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CAPITOLO 2

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 2

Caratteristiche di un terminal container

2.1

Introduzione.

Un terminal container portuale costituisce un collegamento fondamentale nella catena di trasporto container. Al suo interno devono potersi compiere due operazioni essenziali:

 trasferimento da un mezzo di trasporto ad un altro;

 deposito temporaneo ed intermedio tra diverse fasi di trasporto (via camion, treno, nave).

Per lo svolgimento di queste operazioni (manipolazioni del container), è necessario che il terminal possieda diverse componenti, come indica lo schema semplificativo seguente:

area di ancoraggio banchina piazzale gate portainer fig.2.1

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- Area di ancoraggio. In questa area le navi aspettano che si liberi una banchina cui attraccare. Nella maggior parte dei porti sono richiesti dei rimorchiatori (tug boats) per accompagnare le navi nelle operazioni di attracco e di allontanamento dalla banchina.

- Banchine (berth). Costituiscono il perimetro lungo il quale attraccano le navi.

- Aree di accumulo (yard). In queste aree i container vengono temporaneamente depositati in attesa di proseguire il loro viaggio.

- Punti di ingresso lato terra (gate). Attraverso di essi i container entrano nel terminal in attesa di essere caricati o escono dopo essere stati scaricati dalle navi. Queste entrate ed uscite avvengono mediante camion o treni.

Per eseguire in maniera efficiente le varie operazioni del terminal, è necessaria le presenza di vari mezzi di sollevamento, trasporto, carico e scarico dei container, le cui caratteristiche fondamentali verranno descritte in seguito.

Per poter comprendere le problematiche tecniche e gestionali che occorre affrontare in un terminal, non si può prescindere da una descrizione dei flussi che si realizzano al suo interno.

Rispetto al concetto generale per cui il terminal è quel luogo dove il container viene manipolato, si possono individuare tre tipi di flussi logistici vale a dire tre tipi di “direzioni” verso le quali gruppi di container si muovono all’interno di un terminal.

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Flusso export.

Riguarda i container che arrivano nel porto per mezzo di camion o treni e vengono temporaneamente depositati in attesa di proseguire il loro percorso via nave. I container export partono in modo deterministico, in funzione del piano di partenza delle navi, ma arrivano in modo casuale.

Flusso import.

Riguarda i container scaricati dalla nave che vengono temporaneamente depositati per poi proseguire il loro tragitto via treno o camion. I container arrivano in grandi lotti in base al piano degli arrivi delle navi, ma lasciano il terminal in modo casuale.

Flusso transhipment.

Riguarda i container sbarcati da una nave che proseguono il loro viaggio trasbordando su un’altra nave.

Il transhipment è un flusso che concettualmente viene separato dagli altri due, ma che operativamente può essere considerato un flusso import/export: import nel momento in cui il container sbarca dalla nave, export nel momento in cui viene collocato nell’area dedicata a container che saranno nuovamente imbarcati. L’importanza del transhipment risiede nel fatto che le navi transoceaniche incontrano difficoltà oggettive nelle manovre di avvicinamento ai porti. Pertanto è più conveniente che queste attracchino solo in terminal opportunamente scelti e che i container proseguano verso altre destinazioni su navi più piccole.

Occorre tener presente che spesso in un porto interagiscono soggetti decisionali diversi le cui finalità non sempre sono in armonia tra loro. Tali

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soggetti sono le autorità portuali, le compagnie che forniscono servizi particolari, ad esempio i rimorchiatori, e naturalmente l’impresa terminalistica. Noi ci occuperemo soltanto di quest’ultimo soggetto decisionale che può essere così definito:

“Impresa che gestisce direttamente le operazioni di imbarco, sbarco e

movimentazione delle merci con proprio personale, impianti ed attrezzature su un’area in concessione e che svolge attività con criteri industriali e con sistemi integrati in modo tecnologicamente avanzato”.

La natura di qualunque processo decisionale ed organizzativo è legata ad una conoscenza dettagliata delle operazioni e delle caratteristiche cui esso si riferisce. Molto spesso tali operazioni sono strettamente correlate tra loro, tuttavia sarà conveniente, ai fini di una più semplice comprensione, considerarle separatamente. Analizziamo dunque le caratteristiche associate alle operazioni porto-mare, porto-terra, mezzi di movimentazione, senza però rinunciare, laddove è inevitabile, a brevi note relative alle mutue dipendenze esistenti tra le varie fasi di lavoro.

2.2 Rapporti porto-mare.

In questo paragrafo si vogliono individuare le problematiche relative essenzialmente alle banchine ed alla loro organizzazione, in funzione delle caratteristiche fisiche e delle navi che possono attraccare.

Con il termine “accosto” intendiamo la porzione di banchina assegnata alla nave per effettuare le operazioni di imbarco/sbarco.

