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Academic year: 2021

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2. VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE

2.1 INTRODUZIONE

La V.I.A. è uno strumento procedurale di supporto alle decisioni in ambito pubblico che pone la salvaguardia dell’ambiente naturale e della salute dell’uomo al centro dei processi decisionali che precedono la realizzazione di un’opera o di un intervento sul territorio. La VIA si esplica attraverso una procedura amministrativa finalizzata a valutare la compatibilità ambientale di un’opera proposta sulla base di un’analisi di tutti gli effetti che l’opera stessa esercita sull’ambiente e sulle componenti socio economiche interessate nelle varie fasi della sua realizzazione: dalla progettazione, alla costruzione, fino alla dismissione.

Un elemento prioritario della VIA è quello di favorire al massimo la partecipazione pubblica per ridurre al minimo, o comunque gestire nel modo più trasparente possibile, i conflitti fra le varie parti in gioco, dal momento che ciascun portatore d’interesse è spesso caratterizzato da una diversa scala di valori e valuta in modo diverso le varie componenti ambientali, economiche e sociali potenzialmente influenzate dall’opera proposta.

La VIA ha come principale caratteristica un elevato livello di soggettività nella valutazione (si pesano di più i criteri economici, di salute pubblica o quelli ambientali?), e questa soggettività, purtroppo non è eliminabile. L’unica cosa che rimane da fare allora è quello di rendere trasparente le ragioni che portano il decisore pubblico a scegliere una certa alternativa di progetto e di rendere ripercorribile il processo decisionale in modo tale che possa essere controllato dai vari portatori d’interesse.

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2.2 SCOPO ED ELEMENTI CARATTERIZZANTI DELLA VALUTAZIONE D’IMPATTO AMBIENTALE

Le finalità principali della procedura di VIA sono chiaramente individuate nelle premesse alla direttiva 85/377/CEE: “...gli effetti di un progetto sull’ambiente devono essere dichiarati per proteggere la salute umana, contribuire con un migliore ambiente alla qualità della vita, provvedere al mantenimento della varietà delle specie e conservare la capacità di riproduzione dell’ecosistema in quanto risorsa essenziale di vita...”, concetto ribadito nel DPR 12 Aprile 1996.

La VIA deve essere vista come un percorso metodologico e procedurale che parte dall’analisi delle alternative strategiche, per passare poi ad alternative tecniche, localizzative e di mitigazione in modo iterativo e con approfondimenti sempre maggiori sulla base prima del progetto preliminare, e poi del progetto definitivo, infine del progetto esecutivo.

Gli elementi caratterizzanti la procedura di VIA sono:

• Studio d’Impatto Ambientale (SIA): è il documento tecnico redatto dal proponente dello studio, in cui è presentata una descrizione approfondita e completa delle caratteristiche del progetto e delle principali interazioni dell’opera con l’ambiente circostante, di cui deve essere fatto un quadro completo per quanto riguarda la situazione precedente la realizzazione dell’opera e una previsione della situazione successiva alla realizzazione. • Coinvolgimento di tutte le amministrazioni locali interessate.

• Pubblicità del procedimento: il proponente l’opera deve depositare presso gli uffici indicati dalle amministrazioni locali coinvolte una copia del progetto, dello studio d’impatto ambientale, e della sintesi non tecnica, a disposizione di chiunque voglia consultarli. Contestualmente deve inoltre provvedere alla pubblicazione di un annuncio su uno o più quotidiani di livello provinciale, regionale, o nazionale, a seconda del rilievo dell’opera, con riferimento all’Avvio del procedimento di valutazione.

• Partecipazione al procedimento: chiunque può presentare in forma scritta osservazioni sull’opera proposta; tali osservazioni devono essere prese in considerazione per il rilascio del giudizio di compatibilità ambientale e possono dare origine a un’inchiesta pubblica per l’esame dello studio presentato e delle osservazioni.

