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Capitolo due Stato dell’arte

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Capitolo due Stato dell’arte

E’ stata svolta una ricerca in letteratura al fine di conoscere lo stato dell’arte riguardo l’utilizzo di miscelatori statici in regime laminare in presenza di fluidi non-Newtoniani. L’interesse si è quindi focalizzato su tre punti principali:

 Moto laminare;

 Moto caotico;

 Miscelatori statici;

Ognuno di questi argomenti è stato sviluppando cercando di evidenziare i punti comuni. In particolare per il moto caotico sono state analizzate le sue proprietà per cercare di rendere evidenti i meccanismi che avvengo all’interno del miscelatore ed evidenziare gli strumenti a disposizione per indagare l’avanzamento del miscelamento.

2.1 Il numero di Reynolds

Le caratteristiche del campo di moto in un fluido sono determinate dall’importanza relativa del flusso di quantità di moto dovuto a convezione rispetto a quello dovuto a diffusione viscosa (R. Mauri, 2005) . Il primo si definisce come la quantità di moto che attraversa l’unità di superficie nell’unità di tempo = , dove V è la velocità media del fluido, mentre il flusso di quantità di moto viscosa, = µ , si può approssimare come = µ dove µ è la viscosità del fluido e L è una distanza caratteristica del campo di moto. Il rapporto tra queste due grandezze è una quantità adimensionale detta numero di Reynolds.

=

à à

=

= (eq.1)

Il numero di Reynolds dà un’indicazione del tipo di trasporto, cioè del regime di moto, presente nel

sistema in esame. Quando il è elevato la convezione prevale sulla diffusione. In questo caso troviamo

che la forza di resistenza F esercitata dal fluido sul corpo in esso immerso è proporzionale a , dove S

è la sezione del corpo normale al moto: da qui si evince che ad alti numeri di Reynolds, la forza esercitata

su un corpo immerso in un fluido è proporzionale al quadrato della velocità e alla densità del fluido ed è

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5 indipendente dalla viscosità del fluido. Tutto questo vale esclusivamente quando il moto è turbolento, viceversa quando il Re è piccolo il moto è governato totalmente dalla dissipazione viscosa e la convezione diventa quindi trascurabile: in questo caso ≈ ed è quindi evidente la dipendenza dalla viscosità.

In generale si può affermare che:

 Re < 2100 si ha un flusso laminare;

 2100 < Re < 10000 si ha una fase di transizione;

 Re > 10000 si ha un regime turbolento;

Questi regimi possono cambiare quando all’interno della tubazione sono installati elementi di miscelamento. In presenza di static mixer si ha in generale un abbassamento dei regimi di transizione (R.

K. Thakur et all, 2003) . Definendo il Re considerando il tubo vuoto e come velocità quella superficiale in generale abbiamo che per Re<50 si ha flusso laminare, per Re > 1000 si entra in regime turbolento.

Gli elementi inseriti all’interno della tubazione, causano sistematiche perturbazioni al flusso: in generale

si può affermare che il tipo di flusso e il periodo di transizione tra laminare e turbolento dipende

fortemente della geometria utilizzata e dal rapporto L/D. Per il tipo di static mixer usato nel presente

lavoro di tesi, il modello Kenics KM, la regione di confine avviene per un Re ≈ 100.

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6 2.2 Moto laminare

In fluidodinamica si parla di flusso laminare o di regime laminare quando il moto del fluido avviene con scorrimento di strati infinitesimi gli uni sugli altri senza alcun tipo di rimescolamento di fluido, neanche su scala microscopica. Il flusso è governato dalle forze viscose ed è costante nel tempo.

In figura 2 è mostrata l’iniezione di un tracciante all’interno di un tubo all’aumentare del numero di Reynolds. Si può notare come il filamento di tracciante perda man mano la sua linearità per finire, a elevate velocità, disperso nell’intera sezione di tubo (fig. 2c).

Figura 2: Andamento all’aumentare del numero di Reynolds

Per spiegare il concetto di regime laminare in maniera semplice e intuitiva si supponga di iniettare, mediante una siringa, come ad esempio in fig. 2, un fluido colorato (fluido B) all'interno di un flusso di un altro fluido trasparente (fluido A). Si noti che fluido è un termine usato generalmente e quotidianamente per indicare un liquido, ma in termodinamica e in fisica per fluido s’indica un mezzo continuo non avente forma propria, caratterizzato da proprietà fisiche che ne identificano lo stato termodinamico, quali ad esempio temperatura, pressione e densità; un fluido può pertanto essere anche un gas oppure un vapore.

Se la velocità dei fluidi è sufficientemente bassa (rispetto alla loro viscosità) si noterà che questo filetto

fluido colorato, fluido B, non si mescola col fluido A, e rimarrà per così dire confinato in un "cilindro

virtuale" che lo mantiene separato da A. All'aumentare della velocità del fluido A si vedrà come il fluido

B rimarrà confinato nel suo cilindro virtuale solo per un breve tratto, dopodiché si evidenzierà un

progressivo sfaldamento di questo cilindro virtuale, e si noterà come B inizi a mescolarsi con A che gli

scorre attorno. Questo mescolamento ha inizialmente l'aspetto di piccole ondulazioni delle pareti del

filetto di B, che procedendo diventeranno vortici, prima piccoli e poi di maggiori dimensioni. Se si dà al

fenomeno un tempo sufficiente, si vedrà come a valle ci ritroveremo nelle condizioni di non poter più

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7 distinguere i due fluidi e vedremo un unico fluido indistinto. Possiamo dire che nel primo caso (velocità basse), si è in presenza di un flusso in regime laminare, cioè un flusso in cui tutti i filetti fluidi che costituiscono il campo di moto, rimangono sempre paralleli a sé stessi, senza mai mescolarsi, come tante piccole "lamelle" o "lamine" tutte parallele, da cui la definizione di laminare. Osservando un moto laminare è persino difficile captare la sensazione di movimento perché tutto è sempre uguale a sé stesso e non ci sono fenomeni transitori come vibrazioni o vortici che comunemente danno alla nostra percezione la consapevolezza che un fluido si sta muovendo.

2.3 Flusso di fluidi newtoniani all’interno di un condotto

Si consideri un elemento di fluido in un condotto a sezione circolare, allo stazionario avremo: = , dove z è la direzione di scorrimento del fluido e y è il raggio del tubo, da cui possiamo ricavare l’andamento dello sforzo di taglio = ∆ ∙ (R. Mauri, 2005) . Questo risulta quindi essere nullo al centro del tubo e massimo alla parete, come mostrato in figura 3:

Figura 3: Andamento dello sforzo di taglio in un condotto

Definendo R il raggio del tubo per flussi newtoniani vale la legge costitutiva = µ dalla quale integrando possiamo ottenere il profilo di velocità di Poiseuille:

= | | ( − ) = 1 − (eq. 2)

Dall’equazione 2 si può notare come il profilo di velocità di un fluido in flusso laminare all’interno di un

condotto risulti parabolico con una velocità massima che si raggiunge al centro del condotto, come

dimostrato nell’equazione 3.

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8

= | | = (eq. 3)

Come per tutti i profili parabolici in geometria cilindrica, il valore medio è la metà del valore massimo,

̅ = , considerando quindi la portata volumetrica e l’area della sezione possiamo risalire al fattore d’attrito:

= = (eq. 4)

e da qui alle perdite di carico tra due sezioni:

∆ = ̅ (eq. 5)

Si noti che la perdita di carico per unità di lunghezza è proporzionale alla velocità media ed inversamente proporzionale al quadrato del diametro: queste sono caratteristiche fondamentali del flusso laminare di un fluido newtoniano in un condotto e non dipendono dalla forma della sezione considerata.