La gestione delle banchine e quindi degli accosti è uno dei fattori critici all’interno di un terminal in quanto la loro lunghezza e il loro numero sono limitati. Può capitare che una nave arrivata nel porto trovi tutte le banchine

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Le navi che arrivano nel porto sono di solito informate via radio sullo stato delle banchine. Se è previsto un tempo di attesa, devono essere avvisate per ridurre la loro velocità e risparmiare così del carburante. Inoltre, la loro attesa al di fuori delle opere di difesa foranea evita eccessivo traffico all’interno del porto che in genere è costituito da uno spazio limitato.

E’ necessaria perciò una buona pianificazione della assegnazione degli accosti al fine di evitare fenomeni di congestione e ridurre i tempi di attesa delle navi nell’area di ancoraggio.

Un altro fattore importante che influenza il traffico di navi nel terminal è la presenza di bacini di evoluzione: questi servono alle navi per ruotare quando, con l’ausilio dei rimorchiatori, entrano o escono dal porto. Le navi in genere accostano alla banchina con la prua verso l’uscita, per motivi di sicurezza ma anche per essere subito pronte ad uscire, una volta terminate le operazioni. Il lato di ormeggio viene anche stabilito, in accordo con il piano di stivaggio, per facilitare le operazioni di carico/scarico (in genere, anche per problemi di visibilità, la gru inizia a scaricare dal lato terra verso il lato mare, tenendo conto anche della stabilità della nave stessa).

I parametri strutturali di cui occorre tener conto sono naturalmente il numero di banchine e la loro lunghezza ma anche il pescaggio (profondità di fondale) e la tipologia di accosto (per nave Ro-Ro e/o Lo-Lo).

In un terminal container, infatti, le navi che scalano non sono tutte uguali, ma si possono individuare due classi distinte:

- Navi portacontainer LO/LO (lift on – lift off).

Utilizzano una movimentazione verticale e, in alcuni casi, possono possedere mezzi di movimentazione a bordo. Le stive sono cellulari, ovvero divise mediante guide verticali che delimitano con esattezza lo spazio che deve occupare un container. Le capacità delle navi portacontainer possono essere classificate nelle seguenti:

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fino a 300 TEUs1(feeders): usate per bacini ristretti o traffici costieri;

fino a 800 TEUs (feeders): solitamente usate per bacini ristretti;

oltre 800 TEUs (transoceaniche): usate per servizi oceanici. Le grandi compagnie navali hanno in servizio navi da 5000/7000 (lunghe circa 350 metri) TEUs ma sono già in progettazione navi da 10000 TEUs.

- Navi portacontainer RO/RO (roll on – roll off).

In questi casi l’accesso alla nave avviene per mezzo di grosse rampe che si trovano a poppa e mediante un sistema di viabilità interna (come, ad esempio, per i traghetti). Per le loro caratteristiche queste navi si impiegano di solito in porti privi di mezzi di sollevamento verticale o per linee che privilegiano trasporti rotabili.

In ogni terminal container (sia esso import-export o di transhipment) è necessaria la presenza di un ufficio Berth Planning che, come detto, si occupa di questi aspetti. Esso diffonde a tutta l’azienda una Long Term Schedule (da uno a tre mesi circa) e una Short Term Schedule (settimanale) sulla base delle quali organizza la disponibilità di banchine, mezzi e uomini nel rispetto dei vincoli di produttività. Nel Piano degli Ormeggi si riporta il nome delle navi, la data e l’ora di arrivo, l’intervallo di bitte tra le quali deve essere ormeggiata ognuna di esse ed il lato di ormeggio. La posizione di una nave sulla banchina (se non appartiene ad una compagnia con banchina dedicata) viene programmata in base alle dimensioni e al pescaggio della stessa (la banchina non è uniforme), alle precedenze tra gli arrivi ma anche

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alla distanza (che deve essere minima) tra la nave ed i parchi in cui si trovano i container che deve imbarcare.

Un altro obiettivo della pianificazione è, infatti, quello di minimizzare la lunghezza dei percorsi realizzati dai veicoli all’interno del terminal. Bisogna cercare di collocare la nave in una posizione che consenta il minimo trasferimento spaziale dei container (questo, ovviamente, dipende anche dal tipo di attrezzatura di movimentazione scelto). La situazione ottimale è quella in cui una nave attracca proprio di fronte ai propri parchi.

Quando si parla di caratteristiche della banchina non bisogna dimenticare, quindi, anche i fattori che riguardano il distanziamento delle gru di banchina (esiste una distanza minima che evita interferenze tra due gru vicine di circa 7 metri) e la circolazione dei mezzi nell’area retrostante.

