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IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI ISTOPATOLOGICA NEI MOLLUSCHI BIVALVI MARINI

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Academic year: 2022

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FACOLTA’ DI MEDICINA VETERINARIA Corso di Laurea in Medicina Veterinaria

Materia di tesi: Patologia Generale Veterinaria

IMPORTANZA DELLA DIAGNOSI ISTOPATOLOGICA NEI

MOLLUSCHI BIVALVI MARINI

Tesi di Laurea di: Relatore:

Natascia Fantuzzi

chiar.mo Prof.

Paolo Simoni

Visto, si approva la tesi ___________________

Anno Accademico 2004-2005 Sessione III

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Il presente lavoro si inserisce nell’ambito di un progetto di ricerca al quale collaborano il Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria di Bologna e il Centro Ricerche Marine di Cesenatico.

Nell’ambito di questo progetto si è rivelato d’importanza fondamentale una indagine istopatologica atta a fornire informazioni sullo stato di benessere dei molluschi e su eventuali stati patologici che possono influire sulla commerciabilità del prodotto e/o sulla salute umana.

Per raggiungere questo scopo è stato indispensabile acquisire conoscenze di anatomia, fisiologia e patologia.

I molluschi marini oggetto di studio sono rappresentati dai mitili in particolare la specie Mytilus galloprovincialis che è ampiamente diffusa nel Mare Adriatico e nel Mare Mediterraneo.

Ho parlato anche dell’importanza di questi molluschi come organismi sentinella nei piani di monitoraggio dell’inquinamento ambientale ( Mussels Watch ).

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INDICE

Introduzione

Capitolo 1 – Criteri tassonomici

Capitolo 2 – Anatomia e fisiologia dei mitili

2.1 Conchiglia

2.2 Mantello 2.3 Sifoni

2.4 Apparato respiratorio 2.5 Piede

2.6 Apparato muscolare 2.7 Alimentazione 2.8 Apparato digerente 2.9 Apparato riproduttivo 2.10 Apparato circolatorio

2.11 Regolazione osmotica ed escrezione 2.12 Sistema nervoso

2.13 Sistema immunitario

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Capitolo 3 – Ergocinetica e chemiobiocinetica

Capitolo 4 – Biomarkers

4.1 Biomonitoraggio

4.2 Le sentinelle ambientali

4.3 I mitili come organismi sentinella 4.4 Definizioni di biomarkers

4.5 Principali biomarkers

Capitolo 5 – Diagnosi Istopatologica

5.1 Istopatologia

5.2 Pattern riproduttivo dei mitili

5.3 Finalità della diagnosi istopatologica

Capitolo 6 – Agenti eziologici e patologie dei mitili.

6.1 Ectoparassiti

6.2 Endoparassiti 6.3 Prevalenza di endoparassiti in Italia

6.4 Neoplasia emocitaria 6.5 Neoplasia gonadica

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Capitolo 7 – Indebolimento del bisso nei mitili.

7.1 Il bisso

7.2 Possibili cause di indebolimento

Contributo personale

Introduzione Materiali e metodi

Risultati Discussione e conclusioni

Iconografia

Bibliografia

NOTA REDAZIONALE:

Questa tesi si compone di 95 pagine

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INTRODUZIONE

I molluschi bivalvi marini, in particolare la specie Mytilus galloprovincialis in quanto organismi filtratori e bioaccumulatori possono essere presi come indicatori biologici dell’inquinamento marino. La concentrazione raggiunta dagli inquinanti nei tessuti biologici può superare in maniera significativa quella presente nell’ambiente e, per questo i bioaccumulatori forniscono importanti informazioni sugli inquinanti presenti e sulla loro biodisponibilità. Anche gli organismi vegetali si comportano come bioaccumulatori, in particolare alcune macroalghe brune e verdi sono utilizzate per le loro proprietà di accumulare metalli pesanti, mentre in genere non sembrano accumulare inquinanti organici.

I requisiti richiesti nella scelta di un bioaccumulatore, sono essenzialmente:

- alta tolleranza agli stress ambientali - capacità di bioaccumulo

- sensibilità all’inquinamento - ampia distribuzione

- facile raccolta e maneggiabilità - facile identificazione

- ciclo vitale pluriennale

- adeguate conoscenze sull’anatomia, fisiologia ed ecologia della specie.

Questi organismi viventi non subiscono passivamente gli effetti di un’alterazione ambientale ma attuano una serie di risposte che tendono a ripristinare l’omeostasi. Tali variazioni

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concernono la fisiologia, ma anche la morfologia. Questo sta a significare l’importanza di un’analisi istopatologica del bioindicatore unitamente alla valutazione di parametri biochimici, enzimatici che nell’insieme sono volti a definire il grado di stress o di benessere dello stesso.

Nel nostro lavoro abbiamo scelto come organismo bioindicatore la specie Mytilus galloprovincialis soprattutto per la sua ampia diffusione sia nel nostro mare Adriatico sia nell’intera area Mediterranea, in modo tale da avere una vasta reperibilità di informazioni relative alle patologie che questi molluschi bivalvi possono sviluppare.

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CAPITOLO 1

CRITERI TASSONOMICI

Mytilus galloprovincialis (Lamarck, 1819) Regno: Animalia

Phylum: Mollusca

Classe: Bivalvia Ordine: Mytiloida Famiglia: Mytilidae Genere: Mytilus

Specie: galloprovincialis

Classificazione: (Lamarck, 1819)

Distribuzione: Mar Mediterraneo, Mar Nero, Oceano Atlantico, dalla Manica fino alle coste del Marocco.

Descrizione: la conchiglia è divisa in due valve uguali, ed è formata di carbonato di calcio che il mollusco estrae dall’acqua. E’ di forma allungata, la parte verso l’umbone è appuntita mentre il margine posteriore è arrotondato.

Osservandola bene si notano dei sottili cerchi concentrici che rappresentano le fasi di crescita della conchiglia. Il colore della superficie è nero-viola lucido, l’interno è madreperlaceo.

La specie raggiunge una lunghezza di 6-8 cm in circa 14 mesi e la vita media è di circa 4 anni. Vive attaccata a superfici dure alle quali aderisce tramite dei filamenti prodotti dalla

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ghiandola del bisso, composti di cheratina che solidificano a contatto con l’acqua. Il mantello visibile all’interno della conchiglia ha un bordo violetto e comprende gli organi interni.

Note: Riesce a resistere fuori dall’acqua anche parecchi giorni. Il mantello cambia colore ed aspetto a seconda dello stadio di maturità sessuale in cui si trova il mollusco: da bianco-giallastro tipico del periodo di riposo sessuale, a giallo-crema nei maschi e rosso-arancio nelle femmine durante la maturità sessuale quando avviene l’emissione di gameti.

Habitat: Si trova nella zona di marea. Colonizza qualsiasi corpo naturale ed artificiale sommerso nell’infralitorale, vive in comunità molto numerose, su rocce o substrati duri. La salinità di crescita è intorno al 28/34‰ (ottimale: 27/30‰) e l’optimum della temperatura è tra gli 8°C e i 25°C.

Alimentazione: essendo un organismo filtratore, si nutre di plancton e di particelle organiche in sospensione.

Riproduzione: si riproduce fra marzo e giugno, all’inizio della primavera le larve si fissano ad un substrato. Trascorsi circa 6- 8 mesi dal momento della fissazione ad un substrato il mollusco entra nella fase di maturità sessuale. I gameti, sia maschili che femminili, vengono emessi nell’acqua, e qui avviene la fecondazione. Le larve attraversano vari stadi e nell’ultimo, quando ormai hanno acquisito l’aspetto adulto, si fissano grazie al bisso.( www.istitutoveneto.it)

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CAPITOLO 2

ANATOMIA E FISIOLOGIA DEI MITILI

Fig. 2.1 Schema dell’ organizzazione interna di un mollusco bivalve.

A) sezione longitudinale; B) sezione trasversale.

1) scheletro; 2) muscolatura; 3) piede; 4) branchie;

5) bocca; 6) ano; 7) orifizio genitale; 8) rene; 9) cuore;

10) organi riproduttori; 11 )cavità corporea; 12) fegato;

13) stomaco; 14) cervello; 15) palpi labiali; 16) innervazione;

17) intestino.

Da: Alfredo Mengoli (1998).

