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1.1 Lo Sviluppo del Sistema Nervoso

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Introduzione

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1.1 Lo Sviluppo del Sistema Nervoso

Il sistema nervoso è l’organo più complesso dell’embrione. In tutti gli organismi viventi, sia Vertebrati che Invertebrati, neuroni di diversa forma e funzione si organizzano a formare connessioni altamente specializzate dando così vita ad una fitta rete di comunicazione.

Già durante lo sviluppo embrionale precoce vengono gettate le basi per la formazione del sistema nervoso, ed in particolare tutto inizia con la gastrulazione quando i tre foglietti embrionali, ectoderma, endoderma e mesoderma, attraverso specifici movimenti cellulari, vengono correttamente posizionati uno rispetto all’altro, instaurando così nuove relazioni tessutali.

Una volta conclusosi questo processo l’embrione va incontro ad una nuova fase di sviluppo, nota come neurulazione, che porta alla formazione del tubo neurale (fig.1). Tale struttura è di origine ectodermica e successivamente si organizzerà a formare encefalo e midollo spinale. Per la sua genesi è necessaria l’induzione del cordomesoderma sottostante che, tramite l’invio di segnali durante il processo di gastrulazione, fa si che inizialmente il tessuto ectodermico sovrastante si ispessisca e si rilevi rispetto al restante ectoderma, formando così la “piastra neurale” [22,62].

Le molecole coinvolte nell’induzione del destino neurale dell’ectoderma sono

rappresentate da fattori in grado di diffondere, secreti dalla regione

dell’Organizzatore, localizzato nella regione del mesoderma dorsale,

rappresentato in Xenopus laevis dall’Organizzatore di Spemann [22]. In

particolare l’induzione neurale risulta essere un processo dovuto al

bilanciamento di due diversi segnali, uno proveniente dal mesoderma

ventrolaterale e dovuto all’attività dei fattori BMP, l’altro dall’azione di proteine

antagoniste a BMP, secrete dall’Organizzatore, quali ad esempio Chordin e

Noggin [22]. Durante il normale sviluppo Chordin e Noggin bloccano l’azione di

BMP4 nell’ectoderma dorsale e permettono così la formazione della piastra

neurale. Successivamente questa regione subisce un processo di

rimodellamento consistente in particolare in una serie di movimenti

morfogenetici specifici quali ad esempio l’estensione convergente, attraverso la

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quale acquisisce la forma definitiva: più ampia anteriormente, stretta e allungata posteriormente.

La regionalizzazione antero-posteriore del Sistema Nervoso Centrale è, anche in questo caso, dovuta all’azione di fattori diffusibili rappresentati dai fattori FGF, acido retinico e Wnt, distribuiti secondo un gradiente crescente in senso antero-posteriore nella piastra neurale [22].

Successivamente i margini della piastra, a causa di un cambiamento di forma delle cellule che li compongono, si ispessiscono e si piegano verso l’alto dando origine alle pliche neurali tra cui si estende una depressione, la doccia o solco neurale, a forma di U che separa i futuri lati sinistro e destro dell’embrione.

Poco dopo le pliche neurali si fondono lungo la linea dorsale mediana dell’embrione per formare il tubo neurale che si va così a posizionare al di sotto dell’ectoderma che invece darà origine all’epidermide.

La formazione del tubo neurale ed in particolare i meccanismi di estensione convergente ed i cambiamenti di forma cellulare sono guidati sia da forze intrinseche al tessuto della piastra neurale, sia da forze estrinseche esercitate da tessuti circostanti [22, 62].

I meccanismi di formazione del tubo neurale sono molto simili negli Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi.

Il tubo neurale, una volta formatosi, subisce un processo di

compartimentalizzazione antero-posteriore (descritto nei prossimi paragrafi) e

dorso-ventrale. La regionalizzazione dorso-ventrale del tubo neurale ha come

risultato finale la distribuzione ordinata lungo l’asse dorso-ventrale di neuroni

sensitivi, interneuroni e motoneuroni. Questo è un processo dovuto all’azione di

specifiche molecole, ad esempio l’identità dorsale del tubo neurale viene

specificata dall’azione di proteine diffusibili della famiglia BMP, viceversa la

porzione ventrale dell’intera struttura è caratterizzata dalla presenza di proteine

secrete particolari quali, per esempio, Sonic hedgehog (Shh) [61].

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Figura 1

.

Neurulazione nei Vertebrati.

1.1.2 Formazione delle vescicole encefaliche

Il sistema nervoso è regionalmente specializzato, nei Vertebrati la regione caudale del tubo neurale (regione epicordale) dà origine al midollo spinale, mentre la sua porzione più rostrale (regione precordale) dà origine alle primitive vescicole cerebrali.

Inizialmente il tubo neurale è una struttura rettilinea, tuttavia in un successivo momento subisce un processo di compartimentalizzazione, dando inizialmente origine ad una struttura a due vescicole: l’archencefalo anteriore ed il prosencefalo posteriore.

Successivamente la vescicola deuterencefalica si suddivide in altre due strutture note come: mesencefalo o cervello medio e romboencefafo o cervello posteriore; a questo stadio invece l’archencefalo rimane indiviso e prende il nome di prosencefalo o cervello anteriore

Da quest’ultimo, si estendono, da ciascun lato delle protuberanze secondarie, note come vescicole ottiche.

Si arriva infine ad una struttura a cinque vescicole a causa della suddivisione

del prosencefalo in telencefalo e diencefalo e del rombencefalo in mielencefalo

e metencefalo; il mesencefalo invece rimane una singola vescicola (fig.2).

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Il telencefalo darà in seguito origine agli emisferi cerebrali, il diencefalo invece dorsalmente alla regione epitalamica, ventralmente alla regione ipotalamica e lateralmente ai talami.

Nel mesencefalo è possibile distinguere una regione ventrale, il corpo, dalla quale si originano i nuclei e la sostanza reticolare, e una regione dorsale, il tetto, che forma i lobi ottici ai quali arriva l’informazione visiva.

Il metencefalo origina dorsalmente il cervelletto mentre ventralmente rimane pressoché indistinto dal mielencefalo con il quale costituisce il midollo allungato [22, 62].

Figura 2. Formazione delle vescicole encefaliche.

1.2 L’Epitalamo

L’Epitalamo, che si origina dalla volta della vescicola diencefalica e che

rappresenta la sua più grande suddivisione, svolge un ruolo fondamentale nella

regolazione dei comportamenti ciclici, come ad esempio le funzioni circadiane e

riproduttive, così come nella modulazione di altri sistemi, ed in particolare dei

circuiti limbici. L’epitalamo è costituito da due conglomerati neuronali,

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caratterizzati da una distinta organizzazione cito-architettonica: l’Abenula ed il complesso pineale. Mentre l’Abenula è formata da una serie bilaterale di nuclei che attraversano le pareti laterali del terzo ventricolo, il complesso pineale comprende un paio di evaginazioni mediane situate lungo il tetto del diencefalo.