Nei terminal di transhipment l’attracco di una nave può essere deciso anche sulla base del numero di container che deve “scambiare” con un’altra nave che (per esempio) deve arrivare. Se so che la nave A deve trasbordare un certo numero di container ad una nave B che attraccherà tra le bitte 10 e 20, dovrei fare attraccare la A proprio tra queste bitte, così da scaricare i container per la B nei parchi subito adiacenti. Quando la nave B arriverà all’ormeggio, troverà subito vicini i propri container. Questo, ovviamente, in caso di perfetta operatività. In genere A e B sono navi della stessa compagnia, tipo madre e feeder.

Nei porti di transhipment in cui è previsto un servizio per navi oceaniche e per navi feeder, si tende a mantenere vincolato l’accosto preferenziale della transoceanica. La posizione di attracco della feeder può invece essere maggiormente flessibile, date le sue dimensioni più ridotte, anche se si cercherà di posizionarla il più vicino possibile alla nave madre di riferimento.

Nei terminal import-export, al contrario, non vi sono le navi madri (in genere, le dimensioni di queste ultime sono troppo grosse per ospitarle) e

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sono rari gli scambi di container tra navi (i contenitori che escono/entrano dal terminal via mare sono arrivati/partono via terra); le precedenze tra gli attracchi delle feeder dipendono, quindi, unicamente dall’ordine di arrivo e da accordi contrattuali.

In definitiva, i pianificatori nell’assegnare gli accosti si affidano a diverse informazioni tra le quali il piano degli arrivi delle navi, i tempi ed i modi di lavoro previsti e l’importanza contrattuale delle linee.

2.3 Rapporti porto-terra.

In questo paragrafo ci occuperemo dell’analisi di ciò che deve essere presente in un terminal container nella zona retrostante le banchine. Parlando in generale, l’area totale richiesta in un terminal container si può individuare come l’insieme delle aree necessarie per lo svolgimento di tutte le attività, come spiega l’elenco seguente:

· area banchine, incluso lo spazio per le gru e per la circolazione retrostante;

· area di deposito per container pieni; · area di deposito per container vuoti;

· area di deposito per container speciali (reefer, fuori sagoma, con merce pericolosa);

· area rimorchi;

· area per parcheggio mezzi;

· area per parcheggio veicoli stradali; · piazzale scalo merci ferrovia;

· strade interne;

· area per uffici dell’amministrazione; · area manutenzione dei mezzi;

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· area per la riparazione ed il lavaggio dei container.

Supponendo che il terminal sia realizzato per maneggiare il 50% di grandi navi ed il 50% di piccole e feeder, la tabella seguente mostra le aree necessarie in funzione delle diverse capacità di un terminal.

Capacità TEUs/anno 200000 300000 400000 500000 Area deposito e banchine (ha) 40 56 70 82 Area container vuoti 6 8 10 12 Area rimorchi 1 1,5 2 2,5 Area parcheggio

mezzi 1 1,5 2 2,5

Area parcheggio

veicoli stradali 1,5 2 2,5 3

Piazzale scalo merci

ferrovia 2,5 2,5 3 3,5 Strade interne 2,5 2,5 3 3,5 Area amministrazione 1 1 1 2 Area manutenzione 1,5 2 2,5 2 Area riparazione e lavaggio container 2 2,5 2,5 2

Area totale (ha) 65 87,5 108,5 127 Lunghezza banchina

(metri) 850 1150 1400 1600

Pescaggio (metri) 11-12 11-12 11-12 11-12 tab.2.1

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Dalla tabella si nota subito che la maggior parte dell’area necessaria in un terminal container è destinata allo stoccaggio dei container ed è proprio su questa che porremo maggior attenzione anche nei capitoli successivi.

L’area di stoccaggio comprende tutta l’area del terminal, ad esclusione di banchine, accessi, uffici e zone di scambio con treni e camion.

Data la frequente mancanza di spazio, in un terminal container è fondamentale una buona pianificazione di quest’area, in modo che tutte le attività che in essa si compiono, possano svolgersi senza ostacolarsi e quindi senza rallentare le operazioni.

Un semplice studio analitico ha portato come risultato una formula che fornisce l’area di stoccaggio A (in ha) necessaria in funzione di diversi parametri:

A = T(D+2d)a/365Z100³(H+2h)U Dove :

T = TEUs/anno movimentati

D = tempo medio di giacenza container (in giorni) d = deviazione standard di D

a = area richiesta per un container da 20' (21,60 m²)

U = utilizzazione totale area di stoccaggio (dipende dai mezzi, larghezza corsie distanza tra cavalletti…). Di solito varia da 0,4 a 0,6

H = altezza media prevista degli stack (da 0,5 a 0,7 l’altezza massima) h = deviazione standard di H

Z = coefficiente di utilizzo stoccaggio (funzione di stack, procedure, tipi di navi..)

Come si nota, l’area di deposito è legata sia al tempo di giacenza (dwell time) dei container che attendono nel terminal di proseguire il loro viaggio,

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sia all’altezza degli stack, cioè al numero di tiri con cui posso impilare questi container. Quest’ultimo aspetto è anche molto dipendente dai mezzi che abbiamo a disposizione per l’impilaggio, come vedremo meglio in seguito.