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2.1 Conchiglia

La conchiglia è nera, bluastra, composta da due valve simmetriche, bombate di forma quasi triangolare. Sono separate dai relativi lobi del mantello e destinate a proteggere i visceri.

La parte anteriore è quella appuntita, quella posteriore è quella arrotondata. Sulla parte esterna delle valve si osservano delle linee concentriche di forma ovale: sono le strisce di accrescimento.

La parte interna si presenta di colore madreperlaceo e mostra le impronte delle inserzioni dei muscoli adduttori.

Le valve unite da un legamento e da una cerniera sono costituite da una matrice organica formata da proteine, mucopolisaccaridi e cristalli di carbonato di calcio, generalmente sotto forma di calcite o aragonite.

Il legamento è fissato ai bordi dosali delle valve e grazie alla sua elasticità e alla sua posizione determina l’apertura delle valve.

Nei mitili la cerniera o articolazione delle valve è poco sviluppata.

I muscoli adduttori inseriti perpendicolarmente rispetto alle valve, si oppongono all’azione meccanica del legamento e chiudono la conchiglia.

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2.2

Mantello

Il mantello è formato da due lobi di tessuto che racchiudono completamente l’animale all’interno della conchiglia. Fra il mantello e gli organi interni si trova una grande cavità detta cavità palliale. Il mantello è costituito da tessuto connettivo, contiene vasi emolinfatici, nervi e muscoli particolarmente ben sviluppati vicino ai margini del mantello. Le ciglia, localizzate sulla superficie interna del mantello svolgono un ruolo importante nel convogliare le particelle sulle branchie.

Periodicamente il materiale di scarto è espulso attraverso una chiusura forzata ed improvvisa delle valve, che garantisce una completa espulsione del materiale dalla cavità del mantello.

Nei mitili il mantello contiene la maggior parte delle gonadi.

I gameti si formano all’interno del mantello e sono trasportati lungo canali ciliati ai gonodotti che terminano nella cavità del mantello. Dopo il rilascio dei gameti, il mantello diventa sottile e trasparente. Il mantello non è solo la sede della gametogenesi, ma rappresenta anche la sede di accumulo di sostanze di riserva e specialmente di glicogeno. Tali sostanze si depositano in estate per essere utilizzate in autunno ed in inverno per la produzione di gameti. Il mantello nei mitili svolge un importante ruolo nel bioaccumulo di metalli e contaminanti organici anche se le branchie, il rene e la ghiandola digestiva sono considerati organi di accumulo più importanti. I contaminanti organici sono attivamente metabolizzati ed eliminati attraverso il rene mentre i metalli pesanti si legano ad un specifico gruppo di proteine, chiamate metallotioneine, che si trovano nelle branchie, nel mantello e nella ghiandola digestiva oppure si accumulano nei lisosomi della ghiandola digestiva e anche nelle cellule renali.

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2.3 Sifoni

I bordi del mantello si prolungano formando dei sifoni o condotti per l’entrata e l’uscita dell’acqua: in tal modo distinguiamo un sifone inalante superiore, che nelle femmine permette anche l’ingresso dello sperma, e un sifone esalante inferiore con funzione escretoria.

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2.4 Apparato respiratorio

Fig. 2.2 Sezione trasversale schematica di un mitilo.

Si nota per ogni branchia :

la branchia diretta (1) e la branchia riflessa (2) del filamento esterno; la branchia diretta (3) e la branchia riflessa (4) del filamento interno.

Da: Alfredo Mengoli (1998).

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La respirazione viene effettuata attraverso le branchie, che sono responsabili sia dello scambio gassoso sia della captazione delle particelle alimentari che penetrano nella cavità palliale o cavità del mantello. Gli scambi di ossigeno e di anidride carbonica che si verificano con la respirazione avvengono, in realtà, prevalentemente nella cavità del mantello, dove l’elevato volume di acqua circolante consente un adeguato ricambio gassoso e dove le pareti del mantello, essendo permeabili ai gas disciolti nell’acqua, permettono il passaggio per diffusione dell’ossigeno disciolto dal mezzo idrico al liquido ematico.

Le branchie sono situate a sinistra e a destra del corpo, tra la massa viscerale e il mantello. Nei mitili hanno una struttura estremamente semplice di tipo filamentoso e vengono chiamate filibranchie. L’aumento di complessità della struttura delle branchie nella classe dei bivalvi è volta quasi esclusivamente alla specializzazione nella captazione del cibo.

Per cui quanto più primitiva è la struttura della branchia, tanto più predomina la funzione respiratoria su quella alimentare.

Le branchie sono formate da filamenti che si diramano da un’asse longitudinale, detto asse ctenidiale, in cui scorre il nervo branchiale, il vaso emolinfatico afferente e quello efferente.

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Fig.2.3 Schema di una branchia di mitilo mostrante le correnti nutritive . Si vede che le particelle non sono dirette verso i solchi dorsali, che captano solo quelle che si trovano nelle loro immediate vicinanze. Tutte le altre vengono convogliate verso i solchi marginali.

Da: Alfredo Mengoli (1998).

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Ogni branchia è costituita da numerosi filamenti (aspetto a W in sezione trasversale) che hanno uno scheletro interno ricco di collagene con funzione di sostegno. Ogni V del filamento, meglio conosciuta con il termine di emibranchia, è composta da lamelle ascendenti esterne e lamelle discendenti interne.

I filamenti branchiali sono rivestiti da un epitelio abbondantemente cigliato sulla superficie esterna che serve per una corretta circolazione dell’acqua attraverso la branchia.

La superficie branchiale supera di molto le necessità respiratorie: un mitilo di 6-7 cm. di lunghezza possiede una superficie branchiale di 100-110 cm. quadrati. Per la respirazione basterebbe solamente il 5-10% di tale superficie.

Da ciò deriva che le malattie gravi che colpiscono le branchie (parassitosi, contaminazioni) causano la morte del mollusco non per asfissia ma per inanizione.

Le branchie sono responsabili del bioaccumulo di pesticidi, metalli pesanti e idrocarburi. L’esposizione ad alte concentrazioni di zinco, rame e piombo possono causare vari tipi di danni, come la degenerazione delle cellule mucose secretrici, perdita delle ciglia e fusione di filamenti. I tessuti branchiali, così come la ghiandola digestiva sono ricchi di metallotioneine, proteine specializzate nel legame dei metalli pesanti, L-glutatione-perossidasi e vitamina C.

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2.5 Piede

Fig. 2.4 Mitilo previa asportazione della valva sinistra.

Da: Alfredo Mengoli (1998).

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Tra i lobi del mantello si trova il piede che appare come una formazione impari disposta lateralmente in mezzo alle branchie.

Si presenta con la forma di piccola lingua, molto estensibile, e la sua superficie ventrale o pianta è ricoperta di ciglia. Il piede è costituito da strati muscolari circolari e longitudinali . Sulla linea medio-ventrale del piede si apre la ghiandola bissogena, la quale produce dei filamenti o bisso che, partendo in fascio divergente dal suo orifizio, si fissano ad un substrato mediante la propria estremità allargata a forma di lente. Questi filamenti sono costituiti prevalentemente da aminoacidi e la loro abbondanza e resistenza dipende dallo stato fisiologico del mollusco. La ghiandola bissogena è particolarmente attiva negli stadi giovanili e il piede ha anche una piccola capacità locomotoria. Infatti quando l’animale non gradisce rimanere nel luogo in cui si trova, si avvicina il più possibile al ciuffo del bisso, poi lancia dei nuovi filamenti nella direzione desiderata, passa il piede nei vecchi filamenti e man mano li rompe. L’apparato del bisso è costituito da quattro parti: la radice, il fusto, il filamento e la placca. La radice si trova alla base del piede circondata da tessuto muscolare, il fusto è diviso in sezioni dalle quali si dipartono i filamenti . Ogni filamento termina in una placca dove avviene la fissazione al substrato. Nei mitili adulti i filamenti raggiungono una lunghezza di 2-4 cm, hanno un diametro di 0,2-0,3 mm e sono attaccati con placche del diametro di 2-3 mm. Il nucleo di ogni filamento è costituito da collagene ed elastina: il collagene è prevalente a livello di placca mentre le fibre elastiche sono maggiormente presenti nella parte terminale del fusto. Il filamento è ricoperto da proteine polifenoliche che ne conferiscono la robustezza nel tempo. Si tratta di un

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2.6 Apparato muscolare

L’apparato muscolare è costituito da due muscoli adduttori anteriori, un muscolo adduttore posteriore e dai muscoli retrattori del piede. I muscoli adduttori sono composti, nella maggior parte dei bivalvi, da fibre muscolari lisce di aspetto madreperlaceo e da fibre muscolari striate d’aspetto vitreo. Il muscolo liscio , fornisce contrazioni lente e a basso consumo energetico, mentre invece i muscoli striati danno luogo a contrazioni rapide ad alto consumo energetico. Sono queste ultime che presiedono alla chiusura rapida delle valve mentre le prime provvedono alla chiusura protratta per lunghi periodi di tempo. I muscoli adduttori presentano un’attività ritmica costituita da un periodo di rilassamento, che si effettua con lentezza e lascia una fessura tra le due valve, seguito da una contrazione rapida che provoca la chiusura delle valve stesse.

