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___________________Capitolo 4 L’Automazione

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Academic year: 2021

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___________________Capitolo 4

L’Automazione

La ripetività delle azioni che caratterizzano la Calibrazione, l’estesa mole di dati che deve essere riportata, la ricerca di una velocizzazione e molti altri fattori, portano a considerare la possibilità di automatizzare la prova di calibrazione.

Il guadagno che se ne ricava, potendo trascurare l’errore umano nella trascrizione e l’interazione fra i vari strumenti, è quantificabile in velocità e precisione.

Quando si automatizza un sistema di misura si viene a costituire quindi formalmente uno strumento che fisicamente ed elettricamente non esiste ma che è in grado di svolgere la funzione per cui è stato progettato.

Può sembrare un controsenso apparentemente, ma non lo è, si tratta solamente di uno “Strumento Virtuale”, molto spesso indica con la sigla VI, acronimo di Virtual Instrument.

Per creare un VI è quindi necessario combinare insieme elementi hardware e software che realizzano le parti di controllo, d’acquisizione e di presentazione dei dati.

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Lo “strumento tradizionale” è un dispositivo a sé stante, con la capacità di scambiare segnali con l’esterno ma con un’interfaccia utente fissa, costituita da manopole, pulsanti, quadranti, grafici, …

All’interno dello strumento vi sono circuiti elettronici specializzati per svolgere determinate funzioni, come convertitori A/D, condizionatori di segnale, microprocessori, memorie e bus, che collaborano per convertire ed analizzare segnali provenienti dall’esterno e presentare i risultati all’utente.

Il produttore ne definisce tutte le caratteristiche e le prestazioni e l’utente non può in alcun modo modificarle.

Gli “strumenti virtuali” fanno invece propria l’architettura aperta dei computer adattandola in ciò che riguarda i processori, le memorie e la visualizzazione.

L’inserimento nel bus del PC di schede a basso costo per l’acquisizione dati (schede DAQ) e l’interfacciamento con strumenti forniscono al computer le prestazioni necessarie per le applicazioni di strumentazione.

Nel 1986 la National Instrument, ha presentato la prima edizione di LabVIEW, con lo scopo di offrire uno strumento software che consentisse ai tecnici di sviluppare sistemi d’acquisizione e controllo personalizzati.

E’ nata così una rivoluzione che ha cambiato i mercati della strumentazione di prova e test e dell’automazione industriale attraverso la riduzione dei costi senza penalizzare le prestazioni: la

Rivoluzione della Strumentazione Virtuale.

In venti anni LabView è cresciuto divenendo, da un linguaggio di programmazione grafico, uno standard di sviluppo industriale per misure ed automazioni.

La struttura del software di National Instrument per i sistemi di collaudo e misura di 3 elementi principali:

• L’applicazione utente;

• I programmi di collaudo e misura; • I driver per gli strumenti;

Seguendo questo schema il programmatore può facilmente identificare i modelli necessari alla realizzazione del suo sistema.

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Sia che gli strumenti siano stand-alone che plug-in, la presenza di driver e standard industriali, permette la coordinazione di operazioni e l’interazione delle forze.

La programmazione LabView è grafica ed il dataflow utilizzato libera dall’architettura lineare dell’organizzazione tipica dei linguaggi testuali.

L’ordine d’esecuzione delle varie azioni, determinato dal passaggio di dati fra blocchi e non dal susseguirsi d’istruzioni, permette di costruire diagrammi che operano in modo pseudo-simultaneo.

Per la programmazione si scelgono oggetti (icone) dai vari menù e si eseguono dei collegamenti assimilabili a cavi nei quali l’informazione scorre.

La struttura di uno strumento virtuale può essere ricorsiva cioè può richiamare al suo interno altre implementazioni, dal semplice combinatore algebrico al gestore dei file, verificando, anche se non nel modo canonico in cui siamo abituati a concepirlo, il principio di programmazione top-down.

Fig. 4.1 Control palette.

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Se più moduli cooperano insieme si può decidere di legarli costituendo una libreria per rendere il pacchetto compatto ed evitare perdita di funzionalità.

LabView ha la possibilità di richiamare parti di codici di programmi così da non risultare un prodotto di nicchia integrandosi nel resto del mondo software.

Anche se a prima vista una schermata di programma potrebbe sembrare impossibile da interpretare, con piccole convenzioni, la lettura non risulterà più ostica.

Fig. 4.3 Esempio di diagramma LabView.

