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La Creazione di Adamo di Nado Canuti e Il giardino di Bacco di Luigi Gua- dagnucci, qui riproposti, appaiono particolarmente esemplificativi del vario e differenziato scenario offerto dalle ventotto opere in mostra.

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Curata da Pier Carlo Santini, presso l’Azienda Turismo di Marina di Mas- sa, nell’estate del 1981, Occasioni da Michelangelo fu una mostra aperta che fornì un importante momento di riflessione: ventotto scultori e pittori italiani, diversi per cultura e orientamento, furono invitati a confrontarsi in piena li- bertà di espressione con la multiforme produzione del genio michelangiole- sco, rielaborando e interpretando le suggestioni che questa offriva alla loro ispirazione creativa. Alcuni accettarono la sollecitazione a creare, confron- tandosi per la prima volta con Michelangelo, altri esposero schizzi, progetti, opere realizzati negli anni precedenti e frutto della personale riflessione sul maestro toscano, fino a quel momento rimasta nella sfera privata del loro ate- lier (Occasioni da Michelangelo 1981).

La Creazione di Adamo di Nado Canuti e Il giardino di Bacco di Luigi Gua- dagnucci, qui riproposti, appaiono particolarmente esemplificativi del vario e differenziato scenario offerto dalle ventotto opere in mostra.

La Creazione di Adamo, un’ideazione grafica realizzata da Canuti nel 1951, si compone di una serie di otto tavole. Il gesto simbolico del congiungersi della mano del Creatore e di Adamo, centrale nella scena sistina, è riproposto nella sua integrità iconografica nella prima tavola ma è in seguito sottoposto a un processo di semplificazione formale che termina in una sintesi astratto- geometrica. Le mani di Dio e di Adamo, triplicate o quadruplicate nelle suc- cessive tavole, sono trasformate in forme assemblate per incastri, componibili

Curated by Pier Carlo Santini at the Marina di Massa Tourist Office, in the summer of 1981, Occasioni da Michelangelo was an open exhibition that provided an important moment of reflection: twenty-eight Italian sculptors and painters, of different backgrounds and artistic leanings, were invited to confront the variform production of Michelangelo’s genius, reworking and interpreting, with full freedom of expression, what his work suggested to their creative inspiration. Some welcomed the encouragement to create, setting themselves alongside Michelangelo for the first time, others exhibited sketch- es, designs, or works created in previous years that were the fruit of personal reflection on the Tuscan master and that had, until that moment, remained part of the private sphere of their ateliers (Occasioni da Michelangelo 1981).

Nado Canuti’s The Creation of Adam and Luigi Guadagnucci’s The Garden of Bacchus, shown again here, seem to particularly exemplify the varied and diverse scene offered by the twenty-eight works on exhibit.

The Creation of Adam, a graphic concept created by Canuti in 1951, is com- posed of a series of eight panels. The symbolic gesture of the joining of the Creator’s hand with Adam’s, which is central in the Sistine scene, is repro- posed in its iconographic wholeness in the first panel, but is then subjected to a process of formal simplification that ends in an abstract-geometric synthesis.

The hands of God and Adam, tripled or quadrupled in successive panels, are transformed into shapes that are put together to form a joint, that can be

a. Nado Canuti (Bettolle, Siena, 1929)

La Creazione di Adamo

1951

tecnica mista su carta, 780 × 1070 mm Firenze, Casa Buonarroti, dono dell’autore

b. Luigi Guadagnucci (Castagnetola, Massa, 1915 - Massa, 2013)

Il giardino di Bacco

1980

marmo, bassorilievo, 67 × 50 × 7 cm Massa, collezione Ines Berti Guadagnucci

9. Occasioni da Michelangelo, mostra a Marina di Massa, 1981

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e scomponibili, ‘mutevoli’ come ingranaggi meccanici. L’immagine perde la propria connotazione antropomorfa e insieme divina e l’onirismo, proprio dello stile di Canuti, conferisce alla composizione una dimensione inconscia, esistenziale e tragica.