La commissura abenulare divide quest’ultimo in una parte rostrale, più ampia, ed una caudale più piccola. La prima dà origine al sacco dorsale, una evaginazione membranosa di funzione non nota, la seconda, invece, genera un paio di strutture tubulari note come organo pineale e organo parapineale.

Insieme queste due strutture danno origine al complesso pineale [11, 21].

L’organizzazione del complesso pineale mostra notevoli differenze nei vari taxa:

infatti mentre l’organo parapineale (organo parietale anteriore) è presente in maniera permanente solo nei ciclostomi e nei rettili, l’organo pineale (organo parietale posteriore) raggiunge invece un diverso grado di sviluppo nei Vertebrati.

Più precisamente, le lamprede posseggono sia l’epifisi che l’organo parapineale, gli elasmobranchi ed i pesci ossei sono invece caratterizzati da una prominente epifisi e da un organo parietale anteriore che però, in questo caso è solamente una struttura rudimentale.

Negli anfibi l’organo parapineale è assente, mentre l’organo pineale è ben sviluppato (fig.3)

In alcuni rettili sia l’organo parietale anteriore che posteriore sono presenti e, in certi casi il primo diventa una struttura altamente sofisticata tanto da acquisire il nome di occhio parietale o terzo occhio (fig.3)

Negli uccelli e nei mammiferi l’organo parietale anteriore è assente, l’epifisi è

presente invece in entrambe le classi, ma è esclusivamente una struttura

endocrina, tanto da aggiudicarsi il nome di ghiandola pineale [47] (fig.3).

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Figura 3. Differenze di struttura nel complesso pineale delle lucertole, rane, mammiferi e pesci teleosti.

1.3 L’organo pineale in Xenopus laevis

1.3.1 Sviluppo

L’organo pineale di Xenopus laevis è costituito da un organo frontale

extracranico e sottoepidermico, e dall’epifisi che invece si trova adagiata,

aderendovi, alla volta del diencefalo [47]. La pineale emerge dal tetto

diencefalico nel secondo giorno di sviluppo dopo la fecondazione,

successivamente si allarga, diventa semicircolare e dotata di un ampio lume in

comunicazione con il terzo ventricolo del cervello. Successivamente il lume

diventa sempre più piccolo, fino a scomparire e contemporaneamente la

pineale si appiattisce, per poi diventare più allungata e più solida con l’estremità

rostrale, appuntita, giacente verso il sottile tetto prosencefalico, e la parte

caudale invece vicino alla pars intermedia del diencefalo. A stadio di girino

(stadio 40) non si osservano grossi cambiamenti nella pineale e da stadio 47 (5-

6-giorni dopo la fecondazione) la pineale è praticamente adulta in morfologia e

funzione [45].

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1.3.2 Struttura e Funzione

1.3.2.1 L’organo pineale

L’organo pineale degli anfibi, è un piccolo organo fotorecettivo, localizzato fra i due occhi laterali, e costituito da una porzione periferica, l’organo frontale, ed una porzione centrale, l’epifisi [47].

Anatomicamente l’organo pineale, negli animali adulti di Xenopus laevis, si presenta come una singola evaginazione dorsale del tetto del diencefalo, al confine fra cervello anteriore e cervello medio [47] (fig.4).

Esso è connesso al cervello tramite un peduncolo, al cui interno corrono gli assoni di cellule gangliari, appartenenti all’organo pineale, con cui i fotorecettori si connettono tramite formazione di sinapsi [19]. Più precisamente gli assoni emergono lateralmente all’organo pineale per poi decorrere ventralmente e superficialmente, all’interno al confine fra prosencefalo e mesencefalo, per formare la commissura ventrale.Inoltre alcuni di questi assoni diventano ascendenti e insieme al peduncolo ottico terminano nella commissura pre- ottica. Tuttavia la forma e la posizione delle terminazioni degli assoni all’interno di questi tratti rimane sconosciuta. Non è inoltre nota la presenza di fibre discendenti prendenti origine dall’organo pineale [19].

Figura 4. Struttura dell’organo pineale di rana.

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o L’organo frontale

L’organo frontale è costituito da circa 30 neuroni essenzialmente di due differenti tipi: fotorecettori, volti alla percezione della luce, e cellule gangliari, volte invece alla trasmissione degli impulsi nervosi [38].

I fotorecettori presentano una struttura tipica: un segmento esterno con numerosi dischi lamellari (da 50 a 100), contenente il fotopigmento e protrudente nel lume dell’organo frontale, unito ad un segmento interno contenente il nucleo della cellula.

Diretta evidenza della sensibilità alla luce dell’organo frontale è stata ottenuta registrando l’attività delle fibre nervose, che emergono dall’organo frontale stesso; gli animali giovani mostrano un’alta attività in assenza di luce.

Esistono due tipi di risposta che l’organo frontale è in grado di originare:

cromatica oppure acromatica. Le unità acromatiche rispondono a stimoli di luce bianca e di luci a lunghezza d’onda comprese fra 400 e 750nm, con una diminuizione della frequenza di genesi degli impulsi elettrici. La sensibilità delle risposte acromatiche è massima intorno a 520nm, lunghezza d’onda molto simile a quella assorbita dal pigmento visivo 523, tipico dei fotorecettori retinali di Xenopus laevis. L’unità cromatica invece mostra inibizione per luci a corte lunghezza d’onda, ed eccitamento per luci a lunghezze d’onda medie o lunghe [38].

L’organo frontale delle rane è connesso, tramite il nervo frontale, all’epifisi, all’Ipotalamo, al mesencefalo, ed alla retina. Il nervo frontale corre in uno spazio

fra l’epidermide ed il cranio, che è coperto da tessuto connettivo. Penetra poi

all’interno del cranio, dove continua il suo percorso in uno spazio compreso tra

la superficie interna e le meningi. A questo punto entra nel cervello a livello

dell’epitalamo, dove la porzione intracranica del complesso pineale è localizzata

[37].

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o L’epifisi

L’epifisi in Xenopus, ma più in generale in tutti gli anuri, si trova posizionata fra le Abenule e la commissura posteriore; dal suo polo caudale si origina il nervo pineale che la collega al cervello e che principalmente è formato da fibre non mieliniche [38]. All’interno della struttura sono presenti circa 100 neuroni, anche in questo caso classificabili esclusivamente come fotorecettori e gangliari. Proprio grazie alla presenza di fotorecettori è possibile definire l’epifisi come una struttura direttamente fotosensibile, in grado cioè di rispondere a stimoli luminosi, tuttavia il tipo di risposta è differente da quella dell’organo frontale, in quanto è solo acromatica; al buio si osserva un incremento della sua attività elettrica, mentre l’illuminazione diretta provoca un decremento o inibizione dello genesi dell’impulso elettrico [38].

