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Giuseppe FANFANI - Componente eletto dal Parlamento Dott.ssa Maria Rosaria SAN GIORGIO - Magistrato di legittimità Dott

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8/2017

Repubblica Italiana In Nome del Popolo Italiano

La Sezione Disciplinare

del Consiglio Superiore della Magistratura

Composta dai Signori:

Avv. Antonio LEONE - Componente eletto dal Parlamento che presiede in sostituzione del

Vice Presidente del CSM Presidente

Avv. Giuseppe FANFANI - Componente eletto dal Parlamento Dott.ssa Maria Rosaria SAN GIORGIO - Magistrato di legittimità

Dott. Lorenzo PONTECORVO - Magistrato di merito

Relatore

Dott. Nicola CLIVIO - Magistrato di merito Dott. Luca PALAMARA - Magistrato di merito

Componenti

con l’intervento del Sostituto Procuratore Generale dott. Francesco Salzano, delegato dal Procuratore Generale presso la Corte Suprema di Cassazione e con l’assistenza del magistrato addetto alla Segreteria della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, ha pronunciato la seguente

S e n t e n z a

nel procedimento disciplinare n. 11/2012 R.G. nei confronti del dott. NOME 1, sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di UFF. 1, (difeso dal dott. NOME 2)

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i n c o l p a t o

dell’illecito disciplinare di cui all’art. 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, in relazione all’art. 635 del codice penale, perché, in data 13 agosto 2011, dopo avere “oscurato” con una busta di plastica nera una telecamera di videosorveglianza posta a tutela dell’appartamento sito in LUOGO 1, INDIRIZZO 1, interno 18, di proprietà del Sig. NOME 3, suo vicino di casa, danneggiava la serratura della porta d’ingresso al terrazzo nonché la serratura della porta d’ingresso all’abitazione, l’apparecchiatura di inserimento dell’allarme e la serratura della cassetta delle lettere del vicino, introducendovi della colla liquida, in tal modo rendendole inservibili.

Con tali condotte – per le quali è stato aperto dalla Procura della Repubblica di UFF. 2, il procedimento penale n. 22080/2011 R.G.N.R., in relazione al delitto di danneggiamento, a seguito di denuncia-querela della persona offesa conclusosi con sentenza di non doversi procedere perché il reato è estinto per remissione di querela – il dott. NOME 1 ha gravemente leso la propria immagine di magistrato, in particolare in relazione al ruolo da lui ricoperto e alla risonanza che tale vicenda ha avuto attraverso organi di informazione, nazionali e locali.

Notizia circostanziata dei fatti acquisita in data 12 settembre 2011.

Conclusioni delle parti

Il Procuratore Generale conclude chiedendo la condanna alla sanzione disciplinare dell’ammonimento.

La Difesa conclude chiedendo l’assoluzione, in subordine l’applicazione dell’art. 3 bis.

Svolgimento del procedimento

Il Procuratore Generale ha promosso azione disciplinare nei confronti del dott. NOME 1, sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di UFF. 1, contestando al magistrato una condotta che, oltre ad essere suscettibile di rilievo sotto il profilo penale, sarebbe idonea a ledere l’immagine del magistrato.

L'incolpato, in particolare, in data 13 agosto 2011 - dopo aver oscurato con una busta di plastica nera una telecamera di videosorveglianza posta a tutela dell’appartamento sito in LUOGO 1 di proprietà del sig. NOME 3, suo vicino di casa - avrebbe danneggiato le serrature delle porte d’ingresso al

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terrazzo ed all’abitazione del vicino nonché l’apparecchiatura di inserimento dell’allarme e la serratura della cassetta delle lettere introducendovi colla liquida in modo da renderle inservibili.

Per tali fatti era stato aperto dalla Procura della Repubblica di UFF. 2 il procedimento penale n. 22080/2011 per il delitto di danneggiamento, poi conclusosi con sentenza di non doversi procedere per essersi il reato estinto per rimessione della querela.