Lo scultore massese Luigi Guadagnucci guardò, invece, al Bacco del Museo Nazionale del Bargello di Firenze, come fonte di ispirazione per la sua opera plastica. Il Bacco, uno dei rari soggetti profani scolpiti da Michelangelo, appa- re particolarmente vicino alle tematiche erotiche con le quali l’artista iniziava a confrontarsi proprio in quegli anni.

“Lithophanies d’eros” – definirà Jean Clair (1993, pp. 85-86) – le sue compo- sizioni erotiche, disegnate a finissimo bassorilievo con la penna pneumatica, in cui nudi maschili e femminili emergono levigati dal ruvido supporto. As- secondando la forma irregolare dela scheda lapidea, la scena de Il giardino di Bacco si connota per un’architettura piramidale che colloca la citazione della statua michelangiolesca al vertice, mentre, digradando verso la base, sono collocate tre coppie di corpi nudi e atteggiati in delicate movenze.

Elisa Francesconi

assembled and disassembled, that “shift” like mechanical gears. The image loses its anthropomorphic connotation that is at the same time also divine and the oneiric, which is precisely Canuti’s style, gives the composition an uncon- scious, existential, and tragic dimension.

The sculptor from Massa, Luigi Guadagnucci, looked instead to the Bacchus at the Museo Nazionale del Bargello in Florence as a source of inspiration for his plastic work. Bacchus, one of the rare secular subjects sculpted by Michel- angelo, seems particularly close to the erotic themes that Guadagnucci was beginning to tackle in just those years.

Jean Clair would call them “Lithophanes of Eros” (Clair 1993, pp. 85-86) – in Guadagnucci’s erotic compositions, drawn in extremely fine bas-relief with a pneumatic engraving pen, male and female nudes emerge, smooth, from the rough support. Following the irregular form of the sliver of marble, the scene of The Garden of Bacchus is characterized by a pyramidal architecture that places the quotation of Michelangelo’s statue at the top while the three pairs of naked bodies posed in delicate movements are placed sloping down toward the base.

Bibliografia

Natali 1976; Occasioni da Michelangelo 1981; Clair 1993; Gigi Guadagnucci sculture 1993; Santini 1993.

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L’opera fa parte della collezione 100 Piazze d’Italia, ideata nel 2007 per Driade dall’architetto-designer Fabio Novembre. La prima serie si compone di otto di vassoi-centrotavola in ottone argentato, liberamente ispirati ad alcune tra le più caratteristiche e celebrate piazze d’Italia: da piazza della Scala di Milano a piazza San Carlo di Torino, da piazza dell’Anfiteatro di Lucca a piazza Santissima Annunziata di Firenze, solo per citarne alcune.

Rappresenta la Città eterna piazza del Campidoglio, una scelta che testi- monia la fortuna visiva rivestita dall’opera michelangiolesca nella ricerca creativa più recente. Il vassoio di Novembre reinterpreta l’assetto attuale di questo scenografico spazio esterno attraverso una significativa riduzio- ne di scala (1:250) e un’accurata stilizzazione, mantenendone però inalte- rata la sua riconoscibilità formale. E così la pavimentazione dal contorno leggermente trapezoidale, con il distintivo decoro geometrico, si trasfor- ma – grazie all’estro fantasioso del designer – nella superficie piana del vassoio, mentre le facciate monumentali dei tre palazzi, che limitano la piazza romana senza chiuderla, ne divengono gli originali bordi rialzati.

L’opera non è priva di echi postmoderni, istaurando una sorta di legame ideale con il genio creativo di Robert Venturi e con la sua invenzione del vassoio The Campidoglio realizzato nel 1985 (cfr. cat. 33). Al contem- po questo artefatto si carica di rimandi all’estetica popolare del souvenir (M. Romanelli, in Finessi 2008, p. 211), da cui prende però in parte le distanze sia per la preziosità del materiale impiegato, l’ottone argenta- to specchiato e scintillante, sia per la raffinatezza della sua lavorazione.

Caratteristiche, queste, che fanno di 100 Piazze (Roma), al pari degli al- tri centrotavola della collezione, un singolare trofeo atto a celebrare, con scanzonata nostalgia, la grandezza architettonica del Bel Paese.