Da tutto ciò si evince che il deposito dei container pieni in un’area può non essere sempre possibile. Z deve essere perciò determinato in base alle operazioni da fare e varia tra 0,4 e 0,6.Il margine di sicurezza introdotto con Z dipende dalle specifiche condizioni del terminal, come distribuzione merce per ogni nave, area totale utilizzabile, numero di linee che scalano il terminal, ritardi…

Oltre all’area di stoccaggio, in un terminal container, bisogna considerare anche il bisogno di spazio in più per circolazione dei mezzi, manovre, accessi, pulizia dei container, container speciali. Questi ultimi sono:

- Container reefer: sono contenitori frigoriferi, che contengono merce degradabile. Sul piazzale, hanno bisogno di prese a terra per l’alimentazione e per questo motivo il loro numero è limitato. - Container vuoti: esistono aree apposite, in cui vengono accatastati,

che in genere sono lontane dalle banchine, a meno che non vengano richiesti dalla compagnia per l’imbarco. Le loro cataste possono essere molto alte ed i loro parametri sono praticamente inesistenti (resta solo il volume, da 20’ o da 40’, il peso è nullo). In teoria dovrebbe valere la regola del FIFO per prelevarli ma in pratica, essendo tra loro equivalenti, si andrà a liberare quella zona che interessa di più avere a disposizione, togliendo da essa i container vuoti che la compagnia richiede. A volte sono utilizzati anche per isolamento di container pericolosi, come spiegato in seguito.

- Container speciali: sono tutti quei container aventi caratteristiche diverse dallo standard come lunghezze di 45’, pianali, pianali con

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scheletro di metallo ma senza pareti, con altezze maggiori…Per questi esistono delle aree apposite, dette “area problem”, in cui lo stoccaggio è fatto da squadre specializzate.

- Container pericolosi: sono contrassegnati dalla sigla IMO e devono essere trattati con accortezze particolari. Gli IMO1.4 sono quelli esplosivi, attorno ad essi ci deve essere spazio e contenitori vuoti per allontanarli da eventuali materiali infiammabili.In genere sono stoccati nelle parti più esterne delle file, così che, in caso di incendio, l’intervento possa essere tempestivo.

- Container rotti: sono quelli che subiscono danni nella navigazione o per altri motivi. In genere vengono svuotati e la merce caricata su un altro container intatto, oppure si mettono su pancali e si spedisce ugualmente. A decidere è la Compagnia di Navigazione il cui rappresentante nel terminal visiona il danno al container in appositi spazi.

Dopo questo breve excursus sui vari tipi di container speciali, ritorniamo ad affrontare la questione dell’area di stoccaggio e deposito dei container pieni, che è il problema fondamentale nello studio dei rapporti porto-terra.

Le attività maggiormente rilevanti nella pianificazione del piazzale vengono classificate in base alla tipologia di flusso e riguardano:

o pre allocazione degli spazi;

o assegnazione dei mezzi.

I pianificatori del piazzale lavorano in un ufficio chiamato yard control e provvedono alla pre-assegnazione dei parcheggi ai container attesi. Questo è uno dei problemi decisionali più delicati in quanto riguarda l’assegnazione anticipata di una determinata area export a tutti i container destinati ad una nave. Il compito del pianificatore è anche quello di definire a priori il frazionamento delle aree in funzione della tipologia dei container.

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Le aree sono generalmente divise per import ed export (queste ultime sono poste in prossimità delle banchine) le quali, a loro volta, sono frazionate secondo delle logiche di imbarco. Per una maggiore operatività, i container devono essere accatastati in funzione di diversi parametri: peso, classe, LCL (less container load), FCL (full container load), vuoti, direzione di viaggio, porto di destinazione e a volte per tipo e per servizio di nave. Questi parametri servono per avere subito a disposizione in una ben nota area, tutti i container destinati per esempio ad una nave ed aventi determinate caratteristiche comuni; in fase di carico, poiché due container vicini avranno le stesse caratteristiche di peso, destinazione ecc., l’operatore potrà scegliere (in funzione del piano nave che gli fornisce indicazioni su peso, destinazione ecc., del container da caricare) indistintamente uno dei due senza troppe manovre di movimentazione. L’assegnazione di questi parametri restrittivi dipende però anche dal tempo; se occorre velocizzare le operazioni di scarico, i container verranno accatastati a caso o in funzione di un solo parametro (ad es. la destinazione). Questo comporterà però in una fase successiva di carico, maggiori movimenti di piazzale, con conseguente perdita di tempo ed energie.

Una volta che è stata realizzata questa pre-assegnazione, sarà necessario, per esempio per l’export, assegnare ogni singolo parcheggio nello yard ai container che si presentano ai varchi del terminal (camion, ferrovia).

