UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA
SCUOLA POLITECNICA DIPARTIMENTO DSA
Tesi di Laurea Magistrale in Architettura
La linea d’ombra: visioni di un cimitero metropolitano
Relatore: Prof. Giovanni Galli
Candidato: Luciano Ragno
a.a. 2012/2013
Alla mia famiglia e agli amici che mi hanno sempre sostenuto
INDICE
1. PREMESSA 9
2. LE VARIE FORME DI LUTTO 15
3. IL PARADOSSO: perché i grattacieli? 27
4. IL PROGETTO 31
Il luogo 35
I cimiteri 38
5. SCHIZZI PROGETTUALI 41
6. REGESTO D’IMMAGINI 65
Questa storia che pur nella sua brevità, lo riconosco, è un’opera abbastanza complessa, non intendeva trattare il soprannaturale. Però più di un critico è stato propenso a leggerla in questo modo, cogliendovi un tentativo, da parte mia, di dare più ampio sfogo all’immaginazione trasportandola oltre i confini nel mondo in cui vive e soffre l’umanità. Ma in realtà la mia immaginazione non è fatta di stoffa tanto elastica. Credo che se tentassi di mettervi la tensione del soprannaturale fallirebbe miseramente e mostrerebbe una sgradevole lacuna. Nono avrei mai potuto fare un simile tentativo, perché tutto il mio essere morale ed intellettuale è permeato dall’invincibile convinzione che tutto ciò che cade sotto il dominio dei nostri sensi si trova nella natura, e, per quanto eccezionale, non può essere diverso nella sua assenza da tutte le altre manifestazioni del mondo visibile e tangibile di cui noi siamo parte consapevole. Il mondo dei vivi contiene già abbastanza meraviglie e misteri così com’è: meraviglie emisteri che agiscono sulle nostre emozioni e sulla nostra intelligenza in modi così inesplicabili da giustificare una concezione della vita quasi come uno stato incantato. No sono troppo saldo nella consapevolezza del meraviglioso per essere affascinato dal puro soprannaturale che (consideratelo come volete) non è altro che un artificio l’invenzione di menti insensibili all’intima delicatezza del nostro rapporto con i morti e con i vivi nelle loro innumerevoli moltitudini una profanazione
dei nostri ricordi più teneri un oltraggio alla nostra dignità.
Joseph Conrad, da La linea d’ombra, Einaudi, Milano, 2006
8
1. PREMESSA
10
Da sempre la città dei vivi si è espansa simbioticamente con quella dei morti, la tomba ha sempre avuto la funzione di celebrare valori e ideali nel tentativo di dare un maggiore significato alla vita umana. Fino all’età moderna i luoghi della vita e della morte si intrecciavano, rendendo lucide le memorie dei paesi e delle persone che li vivevano.
Ma perché pria del tempo a sé il mortale invidierà l’illusïon che spento pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando gli sarà muta l’armonia del giorno,
se può destarla con soavi cure nella mente de’ suoi? Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi, celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l’amico estinto e l’estinto con noi, se pia la terra che lo raccolse infante e lo nutriva, nel suo grembo materno ultimo asilo
porgendo, sacre le reliquie renda dall’insultar de’ nembi e dal profano piede del vulgo, e serbi un sasso il nome,
e di fiori odorata arbore amica le ceneri di molli ombre consoli.
Ugo foscolo, Dei Sepolcri 1806, vv. 23-40
L’approccio materialistico nel considerare la morte e i cadaveri il naturale prodotto della vita sociale moderna, porta Napoleone, nel 12 giugno 1804, a emanare a Saint-Cloud il Décret Impérial sur les Sépultures: questo decreto raccolse organicamente in un unico corpus legislativo tutte le precedenti e frammentarie norme sui cimiteri. L’editto stabilì che le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali, rappresentando, pertanto, il momento della scissione tra la città dei vivi e quella dei morti. I cimiteri,
12
dai centri urbani, sono i morti a contaminare i viventi.
Il cimitero diventa un dispositivo cruciale, un recito sacro che delinea il luogo improduttivo della morte, un monumento, uno strumento di perpetuo ricordo. Nascono così nell’ottocento i primi modelli cimiteriali, questi si suddividono in:
- il cimitero monumentale, caratterizzato da un impianto a corte rigidamente simmetrico regolato da un rapporto gerarchico fra asse di percorrenza principale e diramazioni secondarie (Cimitero monumentale di Satglieno, Torino, Parigi, Milano, etc.);
- il cimitero paesistico, un vero e proprio giardino in cui l’impianto altimetrico si sviluppa liberamente come in un giardino romantico (Cimitero di Wildboden a Davos, Cimitero Mentnegg a Zurigo, Cimitero acattolico a Roma, etc.)
- il cimitero paesistico-monumentale, trae alcune caratteristiche dei modelli sopracitati, fondendoli insieme (Cimitero Monumentale di Messina, Cimitero del Verano a Roma, delle Zale a Lubiana, etc.).
Come affermava Heidegger, tutto conduce a l’inautenticità del vivere tranne il morire. La vita, irretita dalla chiacchiera dal parlottare confuso ed anonimo in cui si svolge la collettività, svuota l’essere e il morire diventa quindi l’unico strumento che stacca l’individuo dalla trama di relazioni vuote e finte.