Il tessuto costituente l’epifisi può essere suddiviso in tre distinti compartimenti:

una regione basale, un tessuto di sostegno e uno strato di fotorecettori (fig.5).

La regione basale è costituita da una membrana e da uno strato di tessuto connettivo di spessore variabile, in stretto contatto con la rete di capillari sanguigni che irrora l’epifisi e che è fondamentale per il trasporto di specifiche sostanze, come ad esempio il triptofano o la melatonina [9].

All’interno della membrana basale sono presenti numerose terminazioni nervose, invece inclusi all’interno del tessuto di sostegno si trovano localizzate le cellule gangliari ed i fotorecettori, quest’ultimi orientati in maniera tale che il proprio segmento esterno, caratterizzato dalla presenza dei dischi lamellari e contenente il fotopigmento, sia rivolto verso il lume dell’epifisi.

Come per tutti i fotorecettori, anche nel caso dell’epifisi, il segmento esterno è unito alla porzione più interna (segmento interno) tramite un ciglio, inoltre il segmento interno, che invece rappresenta la base dei fotorecettori, contiene, anche una grande quantità di vescicole sinaptiche, oltre al nucleo della cellula e a numerosi mitocondri [9] (fig.5).

L’epifisi costituisce inoltre quella porzione dell’organo pineale deputata alla

sintesi e secrezione di un ormone, la melatonina, coinvolto nel controllo di

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numerosi processi fisiologici, come ad esempio la regolazione dei ritmi del sonno e della riproduzione, ed il controllo della pigmentazione cutanea [30].

La catena di sintesi della melatonina comprende una reazione a più stadi:

triptofano

Triptofano idrossilasi

5-idrossi-L-triptofano (5-HTrp)

5-idrossitriptamina (serotonina)

Serotonina N-acetil-transferasi

N-acetil-serotonina

↓ Melatonina

La sintesi ed il rilascio di melatonina avvengono ritmicamente con livelli alti di notte e bassi di giorno [3,4]. Nei Vertebrati, oltre alla pineale, un altro sito di sintesi dell’ormone, anche se sicuramente meno importante per il contributo ai livelli di ormone circolante, è rappresentato dalla retina, dove la melatonina funge invece da neuromodulatore locale e viene rapidamente degradata [28, 30 ]. In entrambi gli organi l’ormone viene sintetizzato in cellule all’interno dello strato dei fotorecettori [5], e la sua produzione è regolata sia dalla luce, che agisce sopprimendo la sua sintesi durante il giorno, sia da un orologio circadiano interno, probabilmente localizzato nei fotorecettori stessi e regolato dai cicli di luce e buio [4,5].

Il penultimo enzima di questa via di sintesi, l’acetil-CoA:arilamina N-

acetiltransferasi (serotonina N-acetiltransferasi; AANAT), sembra essere il più

importante enzima della regolazione della produzione di melatonina, infatti oltre

a catalizzare la tappa limitante dell’intero processo, è esso stesso sottoposto a

oscillazioni circadiane e la melatonina sembra proprio seguire i livelli di

produzione di AANAT [4].

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Anche l’enzima Triptofano idrossilasi è prodotto, come AANAT, in maniera ritmica, tuttavia la sua regolazione è stata studiata soprattutto a livello della retina [29, 55].

(A) (B)

Figura 5. Epitelio dell'epifisi,A; struttura di un fotorecettore,B. bv, rete sanguigna; ne, estremità nervose; sc, citoplasma delle cellule di sostegno; go, apparato di Golgi; er, reticolo endoplasmatico; lu, lume dell’epifisi; os, segmento esterno; is, segmento interno, bp,processo basale [9].

1.4 Controllo genetico dello sviluppo dell’organo pineale

Durante lo sviluppo dell’organo pineale diversi sono i geni espressi in questa regione fin dagli stadi più precoci dell’embriogenesi. L’attività di alcuni di essi è stata associata alla specificazione, al differenziamento o alla funzionalità dell’organo pineale.

1.4.1 Xrx1

Xrx1 è un gene “homeobox” richiesto per il corretto sviluppo dell’occhio e di

particolari regioni del cervello anteriore, quali ad esempio il Diencefalo ventrale,

l’ipofisi ed anche l’organo pineale [1]. Xrx1 è per la prima volta attivato alla fine

della gastrulazione in una zona ristretta alla regione più anteriore della piastra

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neurale, regione che darà proprio origine alle strutture prima elencate [1]. La sua espressione nell’organo pineale in sviluppo diventa evidente quando la vescicola pineale inizia ad evaginare (stadio 26), continua durante la sua formazione, per poi calare allo stadio di larva natante [6].

Esperimenti di sovraespressione (“gain of function”) hanno dimostrato che Xrx1 è in grado di indurre iperproliferazione del tubo neurale, della retina e dell’epitelio pigmentato retinico, tutto ciò è stato confermato dall’analisi di marcatori neuro-ectodermici, quali Xpax6, Xsix3 e Xotx2 [1,7].

Viceversa in esperimenti di perdita di funzione di Xrx1 (“loss of function”), dove negli embrioni viene espressa una forma dominante negativa di Xrx1, sono state osservate numerose anomalie fenotipiche consistenti soprattutto in deficienze anteriori, occhi molto ridotti se non del tutto assenti. In particolare a stadio di bottone caudale è stato osservato che specifiche strutture, quali il telencefalo, il diencefalo ventrale e le vescicole ottiche, non si formano. L’analisi molecolare ha inoltre evidenziato una forte riduzione dell’espressione di Xotx2, Xsix3 e Xpax6 [1]. Un’eccezione in tutto ciò è probabilmente rappresentata dall’organo pineale: qui, nonostante la “perdita di funzione” di Xrx1, persiste l’espressione specifica della pineale di Xotx5b, sebbene più debole in intensità;

questo potrebbe suggerire che Xrx1 non sia coinvolto nella formazione di tale struttura o, in alternativa, che Xotx5b e Xrx1 possano essere espressi in cellule differenti all’interno dell’organo pineale, così che l’inattivazione funzionale di Xrx1 influenzerebbe esclusivamente le cellule che esprimono Xrx1 endogeno [1].