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I contenuti dello Studio d’Impatto Ambientale che deve essere presentato per la pronuncia di compatibilità ambientale sono descritti all’art.2 punto 3 del DPCM 377 del 10/8/88. secondo tale articolo il SIA deve contenere:

• L’indicazione della localizzazione riferita alla incidenza spaziale e territoriale dell’intervento, alla luce delle principali alternative prese in esame, alla incidenza sulle risorse naturali, alla corrispondenza ai piani urbanistici, paesaggistici, territoriali e di settore, agli eventuali vincoli paesaggistici, archeologici, demaniali ed idrogeologici, supportata da adeguata cartografia.

• La specificazione degli scarichi idrici e delle misure previste per l’osservanza della normativa vigente, nonché le eventuali conseguenti alterazioni della qualità del corpo ricettore finale.

• La specificazione dei rifiuti solidi e delle relative modalità di smaltimento rapportata alle prescrizioni della normativa vigente in materia.

• La specificazione delle emissioni nell’atmosfera di sostanze inquinanti, rapportata alla normativa vigente, nonché le conseguenti alterazioni della qualità dell’aria anche alla luce delle migliori tecnologie disponibili.

• La specificazioni delle emissioni sonore prodotte e degli accorgimenti e delle tecniche riduttive del rumore previsti.

• La descrizione di dispositivi di eliminazione e risarcimento dei danni all’ambiente con riferimento alle scelte progettuali, alle migliori tecniche disponibili ed agli aspetti tecno-economici.

• I piani di prevenzione dei danni all’ambiente con riferimento alle fasi di costruzione e gestione.

• I piani di monitoraggio ambientale secondo le specificazioni derivanti dalla normativa vigente o da particolari esigenze in relazione alle singole opere.

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2.3 I QUADRI DI RIFERIMENTO

Il DPCM del 27/12/88 stabilisce che il SIA deve contenere tre quadri distinti: 1. Quadro di riferimento Programmatico;

2. Quadro di riferimento progettuale; 3. Quadro di riferimento ambientale.

2.3.1 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGRAMMATICO

Il quadro di riferimento programmatico per lo studio d’impatto ambientale deve fornire gli elementi conoscitivi sulle relazioni tra l’opera progettata e gli atti di pianificazione e programmazione territoriale e settoriale.

Tale quadro in particolare comprende:

• La descrizione della motivazione del progetto in relazione agli stati di attuazione degli strumenti pianificatori in cui è inquadrabile il progetto stesso.

• La descrizione dei rapporti di coerenza del progetto con gli obiettivi perseguiti dagli strumenti pianificatori rispetto all’area di localizzazione, con particolare riguardo all’insieme dei condizionamenti di cui si è dovuto tenere conto nella redazione del progetto e in particolare le norme tecniche ed urbanistiche che regolano la realizzazione dell’opera, i vincoli paesaggistici, naturalistici, architettonici, archeologici, storico-culturali, demaniali ed idrogeologici eventualmente presenti, oltre a servitù ed altre limitazioni di proprietà;

• Piani regionali e nazionali di settore;

• Eventualmente altri strumenti di programmazione e di finanziamento; • Piani regionali e provinciali dei trasporti;

• Piani per le attività industriali; • Strumenti urbanistici locali.

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2.3.2 QUADRO DI RIFERIMENTO PROGETTUALE

Esistono numerose attività che concorrono alla creazione d’impatti provocati dalla realizzazione di un progetto. Tra queste attività (fattori causali d’impatto) si identificano quelle temporanee e quelle permanenti. Le prime sono quelle che presentano tutti quegli effetti legati principalmente al periodo di realizzazione dell’opera, cioè alla installazione ed alle opere di cantiere.

Le attività permanenti provocano impatti stabili, cioè quegli effetti negativi e positivi derivanti dalla avvenuta realizzazione ed attivazione dell’opera. Tali effetti sono da considerarsi più importanti dei precedenti sia per il loro permanere nel tempo, sia per il loro grado d’incidenza.