Alessandra Acocella

This work is part of the 100 Piazze d’Italia (100 Italian Piazzas) col- lection, created in 2007 for Driade by the architect and designer Fabio Novembre. The first series comprised eight trays or centrepieces in sil- ver-plated brass, freely inspired by some of the most distinctive and cele- brated piazzas in Italy: Piazza della Scala in Milan, Piazza San Carlo in Turin, Piazza dell’Anfiteatro in Lucca and Piazza Santissima Annunzi- ata in Florence, to name but a few.

The Piazza del Campidoglio was selected to represent the Eternal City; a choice that testifies to the visual standing of Michelangelo’s design in the work of contemporary artists. Novembre’s tray reinterprets the current layout of this scenographic outdoor space through an extreme reduction of scale (1:250) and painstaking stylisation, while maintaining its formal recognisability unaltered. And so the pavement, with its slightly trapezoi- dal shape and distinctive geometric patterning, is transformed, through the imaginative creativity of the designer, into the flat surface of the tray, while the monumental façades of the three palazzos that delimit the Ro- man piazza, without closing it, become the tray’s raised sides.

The work is not lacking in postmodern echoes, establishing a kind of ideal link to the creative genius of Robert Venturi and his design for the tray The Campidoglio, produced in 1985 (cf. cat. 33). At the same time, the piece is full of references to the souvenir aesthetic (M. Romanelli, in Finessi 2008, p. 211), partially distancing itself from this connection through the costliness of the material used – shiny, sparkling silver-plat- ed brass – and its fine workmanship. All characteristics that make 100 Piazza (Roma) (100 Piazzas, Rome), like the other centrepieces in the collection, a singular trophy well-suited to celebrating the architectural greatness of the Bel Paese with carefree nostalgia.

Fabio Novembre (Lecce, 1966) 10. Vassoio 100 Piazze (Roma)

2007

ottone argentato, 29 × 13,8 × 34 cm Fossadello di Caorso (Piacenza), Driade

Bibliografia

Finessi 2008; Novembre 2010.

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In vista del quinto centenario della nascita di Michelangelo, da celebrarsi nel 1975, il quotidiano livornese “Il Telegrafo”, riprendendo un’idea svi- luppata agli inizi del Novecento da Cesare Martignoni (F. Naldi, in La città di Michelucci 1976, p. 184), già nel 1964 aveva lanciato la proposta, accolta favorevolmente da artisti del calibro di Picasso, Moore, Zadkine e Arp (Godoli 2002, p. 82), di un memoriale dedicato all’artista da erigersi sulle Alpi Apuane. Giovanni Michelucci si occupò della parte architetto- nica del progetto e, nel luglio del 1972, fu premiato dal circolo carrarese

“Antonio Dazzi” per il lavoro svolto. I primi schizzi dell’architetto pistoiese risalgono al maggio del 1972, a testimonianza del fatto che l’ideazione del progetto fosse precedente al conferimento del premio: l’area indicata per la realizzazione del memoriale era la località Foce di Pianza, posta tra il monte Borla e il monte Sangro, non lontano da Carrara. Il coinvolgimento dello scultore inglese Henry Moore, che da diversi anni aveva casa a Forte dei Marmi ed era quindi legato all’ambiente delle Alpi Apuane, rendeva ancora più probabile la realizzazione dell’impresa. Giovanni Michelucci, nell’accettare l’incarico, contestò l’idea del monumento celebrativo e pro- pose la realizzazione di un Centro Sperimentale del Marmo, destinato ad accogliere una torre-osservatorio, gli atelier degli artisti e perfino un teatro all’aperto (Belluzzi 1986, p. 174). La scelta di realizzare il memoriale in una cava abbandonata fa sì che “il rapporto con le forme naturali si manifesta in