Per ritrovare l’”autenticità” dell’esistenza, termine ripreso da Kierkegaard ma in un senso nuovo, occorre fare della morte il cardine delle proprie possibilità di scelta, non in un’ottica pessimistica, ma anzi per trascendere le situazioni particolari in cui di volta in volta ci si viene a trovare: per evitare cioè l’irrigidimento in esse, salvaguardando la propria trascendenza e la propria libertà, la cui essenza è proprio la possibilità di scelta. La possibilità di morire è incondizionata, non si tratta di fuggire la morte, ma al contrario di accettarla pienamente.
L’autenticità del vivere sta nella coscienza della temporalità e della storicità. Dunque il futuro non si presenta come progetto ma come decisione anticipatrice, il passato non è una situazione
di fatto ma dimensione del tempo che riacquista un senso e fa rompere le abitudini (vita inautentica), il presente è l’istante che serve a recuperare il senso delle proprie possibilità.
Nonostante ciò la società moderna è cresciuta, è veloce, vitale, sfrenata…è lontana dal ricordo, si è lasciata alla spalle la necessità delle “illusioni” che servono per superare l’angoscia esistenziale e soprattutto dare un senso alla vita dell’uomo.
Oggi ci si vergogna di parlare della morte e del suo strazio come un tempo ci si vergognava del sesso e dei suoi piaceri.
Attualmente nella nostra società c’è un mutismo disumano e una sordità totale di fronte alla morte e al lutto; la tendenza più diffusa è quella di emarginarli dalla dimensione sia individuale che collettiva del vivere. La società dei vivi, si è data dei tempi, ha ritagliato giorni e spazi “adatti” alla memoria di chi ci ha preceduto, e, ormai svuotati di qualsiasi significato, questi riti moderni si ripetono di anno in anno.
Eppure cosa potrebbe nuovamente conferire alla vita la sua dignità se non la morte?!
Prima di affrontare la progettazione di questo impianto cimiteriale, mi sono posto alcune domande, che segnano poi i confini del mio progetto: per quali religioni o culti indirizzare la costruzione? Sarà opportuno realizzare un unico oggetto architettonico o è meglio realizzarne uno per ogni religione differente? Dove lo colloco? Considerando che deve essere l’alter ego della città dei vivi, come lo strutturo?
14
2. LE VARIE FORME DI LUTTO
16
I crisantemi, i cinesi li mangiano nell’insalata, i francesi li mettono nei quadri impressionisti, noi li portiamo al cimitero
Philippe Daverio
Da sempre l’uomo ha avuto un senso di riverenza nei confronti della morte.
I defunti in quanto tali, stanno in una dimensione sospesa tra il visibile e l’ignoto. Fin dai tempi più remoti l’uomo ha accompagnato il processo di sepoltura con vari rituali e, più genericamente, possiamo affermare che il rito funebre, presso la maggior parte delle culture, si svolge tipicamente alla presenza di una pluralità di persone e spesso è presieduto da un’autorità di riferimento sociale ( i ministri del culto), politico o morale.
Il rito assolve spesso ad alcune funzioni sociali, che non sono tuttavia riscontrabili sempre e in egual misura nei vari gruppi etnici e sociali: l’ufficializzazione alla comunità della dipartita, il richiamo a specifiche concettualità etiche o religiose della comunità di appartenenza, il giudizio sul defunto, l’espressione di solidarietà alla famiglia.
All’alba tu, Agamennone, signore di popoli, da’ ordine che portino legna e preparino quanto è necessario ad un morto perché possa discendere nell’ombra nebbiosa e il fuoco indomabile rapidamente lo bruci e dissolva
da L’Iliade, Omero Tradizione cattolica
Il Re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna
(2 Maccabei 7,9)
Il Cristianesimo lega, in modo indissolubile, la morte alla risurrezione. Anzi, per San Paolo la nostra fede sarebbe vana, inutile, assurda se non ci fosse la risurrezione. Non avrebbe
18
risurrezione. Noi, infatti, risorgeremo perché Cristo è già risorto.
Nella tradizione cristiana, il funerale si divide generalmente in tre parti principali:
_La “contemplazione” o “veglia” durante la quale il corpo del defunto, dopo un adeguato trattamento, è esposto nella bara.
A questo momento partecipano gli amici e i parenti. La veglia termina con una preghiera comune, il rosario, recitato anche da un sacerdote in chiesa o nell’abitazione del defunto.
_La cerimonia funebre durante la quale il sacerdote officia la messa esequiale in chiesa e la quale la bara viene aspersa con l’acqua benedetta e incensata. Al termine di questa, si abbandona il luogo di culto e ci si reca in processione al cimitero, questo percorso viene fatto a piedi ed è seguito da tutti i partecipanti del funerale.
_La cerimonia comprende di solito anche il pio officio della sepoltura, che segue il funerale e si tiene di solito a fianco alla tomba o cappella. Al rito può seguire la presentazione delle
“condoglianze” agli intimi del defunto (in genere i familiari e gli amici più stretti). Quando la bara è posta nella fossa, il prete, secondo il rito cattolico recita la seguente orazione: « L’eterno riposo dona o Signore, questo nostro fratello e tutti i morti in Cristo, per la misericordia di Dio, riposino in pace.»
La salma può essere quindi tumulata, inumata o cremata, purché non sia finalizzata ad esprimere incredulità verso la dottrina della resurrezione dei corpi e prescrive anche che le ceneri siano comunque sepolte e non ne permette né la dispersione né la custodia domestica.