I colori d’ogni bus non sono attribuiti da gusto del programmatore ma fissati per avere un impatto visivo del tipo di dato che il collegamento tratta:

• Arancio = I dati relativi sono rappresentati in floating point double precision; • Blu = Il valore è espresso con un numero intero a 16 bit;

• Verde = La connessione contiene dati relativi ad una sessione VISA; • Magenta = Indica la presenza di codici alfanumerici (stringhe).

L’utente finale non interagisce con questa rappresentazione in quanto, come tutti gli ambienti visuali, esiste anche l’interfaccia user friedly contenente solamente gli indicatori ed i controlli proprio come in uno strumento reale.

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Nell’utilizzare il programma si ha la sensazione di avere di fronte uno strumento nuovo, dedicato per la prova e completamente personalizzato.

E’ sottointeso che la realizzazione di qualsiasi sistema automatico richiede conoscenze, non solo del linguaggio di programmazione e della procedura da implementare, ma anche d’eventuali problematiche che accompagnano la misura stessa.

4.4 Esempio di frontal panel di uno strumento virtuale.

I MODULI DI GESTIONE

Qualsiasi strumento di misura d’ultima generazione, nati in vista d’automatizzazioni, arrivano sul mercato corredati di una serie di routine per la loro gestione, piccoli moduli sviluppati in LabView che, tramite sessioni VISA, trasmissioni seriali o attraverso GPIB, permettono, a chi deve gestire la strumentazione, di avvalersi della modularità del sistema.

Nella maggior parte dei casi, la procedura implementata si riduce alla costruzione di una stringa da inviare all’apparato, dove i parametri specifici sono organizzati come ingressi del blocco e le parole chiave inserite come costanti.

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La sessione Visa

E’ un’interfaccia standard di programmazione I/O (A.P.I.), che di per sé non ha la capacità di comandare degli strumenti, ma provvede ad attivare i driver necessari perché ciò sia possibile.

Il vantaggio nel suo utilizzo risiede nel fatto che con essa è indifferente l’interfaccia che lo strumento sta utilizzando, il comando è unico.

L’A.P.I. provvede alla giusta traduzione.

Serial GPIB VXI

VISA

OS Calls NI – 488.2 NI - VXI

Fig.4.5. Gestione delle interfacce attraverso VISA

L’apertura di una sessione VISA, lega insieme il test d’informazioni relative al tipo di collegamento e ne permette l’individuazione tramite un identificatore. I moduli basati su questa gestione delle interfacce devono per forza prevedere un ingresso che serve per adeguare i parametri al tipo di collegamento. Altra caratteristica molto utile di una gestione tramite VISA è quella che vede disponibile anche una linea sulla quale vengono trasportati gli errori.

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Interfaccia GPIB

Fig. 4.6. Moduli di gestione dell’interfaccia GPIB.

Nata come interfaccia proprietaria con il nome di HP-IB, standardizzata come IEEE 488 nel 1975 e come ANSI IEEE 4888.2 nel 1987, rappresenta un valido metodo d’interconnessione fra strumenti.

La connessione avviene attraverso 16 linee di segnale suddivise in 3 gruppi:

1. Linee di dati (8 connessioni);

2. Linee di Handshake (3 connessioni); 3. Linee di gestione (5 connessioni).

Il connettore a contatti passanti della presa GPIB è fatto in modo da permettere la costruzione di una rete a bus.

Tramite la scheda d’interfaccia ad ogni strumento viene assegnato un indirizzo per l’identificazione.

Interfaccia seriale

Ormai standard affermato, quello della RS232, permette di far colloquiare apparati attraverso un protocollo seriale.

La gestione molto semplice prevede solo poche azioni:

1. L’inizializzazione della porta nella quale vengono definiti baud rate, numero della porta da utilizzare, formato del dato e dei controlli;

2. Scrittura sulla porta; 3. Lettura dalla porta;

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4. Interruzione dell’azione.

Fig.4.7. Moduli per la gestione dell’interfaccia RS232.

La Calibrazione Automatizzata

Grazie alle potenzialità messe a disposizione da LabView e dai vari protocolli di trasmissione, con piccole modifiche al setup strumentale è quindi possibile automatizzare la prova di Calibrazione della Camera Anecoica.

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Fig. 4.8 setup per la calibrazione, in camera e strumentale.

Ricalcando le funzionalità delle fasi in cui può essere suddivisa la prova, sono stati realizzati 3 moduli operanti separatamente:

• Riferimento.llb; • Calibrazione.llb; • Elaborazione.llb.

L’operatore che si trova a dover compiere la prova no dovrà più provvedere ad impostare dati nei vari strumenti poiché essi saranno pilotati e coordinati tramite PC. Le realizzazioni in LabViewTM possono essere analizzate da 2 punti di vista, quello dell’utente che vede avvicendarsi e modificarsi delle schermate e quello delle azioni che dietro la maschera frontale si susseguono.