Nell'articolare le proprie difese il dott. NOME 1 ha confermato di aver oscurato la telecamera con un sacchetto di plastica scuro dei rifiuti precisando di essere stato ben consapevole di essere ripreso dalla telecamera.

A sostegno delle proprie ragioni ha riferito che il titolare dell’appartamento interno 18 aveva collocato una telecamera di sorveglianza esterna che era stata però orientata anche verso la porta dell’appartamento ove l’incolpato viveva insieme ai suoi genitori, con ciò violando la sua privacy.

Il magistrato pertanto, dopo aver più volte invitato, invano, il vicino di casa ad orientare in modo diverso la telecamera, si era determinato, in data 13 agosto 2011, ad apporre un sacchetto di plastica mettendo un post - it vicino al campanello del sig. NOME 3 con cui aveva ribadito che non voleva essere ripreso da quella telecamera appena oscurata.

Ha tuttavia escluso di aver messo colla liquida in serrature o nel sistema di allarme dell’appartamento evidenziando al riguardo che il sig. NOME 3 aveva già in precedenza subito episodi analoghi sicuramente non riferibili all’incolpato o ai suoi familiari, circostanza questa che era stata già accertata dalle indagini effettuate in sede penale e sarebbe anche emersa dagli stessi filmati acquisiti dagli inquirenti in cui si noterebbero soggetti diversi dal dichiarante che - in epoca antecedente i fatti contestati (in data 17 giugno 2010) - erano stati ripresi nell’atto di inoculare colla nella serratura dell’appartamento.

A sostegno delle circostanze e situazioni prospettate il dott. NOME 1 ha anche prodotto una relazione tecnica a firma di un perito che aveva analizzato numerosi fotogrammi delle riprese effettuate dalla prima telecamera posta sul pianerottolo nonché da una diversa telecamera ubicata all’interno dell’appartamento e collegata allo spioncino della porta d’ingresso dell’appartamento del signor NOME 3.

Ha quindi richiamato nelle proprie difese le valutazioni del consulente che aveva, in particolare, analizzato i fotogrammi delle riprese effettuate in data 17/6/2010 in cui si noterebbero due soggetti intenti ad inoculare colla nella serratura nonchè i fotogrammi delle riprese effettuate in data 13 agosto 2011 che avrebbero ripreso il dott. NOME 1 nell’atto di coprire l’obiettivo della videocamera con il sacchetto di plastica e, successivamente, mentre terrebbe in mano un foglietto di carta ed una penna o un pennarello.

In quella sede l’esperto aveva concluso evidenziando che nessun fotogramma avrebbe ripreso l’incolpato (che nei giorni 12 e 13 agosto 2011

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verosimilmente ignorava la presenza della seconda videocamera collegata allo spioncino della porta d’ingresso) con tubetti di colla in mano.

Il consulente aveva altresì rilevato che, nell’agosto del 2011, a protezione della serratura del signor NOME 3, vi era un defender magnetico che, in assenza di una chiave magnetica di sblocco, avrebbe impedito l’accesso alla serratura e non avrebbe pertanto consentito all’incolpato di inoculare la colla.

Contestato l’illecito disciplinare in epigrafe il Procuratore Generale ha evidenziato che la fattispecie penale, richiamata dall’articolo 4 lettera d) del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 ed oggetto di contestazione, era stata depenalizzata con decreto legislativo n.7/2016.

Ha quindi riservato al vaglio dibattimentale la problematica concernente l’applicazione immediata della legge più favorevole e segnatamente la questione concernente l'applicabilità alla materia disciplinare del principio del

"tempus regit actum" che - come ipotizzato dal Procuratore Generale - imporrebbe la permanenza dell'illecito in assenza della non estensibilità alla materia delle sanzioni disciplinari del principio dell'applicazione immediata della legge più favorevole, con la conseguenza che al fatto si applicherebbe la sanzione vigente nel momento in cui il medesimo è stato commesso.