Tutti i dati vengono trasmessi via informatica allo yard control il quale provvede alla assegnazione della posizione in funzione della nave di imbarco, dimensione, tipo, peso, nonché all’effettiva situazione. Lo yard control deve avere in tempo reale conoscenza dell’effettivo utilizzo di ciascuna area per prevenire situazioni di congestione o di sottoutilizzazione. Naturalmente anche la pre-assegnazione delle aree import e successiva assegnazione dei parcheggi deve tenere conto di criteri analoghi.

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Abbiamo già visto in precedenza come le aree di stoccaggio siano suddivise a loro volta in sotto-aree, caratterizzate sia dal tipo di equipment con cui sono attrezzate, sia dalle caratteristiche dei contenitori che vi trovano collocazione ed infine dalla destinazione finale del contenitore.

All’interno di una singola sotto-area la posizione di un singolo contenitore viene identificata tramite tre “coordinate” denominate rispettivamente: baia (Slot), riga (Row) e tiro (Tire). Per illustrare adeguatamente le tre coordinate, facciamo riferimento alla griglia seguente, immaginando che essa rappresenti in pianta una sotto-area di stoccaggio.

Slot 01 Slot 03 Slot 05 Slot 07 Slot 09 Row 01 Row 02 Row 03 Row 04 Row 05 Slot 04 Slot 08

Slot 02 Slot 06 Slot 10

fig.2.2 Schema in pianta di un’area di parcheggio container.

Possiamo affermare, in modo sommario, che gli Slot costituiscono il nostro asse delle Ascisse, mentre le Row l’asse delle Ordinate.

Una particolarità è costituita dalla numerazione degli Slot. Mentre le Row sono soggette a numerazione progressiva, gli Slot hanno numerazione dispari se in esse trovano posto contenitori da 20’, mentre hanno numerazione pari se ospitano container da 40’. Ciò è facilmente spiegabile dal fatto che un contenitore da 40’ occupa due posizioni (ground slot) da 20’: considerare lo Slot 02 non significa altro che prendere lo Slot 01 ed lo 03 per posizionarvi un contenitore da 40’. Dal momento che lo spazio è

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tridimensionale e che i container sono sovrapponibili, per rendere univoca la loro posizione è necessario introdurre una terza coordinata: il tiro. Inutile dire che essa rappresenta la posizione lungo l’asse z della terna cartesiana. Il tiro ha la particolarità di assumere numerazione pari e crescente dal basso verso l’alto (es.02=1ºtiro, 04=2ºtiro etc.).

In definitiva, per esprimere la posizione di un container nel piazzale sarà sufficiente indicare una sequenza di lettere (per indicare l’area, cioè il parco) e numeri (per indicare la posizione nel parco).

Strettamente legato alla assegnazione degli spazi è il problema della gestione dei veicoli di piazzale. Per ragioni pratiche l’organizzazione del piazzale, relativa a yard crane (gru di piazzale), è scelta in maniera tale da mantenere separati i veicoli esterni che collegano lo yard al gate (camion esterni) e quelli che invece collegano lo yard alle banchine (camion interni). Generalmente ad ogni portainer (gru di banchina) viene assegnato un certo numero di veicoli.

L’obiettivo principale nella gestione dei veicoli è quello di evitare interferenze nel traffico veicolare , minimizzando il numero di mezzi e la distanza percorsa. I cicli dei mezzi operativi devono essere quindi continuamente monitorati al fine di individuare operazioni non necessarie, semplificare i movimenti e migliorare la sicurezza. Un’analisi più dettagliata dell’attrezzatura oggi in commercio e delle sue caratteristiche funzionali ed operative è poi mostrata nel paragrafo successivo.

Anche le decisioni relative alla pianificazione del piazzale, siano esse empiriche o assistite da software, non possono prescindere da adeguati flussi informativi alcuni dei quali condivisi dal planner nave, come:

·

Booking forecast, informazioni sui container di imbarco/sbarco;

·

Informazioni sui container speciali, reefer, merci pericolose;

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·

Resa contrattuale, da questa dipenderà la scelta del numero di gru da garantire al cliente in base alla sua “importanza”;

·

Mezzi di sollevamento e risorse umane a disposizione.

2.4 Attrezzature di movimentazione.

Abbiamo visto in precedenza che in tutta l’organizzazione di un terminal container assume un ruolo fondamentale la decisione riguardo i mezzi da utilizzare per la movimentazione e lo stoccaggio dei container.

La programmazione di un porto si basa, infatti, su due problemi: uno di breve periodo, riguardante la scelta dei mezzi portuali e le loro capacità fisiche di movimentazione, l’altro di lungo periodo, riguardante la capacità di tutto il terminal di far fronte alla domanda prevista di servizi.