Una premessa grava sulla spiegazione della realizzazione dei moduli e riguarda il non facile compito di illustrare il funzionamento, presentandosi su una stessa schermata più oggetti come sequenze e strutture case che si realizzano con layout a sovrapposizione.

Riferimento.LLB

Ha il compito di redigere il file di riferimento sul primo punto per verificare l’uniformità. Prima di analizzare in modo più dettagliato le varie voci che compaiono nelle schermate è forse d’aiuto una schematizzazione del principio di funzionamento globale.

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Nella parte utente, la prima schermata che appare contiene l’elenco dei dati di prova da impostare.

Fig. 4.9.Pannello dello strumento virtuale durante la fase di inserimento dati.

Nelle apposite locazioni possono essere messe le grandezze richieste e la fase di immissione finisce quando si dà inizio all’elaborazione premendo sul tasto “Inizio Elaborazione” posto sulla destra.

Da questo momento la procedura è completamente automatica e tutti i comandi, tranne quello di STOP, sono disabilitati per impedire manomissioni.

La sezione di controlli che viene attivata sulla parte destra dello schermo visualizza lo stato del funzionamento del modulo.

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T F F T f > fmax Rilascio strumenti Adeguamento ampiezza generatore RF Lettura Sonda Campo>Livello Decremento potenza Lettura sonda Campo<Livello Incremento potenza RF Lettura sonda Campo>livello

Lettura dal Power Meter

Lettura dalla sonda

T F T INCREMENTO FREQUENZA F Inizializzazione strumenti HP 8648A RF Generator HP E4419B Power Meter HI 4422 Field Probe

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Grazie ad un indicatore a livello che riporta l’avanzamento della frequenza in esame ed una visualizzazione ad ago che mostra le fluttuazioni del campo, si può avere un’idea di come le cose stiano procedendo.

Non bisogna dimenticare che, anche se la procedura è completamente automatizzata, ciò non esonera dal dover sorvegliare le azioni per evitare spreco di tempo ed energie. I dati presi potrebbero essere inutilizzabili poiché relativi a condizioni erronee di funzionamento derivanti da scarsa carica delle batterie del sensore o da cavi non collegati perfettamente.

Un messaggio di sistema avverte quando la prova è giunta al termine, dopodiché compare la richiesta di immettere il nome del file sul quale salvare i dati raccolti.

Fig. 4.11.Messaggio di fine prova. L’ACQUISIZIONE DEL RIFERIMENTO E’ FINITA

OK

I dati che vengono memorizzati sono scritti su un file di testo per colonne secondo il seguente schema:

1. Frequenza istantanea;

2. Potenza trasmessa, letta sul Power Meter; 3. Potenza riflessa, letta sul Power Meter;

4. Componente del Campo Elettrico lungo l’asse x; 5. Componente del Campo Elettrico lungo l’asse y; 6. Componente del Campo Elettrico lungo l’asse z; 7. Risultante del campo elettrico;

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Fig. 4.12.Organizzazione dei dati nei files prodotti.

Dal momento in cui viene avviata la prova vera e propria una serie di prove inizializzano e pongono in “modo remoto” i vari strumenti:

• Il Generatore RF, tramite l’apertura di una sessione VISA e la configurazione della potenza di uscita. Nella figura si può vedere la fase di inizializzazione del generatore, la configurazione della modulazione AM spanta e l’impostazione ad OFF della potenza di uscita.

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Fig. 4.13.Inizializzazione e configurazione del generatore RF.

• La Sonda sulla porta seriale 0, impostandovi i valori relativi alla comunicazione che si intende attivare.

Vi sono nella figura altre 2 gestioni della comunicazione con la sonda che sono svolte sequenzialmente dal programma; si tratta del settaggio del range del sensore e

l’azzeramento dello stesso.

Uno switch sul pannello frontale permette di scegliere quale range della sonda usare.

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Dopo l’acquisizione, da parte del PC, del controllo dei vari strumenti si passa alla gestione vera e propria della prova.

Come schematizzato nell’algoritmo iniziale, l’intera prova è retta dal ciclo While esterno che si incarica di realizzare la scansione della frequenza con la modalità richiesta dal pannello frontale.

Annidate all’interno del ciclo principale si trova una struttura sequenziale che gestisce gli eventi che sono il cuore dell’algoritmo.

