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Capitolo 5 ‐ Conclusione Chapter

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Academic year: 2021

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Capitolo 5 ‐ Conclusione 

Chapter 5 ‐ Conclusion 

   

Lo scopo di questo studio è stato quello di valutare in modo obiettivo  le  risposte  comportamentali  durante  le  fasi  iniziali  dell’addestramento  di  yearlings  di  razza  Mustang  Nordamericano.  Il  metodo  di  addestramento  presentava  alcune  similitudini  con  l’approccio  di  tipo  etologico  usato  da  Monty  Roberts  (Roberts,  2002)  e  l’assenza  di  risultati  obiettivi  in  letteratura  ci  ha  spinti  a  procedere  con  questo  studio,  con  notevole  dispendio  di  energie  in  quanto  le  osservazioni  sul  campo  sono  state  eseguite  negli  Stati  Uniti,  con  l’ausilio  di  una  telecamera  digitale.  Successivamente,  i  filmati  sono  stati  analizzati  mediante  il  software  The 

Observer®  (Noldus  Information  Technology,  Wageningen,  The 

Netherlands),  adottando  per  i  comportamenti  la  stessa  classificazione  usata  da  Seaman  et  al  (2002),  alla  quale  sono  stati  aggiunti  alcuni  indicatori  che  abbiamo  ritenuto  essere  utili  ai  fini  dell’analisi  dei  comportamenti.  Le  osservazioni  sono  state  poi  confrontate  con  quelle  ottenute in altri studi simili, per evitare di affidarsi esclusivamente a studi  empirici sui metodi di doma alternativi come quello da noi osservato. 

I  risultati  ottenuti  hanno  evidenziato  che  tutti  i  soggetti  si  sono  mostrati poco distratti da elementi esterni al tondino nel quale sono stati  domati  ed  hanno  invece  mostrato  una  grande  attenzione  verso  l’addestratore  ed  il  materiale  da  questi  usato.  Questo  atteggiamento  suggerisce  che  uno  degli  obiettivi  della  doma  etologica,  ossia  avere  un  cavallo  attento  e  collaborativo  (Taccini  et  al,  2004),  è  stato  raggiunto.  Infatti,  tutti  i  soggetti  osservati  hanno  mostrato  comportamenti  che 

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indicano  desiderio  di  investigazione  (annusamento  della  persona,  avvicinamento  alla  persona  ed  investigazione  del  materiale),  seppur  con  una  certa  variabilità  individuale  nella  frequenza  con  la  quale  si  sono  presentati.  

È stata riscontrata una notevole variabilità anche nei tempi di lavoro e  nei  tempi  necessari  per  mettere  la  capezza  la  prima  volta.  Riteniamo  che  tale differenza nei risultati sia dovuta al metodo stesso di addestramento.  Infatti,  similmente  a  quanto  avviene  con  il  metodo  etologico,  l’addestratore  lasciava  al  cavallo  la  possibilità  di  scegliere  come  agire  senza coercizioni (A.S.E.T.R.A., 2005; Taccini et al, 2004). Questa libertà di  azione  lascia  spazio  ad  una  maggiore  influenza  sulle  risposte  comportamentali da parte delle caratteristiche individuali e dell’emotività  proprie  di  ogni  soggetto  (Visser  et  al,  2003a).  Di  conseguenza,  i  tempi  di 

risposta ad un determinato stimolo (per esempio una persona sconosciuta  od  un  oggetto  nuovo)  possono  variare  molto  da  individuo  ad  individuo  (Visser et al, 2001; Visser et al, 2003b). 

I  cavalli  hanno  mostrato  una  scarsissima  tendenza  a  manifestare  aggressività nei confronti dell’operatore e questo risultato è in accordo con  quanto  riscontrato  da  Sighieri  et  al  (2005)  e  da  Taccini  et  al  (2004)  in  cavalle  di  razza  TPR;  secondo  questi  Autori  i  cavalli  addestrati  con  il  metodo  etologico  esibirebbero  atteggiamenti  verso  l’addestratore  meno  aggressivi rispetto a quelli addestrati con il metodo tradizionale.  

Tuttavia,  i  risultati  ottenuti  riguardo  agli  atteggiamenti  di  fuga  o  tentativo di fuga hanno evidenziato una notevole differenza con gli stessi  indici  comportamentali  osservati  in  tali  studi  in  cui  erano  paragonati  i  metodi di approccio etologico e tradizionale (Baragli et al, 2003; Sighieri et  al,  2005;  Taccini  et  al,  2004).  La  prima  reazione  di  difesa  del  cavallo 

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qualora si trovi in una situazione di allerta o di pericolo è la fuga, mentre  se  ciò  è  impedito  si  possono  avere  reazioni  di  tipo  aggressivo.  In  alcuni  casi  (esercizi  al  lazzo),  il  metodo  di  addestramento  in  esame  ostacolava  parzialmente  la  fuga,  non  permettendo  al  cavallo  di  allontanarsi  troppo.  Ciò  si  pensa  abbia  influito  sul  comportamento  dei  soggetti  portando  ad  un’alta frequenza dei tentativi di fuga, pur non provocando situazioni di  stress tali da innescare comportamenti aggressivi. 