In relazione all’individuazione di queste diverse tipologie d’impatto, obiettivi specifici delle realizzazioni contenute nel quadro di riferimento progettuale sono:

• In primo luogo fornire una chiara informazione sui servizi forniti dall’impianto attraverso una schematizzazione e descrizione delle singole attività svolte, comprese le previsioni di sviluppi futuri;

• In secondo luogo procedere ad un bilancio input/output al fine di individuare i prelievi e le emissioni che hanno dirette relazioni con l’ambiente circostante.

Obiettivo complessivo di questa fase d’analisi e descrizione dell’opera è individuare e localizzare all’interno dell’impianto la presenza di potenziali fattori causali di impatto descrivendo al contempo le misure mitigative e di prevenzione adottate.

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2.3.3 QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE

Per quanto riguarda il quadro di riferimento ambientale l’allegato 1 del DPCM 27/12/88 elenca le componenti ed i fattori ambientali che devono essere considerati dallo studio di impatto ambientale:

• Atmosfera: qualità dell’aria e caratterizzazione meteoclimatiche;

• Ambiente idrico: acque sotterranee e acque superficiali (dolci, salmastre e marine), considerate come componenti, come ambienti e come risorse;

• Suolo e sottosuolo: intesi come profilo geologico, geomorfologico e podologico, nel quadro dell’ambiente in esame ed anche come risorse non rinnovabili;

• Vegetazione, flora e fauna: formazioni vegetali ed associazioni animali, emergenze più significative, specie protette ed equilibri naturali;

• Ecosistemi: complessi di componenti e fattori fisici, chimici e biologici tra loro interagenti ed interdipendenti, che formano un sistema unitario ed identificabile, (quali un lago un bosco, un fiume, il mare) per propria struttura, funzionamento ed evoluzione temporale;

• Salute pubblica: situazione epidemiologica della comunità;

• Rumore e vibrazione: considerati in rapporto all’ambiente sia naturale che umano;

• Paesaggio: aspetti morfologici e culturali del paesaggio, identità delle comunità umane interessate e relativi beni culturali.

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2.4 AMBITI TERRITORIALI PRESI IN CONSIDERAZIONE NELL’ANALISI AMBIENTALE

La scelta dell’area territoriale d’indagine, negli studi d’impatto ambientale, è solitamente una funzione dell’estensione dei singoli impatti analizzati, che si manifestano all’interno di precise identità territoriali:

• gli impatti fisici: si manifestano all’interno di precise identità ambientali (bacini idrografici, valli, biotopi, comprensori agricoli ecc.) su modelli di organizzazioni dell’ambiente, dell’uso delle risorse, delle infrastrutture e dei servizi;

• gli impatti economici: su precise forme di produzione del reddito che si esprimono in un sistema di relazioni circoscrivibile (comunità rurali, bacini di produzione artigianale, comprensori turistici ecc.);

• gli impatti sociali: su precise identità locali di carattere storico, culturale politico, etnico. All’interno di uno studio di impatto ambientale la redazione del quadro di riferimento ambientale è quella di maggiore complessità. Infatti è improponibile la rilevazione diretta di tutti gli elementi che compongono tale complessità di quadro, il metodo più utilizzato nella redazione della SIA è l’analisi documentaria, ovvero la raccolta e la sintesi di dati e studi riguardanti il territorio in esame. Chiaramente tale metodo, se da un lato consente di descrivere un’area in maniera abbastanza approfondita nei suoi diversi aspetti, dall’altro può presentare alcuni limiti, riguardanti:

• la disponibilità di dati, non tutti i territori e/o le componenti ambientali sono spesso adeguatamente studiati;

• i livelli di territorializzazione delle indagini, che non necessariamente coincidono con l’area ottimale d’indagine dello SIA;

• i tempi di rilevazione, gli studi disponibili sono fatti su periodi diversi;

• i metodi e le finalità delle indagini, che spesso non forniscono dati comparabili od utilizzabili per elaborazioni di tipo quantitativo.

Tali limiti riguardanti la disponibilità dell’informazione ambientale, impediscono spesso il ricorso a metodi di valutazione ambientali di tipo quantitativo comparabili nel corso del tempo.