Il frame riportato in figura è graficamente complesso in quanto incorpora cicli e

sequenze ma seguendo il funzionamento logico può essere analizzato nel suo insieme. La sezione di sinistra rappresenta la gestione di incremento della frequenza del segnale che deve essere fornito dal generatore RF con possibilità di aggiornamento a step o percentuale programmabile dal pannello frontale.

La sequenza nella parte destra realizza invece il ciclo di adeguamento della potenza all’antenna.

Dopo una lettura preliminare dalla sonda della sola componente risultante, viene scelto se incrementare la potenza RF o diminuirla in modo da raggiungere il campo di prova. Seguono una serie di cicli finalizzati al raggiungimento del valore di campo desiderato attuando una variazione della potenza RF.

Cercando di coniugare velocità e precisione, si è scelto di operare con variazioni monotone ovvero considerando raggiunto lo scopo nel momento in cui il campo generato supera, crescendo o decrescendo, la soglia di quello da creare.

L’entità della variazione dipende certamente dal passo con cui si aggiorna l’uscita del generatore RF, impostabile dall’utente ma anche dall’amplificazione introdotta.

I moduli che compaiono nei cicli precedenti, che attuano le 2 possibili variazioni di potenza, sono stati costruiti come entità separate ed inseriti nel programma in analisi poiché utilizzati anche in un’altra fase della Calibrazione.

Costituendo un’insieme di procedure si è, quindi, ottimizzato spazio sul diagramma e tempo di implementazione.

Per salvaguardare l’apparecchiatura, durante il modulo che realizza l’incremento della potenza, si è preferito fare in modo da non erogare più di -5 dBm, creando una condizione di forzatura al ciclo che termina al superamento di questo valore indipendentemente dallo stato del campo.

Nel momento in cui la sonda riferisce il valore che determina l’avvenuto raggiungimento del campo, sono compiute le letture dei dati che devono essere salvati.

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In successione vengono presi i valori di potenza sui 2 canali del Power Meter, tutte e 3 le componenti e, naturalmente, la risultante del campo.

Quando la frequenza del segnale in esame ha superato quella indicata sul pannello frontale la prova può ritenersi conclusa perciò viene disattivato il generatore RF e rilasciati tutti gli strumenti acquisiti inizialmente.

E’ importante, per la sicurezza di chi opera, che l’antenna non sia sotto tensione alla fine delle varie prove per evitare spiacevoli inconvenienti derivanti da un fortuito contatto, anche se le movimentazioni della stessa sono automatizzate e delegate al controllore del palo d’antenna.

I dati rilevati in tutto il ciclo vengono convogliati in un’unica struttura e riversati in un file il cui nome viene richiesto mediante una finestra del sistema.

Calibrazione. LLB

Dopo aver costituito il file di riferimento può aver inizio la calibrazione vera e propria, quella in cui si vanno a testare i livelli di campo in tutti i punti della griglia definita in precedenza.

Come nel programma precedente la prima fase è dedicata al settaggio dei parametri per la prova, che nel caso specifico sono il range da impostare nella sonda e la sensibilità con cui variare l’ampiezza del segnale in uscita dal generatore RF.

Non sono necessarie altre informazioni poiché i livelli di campo e le frequenze sono già presenti fra i dati nel file di riferimento.

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Fig. 4.15 Pannello frontale iniziale del modulo di Calibrazione.llb.

Avviata la prova vera e propria, attraverso la pressione del tasto sulla parte destra dello schermo, viene richiesto di specificare il nome del file contenente i dati del riferimento poi il tutto prosegue in modo automatico.

Il file che viene prodotto ha la stessa forma di quello generato nel riferimento.

Le informazioni salvate sono sovrabbondanti, relativamente a quelli che saranno i dati da elaborare, ma possono riferire del funzionamento globale della prova, vengono perciò consultate in situazioni anomale.

Lo stesso programma che viene lanciato dopo ogni spostamento del sensore all’interno della camera, azione questa che è purtroppo ancora assegnata all’operatore (ed è quella che richiede, in proporzione, il maggior tempo).

L’evoluzione è tesa a fare in modo che la potenza trasmessa letta dal Power Meter sia uguale a quella nel file di riferimento.

Il ciclo che attua l’incremento o il decremento dell’uscita del generatore viene regolato perciò dal valore della potenza spedita all’antenna.

I moduli di incremento e decremento utilizzati nel ciclo while più interno sono gli stessi realizzati per la prova di riferimento.

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Elaborazione. LLB

Questa parte del programma realizza l’algoritmo di trattamento dei dati del quale si ricavano il file vero e proprio di Calibrazione ed il file pilota per la prova di Immunità Radiata.