In teoria, quando si parla di mezzi a disposizione, bisognerebbe includere anche la forza lavoro, cioè il numero e la produttività delle squadre di lavoro, in quanto sono queste che guidano i mezzi. La produttività delle squadre di lavoro si può misurare in ton/h o ton/turno; le ore devono includere straordinari, numero di turni, festività.

Come già accennato, non dobbiamo dimenticare quelli che sono i perditempo inevitabili nella “vita” di un terminal, dovuti a: cattivo tempo, apertura/chiusura portelli, cambio turno, ispezioni, scioperi, norme per la sicurezza e quant’altro.

Lo scopo del pianificatore è qui individuare la quantità media di mezzi per movimentare e trasferire il carico nel terminal, tenendo conto delle loro grandezze, capacità e velocità. Il progetto di un terminal si basa, infatti, sui vari requisiti per lo stoccaggio ed il trasferimento container tra nave e piazzale o nodi feeder (nave, treno, camion).

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La tecnologia dell’equipaggiamento riguarda la capacità di eseguire questi tipi di movimentazione del carico:

·

trasporto dalla nave alla banchina (e viceversa);

·

trasporto dalla banchina all’area di stoccaggio (e viceversa);

·

trasporto dalla banchina ai mezzi di trasporto terrestre (e viceversa);

·

trasporto tra varie aree del piazzale;

·

disposizione container su vari tiri.

Sulla base di queste operazioni, le attrezzature si possono classificare in base alle loro funzioni:

1) carico/scarico dalla nave;

2) trasferimento (su diverse distanze); 3) impilaggio/disimpilaggio;

4) classificazione, identificazione ed ispezione.

Procediamo ora con una breve descrizione dei mezzi utilizzabili in un terminal container. Iniziamo specificando la descrizione dello spreader, organo comune a quasi tutti i mezzi.

Spreader

E' l'attrezzatura che, collegata meccanicamente ai motori del sollevamento tramite funi e una traversa, ed elettricamente all’impiantistica della gru tramite cavo, permette l'aggancio/sgancio dei contenitori.

E' costituito da una struttura fissa nella quale scorrono due bracci estensibili che permettono la movimentazione di container da 20', 30', 40' e 45'; in alcune gru è possibile movimentare due contenitori da 20’ contemporaneamente, altre, oltre ad agganciare due contenitori da 20’, hanno anche la possibilità di estendere lo spreader sia con contenitori da 20’

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agganciati sia senza contenitori agganciati. L'estensione avviene tramite catena comandata da un motore idraulico.

fig.2.3 Spreader da 20’ fig.2.4 Spreader da 40’

La presa e il rilascio del container è possibile grazie a 4 perni (detti "twist lock") che si inseriscono nei 4 blocchi d'angolo del contenitore, ruotando tramite pistoni comandati idraulicamente in modo da agganciarlo o sganciarlo; tale operazione è agevolata dalla presenza di 4 flipper movibili disposti su ciascun blocco d' angolo dello spreader.

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Sulla parte superiore dello spreader sono presenti 6 lampade di segnalazione (3 sul lato destro 3 sul lato sinistro) di colore bianco, rosso e verde:

• luce bianca accesa: indica che i twist lock sono correttamente all'interno dei blocchi d'angolo del container. Solo se entrambe le luci bianche sono accese è permessa la manovra di apertura e chiusura twist. La luce si spegne quando si solleva lo spreader (con o senza container agganciato)

• luce rossa accesa: indica che il container è stato agganciato (twist lock chiusi). La mancata accensione di una delle due luci rosse inibisce la salita dello spreader, ma permette la manovra di discesa.

luce verde accesa: indica che il container è stato sganciato (twist lock aperti). La mancata accensione di una delle due luci verdi inibisce la salita dello spreader, ma permette la manovra di discesa.

Tutti gli operatori dei mezzi ricevono le istruzioni da eseguire sul modat, un terminale collegato tramite onde radio con il sistema centrale e installato nella cabina di comando del mezzo.

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Gru di banchina.

fig. 2.6

La gru di banchina è usata per il carico e lo scarico dei contenitori da bordo nave a terra e viceversa. E' realizzata in acciaio scatolato ed è strutturata a ponte. Tutte le parti a larga sezione sono fissate in sede di montaggio unendo apposite flange tramite bulloni e saldature. La gru è costituita da cinque sistemi di funzionamento principali:

• l'apparato per la traslazione del portale

• l'apparato per la traslazione del carrello

• l'apparato per il sollevamento del braccio (o boom)

• l'apparato per il sollevamento principale (del carico)

• l'apparato per la rotazione del carrello (per quelle gru predisposte)

Quando si devono effettuare operazioni di traslazione lungo la banchina il manovratore deve:

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• Accertarsi che sulla nave non esistano ostacoli al movimento (gru di bordo, torri radar, castello nave, etc.): in caso contrario alzare il braccio della gru;

• Accertarsi tramite il checker vessel che non ci siano ostacoli al movimento della gru (specialmente lungo le rotaie) e che non ci siano possibilità di collisione con i mezzi operativi di piazzale.