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2.5 I METODI PRINCIPALI DI VIA

La prima distinzione che deve essere fatta è quella tra i metodi per valutare gli impatti e le tecniche per prevedere impatti specifici. Le tecniche di VIA mirano a prevedere, quindi, lo stato futuro di specifici parametri ambientali. Ne consegue che, per ogni studio di valutazione d’impatto, possono essere usate tecniche diverse che ricomposte insieme rappresentano il corpo dei dati raccolti, organizzati ed interpretati secondo i principi della VIA. Il fatto importante è che tutti i metodi identificano impatti, mentre solo alcuni includono anche la possibilità di valutare gli impatti identificati.

Le metodologie più utilizzate per la valutazione d’impatto ambientale sono:

1 Matrici; 2 Check list;

3 Sovrapposizione delle carte; 4 PADC;

5 Modelli; 6 Manuali.

2.5.1 MATRICI

In questo campo la matrice più nota è la Matrice di Leopold. Tale matrice ha gettato le basi a numerosi sviluppi concettuali per le matrici ambientali.

È una matrice bidimensionale. Nella costruzione, il primo passo è quello di identificare gli impatti potenziali, mettendo in relazione tutte le possibili attività (elencate orizzontalmente) che hanno una certa probabilità a verificarsi durante la fase di costruzione del progetto in oggetto di studio, con quelle ambientali (verticali) che si incrociano. L’interazione tra le due probabilità di impatto è schematizzata da una celletta della matrice segnata da una diagonale. Dopo aver identificato gli impatti, si procede ad una valutazione in termine di ordine di grandezza dell’impatto ed importanza, con un punteggio che va da 1 a 10 dei due parametri riferiti all’area geografica di impatto e al significato intrinseco della potenzialità d’impatto. Questa matrice è stata in seguito alterata (Parker e Howard 1977) usando una scala di valutazione da 0 a 4 e includendo la variabile tempo.

In generale queste matrici sono utilizzate nella fase di controllo del processo di VIA o anche come controllo strumentale della capacità revisionale delle matrici stesse.

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Le matrici, benché semplici da usare, hanno delle limitazioni sia pratiche che teoriche. Poiché la scala di valori assegnata non è standardizzata, ma varia secondo il punto di vista degli esperti che preparano lo studio, non può essere usata per valutare oggettivamente. Questo accade principalmente perché è nella natura stessa delle matrici, di considerare l’ambiente in entità discrete (cellette) mentre nella realtà il sistema ambiente è composto da unità integrate i cui componenti sono legati da un complesso processo di interazione.

da unità integrate i cui componenti sono legati da un complesso processo di interazione.

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2.5.2 CHECK LISTS

Le check lists, insieme alle matrici di Leopold, rappresentano uno dei metodi più vecchi usati nella valutazione d’impatto ambientale.

Da semplice elenco di fattori da considerare nello studio, ha trovato il suo apice nella trattazione più complessa e matematica, nella quale gli impatti sono trasformati in unità da una scala di valori comuni, ponderata in termini d’importanza relativa e manipolati matematicamente, in modo da formare i cosiddetti “indici di impatto totali”. È anche considerata la possibilità dell’errore attraverso un termine usato come propabilità/rischi di decisione sbagliata nel processo di VIA.

2.5.3 SOVRAPPOSIZIONE DELLE CARTE

Il metodo molto noto ai pianificatori, è stato ben spiegato da Mc Harg nel 1969, che lo adoperò nella valutazione d’impatto. Esso consiste in una serie di carte trasparenti sovrapponibili usate per identificare o prevedere l’intensità e l’estensione geografica d’impatti. L’area di studio è pertanto suddivisa in unità spaziali alle quali corrisponde una serie di informazioni, con le carte trasparenti si può constatare quali siano i cambiamenti geografici di ogni attributo fisico in modo da determinare gli impatti.