In light of the fifth centennial of Michelangelo’s birth, which would be celebrated in 1975, the Livorno newspaper Il Telegrafo took up an idea that had been developed by Cesare Martignoni at the start of the twentieth cen- tury (Naldi in La città di Michelucci 1976, p. 184), and as early as 1964 launched the proposal, which was favorably received by artists the caliber of Picasso, Moore, Zadkine and Arp (Godoli 2002, p. 82), for a memorial dedicated to the artist that would be erected on the Apuan Alps. Giovanni Michelucci handled the architectural part of the project and in July of 1972, he received an award from the Carrara group “Antonio Dazzi” for the work he carried out. The Pistoia architect’s first sketches date back to May 1972, evidence of the fact that the concept for the project preceded the awarding of the prize. The area indicated for creating the memorial was the town Foce di Pianza, located between Monte Borla and Monte Sagro, not far from Carrara. The involvement of the English sculptor Henry Moore, who for several years back had a home in Forte dei Marmi and so was tied to the area of the Apuan Alps, made carrying out the undertaking all the more likely. In accepting the task, Giovanni Michelucci challenged the idea of a commemorative monument and proposed creating an Experimental Center for Marble intended to accommodate an observation tower, the artists’ ate- liers and even an open-air theater (Belluzzi 1986, p. 174). The decision to create the memorial in an abandoned quarry ensured that “the relationship

Giovanni Michelucci (Pistoia, 1891 - Firenze, 1990) 11. Progetti per un Centro Sperimentale del Marmo

dedicato a Michelangelo a Foce di Pianza (Massa-Carrara)

1972

Pistoia, Centro di Documentazione “Giovanni Michelucci”

a. inv. disegni n. 347 pennarello, 245 × 345 mm

b. inv. disegni n. 682

penna stilografica, 245 × 355 mm

c. inv. disegni n. 463 pennarello, 245 × 345 mm d. inv. disegni n. 692

penna stilografica, 250 × 350 mm

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Bibliografia

F. Naldi, in La città di Michelucci 1976, pp. 183-190; A. Belluzzi, in Belluzzi, Conforti 1986, p. 174; Godoli 2002; M. Marandola, in Conforti, Dulio, Marandola 2006, p. 344.

modi diversi, in un complesso intreccio di interferenze e contrapposizioni”

(Godoli 2002, p. 87).I numerosi schizzi – circa un centinaio, conservati presso il Centro di Documentazione “Giovanni Michelucci” di Pistoia – ci consegnano l’idea di “una copertura che diventa tenda, foglia, lastra, e di un osservatorio astronomico a traliccio che trapassa da allusioni alla torre di Babele a suggestioni fantascientifiche. L’intuizione più convincente as- simila gli elementi architettonici ai blocchi e ai lastroni marmorei presenti nelle cave” (Belluzzi 1986, p. 174). Il disegno 347, del maggio 1972, è un primo, preliminare studio dell’ambiente delle cave abbandonate su cui do- vrà sorgere il memoriale: con pochi segni grafici, Michelucci rappresenta il profilo delle Apuane e i vari piani di cava, digradanti. Il foglio 682, datato 23 giugno 1972, raffigura delle platee digradanti, formate da grandi lastre di marmo sovrapposte, destinate a fungere da copertura agli atelier degli artisti. Compare anche la torre-traliccio destinata a rimanere una costante in quasi tutti gli schizzi successivi. Gli elaborati dell’ottobre 1972 testi- moniano un ulteriore sviluppo del tema delle falde marmoree digradanti che vanno a integrarsi perfettamente nel paesaggio apuano, quasi anch’esse frammenti delle cave abbandonate. Il foglio 463, infatti, riprende il tema delle lastre marmoree sovrapposte e in esso si scorge la cavea di un teatro scavato nel marmo. Il tema del teatro è presente anche nel disegno 692 nel quale sono rappresentate anche delle gradonate affiancate collegate da una passerella metallica; in questo schizzo, come già nel 463, non è presente la torre-osservatorio. La qualità grafica di questi elaborati è stata inter- pretata come una attestazione della vicinanza michelucciana a tematiche espressioniste (Godoli 2002, p. 89). Il 10 novembre 1975, alla presenza del ministro dei Beni Culturali, Giovanni Spadolini, e delle maggiori autorità politiche locali, viene posta la prima pietra del memoriale a Michelangelo;

