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Ora, tutte le nostre strategie e progetti futuri, dovranno adeguarsi ai nuovi obiettivi.

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Academic year: 2022

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Relazione

Seminario della Cgil Nazionale

“L’Idrogeno nel sistema Energetico Italiano”

Con l’accordo al Consiglio Europeo del 10 dicembre u.s. l'Europa diventa leader della lotta ai cambiamenti climatici.

Verranno tagliate le emissioni di gas-serra di almeno il 55% entro il 2030, con l'obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

L'accordo prevede in particolare, che il nuovo obiettivo al 2030 dovrà essere raggiunto preservando la competitività e considerando i diversi punti di partenza dagli Stati membri, le specifiche circostanze nazionali, il potenziale di riduzione delle emissioni e gli sforzi compiuti.

Il target del 55% sarà raggiunto collettivamente dalla Unione Europea nel modo più efficiente possibile dal punto di vista dei costi.

Si dovrà garantire la sicurezza energetica e prezzi dell'energia sostenibili per le famiglie e imprese, nonché il rispetto del diritto degli Stati membri di decidere il loro mix energetico e scegliere le tecnologie più appropriate per raggiungere collettivamente il target climatico al 2030, incluse tecnologie di transizione come il gas.

Ci sembra abbastanza chiara la volontà politica. Il taglio è consistente, ma bisogna fare ogni sforzo per mantenere solida l'economia dei singoli Paesi Europei.

Ora, tutte le nostre strategie e progetti futuri, dovranno adeguarsi ai nuovi obiettivi.

Il piano clima energia (Pniec) dell’Italia, che aveva già superato l’esame di verifica da parte dell’Unione Europea, ma con precise prescrizioni, riferite alle emissioni di CO2, indicate al 33% entro il 2030, al pari di tutti gli altri piani europei, dovrà essere rivisto, alla luce dei nuovi obbiettivi previsti dal Consiglio Europeo.

Il Pniec prevede che l’Italia esca dal carbone nel 2025, di fatto si va verso un’economia Low Carbon, che utilizza il Gas naturale, quale risorsa energetica a più basso impatto ambientale per la fase di transizione.

L’attuale scenario vede l’Italia in una posizione di avanguardia nella composizione del mix energetico per la produzione di energia elettrica, rispetto al resto d’Europa, come ad esempio la Germania, che ha

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fissato le date per l’uscita dal carbone entro il 2038 e che, a questo proposito, sta realizzando il raddoppio del metanodotto nord stream.

Un corridoio che porterà dalla Russia circa 110 MLD di metri cubi di gas all’anno, che le saranno indispensabili per sostituire le centrali a carbone che verranno chiuse alla data sopra indicata.

La composizione del mix italiano per la produzione elettrica ad oggi è: fonti rinnovabili al 40,83%, gas naturale 39,06%, carbone 12,47%, nucleare (importato) 4,11%, altre fonti 2,9%.

La composizione del mix europeo è: Gas naturale 27,4%, Carbone 23,6%, rinnovabili 23,9%, nucleare 17,8%.

Come si evince da questi dati l’Italia ha un mix più in linea con le indicazioni U.E.

Rimane l’urgenza però di livellare il costo dell’energia elettrica per il nostro paese, che ad oggi è di oltre il 25% più oneroso rispetto ai nostri competitor Europei, in primo luogo con la Germania.

Questo aggravio di costo è estremamente penalizzante per l’intero sistema produttivo ed ha ricadute negative sulla tenuta occupazionale.

Nei circa 120 tavoli di crisi aperti al MISE larga parte sono causati dal maggior costo dell’energia che incide nel prodotto finale, con inevitabili ed intuibili conseguenze sfavorevoli sulla competitività delle nostre imprese nel mercato globale.

Il Green Deal, prevede interventi nel campo energetico per centinaia di milioni di euro, per il periodo 2020-2030, con gli obiettivi di decarbonizzazione dell'intero Continente al 2050 che faranno diventare l’Europa: area a neutralità climatica rispetto al resto del Pianeta.

A questo proposito la Commissione Europea propone di riprogettare il sistema energetico integrandolo con la strategia per l’idrogeno.

Fatemi ricordare a me stesso, che l’idrogeno è un gas inodore, incolore, insapore, infiammabile.

E’ un gas molto leggero , la sua densità è 14 volte inferiore a quello dell’aria.

E’ l’elemento più diffuso nell’universo.

L’idrogeno è un vettore energetico che se riuscissimo a sfruttarlo, significherebbe avere di fatto un elemento praticamente inesauribile e del tutto naturale.

L’idrogeno rispetto agli altri combustibili possiede la più alta densità energetica.

Per produrre l’energia ottenibile da un kg di idrogeno, occorrono tre kg di benzina, oppure due kg di gas naturale. Tuttavia, il trasporto dell’idrogeno presenta delle criticità.