I limiti del metodo sono evidenti, uno è il numero delle carte che si può ottenere e naturalmente quando il numero cresce è importante l’ausilio del computer. L’altro è di natura pratica nel, senso che l’identificazione degli impatti avviene piu’ in senso di qualità che di quantità..

2.5.4 PADC

Il Project Appraisal for Development Control (PADC) nasce da uno studio fatto da un gruppo di ricerca della Università di Aberdeen, Scozia. L’obiettivo di base si riassume nel tentativo di risolvere i due problemi spesso ricorrenti, incontrati dai pianificatori, le informazioni dettagliate e sufficienti per implementare lo studio e la mancanza di un quadro generale per una sistematica stima delle proposte. Questo metodo è incluso in un manuale fatto per valutazioni che riguardano tipi diversi d’interventi in aree industriali, raccolti per maggiori categorie. I componenti della procedura di valutazione, sono raggruppati in tre

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blocchi correlati: considerazioni iniziali, valutazione di impatti probabili, decisione da parte dell’autorità che gestisce il piano. I due elementi più utili in questo approccio, per identificare gli impatti potenziali, sono il Project Specification Report (PSR) e le matrici di impatto.

Il primo dovrebbe servire dare un dettagliato livello d’informazione, il secondo rappresenta le interazioni probabili identificate sia nella fase di costruzione sia in quella operativa.

Poiché le categorie nella matrice sono generali (terra, acqua, clima ecc.) se necessario, alcune di queste aree possono essere ampliate in un certo numero di attributi per indicare meglio il campo di azione degli impatti potenziali., in genere il metodo, che usa una seri di note, contenute appunto nel manuale-guida, consigli specifiche tecniche per fare proiezioni di possibili cambiamenti. Questo tipo di standardizzazione non è sempre possibile e molte volte la valutazione deve essere fatta da esperti. Lo stesso manuale contiene anche un elenco di quesiti a cui rispondere per identificare il campo d’incidenza di alcuni fattori che hanno un peso importante durante tutto il processo di valutazione. Altra fase importante è quella di stabilire la magnitudine e significanza di ogni impatto sia nella fase operativa che in quella di cotruzione secondo 5 parametri:

1. benefico e/o avverso;

2. breve periodo e/o lungo periodo; 3. reversibile e/o irreversibili; 4. diretto e/o indiretto;

5. locale e/o strategico.

Quando possibile gli impatti dovrebbero essere espressi quantitativamente e tutte le informazioni riguardanti gli impatti potenziali riunite in un rapporto Impact Statement disponibile per le pubbliche consultazioni e gli organi decisionali.

2.5.5 MODELLI

Il metodo è basato principalmente sulla costruzione di un modello di simulazione dell’ecosistema. La tesi fondamentale per l’applicazione della modellistica è quella di trattare esplicitamente con le interazioni con le variabili ambientali e l’impatto totale di un progetto o di una strategia d’intervento. Esistono modelli che hanno incorporato anche

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parametri sociali ed economici come reddito pro-capite o crescita della popolazione, ma sono risultati sempre relativamente limitati.

Anche se non esaustivi, i modelli dinamici possono essere utili per stimare particolari aspetti di una proposta di progetto, o se usati da esperti, possono offrire un mezzo appropriato di simulazione dei problemi. I criteri sono quelli di inglobare nello sviluppo del modello, lo scopo del problema di esaminare, determinare gli obiettivi e le politiche, identificare gli indicatori degli impatti. Oggi l’attenzione maggiore è rivolta al ruolo della simulazione nella valutazione degli impatti di strategie alternative per diverse situazioni d’intervento.

2.5.6 MANUALI

Molti dei metodi visti fino ad ora possono essere usati solo per particolari tipi d’impatti. Per superare i problemi comuni a molti metodi, si è cercato di sviluppare un approccio comprensivo e strutturato, ai fini di fornire per determinate VIA una serie di guide e manuali divisi per specifici tipi di progetto. In genere tali manuali si riferiscono alle circostanze dello sviluppo del progetto da valutare piuttosto che all’ambiente in particolare.