2.4 Reologia dei fluidi

I fluidi che presentano comportamenti reologici più complessi della semplice relazione lineare tra sforzi e velocità di deformazione, sono detti fluidi non newtoniani. I più comuni sono i fluidi di Bingham, i fluidi pseudo plastici e i fluidi dilatanti, il cui andamento è mostrato in figura 4. Nel presente lavoro di tesi, come si vedrà inseguito, la soluzione utilizzata è un fluido non newtoniano pseudo plastico.

 I fluidi di Bingham sono liquidi che restano in quiete comportandosi come dei solidi finché non si raggiunge un certo valore dello sforzo di taglio oltre il quale si comportano come fluidi newtoniani. Esempi classici di fluidi di Bingham sono molte sospensioni fini, paste e fanghi.

 I fluidi pseudo plastici sono tali che la viscosità efficace diminuisce all’aumentare del gradiente

di velocità. Il caso più semplice è quello di sospensioni di particelle con diametro da 0.1 a 100

µm, con forti forze di attrazione in fluidi newtoniani. Quando la sospensione è in quiete le

particelle tendono ad agglomerarsi formando dei “cluster” che si andranno ad opporre allo

scorrimento così da portare ad elevati valori la velocità. Tuttavia al crescere del gradiente di

(6)

9 velocità i grumi cominceranno a ridursi di dimensione e scomparire, così che l’effetto delle forze attrattive interparticellari diminuirà riducendo il valore della viscosità.

 I fluidi dilatanti si comportano esattamente in modo opposto a quelli pseudo plastici, cioè la viscosità efficace aumenta all’aumentare del gradiente di velocità. È questo il caso di soluzioni con particelle che si respingono mutuamente.

Le ultime due tipologie di fluidi sono spesso descritti come shear thinning e shear thickening, ben descritti dalla seguente relazione: = (eq. 6), dove k e n sono costanti con n>1 per fluidi dilatanti e n<1 per fluidi pseudo plastici.

Figura 4: Fluidi non-Newtoniani

2.5 Flusso di fluidi non newtoniani all’interno di un condotto

L’analisi del campo di moto per fluidi non newtoniani è assai simile a quella fatta nel paragrafo precedente per fluidi newtoniani. Partendo dall’equazione 6 e integrando possiamo trovare il seguente profilo di velocità:

= − (eq. 7)

e le perdite di carico:

∆ = 2 (eq. 8)

(7)

10

Fig. 5: Profili di velocità all’interno di un condotto per fluidi non Newtoniani.

1

0 .5 1

2

1 r/R v /< v >

F lu id o p s e u d o p la s tic o , n = 0 .5 F lu id o d ila ta n te , n = 2

F lu id o n e w to n ia n o , n = 1

Dalla figura 5 è possibile osservare che, a parità di portata, i fluidi dilatanti hanno un profilo allungato, con gradienti di velocità alla parete più piccoli di quelli dei fluidi newtoniani, mentre i fluidi pseudo plastici si comportano in maniera opposta con profili di velocità più quadrati. Per giudicare questi profili bisogna tenere conto che quello ottimale è quello a pistone perché massimizza la portata fissando la velocità massima. Dunque i fluidi pseudo plastici sono quelli più facili da far scorrere in un tubo. Questo è confermato anche dalle formule appena riportate, che mostrano come le perdite di carico a parità di portata crescono al crescere di n, e dunque sono più piccole in un fluido pseudo plastico e più elevate in un fluido dilatante. Le perdite di carico dipendono quindi dallo sforzo di taglio alla parete, il quale a sua volta dipende dal gradiente di velocità attraverso l’equazione costitutiva.

Per i fluidi di Bingham il comportamento è a metà strada. Essi sono caratterizzati da un valore di soglia di sforzo di taglio τ, come può essere inoltre osservato in figura 4, al disotto del quale il fluido si muove solo con flusso a pistone, viceversa superato tale valore di soglia τ si comportano come fluidi newtoniani e quindi con profilo di velocità parabolico vicino alle pareti.

2.6 Mixing in Pipelines

La maggior parte dei processi industriali di mixing avvengono all’interno di un recipiente ma sempre più spesso operazioni di “pre-mixing” hanno luogo nelle tubazioni che connettono questi contenitori: in molti casi le tubazioni, specialmente se equipaggiate con elementi di “static mixer” al loro interno, risultano non solo migliori dei “tanks” agitati, ma anche più economici. Questo risulta sicuramente vero quando si desiderano miscelamenti veloci o quando non si desidera avere grandi hold-up all’interno del “tank”.

Esistono varie tipologie di miscelatori in linea nell’industria:

 Static mixer

(8)

11

 Tee mixer

 Impinging jet mixer

 Spray nozze

 Elbows

 In-line mechanical mixer

I “Pipeline mixing” sono molto utili quando si desiderano:

 Processi in continuo rispetto a processi batch

 Tempi di residenza piccoli

 Fasi gassose continue

 Alte pressioni

 Spazi limitati – manutenzione limitata

Miscelatori in linea sono usati in entrambi i regimi, turbolento e laminare. Gli investimenti su questo tipo di tecnologia sono inferiori a quelli di un agitatore meccanico.

Il mescolamento può essere di tipo radiale o assiale. Il design migliore consiste nell’avvicinarsi il più possibile al un profilo di velocità tipo “plug-flow”, incentivando il mixing radiale e minimizzando il

“back mixing”. Grazie a tempi di residenza molto contenuti la scala di costruzione è di ordini di grandezza inferiore a quella di un agitatore meccanico.

Gli static mixer vanno da diametri di pochi millimetri a un massimo di 3 metri con volumi di 100 m

3

. Piccoli miscelatori in linea sono usati in laboratorio per simulare processi di mixing e “fast reaction”.

Miscelatori più grandi sono invece utilizzati per processi con tempi di residenza maggiore o per garantire una più grande interfaccia per lo scambio di calore.

Quando il flusso è laminare, in presenza di una o più fasi esiste una sola classe di scelta per un miscelamento efficace in linea ( Edward L. Paul et all., 2004) : “static” o “motionless” mixer. Tutti gli altri dispositivi utilizzati, come ad esempio “tee mixer”, jet mixer, “nozze” sono tutti legati alla presenza di un regime turbolento e non possono funzionare a bassi numeri di Reynolds.

2.6.1 Miscelamento di fluidi con forte differenza di viscosità

Due fluidi miscibili ma con grande differenza di viscosità si comportano come se fossero immiscibili:

questo rende difficile un loro miscelamento. Inoltre fenomeni di “channeling” del fluido meno viscoso

verso la parete devono essere considerati per ottimizzare il design del mixing. Strutture a X o a cross-bar

hanno molte delle caratteristiche necessarie per queste difficili applicazioni e sono le uniche a essere

utilizzate a livello industriale.