Infatti,  a  prescindere  dal  metodo  utilizzato,  la  doma  rappresenta  “un  periodo ‘difficile’ e di tensione per l’animale” (Sighieri et al, 2005). Lo stato  di tensione può essere provocato da vari fattori, quali la presenza di una  persona  sconosciuta  (Baragli  et  al,  2003),  l’isolamento  dai  conspecifici  (Jezierski  e  Gòrecka,  1999)  o,  più  in  generale,  una  situazione  nuova  (Momozawa et al, 2003).  

Per  valutare  la  presenza  o  meno  di  stress  negli  animali  abbiamo  utilizzato alcuni comportamenti considerati come indicatori di stress. Fra  questi,  la  defecazione,  l’urinazione  e  la  zampata,  che  sono  stati  osservati  con  una  frequenza  molto  bassa,  in  alcuni  casi  addirittura  nulla  (urinazione).  Questo  lascia  ipotizzare  che  lo  stress  provocato  presumibilmente  comunque  dall’addestramento  non  abbia  raggiunto  livelli eccessivi per l’animale. Inoltre, non sono mai stati riscontrati episodi  di  vocalizzazione,  solitamente  usata  per  richiamare  un  conspecifico:  l’isolamento  dagli  altri  puledri  non  sembra  quindi  aver  influito 

negativamente  sull’attenzione  dell’animale  verso  l’addestratore 

spingendolo piuttosto a cercare l’interazione con i conspecifici.  

Al  contrario,  le  reazioni  considerate  positive  (Dorrance  e  Desmond,  2001) di masticazione e leccamento sono state osservate con una frequenza  molto  alta  in  tutti  i  soggetti  e  ciò  suggerisce  che  i  cavalli  si  siano  trovati 

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spesso  a  loro  agio  durante  l’addestramento  (Dorrance  e  Desmond,  2001).  Riteniamo  che  questo  risultato  sia,  ancora  una  volta,  in  linea  con  quanto  ricercato  dai  metodi  di  addestramento  etologico  (Parelli,  2002;  Roberts,  2002).  

Per quanto riguarda la motilità, i soggetti osservati, quando sottoposti  all’addestramento  nel  tondino,  hanno  passato  in  media  oltre  il  60%  del  tempo al passo o in stazione. Questo risultato potrebbe essere influenzato  dal tipo di stabulazione degli animali, che vivendo in recinti e non in box  hanno  una  minore  necessità  di  scaricare  le  energie  in  eccesso  durante  l’addestramento,  in  accordo  con  quanto  asseriscono  alcuni  Autori  (Harewood  e  McGowan,  2005;  Søndergaard  e  Ladewig,  2004).  Inoltre,  secondo Christensen et al (2002), una grande motilità può essere segno di  nervosismo.  Perciò,  i  dati  osservati  a  questo  riguardo,  come  del  resto  gli  altri risultati da noi ottenuti, indicherebbero che i cavalli oggetto di studio  non sono stati sottoposti a situazioni particolarmente stressanti. 

 

In  conclusione,  possiamo  affermare  che  gli  indici  comportamentali  osservati  nel  presente  studio  hanno  evidenziato  molte  similitudini  con  quanto  rilevato  da  precendenti  studi  sul  metodo  di  addestramento  etologico (Baragli et al, 2003; Sighieri et al, 2005; Taccini et al, 2004). Infatti,  come  avviene  in  quest’ultimo,  anche  nel  metodo  sviluppato  da  Hunt  e  Dorrance  si  ricerca  un  animale  attento  alla  persona,  collaborativo  e  non  aggressivo  (Roberts,  2002).  Questo  si  realizza,  tra  gli  altri  accorgimenti,  lasciando  al  cavallo  una  certa  libertà  di  azione,  il  che  comporta  una  notevole  influenza  dell’individualità  dei  soggetti  e  quindi  una  certa  variabilità  nei tempi di risposta. Un altro aspetto sotto il quale il metodo  osservato risulta simile ai metodi etologici, e che permette di affermare che 

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durante  la  doma  il  benessere  dei  cavalli  è  stato  tutelato,  è  rappresentato  dalle basse frequenze delle reazioni negative di defecazione, urinazione e  zampata,  la  bassa  motilità,  l’assenza  di  vocalizzazioni  e  l’alta  frequenza  delle  reazioni  positive  di  masticazione  e  leccamento.  Questi  risultati  indicano che i soggetti si sono sentiti spesso a loro agio anche in situazioni  nuove, isolati dai conspecifici ed in presenza di una persona sconosciuta.  

Rimane  da  chiarire  il  significato  collegato  all’alta  frequenza  delle  reazioni  di  fuga  o  tentativi  di  fuga  riscontrata  in  queste  prove  e  in  contrasto con quanto riportato in lavori su metodi di doma etologici. Una  probabile  interpretazione  è  che  sia  dovuta  principalmente  al  metodo  di  addestramento  utilizzato  che,  a  differenza  dei  metodi  etologici  citati,  in  alcuni  casi  ostacola  parzialmente  l’allontanamento  dell’animale  dalla  persona.  Questo  aspetto  potrebbe  essere  approfondito  in  successive  ricerche indirizzate a valutare in termini scientifici e non solo aneddotici o  empirici  l’efficacia  di  tecniche  di  doma  che  si  basino  sulla  conoscenza  dell’etologia  del  cavallo  e  sulla  sua  applicazione  per  stabilire  un  vero  rapporto “sociale” fra l’uomo e il “nobile” animale. 

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