Entrambi i tipi di muscoli partecipano al realizzarsi di questo ritmo. Questi muscoli rivestono un ruolo importante nella sopravvivenza dei molluschi, infatti dalla chiusura delle valve dipende:

a) la possibilità di potersi difendere dai predatori ;

b) la loro sopravvivenza dopo la depurazione, grazie alla possibilità di captare l’ossigeno atmosferico a condizione che le loro branchie restino umide. Da ciò deriva l’importanza di poter mantenere le valve più o meno chiuse per trattenere il liquido intervalvare mantenendo così umide le branchie il più a lungo possibile.

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2.7 Alimentazione

L’alimentazione è microfaga, ossia a base di fitoplancton nonché di particelle organiche mantenute in sospensione nell’acqua e si svolge ininterrottamente attraverso la filtrazione.

Per questo motivo l’animale cresce rapidamente. Un mitilo di media dimensione filtra all’incirca da 4 a 5 litri di acqua all’ora ed è in grado di trattenere il 90% delle particelle in essa contenute.

Sono le ciglia laterali delle branchie che con il loro battito creano una corrente alimentare inalante che penetra nell’emibranchia passando tra i filamenti.

Le ciglia latero-frontali dei filamenti invece svolgono un ruolo di setaccio trattenendo le particelle trasportate da detta corrente.

Le particelle trattenute dalle ciglia latero-frontali vengono poi

“consegnate” alle ciglia frontali del filamento branchiale che provvedono a mescolarle nel muco secreto dalle cellule ghiandolari e a trasportarle verso i solchi alimentari in direzione anteriore fino ai palpi labiali. Questi solchi sono depressioni cigliate che decorrono su tutta la lunghezza delle lamine branchiali, situati sul bordo ventrale e dorsale delle medesime.

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2.8 Apparato digerente

Fig. 2.5 Diagramma ingrandito di apparato digerente di mitilo.

Da: Alfredo Mengoli (1998).

Ogni branchia termina con un paio di palpi dalla forma triangolare, che sono una sorta di appendice dell’apparato boccale. La loro funzione principale è di rimuovere continuamente materiale dalle branchie allo scopo di evitarne la saturazione. I palpi labiali secernono inoltre muco che cattura le particelle nutritive sospese nell’acqua . Viene così prodotto il bolo . Le ciglia, presenti sui palpi sospingono con il loro movimento il bolo verso la bocca del mitilo. La bocca presenta ciglia e immette in un canale stretto chiamato esofago. L’esofago sbocca in un grande stomaco, a pareti pieghettate crivellato di fori che sono gli orifizi dei diverticoli digerenti. Questi si presentano notevolmente ramificati e terminano in sacche cieche formate da acini ghiandolari:

l’insieme costituisce la ghiandola digestiva . i tubuli digestivi

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sono composti da cellule cigliate e da cellule vacuolari ricche di pigmenti carotenoidi, glicoproteine e lipidi. A proposito delle loro funzioni, esistono pareri discordi: digestione intracellulare e digestione extracellulare con produzione di enzimi digestivi; probabilmente i tubuli assumono entrambe questi funzioni.

Lo stomaco ha due regioni chiaramente differenziate: quella dorsale nella quale sboccano l’esofago e i condotti della ghiandola digestiva; e la regione ventrale, a forma di sacca nella quale si trova lo stilo cristallino, anch’essa ghiandolare, secernente una serie di enzimi quali amilasi, cellulasi, e lipasi.

Lo stilo ha un’estremità poggiante contro una piastra sclerificata dello stomaco, chiamata scudo gastrico. Lo stilo si consuma per sfregamento liberando nello stomaco gli enzimi che contiene. Esso è costituito da strati concentrici di mucoproteine secrete continuamente dalle pareti ghiandolari del fondo della sacca gastrica, viene mosso da ciglia vibratili e gira su se stesso (da 10 a 80 volte al minuto) liberando enzimi.

La sua velocità di rotazione è condizionata dalla temperatura, dal pH e dalla pressione del cibo presente nello stomaco.

L’intestino, anch’esso cigliato, è relativamente lungo, più o meno ripiegato su se stesso e termina al di sotto del muscolo adduttore posteriore, nella cavità soprabranchiale dove le feci vengono espulse all’esterno. Nel suo percorso attraversa il ventricolo cardiaco prolungandosi fino al retto e sboccando nell’ano. Il tempo di permanenza delle particelle alimentari nel tratto digerente è controverso; si ritiene che il transito duri generalmente da 0,5 a 2 giorni, essendo condizionato dai fattori che ne determinano in maggiore o minor misura i processi metabolici, quali ad esempio i fattori legati al mollusco stesso e le caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua.

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Le feci, che contengono sia i residui della digestione intracellulare sia le particelle parzialmente digerite e poi respinte nello stomaco, sono relativamente compatte e dense, per cui si sedimentano rapidamente in acqua.

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2.9 Apparato riproduttivo

Il sistema riproduttivo nei molluschi bivalvi è estremamente semplice. La maturità sessuale viene raggiunta a 5-8 mesi dopo l’attaccamento al substrato. L’attività sessuale dura per l’intero arco della vita. La riproduzione è condizionata da fattori esogeni, come la temperatura, la dieta, la salinità e la luce; e da fattori endogeni quali i cicli neuro-endocrini e il genotipo. Il ruolo di questi fattori è variabile a seconda dello stadio della gametogenesi. Per quanto concerne la temperatura, alcuni autori suggeriscono l’esistenza di un

“range” ideale per ogni specie.

Anche l’esposizione a vari tipi di contaminanti può arrestare lo sviluppo dei gameti e agire indirettamente sulla disponibilità di riserve energetiche.

Gli organi sessuali sono rappresentati dalle gonadi. Nella maggior parte dei casi i sessi sono separati; le femmine producono uova, i maschi producono sperma.

La fecondazione si realizza a caso e avviene in mare, non vi è quindi copulazione. Se la densità della popolazione dei molluschi è bassa, allora alcuni individui diventano ermafroditi e producono sia uova che sperma. Le gonadi hanno una struttura tubulare ramificata nella quale avviene la maturazione dei gameti: i tubuli confluiscono in condotti di diametro maggiore che terminano in un breve gonodotto.

A differenza degli altri molluschi bivalvi, nei mitili le gonadi si sviluppano all’interno del tessuto del mantello, che cambia colore e aspetto a seconda dello stadio di maturità sessuale:

mantello spesso e di colore bianco-giallastro o avorio (riposo sessuale); disegno a rete (I e II stadio di maturità); massimo spessore e colorazione giallo-crema nei maschi e rosso-

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gameti). Sono presenti diversi stadi di sviluppo larvale, fino a quello in cui la larva simile all’adulto si fissa con il bisso.

La gametogenesi può essere seriamente danneggiata dall’infestazione gonadica di protozoi come i Steinhausia mytilovum, Marteilia sp. e anche da larve di trematodi (Prosorhynchus squamatus, Proctoeces maculatus, Bucephalus cuculus, Cercaria pectinata). Uno degli effetti più comuni di questi parassiti è la castrazione.

Fig. 2.6- Embriologia di Mytilus galloprovincialis:

1-4) Segmentazione, 5) Blastula, 6) Gastrula,7) Gastrula ciliata, 8-9) Trocofora,

10) Veliger con cerniera a destra.

Da: Tesi di laurea di Irene Tamburin (Anno Accademico 2001-2002).

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2.10 Apparato circolatorio

Il cuore si trova nella regione medio-dorsale del corpo del mollusco, vicino alla cerniera della conchiglia, all’interno del pericardio. E’ costituito da un ventricolo e da due atri laterali con pareti molto sottili.