(9)

12 Per fluidi newtoniani la viscosità dipende solo dalla temperatura e della pressione ed è indipendente dalla dallo stress applicato. Per fluidi che non seguono la legge di Newton la viscosità diventa una funzione dello sforzo applicato nell’unità di tempo. Una grande porzione dei fluidi utilizzati in ambito industriale cade in questa seconda categoria. Una regola empirica chiamata power law è usata comunemente per caratterizzare fluidi di questo tipo. Il presente modello è stato utilizzato in questo lavoto di tesi e si basa sull’equazione 9 (R. K. Thakur et all., 2003) :

= (eq. 9)

Dove:

 : viscosità effettiva;

 : consistency index;

 : shear rate;

 : power-law index;

 : tempertatura d’esercizio;

 : Temperatura di riferimento;

Altro modello proposto in letteratura per descrivere il comportamento di fluidi non Newtoniani, è quello di Carreau:

=

+ ( −

)[1 + ( ) ] (eq. 10)

Questo modello è più complesso e conseguentemente più accurato del precedente. La viscosità efficace è qui espressa in funzione di:

 : viscosità di riferimento a tempo 0

 : viscosità a tempo ∞

 : shear rate

 : costante di tempo nel modello di Carreau

 : power-law index

Al variare di n possono essere quindi descritti tutti i tipi di fluidi.

 Se n è posto uguale a 1 le equazioni descrivono un flusso newtoniano.

 Se n<1 queste equazioni descrivono il comportamento di un fluido tipo shear thinning dove la

viscosità apparente diminuisce all’aumentare dello sforzo di taglio.

(10)

13

 Se n>1 le equazioni descrivono il comportamento di un fluido shear thickening dove la viscosità apparente aumenta all’aumentare dello sforzo apllicato.

2.6.2 Incremento dei coefficienti di scambio

Quando si presentano applicazioni in regime laminare con scambio di calore, gli static mixer possono

favorire lo scambio rispetto al classico tubo vuoto o senza riempimenti. Il miglioramento si ottiene

usando gli elementi di mixing sia in tubi singoli che in multi passaggio: il fluido in questo modo scambia

in continuazione sia con la parete che con lo static mixer stesso. Il vantaggio principale si ottiene

comunque dalla distruzione del film alla parete che permette un notevole aumento del coefficiente di

scambio: nel flusso laminare questo è di solito il fattore controllante. Inoltre il processo di scambio è

molto più “gentile”: il fluido in uscita presenta un profilo di temperatura uniforme. Tubazioni di grande

diametro sono da preferire quando la viscosità cambia durante il processo, come nei processi di

polimerizzazione o di raffreddamento. È importante notare che l’aggiunta degli elementi all’interno delle

tubazioni non porti il sistema in regime turbolento, dove i maggiori costi legati alla caduta di pressione

non compensano l’aumento del coefficiente di scambio.

(11)

14 Passiamo ora a esaminare il moto che si viene ad instaurare all’interno di un miscelatore statico in regime laminare. Sono di seguito descritte le caratteristiche del moto caotico ed è fornita una breve panoramica sulle tecniche d’analisi sviluppate in letteratura.

2.7 Moto Caotico

Il tempo richiesto per raggiungere l’equilibrio per via diffusiva in regime laminare è praticamente infinito.

Si potrebbe concludere che un mixing efficace in regime laminare non risulti possibile, ma apparecchiature come serbatoi agitati, static mixer, estrusori sono usati comunemente nella realtà industriale con un certo grado di successo poiché rendono il processo di miscelamento dipendente dal tempo, applicando una forza periodica al flusso. Ad esempio negli agitatori, a ogni rotazione dell’elica, il fluido è disturbato periodicamente. Nel caso dei miscelatori statici (Ling e Zhang, 1995; Hobbs e all. 1997) è la geometria stessa del sistema ad imporre una spaziatura periodica: ogni elemento è la ripetizione del precedente ma con rotazione contraria. In pratica il flusso è costretto a scomporsi e ricomporsi alternando rotazioni di 90° tra un elemento e l’altro. Quello che si viene a creare è un flusso caotico, casuale, generato da una forza periodica. Caratteristica principale di questo tipo di flusso è una velocità esponenziale di stretching degli elementi del flusso rispetto ad una lineare in un flusso non caotico.

Se prendiamo in considerazione un volume di fluido in un flusso caotico all’interno di uno static mixer, questo non viene solo allungato e stirato ma anche ri-orientato a causa dei continui cambi di direzione dati dalla geometria stessa del sistema. La ripetizione periodica di stretching e piegamenti delle linee di flusso aumentano l’aerea a disposizione per lo scambio in modo esponenziale riducendo drasticamente lo stato di “segregation” (termine usato per indicare la condizione iniziale del sistema). Il processo è ben esemplificato dalla mappa di Baker, riportata in figura 6.

Figura 6: Mappa di Baker

(12)

15 Le due componenti del mixing caotico, allungamento e piegamento sono sopra rappresentate: l’aumentare

dell’area di scambio tra superfici bianche e nere come si può osservare è di tipo esponenziale.

Sono essenzialmente due le proprietà principali che fanno di un sistema casuale un eccellente candidato ad un mixing in condizioni laminari:

1. Divergenza esponenziale delle traiettorie di particelle tra loro vicine;

2. La frequenza di distribuzione dello stretching di ogni elemento di fluido;

In un sistema caotico la distanza tra due particelle all’interno del fluido diverge esponenzialmente nel tempo. Considerando che l’obbiettivo di ogni operazione di miscelamento è disperdere eventuali “cluster”

presenti all’interno del materiale, una velocità di dispersione esponenziale in questa direzione è estremamente positiva.

In letteratura tutto questo viene definito tramite un vettore di lunghezza iniziale (Edward L. Paul, Victor A.

Atiemo-Obeng, 2004) , rappresentate la distanze iniziale tra le due particelle. I gradienti di velocità presenti nel campo di moto modificano l’intensità e la direzione di questo vettore (fig. 7). Considerando quindi un generico tempo e il relativo vettore a indicare la nuova distanza relativa tre le due particelle, nel flusso caotico il rapporto tra , formalmente conosciuto come stretching dell’elemento di fluido, viene indicato con λ, e cresce come:

λ = = (eq.11)

Il valore di λ permette quindi di quantificare l’intensità dei processi di miscelamento. Il parametro che

rappresenta la velocità di crescita media è chiamato “Lyapunov exponent” del flusso (Oseledek, 1968) e può

essere visto come il valore limite asintotico a tempo infinito per che tende a zero. Caratteristica del

flusso caotico è di avere λ>0.

(13)

16

Figura 7: Fenomeno di stretching e esponente di Lyapunov

In un campo di moto caotico una singola particella viaggiando lungo una traiettoria casuale può esplorare l’intero sistema attraversando zone idealmente uniformi a tempo infinito. Nel campo del mixing questa proprietà assicura che ogni particella possa in linea teorica esplorare l’intero sistema osservando però che la frequenza con la quale queste si muovono nel sistema, dipende esclusivamente dalla loro posizione iniziale. La distribuzione spaziale iniziale è infatti la sola a influenzare il numero di stretching e di arrangiamenti che il volume di fluido subisce.

Le aree percorse dalle particelle possono essere riportate su mappe chiamate Poincaré section. Grazie a queste si può risalire allo stato del mixing e rivelare quindi la presenza di eventuali zone morte o di segregazione dette “isole”, rappresentata in figura 8. Per evidenziare o meno la presenza di isole di Poincarè è necessario prendere due piani perpendicolari alla direzione principale del flusso: questi sono intersecati periodicamente dalle traiettorie delle particelle in movimento nel flusso e il tempo è in genere uguale al periodo con il quale la forza motrice che crea il mixing (la differenza di pressione) agisce sul sistema (Muzzio et Swanson, 1991; Kushio et Ottino, 1992; Alvarez et all., 1997) .

Le regioni di moto regolare dette anche “regioni isolate” o “isole” appaiono come regioni vuote o

racchiuse all’interno di curve: i confini di queste regioni sono detti “KAM surface” (Kolmogorov, 1957; Moser,

1962; Arnold, 1963) . La presenza di queste superfici pone dei seri limiti all’efficacia del miscelamento poiché

il trasporto di materia attraverso di queste può avvenire solo in maniera diffusiva e di conseguenza in

tempi molto più lunghi.