Per un suo utilizzo su larga scala è necessario contenere i costi, renderli più accessibili.

Questo significa che la sua produzione, secondo noi, dovrebbe essere maggiormente delocalizzata e distribuita nel territorio e dare così, vantaggio economico e autosufficienza alle Regioni, specie al Sud Italia.

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L’Europa ha stabilito un ruolo primario dell’idrogeno prevedendo una sua crescita nel mix energetico dall’attuale 2% al 14% entro il 2050, con una capacità di elettrolisi di 500 Gw.

Con delle tappe intermedie al 2024 con 6 Gw di elettrolizzatori e 40 Gw al 2030.

Si prevedono 340 Mld di euro di investimenti, al 2030.

Sono indispensabili, però, circa 120 Gw aggiuntive di Fer, rispetto ai target già assegnati.

Si calcolano circa 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro in Europa.

Dobbiamo, tuttavia, essere consapevoli che l’occupazione nel settore richiede figure professionali oggi non facilmente reperibili sul mercato del lavoro. Sta qui la grande sfida, la formazione di migliaia di persone.

E' urgente predisporre un grande piano di formazione di milioni di lavoratori.

Tutto questo è paragonabile allo sforzo imponente di formazione e di preparazione che fu necessario, nel periodo dell’era del vapore che coinvolse milioni di lavoratori e lavoratrici, prima impegnati, nella gran parte, nel lavoro agricolo, per entrare poi nell’era industriale, generata dallo sfruttamento dei combustibili fossili nel 20° secolo. Oggi, dobbiamo essere capaci di traghettare milioni di persone nell’era dell’idrogeno e delle rinnovabili nel 21° secolo.

Il MISE, a novembre ha pubblicato le linee guida preliminari per l'idrogeno, in preparazione della strategia nazionale dell’idrogeno.

E’ stata avviata una consultazione sul documento il 24 novembre e si concluderà il 22 dicembre.

Purtroppo, come è prassi di questo Governo, è possibile mandare solo delle osservazioni scritte.

A noi, sembra un metodo troppo limitativo e burocratico, per affrontare un tema, che come abbiamo visto è l'inizio di una nuova era, con un cambio totale nel modo di produrre e conservare energia.

Nel merito delle linee guida, diciamo, che, prevedere una crescita percentuale dell’idrogeno sugli usi finali, dall’attuale 1% a circa il 2% entro il 2030, significa rimanere tagliati fuori dal futuro mercato e soprattutto dalla estensione della filiera industriale collegata.

Ci vuole più coraggio e investimenti.

Prevedere 10 mld di euro in 10 anni, tra l'altro suddivisi tra produzione, infrastrutture e ricerca( previsto solo un miliardo) è troppo limitativo, per il grande salto tecnologico ed industriale che siamo chiamati ad affrontare.

Se come tutti conveniamo, l’idrogeno è l’elemento centrale per la transizione e vettore alternativo al fossile, allora dobbiamo essere conseguenti.

Sono necessari maggiori sforzi e investimenti economici che vanno indirizzati in questa nuova frontiera.

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Anche nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, presentato dal Governo nei giorni scorsi, nonostante si prevedano investimenti per 74 miliardi di euro, per il capitolo denominato “rivoluzione verde e transizione ecologica”, se andiamo a leggere più attentamente, per la grande sfida dell'idrogeno non troviamo cifre congrue, che ci facciano ben sperare per il futuro di questa grande trasformazione energetica e industriale.

Nel 2024, cioè fra pochi anni, l’Europa prevede 6 Gw di elettrolizzatori, l’Italia per quelle data non prevede nulla.

Francia e Germania hanno formalmente annunciato una partnership per fare sinergia nella produzione di idrogeno.

La Germania investe 40 mld di euro per coprire sia la produzione sia la ricerca sull’idrogeno. Con uno step di circa 4 mld di euro entro il 2024.

L’Olanda si candida ad essere la prima “Hydrogen Valley” dell'Europa, sfruttando le sue potenzialità nell'eolico hoffshore ( hanno fondali marini molto bassi e vento sempre presente) e delle sue infrastrutture di gas naturale.

Per centrare l’obiettivo un gruppo di 31 aziende ed Enti locali, olandesi, hanno lanciato un piano da 9 mld con il progetto di produrre circa il 75% di idrogeno “Green” e il 25% di idrogeno “Blu” da gas, pari a migliaia di tonnellate di idrogeno da poter immettere sul mercato europeo.

Tenuto conto, che Il Ministro dello Sviluppo economico, Patuanelli, candida l’Italia a diventare l’HUB del Mediterraneo per la produzione, il trasporto e lo stoccaggio di idrogeno verde, allora, gli investimenti debbono raddoppiare. Altrimenti si fa solo propaganda.