Tradizione islamica
Tutto quel che è sulla terra è destinato a perire, (solo) rimarrà il Volto del tuo Signore, pieno di Maestà e di Magnificenza
Corano LV. Ar-Rahmân, 26-27
Il Musulmano deve prepararsi prima che la morte lo sorprenda, mentre rischia di essere assorbito dal vortice della vita. Ogni
esistenza ha un termine, che nessuno può posticipare, qualunque sia il suo potere, il suo sapere o la sua posizione sociale. Tutti gli uomini sono uguali davanti alla morte.
Gli usi funerari musulmani si sono sviluppate in usi e consuetudini differenti a seconda del gruppo di appartenenza.
Il momento della morte va vissuto con un atteggiamento dignitoso senza troppa esternazione del dolore, è consentito il pianto ma non manifestazioni più evidenti. La disperazione è segno di poca fede in Dio.
Possiamo comunque suddividere il rito in tre momenti:
_L’agonia, ovvero nel momento in cui una persona sta per morire vengono avvertiti tutti i membri della famiglia e gli amici più intimi, una volta radunatesi, le persone presenti sono tenute a far pronunciare o a pronunciare al posto dell’agonizzante, la Shahadah: « Lâ ilâha illâ Allâh »(non vi è altra divinità a parte Allah)
_Le preparazione della salma, quando la persona è definitivamente morta, che prevede innanzitutto la chiusura degli occhi e il blocco delle mascelle. Inoltre qualcuno deve occuparsi di saldare immediatamente i debiti del defunto, utilizzando il denaro che ha lasciato o se non basta chiedendo ad ognuno dei parenti di contribuire. Il morto viene lavato da familiari o amici intimi, in base al sesso della persona, secondo il rituale prescritto. Il corpo va posizionato su un tavolo o qualcosa di simile. La pulizia del corpo procede dalla testa verso la parte superiore destra, poi quella superiore sinistra, dopo il lato inferiore destro poi quello inferiore sinistro. Il lavaggio viene effettuato un numero dispari di volte, l’ultima volta si aggiunge canfora o qualche profumo. Una volta finite le abluzioni, si avvolge la salma in un sudario di colore bianco, senza essere imponente né eccessivamente costoso. Deve essere composto di tre pezzi sia per la donna che per l’uomo. E’ raccomandato di profumare il sudario per tre volte.
_La sepoltura dovrebbe avvenire il giorno stesso, per evitare
20
collettiva, la Salatul Janazah, è una preghiera per tutta la collettività, ogni musulmano dovrebbe prendervi parte, anche se non conosce il defunto. Dopo la preghiera funebre, il defunto viene trasportato al cimitero musulmano e viene posizionato sottoterra su un fianco, con la testa orientata verso la Città Santa della Mecca. La tradizione islamica richiede funerali semplici, umili, molto rispettosi, è rifiutata l’ostentazione, generalmente non si usano lapidi né mausolei, non si usa mettere la foto del defunto o fiori vicino al corpo e non sono consentite le bare.
Tradizione Buddista
Invero tutte le cose sono effimere.
E’ loro natura sorgere e spegnersi.
una volta nate possono solo morire Nel loro tramonto trovano la pace Di certo ogni essere incontra la morte Sempre scomparso, sempre si estinguerà
Proprio com’è sicuro che io morirò Non esiste la riguardo alcun dubbio.
Mantra delle esequie
Il Buddismo, fin dai suoi esordi, ha evidenziato l’importanza di un chiaro confronto con la realtà della morte che, insieme alla nascita, alla malattia e alla vecchiaia, viene definita come una delle quattro sofferenze fondamentali dell’esistenza umana.
Secondo l’insegnamento del Budda l’universo è un’entità vivente infinita, nella quale si ripetono incessantemente i cicli di vita e morte individuali. Noi stessi sperimentiamo questi cicli ogni giorno: dei circa 60 trilioni di cellule che compongono il nostro corpo, milioni ne muoiono e altrettanti si rinnovano attraverso il processo metabolico.
La legge che regola il ciclo di rinascite o samsara è il karma, altrimenti conosciuto come legge di causa ed effetto, in virtù della quale ciò che l’uomo semina raccoglierà.
Le fasi del rituale funebre buddista sono quattro:
_La veglia, non appena si è constatato il decesso, le spoglie devono essere riposte in una stanza e lasciate sole per un lasso di tempo che va dalle 48 alle 72 ore. Questa norma perché è giustificata dalla credenza che lo spirito vitale, la coscienza, seppure in forma latente, permanga ancora nel corpo esanime, prima di abbandonare per sempre la dimensione terrena.
_La vestizione, pare essere un momento irrilevante, non sono infatti contemplati abiti con particolari significati simbolici o liturgici, almeno per i laici, i monaci invece vengono abbigliati con le loro vesti religiose. In Giappone invece è invalsa da secoli l’abitudine che i defunti indossino lo “shinishozoku”, l’indumento da viaggio, di colore bianco. La vestizione è curata dal “sogiya”, una sorta di necroforo rituale, dipendente o titolare dell’impresa funebre che è specializzato in questa delicata operazione. La salma, successivamente viene collocata in posizione fetale o dormiente, come il Buddha.
_La cerimonia, quando la comunità si riunisce nella camera mortuaria il ministro di culto si alza e saluta i fedeli con queste parole: “Pace a tutti. Siamo qua per testimoniare il nostro affetto e la nostra stima verso una persona che non e’ più con noi”. Vengono poi recitate altre parabole, accompagnate da numerosi canti rituali, di tradizione orientale, che per la loro delicatezza sono anche definiti melodia delle bolle.