(14)

17

Figura 8: Isola di Poincarè:

2.7.1 Valutazione del mixing

Durante un’operazione di miscelamento l’obiettivo è quello di ottenere il grado di omogeneità prefissato nel modo più veloce ed economico possibile. Una tipica situazione è rappresentata in figura 9 dove, partendo da una situazione di elevata segregazione, il processo di mixing genera una situazione di omogeneità.

Figura 9: Valutazione del Mixing

Quest’analisi è però affetta da un errore di fondo: il processo di mixing può essere ottimo su larga scala

ma può rivelarsi incompleto o completamente inefficace man mano che si analizza da vicino la soluzione

(ingrandimento in figura 9 mostra la presenza di zone alternate di bianco e nero su piccola scala).

(15)

18 Un primo modo di valutare lo stato e l’avanzamento del miscelamento potrebbe essere quello di misurare alcune proprietà di questo, come ad esempio la concentrazione del componente chiave, e determinare quindi un grado di avvicinamento al valore desiderato. Questo è senza dubbio un buon metodo per caratterizzare una miscela, sia concettualmente che praticamente anche se il tutto dipende strettamente dalla scala di investigazione scelta e dal numero di campioni presi: infatti la posizione e la grandezza dei campioni presi hanno un effetto determinante sui risultati ottenuti. Guardando alla figura 10 sottostante si può osservare quanto detto. A seconda del set di campioni scelto, è possibile calcolare una differente concentrazione media profondamente diversa dal valore “vero” di 0.5

Figura 10: A seconda del set di campione scelto la concentrazione media sarà diversa.

Un metodo che non garantisce una sua ripetibilità sperimentale e dei risultati dipendenti dal tipo di meccanismo sperimentale non ha certamente una validità assoluta. Può infetti accadere che, per due differenti soluzioni, si ottenga lo stesso grado di concentrazione media senza però alcuna informazione circa il grado di miscelamento “intimo” tra i componenti:

Figura 11: Esempio di differente scala di mixing

Come si può notare nella figura 11 sopra riportata, pur avendo una stessa concentrazione media, nella

figura 11-b il grado di contatto tra i due liquidi è molto più elevato: l’area superficiale è quindi molto più

elevata per il trasporto di materia nel caso b) rispetto al caso a) e i fenomeni diffusivi risultano dunque più

veloci essendo le distanze ridotte. In caso di reazione chimica, le velocità di reazione saranno quindi

(16)

19 profondamente diverse con velocità molto più elevate nel secondo caso. Avere un controllo del micro mixing è fondamentale in settori come la produzione di polimeri dove eventuali imperfezioni hanno poi un profondo effetto sulle proprietà finali del materiale.

2.7.2 Simulazione del flusso caotico: sine flow

Diverse tecniche di analisi sono state proposte in letteratura per capire la fisica del mixing in regime laminare. Nelle tabelle riportate in seguito sono elencate le principale tecniche di investigazione di natura statistica. Dalle varie tecniche emerge chiaramente la difficoltà di rappresentare e comprendere a fondo un problema 3D riducendolo a sole due dimensioni.

Il campo di moto caotico viene quindi riprodotto tramite un sine flow dove due campi di velocità sinusoidali si alternano periodicamente (T) in direzione X e Y:

= , = ( 2 , 0) < < ( + 0.5)

(0, 2 ) ( + 0.5) < < ( + 1) (eq .12)

Figura 12: Sine flow

Sebbene questi tipi di flusso non siano fisicamente realizzabili, questa risulta essere una buona

approssimazione. Inoltre, con l’ausilio di codici di fluidodinamica computazionale (CFD), è possibile

seguire le traiettorie delle particelle integrando la seguente equazione:

(17)

20

= (eq. 13)

Conoscendo quindi la posizione iniziale o finale della particella è possibile ricostruire la sua traiettoria avendo come unica variabile il periodo del flusso T. L’equazione precedente va integrata di pari passo alla seguente equazione, per ottenere informazioni complete riguardo ad una linea di flusso:

= (∇ ) ∙ = (eq.14)

Il vettore è il vettore iniziale di intensità 1 che viene modificato sotto l’azione del gradiente di velocità

∇ . Entrambe le tecniche sono di natura iterativa. Di seguito si riportano in tabella 2 i metodi di analisi utilizzati in letteratura con relative caratteristiche e limiti.

Tabella n.2a

(18)

21

Tabella n.2b

2.7.3 Metodologia di simulazione

In applicazione pratiche l’interesse si pone nelle fasi iniziali del mixing prima che il processo inizi ad

essere governato da processi diffusivi (Edward L. Paul, Victor A. Atiemo-Obeng, 2004) , cioè quando le linee di flusso

sono intimamente in contatto tra loro. Osservando la figura 13-a si può notare come il tracciante posto nel

mezzo della regione d’interesse inizi ad occupare le varie aree del sistema con velocità diverse fino ad

ottenere una struttura lamellare non uniforme. La capacità di risalire all’origine di un sistema simile viene

a perdersi dopo poche iterazioni utilizzando le tecniche precedentemente descritte. Infatti, come si può

osservare nell’ultima sequenza, è impossibile riconoscere linee di flusso nel centro della figura ed è

quindi necessario un tipo di approccio differente che sia in grado di mantenere la continuità all’interfaccia

quando la distanza tra le linee di campo superano un limite predefinito.

(19)

22 a) b)

Figura 13: Differente tipologia d’approccio nello studio del campo caotico.

Nella figura 13b è mostrata un'altra tipologia d’approccio: partendo dal concetto che i filamenti di materia sono allungati e piagati in un flusso caotico ma, per il principio di Hamiltonian, questi non possono intersecarsi (Aref, 1984) , invece di considerare la goccia di tracciante nella sua superficie 3D se ne considera solo il suo perimetro in 2D. La posizione e l’allungamento di tutti i punti sono calcolati con le equazioni mostrate in precedenza, così come la struttura può essere ricostruita risolvendo il processo iterativo.

Questo tipo di analisi mostra dettagli prima persi. Per rendersene conto basta osservare l’ultima foto nei due esempi mostrati: nella prima sequenza appare liscio e uniforme mentre nella seconda si mostra come una complessa e non uniforme collezione di filamenti di materia. Per le caratteristiche in precedenza descritte questa tecnica resta comunque molto dispendiosa dal punto di vista computazionale. Per mantenere la continuità delle linee di flusso i numeri di punti che devono essere aggiunti ad ogni passaggio seguono una crescita esponenziale. Questo è uno dei principali motivi per cui una rappresentazione 3D va ben oltre le potenzialità di calcolo oggi disponibili. Una strada molto più percorribile è quella di correlare il livello d’intimità di miscelamento raggiunto considerando la distribuzione delle linee di flusso e l’area interfacciale a disposizione, al livello di stretching subito.

Gli ultimi lavori in letteratura (Muzzio e all.,2000; Giona e all. 1999; Cerbelli, 2000) hanno inoltre messo in evidenza e analizzato una caratterista principale del campo caotico: dopo appena poco tempo è possibile osservare una simmetria molto marcata ed una intricata struttura lamellare composta da migliaia di striature. Questa struttura viene definita “self-similar” nel tempo.