Non ci appassiona il dibattito sui colori dell’idrogeno, se deve essere Green, Blu o Rosa come preferirebbero i Francesi per utilizzare il loro nucleare.

Sicuramente come sempre, sarà il mercato a decretarne il valore.

Nelle primissime fasi di sperimentazione dovremo anche utilizzare l’idrogeno che più facilmente abbiamo a disposizione, pur di far partire la sua filiera industriale e produttiva.

Ma il suo orizzonte finale, credo, vada inquadrato, senz’altro, nella produzione da energia rinnovabile, cioè, idrogeno Green.

Comunque, dobbiamo avere consapevolezza che anche per l’idrogeno la questione centrale è sempre legata alla rete di trasporto e della sua integrazione nel territorio.

Domando: l’attuale rete nazionale di trasporto del gas, che si estende per circa 70 mila km è compatibile con il trasporto della molecola dell’idrogeno?

Si può utilizzare in tutto, o con quale percentuale di miscelazione con il gas?

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Il modello che prevarrà, sarà il centralizzato con elettrolizzatori di grandi dimensioni, o quello distribuito vicino ai punti di produzione e consumo?

Sciogliere questi nodi è di vitale importanza.

Le linee guida pubblicate dal Mise, indicano che le "Hydrogen Valley " sono la via preferita. Parliamo di ecosistemi che includono sia la produzione che il consumo di idrogeno, insomma assomigliano molto alla filosofia delle comunità dell’energia, da rinnovabile, di recente istituzione .

Attualmente ci sono circa 800 mila produttori di energia elettrica da fonti rinnovabili e si prevedono circa 1,5-2 milioni al 2030. Ecco perché gli investimenti sulla rete sono inderogabili.

Senza questi investimenti sulla rete per riprogrammare il trasporto e la distribuzione dell'energia elettrica, prodotta e utilizzata in maniera decentrata, tutto potrebbe rimanere nel libro dei sogni.

Ci permettiamo di suggerire che se il modello che verrà scelto sarà quello decentrato, in Italia abbiamo fin da subito la possibilità di far decollare la produzione di idrogeno, da elettrolisi dell'acqua, utilizzando ad esempio le risorse del MPE (mancata produzione elettrica) riconosciuta all’energia eolica quando, per effetto della strozzature di rete, bisogna fermare le pale eoliche perchè non si riesce a far trasportare l'energia prodotta.

Ce ne sono a centinaia da Benevento a Foggia, facciamo partire da lì, la produzione di idrogeno Green.

Impiantiamo in quel territorio gli elettrolizzatori necessari.

Tra l'altro sarebbe la sperimentazione sul campo delle "Hydrogen valley" potremmo fare della Puglia, della Campania, della Basilicata la prima "Valley" visto che sono le regioni italiane con una produzione energetica da rinnovabili molto estesa.

Indirizzare in loco l’idrogeno prodotto, ad esempio, nell'industria siderurgica primaria (ex ILVA) con la miscelazione dell’idrogeno per la produzione di preridotto ed evitare così la produzione di alte emissioni della ghisa in altoforno.

Facciamo lì una prima sperimentazione.

Tra poco dal 50% lo Stato passerà al 60% della ex ILVA. Quindi diciamo se non ora quando?

Nel settore dei trasporti si prevede che l'idrogeno diventi l'opzione principale per la decarbonizzazione delle autovetture, sia private che delle grandi flotte aziendali.

Le celle a combustibile sono la vera alternativa alle batterie, che rimangono per l’immediato una valida opzione, ma dobbiamo sapere che mantengono tutte le loro contraddizioni.

Sono prodotte quasi tutte da gruppi Cinesi, Coreani, Giapponesi.

Il litio, materia prima, è da estrarre in miniera e la sua estrazione aumenta di molto la produzione di anidride carbonica, che invece si dovrebbe evitare. Gli ultimi dati indicano, che per le varie fasi di estrazione, produzione, trasporto e fabbricazione, se la domanda dovesse aumentare - come probabile - potrebbe far triplicare la produzione di CO2 entro il 2030.

L’Europa per rispondere a questa sfida industriale ha lanciato l’alleanza europea delle batterie. Si stima un valore potenziale del mercato europeo fino a 250 mld di euro nel 2025.

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Una cifra enorme che potrebbe essere incamerata dai giganti asiatici.

Come è già successo con i pannelli fotovoltaici negli anni scorsi.

Francia e Germania per rispondere a questa domanda hanno fatto un consorzio che punta a produrre circa 400 Gwh di batterie entro il 2030.

L’unica azienda italiana impegnata nella produzione di celle a ioni di litio è la Faam con uno stabilimento nel casertano che sarà avviato dal 2021.