_La cremazione, un colpo di gong segna il termine della liturgia funebre, il ministro di culto invita tutti ad alzarsi ed impartisce al defunto l’ultima benedizione, prima che il feretro sia incenerito, anche se non esiste nessuna esplicita opposizione dottrinale a metodi alternativi di sepoltura.
In Tibet ed in Mongolia le salme di persone importanti e venerate spesso vengono imbalsamate e conservate in uno
“stupa” (reliquiario) all’interno del tempio o nel complesso del monastero. Le ceneri non debbono mai essere disperse, ma raccolte in particolari urne.
In Tibet è inoltre praticata, oltre la cremazione, la sepoltura
22
Con essa, la morte è intesa come episodio del tutto naturale, parte dell’eterno ciclo delle rinascite. Secondo la cultura buddhista, il corpo è un semplice involucro che permette di compiere il viaggio della vita. Con la morte lo spirito abbandona il corpo che di conseguenza non ha alcuna necessità di essere conservato.
Lasciare il proprio corpo in pasto agli avvoltoi è un atto finale di generosità da parte del defunto nei confronti del mondo della natura. Il rituale prevede che il tomden, il maestro buddhista del cerimoniale, scuoia il cadavere dalla testa ai piedi, lasciando a contatto dell’aria le interiora e le ossa. Gli avvoltoi cominciano a volteggiare sopra il luogo del rituale, attirati dal fuoco del ginepro e dall’odore della carne. Il tomden chiama gli avvoltoi usando l’espressione “Shey, Shey” (“Cibatevi, cibatevi”). Gli uccelli, attirati dalla carne, discendono così dal cielo e si nutrono del corpo dell’uomo morto. Le ossa e il cervello poi vengono frantumati con un martello di pietra e mescolati con farina d’orzo. Il tomden richiama ancora gli avvoltoi, che ridiscendono per mangiare gli ultimi resti.
Tradizione Ebraica
Molti di coloro che dormono nella polvere della terra si risveglieranno, alcuni per una vita eterna, altri per la vergogna e l’infamia eterna [....] E tu vai verso la tua fine; ti riposerai e poi ti rialzerai per il tuo destino alla fine dei giorni.
Antico Testamento, Daniele 12:2-13
La morte è considerata un processo naturale, è parte del piano di Dio e rappresenta il passaggio al mondo ultraterreno dove, coloro che hanno vissuto la loro vita in modo degno e virtuoso, saranno ricompensati. Il defunto non può essere mai lasciato solo fino al momento della sepoltura, è una forma di rispetto mentre passa da questo mondo all’altro. Gli occhi e la bocca devono essere chiusi e un foglio viene messo sul suo volto, i suoi piedi vanno posizionati di fronte alla porta.
Le fasi del rituale ebraico sono tre:
_La purificazione, è un processo che prevede che il corpo sia pulito e curato con dell’acqua che viene versata ritualmente su di esso. Subito dopo il defunto è vestito con un sudario bianco come segno di purezza e di santità. Al momento della morte tutti vengono considerati uguali, le ricchezze non contano più niente, nella vestizione non vanno rilevate differenze tra ricchi e poveri. Il cadavere viene poi avvolto nel tallith, uno scialle di preghiera con numerose frange dove sono segnati i precetti da osservare.
_La lettura del memoriale della persona ha la funzione di lodare le qualità del defunto ed esprimere il cordoglio a nome dei familiari e del resto della comunità.
_La sepoltura. Normalmente i familiari e amici più intimi si occupano di trasportare la bara e sono quelli che cominceranno a gettare terra sulla tomba. Tre palate di terra sono gettate sulla bara come segno di rispetto per il defunto e la famiglia. Durante la sepoltura viene recitata la preghiera per il defunto, il Kaddish.
Al termine del funerale, tutti i presenti devono lavarsi le mani, come segno di purificazione e per rimettere l’enfasi sulla vita, dopo che si è stati in contatto con la morte.
Tradizione Induista
Come un uomo smettendo i vestiti usati, ne prende altri nuovi, così proprio l’anima incarnata, smettendo i corpi logori, viene ad assumerne altri nuovi.
Bhagavad-gita
I riti funebri indù si dividono in cinque fasi:
_I rituali da compiere quando la persona è ancora sul letto di morte, in agonia, prevedono il posizionamento del viso verso Est e l’accensione di una lucerna vicino al suo capo. Versi sacri vengono allora recitati nel tentativo di rianimare la persona ma, in caso di fallimento, il sacerdote ne dichiara l’avvenuta morte.
Mantra specifici vengono sussurrati nell’orecchio destro del
24
bocca e la sua fronte segnata con pasta di sandalo. La cremazione dovrebbe avvenire, se possibile, lo stesso giorno.
_I riti che precedono e accompagnano la cremazione, variano a seconda di molti fattori, ma le linee dettate dai Purana indicano che il cadavere debba venir lavato e vestito con abiti tradizionali nuovi. Venga poi adagiato prima sul suolo, e lì commemorato da parenti e amici, e in seguito posto su una sorta di barella in legno, adornata di fiori coi quali si ricoprirà lo stesso defunto, dopo che questo sia stato denudato e coperto da un telo che varia di colore a seconda del sesso, dello stato civile e dell’età, spesso coi pollici e gli alluci legati insieme.
_La cremazione, i parenti maschi del defunto portano dunque la barella sulle spalle fino al luogo della cremazione, lo Shmashana.
