagio psicologico intenso e evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma. La durata del disturbo post trauma- tico da stress può variare da qualche mese alla cronicità. Si tratta di un disturbo che rientra nella categoria dei disturbi

contenuti nelle convinzioni e le alternative di pensiero e di comportamento più funzionali e vantaggiose in relazione all’evento traumatico vissuto.

medico, in particolare dell’andrologo, che è lo specialista dei disturbi sessuali e riproduttivi maschili, è quello di cercare di individuarle e di indirizzare la terapia verso le soluzioni più coerenti con esse. Un approccio diagnostico di base comprende un colloquio mirato a indivi-

duare i fattori di rischio e le possibili cause, in malattie precedenti o in atto, o in terapie in corso. Il paziente viene poi visitato per valutare alcuni parametri la circonferenza addominale, lo stato della pelle e delle ghiandole palpabili e dei genitali esterni. Vengono poi richiesti esami del sangue utili a individuare malattie metaboliche come il diabete o la dislipidemia e malattie endocrine come l’ipogonadismo, l’iperprolattinemia o i distiroidismi. Solo nel caso di sospetta di perdita di integrità del meccanismo erettivo, come in chi ha subito traumi addominali o chirurgici pelvici, o in chi presenta fattori di rischio vascolare come il fumo, la cardiopatia ischemica, il diabete o l’ipertensione, può essere utile una valutazione circolatoria della dinamica erettiva mediante ecocolor-Doppler dina-

mico penieno. La terapia è causale solo in caso di eziolo- gia ormonale, traumatica o psicologica pura. Negli altri

casi vengono utilizzati farmaci orali, i cosiddetti ini- - meccanismo erettivo nel 70-80% degli uomini con controindicati, si utilizza la prostaglandina E1, per via endouretrale o iniettiva. Solo nei casi che non rispondo- no alla terapia orale si propone la chirurgia protesica. Uti-

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può virtualmente essere proposta al 100% degli uomini con DE. Viste le implicazioni psicologiche presenti anche nei casi di DE organica, viene sempre considerata la utilità di una consulenza psicosessuologica.

Come si correlano le due patologie? Il disturbo post traumatico da stress rientra, come già detto, nella categoria dei a situazioni di potenziale pericolo. Genera maggiore attenzione attivando vista, udito e sensazioni tattili, ma anche in circolo. Se da un lato l’adrenalina ci protegge da situazioni di rischio potenziale, perché aumenta le capacità reattive (ci fa correre più veloci), dall’altro inibisce il meccanismo dell’erezione, funzione inutile e di intralcio in condizioni di pericolo. In che modo accade? L’adrenalina inibisce il rilasciamento della muscolatura liscia dei corpi cavernosi che è l’evento iniziale dell’erezione. L’inibizione impedisce l’innesco ma anche il mantenimento dell’erezione. Se da un alto le sostanze che produciamo in condizioni di ansia bloccano l’erezione, dall’altro agiscono come messaggeri chimici anche a livello del midollo spinale causando una riduzione di arrivo di sensazioni alla corteccia, con conseguente ri- un danno vascolare organico. Il meccanismo spesso si autoperpetua perché il pensiero stesso di un rapporto sessuale attiva una aspettativa negativa e induce ansia, che, a sua volta, inibisce l’erezione e il desiderio.

Quali strategie terapeutiche? L’esperienza clinica mostra come il successo di una terapia, farmacologica o sessuologi-

terapia cognitivo-comportamentale, con l’obiettivo di interrompere il classico circolo vizioso ansia-fallimento-ansia.

Nella storia di Attilio, uomo di 59 anni, di personalità e carattere forti, con buone capacità analitiche, abituato a deci- dere e ad avere il controllo delle situazioni, il fumo compare come unico fattore di rischio vascolare. Non vi sono altri

elementi di patologia organica. Il quadro che emerge fa pensare subito allo stress post traumatico come causa della disfunzione erettile, per l’assenza di altri elementi di patologia organica e perché compare subito dopo l’aggressione, senza che vi fos-

sero stati prodromi in precedenza. Gli esami del sangue sono normali e anche - ciente, è nei limiti.

In seguito agli eventi raccontati, abbiamo concordato con il paziente una tera- pia farmacologica orale quotidiana a termine, integrata in un percorso cogniti- vo comportamentale. Il risultato è stato il recupero della capacità erettiva spontanea che ha consentito una graduale sospensione della te- rapia farmacologica. L’obiettivo del trattamento, come ben esplicitato al paziente, era quello di superare l’ansia, inte-

sa come paura di fallimenti sessuali basata sui fallimenti precedenti. Il farmaco, assunto quotidianamente e non al bisogno, ha eliminato la necessità di programmare il consentito una rifocalizzazione sul piacere con pro- caso di successo terapeutico legato a una buona com- pliance del paziente e all’integrazione della terapia far-

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