successivamente, presso la Camera di Commercio di Carrara, è letto un messaggio di Giovanni Michelucci che tuttavia non presenzia a nessuna delle celebrazioni della giornata, per non impedire ai presenti di formula- re eventuali critiche all’iniziativa progettuale. Nonostante le assicurazioni dei Ministeri della Pubblica Istruzione e delle Finanze per la copertura finanziaria del progetto, la realizzazione del memoriale michelangiolesco resta sulla carta: oltre agli schizzi sopravvivono anche alcuni plastici realiz- zati da Bruno Sacchi ed esposti alla mostra pistoiese La città di Michelucci, dell’estate 1976. Nei plastici viene rappresentata un’ulteriore variante del progetto: la torre-traliccio sostiene un’enorme copertura a vela, memore di una delle più celebri architetture michelucciane, la chiesa di San Giovanni Battista sull’Autostrada del Sole, presso Campi Bisenzio.

Costantino Ceccanti

with natural forms is manifested in different ways, in a complex web of interferences and contrasts” (Godoli 2002, p. 87). The numerous sketches – nearly a hundred, kept at the Center of “Giovanni Michelucci” Records in Pistoia – give us the idea of “a covering that becomes an awning, a leaf, a sheet, and a trellised astronomical observatory that shifts from allusions to the Tower of Babel to suggestions of science fiction. The most convincing insight assimilates the architectural elements to the blocks and slabs of mar- ble in the quarries” (Belluzzi 1986, p. 174). Drawing 347, from May 1972, is a first, preliminary study of the area of the abandoned quarries where the monument would be erected. With a few marks, Michelucci renders the profile of the Apuans and the different, sloping levels in the quarries.

Folio 682, dated June 23, 1972, portrays the sloping levels, formed by large

overlapping slabs of marble that were intended to serve as canopies for the

artists’ ateliers. The trellised tower, which would remain a constant in nearly

all later sketches, also appears. The October 1972 workups are evidence of

further development of the theme of the descending marble slopes that are

seamlessly integrated into the Apuan landscape, almost as though they are

also fragments of the abandoned quarries. Folio 463, in fact, takes up the

theme of the overlapping marble slabs and we can also make out the audi-

torium of a theater carved into the marble. The theme of the theater is also

present in drawing 692 in which the tiers of seats are portrayed connected

by a metallic walkway; in this sketch, as previously in 463, the observation

tower is not present. The graphic quality of these workups has been inter-

preted as a testimonial to Michelucci’s closeness to Expressionistic themes

(Godoli 2002, p. 89). November 10, 1975, with the Minister of Cultural

Heritage, Giovanni Spadolini, and some of the most important local politi-

cal authorities present, the first stone of the memorial to Michelangelo was

placed. Later, a message from Giovanni Michelucci was read at the Carrara

Chamber of Commerce; Michelucci was not in attendance at any of the

day’s celebrations in order to not prevent those present from forming any

criticisms of the planning project. Despite assurances from the Ministries

of Public Education and of Finance as to funding for the project, accom-

plishing the memorial to Michelangelo remains on paper. In addition to the

sketches, some models created by Bruno Sacchi and displayed at the Pistoia

exhibit La città di Michelucci, from the summer of 1976, have survived. A

further variation of the project is portrayed in the models: the trellised tow-

er supports an enormous canopy, reminiscent of one of Michelucci’s most

famous architectural works, the church of San Giovanni Battista along the

Highway of the Sun (the Autostrada A1) near Campo Bisenzio.

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Omaggio a Michelangelo è il nome di serie di opere grafiche realizzate, ciascuna in tiratura di duecento esemplari numerati, per iniziativa della Fondazione Bruckmann di Monaco in occasione delle celebrazioni del cinquecentenario della nascita del Buonarroti (1975). L’insieme consta di tredici litografie, incisioni e acqueforti, create da altrettanti artisti diversi per nazionalità, generazione e linguaggio: Horst Antes, Jorge Castillo, Emilio Greco, Renato Guttuso, David Hockney, Jean Ipoustéguy, Gia- como Manzù, Marino Marini, André Masson, Henry Moore, Eduardo Paolozzi, Fritz Wotruba, Paul Wunderlich. Un’iniziativa che intendeva quindi mostrare, in termini concreti, quanto Michelangelo costituisse – a distanza di secoli – un modello ancora vivo nell’immaginario artistico, capace di suscitare suggestioni tanto espressive quanto variegate.