Esso è tradizionalmente posto sulle rive di un fiume o del mare, dove la pira viene preparata. Su questa viene posto il cadavere rivolto verso Sud; tutti gli eventuali gioielli vengono rimossi e si pone dello sterco di vacca sul petto del defunto. La pira, viene cosparsa per tre volte con burro chiarificato e viene acceso il fuoco, i familiari abbandonano la Shamashana, le ceneri verranno raccolte dopo tre giorni. I familiari dovranno tornare a casa lavarsi, vestirsi di bianco e pulire da cima a fondo la casa.
_I riti che permettono il passaggio dell’anima del defunto dallo stadio Preta (spirito) a quello di Pitrs, antenato.
_I riti in onore degli antenati, Pitrs.
Ateismo
Anche essere atei, come essere credenti, è una fede perché io non posso dimostrare né che Dio c’è, né che non c’è. Io non credo perché non mi soddisfa l’idea di Dio, non posso pretendere di dimostrare che Dio non c’è. A me sembra assurda l’idea di dio perché mi sembra infantile, ma questa è un’opinione personale
Margherita Hack
Storicamente, a parte qualche eccezione, è solo nel XVII secolo,
e specificatamente in Francia, che alcuni “spiriti liberi” iniziano a pretendere che le proprie esequie non siano “assistite” da esponenti ecclesiastici. Non vi è da stupirsi che i funerali civili siano una realtà relativamente recente: fino a quell’epoca l’empietà, la non credenza, era ancora passibile della pena di morte. Oggi il funerale civile è una realtà generalmente accettata nell’Europa del Nord, dove le organizzazioni laiche e umaniste si sono addirittura dovute attrezzare allo scopo di assicurare le cospicue richieste per la celebrazione di riti non religiosi. Si può inoltre affermare che i non credenti sono liberi di fare le proprie scelte: non devono risponderne a nessun ministro di culto, non devono confrontarle con la dottrina di una religione, sono assolutamente indifferenti alla minaccia di sanzioni ultraterrene. Per questo l’eterogeneità di chi non crede non ha eguali: esistono probabilmente tanti “ateismi” e tanti
“agnosticismi” quanti sono gli atei e gli agnostici. Ciò che li unisce, infatti, è solo la non credenza nell’esistenza di Dio (nel caso degli atei) o il convincimento che, non essendo possibile arrivare ad alcuna dimostrazione, sia meglio sospendere il giudizio.
Da ciò ne consegue che non esiste un rito per lo svolgimento dei funerali civili, tuttavia va sottolineato che la cremazione è la pratica maggiormente diffusa.
Essa è considerata una pratica igienica ed ecologica che permette di ridurre considerevolmente gli spazi e i costi destinati ai defunti, contribuendo pertanto a creare condizioni di vita migliori per chi rimane, evitando nel contempo lo squallore del disfacimento del proprio corpo.
Non da un Dio, ma da noi dipende infine la salvezza
Aldo Ginebri
26
3. IL PARADOSSO- perché i grattacieli?
28
Tra tutte le costruzioni, il grattacielo è senza dubbio quella che caratterizza maggiormente l’era moderna. Nessun altra struttura ha un simile impatto visivo capace di stimolare l’immaginario collettivo, sia per le dimensioni, sia come simbolo dell’ascesa dell’uomo verso il cielo.
Dalla sua prima comparsa a Chicago, il grattacielo è diventato una tipologia abitativa comune in molte realtà mondiali.
Nonostante ciò, è sempre rimasto argomento di discussione, sia per l’enorme impatto ambientale nell’instaurarsi in contesti consolidati, sia per i rischi che un edificio ad alta concentrazione di vite umane ha in caso di catastrofi naturali e antropiche.
D’altro canto, stringenti necessità giocano a favore della costruzione di queste mega-strutture. Studi demografici prevedono il raddoppio della popolazione mondiale nei prossimi quarant’anni, con un vero e proprio boom in Asia.
Per la sopravvivenza della razza umana dunque bisognerà imparare a vivere in contesti sempre più densi, almeno per ragioni di sostenibilità.
Le necessità che hanno spinto alla costruzione di questi edifici estremi sono però da leggere in relazione al periodo storico e al luogo nel quale sono sorti. L’attuale società vive all’ombra di questi, glorificando la tecnica, la ricchezza e la potenza che ne hanno permesso la realizzazione.
La scelta di utilizzare nel progetto proprio questa forma architettonica, è consona, a mio parere, alla missione di ristabilire un legame con il ricordo perpetuo. L’operazione consiste infatti nel trasformare il simbolo della crescita e della potenza umana in un monumento alla memoria, un agglomerato di sei grattacieli in continua crescita ed evoluzione: come la “Tour sin fin” di Jean Nouvel, allo stesso modo, i sei grattacieli si stagliano in una dimensione a sè, tra la realtà dei vivi, e l’atemporale memoria di ciò che fu.
30
4. IL PROGETTO
32
I fatti sono cocciuti, la morte il più cocciuto dei fatti.
Gesualdo Bufalino, Il malpensante, 1987
Volendo rappresentare la città dei morti, ho pensato che sarebbe stato opportuno rappresentare le varie religioni e culture che normalmente convivono nelle metropoli. Ho utilizzato un metodo oggettivo, ovvero ho usufruito delle indagini statistiche e in particolare rifacendomi ai grafici dei principali gruppi religiosi come percentuale della popolazione mondiale fatta nel 2012 per il National Post.