Quello che si scopre è che la distribuzione delle linee di materia non varia nel tempo (Muzzio, 2000) . Il

processo di orientamento è molto veloce così come la dipendenza dalla zona d’iniezione è persa dopo

pochi elementi. Quando viene introdotto il tracciante per studiare il flusso questo mostra un unico

(20)

23 percorso che dopo poco tempo diventa indipendente dalla posizione di alimentazione a causa della formazione di una struttura unica e caratteristica. In un campo di moto caotico l’orientamento dei filamenti di materia è determinato in base alla posizione istantanea senza nessuna dipendenza dal tempo.

La presenza quindi di un campo invariante di orientazione delle linee di flusso ha importanti implicazioni nello studio del flusso all’interno del miscelatore. Questo significa che quando ogni porzione d’interfaccia si viene a trovare in una particolare regione del sistema, il suo evolversi è predeterminato dalla sua posizione istantanea. In questo modo si capisce come l’evoluzione del mixing in un flusso caotico non è funzione del tempo ma della posizione istantanea.

Tutto questo è riassunto con il termine “asymptotic directionality” ( AD ) e spiega la formazione self- similar, caratteristica del flusso caotico.

2.7.4 Asymptotic Directionality (AD) in Kenics Mixer

L’AD è una proprietà locale del flusso caotico che crea un campo invariante rispetto al tempo: le linee di flusso che si trovano in una determinata regione adottano un determinato orientamento caratteristico rispetto alla posizione in cui si trovano indipendentemente dal tempo. Per questo motivo osservando un flusso caotico allo stesso periodo questo è sempre uguale a se stesso. L’AD viene rilevata in campo industriale risolvendo il campo di deformazione a cui è sottoposto la linea di flusso con un accorgimento:

al posto di un singolo vettore vengo utilizzati tre vettori tra loro ortogonali. L’evoluzione dei tre vettori legati alla stessa traiettoria rivela come la posizione spaziale influenzi la distribuzione del filamento in una particolare regione.

2.7.5 Metodi di analisi

2.7.5.1 Velocità di crescita dell’interfaccia

Essere in grado di misurare e predire la velocità di crescita dell’area di scambio è un importante passo

verso la comprensione dei processi in cui è coinvolta una reazione. Un contatto intimo tra i componenti è

infatti necessario per permettere alla reazione chimica di procedere con velocità apprezzabile. Sebbene la

distribuzione spaziale dell’interfaccia sia unica in ogni flusso caotico, la sua crescita resta sempre di

natura esponenziale nel tempo e la sua velocità di crescita può essere quindi predetta. Per seguire

(21)

24 l’andamento di crescita si usa l’esponente di Lyapunov, che rappresenta la media geometrica della velocità di stretching la quale assegna lo stesso peso a tutti i processi di stretching all’interno del sistema:

≈ lim →∞ < > = ∑ ln ( ) (eq. 15)

Figura .14: Crescita dell’interfaccia valuta sia secondo il coefficiente di Lyapunov (linee tratteggiate) che con l’entropia (linee continue).

In figura 14 è riportata la crescita delle linee di materia in tre periodi diversi. Mentre l’esponente di Lyapunov (linee tratteggiate) sottostima la crescita, prendendo l’entropia come riferimento si riesce a predire l’andamento. Questo perché le regioni ad alto valore di stretching contribuiscono con un peso maggiore nella somma totale. La crescita interfacciale è stata quindi calcolata seguendo l’entropia secondo l’equazione 16.

≈ lim →∞ < > = ∑ ( ) (eq. 16)

Questa misurazione è migliore della precedente in quanto tiene in considerazione che le regioni ad elevata

deformazione sono regioni con più alta densità.

(22)

25 2.7.5.2 Calcolo della densità interfacciale

( ) = ( ) (eq. 17)

L’eq. 17 descrive la frequenza della densità interfacciale ( ). Immaginiamo di dividere il nostro sistema in celle e definire( ) come la lunghezza di filamento in ogni cella ( ) divisa per l’aerea della cella. La media < > è quindi usata per normalizzare ogni valore e ottenere la frazione di materiale per ogni cella del sistema. La distribuzione spaziale e rappresentata in figura 15. La densità interfacciale può essere descritta tramite l’eq. 17 dove è il numero totale di caselle in cui la sezione d’esame è stata divisa e ( ) è il numero di caselle con densità compresa tra e +d . Misurare la densità dell’area interfacciale permette una valutazione migliore dei coefficienti di trasferimento di massa e delle velocità delle reazioni chimiche in regime laminare.

Figura 15: Andamento della densità interfacciale.

Come si può facilmente osservare dalla figura 15, la densità interfacciale all’interno del sistema può variare anche di ordini di grandezza: nell’esempio riportato la scala di grigi mostra fino a 5 ordini di grandezza diversi. È evidente come sia magari possibile raggiungere un’omogeneità del sistema da un punto di vista di macromixing: esempio con la stessa quantità di materiale all’interno delle celle, ma riducendo la scala d’analisi e considerando il micro mixing questo risulterà molto più intenso in alcune regioni rispetto ad altre.

È importante mettere in evidenza alcuni punti fondamentali:

(23)

26

 Regioni ad alta densità interfacciale corrispondono alle regioni a maggiore deformazione: questo è quindi il modo per poter misurare la striation thickness distribution (STD) in modo fisicamente realizzabile.

 Un’altra dimostrazione della self-similaity della struttura del mixing generato da un flusso caotico è che la distribuzione logaritmica della logρ collassi in una singola master curve (figura 16). E’

stata infatti calcolata la distribuzione considerando la posizione iniziale delle particelle (quadrati), quella finale (cerchi) e tracciando tramite calcoli la traiettoria della particella (triangoli). Dalla figura si può inoltre notare come la distribuzione dell’area di contatto sia non uniforme e come questa sia una proprietà caratteristica del flusso caotico.

 Quando il filamento preso come campione ha raggiunto la sua caratteristica distribuzione spaziale invariante, questo si sviluppa ovunque alla stessa velocità: la sua lunghezza e quindi la < ρ >

aumentano di ordini di grandezza, ma la distribuzione spaziale è preservata. Così possiamo considerare come scale di tempo per il micro mixing il seguente valore ‹ρ›≈ . È importante notare che questo non ha però validità generale poiché quando si raggiungono scale molecolari, le piccole striature sono cancellate da fenomeni diffusivi.

Figura 16: Master curve

(24)

27 2.7.5.3 Calcolo della Striation thickness distributions.

L’intensità locale del micro mixing è in genere caratterizzata dalla distribuzione delle striation thickness:

al diminuire dello spessore, l’area di scambio aumenta e il miscelamento migliora. Mano a mano che il processo va avanti lo spessore delle striature diventa troppo piccolo per essere visto ad occhio nudo e, a questo punto, prendono piede fenomeni diffusivi che eliminano le differenze di concentrazione.

Chiaramente l’efficienza è tanto maggiore quante più volte le linee di flusso si troveranno ad essere perpendicolari alla forza di taglio. In generale si ha un incremento nel numero di layers creati di un fattore 2 per N elementi, e questo dipende dal tipo di mixer in uso, come mostrato in figura 17.

Figura 17: Incremento dei layers all’interno di vari modelli di mixing

In presenza di flusso laminare di fluidi miscibili con viscosità comparabili, il mescolamento avviene attraverso la divisione – distribuzione – ricombinazione del fluido all’interno di ogni singolo elemento, come mostrato nella figura 18:

Figura 18: Fenomeni di divisione, distribuzione e ricombinazione all’interno del mixer.