L’emolinfa passa dagli atri al ventricolo che contraendosi la immette nell’aorta anteriore. L’aorta anteriore si suddivide in molte arterie, le più importanti sono le arterie palliali che irrorano il mantello, e le arterie viscerali che irrorano lo stomaco, l’intestino, i muscoli della conchiglia e il piede. Le arterie nei tessuti si dividono in una rete di vasi e da questi originano vene che confluiscono nel seno palliale, nel seno del piede e in quello medio-ventrale. Il sistema circolatorio è quindi di tipo aperto con l’emolinfa che passa direttamente dai tessuti ai seni per essere poi trasportata ai reni per la filtrazione.

Dalla rete venosa renale originano le vene afferenti branchiali che si portano a ciascun filamento branchiale e da qui originano le vene efferenti branchiali che ritornano ai reni.

L’emolinfa svolge importanti funzioni nella fisiologia dei bivalvi: scambio gassoso, osmoregolazione, trasporto di metaboliti, escrezione e funzioni immunitarie. I bivalvi sono animali a sangue freddo, se la temperatura ambientale aumenta rapidamente possono essere colpiti da embolia gassosa (malattie delle bolle), poiché l’aumento di temperatura fa diminuire la solubilità dei gas nell’emolinfa e di conseguenza si creano delle bolle d’aria. L’emolinfa è altresì incoagulabile.

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2.11 Regolazione osmotica ed escrezione

La concentrazione ionica dell’emolinfa si adatta a quella dell’ambiente esterno, per cui le variazioni della salinità dell’acqua di mare fanno variare il volume del corpo del bivalve. Questo scambio osmotico si realizza attraverso le branchie.

Nei molluschi bivalvi ci sono due tipi di organi escretori, le ghiandole pericardiali e i reni.

Nei mitili i reni, che sono di colore rosso-bruno a forma di U, si trovano ventralmente al pericardio e dorsalmente all’asse branchiale per tutta la sua estensione, dai palpi labiali al muscolo adduttore posteriore. Una delle estremità di ogni rene è ghiandolare e sbocca nel pericardio, mentre l’altra è una vescica dalle pareti sottili che sbocca attraverso un nefridioporo nella cavità del mantello. Le ghiandole pericardiali di colore bruno, anche chiamate organi di Keber, originano dal tessuto epiteliale del pericardio e si estendono sopra le pareti atriali del cuore.

Alcune cellule delle ghiandole pericardiali accumulano i cataboliti, li riversano periodicamente nella cavità pericardiale e vengono successivamente eliminati attraverso i reni. Altre cellule delle ghiandole pericardiali sono coinvolte invece nella filtrazione di emolinfa che rappresenta il primo stadio nella formazione dell’urina.

Questa poi confluisce nella parte ghiandolare del rene dove avvengono i processi di secrezione e riassorbimento degli ioni. Il risultato finale è un’urina che ha un’alta concentrazione di ammoniaca con piccole quantità di amminoacidi e creatina.

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Anche se i reni e le ghiandole pericardiali sono i principali organi escretori , le branchie e in minor misura la cavità del mantello contribuiscono a tale funzione. Nei mitili i reni svolgono un ruolo fondamentale nell’accumulo e nella eliminazione di idrocarburi e metalli pesanti, come zinco e cadmio. I metalli vengono sequestrati nei lisosomi renali ed eventualmente escreti nell’urina. Uno dei danni di questo sequestro è rappresentato da un aumento nell’incidenza di cisti renali. I reni possono essere sede dell’infestazione da Haplosporidium e degli stadi larvali del trematode Proctoeces maculatus.

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2.12 Sistema nervoso

Fig. 2.7 Sistema nervoso di mitilo. La commessura che unisce i gangli viscerali, spezzatisi all’atto dell’apertura del mollusco, è rappresentata da un disegno punteggiato.

Da: Alfredo Mengoli (1998).

Il sistema nervoso è estremamente semplice. Il mitilo è acefalo, infatti non ha una testa né occhi per orientarsi e non dispone di organi adibiti alla masticazione. Non ha un cervello che gli consenta la ricerca di cibo. Sono state identificate varie strutture sensoriali: tattili sul margine del mantello, fotosensitive sui sifoni, chemiorecettrici alla base delle branchie, di equilibrio nel piede. Il sistema nervoso è simmetrico e bilaterale.

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E’ costituito da tre paia di gangli e da numerose paia di nervi.

Il ganglio cerebrale è collegato da una piccola commessura dorsale all’esofago. Da ogni ganglio cerebrale originano due cordoni nervosi che raggiungono la parte posteriore del corpo.

Il ganglio viscerale si trova sulla superficie del muscolo adduttore posteriore mentre il ganglio podale si trova sul piede. Il ganglio cerebrale innerva i palpi, il muscolo adduttore anteriore, parte del mantello e i recettori statici e olfattivi. Il ganglio podale controlla il piede.

Il ganglio viscerale controlla una vasta area, le branchie, il cuore, il pericardio, i reni, il tubo digerente, le gonadi, il muscolo adduttore posteriore, una parte del mantello, i sifoni e i ricettori sensoriali dei palpi labiali. Nei bivalvi i gangli svolgono anche una importante funzione neurosecretoria.

Nei mitili sono state identificate innumerevoli tipi di cellule neurosecretorie che sono localizzate soprattutto nel ganglio cerebrale. Queste cellule producono peptidi che sono rilasciati nel sistema circolatorio. Alcuni di questi peptidi svolgono un importante ruolo nella regolazione della crescita, della gametogenesi e nel metabolismo del glicogeno.

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2.13 Sistema immunitario

I sistemi difensivi dei molluschi rappresentano idonei target nel monitoraggio ambientale e possono rappresentare un modello di studio semplificato nella comprensione di sistemi più complessi e filogeneticamente più avanzati. I molluschi possiedono un sistema immunitario innato ed aspecifico, privo di memoria immunologica e di capacità di sintesi anticorpale.

La componente umorale è costituita da molecole con funzione opsonizzante (lectine) o degradativi (enzimi lisosomiali, peptidi antimicrobici). Gli enzimi lisosomiali (β- glucoronidasi, fosfatasi, lipasi e lisozima) sono contenuti nei granuli citoplasmatici degli emociti e possono essere riversati nei fagosomi oppure rilasciati nel siero. Le lectine, evidenziate nell’emolinfa e sulla membrana emocitaria svolgono funzioni opsonizzanti nei processi di aggregazione emocitaria o di agglutinazione di cellule not-self. I peptidi antimicrobici, evidenziati nell’emolinfa e negli emociti sono attivi su di un ampio spettro di microrganismi e sono stati classificati in diverse categorie. La fagocitosi emocitaria rappresenta il principale processo difensivo del sistema cellulare ed i caratteri morfologici evidenziati microscopicamente, hanno permesso di suddividere gli emociti in ialinociti e granulociti. I granulociti rappresentano, in termini funzionali, le cellule dotate di maggiore attitudine fagocitaria. Le due principali tipologie emocitarie sono state evidenziate in numerosi molluschi quali mitili, ostriche e vongole. Alcuni autori considerano gli ialinociti ed i granulociti come due popolazioni distinte da un punto di vista ontogenetico, mentre, per altri, originerebbero da un comune precursore e, le differenze morfo-funzionali, sarebbero dovute

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ad un differente stato di maturazione. Gli emociti sono responsabili della fagocitosi del not-self e della sua degradazione attraverso gli enzimi lisosomiali e la sintesi di radicali ossigenati (ROS). La sintesi fagocitaria di ROS e il rilascio intracellulare di calcio, ione fondamentale nel determinare la motilità citoscheletrica sono stati valutati con metodi di citometria a flusso. I ROS rappresentano molecole altamente ossidanti nei confronti delle catene polipeptidiche e le proteine dello shock termico (HSPs) vengono sintetizzate con lo scopo di riparare le proteine denaturate e di proteggere le proteine integre. Infatti, una significativa sintesi di HSP 70 è stata riscontrata in emociti di Mytilus galloprovincialis durante la fagocitosi di Vibrio alginolyticus, mentre la stimolazione con Escherichia coli ha determinato solo un lieve incremento. Questi risultati sicuramente sono dovuti ad una differente attitudine fagocitaria dei mitili nei confronti di batteri provenienti da ambienti diversi. Sono state osservate relazioni esistenti tra il sistema immunitario e neuroendocrino.