Dunque, non facendo distinzioni tra religioni organizzate ed informali ed orinandoli per numero di fedeli, abbiamo:
Cristianesimo, Secolari/irreligiosi/agnostici/atei, Islamici, Induisti, Buddisti, Ebrei.
In realtà il numero di ebrei nel mondo è veramente esiguo, e prima di questi ci sono altre correnti filosofico religiose e culti animistici africani, ma essendo appunto molti è frammentati, difficili da rappresentare ho deciso di non considerarli.
La morte, essendo un evento ciclico nella vita, impone a tutte le società complesse modalità organizzative, divenendo un fatto sociale che riguarda e coinvolge sia gli individui, sia i diversi gruppi dei quali essi fanno parte, sia ancora la società nel suo insieme. Per far fronte, sui diversi piani, all’evento della morte sono quindi messi in atto particolari rituali funerari.
Tra questi, R. Hertz attribuiva particolare importanza a quelli di doppia sepoltura, nei quali, mettendo in atto una dilazione cronologica tra l’evento naturale e la definitiva separazione del defunto dalla comunità, viene posta in risalto l’esigenza umana di una manipolazione, simbolica e psicologica, della morte.
Questa manipolazione assume caratteristiche fra le più svariate ed affascinanti ad esempio: nel caso degli ebrei rappresenta l’esorcizzazione delle proprie paure, per i buddisti la possibilità che la coscienza dello spirito possa raggiungere la Grande-Luce.
Trovando gli spazi attraverso cui si svolgono i differenti riti
34
delle sopracitate religioni ed organizzazioni un grattacielo differente in accordo con i riti, le usanze e le diverse regole imposte dalle varie religioni.
Ho creduto opportuno stabilirne l’altezza e la volumetria rifacendomi sempre alle indagini statistiche.
Però la morte non è un qualcosa di statico, perciò per correttezza di pensiero, ho scelto di non porre fine ai grattacieli, li ho lasciati incompleti mettendovi in cima dei cantieri, per rappresentare al meglio il concetto di morte e di ciclicità infinita a cui tutti gli esseri viventi sono destinati.
Il luogo
La collocazione del progetto non è stata semplice. Accostando l’impianto cimiteriale vicino ad altri grattacieli di una qualsiasi metropoli, perdeva di potenza e suggestione, diventando un pezzo di “upper town” senza nessuna particolarità.
Anche in accordo con il concetto di città dei morti, e dunque di spazio a sé avulso da un contesto ben preciso, ho pensato di creare un luogo artificiale, facendomi ispirare dal dipinto L’isola dei morti (in tedesco, Die Toteninsel) del pittore simbolista svizzero Arnold Böcklin.
Un’immagine onirica: essa deve produrre un tale silenzio che il bussare alla porta dovrebbe fare paura
Arnold Böcklin
Dunque una roccia artificiale “sospesa” sopra l’acqua, come nel quadro di René Magritte il Castello dei Pirenei, avvolge alla base i miei grattacieli.
Sotto la roccia, al centro di essa una passarella accompagna il visitatore verso l’ingresso, un parallelepipedo che all’interno contiene un vano scale e gli ascensori. Dentro, lo spazio cavo della roccia nasconde l’ingresso, le zone comuni, gli spazi commerciali ed i singoli ingressi ai vari edifici. Lo spazio
cupo, greve che si percepisce passando sotto la roccia, diventa all’interno l’opposto, un luogo riparato, calmo ed illuminato.
Questa duplicità della roccia, rappresenta il superamento dell’orrore della morte e del lutto, grazie alla memoria e al ricordo di ciò che i defunti hanno fatto in vita.
Mercoledì scorso ho terminato L’isola tombale. Lei vi si immergerà sognando, in questo oscuro mondo di ombre, fino a credere di aver sentito il soffio lieve che increspa la superficie del mare, fino a voler distruggere il solenne silenzio con una parola detta ad alta voce
Arnold Böcklin, Lettera a Marie Berna, 29 giugno 1880 Arnold Böcklin, L’isola dei morti, 1880-1886
36
Dal cupo oceano sorge la roccia-speranza René Magritte
I cimiteri
Ogni singolo grattacielo assume dunque una fisicità, una volumetria ed un aspetto formale indipendente dagli altri.
Procedendo dal più piccolo al più alto:
_il cimitero degli Ebrei, si ispira all’usanza di portare una pietra sulla tomba, il motivo più accreditato per tale usanza è che durante i quarant’anni nel deserto, non avendo i mezzi per seppellire i morti, ogni appartenente alla comunità portava una pietra da appoggiare sul corpo del defunto, per evitarne la profanazione da parte di animali o volatili. Il grattacielo dunque sembra esternamente un cristallo di alluminio nero, all’interno invece è cavo, rotto da un lucernario che irradia i piani del cimitero. Nel foyer d’ingresso vi sono due volumi, un tronco di cono e un parallelepipedo, che ospitano le stanze per i riti funebri, e le cerimonie. I piani del cimitero, sono invece dei giardini incolti, in accordo con l’usanza di non curare le tombe.
_il cimitero dei Buddisti, è pensato come uno spazio aperto alla natura, il giardino alla base del grattacielo accoglie quattro piccoli edifici bianchi (colore del lutto) dalle forme sinuose che all’interno ospitano le varie stanze per i riti; essi sono coperti da una copertura fluida, una superficie che ricorda i petali del fiore di loto. Al di sopra di questa si susseguono i vari livelli cimiteriali, composti da terrazze anulari che si sviluppano intono ai sei core. In questi livelli si alternano due forme di sepoltura, la tradizionale lapide a forma di stupa in cui sono riposte le ceneri, ed i giardini per il funerale celeste, con le fosse per i riporre i pezzi di cadavere scuoiato di cui si ciberanno gli avvoltoi, in Tibet tale pratica è nota come jhator. La centralità dell’edificio è rafforzata dea un tubo solare in acciaio microforato posto al centro dei sei core che sostengono il grattacielo: i core
38
flusso delle coscienze ruota attraverso i vari stadi del Grande Teatro del Bardo tentando di raggiungere la Luce-Vuoto.