Comunque possono essere utili tutte le volte che bisogna localizzare un progetto. Questi libri-guida sono stati fatti per essere usati dalle agenzie di pianificazione sia a livello locale che statale. La cooperazione fra agenzie di settore può essere un buon sistema per preparare ognuno una parte propria e pertinente di inventario e valutazione ed, offrire alla fine un quadro più curato di stima.

Nonostante la facilità d’uso dei manuali la letteratura specifica non ha prestato molta attenzione a questo tipo di produzione poichè il numero esistente è piuttosto elevato e frammentato in una miriade di progetti specifici.

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2.6 EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA NAZIONALE ED EUROPEA

La VIA in Italia è stata introdotta a seguito dell'emanazione della direttiva 337/85/CEE concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati. Questa direttiva fa un lungo elenco di opere da sottoporre a VIA: nell'allegato I le opere per le quali la VIA è obbligatoria in tutta la Comunità, nell'allegato II sono elencati quei progetti per i quali gli stati membri devono stabilire delle soglie di applicabilità.

La direttiva 337/85 è stata modificata con la direttiva 97/11/CE che, pur non imponendo nuovi obblighi, amplia gli elenchi dei progetti da sottoporre a VIA: le opere comprese nell'allegato I passano da 9 a 20; relativamente alle opere previste dall'allegato II la nuova direttiva introduce una selezione preliminare, viene lasciata libertà agli Stati membri di optare o per un criterio automatico basato su soglie dimensionali oltre le quali scatta la procedura, o un esame caso per caso dei progetti.

L'Italia, il 10 agosto 1988, ha emanato il DPCM n. 377: "Regolamento delle procedure di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della Legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale".

Nel DPCM 377/88 vengono sottoposti a VIA solo i progetti di cui all'allegato I della direttiva 337/85/CEE, mentre non si fa cenno alcuno ai progetti di cui all'allegato II. Le norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione dei giudizi di compatibilità sono specificate nel DPCM 27/12/88, successivamente modificato e integrato (per talune categorie di opere) dal DPR 2 settembre 1999, n. 348 .

Dopo i richiami da parte comunitaria per l'incompleta applicazione della direttiva, lo Stato italiano ha emanato il DPR 12/4/96, recante: "Atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'art. 40, comma 1, della Legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione d'impatto ambientale". Con il DPR 12/4/96 viene conferito alle regioni ed alle province autonome il compito di attuare la direttiva 337/85/CEE per tutte quelle categorie di opere, elencate in due allegati, A e B, non comprese nella normativa statale, ma previste dalla direttiva comunitaria. Le opere dell'allegato A sono sottoposte a VIA regionale obbligatoria (se queste sono localizzate in un parco, ai sensi della Legge 394/91, la soglia dimensionale è dimezzata); le opere dell'allegato B sono sottoposte a VIA regionale obbligatoria, con soglie dimezzate, solo nelle aree a parco, al di fuori dei

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Il 27 dicembre 1999 è entrato in vigore il DPCM 3 settembre 1999 in tema di VIA Regionale che introduce nuove opere (e ne modifica altre) da sottoporre alla procedura valutativa locale. Il provvedimento modifica gli allegati A e B del DPR 12 aprile 1996 introducendo 12 nuove categorie di opere.

A questi principali riferimenti legislativi se ne aggiungono altri, sempre di livello nazionale, volti a regolare specifici aspetti della VIA:

• Circolare del Ministero dell'ambiente 11 agosto 1989, pubblicità degli atti riguardanti la richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale di cui all'art.6 della l. 8 luglio 1986; modalità dell'annuncio sui quotidiani; successivamente integrato dalle circolari ministeriale del 23 febbraio 1990 e del 21 giugno 1991.

• Circolare del Ministero dell'ambiente 30 marzo 1990, assoggettabilità alla procedura di impatto ambientale dei progetti riguardanti i porti di seconda categoria classi II, III, e IV, ed in particolare, i "porti turistici". Art. 6 comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349 e DPCM 10 agosto 1988, n. 377.