L’ACTH evidenziato nell’emolinfa durante stimolazione con lipopolisaccaridi sembrerebbe modulare la motilità emocitaria che viene anche influenzata da citochine, in particolare l’IL-1 ed il TNF-α. Pertanto la comprensione dei sistemi immunitari nei molluschi costituisce un importante obiettivo da perseguire non solo nella protezione delle produzioni e delle risorse biologiche ma anche nel monitoraggio ambientale.

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CAPITOLO 3

ERGOCINETICA E CHEMIOBIOCINETICA

L’ergocinetica è lo studio dell’assunzione, dell’accumulo, della distribuzione, della trasformazione e dell’eliminazione dell’energia negli organismi viventi. La tossicocinetica invece, è lo studio delle velocità delle reazioni ambientali riferite ai processi di assunzione, accumulo, distribuzione dei composti xenobiotici immessi negli ecosistemi da parte degli organismi viventi. Un composto xenobiotico è definito come un composto estraneo ad un organismo ossia che non ha un ruolo essenziale nei processi biochimici di quell’organismo. Da ciò discende che un composto chimico “normale” per un organismo può essere xenobiotico per un altro. Da un punto di vista evolutivo l’esistenza naturale di composti xenobiotici che potremmo considerare aggressivi chimici, è di considerevole interesse.

La chemiobiocinetica costituisce una parte fondamentale dell’ecotossicologia perché permette la comprensione e la previsione del comportamento di sostanze inquinanti negli organismi viventi. Un parametro importante da sviluppare nello studio dei bilanci energetici degli organismi viventi è espresso

dal concetto di trade-off (Perin G., 2004).

Questo concetto fornisce un’ottica nuova per valutare e definire i processi di inquinamento e l’inquinamento medesimo attraverso l’inferenza e l’interferenza con i processi vitali degli organismi. Il termine trade-off, mutuato dalle scienze economiche, in ecotossicologia intende il bilancio globale di

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materia e quindi di energia che un sistema biologico realizza durante la sua esistenza: metabolismo basale, sintesi e accrescimento, mantenimento cellulare e tessutale, escrezioni e produzione. Pertanto i processi di inquinamento vanno visti in termini ecotossicologici come interferenti nell’equilibrio di trade-off del sistema biologico interessato.

L’inquinamento si pone come un processo competitivo nei processi energetici di base e, quindi può essere considerato come antagonista nell’uso delle energie destinate agli obiettivi più nobili dei processi vitali.

La cellula vivente considera il composto inquinante (o, in termini più generali lo stress chimico o fisico) come una molecola estranea alla sua funzionalità biologica. Ciò induce la cellula ad utilizzare quanta più energia possibile per mettere in essere tutte le difese biochimiche per eliminare l’agente xenobiotico ostile. Ovviamente le energie utilizzate e consumate nel processo di difesa non sono più disponibili o lo sono in misura ridotta per gli altri processi vitali. Si ha quindi un rallentamento se non un’inibizione totale degli stessi.

L’interferenza di un agente stressante può essere così elevata ed intensa da provocare non solo rallentamenti nello sviluppo somatico ma anche impedire la normale riproduzione. Il modo con cui gli organismi si difendono dagli inquinanti è di varia natura: il principale è quello di coniugarli con una struttura chimica eliminabile con i liquidi organici permettendone la fuoriuscita dal corpo cellulare. Un secondo sistema è quello di renderli innocui attraverso reazioni di ossidoriduzione o di inglobarli in proteine di difesa (metallotioneine). Ambedue i processi possono coesistere e come sempre, prevarrà quello che energicamente sarà più favorevole. Nel caso dei molluschi il processo di assunzione-eliminazione in termini energetici è

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tentato di spiegare numericamente le modifiche delle condizioni fisiologiche dell’animale. Questo modello noto come Dynamic Energy Budget (DEB) descrive le dinamiche energetiche in funzione della crescita e della riproduzione dell’animale. In questo modello un fattore che appare importante è il contenuto in lipidi dei tessuti corporei che sembra condizionare la velocità di assunzione e di rilascio.

Poiché il contenuto in lipidi nell’animale varia nel tempo, è presumibile pensare che essi influenzino la concentrazione del tossico nell’animale anche quando il tossico permane costante nell’ambiente nel quale l’animale vive. In Mytilus galloprovincialis il carico di xenobiotico è influenzato da molte variabili fisiologiche tra cui temperatura, taglia e ciclo riproduttivo. La concentrazione di xenobiotico viene di solito espressa come peso secco del tessuto. Infatti il peso secco riflette in parte le condizioni in cui si trovano le gonadi e le riserve di energia, in parte la taglia del mitilo. Interessanti studi sui composti organoclorurati hanno dimostrato che la concentrazione di questi composti aumenta all’aumentare della lunghezza della conchiglia e diminuisce con l’emissione dei gameti. Inoltre in tale modello è stato previsto che l’accumulo come l’eliminazione siano proporzionali all’area di superficie dell’organismo.

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CAPITOLO 4

BIOMARKERS

4.1 Biomonitoraggio

Con il termine biomonitoraggio si intende la regolare e sistematica valutazione delle condizioni dell’ambiente mediante un insieme di metodiche scientifiche, che utilizzano specie animali o vegetali per misurare l’impatto degli agenti inquinanti sull’ambiente stesso.

Tali metodiche forniscono una valutazione globale degli effetti dannosi esercitati sugli organismi viventi e soprattutto permettono di considerare gli eventuali effetti di sinergia che possono instaurarsi nel caso della presenza contemporanea di più sostanze o effetti a lungo termine di esposizione anche a basse concentrazioni.

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4.2 Le sentinelle ambientali

Per sentinelle ambientali, si intendono tutti quegli organismi (vegetali e animali) che mediante reazioni identificabili (biochimiche, fisiologiche, morfologiche) forniscono informazioni sulla qualità dell’ambiente. Utilizzare organismi indicatori significa trascurare le analisi relative ai componenti abiotici dell’ambiente e commisurare l’impatto in relazione alla risposta biologica (Focardi e Leonzio, 2001). In linea generale gli organismi sentinella possono essere utilizzati come bioaccumulatori e come bioindicatori. Gli organismi animali e vegetali sono in genere bioaccumulatori, cioè tendono ad accumulare sostanze tossiche nei propri tessuti, inattivandole in varie maniere. La concentrazione raggiunta dagli inquinanti nei tessuti biologici può superare in maniera significativa quella presente nell’ambiente e, per questo, i bioaccumulatori forniscono importanti informazioni sugli inquinanti presenti e sulla loro biodisponibilità. Pertanto i requisiti richiesti per essere utilizzati come organismi bioaccumulatori sono essenzialmente:

- alta tolleranza agli inquinanti;

- capacità di bioaccumulo.

Gli organismi viventi in genere non subiscono passivamente gli effetti di un’alterazione ambientale, ma attuano una serie di risposte che tendono a ripristinare l’omeostasi. Quando l’immissione nella matrice ambientale di una o più sostanze determina variazioni misurabili della fisiologia, della morfologia o della distribuzione di un determinato organismo, esso può essere utilizzato come bioindicatore. La ricerca scientifica ha identificato alcuni organismi in cui queste risposte sono precoci e ben quantificabili, ed essi vengono quindi utilizzati come organismi sentinella nei programmi di

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biomonitoraggio. Le caratteristiche che li rendono particolarmente adatti allo scopo sono:

- sensibilità all’inquinamento;

- elevata tolleranza agli stress ambientali;

- ampia distribuzione;

- accertata sensibilità verso le sostanze nocive introdotte nell’ambiente;

- facile raccolta e maneggiabilità;

- facile identificazione;

- un ciclo vitale pluriennale;

- adeguate conoscenze sull’anatomia, fisiologia ed ecologia della specie;

- conoscenza della distribuzione territoriale dell’organismo e dei rapporti con l’ambiente di vita.

La scelta di un particolare organismo per il programma di monitoraggio dipenderà dal tipo di ambiente da monitorare (es.

acqua dolce o salata) e dalla scala topografica del progetto di studio (Fossi, 2001).

In questo caso è importante fare riferimento alla “mobilità”

dell’organismo.

Nel caso di un organismo sessile otterremo un’informazione di tipo puntiforme, nel caso di un organismo mobile, l’informazione riguarderà l’intera area vitale.