1.4.2 Xotx5

I geni “homeobox” della famiglia Otx, omologhi del gene orthodenticle di Drosophila, giocano un ruolo importante nello sviluppo della testa e del cervello nei Vertebrati. In Xenopus laevis tre sono i geni Otx noti per essere coinvolti in questo processo: Xotx1, Xotx2 e Xotx5-b [56]. Quest’ultimo è espresso molto precocemente, essendo infatti già attivato durante il processo di gastrulazione

[56]. Come Xotx2, il primo sito di comparsa del trascritto di Xotx5-b è la regione

dell’Organizzatore, con il proseguire della gastrulazione la sua espressione è

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anche rivelabile nel neuroectoderma anteriore. Inizialmente la sua area di espressione è ampia, ma con il procedere dello sviluppo tale regione si riduce e a stadio di neurula precoce (stadio13) l’espressione di Xotx5b diventa molto più intensa nella piastra neurale anteriore, in particolare nei territori che daranno origine al Telencefalo, ma scompare da un’ampia area centrale,

presumibilmente corrispondente ai territorio presuntivi del chiasma ottico e della retina.

In stadi più tardivi l’espressione di Xotx5 è strettamente legata a strutture contenenti fotorecettori, come la retina e l’organo pineale [39, 56].

Proprio per quanto riguarda questa struttura, Xotx5b può essere considerato uno dei marcatori più precoci. Infatti Xotx5b è espresso, allo stadio di neurula, in due piccole aree simmetriche nella regione presuntiva della pineale, che poi, con la chiusura del tubo neurale, tendono a fondersi lungo la linea mediana [56].

In accordo con questo dato l’omologo di Xotx5b in Zebrafish è stato dimostrato essere fondamentale per il controllo dei ritmi circadiani [20] (vedi sezione sui ritmi circadiani).

1.4.3 Xenopus notochord-specific, Xnot2:

Xnot2 è un gene “homeobox” di Xenopus laevis espresso durante la gastrulazione nella regione dell’Organizzatore [57]. In particolare, a gastrula precoce (stadio 10), l’espressione di Xnot2 sembra essere ristretta al territorio presuntivo della notocorda. Alla fine della gastrulazione e durante la neurulazione, Xnot2 è espresso lungo la linea mediana dorsale con l’espressione che continua nella regione anteriore; infatti Xnot2 è trascritto nella notocorda, nel tetto dell’archencefalo e nell’intero ectoderma, che diventerà la lamina basale del tubo neurale.

Due nuovi siti di espressione del gene si ritrovano durante gli stadi di neurula, in

corrispondenza delle due pieghe neurali anteriori, nel territorio presuntivo

dell’organo pineale. Successivamente, il dominio di espressione di Xnot2 si

restringe fino a quando, a stadi tardivi, la sua espressione è rivelabile

all’estremità terminale della coda e in corrispondenza della regione che darà

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origine al complesso pineale, dove i due segnali che prima erano separati, convergono sulla linea mediana fondendosi insieme [57].

Quale è il ruolo di Xnot2 durante lo sviluppo embrionale? I primi dati funzionali hanno dimostrato che Xnot2 oltre ad essere un marcatore precoce della notocorda è anche necessario per la sua formazione [24, 63].

Il ruolo di Xnot2 nello sviluppo dell’organo pineale, invece, è stato soprattutto studiato analizzando la funzione di floating head, l’omologo di Xnot2 in Zebrafish [43]. E’ stato infatti dimostrato che il gene floating head (flh) ed il locus Masterblind influenzano la produzione di neuroni all’interno dell’epifisi. Il

“pattern” d’espressione di flh in Zebrafish è molto simile a quello di Xenopus, infatti il suo trascritto è rilevabile durante la gastrulazione tardiva nel futuro diencefalo dorsale, quindi molto prima che il differenziamento neuronale si osservi nell’epifisi, e soprattutto che questa sia morfologicamente distinguibile.

Embrioni di Zebrafish mutanti per flh presentano sia un cervello morfologicamente normale che una corretta produzione di neuroni nella porzione più rostrale del cervello. Tuttavia il numero di neuroni nell’epifisi è profondamente colpito, infatti la mutazione di flh porta ad una grave riduzione nel numero ed un ritardo nella maturazione di entrambe le classi di neuroni presenti nell’epifisi; tale fenotipo è dovuto ad un blocco nella produzione di neuroni intorno a stadio di 18 somiti.

I mutanti per Masterblind (mbl) invece presentano deficienze a carico dello sviluppo del cervello anteriore, soprattutto sono caratterizzati da telencefalo ed occhi ridotti, mentre il diencefalo è notevolmente espanso anteriormente, con l’epifisi che si estende rostralmente attraverso il tetto del cervello. L’analisi della distribuzione del trascritto di flh in questi mutanti ha rivelato una sua espansione, in direzione anteriore, del dominio di espressione, e questo suggerisce che una delle funzioni principali di masterblind è di localizzare l’attività di flh nell’epifisi, limitando così la sua espressione nella porzione più caudale del cervello anteriore.

L’avanzamento del dominio di espressione di flh, in direzione anteriore,

permette la generazione ectopica dei neuroni tipici dell’epifisi, come dimostra

l’attivazione di marcatori neuronali specifici, come Islet-1 e Zash1 [43].

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Ma come agisce flh nella regolazione della generazione di neuroni nell’epifisi?

Sembra che esso sia in grado di controllare la trascrizione di tre fattori di trascrizioni “basic helix loop helix”, fondamentali per la determinazione neurale e presenti nell’epifisi: ash1a (achaete/scute homologue1a), neurogenin1 (ngn1) e neuroD [8].

Ash1a è espresso nel territorio del Diencefalo, che include la regione dell’epifisi presuntiva, già da stadio di 6 somiti, diventando però molto più intensa da stadio di 18 somiti. Ngn1 è invece rilevabile da stadio 12 somiti, in un dominio più ristretto rispetto a quello dove è espresso ash1a, e cioè in poche cellule poste nella parte posteriore dell’epifisi. Infine neuroD inizia ad essere espresso più tardivamente, nel momento in cui i primi neuroni iniziano ad uscire dal ciclo cellulare (stadio 18 somiti) [8]. L’analisi dell’espressione di questi geni nei mutanti per flh ha dimostrato che ash1a, ngn1, neuroD sono espressi in popolazioni differenti di cellule, sia dal punto di vista spaziale che temporale, e che la loro corretta espressione richiede l’attività di flh. In assenza della funzione di flh, l’espressione di ash1a, ngn1 è fortemente ridotta, mentre l’espressione di neuroD è completamente soppressa, portando così ad una drastica diminuizione del numero di neuroni nell’epifisi [8].