Motivi della decisione

Il procedimento penale, instaurato nei confronti dell’incolpato per il delitto di danneggiamento, si è concluso con sentenza di non doversi procedere per essersi il reato estinto per rimessione della querela.

E' stata quindi ipotizzata la fattispecie di cui agli artt. 1 e 4 comma 1 lett. d) del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n.109 sul presupposto che l’incolpato si era reso responsabile del reato di danneggiamento, con ciò ledendo gravemente la propria immagine di magistrato in relazione al ruolo da lui ricoperto ed alla risonanza che le vicende contestate avevano avuto attraverso organi di informazione nazionali e locali.

Tale condotta rilevante, già riconducibile al paradigma di cui all'articolo 635 c.p., non rientra più nella fattispecie incriminatoria di cui al dlgs n.7 del 15 gennaio 2016 (contenente disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con sanzioni pecuniarie civili) avendo tale nuova normativa (articolo 2) sostituito l'articolo 635 cp con il seguente: "635.

Danneggiamento. - Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia".

E’ quindi da rilevare che, nel caso in esame, non è stato contestato all'incolpato - né in sede penale né in quella disciplinare - il danneggiamento qualificato dalla violenza alla persona o dalla minaccia.

Non si pone tuttavia alcuna problematica concernente l'applicabilità del principio del "tempus regit actum" che - come ipotizzato dal Procuratore

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Generale - imporrebbe la permanenza dell'illecito in assenza della non estensibilità alla materia delle sanzioni disciplinari del principio dell'applicazione immediata della legge più favorevole, con la conseguenza che al fatto ipotizzato si applicherebbe la sanzione vigente nel momento in cui il medesimo è stato commesso.

E' infatti da considerare che, in questa sede, non occorre individuare tra due diverse disposizioni disciplinari quale sarebbe quella applicabile al caso concreto. Si tratta invece di analizzare l'unica fattispecie sanzionatoria ipotizzata in contestazione - che è quella prevista dall'articolo 4 lettera d) del d.lgs. n. 109/2006 - al fine di verificare in primo luogo la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie disciplinare.

E' quindi da ritenere che la fattispecie sanzionatoria contemplata dall'art.

4 lettera d) del decreto legislativo n. 109/2006 mantiene una propria attualità anche nelle ipotesi di abolitio criminis intervenuta nel corso del procedimento disciplinare instaurato in pendenza di un fatto costituente reato.

Deve al riguardo essere considerato che, in linea generale, la norma citata prevede, quale illecito disciplinare conseguente al reato, qualunque fatto penalmente rilevante (idoneo a ledere l'immagine del magistrato) anche se l'azione penale non possa più essere proseguita per essere sopravvenuta - come nel caso in esame - una norma che ha abrogato la fattispecie incriminatoria (.."qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l'immagine del magistrato, anche se ... l'azione penale non può essere ....proseguita").

Appare in definitiva sufficiente, ai fini sanzionatori, che il fatto disciplinarmente rilevante possa - al momento in cui si palesa nei suoi elementi costitutivi - essere apprezzato anche sotto il profilo penale.

E', poi, da considerare che, nel caso in esame, il procedimento penale instaurato nei confronti del dott. NOME 1 è stato definito prima dell'entrata in vigore del dlgs n. 7 del 15 gennaio 2016, segnatamente con la sentenza del 9 maggio 2013 del Giudice di Pace di UFF. 3 che ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del dott. NOME 1 per essere il reato a lui ascritto estinto per rimessione di querela. Tale pronuncia è divenuta definitiva a seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso pronunciata dalla Suprema Corte in data 29 ottobre 2014.