_il cimitero degli Induisti, tiene conto dello stretto rapporto che questi hanno con l’acqua Vishnu, colui che mantiene il dharma (la legge), conosciuto difatti come Narayana o “abitante delle acque“. La cremazione dei corpi con la pira, infatti avviene vicino ai corsi d’acqua per facilitare anche lo smaltimento delle ceneri. Lo schema della pianta rappresenta cerchi di varia dimensione che concorrono a disegnare una svastica, il simbolo solare solitamente dipinto sui defunti al momento del decesso con la pasta di sandalo. Nel suo sviluppo verticale tale disegno si perde, tubi di rame tortili di varie dimensioni creano una struttura fitta, simile alle foreste di mangrovie. I tubi portano l’acqua nei vari piani. Gli spazi dei vari livelli sono composti da giardini, laghi e cascate che corrono fra i vari livelli.
_il cimitero degli Islamici, il Corano in merito alla sepoltura è molto chiaro, bisogna seppellire il defunto nella terra, la testa deve essere rivolta verso la Mecca e le tombe devono essere molto semplici. Il grattacielo è abbastanza scarno, è composto da una struttura in acciaio a vista, mentre i piani sono delle vasche in cemento riempite di terra. L’unico elemento decorativo è la pelle dorata, composta da un motivo arabescato, questa avvolge l’edificio su tre lati, lasciando completamente scoperta la parte rivolta verso la Mecca.
_il cimitero degli Atei, a differenza degli altri grattacieli dove con vari metodi è assicurata un’ideale ascensione verso l’alto, questo grattacielo ha sempre uno sviluppo sul piano. L’edificio ha una pianta quadrata ed una forma molto rigida, lo sviluppo verticale non varia ma anzi si ripete scandendo il ritmo del prospetto. Tutto è rivestito con il cemento trasparente e lascia vedere ciò che succede all’interno.
_il cimitero dei Cristiani, questo è il più alto tra tutti. Il grattacielo è un cilindro, svuotato all’interno: man mano che cresce in altezza il vuoto interno si rastrema diventando più piccolo e lasciando più spazio ai piani delle tombe. Il carattere monumentale e rigoroso, si percepisce in tutti gli spazi, gettando il visitatore in uno stato di alienazione. Esternamente è abbastanza scarno, movimentato soltanto dal ritmo delle logge che scandisce i vari piani. La spazialità è chiusa verso l’esterno e l’attenzione si focalizza verso l’interno, verso il vuoto centrale.
40
5. SCHIZZI PROGETTUALI
42
44
46
48
50
52
54
56
58
60
62
64
6. REGESTO D’IMMAGINI
66
1
4
7
10
2
5
8
11
3
6
9
12
1.Adolphe Appia, Espaces Rythmics, 1909 - 2. Adolphe Appia, Wagnerian drama , 1905 - 3. Adolphe Appia, Parsifal, 1896 - 4.5.6. Jacques Herzog
& Pierre de Meuron, Attila scenografia , 2010 - 7.8.9. Robert Lepage, Die Walküre scenografia, 2010-11 - 10. Pietro Carriglio, Orestiade scenografia, 2008 - 11. Massimiliano and Doriana Fuksas, Edipo a colono scenografia, 2009 - 12. Arnaldo Pomodoro, Teneke scenografia, 2007
68
1.Étienne-Louis Boullée, Cenotafio di Newton, 1784 - 2. Étienne-Louis Boullée, Tempio della Morte, 1777 - 3. Étienne-Louis Boullée, Cenotafioin stile Egiziano, 1786 - 4. Arnaldo Pomodoro, Cimitero di Urbino, 1973 - 5.
Jean Nouvel, Tour sans fin, 1990 - 6. Giovanni Battista Piranesi, Piramide Cestia, 1756 - 7. Giovanni Battista Piranesi, Le Carceri d’Invenzione, 1761 - 8. Aldo Rossi, Cimitero di San Cataldo, 1971 -9. Giovanni Battista Piranesi, Urne, 1759 - 10. James Wines, The Highrise of Homes, 1981 - 11.
Lebbeus Woods, Terra Nova, 1976 - 12. Steven Baumann, New London Necropolis, 2011
1
4
7
10
2
5
8
11
3
6
9
12
1.Sconosciuto, Trionfo della Morte, Palermo - 2. Caravaggio, Giuditta e Oloferne , 1599 - 3. Peter Paul Rubens, Giudizio Universale, 1617 - 4.