Attraverso l’utilizzo di oligonucleotidi morfolino antisenso in grado di bloccare la

traduzione di specifici RNA messaggeri (“knock-down”) [33], è stato visto che

per la produzione corretta di neuroni nell’epifisi è necessaria la presenza

contemporanea di ash1a e ngn1, sebbene questi siano espressi in maniera

completamente indipendente l’uno dall’altro. Embrioni inettati con

oligonucleotidi morfolino antisenso diretti contro ash1a e ngn1 presentano una

corretta espressione di flh ma assenza di espressione di NeuroD, questo indica

perciò che ash1a e ngn1 agiscono a valle di flh e a monte di NeuroD, gene noto

per essere implicato nel processo di differenziamento neuronale. Inoltre

riducendo l’attività di ash1a e ngn1 viene influenzato negativamente il numero

di fotorecettori e neuroni di proiezione all’interno dell’epifisi [8]. Questi

rappresentano gli unici due tipi di neuroni presenti all’interno della struttura,

disposti i primi in posizione mediana, e caratterizzati dall’espressione della

molecola fotorecettiva opsina, i secondi invece sono localizzati lateralmente ed

esprimono il gene onecut codificante per un fattore di trascrizione [43].

(17)

E’ tuttavia da sottolineare che sia ash1a che ngn1 possono agire anche in maniera indipendente da flh, attraverso cioè la regolazione dell’espressione di deltaA, deltaB, e deltaC, geni codificanti per ligandi per i recettori Notch [8]. La via del segnale di Notch media la selezione di progenitori neuronali attraverso il processo di inibizione laterale, processo in cui una cellula inibisce le vicine ad adottare un destino neuronale [10].

1.5 I Ritmi circadiani

I ritmi circadiani sono fenomeni biologici che oscillano con un periodo di circa 24 ore sotto condizioni costanti. Tali ritmi dipendono da diversi fattori, sia esterni come ad esempio la luce, sia interni ed in questo caso si parla di veri e propri orologi circadiani endogeni [58]. All’interno di un organismo, i cosiddetti sistemi foto-neuroendocrini traducono le condizioni di luce ambientale nella produzione circadiana di segnali endocrini e neuroendocrini. Le molecole che controllano questo processo sono state studiate in un ampio numero di organismi ed è emerso che, sebbene gli orologi non funzionino nello stesso modo in tutte le specie, essi sono molto simili.

Centrale per la genesi dei ritmi circadiani è proprio l’organo pineale, che ha conservato un ruolo nella sintesi ciclica e nel rilascio di melatonina, l’ormone che, come già detto, è in grado di influenzare diversi processi fisiologici, fra i quali il ritmo del sonno e della riproduzione [30].

Nei Vertebrati inferiori è l’organo pineale stesso che, grazie alla presenza di fotorecettori, recepisce l’informazione dall’esterno, permettendo così la regolazione dell’orologio endogeno e la trascrizione nei pinealociti [4, 19, 27].

Nei Vertebrati superiori invece, l’organo pineale ha perso la capacità di essere

fotosensibile, venendo direttamente stimolato dai fotorecettori retinici che

proiettano ai nuclei soprachiasmatici (SCN), strutture rappresentate da un

distinto gruppo di circa 10000 cellule localizzate all’interno dell’Ipotalamo. La

retina è connessa all’Ipotalamo grazie ad una via chiamata tratto retino-

ipotalamico; studi recenti hanno dimostrato che all’interno della retina esiste un

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piccolo gruppo di cellule gangliari, contenenti il fotopigmento melanopsina, in grado di rispondere direttamente alla luce e di passare il segnale al SCN che poi, a sua volta, invia il segnale ai rimanenti “orologi” presenti all’interno dell’organismo. Non è tuttavia noto il meccanismo di come esattamente ciò avvenga [40].

Un fenomeno particolarmente interessante sottoposto a controllo ritmico è rappresentato dal rilascio giornaliero dell’ormone melatonina [30]. In Xenopus laevis i due principali siti deputati alla produzione di melatonina sono rappresentati dalla retina e dall’organo pineale; entrambe le strutture sono in grado di rilasciarla ritmicamente con livelli alti di notte e bassi durante il giorno [3, 4, 29, 30, 59].

Nella retina l’ormone è sintetizzato da cellule all’interno dello strato dei fotorecettori, dove fra l’altro ha anche sede l’orologio endogeno e la luce agisce andando a sopprimere la produzione di melatonina durante il giorno e regolando l’orologio circadiano [3,5,28,59,64].

La melatonina prodotta all’interno della retina funge principalmente come neuromodulatore locale, non contribuendo così in maniera significativa ai livelli dell’ormone circolante; è invece l’organo pineale a fornire all’organismo la quantità maggiore di ormone [30].

In Xenopus ed in altri Vertebrati non mammiferi, come già precedentemente detto, l’organo pineale è direttamente fotosensibile grazie alla presenza di cellule che ricordano i fotorecettori retinali, ed inoltre esso contiene l’orologio endogeno circadiano che controlla il rilascio ritmico di melatonina.

Dati sperimentali hanno dimostrato che gli embrioni di Xenopus contengono già

l’intero macchinario deputato alla sintesi ed al controllo di melatonina non

appena l’organo pineale emerge dal diencefalo (stadio 26), infatti a questo

stadio precoce l’organo pineale è già una struttura fotosensibile, poiché la luce

ha un chiaro effetto sull’ampiezza e la qualità dei ritmi. Inoltre a questo stadio

l’orologio endogeno è già ben sviluppato, come dimostra il fatto che organi

pineali isolati e posti in coltura, in condizione di buio costante, continuano per

alcuni giorni a produrre la melatonina in maniera ritmica [30].

(19)

La localizzazione dell’orologio circadiano retinico di Xenopus laevis è stato identificato isolando e mettendo in coltura l’intero strato dei fotorecettori [5]. In queste condizioni i fotorecettori continuano a rilasciare l’ormone in maniera ritmica, anche quando vengono sottoposti a condizioni costanti di luce o di buio, dimostrando così la presenza all’interno delle cellule dell’oscillatore circadiano.

Come in un occhio intatto, anche nei fotorecettori in coltura la melatonina viene rilasciata con livelli alti di notte e bassi di giorno [5].

Sebbene altre parti dell’occhio non siano necessarie per la funzione circadiana, input da altri tipi di cellule retiniche potrebbero modulare l’oscillatore nel sistema intatto, ad esempio la dopamina prodotta dalle cellule amacrine è, insieme alla luce, in grado di regolare l’orologio endogeno; tuttavia il suo principale ruolo è quello di regolare il metabolismo dei fotorecettori e non è attualmente conosciuto un suo eventuale coinvolgimento nella normale funzione degli oscillatori circadiani retinici [5].