L’intensità del micro mixing può essere caratterizzata dalla striation thickness distributions. La valutazione consiste nella misurazione dello spessore dei filamenti di materia nelle strutture lamellari che si vengono a creare nel flusso caotico lungo una linea arbitraria di riferimento detta transec. La frequenza statistica di distribuzione di log (s) è definita come:

(log ) = ( )

( ) (eq. 18)

Dove ( ) è il numero di valori della striation thickness compreso tra e ( + ).

(25)

28

Figura 19: Distribuzione statistica delle striation thickness.

La figura 19 si riferisce alla STD della figura 13-b in precedenza riportata. La curva chiara è riferita alla distribuzione del componente bianco, quella scura a quello nero. Le due curve sono praticamente uguali nella forma, c’è solo uno shift orizzontale della curva chiara dovuta a un eccesso iniziale nel componente chiaro nel fluido.

2.7.5.4 Relazione tra stretching e densità interfacciale

Per misurare l’intensità locale del micro mixing vengono usate comunemente le due tecniche precedentemente descritte: la distribuzione dell’area di scambio [ ( )] e “length scale distributions”

[ ( )]. Per un flusso caotico la STD è calcolata attraverso la distribuzione di stretching (Muzzio e all, 2000) usando l’idea che il filamento di materia sia allungato in una direzione e contemporaneamente compresso nell’altra:

~ ~ (eq. 19)

La densità interfacciale (ρ) come detto in precedenza mette in relazione il campo di deformazione e il numero di striations. Mentre il primo resta costante a ogni periodo del flusso, il numero di striations aumenta, così la STD può essere predetta dal campo di stretching:

[ ( )] =

‹ ›

[ ( )] (eq. 20)

(26)

29 Il punto di forza di quest’approccio è che mentre la distribuzione a sinistra risulta di difficile ottenimento, il secondo può essere ottenuto da una accurata analisi computazionale. Dalla figura 20 sottostante si evince che λ ≈ , mostrando i valori calcolati e predetti della distribuzione di densità interfacciale.

Figura 20: Andamento della striation thickness all’aumnetare del numero di elementi

(27)

30 Descritte brevemente le caratteristiche di un flusso caotico, si propone una applicazione pratica dell’impianto teorico: gli static mixer.

2.8 Applicazioni pratiche: Static Mixer

Il flusso caotico è stato dimostrato poter esistere in stirred tanks in condizione di flusso laminare, static mixer e estrusori (Kim e Kwon, 1996; Lamberto e all., 1996; Hobbs e all., 1997).

L’attenzione in questo lavoro di tesi viene posta sui miscelatori in linea. Questi sono spesso impiegati in impianti industriali in presenza di sistemi viscosi per incentivare lo scambio termico e massico e spesso in sistemi reagenti in varie applicazioni. Il design consiste in un tubo vuoto al cui interno sono inseriti gli elementi di mixing al fine di perturbare il fluido. Dalla figura 21 si possono osservare le caratteristiche principali di uno static mixer. Questo consiste essenzialmente di un tubo al cui interno sono inseriti degli elementi appositamente studiati nella forma per massimizzare il miscelamento del fluido entrante. E’

inoltre messo in evidenza come due elementi vadano a formare un periodo e come il flusso subisca continuamente rotazioni contrarie tra loro. Sono inoltre esenti da parti meccaniche in movimento e quindi l’energia necessaria al movimento del fluido è data dalla differenza di pressione attraverso il mixer. Il regime è individuato attraverso il Re in tubo aperto: = .

Figura 21: Static Mixer caratteristiche

L’intensità del mixing e il livello d’intimità raggiunto tra i vari componenti della miscela può essere

identificato analizzando lo stretching subito dai vettori legati al tracciante, come mostrato in fig. 22 dopo

a) 2 b) 6 c) 10 e d) 22 elementi.

(28)

31

Figura 22: Avanzamento del mixing all’interno di uno static mixer.

Come descritto in precedenza le aeree che mostrano un maggiore livello di stretching corrispondono a quelle di maggiore miscelamento e quindi dove il tracciante alimentato si è distribuito con maggiore velocità. D’altro canto le zone a minor livello di stretching sono quelle in cui il mixing è risultato meno efficace e quindi dove lo scambio è minore. Le macchie nere che si notano in prossimità dell’asse del tubo sono zone ad elevata segregazione, o isole, che possono essere distrutte solo attraverso la lenta azione diffusiva. È dimostrato in letteratura che queste regioni esistono anche a velocità di fluido elevate ed occupano circa il 10% della sezione di flusso (Vimal Kumar et all., 2008) . E’ di fondamentale importanza riuscire a conoscere le condizioni fisiche che portano alla formazione di queste strutture in quanto, come spiegato in precedenza, sono una reale barriera fisica al mescolamento. Diversi esempi in letteratura sono riportati al variare del numero di Re.

Le strutture di Poincarè rivelano la presenza di diverse zone di flusso: le zone caotiche appaiono come

una nuvola random di punti, mentre le aeree regolari di flusso appaiono prive di punti o come curve

chiuse. La simulazione con un numero molto grande di elementi permette di determinare il valore

asintotico di miscelamento possibile. Le particelle che dopo un certo numero di periodi si trovano dentro

la zona caotica convergono al valore asintotico a differenza di quelle confinate nelle zone regolari che

non possono uscirne: per questo motivo lo scambio di materia tra le due zone può avvenire solo per via

(29)

32 diffusiva e quindi in tempi molto lunghi. La presenza di queste barriere risulta un ostacolo per il processo di mixing.

Figura 23: Barriere di Poincarè

La figura 23 mostra l’andamento del flusso al crescere del Re, da un valore di 0.15, 1, 10, 100 e 1000.

Come si nota all’umentare del Re le strutture di Poincarè cambiano: per i primi tre casi in presenza di

flusso laminare tutto il flusso appare caotico, aumentando il Reynolds le strutture prendono forma

andando a occupare circa il 10 % dello spazio volumetrico. Per Re = 1000 il flusso ritorna ad essere

caotico.

(30)

33 2.8.1.1 Coefficient of Variance in letteratura

Due quantità sono usate comunemente in letteratura per valutare l’intensità di segregazione: la prima è chiamata blending time ( ( )) per batch-stirred tanks. La seconda è invece il decadimento del coefficiente di varianza in sistemi continui tipo static mixer.

Il blending time e definito dalla eq. 22 come segue:

(eq. 22)

dove , è la concentrazione iniziale del campione m, è la concentrazione al tempo t, ̅ è la concentrazione media per una miscela omogenea e M è il numero di misurazioni fatte.

La seconda misurazione dell’intensità di segregazione è conosciuta come CoV o coefficiente di varianza.

Questo criterio è di solito applicato ai miscelatori statici in regime laminare.

Consideriamo una sezione di tubo nel quale è alimentato un fluido e un tracciante. Inizialmente si ha una situazione di segregazione completa con i due fluidi separati in due aree distinte. Man mano che il mixing procede la situazione evolve come si può osservare in figura 24:

Figura 24: SMX mixer con avanzamento del miscelamento al suo interno.

Il CoV è il rapporto tra la deviazione standard della concentrazione e la concentrazione media, ed è esattamente la radice quadrata del blending time:

(eq. 23)

Nelle attività industriali si considera un buon miscelamento quando si ottiene un 5% CoV, in applicazioni

particolari si può richiedere fino al 0.5% CoV. Da notare che il valore finale di CoV è solitamente

(31)

34 indipendente dalla quantità iniziale da miscelare. La lunghezza del mixer invece dipende dalle condizioni iniziali in quanto si parte da uno stato di non-miscelamento. Il coefficiente iniziale ( ) è ottenuto in modo statistico basato sul volume iniziale :

= . (eq. 24)

Così il coefficiente iniziale dipende da quanto deve essere miscelato: più è piccolo il volume iniziale più è grande il valore iniziale. In questo modo si definisce lo scopo del mixing nell’abbassare da un valore iniziale calcolato a un valore finale scelto CoV indipendente dalle condizioni iniziali.