Gli organismi più utilizzati per il monitoraggio degli ambienti acquatici sono tipicamente teleostei, soprattutto salmonidi, ciprinidi, siluriformi e bivalvi, soprattutto del genere Mytilus, Ostrea, Crassostrea per le acque costiere e di transizione, e Unio per le acque dolci.

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4.3 I mitili come organismi sentinella

Sono stati elencati in precedenza i requisiti che fanno di un organismo una “sentinella ambientale”. Le specie della famiglia dei Mitilidae presentano tutte queste caratteristiche ed alcune ulteriori peculiarità per le quali sono stati usati come organismi sentinella fin dai primi programmi di biomonitoraggio di ambienti costieri e salmastri e tuttora sono i più utilizzati.

Tra le varie specie di Bivalvi, infatti, essi sembrano essere i migliori bioaccumulatori, poiché hanno la capacità di concentrare taluni contaminanti presenti nell’ambiente circostante fino a livelli nettamente superiori al livello di contaminazione dell’ambiente fisico. La ricerca scientifica ha inoltre dimostrato che essi rispondono alle alterazioni ambientali in maniera attendibile e quantificabile, almeno per quanto concerne alcuni parametri biochimici, fisiologici o citologici di conseguenza utilizzati come biomarkers. Parte di queste risposte sono precoci e come tali rendono possibili adeguati interventi prima che il grado di contaminazione ambientale abbia raggiunto livelli troppo elevati.

I mitili sono anche specie tolleranti alle variazioni di parametri ambientali quali i livelli di ossigeno, di salinità, di nutrienti, etc., e per questo adatti ai programmi di biomonitoraggio di tipo attivo. Inoltre sono resistenti a vari livelli di contaminazione e quindi conservano l’informazione per un tempo prolungato rispetto a specie che soccombono entro breve tempo. Le specie della famiglia dei Mitilidae sono abbondanti e distribuite in tutto il mondo, caratteristica importante per i programmi di monitoraggio su ampia scala (per esempio il Mussel Watch), ma anche per il confronto dei risultati di monitoraggio raccolti da differenti laboratori.

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4.4 Definizioni di biomarkers

Viene convenzionalmente definito come indice di stress o biomarker “…quella variazione, indotta da un contaminante, a livello delle componenti biochimiche o cellulari di un processo, di una struttura o di una funzione, che può essere misurata in un sistema biologico” (National Academy of Science, NRC, 1989). Negli ultimi anni il concetto di biomarker si è ulteriormente evoluto, assumendo una valenza più ampia.

Depledge (1989) definisce biomarker “…quella variazione biochimica, cellulare, fisiologica o comportamentale, che può essere misurata in un tessuto, in un fluido biologico o a livello dell’intero organismo (individuo o popolazione), la quale fornisce l’evidenza di un’esposizione e/o un effetto ad uno o più composti inquinanti”. Queste variazioni o risposte possono essere cercate a livelli crescenti di complessità (Focardi e Leonzio, 2001). Similmente Bianchi e Morri (2003) definiscono biomarker “…una variazione indotta da un contaminante, a livello delle componenti biochimiche o cellulari di un processo, di una struttura o di una funzione, che può essere misurata in un sistema biologico. Il biomarker sta al bioindicatore come la risposta sta all’organismo”.

Esistono tre livelli gerarchici dell’informazione ottenuta dai saggi biologici previsti nei programmi di biomonitoraggio:

1) Identificazione del pericolo che si attua quando non è nota la composizione della miscela di contaminanti, per esempio nel caso di scarichi industriali o discariche urbane.

2) Valutazione del pericolo che si attua nel caso in cui si possiedano informazioni sul tipo di contaminanti potenzialmente presenti.

3) Previsione del rischio che rappresenta l’ultima fase

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indicazioni sulle possibili conseguenze a lungo termine a livello di popolazione e comunità.

A seconda della loro specificità di risposta nei confronti degli inquinanti, i biomarkers possono essere suddivisi in due categorie:

- biomarkers generali: traducono una risposta dell’organismo ad un insieme di inquinanti, senza consentire di determinare la natura degli inquinanti stessi, ad es. il test dello stress su stress, della stabilità delle membrane lisosomiali, etc.

- biomarkers specifici: traducono una risposta dell’organismo ad una specifica famiglia di inquinanti, ad es. l’accumulo cellulare di metallotioneine, l’inibizione dell’attività delle colinesterasi, etc.

Entrambi questi tipi di biomarkers vengono utilizzati nelle diverse fasi conoscitive delle indagini di biomonitoraggio.

In merito invece all’induzione della risposta, i biomarkers possono essere suddivisi in altre due categorie principali (Peakall e Shugart, 1993):

- biomarkers di esposizione: forniscono informazioni sul grado di esposizione ad uno o più contaminanti presenti nell’ambiente, ma non sugli effetti tossici che questi generano a livello dell’organismo.

- biomarkers di effetto (o di tossicità): indicano sia l’eventuale esposizione che gli effetti tossici. Essi comprendono gli indici che riflettono una condizione di deterioramento dovuta all’esposizione ad un contaminante, come ad esempio la produzione di macromolecole dannose, lesioni di cellule o tessuti, ridotte capacità di crescita, di riproduzione e di sopravvivenza. I biomarkers di esposizione così come quelli di effetto possono rappresentare risposte generali e specifiche (Stegeman et al., 1993).

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4.5 Principali biomarkers

I biomarkers sono stati classificati da Hugget (1992), e Fossi (2000) in sette differenti categorie in funzione della loro diversa risposta in termini gerarchici e temporali.

Tali categorie sono:

1) Alterazioni del DNA 2) Risposte di proteine 3) Prodotti metabolici

4) Variazioni del sistema immunitario 5) Alterazioni istopatologiche

6) Biomarkers fisiologici ed aspecifici 7) Biomarkers comportamentali

Il segnale che si ricava è dato dalla diversa risposta temporale dell’organismo che, in linea generale, è precoce (ore o giorni) nel caso di risposte molecolari e “ritardata” (settimane, mesi, anni ) nel caso delle risposte cellulari e fisiologiche.

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CAPITOLO 5

DIAGNOSI ISTOPATOLOGICA

5.1 Istopatologia

L’istopatologia è una metodica di routine che viene utilizzata nei programmi di monitoraggio dell’inquinamento ambientale (Mussels Watch) per studiare la riproduzione e la patologia degli animali marini (//shellfish.chiju.ac.kr ) .

A tal fine, i molluschi bivalvi, in particolare ostriche, mitili e vongole sono candidati eccellenti.

Le indagini condotte al microscopio ottico hanno le seguenti finalità:

- determinazione del sesso e rapporto fra maschi e femmine nella popolazione oggetto di studio;

- stato delle gonadi (maturazione e performance riproduttiva);

- parassitismo: tassonomia dei parassiti osservati, prevalenza (calcolata come rapporto fra numero di molluschi infestati ed numero di molluschi esaminati), tessuti colpiti;

- stato nutritivo che può essere valutato esaminando la ghiandola digestiva;

- condizioni patologiche.

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Le seguenti alterazioni istopatologiche possono essere considerate come indicatori di stress nei molluschi bivalvi marini:

- atrofia dei tubuli della ghiandola digestiva;

- ghiandola digestiva pallida o scarsamente colorabile;

- infiltrazione di emociti nei tessuti;

- accumulo di lipofuscine nei lisosomi;

- anomalie nella gametogenesi.

Nei programmi di monitoraggio sopra citati riveste un ruolo fondamentale l’esame delle gonadi.

Infatti lo sviluppo delle gonadi è controllato da fattori endogeni di natura genetica e da fattori esogeni come la temperatura, la salinità, la disponibilità di cibo e la presenza di contaminanti ambientali. La maggior parte dei molluschi bivalvi marini produce una grande quantità di gameti ad ogni ciclo gonadico e la deposizione comporta una riduzione di peso del corpo del mollusco.

L’esame delle gonadi ci permette di monitorare variazioni a lungo termine sulla qualità dell’ambiente, in quanto la gametogenesi è spesso in stretta correlazione con i livelli di inquinamento marino. E’ stato osservato, in particolare nei mitili, che quantità rilevanti di metalli pesanti e di idrocarburi policiclici aromatici possono danneggiare lo sviluppo delle gonadi, determinando così nella popolazione oggetto di studio variazioni del rapporto fra maschi e femmine, ermafroditismo e inversione di sesso.

