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Allergia: esenzioni e assenze dal lavoro

Autore: Carlos Arija Garcia | 11/10/2021

Si paga il ticket? Come gestire visite o malattia professionale? Quando viene riconosciuta una patologia e come avere le agevolazioni?

L’insidia è in agguato tutto l’anno, non soltanto in primavera: la parola «allergia», oltre ad essere sinonimo di pollini, lo è anche di polvere, di graminacee, di prodotti

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chimici, di alcuni tipi di cibo (aglio, frutta secca, ecc.), di lattice, ecc. E guai a sottovalutarla: in certi casi, può avere delle conseguenze molto gravi o, perfino, letali. Questo comporta un’assistenza particolare da parte del Servizio sanitario nazionale? Ci sono delle agevolazioni per chi ha questo tipo di disturbo? Quali sono i diritti di chi soffre di allergia?

L’allergia, tra l’altro, non si manifesta soltanto in campagna, nei parchi o a casa ma anche nel posto di lavoro. Si parla, in quest’ultimo caso, di malattia professionale dovuta all’allergia, il che può far pensare ad un indennizzo o a qualche prestazione speciale da parte dell’Inail. È davvero così? Vediamo sinteticamente quali sono i diritti di chi soffre di allergia.

Cosa si intende per allergia?

Per allergia si intende un’eccessiva reazione del sistema immunitario al contatto con una determinata sostanza esterna dannosa per il nostro organismo: il cosiddetto «allergene», che da qualche tempo a questa parte troviamo nei menù dei ristoranti, nei negozi di alimentari o nelle etichette di alcuni prodotti dove si informa della presenza, anche in minima parte, di queste sostanze. Il sistema immunitario produce degli anticorpi contro gli allergeni che ritiene dannosi e che, nella maggior parte dei casi, sono presenti:

nell’aria (pollini, peli di animali, acari della polvere e muffe);

in determinati alimenti come uova, latte, pesce, crostacei, arachidi, noci, grano o pistacchi;

nelle punture di insetti come api o vespe;

nei farmaci;

in altre sostanze che, a contatto con la pelle, la irritano (come lattice e nichel).

Il contatto con gli allergeni può provocare in certi soggetti dei problemi:

alle vie aeree, ovvero un respiro affannato, gonfiore di labbra, lingua e gola (con il conseguente rischio di soffocamento se non si interviene in breve tempo);

agli occhi, con rossore, prurito e lacrimazione;

al naso, creando una sorta di finto raffreddore (narici chiuse, scolo liquido);

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alla pelle, con arrossamenti o desquamazioni.

Lo stesso tipo di allergia può essere più o meno tollerato da persona a persona e può provocare da una fastidiosa ma innocua irritazione al rischio di shock anafilattico e, quindi, di morte.

Allergia: c’è l’esenzione dal ticket sanitario?

Se il tipo di allergia è causa di una malattia cronica e invalidante, si può avere l’esenzione dal pagamento del ticket sanitario non tanto per la causa quanto per l’effetto. Che cosa significa?

L’esenzione viene riconosciuta per la patologia riscontrata o per la percentuale di invalidità certificata. Nel primo caso, deve trattarsi di una malattia cronica, come ad esempio l’asma. Nel secondo caso, ci deve essere una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 67% per ottenere l’invalidità che dà diritto a non pagare il ticket.

Nel caso di esenzione per patologia, non si dovranno pagare esami o visite effettuati presso una struttura pubblica e legati solo a quella malattia. Per fare un esempio, chi soffre di asma non pagherà una spirometria di controllo ma pagherà una radiografia al ginocchio se riscontra dei dolori in quella zona della gamba.

Nel dettaglio, il malato di asma può ottenere l’esenzione presentando una certificazione medica rilasciata dall’Asl di appartenenza oppure da una struttura ospedaliera, centro di ricerca, casa di cura, ecc. Il codice di esenzione è 007.493 e dà diritto a tutte le visite di controllo successive e ad altre prestazioni come ad esempio:

emocromo;

indagini specifiche allergologiche (screening multiallergico quantitativo e qualitativo)

prelievo del sangue;

radiografia standard del torace;

test cutanei e intracutanei a lettura immediata;

ecocardiografia;

elettrocardiogramma;

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spirometria globale;

test di broncodilatazione farmacologica;

ciclo di 10 sedute di esercizi respiratori.

Per quanto riguarda i farmaci, quelli per l’asma rientrano nella fascia A, vale a dire in quella dei medicinali gratuiti per tutti (a seconda delle Regioni si paga solo la ricetta), mentre quelli per la rinite allergica, spesso associata all’asma, rientrano nella fascia C (a pagamento per tutti) tranne gli antistaminici. Questi ultimi, infatti, possono essere prescritti in fascia A per i pazienti con patologie su base allergica di grado medio e grave per trattamenti superiori ai 60 giorni (leggi anche Percentuali invalidità per esenzione ticket).

Cos’è l’allergia professionale?