Quali sono le basi molecolari che regolano i ritmi circadiani? Recentemente è stato identificato, in Xenopus laevis, il nucleo principale dell’orologio endogeno che regola i ritmi circadiani nella retina: questo principalmente è composto da due fattori di trascrizione bHLH-PAS, CLOCK e BMAL1. Tale complesso agisce andando a regolare direttamente la trascrizione dei geni ciclici, come ad esempio Aanat-2, tramite legame a sequenze “E-box” presenti a monte dei promotori genici [3,28]. CLOCK e BMAL1 sono anche in grado di attivare la trascrizione di tre geni period (per) e due geni cryptochrome(cry). Una volta che le proteine Per e Cry hanno raggiunto una concentrazione critica sono in grado, dopo aver traslocato nel nucleo, di reprimere l’attività trascrizionale di CLOCK e BMAL1, andando ad interagire direttamente con il complesso CLOCK e BMAL1 legato alla cromatina.

Tuttavia uno dei geni period, PER2, oltre a partecipare a questo controllo

negativo sull’attività del complesso, agisce anche in maniera positiva, favorendo

infatti la trascrizione del gene Bmal1 attraverso la repressione di Reverb-  ( nei

mammiferi è stato dimostrato che proprio Reverb-α rappresenta uno dei

maggiori regolatori dell’espressione di Bmal1 a livello del SCN ) [28].

(20)

Per quanto riguarda invece la comprensione della regolazione dei ritmi circadiani nell’organo pineale dei Vertebrati, un grosso passo in avanti è stato fatto con la scoperta che in Zebrafish, il gene Otx5 è in grado di controllare l’espressione di specifici geni la cui espressione oscilla con un ritmo giornaliero e come in Xenopus, anche in Zebrafish Otx5 è espresso sia nell’organo pineale che nella retina [20].

Nella pineale è stata analizzata in particolare l’espressione di tre geni noti per mostrare un profilo di espressione ciclica durante il procedere della giornata, e più precisamente i geni che codificano per l’ enzima N-Acetiltransferasi (Aanat- 2), per “Interphotoreceptor binding protein” (Irbp) e per Reverb-  [20]. Irbp è una glicoproteina di grosse dimensioni presente in molti Vertebrati. In Xenopus laevis raggiunge le dimensioni di 124 kDa ed è presente sia nella pineale che nella retina. In particolare è stata identificata la sua localizzazione subcellulare a livello di quest’ultima struttura, dove Irbp si trova associata alla matrice extracellulare, una struttura necessaria per la separazione della retina neurale dall’epitelio pigmentato. Sembra che Irbp svolga un ruolo critico per la funzione della retina, è infatti sia in grado di trasportare la Vitamina A endogena in maniera luce-dipendente, sia in grado di mediare il trasporto, fra i fotorecettori e l’epitelio pigmentato , del 11-cis retinale e del trans-retinolo , durante il ciclo visivo [25,26].

Nella pineale, in Zebrafish, Irbp mostra alti livelli di espressione con la luce e bassi con il buio, mentre sia Aanat-2 che Reverb-α si comportano esattamente in maniera contraria, essendo invece inibiti dall’ esposizione alla luce [20].

Il “knock-down” di Otx5 ha portato alla scoperta che questo gene controlla

proprio l’espressione dei tre geni sopra citati, infatti l’eliminazione della funzione

di Otx5 porta ad una drastica riduzione della loro espressione, in maniera dose-

dipendente. Tale perdita di espressione non è dovuta ad un cambio di fase nel

ciclo circadiano, in quanto la riduzione si osserva per un periodo completo di 24

ore [20]. Non è tuttavia noto come Otx5, essendo espresso in maniera

costitutiva nel complesso pineale di Zebrafish, possa regolare dei geni espressi

invece in maniera ciclica; esistono a riguardo due possibilità, una che prevede

una regolazione post-traduzionale della proteina Otx5, dipendente da processi

circadiani, l’altra invece suppone che Otx5, espresso in maniera costitutiva,

(21)

interagisca con un fattore la cui espressione o attività cicli con una periodicità circadiana nel complesso pineale.

1.6 Il gene “Brain Specific homeobox”

1.6.1 Bsh in Drosophila melanogaster

I geni “homeobox”, in Drosophila melanogaster, sono in grado di controllare la determinazione dell’identità posizionale, tessutale e cellulare durante lo sviluppo embrionale. Questi geni sono caratterizzati dalla presenza di una sequenza estremamente conservata di 180 bp, chiamata sequenza

“homeobox”, codificante per una particolare struttura aminoacidica, l’omeodominio, costituita a sua volta da 60 aminoacidi e che si organizza a formare l’“helix-turn-helix”, un motivo in grado di legare il DNA in corrispondenza di specifiche sequenze.

Si pensa che i prodotti dei geni “homeobox” controllino i programmi di sviluppo attraverso la regolazione trascrizionale di geni bersaglio sfruttando la specificità dell’omeodominio. Così la diversa espressione dei geni “homeobox”, in cellule diverse, potrebbe risultare in un programma specifico di espressione genica necessario per la determinazione della posizione morfologica e della funzione di ciascuna cellula nell’organismo [41, 44].

Bsh (Brain specific homeobox) rappresenta un gene “homeobox” di Drosophila,

espresso in maniera esclusiva nel cervello in sviluppo [36]. L’”homeobox” bsh è

stato isolato attraverso ibridazioni a bassa stringenza utilizzando come sonda il

gene even-skipped (eve), nonostante i due geni mostrino solamente

un’omologia pari al 53% per quanto riguarda l’omeodominio, probabilmente

questo è dovuto all’alta omologia che questi due geni mostrano in

corrispondenza dei codoni per la terza elica. Bsh mostra inoltre un’alta

omologia agli omeodomini della classe Antennapedia nella regione della terza

elica, chiamata più precisamente elica di riconoscimento, in grado di interagire

con il solco maggiore del DNA. Gli omeodomini della classe Bar mostrano

(22)

anch’essi un’alta omologia con Bsh (63% di identità aminoacidica), anche se differiscono nella terza elica per una singola sostituzione aminoacidica.

Con una dimensione predetta di circa 226 aminoacidi , Bsh è una proteina, molto più piccola di altre omeoproteine di Drosophila [36]. L’analisi d’espressione di Bsh, attraverso l’utilizzo di anticorpi specifici, ha mostrato la comparsa della proteina già dopo circa 7 ore di sviluppo dalla fecondazione (stadio 11), in due cellule distinte in ciascun lobo procefalico, poco prima della retrazione della banda germinale. Queste cellule sembrano derivare dall’

ectoderma neurogenico ed essere localizzate in uno o due strati sotto l’epidermide. Nei successivi stadi di sviluppo il numero di cellule esprimenti bsh aumenta costituendo due gruppi bilaterali adiacenti alle due cellule originarie.