Una cartella grafica di stampe in grande formato è stata donata dalla fon- dazione tedesca a Casa Buonarroti nell’aprile del 1976, di essa vengono presentati in mostra alcuni esemplari. Tra gli ‘omaggi’ più significativi e originali, si annoverano l’incisione di Eduardo Paolozzi (cfr. cat. 13) la litografia di Renato Guttuso e quella di Henry Moore.

L’opera grafica proposta da Renato Guttuso ritrae un particolare della Crocifissione di san Pietro, scena dipinta dal Buonarroti nella Cappella Pa- olina in Vaticano, verso cui l’artista siciliano mostra un vivo interesse – come dimostrano i numerosi disegni coevi tratti dal medesimo affresco ed eseguiti in occasione della mostra Renato Guttuso. Da Michelangelo (Fi- renze, Accademia delle Arti del Disegno, 1975). Nella rappresentazione altamente drammatica dell’episodio evangelico realizzata in tarda età dal maestro del Rinascimento, Guttuso sembra trovare infatti una stretta con- sonanza con i temi cari alla propria poetica, quali l’esistenza umana e la sua portata tragica (Renato Guttuso 1975, p. n.n.), che il pittore restituisce graficamente infondendo al gruppo di figure una potente forza espressiva, attraverso un segno incisivo nei contorni e un tratteggio talvolta delicato, altre violento nel restituire il modellato.

Omaggio a Michelangelo is the title of a portfolio of prints, each in an edi- tion of 200 numbered exemplars, commissioned by the Bruckmann Foun- dation in Munich in celebration of the 500th anniversary of Michelan- gelo’s birth (1975). The portfolio comprises 13 lithographs, engravings and etchings, made by 13 artists of different nationalities, generations and languages: Horst Antes, Jorge Castillo, Emilio Greco, Renato Guttuso, David Hockney, Jean Ipoustéguy, Giacomo Manzù, Marino Marini, An- dré Masson, Henry Moore, Eduardo Paolozzi, Fritz Wotruba and Paul Wunderlich. The project aimed to demonstrate in concrete terms how Mi- chelangelo was still – centuries later – an active influence on the artistic imagination, capable of inspiring work as expressive as it was varied.

A portfolio of large-format prints was donated by the German foundation to Casa Buonarroti in April 1976, some of the prints of which are on display in the exhibition. Among the most important and original ‘hom- ages’ are an engraving by Eduardo Paolozzi (cf. cat. 13), a lithograph by Renato Guttuso and a lithograph by Henry Moore.

The print by Renato Guttuso draws on a detail from the Crucifixion of St Peter painted by Michelangelo in the Pauline Chapel in the Vatican Palace, a fresco of great interest to the Sicilian artist, as demonstrated by the numerous drawings he made of it during the same period for the exhi- bition Renato Guttuso. Da Michelangelo (Florence, Accademia delle Arti e del Disegno, 1975). In this highly dramatic representation of the Gospel episode, painted by the Renaissance master late in his career, Guttuso in fact seems to find close correspondence with the key themes of his own poetics, specifically, those of human existence and its tragic nature (Stein- gräber 1975, no page no.), which the painter communicates graphically by imbuing the group of figures with powerful expressive force, using incisive contours and a stroke that is at times delicate and at other times violent to express the sense of modelling.

Albeit thanks to his own sensitivity, while Guttuso’s homage represents

Henry Moore (Castleford, 1898 - Much Hadham, 1986) 12. Omaggio a Michelangelo

1975

litografia, 485 × 1590 mm

Firenze, Casa Buonarroti

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Bibliografia

R. Guttuso, in Renato Guttuso, pp. n.n.; E. Steingräber, in Renato Guttuso, pp. n.n.; Coen 1995; Wilkinson 2002.

Se Guttuso raffigura, seppur attraverso la propria sensibilità, un preciso e individuabile soggetto michelangiolesco, al contrario Henry Moore nel suo Omaggio a Michelangelo esposto qui in mostra, ripropone una del- le figure tra le più originali e ricorrenti nel proprio universo plastico e che ha poco a che vedere, almeno apparentemente, con le creazioni del maestro del Rinascimento. La litografia presenta, su uno sfondo grigio- verde, quattro varianti del medesimo soggetto: la celebre Reclining figure, personale reinterpretazione della scultura tolteco-maya del dio della piog- gia dall’originale posizione supina, trasformata da Moore nelle sue opere plastiche e grafiche in una figura femminile dalla forma archetipica, quasi organica (a partire dagli anni sessanta l’artista mostra un crescente inte- resse verso il procedimento litografico, di cui si avvale anche per studiare le forme da tradurre in sculture).