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5.2 Pattern riproduttivo dei mitili

L’esame delle gonadi al microscopio è stato descritto da Seed (1975-1976) e da Hillman (1993) che hanno individuato i seguenti stadi riproduttivi:

- GONADE A RIPOSO identificata con lo stadio 0 nel quale la gonade si presenta inattiva o indifferenziata;

- SVILUPPO GONADICO in cui distinguiamo lo stadio 1 che corrisponde all’inizio della gametogenesi. Lo stadio 2 è caratterizzato dalla presenza di gameti maturi e lo sviluppo interessa circa 1/3 della gonade. Nello stadio 3 lo sviluppo interessa circa la metà della gonade e i follicoli contengono gameti maturi ed immaturi in eguale proporzione, infine lo stadio 4 nel quale i follicoli contengono soprattutto gameti maturi.

- MATURITA’ GONADICA rappresentata dallo stadio 5 in cui i follicoli si presentano ripieni di gameti maturi: gli ovociti, essendo molto stipati, presentano una forma poligonale, mentre negli spermatozoi è visibile la coda.

- GONADE IN DEPOSIZIONE caratterizzata dallo stadio 4 in cui inizia l’emissione dei gameti. Nello stadio 3 metà dei gameti sono stati emessi. Lo stadio 2 è caratterizzato da una riduzione dell’area gonadica; solo 1/3 dei follicoli contiene gameti maturi. Infine nello stadio 1 sono ancora presenti dei gameti ed alcuni di essi sono andati incontro a fenomeni di citolisi.

L’individuazione di questi stadi riproduttivi ha permesso di studiare l’intero ciclo gonadico dei mitili e di valutare pertanto la loro performance riproduttiva.

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Sono stati osservati fenomeni di gametogenesi anomala, caratterizzati da uno sviluppo inusuale dei gameti alla base dei follicoli e da infiltrazione emocitaria dei follicoli stessi.

A tale proposito Yungkul Kim ed Eric Powell hanno proposto una scala semi-quantitativa per valutare lo sviluppo gonadico anomalo.

Hanno assegnato punteggio 0 per un normale sviluppo gonadico; punteggio 1 quando meno della metà dei follicoli sono colpiti; punteggio 2 quando circa la metà dei follicoli sono interessati; punteggio 3 quando l’anomalia riguarda più della metà dei follicoli ed infine punteggio 4 quando tutti i follicoli sono compromessi (www.hsrl.rutgers.edu).

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5.3 Finalità della diagnosi istopatologica

Le indagini istopatologiche permettono di avere informazioni sullo stato di salute dei molluschi bivalvi marini in funzione sia della loro commerciabilità che della salvaguardia della salute umana.

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CAPITOLO 6

AGENTI EZIOLOGICI E PATOLOGIE DEI MITILI

6.1 Ectoparassiti

Gli ectoparassiti si localizzano sulla superficie esterna delle valve della conchiglia determinando lesioni che indeboliscono la conchiglia stessa. Fra gli ectoparassiti consideriamo i seguenti (www.pac.dfo-mpo.gc.ca/sci/shelldis/toc_e.htm ).

1)

POLICHETI

Phylum: Annellida

Nome scientifico: Polydora spp.

Distribuzione geografica: ubiquitaria.

Specie parassitate: Mytililus edulis, altre specie di bivalvi marini come le ostriche.

Impatto sull’ospite: la maggior parte delle infestazioni sono innocue, solitamente di bassa intensità e limitate ai margini esterni della conchiglia. In Europa l’agente eziologico in causa è la Polydora ciliata che scava gallerie

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assiste alla produzione da parte dei mitili di formazioni madreperlacee. Ciò può determinare atrofia, distaccamento del muscolo adduttore ed inoltre interferire con la produzione di gameti nel caso in cui tali formazioni siano adiacenti a tali organi.

Tecniche diagnostiche:

- osservazione macroscopica: esaminare la conchiglia pulita sotto una fonte luminosa intensa allo scopo di individuare l’eventuale presenza di gallerie di aspetto sinuoso, di formazioni madreperlacee o di placche di fango e detriti.

- isolamento: per una identificazione specifica il polichete deve essere rimosso intatto dalla conchiglia. Tale operazione può essere eseguita utilizzando un custotomo con il quale si taglia la conchiglia lungo la galleria. Il frammento ottenuto viene immerso in acqua di mare ed il polichete viene estratto utilizzando un sottile forcipe e un ago.

2) CIANOBATTERI

Phylum: Cyanobacteria

Nome scientifico: varie specie di cianobatteri filamentosi tra cui Plectonema terebrans; Mastigocoleus sp..

Distribuzione geografica: coste del Sud Africa e Sierra Leone.

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Specie parassitate: Mytilus galloprovincialis ; Perna perna.

Impatto sull’ospite: i cianobatteri endolitici scavano innumerevoli e sottili gallerie nella conchiglia che seriamente indebolita risulta più vulnerabile all’azione dei predatori e agli effetti meccanici delle onde. Gravi infestazioni possono determinare lesioni di continuo della conchiglia ed esitare in veri e propri buchi con conseguente morte del mollusco.

Tecniche diagnostiche:

- osservazione macroscopica: si possono osservare perdite localizzate di periostraco, erosioni sulla superficie della conchiglia e linee di crescita non più distinte. In casi estremi la conchiglia si presenta notevolmente bucherellata, e deformata con estese fratture localizzate principalmente sull’area d’inserzione del muscolo adduttore.

- isolamento: i frammenti di conchiglia vengono prima decalcificati immergendoli per una notte in acido acetico al 10% e poi vengono sezionati per evidenziare le catene di cianobatteri.

- tecnica istologica: si eseguono sezioni della conchiglia dello spessore di 5 mm utilizzando un disco diamantato.

Le sezioni ottenute vengono fissate in formalina al 4%, parzialmente decalcificate in acido acetico al 5% ed infine tagliate con un microtomo. Dopo una

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decalcificazione completa le sezioni vengono montate su vetrino ed esaminate al microscopio a contrasto di fase.

3) MICOSI DEL PERIOSTRACO

Regnum: Fungi

Nome scientifico: micete non identificato.

Specie parassitate: Mytilus edulis.

Impatto sull’ospite: le conchiglie infestate presentano un’insolita colorazione marrone associata a desquamazione del periostraco.

Tecniche diagnostiche: al microscopio elettronico si osservano nel periostraco ife fungine.

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6.2 Endoparassiti

Gli endoparassiti rappresentano gli agenti patogeni più frequenti e più importanti. Essi possono determinare infestazioni anche molto gravi, con conseguente deperimento del mollusco, fino a causarne la morte stessa. Si localizzano soprattutto nelle branchie, nelle gonadi, nel mantello e nel tubo digerente. A volte, anche parassiti normalmente ben tollerati dal proprio ospite, possono provocare la morte di quest’ultimo, qualora intervengano fattori negativi come improvvise variazioni di temperatura o di salinità.

Fra gli endoparassiti consideriamo i seguenti (www.pac.dfo- mpo.gc.ca/sci/shelldis/toc_e.htm ) .

1) MICROORGANISMI INTRACELLULARI

- Rickettsia-like e Chlamydia-like

Si tratta di organismi procarioti intracellulari appartenenti alla famiglia delle Rickettsiacee.

Distribuzione geografica: ubiquitaria

Specie parassitate: Mytilus trossulus; Mytilus galloprovincialis; Mytilus californianus; Mytilus edulis e altri bivalvi marini inclusi ostriche, vongole e pettinidi.

Impatto sull’ospite: formazione di micro colonie nelle cellule epiteliali delle branchie e della ghiandola digestiva.

Di solito l’infestazione è di bassa intensità, non determina

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Tuttavia colonie di grandi dimensioni possono determinare ipertrofia cellulare con spostamento del nucleo alla periferia, verso la membrana basale.

Tecniche diagnostiche : istologicamente si osservano colonie basofile nel citoplasma di cellule epiteliali che possono risultare ipertrofiche.

- Virus-like

Si tratta di particelle virali morfologicamente simili ai Picornaviridae che determinano la formazione di granulocitomi.

Distribuzione geografica: Nuova Zelanda, Islanda, Danimarca e Gran Bretagna.

Specie parassitate : Perna canaliculus; Mytilus galloprovincialis e Myitlus edulis.