L’andamento di CoV per un flusso laminare in presenza di static mixer decade in modo esponenziale secondo l’eq. 25:

(eq. 25) dove è la frazione di volume non miscelato iniziale.

Di seguito in figura 25 si riporta l’andamento di CoV in un tank:

Figura 25: Andamento della CoV all’interno di un tanck

Le prime due istantanee si riferiscono al macromixing mentre le successive al mesomixing con una chiara

riduzione di scala di mixing. Come si può notare la riduzione del CoV è rapida durante il primo tratto e

rallenta nel secondo.

(32)

35 2.8.1.2 Coefficiente of variance al variare del Re

In figura 26 e 27 è riportato uno studio del CoV al variare del numero di Re (Vimal Kumar et all.,2008)

Figura 26: Andamento al crescere del numero di Re da 10 a 100 Figura 27: Variation coefficient vs. posizione assiale normalizzata

Come si può notare in figura 26 al variare del numero di Re (10 – 100 – 1000), il tracciante viene distribuito in tutta la sezione: per Re = 100 la presenza delle barriere evidenziano la difficoltà di raggiungere un mixing efficace. Nella seconda figura si riporta l’andamento del coefficiente di varianza normalizzato rispetto alla posizione nello static mixer: come si può notare a bassi numeri di Re gli andamenti sono identici. Per Re = 100, come si può osservare in figura 27, il coefficiente decade più velocemente all’inizio (linea tratteggiata fine) per poi assestarsi e portarsi a un valore finale maggiore rispetto agli altri casi. Questo conferma ancora una volta la difficoltà ad ottenere un mixing efficace in presenza di isole di Poincarè.

Un'altra conclusione importante può essere inoltre tratta da questa analisi: l’energia necessaria a miscelare un volume di fluido in un static mixer è direttamente proporzionale alla caduta di pressione, le quale a sua volta è funzione del numero di Re in flusso laminare e a in presenza di moto turbolento. Come mostrato in precedenza risultati simili sono ottenuti al variare del Re, ma per Re < 10 un mixing efficiente è ottenuto con un notevole risparmio energetico per il sistema. Questo è in contrasto con quanto si potrebbe pensare, ovvero che al crescere del Re si ottenga un miscelamento migliore. Lo stesso trend si verifica nei coefficienti di scambio di massa e di calore: all’aumentare del numero di Re i coefficienti decadono e solo ad alte cadute di pressione ritornano a salire ma senza compensare le spese necessarie

(Vimal Kumar et all.,2008) .

In conclusione, la scelta finale deve essere bilanciata tenendo conto ad esempio del tempo di residenza

per ottenere la distribuzione dei prodotti desiderata e lavorando quindi nel modo più efficiente possibile.

(33)

36 2.8.1.3 Problematiche legate al CoV

Entrambe le definizioni di CoV richiedono l’utilizzo di molti punti campione ma non esistono ancora linee guida su quanti campioni sono necessari per un risultato accurato o sulla forma e dimensioni di questi (Suzanne M. Kresta et all.,2008). Il seguente esempio può aiutare a esemplificare il problema.

Prendiamo ad esempio un quadrato 16 x 16, nel primo caso dividiamolo in 4 quadrati di 8 x 8, nel secondo prendiamo 256 quadrati 1 x 1. In entrambi i casi i blocchi sono per metà bianchi e per metà neri.

Possiamo rapidamente concludere che il mixing è migliore nel secondo caso in quanto la scala presa in considerazione è stata ridotta di un fattore 8, ma il calcolo del CoV è per tutti e due lo stesso: infatti nel calcolo dell’intensità di miscelamento non si tiene in considerazione la distribuzione dei “quadrati”. È importante notare come, in caso ideale, la concentrazione in ogni quadrato oltre ad essere uniforme si riferisce alla scala più piccola d’analisi.

La scala però non è conosciuta in quanto non è possibile una sua misurazione a priori e questo rende i risultati dipendenti dalla grandezza e dalla forma dei campioni presi in esame. Da ciò possiamo concludere che il solo CoV non è in grado di descrivere l’intero problema in quanto non fornisce nessuna informazione sulla scala di segregazione del sistema. Questo richiede quindi l’utilizzo di una seconda variabile per poter comprendere appieno il processo. In fig.28. è mostrato un esempio di campionatura dei dati.

Figura 28: Esempio di scelta della zona d’interesse attraverso una griglia a), dei punti b), un transec c)

Nel primo esempio si sovrappone alla sezione una griglia, nel secondo si procede a prendere dei punti

campione, nell’ultimo si prende una linea campione ( transect ).

(34)

37

Figura 29: Andamento del CoV a seconda dei campioni scelti

A titolo di esempio si riporta in figura 29 la misurazione del CoV prendendo come campioni dei punti nel primo caso e dei quadrati nel secondo.

2.8.2 Cadute di pressione all’interno di static mixer

In entrambi i flussi, sia di tipo laminare che turbolento l’aggiunta degli elementi di mixing ha un effetto negativo sulle cadute di pressione ed è quindi richiesta una maggiore quantità di energia, anche di diversi fattori di grandezza, a seconda del numero di Reynolds. E’ importante ricordare che il mixing, per il suo funzionamento, sfrutta esattamente la differenza di pressione. Le perdite di carico all’interno di uno static mixer possono essere valutate attraverso l’eq 25 a partire da quelle presenti all’interno di un tubo vuoto con la stessa geometria corrette di un fattore K, riportate in tabella 3.

(eq 25)

Tabella 3: Coefficienti per regimi turbolento o laminare per cadute di pressione.

(35)

38 La tipica equazione che descrive le cadute di pressione è:

(eq. 26)

dove f è il fattore di Fanning correlato empiricamente in moto turbolento con il numero di Re compreso tra 4000 e 100000:

(eq .27)

mentre in flusso laminare con Re inferiore a 2000:

(eq. 28)

Per quanto riguarda gli static mixer, numerose correlazioni sono proposte in letteratura: si riporta la correlazione di Shah e Kale a tre parametri:

(eq. 29)

dove il primo termine esprime la relazione classica tra f e Re in regime laminare ed il secondo termine simula gli effetti del flusso radiale causato dagli elementi di mixing. I coefficienti C1, C2 e m sono ottenuti sperimentalmente sia per fluidi newtoniani che non.

Diversi autori hanno studiato (Gunjan Kumar and S.N. Upadhyay, 2008) l’andamento della caduta di pressione al

crescere degli elementi in linea. Come si può osservare dalla figura sottostante, le cadute di pressione al

variare del numero di Re sono risultate indipendenti dal numero di elementi utilizzati come mostrato in

fig.30.

(36)

39

Figura 30: andamento normalizzato delle cadute di pressione all’aumentare del numero di elementi

È stato inoltre studiato (Gunjan Kumar and S.N. Upadhyay, 2008) il comportamento di fluidi non newtoniani all’interno di miscelatori statici come: Helical e SMX. Comparando le cadute di pressione attraverso due tipologie diverse di static mixer ed utilizzando sia fluidi Newtoniani che non. Si può osservare che per fluidi tipo shear thinning, come mostrato in tabella 4, si hanno cadute di pressioni minori, a parità di portata, rispetto a fluidi Newtoniani o shear thickening. Il parametro ∆ è valutato come il rapporto tra le cadute di pressione misurate con un fluido non Newtoniano e le cadute di pressipone corrispondenti ad un fluido newtoniano. Aumentando la portata le differenze si accentuano e le cadute di pressione aumentano nel caso di fluido non newtoniano.