Sono possibili 2 modi di funzionamento, che si differenziano dalla quantità di dati trattati, e che si riferiscono alle 2 possibili Calibrazioni, quella Completa su 16 punti e 12 punti e quella Ridotta su 4 punti.

Reperimento Dati

Manuale Automatico

Appena avviato il programma è possibile scegliere di immettere, uno per uno, i nomi dei file da elaborare oppure se far prendere i nomi in modo automatico, in questo caso deve essere eseguita una convenzione nella nomenclatura in fase di Calibrazione. Avvalendosi della seconda possibilità, l’elaborazione, si aspetta i file nella directory in cui si è lanciata l’esecuzione con i nomi costituiti nel modo seguente:

Elaborazione Completa Fig. 4.16. Sezione di impostazione delle procedure da seguire. Ridotta

GO

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PUNTO x-y. DAT

dove x ed y sono le coordinate del punto del punto in cui è posizionatoli sensore nella prova relativa. Completa Ridotta Elaborazione Elaborazione 16 punti Elaborazione 12 punti Elaborazione 4 punti Fig. 4.17.Riepilogo delle procedure possibili.

File Cal 16 <data>. dat

File Cal 14 <data>. dat File Cal 4 <data>. dat File Cal 4 <data>. dat File calibrazione <data>. dat

File Aperti D:\PUNTO 1-1. dat D:\PUNTO 1-2 .dat D:\PUNTO 1-3 .dat D:\PUNTO 2-1 .dat D:\PUNTO 2-2 .dat D:\PUNTO 2-3 .dat D:\PUNTO 2-4 .dat D:\PUNTO 3-1 .dat D:\PUNTO 3-2 .dat Reperimento Dati Manuale Automatico Elaborazione TOTALE RIDOTTA Fig. 4.18. Pannello frontale durante la fase di apertura dei files.

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Floppy

T

Per tutte le

frequenze. Floppy

F

Individuazione del minimo valore dicampo.

Calcolo della potenza necessaria per generare 3 V/m .

Calcolo della potenza necessaria pergenerare 10 V/m.

Funzionamento di massima del programma Elaborazione. LLB relativamente alla costruzione del file di riferimento per la prova di Immunità Radiata.

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Floppy Per tutte le frequenze T F Floppy

Individuazione del minimo valore dicampo.

Conversione in dB.

Individuazione del valore massimo.

Funzionamento di massima del programma Elaborazione. LLB relativamente alla trattazione ridotta.

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Volendo operare una Calibrazione sui soli 4 punti centrali si può scegliere l’elaborazione ridotta che assolve allo scopo.

Operata la scelta dell’Elaborazione Completa, nella schermata successiva sono costruiti i 2 grafici, quello relativo all’elaborazione su tutti i 16 punti e quello migliorativo con possibilità di scarto calcolato su 12 punti.

La condizione migliore si attua nel momento in cui già il primo dei 2 rimane confinato nella fascia dei 6 dB.

Optando invece per l’Elaborazione ridotta, poiché non sono ammessi scarti sui dati, il grafico prodotto risulta solamente uno.

A termine della lavorazione vengono prodotti dei file che contengono l’indice di calibrazione, cioè il massimo valore riscontrato in dB, per ogni frequenza testata, per la prova completa su 16 punti, su 12 punti e su 4 punti nella prova ridotta.

Questa volta i salvataggi vengono fatti in modo trasparente assegnando come nomi quelli risultanti dalle sovrapposizioni delle seguenti informazioni:

1. Stringa costante “Cal 16” o “Cal 12” o “Cal 4”; 2. Data.

Parallelamente al calcolo degli indici di Calibrazione viene compiuta anche la stesura del file da utilizzare nella prova di Immunità Radiata.

Per ogni frequenza viene individuato il valore minimo di campo misurato, fra quelli che concorrono all’individuazione dell’indice, e con esso si calcolano i livelli di potenza

necessari per i campi a 3 e 10 V/m.

Il file che viene prodotto è salvato automaticamente con il nome “File di calibrazione” e la data.

Questo è il metodo seguito per la Calibrazione secondo la Norma EN 61000-4-3, la sua applicazione alla MIL-STD 461E così come alla RTCA-DO 160D è possibile con piccole modifiche, inoltre come già detto quest’ultima norma non è definita su un numero preciso di punti, ciò consente quindi di applicarlo ad un solo punto.

Figura

Fig. 4.1 Control palette.
Fig. 4.3 Esempio di diagramma LabView.
Fig. 4.6. Moduli di gestione dell’interfaccia GPIB.
Fig. 4.8 setup per la calibrazione, in camera e strumentale.
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