L’allergia professionale viene riconosciuta quando a scatenare la patologia sono le sostanze presenti nell’ambiente di lavoro o nel ciclo produttivo. Anche in questo caso, sono frequenti la rinite e l’asma, così come la dermatite da contatto (Dac). Ci deve, però essere un nesso causale tra la patologia e l’attività svolta. In altre parole, si deve trattare di una malattia «per causa di servizio».

Come avere l’indennizzo dell’Inail per allergia professionale?

Per poter avere dall’Inail l’indennizzo per l’allergia professionale, è necessario dimostrare di soffrire di una patologia legata all’allergia e di svolgere mansioni che rientrano tra le lavorazioni tabellate, ovvero:

dimostrare di essere esposto al rischio specifico con riferimento alle mansioni svolte, alle condizioni di lavoro, alla durata e all’intensità dell’esposizione;

provare l’esistenza della malattia, tramite una certificazione sanitaria;

presentare un certificato medico in cui si attesti la presunta origine professionale della malattia;

essere avallato dalla denuncia del datore di lavoro, se la malattia si è manifestata in costanza di rapporto di lavoro.

Il medico invierà il certificato all’Inail per via telematica e ne consegnerà copia al

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lavoratore, il quale, entro 15 giorni da quando si è manifestata la malattia, deve a sua volta consegnarlo al datore di lavoro. L’azienda, dal canto suo, ha l’obbligo di trasmettere la denuncia di malattia professionale all’Inail (sempre e solo per via telematica) entro 5 giorni.

Una volta accertata la malattia professionale, chi soffre di allergia può ottenere dall’Inail (a seconda della gravità della patologia):

cure ambulatoriali;

indennità giornaliera per l’inabilità temporanea;

rendita per inabilità permanente: viene corrisposta se la capacità lavorativa è ridotta in misura superiore al 10% ed è rapportata al grado di inabilità;

indennizzo per danno biologico, che può essere corrisposto in capitale o in rendita in base al grado e al tipo di menomazione;

rendita ai superstiti;

assegno di incollocabilità;

speciale assegno continuativo mensile;

cure idrofangotermali e soggiorni climatici;

fornitura di protesi, ortesi e presidi;

assegno per assistenza personale continuativa;

rendita di passaggio (in caso di silicosi o asbestosi).

Se l’Inail non riconosce l’allergia professionale, il lavoratore ha tre anni per fare ricorso.

Allergia: si può avere l’assenza per malattia al lavoro?

Anche se non viene riscontrata una malattia professionale, tra i diritti di chi soffre di allergia c’è quello di potersi assentare dal lavoro. Occorre, prima di tutto, recarsi dal medico curante per verificare il proprio stato di salute ed ottenere i giorni di riposo ed il certificato. Quest’ultimo verrà inviato dal dottore all’Inps per via telematica. Al dipendente, invece, verrà fornito un numero di protocollo che dovrà essere recapitato al datore di lavoro.

Va da sé che chi soffre di allergia e sta a casa dal lavoro dovrà rispettare le fasce

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in cui è prevista la visita fiscale. Anche se nel caso di chi soffre di allergia, in alcune circostanze, è giustificabile anche l’assenza per recarsi in un luogo pubblico che possa beneficiare i tempi di guarigione.

Allergia: i diritti di chi deve fare visite o terapie

Se chi soffre di allergia deve fare una visita medica o una terapia ambulatoriale in day hospital, l’assenza dal lavoro equivale a quella per malattia e, quindi, il dipendente beneficia dello stesso trattamento. Attenzione, però: la struttura in cui si svolge la visita o la terapia deve rilasciare un certificato medico da spedire all’Inps per via telematica oppure, laddove non fosse possibile farlo, un certificato su carta intestata da spedire all’Inps entro due giorni.

Il documento deve riportare:

i dati del dipendente;

la data di rilascio;

l’inizio e il termine del ricovero;

la firma del medico e la descrizione della diagnosi.

La temporanea incapacità lavorativa del dipendente viene riconosciuta nel momento in cui:

la permanenza nel luogo di cura si protrae per tutta la giornata lavorativa;

le tempistiche necessarie per rientrare dal luogo di cura non consentono la presenza in azienda del lavoratore;

la prestazione a cui il dipendente si sottopone è considerata dal medico incompatibile con l’attività svolta.

Le analisi in merito alla patologia, se di breve durata, di norma, non sono equiparabili alle assenze per malattia, a meno che non si tratti di controlli:

urgenti e non effettuabili al di fuori dell’orario lavorativo;

talmente invasivi da richiedere una convalescenza.

Se si tratta di cicli di cura ricorrenti, cioè terapie ambulatoriali a cui il paziente si deve sottoporre periodicamente, l’assenza può essere assimilata alla malattia. In questo caso, il medico curante deve certificare separatamente ogni ciclo di cura

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oppure rilasciare una documentazione unica che attesti la necessità di prestazioni ricorrenti. Il trattamento successivo verrà qualificato come ricaduta del precedente, proprio come quella della malattia.

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