• DPR 27 aprile 1992, regolamentazione delle procedure di compatibilità ambientale e norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità per gli elettrodotti aerei esterni.

• Circolare del Ministero dell'Ambiente 1 dicembre 1992, assoggettabilità alla procedura di impatto ambientale dei progetti riguardanti le vie rapide di comunicazione. Art. 6 comma 2, della legge 8 luglio 1986, n. 349 e successivi DPCM attuativi.

• DPR 18 aprile 1994, regolamento recante norme per disciplinare la valutazione dell'impatto ambientale relativa alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi.

• Legge n. 640 del 3 novembre 1994, ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla valutazione di impatto ambientale in contesto transfrontaliero.

• Circolare del Ministero dell'Ambiente del 15 febbraio 1996, Integrazioni delle circolari 11 agosto 1989 e 23 febbraio 1990 concernenti "Pubblicità degli atti riguardanti la richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986 . N. 349; modalitò di annuncio sui quotidiani".

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• Circolare del Ministero dell'Ambiente 7 ottobre 1996, procedure di valutazione di impatto ambientale.

• Circolare del Ministero dell'Ambiente 8 ottobre 1996, principi e criteri di massima della valutazione di impatto ambientale.

• DPR 11 febbraio 1998, disposizioni integrative del DPCM 377/88 in materia di disciplina delle procedure di compatibilità ambientale di cui alla Legge 8 luglio 1986, n. 349, art. 6 DPR 3 luglio 1998, termini e modalità dello svolgimento dalla procedura di valutazione di impatto ambientale per gli interporti di rilevanza nazionale.

• Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 4 agosto 1999, Applicazione della procedura di valutazione di impatto ambientale alle dighe di ritenuta.

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2.7 ADEMPIMENTI CHE DEVE SVOLGERE IL PROPONENTE L'OPERA

Il proponente (denominato anche committente) è il soggetto che, per le opere soggette a VIA, dà avvio al procedimento chiedendo la Pronuncia di compatibilità ambientale all'autorità competente. A tal fine:

1) predispone lo studio di impatto ambientale (S.I.A.), articolato secondo i quadri di riferimento programmatico, progettuale ed ambientale rispettivamente indicati negli art. 3, 4 e 5 del d.p.c.m. 27/12/88 e in base alle indicazioni di cui agli allegati I e II del d.p.c.m. 27/12/88;

2) inoltra al Ministero dell'Ambiente, al Ministero per i beni e le attività culturali e alla Regione territorialmente interessata la richiesta di pronuncia di compatibilità ambientale; 3) provvede al deposito dello studio di impatto ambientale e della documentazione allegata. 4) pubblica un annuncio dell'avvenuto deposito dello S.I.A. su due quotidiani, di cui uno a

diffusione locale e uno nazionale.

Il committente delle opere può comunicare alla Commissione VIA del Ministero dell'Ambiente l'inizio degli studi di impatto ambientale, qualora ritenga necessaria la presenza di osservatori che assistano a sopralluoghi, prove, verifiche sperimentali di modelli e altre operazioni tecniche non facilmente ripetibili, funzionali allo studio. Il Presidente della Commissione VIA del Ministero e l'Assessore regionale competente hanno facoltà di designare i suddetti osservatori.

Il DPR 12/4/96 definisce l’iter che il responsabile dell’opera deve seguire affinché venga effettuata una Valutazione d’Impatto Ambientale Regionale.

In particolare tale decreto identifica tre passi fondamentali che sono: 1) lo Screening;

2) lo Scooping; 3) la VIA;

4) Misure di pubblicità;

1. Procedura di Screening

Qualora esistessero dubbi sulla assoggettabilità di un progetto alla VIA, ( è il caso dei progetti dell'allegato B che non ricadono in aree protette o di modifiche di impianti esistenti),

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il proponente deve chiedere alla Autorità competente (ufficio VIA regionale) di effettuare una verifica detta "screening". In genere si tratta di una valutazione formale per verificare se un progetto rientra nelle tipologie elencate nei vari allegati o se la sua localizzazione è riferibile ad aree naturali protette o particolarmente sensibili. L'autorità competente deve dare risposta entro 60 gg, trascorsi i quali, in caso di silenzio dell'Autorità competente, il progetto si intende escluso dalla procedura di VIA.