Nelle operazioni di sbarco (ad esempio) il manovratore deve:

• Individuare il contenitore da sbarcare sulla base delle indicazioni del deckman;

• Portare lo spreader sulla verticale del contenitore;

• Verificare che non ci siano persone sulla traiettoria di presa del contenitore: i rizzatori devono tenersi a distanza di sicurezza;

• Abbassare lo spreader, posizionare i twist nei blocchi d'angolo del contenitore e verificare che si accenda la luce bianca sullo spreader (Twist Inseriti);

• Ruotare i twist nella posizione d’aggancio verificando che si accenda la luce rossa sullo spreader (Twist Chiusi);

• Sollevare lentamente il contenitore e verificare che sia svincolato dagli altri contenitore adiacenti e da eventuali twist lock;

• Procedere con il sollevamento ad un’altezza di sicurezza per evitare urti con altri contenitori, con la struttura della nave o della gru;

• Muoversi con il carrello verso la banchina;

• Attendere l' arrivo del mezzo di piazzale con il carico sospeso sulla traversa della gru lato mare;

• Abbassare il contenitore e posizionarlo a terra nella posizione indicata dal checker;

• Verificare che il contenitore sia correttamente appoggiato (si deve accendere la luce bianca sullo spreader);

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• Ruotare i twist nella posizione di sgancio verificando che si accenda la luce verde sullo spreader (Twist Aperti);

• Sollevare lentamente lo spreader e verificare che sia correttamente svincolato dal contenitore;

• Procedere al sollevamento.

La traslazione della gru lungo la banchina viene attuata mediante 4 carrelliere (una per ciascun angolo del portale) per un totale di 32 ruote a doppia flangia di contenimento. Le carrelliere sono studiate in modo tale da distribuire uniformemente il peso di tutta la gru su ciascuna ruota. Delle 8 ruote di ciascuna carrelliera, 4 sono motrici: la trasmissione del moto viene attuata in maniera differente a seconda della gru.

Per tutti i tipi di gru il compito della frenatura è affidato al motore elettrico; il freno di servizio interviene solamente a velocità prossima allo zero.

Oltre al freno di servizio, la traslazione del portale è dotata di un sistema di frenatura di emergenza (chiamati "storm brakes"): tale sistema è costituito da due freni a "scarpa" (uno per ciascun lato del portale) che agiscono su ciascuna rotaia e che intervengono in caso di frenata di emergenza o di mancanza di alimentazione.

La movimentazione del braccio viene effettuata per mezzo di 2 funi a più rinvii avvolte su uno o due tamburi movimentati da un motore elettrico attraverso un riduttore.

Tutto l'apparato per il sollevamento del braccio è situato in una cabina (detta sala boom) posta nella parte superiore della struttura della gru.

Il “boom” è collocato ad altezza fissa, normalmente 30 m – 40 m sul piano della banchina. La sua altezza rispetto a tale piano vincola le dimensioni delle navi in accosto. Per questo motivo negli ultimi anni si sta assistendo ad

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un continuo aumento di questo dato tecnico ed esistono già gru con boom ad oltre 50 m di altezza. (A Gioia Tauro raggiungono i47 m).

Il boom, anche detto “braccio”, può essere sollevato come un ponte levatoio, attraverso azionamenti a fune, quando cabina ed unità di sollevamento sono traslati sul lato banchina. Questo permette di effettuare le manovre di ormeggio e disormeggio in tutta sicurezza visto che, altrimenti, il ponte delle navi, o le antenne che da esso si ergono, potrebbero urtare il "braccio" provocando serie conseguenze.

La cabina del manovratore e l’unità di sollevamento traslano sul “boom” della gru. Frequentemente queste due unità sono accoppiate per dare all’operatore la massima visibilità dell’area di lavoro. Tuttavia esse possono anche essere separate e spostarsi indipendentemente l’uno dall’altro permettendo all’operatore di collocare la cabina nella migliore posizione di visibilità.

Le posizioni che il braccio può assumere sono due: quella verticale corrispondente alla posizione di parcheggio e quella orizzontale durante l'operatività su nave. In entrambi i casi il sostentamento del braccio viene attuato tramite organi meccanici.

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Durante l'operatività su nave il braccio (posizione orizzontale) è sostenuto da un sistema di tiranti incernierati sia sul braccio che sulla struttura portante della gru.

Nella posizione di parcheggio (posizione verticale), il braccio viene fissato solidalmente alla struttura fissa della gru mediante un arpione.