Tabella 4: Confronto cadute di pressione in Helical e SMX static mixer.

(37)

40 2.9 Residence time distribution

In letteratura si assumono principalmente due condizioni ideali di flusso: plug flow o completely back mixing flow. Sistemi reali possono avvicinarsi ad uno dei due modelli ma molto spesso intervengono fattori di non idealità che vanno a intaccare l’efficacia del design. Fenomeni di “channeling”,” bypassing”

e “dead zone” vanno quindi prevenuti all’interno del sistema. Un buon metodo per valutare la non idealità di un processo continuo è la valutazione della distribuzione dei tempi di residenza ( RTD ). Il concetto di RTD è stato sviluppato da Danckwerts nel 1953: una traccia è inserita nel flusso e la concentrazione in uscita è valutata nel tempo. Dalla conoscenza della concentrazione in uscita nel tempo è possibile ricavare i tempi di residenza all’interno del sistema. In un flusso tipo plug flow un impulso di tracciante inserito è completamente isolato dal resto del volume del sistema e il suo tempo di residenza è proprio il tempo medio di residenza. In un reattore perfettamente miscelato il tracciante è immediatamente mescolato con tutto il volume del reattore. La concentrazione in uscita decade in modo esponenziale se si continua ad alimentare al reattore alimentazione fresca. Questi due casi limite permettono di avere numerose informazioni sul cammino all’interno del mixer. Quando il mixing è ideale o vicino all’idealità e la cinetica di reazione è conosciuta, attraverso la RTD è possibile predire la distribuzione dei prodotti:

questa tecnica trova quindi largo uso in campo industriale. Una grande limitazione della RTD è che può identificare se il sistema è o no ideale ma non può identificare la natura della non idealità.

Come mostrato in tabella 5 la RTD può essere misurata usando due tecniche diverse:

 “Comulative distribution” F(t), step positive;

 “Washout function” W(t), step negativo;

Nella prima tecnica si alimenta l’inerte al sistema fin dall’inizio avendo quindi al tempo t < 0 zero

= = . Al tempo t = 0 l’alimentazione d’inerte viene fermata così che = 0 per t > 0. A questo la concentrazione decresce fino ad arrivare a 0. Da qui la definizione di step negativo.

La seconda è esattamente l’incontrario imponendo uno step positivo.

Nel campo del miscelamento le due condizioni limite di completa segregazione e di micro mixing

segnano anche le barriere all’interno delle quali è applicabile l’analisi dei tempi di distribuzione. Nei

processi di mixing possiamo prendere un campione di volume e porre la domanda: è omogeneo ?. Una

sua quantificazione può essere ottenuta attraverso lo studio della striation thickness in flusso laminare e il

coefficiente di varianza in flusso turbolento entrambi legati al concetto di spatial mixing; la domanda

successiva riguarda invece il tempo necessario al miscelamento introducendo così il concetto di temporal

(38)

41 mixing. La differenza tra i due concetti può essere esemplificata prendendo in considerazione una alimentazione di due fluidi uno bianco e l’altro nero. Se all’uscita abbiamo un flusso grigio abbiamo un buon spatial mixing, ad esempio in un tubo una gradazione uniforme in uscita corrisponde a un buon mescolamento radiale del fluido. Prendiamo adesso in considerazione un’alimentazione che varia di colorazione nel tempo, se anche l’uscita varia altrettanto avremo un buon temporal mixing. Quindi se consideriamo il nostro tubo come riferimento avremo che lo spatial mixing è legato al miscelamento radiale e il temporal mixing a quello assiale. In letteratura vengono usate principalmente due distribuzioni basate sul concetto di sistema chiuso: le molecole possono entrare e uscire una sola volta dal sistema. La maggior parte dei sistemi d’interesse industriale presenta questa caratteristica.

Tabella 5

(39)

42 2.10 SOMMARIO

Il miscelamento di fluidi avviene attraverso la combinazione di diversi meccanismi: convezione (stirring o macro mixing), stretching, folding e diffusione. Un processo di mixing efficace, sia se pensiamo a un processo in regime turbolento o in flusso caotico, porta a condizioni di uniformità ridistribuendo i componenti iniziali nello spazio. In regime laminare l’unica via efficiente per miscelare è attraverso un flusso caotico, le cui caratteristiche sono riassunte in pochi punti:

 Una definita geometria del “pattern” e robuste proprietà statistiche sono evidenti in miscelamento in regime caotico. La comune interpretazione di caos, come sinonimo di disordine è forviante.

Una definita struttura di mixing è creata in ogni flusso caotico: questo è dimostrato in sistemi 2D (sine flow) così come in sistemi reali (Kenics static mixer).

 L’elevata simmetria delle strutture che si vengono a creare all’interno del flusso caotico sono legate alla presenza di un campo invariante d’orientamento: a ogni posizione del dominio, questa predeterminata orientazione non dipende dal tempo.

 L’evoluzione dei filamenti di materia in flusso caotico può essere descritta dalla distribuzione della densità dell’area interfacciale ‹ρ› a ogni periodo del flusso. Questa singola misurazione, ottenuta dallo stretching dei filamenti, esprime il tempo globale di evoluzione delle microstrutture in flusso caotico: ‹ρ›~ . L’andamento e la crescita dell’area interfacciale all’interno del sistema è altamente disomogenea: in alcune regioni la densità interfacciale (ρ) può essere cinque ordini di grandezza superiore rispetto ad altre zone. Importante da notare però è che la sua velocità di crescita è la stessa ovunque nel sistema.

 A causa della disomogeneità di ρ, cambiano anche i coefficienti di trasporto locali che saranno molto più efficaci in alcune aree che in altre. In reazioni esotermiche questo può portare alla formazione di “hot spot”.

 La microstruttura che si viene a creare all’interno del flusso caotico è molto robusta. Una volta

che la forma della distribuzione dei filamenti è determinata e il tempo medio di evoluzione è

noto, la distribuzione può essere predetta per i successivi intervalli di tempo, poiché lo spessore

dei filamenti (s) è inversamente proporzionale a ρ.

(40)

43

I meccanismi convettivi quindi nel flusso caotico (stretching e folding) trasformano porzioni di materiali

in filamenti allungati e orientano questi a seconda delle direzioni di deformazione. Continue

trasformazioni creano una velocità di crescita esponenziale dell’area di scambio: tutto può essere seguito

attraverso lo studio del campo di stretching o dalla distribuzione della striation thickness. Altro

importante fattore nei processi di mixing è la diffusione: l’abilità nel misurare o predire la distribuzione

delle striation thickness sarebbe il legame tra macro e micro mixing. Diffusione e stretching sono

profondamente unititi poiché mentre il filamento di materia è allungato allo stesso tempo la velocità di

diffusione aumenta simultaneamente. Questo perché l’area disponibile per lo scambio aumenta sempre

più e allo stesso tempo di assiste a una riduzione della scala di diffusione ( lo spessore diminuisce allo

stesso modo ovunque nel sistema ). Chiaramente finché lo stretching non sarà omogeneo nel sistema,

fluttuazioni nella velocità di diffusione saranno presenti nel sistema. Questo porta a fluttuazioni nella

velocità di reazione, concentrazione dei prodotti e sottoprodotti.

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