Caspar David Friedrich, Cemitero di Dusk, 1824-26 - 5. Caspar David Friedrich, Tombe di antichi eroi, 1812 - 6. Louis Edouard Fournie, Il funerale di Shelley, 1889 - 7. Joseph Henry Sharp, Un funerale indiano, 1910 - 8. Pieter Bruege, Trionfo della morte, 1562 -9. Katerina Kana, Few standing columns, 2010 - 10. James Wines, The Highrise of Homes, 1981 - 11. Gustave Courbet, Funerale a Ornans, 1849-50 - 12. Edward Lincoln Espey, Riposo, 1876
1
4
7
10
2
5
8
11
3
6
9
12
70
1. Girodet-Trioson, I funerali di Atala, 1808 - 2. Hans Baldung Grien, Le tre età e la morte, 1543 - 3. Jacques-Louis David, La morte di Marat, 1793 - 4.5.6. Inga Birgisdóttir, Senza titolo, 2011-12 - 7. Zdzisław Beksiński, DG-2499, 1975 - 8. Zdzisław Beksiński, AA-2000, 1971 -9.
Zdzisław Beksiński, FK-1500, 1976 - 10. Zdzisław Beksiński, CB-210, 1970 - 11. Nicolas Poussin, La peste di Azoth , 1631 - 12. Albrecht Dürer, Melencolia I, 1514
1
4
7
10
2
5
8
11
3
6
9
12
1.Olivo Barbieri, Periferia di Roma, 2004 - 2. Hans Ruedi Giger, eugénisme , 1982 - 3. Mario Cresci, Da Guido Reni (b), 2010 - 4. Joel Peter Witkin, Cupido e Centauro, 1998 - 5. Joel Peter Witkin, Testa e ossa, 1999- 6. Joel Peter Witkin, Ricorda un ritratto come vanto, 1996 - 7.Mimmo Jodice, Sibari, 2000 - 8. Mimmo Jodice, Alba Fucens, 2008 -9. Mimmo Jodice, Amazzone da Ercolano, 2007 - 10. Tonino Sanfedele, Lightning, 2012 - 11. Sconosciuto, Love Will Tear Us Apart cd cover, 19800 - 12.
Giuseppe Maio eraservague, The island in front of me, 2012 1
4
7
10
2
5
8
11
3
6
9
12
72
BIBLIOGRAFIA
ALBISINNI PIERO, Il disegno della memoria : storia, rilievo e analisi grafica dell’architettura funeraria del 19. Secolo, Kappa, Roma, 1994 ALOI ROBERTO, Arte funeraria d’oggi : architettura monumentale, crematori, cimiteri, edicole, Hoepli, Milano, 1959
ARDUINO CANTÀFORA, ANTONELLA RANALDI ,Necropolis : la città ideale della memoria, Clueb, Bologna, 2008
BALLARD JAMES G., Il condominio, Feltrinelli, Milano, 2009 BAUSANI ALESSANDRO, Il Corano, Rizzoli, Milano, 2006
BOWKER JOHN, La morte nelle religioni. Ebraismo, cristianesimo, Islam, induismo, buddhismo, San Paolo Edizioni, Roma, 2009
CECILIA IMPERA, Il significato della vita e della morte. Un’analisi dei più importanti testi indù, Guaraldi, Rimini, 2013
CONRAD JOSEPH, La linea d’ombra, Garzanti, Milano, 2007 ECO UMBERTO, Il cimitero di Praga, Bompiani, Milano, 2010 EZIO BACINO, I golfi del silenzio : iconografie funerarie e cimiteri d’Italia, Antonio Lalli, Poggiobonsi, 1979
FOSCOLO UGO, Dei Sepolcri, CieRre, Verona, 2010
GIMÉNEZ BARTLETT ALICIA, Riti di morte (La memoria), Sellerio Editore, Palermo, 2002
GRAY THOMAS, Elegia Di Thomas Gray: Poeta Inglese, Da Esso Scritta in Un Cimitero Campestre, Kessinger Pub Co, Whitefish, Montana US, 2009
HEIDEGGER MARTIN, Essere e tempo, Mondadori, Milano, 2011 Joyce James, I morti, Mondadori, Milano, 2001
LEONIZIO UGO, Il libro dei morti tibetano. Bardo Thödol, Feltrinelli, Milano, 2012
MÁRQUEZ GABRIEL GARCÍA, Cronaca di una morte annunciata, Mondadori, Milano, 2007
PAVAN VINCENZO, Ultime dimore, Arsenale, Venezia, 1987
74
SARAMAGO JOSÉ, Le intermittenze della morte, Feltrinelli, Milano, 2013
SARTRE JEAN-PAUL, La morte nell’anima, Mondadori, Milano, 1996
SITOGRAFIA
http://it.wikipedia.org
http://ngm.nationalgeographic.com/geopedia/The_Geography_of_
Religion
http://skyscraperpage.com/
http://www.archdaily.com/100264/erlenbach-cemetery-building- afgh/
http://www.archdaily.com/103839/ad-classics-igualada-cemetery- enric-miralles/
http://www.archdaily.com/269407/islamic-cemetery-in-altach- bernardo-bader/
http://www.funerali.org
http://www.sigur-ros.co.uk/valtari/videos/
FILMOGRAFIA
Baraka, Ron Fricke. 1992, Usa
Batman, Tim Burton, 1989, Usa, Regno Unito Blade Runner, Ridley Scott, 1982, Usa
Cloud Atlas, Lana e Andy Wachowski , Tom Tykwer, 2012, Usa, Hong Kong, Germania
Dancer in the dark, Lars Von Trier, 2000, Ue, Usa Dark City, Alex Proyas, 1998, Usa
Dogville,Lars Von Trier (2003),Ue
Koyaanisqatsi, Godfrey Reggio, 1982,Usa The Fall, Tarsem Singh, 2006, Usa, India The Fountainhead, King Vidor, 1949, Usa
Stendalì - Suonano ancora, Cecilia Mangini, 1960, Italia