Il nostro Paese ha aderito all’ultimo progetto di interesse europeo ( Ipcei) che vede 17 aziende coinvolte, di queste 5 sono italiane, tra cui la Faam e Enel.

L’Italia, insomma, partecipa ai progetti del futuro, ma ad oggi gli investimenti nel campo delle batterie sono tutti o quasi concentrati al nord delle Alpi, con Germania e Francia a fare da battistrada.

L’idrogeno può rappresentare il vero riscatto, la vera filiera industriale da far decollare, non possiamo perdere questa occasione.

Nelle linee guida del Mise si prevede in termini di copertura della domanda energetica finale che l’idrogeno potrà rappresentare fino al 20% entro il il 2050, una percentuale più alta rispetto al 14% che indica l’Europa. E questo è positivo.

Ma rimangono, tuttavia, inalterate le nostre preoccupazioni rispetto al volume dei finanziamenti previsti, che sono troppo bassi e soprattutto per la mancata programmazione intermedia al 2024, che non prevede nessuna produzione di idrogeno.

Come si pensa di raggiungere obbiettivi cosi impegnativi?

Nei prossimi tre, quattro, anni ci giocheremo tutto. Se ne rimaniamo fuori poi sarà molto difficile e più costoso riconquistare fette di mercato assorbite da altri.

Come sempre, però, vogliamo essere realisti. Siamo convinti che l’idrogeno è si, la nuova frontiera, ma non è da considerare, come dire, il “proiettile d’argento” che risolverà tutti i nostri problemi energetici.

Sarà sicuramente uno dei pilastri centrali, ma insieme ad altre tecnologie pulite, alle energie rinnovabili, l’efficienza energetica (a a questo proposito vogliamo annunciare che una delle prossime sarà sull’efficienza energetica e gli investimenti delle reti elettriche e la loro digitalizzazione), il sequestro del CO2 e il suo stoccaggio nella fase di transizione.

Avremo bisogno di tutto questo per avere un sistema energetico pulito, accessibile e sicuro.

E, a proposito di sicurezza, è bene non farsi illusioni, per ancora un po’ di tempo, sempre meno speriamo, ci sarà necessità di garantire nei picchi di domanda per la stabilità di rete, visto che le rinnovabili sono, come sappiamo, intermittenti. Non sempre c'è il sole e il vento. La produzione di energia elettrica da centrali a gas a ciclo combinato diventa essenziale, utilizzando le migliore tecnologie , con la cattura e il sequestro della Co2.

Ecco perché ci permettiamo di insistere verso l'Enel perché faccia una seria programmazione di una evoluzione energetica ed industriale, nelle aree di trasformazione delle vecchie centrale a carbone con

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nuove centrali a gas. Proponendo lì, delle vere iniziative industriali di tipo innovativo come la produzione di idrogeno e non solo.

Tutto questo finché non avremo a disposizione consistenti sistemi di accumulo, e l’idrogeno è tra questi, che ci diano la possibilità di mantenere netta la garanzia di energia per la produzione industriale e per tutto il sistema dei trasporti e la vita quotidiana all’intero Paese.

Care compagne e cari compagni, con questo seminario, proviamo a dare un contributo di conoscenza a tutto il nostro gruppo dirigente, nelle categorie e nei territori, visto che saremo chiamati a misurarci con tematiche nuove ed inedite.

Dobbiamo avere la consapevolezza che siamo ad un passaggio epocale per l’intero pianeta.

La disastrosa pandemia da Covid 19 che ci ha colpito, che stiamo pagando a caro prezzo in termini di vite umane, sta facendo precipitare i dati economici e le prospettive di sviluppo per tutta l'Europa, che fortunatamente sta rispondendo con interventi economici e finanziari che non hanno precedenti dal dopo guerra.

Abbiamo tutti una grandissima responsabilità, in primo luogo chi è stato chiamato dal corpo elettorale a governare il Paese.

Dobbiamo essere tutti in grado di dare risposte all’altezza della sfida che abbiamo di fronte. Compreso il Sindacato.

Nulla sarà come prima . Dovremo disegnare e realizzare un nuovo modello di sviluppo, un nuovo modo di produrre e consumare.

Come sempre nei passaggi cruciali, per le scelte di queste dimensioni, è necessario affidarsi alla scienza e al sapere.

La scienza però deve essere messa in condizioni di esprimersi liberamente per formare la coscienza dei cittadini.

Non va piegata per gli interessi di parte o di propaganda politica.

Perché,c ome ci hanno insegnato i latini: la verità ci rende liberi. “ Veritas vos liberat” e noi vogliamo conoscere per decidere liberi il nostro futuro e quello delle prossime generazioni.

Antonio Filippi

Responsabile Energia Cgil Nazionale

Roma 17 Dicembre 2020

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