Impatto sull’ospite: la malattia sembra avere un decorso lento e progressivo che conduce alla morte dei mitili infestati. Comunque, dalle indagini eseguite la prevalenza dell’ infestazione risulta bassa.

Tecniche diagnostiche :

- istologia: si osserva abbondante infiltrazione emocitaria nel tessuto connettivo della ghiandola digestiva con lesioni necrotiche a focolaio che interessano l’epitelio tubulare. Alcune cellule si distaccano dal tubulo e si ritrovano nel lume: il loro nucleo si presenta picnotico, con corpi granulari rotondeggianti che sono stati

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interpretati come accumuli anomali di DNA. Infatti reagiscono negativamente alla reazione di Feulgen.

Inoltre si osservano granulocitomi di varie dimensioni nel tessuto connettivo della ghiandola digestiva e del mantello.

- microscopia elettronica: si evidenzia la presenza di picorna-like virus nel citoplasma delle cellule necrotiche della ghiandola digestiva e nei granulociti costituenti i granulocitomi. Si tratta di particelle virali prive di envelope con capside icosaeidrico del diametro di 27 nm.

2) PROTOZOI

- Coccidi renali

Phylum: Apicomplexa

Nome scientifico: Pseudoklossia semiluna e altre specie di coccidi non identificati.

Distribuzione geografica: Canada, Spagna, Costa Orientale degli Stati Uniti.

Specie parassitate: Mytilus galloprovincialis ; Mytilus edulis; Mytilus trossulus.

Impatto sull’ospite: ipertrofia delle cellule renali ed invasione dei coccidi nei tubuli. Solamente gravi infestazioni possono determinare ingenti danni renali con morte del mollusco.

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Tecniche diagnostiche :

- istologia: si possono osservare vari stadi di sviluppo dei coccidi nel citoplasma delle cellule epiteliali renali.

Nell’infestazione da Pseudoklossia semiluna si può osservare la fase di sporogonia e di gametogamia. In questa specie i macrogameti presentano una caratteristica forma di luna crescente da cui ne deriva il nome.

- Gregarine

Phylum: Apicomplexa

Nome scientifico: Nematopsis schneideri; Nematopsis legeri; Porospora galloprovincialis; Porospora giantea e altre specie della famiglia Porosporidae.

Distribuzione geografica: probabilmente ubiquitaria malgrado alcune specie abbiano una distribuzione più circoscritta.

Specie parassitate: Mytilus galloprovincialis ; Mytilus edulis; Mytilus trossulus ed altri bivalvi marini come ostriche, vongole e pettinidi.

Impatto sull’ospite: le gimnospore e le oocisti vengono fagocitate da emolinfociti che si localizzano nel tessuto connettivo di vari organi, in particolare delle branchie.

Solitamente l’infestazione determina una reazione infiammatoria circoscritta che non ha effetti significativi.

Nel Mytilus edulis alcune infestazioni sembrano responsabili della produzione di perle o di escrescenze

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calcaree localizzate sulla superficie interna delle valve.

Nei bivalvi che rappresentano l’ospite intermedio si realizza un ciclo sporogonico. L’ospite definitivo è rappresentato da un crostaceo decapode marino nel cui intestino si verifica la moltiplicazione sessuale e asessuale.

Il crostaceo si infetta ingerendo le oocisti contenute negli emociti presenti nei tessuti del mollusco.

Tecniche diagnostiche :

- istologia: si osservano nel tessuto connettivo di vari organi ma prevalentemente nelle branchie oocisti basofile circondate da una spessa parete ialina.

- Marteiliosi

Phylum: Ascetospora

Nome scientifico: Marteilia refrigens; Marteilia maurini.

Distribuzione geografica: Costa Occidentale dell’Europa, Mar Mediterraneo, Mare Adriatico, Golfo Persico e Nord della Grecia.

Specie parassitate: Mytilus galloprovincialis ; Mytilus edulis ed altri bivalvi marini come ostriche e pettinidi.

Impatto sull’ospite: questo parassita è considerato un patogeno potenzialmente letale. Nelle infestazioni gravi infatti esso provoca un’infiltrazione emocitaria ed un’estesa distruzione della ghiandola digestiva.

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Ciò comporta una riduzione dell’assorbimento dei nutrienti con conseguente alterazione dell’attività gonadica.

Tecniche diagnostiche :

istologia: si possono osservare nelle cellule epiteliali dei tubuli della ghiandola digestiva i seguenti stadi di sviluppo del parassita: stadi basofili caratterizzati principalmente da plasmodi ovoidali e stadi acidofili in cui si distinguano sia plasmodi che sporangi.

- Aplosporidiosi

Phylum: Ascetospora

Nome scientifico: Haplosporidium tumefacentis;

Haplosporidium sp.; Minchinia sp..

Distribuzione geografica: Coste della California, Coste del Maine, Mar Mediterraneo.

Specie parassitate: Mytilus californianus; Mytilus galloprovincialis ; Mytilus edulis .

Impatto sull’ospite: causa lesioni nodulari localizzate nella ghiandola digestiva e nei reni. L’infestazione ha una bassa prevalenza.

Tecniche diagnostiche :

- osservazione macroscopica: in Mytilus californianus la ghiandola digestiva presenta un’insolita colorazione

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marrone chiara. Alcuni mitili infestati, appartenenti alla specie galloprovincialis, presentano una colorazione biancastra anomala.

- istologia: in Mytilus galloprovincialis non si evidenziano plasmodi. Nel connettivo che circonda i tubuli della ghiandola digestiva si osservano sporocisti in maturazione e detriti cellulari.

- Ancistro dei mitili

Phylum: Ciliophora

Nome scientifico: Ancistrum mytili.

Distribuzione geografica: ubiquitaria

Specie parassitate: Mytilus sp..

Impatto sull’ospite: I ciliati si localizzano nell’epitelio delle branchie senza determinare gravi lesioni. In alcuni casi essi possono essere infestati da Chamydia o Rickettsia-like. Gravi infestazioni sembrano determinare effetti negativi sulla crescita del mollusco.

Tecniche diagnostiche :

- istologia: ciliati liberi o attaccati alle lamelle branchiali.

Presentano un macronucleo intensamente basofilo ed un micronucleo localizzato posteriormente. Il corpo è piriforme con l’estremità anteriore appuntita. I ciliati infestati da Rickettsia-like presentano nel loro citoplasma corpi inclusi basofili. E’ stata osservata la presenza di ciliati anche nell’intestino.

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- Ciliati Sphenophyria-like

Phylum: Ciliophora

Nome scientifico: Gargarius gargarius ed altri ciliati Sphenophyria-like non identificati.

Distribuzione geografica: Stati Uniti, Canada, Europa e Penisola Scandinava. Questi ciliati sembrano avere una distribuzione ubiquitaria malgrado alcune specie abbiano una distribuzione più circoscritta.

Specie parassitate: Mytilus sp. ed altri bivalvi marini inclusi ostriche e vongole.

Impatto sull’ospite: questi ciliati si attaccano alla superficie delle lamelle branchiali ed in alcuni casi possono determinare la formazione di corpi estranei.

La prevalenza dell’infestazione è bassa e non sono stati riportati casi di mortalità.

Tecniche diagnostiche :

- istologia: si osservano ciliati fusiformi con nuclei intensamente basofili attaccati alla lamelle branchiali ed alla superficie dei palpi labiali.

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- Ciliati intracellulari

Phylum: Ciliophora

Nome scientifico: ciliati Phyllopharyngea Rhynchodid- like.

Distribuzione geografica: ubiquitaria.

Specie parassitate: Mytilus trossulus; Mytilus galloprovincialis ; Mytilus edulis .

Impatto sull’ospite: infestazioni gravi non determinano una risposta dell’ospite ma alterano la funzionalità della ghiandola digestiva. La prevalenza dell’infestazione è bassa e non sono stati riportati casi di mortalità.

Tecniche diagnostiche :

- istologia: si osservano ciliati fusiformi nell’epitelio dei tubuli della ghiandola digestiva. Meno comunemente si rinvengono nel lume dei tubuli. Il macronucleo è caratterizzato da polimorfismo (di forma ovale o globosa) e da intensa basofilia. Il micronucleo è sferico ed ha una bassa affinità tintoriale. I ciliati conservano le cilia all’interno della cellula ospite diversamente da quanto accade per certi ciliati sphenophyriidi.

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