Dopo la retrazione della banda germinale, i movimenti morfogenetici della testa riorganizzano la forma dei lobi procefalici (alla fine dello stadio 13), producendo così i due lobi del cervello. Durante questo periodo il numero di cellule esprimenti bsh aumenta, fino a quando ad inizio stadio 15, il cervello è quasi completamente formato e le cellule bsh-positive sono situate nella loro posizione finale. Negli embrioni a stadio 16 la morfogenesi è essenzialmente completa, e approssimativamente 30 cellule esprimenti bsh sono presenti in ciascun emisfero del cervello. Esse sono organizzate in quattro gruppi separati all’interno del cervello: due in posizione dorsale, e altri due nella porzione più ventro-laterale; inoltre un terzo piccolo gruppo di cellule esprimenti bsh può essere visualizzato nel centro di ogni emisfero e una singola cellula positiva per bsh può essere trovata, isolata, nella porzione più ventrale del cervello (fig.6).

Anche se l’esatta natura dei tipi cellulari che esprimono Bsh non è nota, sicuramente molte di esse sono di origine neurale, visto che coesprimono l’antigene per l’anticorpo monoclonale mAb22C10, che marca un gruppo di neuroni del sistema nervoso centrale, e che alcune posseggono proiezioni che si allontanano dai corpi cellulari.

Una delle cellule che esprime bsh è strettamente associata all’estremità

terminale del nervo di Bolwig, nervo larvale visivo che si diparte dall’organo

omonimo, facente parte del sistema nervoso periferico e posizionato nella

regione sottofaringea [36] (fig.7). In particolare sembra che il nervo di Bolwig

sia importante per il corretto posizionamento e formazione dell’albero

(23)

dendridico dei neuroni “clock”, i neuroni laterali presenti nel cervello di Drosophila e implicati nel processo di regolazione dei ritmi circadiani [31, 42, 54 ]. Lo studio effettuato su Bsh in Drosophila ha incluso anche un’analisi funzionale preliminare, volta alla comprensione della funzione del gene. Questa ha previsto l’analisi fenotipica di embrioni di Drosophila recanti delezioni del cromosoma 38, dove è localizzato anche il gene Bsh

.

L’utilizzo di specifici marcatori neuronali nell’analisi dei mutanti non ha messo in evidenza alcuna anomalia, infatti l’intera struttura del cervello, più specificamente la dimensione e la morfologia, apparivano normali, così come appariva normale e correttamente posizionato il nervo di Bolwig. E’ tuttavia importante sottolineare il fatto che i mutanti recanti la delezione morivano subito dopo il primo stadio larvale; non si sa se, e in quale misura Bsh contribuisse al fenotipo letale, così come non si sa quali altri geni insieme a Bsh fossero deleti nella regione 38A.

E’ inoltre plausibile che gli embrioni con la regione 38A deleta, abbiano difetti troppo sottili per essere identificati, se non con l’ausilio di appropriati marcatori.

Questo è per esempio il caso di fushi tarazu: embrioni mutanti per tale gene furono analizzati per sette diversi tipi neuronali e tutti apparivano normali, tranne uno che invece mostrava alterazioni morfologiche, che lo portavano ad assumere l’identità di un altro tipo di neurone. Bsh potrebbe agire in questo modo, e ciò potrebbe quindi spiegare la mancanza di effetti visibili dovuti all’assenza di Bsh, oppure esso potrebbe non essere necessario ad esempio per la determinazione della morfologia del cervello e per il “pathway” assonale, bensì regolare l’espressione di neurotrasmettitori, recettori, canali, specializzazioni sinaptiche, o altri effettori che sono critici per la funzione fisiologica di cellule neurali particolari.

Per analizzare le conseguenze fenotipiche dell’espressione ectopica di Bsh,

furono inoltre costruite linee transgeniche di Drosophila recanti un cDNA di bsh

(Ce86C) sotto il controllo del promotore di hsp70. Questo costrutto permette di

ottenere abbondanti quantità della proteina già dopo un’ora di trattamento al

calore.

(24)

Figura 6 . Distribuzione della proteina bsh durante l’embriogenesi.

Le figure A,B mostrano embrioni a st.11 di sviluppo in visione laterale e dorsale, rispettivamente. La marcatura di bsh è evidente solamente in due nuclei per lobo procefalico (B).(C,D) Visione laterale e dorsale di un embrione a st.12. Il numero di cellule che esprime bsh è aumentato e si è organizzato in due cluster bilaterali. (E,F) Visione laterale e dorsale di un embrione a stadio 13, quando la retrazione della banda germinale è completamente terminata.

(G,H,I) Visione laterale e dorsale di un embrione a stadio 14, durante l’involuzione della regione cefalica. Le due visioni dorsali sono in differenti piani focali. Il numero di cellule esprimenti bsh continua ad aumentare. (J,K,L) A stadio 15 il numero di cellule esprimenti bsh continua a crescere, (J) visione laterale, (K,L) visioni dorsali. (M,N,O) rispettivamente indicano la visione laterale e le due dorsali di un embrione a stadio 16. Le cellule esprimenti bsh hanno ormai raggiunto il loro pattern finale.

(25)

Figura 7 . Una cellula esprimente bsh è in stretto contatto con l’estremità terminale del nervo di Bolwig. (A) Visione laterale della regione cefalica di un embrione a stadio 16. La freccia aperta indica la singola cellula esprimente bsh in posizione ventro-laterale. (B) Visione laterale di un embrione a stadio 16 marcato sia con anticorpi anti-bsh che anticorpi anti mAb22C10, (bo), organo di Bolwig, (bn) nervo di Bolwig. (C) Immagine ad alta risoluzione . Il nervo di Bolwig sembra prendere direttamente contatto con la cellula marcata da bsh. La porzione anteriore dell’embrione è a sinistra, quella dorsale verso l’alto

Le Drosophila transgeniche furono poi analizzate per la produzione di marcatori neuronali come mAb22C10, mAbBP102 e anti-HRP: in tutti i casi l’espressione di questi marcatori è risultata normale.

Tuttavia anche in questo caso il numero di proteine analizzate è piuttosto limitato ed è possibile che ulteriori studi, utilizzando un pannello di marcatori più esteso, possano rivelare difetti specifici [36].

1.6.2 Bsx in topo

Bsx rappresenta l’omologo di Bsh di Drosophila [13]. Questo gene mostra

una cornice di lettura (“open reading frame”) di 699 nucleotidi codificanti per

una piccola proteina, le cui dimensioni si suppone si aggirino intorno a 232

aminoacidi. Come nel caso di Bsh, l’omeodominio contiene in posizione 50 un

residuo di Glutammina, trovato anche in altre sottofamiglie “homeobox”

(26)

appartenenti alla classe Antennapedia della famiglia Hox. L’Analisi della struttura genomica di Bsx ha dimostrato che la regione codificante del gene è suddivisa in 3 diversi esoni che complessivamente ricoprono circa 5 kb del DNA.