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Alcune caratteristiche delle gru di banchina sono riportate in tabella:

Dimensioni

Ingombro carrelliere 27 mt

Altezza sotto spreader da banchina 36 mt

Sbraccio lato mare Outreach waterside 53 mt

Sbraccio lato terra Backreach 16 mt

Lunghezza trasversale 20 mt

Distanza max per passaggio spreader 18 mt

Distanza min tra portali 16.5 mt

Peso totale gru 1994 t

Sollevamento

Capacità di sollevamento sotto lo spreader con singolo container

40 t

Capacità di sollevamento alle funi (max) 68 t

Container da 20’ ( twin-lift) carico sbilanciato 50 t

Container da 20’ di peso uguale 53 t

Velocità operative

Velocità di traslazione del portale 46 mt/min

Velocità di traslazione del carrello con carico nominale

250 mt/min

Velocità di sollevamento a carico nominale 80 mt.min

Velocità di sollevamento a vuoto 180 mt/min

Velocità di rotazione 1.5 r.p.m.

Tempo sollevamento boom 5 min

Produttività media 21 TEUs/h

Costo medio 4 600 000 euro

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45

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Gru di piazzale.

Le gru di piazzale sono utilizzate per la gestione delle aree di stoccaggio dei container. Non trasportano ma impilano solamente i container su diversi tiri (anche sei o sette se lo spazio è limitato). Il loro funzionamento è a sollevamento verticale, quindi richiedono mezzi che trasportino i container da sotto la gru di banchina al loro portale. Le gru di piazzale, dette anche a portale, possono muoversi nell’area in due modi diversi: su rotaia, e prendono il nome di RMG (Rail Mounted Gantry Crane) o su gomma, e si chiameranno RTG (Rubber Tired Gantry crane). La scelta del tipo di gru da utilizzare dipende dalle scelte operative del terminal, perché è chiaro che per le RMG è necessario dello spazio per le rotaie ed esse si possono muovere solo lungo di esse, mentre le RTG possono in teoria anche curvare ma richiedono un raggio di curvatura molto grande (che dovrebbe essere spazio libero).

La decisione di affidare la gestione del piazzale a gru di tipo RTG, anziché RMG, può però scaturire da due considerazioni fondamentali

La prima è l’indubbia flessibilità di questi mezzi: “I vantaggi delle RTG, rispetto alle gru su rotaia (RMG) sono di non aver bisogno di vie di corsa preparate, e di essere quindi di impiego più flessibile. Si può allungare facilmente lo stack, spostare le gru in altre zone del parco e, potendo anche sterzare, le RTG possono cambiare stack servito con relativa facilità”2 . La seconda è che il gasolio necessario all’alimentazione di questo tipo di gru gode di un regime di defiscalizzazione in quanto viene considerato come olio combustibile per la generazione di energia elettrica. Il generatore infatti non trasferisce il moto alla gru in modo diretto ma attraverso un alternatore produce l’energia elettrica necessaria all’alimentazione dei motori elettrici predisposti allo scopo.

2 Marconsult, “Analisi dello stato dell’arte circa l’automazione dei terminali; esame delle ultime

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La maggior parte di queste gru a portale su gomma è dotata di un dispositivo denominato Smart Rail che attraverso triangolazioni satellitari (GPS) ed una stazione di riferimento fissa nel Terminal consentirà a queste di spostarsi su un “binario virtuale”.

Il sistema è infatti in grado di rilevare uno scostamento di +/- 5 cm rispetto alla via di corsa teorica e di correggere tale deviazione in modo automatico. Nel caso si verificassero allontanamenti maggiori il sistema di sicurezza impedirebbe qualsiasi ulteriore movimento richiedendo l’intervento manuale per la risoluzione del problema.

Vedremo meglio nel prossimo capitolo come la scelta delle gru di piazzale influenzi il piazzale stesso nella disposizione dei container e quindi nell’organizzazione dello spazio disponibile.

Fatte queste brevi considerazioni si riportano i principali dati tecnici che caratterizzano questi equipment ed un loro disegno tecnico in cui sono rappresentati i dati dimensionali.

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fig. 2.10 a Gru RTG

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Capacità di sollevamento (Under headblock) 35 Tons Altezza di sollevamento (4+1 high) 15,10 m Campata

Lunghezza Buffer to buffer Velocità sollevamento Velocità spostamento carrello Velocità spostamento cavalletto Inclinazione Produttività media Costo medio 26,45 11,95 22,5/45 52 134 +/-3° 17 3000 000 m m m/min m/min m/min TEUs/h euro tab. 2.3 a Caratteristiche RTG

Capacità di sollevamento Under Spreader Heavy lifts 35 55 Tons Tons Altezza di sollevamento (5+1 high) 17,50 m

Clearance between legs Campata

Lunghezza buffer to buffer Velocità di sollevamento Velocità spostamento carrello

Velocità spostamento cavalletto

Velocità Trolley rotating Produttività media Costo medio 15,00 37,50 22,50 40/80 100 120 3 16 3 000 000 m m m m/min m/min m/min r.p.m. TEUs/h euro tab.2.3 b Caratteristiche RMG

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