2. Procedura di Scooping

Per i progetti soggetti alla procedura di VIA il proponente può richiedere all'autorità competente di effettuare, in contraddittorio, una fase preliminare di definizione delle informazioni da fornire nello Studio di Impatto Ambientale detta "scooping". Il proponente deve in tal caso presentare un piano di redazione del SIA, individuando i comuni e le province interessate. La procedura di scooping si completa entro 60 gg.

3. Procedura di V.I.A.

Il Proponente trasmette alla Autorità competente la domanda di pronuncia di compatibilità ambientale contenente il progetto dell'opera proposta e lo Studio di Impatto Ambientale. Contestualmente, il Proponente trasmette la domanda completa di progetto e di Studio di impatto ambientale anche alla Provincia ed ai comuni interessati e, nel caso di aree naturali protette, anche ai relativi enti di gestione, che devono esprimere il proprio parere entro 60 gg.

Decorso il termine dei 60 gg., l'Autorità competente rende il giudizio di compatibilità ambientale nei successivi 90 gg., anche in assenza dei predetti pareri.

L'Autorità competente può richiedere (per una sola volta) eventuali integrazioni allo studio trasmesso o alla documentazione allegata, con l'indicazione di un congruo tempo per la risposta. In questo caso l'Autorità competente rende il giudizio di compatibilità ambientale entro 90 gg dalla ricezione della documentazione integrativa.

Nelle materie di loro competenza le Regioni e le Province autonome devono provvedere affinchè il giudizio di compatibilità ambientale esoneri il Proponente da ogni altra autorizzazione preliminare per le materie stesse connesse alla procedura di VIA.

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4. Misure di pubblicità

Contestualmente alla presentazione della domanda di compatibilità ambientale il Proponente provvede, a proprio carico alle misure di pubblicità:

- Deposito presso gli uffici VIA del progetto dell'opera, dello studio di impatto ambientale e di una sintesi non tecnica, per la consultazione da parte del pubblico.

- Diffusione di un annuncio su un quotidiano provinciale o regionale secondo quanto previsto dalla circolare del Ministero dell'Ambiente 11 agosto 1989. La scelta del quotidiano più diffuso nella regione o nella provincia autonoma interessata: si basa su un criterio di massima, non necessariamente legato agli accertamenti di diffusione della stampa, ma valutabile secondo criteri di ragionevolezza e di leale collaborazione.

L’annuncio deve avere un formato non inferiore a 6 moduli e deve essere collocato, nell'ambito dei quotidiani prescelti, in posti che gli conferiscano una evidenza adeguata al ruolo primario che le norme di legge conferiscono alla pubblicazione ed alle osservazioni del pubblico ad esso collegate quali, ad esempio, le pagine di cronaca nazionale per i quotidiani nazionali e la cronaca locale per il quotidiano più diffuso nella regione. L'annuncio deve contenere al suo interno:

A) un testo con l'indicazione del proponente l'opera e l'indicazione della sede con il relativo indirizzo.

B) specificazione dell'appartenenza dell'opera ad una delle categorie specificate dal DPCM 377 o da leggi speciali, riportando per esteso la denominazione desunta dalla citata norma. C) la chiara specificazione localizzativa del progetto, con l'indicazione del comune, frazione o zona o località della stessa ed eventualmente, se necessario od opportuno, confini di proprietà.

D) la descrizione sommaria del progetto comprendente finalità, caratteristiche e dimensionamento dell'intervento.

E) la specificazione dell'ufficio regionale presso il quale sono depositati il progetto e lo studio di impatto per la pubblica consultazione.

Figura

Figura 2.1 – esempio di matrice

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