Bsx è un gene altamente conservato, anche dal punto di vista dell’organizzazione genomica, trovato infatti oltre che in topo, anche in uomo ed in Xenopus laevis.

L’analisi del “pattern” d’espressione di Bsx, durante lo sviluppo del topo, ha

evidenziato che tale gene si esprime molto precocemente nell’embrione, e in

regioni specifiche [13] (fig.8). Infatti il suo trascritto compare per la prima volta a

E9.5 in poche cellule disposte bilateralmente nel Diencefalo dorsale; poche ore

dopo compare nel tubo neurale dorsale, e i due segnali prima separati si

fondono lungo la linea mediana formando l’abbozzo dell’epifisi. E’ quindi

possibile definire Bsx come un marcatore estremamente precoce dello sviluppo

dell’organo pineale, visto che inizia ad essere espresso ancor prima che la

pineale si formi e si posizioni nella sua localizzazione finale. L’espressione di

Bsx permane in questo sito fino agli stadi post-natali. Da stadio E11.5 in poi

l’espressione di Bsx è rivelabile anche in altre aree neurali ristrette che

includono il setto del telencefalo, i corpi mammillari e le aree tuberali

dell’ipotalamo. L’espressione di Bsx nell’Ipotalamo inizia negli stadi precoci

della neurogenesi, dove il trascritto è riscontrabile all’area tuberale

dell’ipotalamo. Successivamente (st. E15.5), Bsx è espresso anche nel nucleo

arcuato (ARN), una struttura ipotalamica ventrale, fiancheggiante il terzo

ventricolo, e rappresentante la principale fonte di due ormoni: la somatostatina

e l’ormone rilasciante l’ormone della crescita (GHRH) (fig.8). Quest’ultimo

controlla il rilascio del GH, attraverso inibizione o stimolazione della sua

produzione nei somatotropi, localizzati nel lobo anteriore della ghiandola

pituitaria. Come nel caso dell’organo pineale, anche qui l’espressione di Bsx

permane negli stadi post-natali [13].

(27)

Figura 8. Espressione di Bsx durante lo sviluppo embrionale del topo. (A) Visione laterale di un embrione di topo a stadio E9.5, le frecce indicano le cellule positive alla marcatura di Bsx. (B) la marcatura è localizzata nel Diencefalo dorsale. (C) visione dorsale di un cervello prelevato a stadio E10.5, Bsx è espresso a livello della regione dell’ epifisi. (D) Visione laterale di un cervello a stadio E12.5, la marcatura è evidente sia nell’ epifisi che nell’ipotalamo e nei corpi mammillari. (E) Visione ventrale dello stesso embrione, la marcatura oltre ad essere visibile nell’ Ipotalamo è anche presente nel setto telencefalico. (F) Embrione a stadio E14 mancante delle strutture telencefaliche, la marcatura è localizzata nell’ipotalamo e nell’epifisi. (G) Embrione a stadio di sviluppo E14, è messa in evidenza la marcatura nel setto. (H), Ingrandimento della regione ipotalamica. e, eye; ep, epiphysis;die, diencephalon; hy, hypothalamus; md, midbrain;

mb, mammillary body; rh, rhomboencephalon; tel, telencephalon.

(28)

1.7 Scopo del lavoro di tesi

Scopo di questo lavoro di tesi è stato caratterizzare il gene Brain Specific homeobox (Xbsx) in Xenopus laevis.

Innanzitutto perché scegliere Xenopus laevis come sistema modello?

Principalmente perché esso fornisce una serie di vantaggi sperimentali, che nessun altro sistema modello è in grado di garantire. Ad esempio esso è caratterizzato da fecondazione esterna e dalla capacità di produrre centinaia di uova ad ogni fecondazione, garantendo perciò una notevole quantità di materiale su cui lavorare. Inoltre lo sviluppo embrionale di Xenopus laevis è molto rapido, esterno e le uova sono abbastanza grandi (1mm di diametro), permettendo così un’ampia gamma di esperimenti di manipolazione (fig.9).

Figura 9. Ciclo vitale di Xenopus laevis.

Il punto di partenza per questo lavoro di tesi è stato determinare il profilo di espressione di Xbsx durante lo sviluppo embrionale di Xenopus, non essendovi a riguardo dati in letteratura.

Durante l’analisi del suo “pattern” d’espressione si è resa evidente la sua

presenza specifica all’interno dell’organo pineale, ancor prima di qualsiasi

(29)

differenziazione morfologica della struttura. Nella seconda parte di questo lavoro di tesi ho, invece, iniziato uno studio funzionale del gene Xbsx, volto alla comprensione della sua regolazione e del suo ruolo all’interno dell’organo pineale. L’analisi della regolazione di Xbsx ha previsto, attraverso esperimenti di microiniezione di mRNA, la sovraespressione di Xrx1, Xnot2 e Xotx5b e la successiva analisi di eventuali cambiamenti nell’espressione di Xbsx.

Per quanto riguarda, invece, l’analisi della funzione di Xbsx nell’organo pineale, la domanda che principalmente mi sono posta è stata se Xbsx svolge un ruolo fondamentale per la specificazione del territorio dell’organo pineale, vista la sua espressione così specifica e precoce in tale territorio. Per far ciò sono ricorsa nuovamente ad esperimenti di sovraespressione genica, noti anche come esperimenti di guadagno di funzione, utilizzando come marcatori dello sviluppo dell’organo pineale geni espressi precocemente nell’organo pineale stesso, come ad esempio Xrx1, Xotx5b e Xnot2.

Xrx1, Xnot2 e Xotx5b sono stati scelti in quanto, oltre ad essere espressi già a stadio di neurula nel territorio presuntivo dell’organo pineale, svolgono un ruolo fondamentale per il corretto sviluppo dell’organo. (vedi sezione “il controllo genetico dello sviluppo dell’organo pineale”)

Infine, visto che l’organo pineale in tutti i Vertebrati svolge un ruolo

fondamentale nella genesi e nella regolazione dei ritmi circadiani, producendo

l’ormone melatonina in maniera ritmica durante 24 ore, ho pensato di iniziare lo

studio di tale fenomeno. In particolare, per questo lavoro di tesi mi sono

concentrata sull’analisi dell’espressione ritmica di geni, noti essere sottoposti ad

influenze circadiane in altre specie, ponendo così le basi per una futura analisi

del ruolo di Xbsx nella regolazione di questo fenomeno.

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