A ben vedere però la lezione degli antichi maestri tra cui, in primis, Mi- chelangelo, ha giocato un ruolo di primo piano nella ricerca di Moore dopo la sua esperienza giovanile di sperimentazione, come egli stesso ha confessato nella lunga intervista intitolata The Michelangelo Vision (1964):

“The Reason I can’t look at Bernini, or even Donatello, beside him is his tremendous monumentality, his over-life-size vision. What sculpture should have for me is this monumentality rather than details that are sensitive” (Wilkinson 2002, p. 157).

Già nel corso degli anni trenta, quando emerge con forza crescente nella sua ricerca il tema della figura distesa, Moore sembra aver interiorizzato – anche se in maniera forse non ancora consapevole – il portato delle ope- re michelangiolesche ammirate per la prima volta dal vero nel decennio precedente durante il suo viaggio di formazione in Italia. In queste figure giacenti, la potente e al contempo essenziale massa scultorea prende vita attraverso un avanzare e retrocedere nello spazio, assecondando i movi- menti della mano dell’artista che si addentra in un blocco informe di pie- tra fino a far emergere il nucleo vitale (Coen 1995, p. 56). Nella litografia del 1975, il testo che – come in tutti gli altri esemplari della serie – affian- ca l’opera grafica espliciterà proprio questo sottile ma profondo legame:

si tratta di un componimento tratto dalle Rime michelangiolesche, dove il Buonarroti instaura una similitudine tra la donna e la scultura come

“viva figura”, in cui la pietra deve scemare affinché si liberi la bellezza della propria “anima”.

Alessandra Acocella

a specific, recognisable Michelangelesque subject, on the contrary, the Omaggio a Michelangelo by Henry Moore displayed in this exhibition draws on one of the most original and recurrent figures in his own work, one that at least apparently has little to do with that of the Renaissance master. The lithograph features four variants on the same subject, on a grey-green background: Moore’s celebrated Reclining Figure, a personal interpretation of the Toltec-Maya sculpture of the Rain God, in a unique reclining position, transformed by the artist in his three-dimensional and graphic works into a female figure with an archetypical, almost organ- ic, shape (starting in the 1960s, the artist became increasingly interested in lithography, which he also used for studying forms that he wanted to translate into sculptures).

Looking more closely, however, the influence of old masters, including, first and foremost, Michelangelo, played a major role in the development of Moore’s work after his period of youthful experimentation, as the art- ist himself acknowledged in the long interview The Michelangelo Vision (1964): “The reason I can’t look at Bernini, or even Donatello, beside him is his tremendous monumentality, his over-life-size vision. What sculpture should have for me is this monumentality rather than details that are sensitive” (Wilkinson 2002, p. 157).

During the 1930s, which is when the theme of the reclining figure

emerged with increasing force in his work, Moore seems to have interio-

rised – although perhaps not yet consciously – the meaning of the works

by Michelangelo that he had seen for the first time first-hand during a

study trip to Italy the previous decade. In these reclining figures, the po-

tent and at the same time essential sculptural mass takes shape through

its advancement and recession in space, following the movements of the

artist’s hand, which penetrates the shapeless block of stone to the point of

making its vital nucleus emerge (Coen 1995, p. 56). In the 1975 litho-

graph, the text that – as for all of the other prints in the series – accompa-

nies the graphic work precisely expresses this subtle but profound tie: the

text is taken from Michelangelo’s Rime, in which he establishes a likeness

between a woman and sculpture as a “living figure,” whereby the stone

must be reduced until the beauty of its “soul” is freed.

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