E’ a questo punto da ricordare che il contestato art. 4 lettera d) del decreto legislativo n.109/2006, nel prevedere quale ipotesi disciplinarmente rilevante, la consumazione di "qualunque fatto costituente reato idoneo a ledere l'immagine del magistrato, anche se il reato è estinto per qualsiasi causa o l'azione penale non può essere iniziata o proseguita", impone la verifica di entrambi gli elementi costitutivi della fattispecie, segnatamente dell'esistenza di un fatto costituente reato e dell'idoneità dello stesso reato a ledere l'immagine del magistrato. Ne deriva che la lesione dell'immagine non è automatica conseguenza dall'intervenuto accertamento di un fatto costituente reato di cui si sia reso responsabile il magistrato, nè tantomeno la

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norma sanzionatorio prevede che la lesione dell'immagine disciplinarmente rilevante derivi dal mero accertamento del fatto reato.

Valutando a questo punto il merito dei fatti contestati è da premettere che in data 22 agosto 2011 il signor NOME 3 aveva sporto querela per danneggiamento nei confronti del dott. NOME 1.

In quella sede aveva esposto di aver acquistato, nell'anno 2008, ad un'asta giudiziaria, l'appartamento sito in LUOGO 1 INDIRIZZO 1, interno 18, subendo - a seguito ed in ragione di quell'acquisto - diversi episodi spiacevoli tanto da averlo costretto a montare un sistema di videosorveglianza con cinque telecamere.

Aveva al riguar do precisato di aver subito precedenti ulteriori danneggiamenti, che non aveva ritenuto di denunciare, sebbene nè lui nè la moglie avessero avuto screzi o dissapori con chicchessia.

Aveva quindi riferito che, tra il 7 ed il 17 agosto 2011, aveva trascorso con la propria famiglia le ferie estive fuori LUOGO 1.

Rientrati il pomeriggio del 17 avevano potuto constatare l'ennesimo danneggiamento mediante l'introduzione di colla liquida all'interno delle serrature della porta di casa, della porta di accesso al terrazzo nonchè al ricevitore dell'allarme di casa ed alla cassetta delle lettere.

L'esponente precisava di essere comunque riuscito ad accedere al proprio appartamento (grazie ad un "defender anticolla" che aveva installato proprio a seguito dei continui danneggiamenti) ed aveva potuto visionare le registrazioni fatte dalle telecamere poste sul pianerottolo nonché le registrazioni effettuate attraverso lo spioncino del portone d'ingresso che era in realtà l'obiettivo di un'altra telecamera.

Aveva al riguardo precisato che, essendo stata manomessa la telecamera esterna oscurata con un sacchetto nero per i rifiuti, il sistema di allarme era entrato in funzione ed aveva registrato continuamente.

Dalla visione delle registrazioni l'esponente aveva potuto osservare che il proprio vicino di casa, il dott. NOME 1, alle ore 23:10 del 12 agosto 2011 era uscito di casa a torso nudo ed aveva tentato di posizionare sulla telecamera posta sul pianerottolo un sacchetto di carta della Rinascente utilizzando un bastone (o un manico di scopa) avendo cura di rimanere nascosto.

Dopo il primo tentativo andato a vuoto il dott. NOME 1 era rientrato nella sua abitazione per poi riprovare il giorno successivo alle ore 18:51 posizionando, con la medesima tecnica del bastone, un sacchetto della spazzatura oscurando questa volta con successo l'obiettivo della telecamera.

Nonostante l'oscuramento della telecamera esterna aveva continuato a funzionare l'altra telecamera che, operando dallo spioncino della porta d'ingresso. aveva registrato, alle 19:58 dello stesso giorno 13 agosto 2011, il dott. NOME 1 mentre saliva verso la porta di accesso al terrazzo dell'esponente sig. NOME 3 con in mano un tubetto, per poi scendere dopo circa un minuto per posizionare i propri bagagli all'interno dell'ascensore e

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dirigersi, sempre con il tubetto in mano, verso la porta d'ingresso del sig.

NOME 3. L'incolpato, quindi, introduceva il contenuto del tubetto dentro la serratura per poi spostarsi verso il servitore dell'allarme per completare il lavoro.

Non contento di ciò il dott. NOME 1 era tornato subito indietro per aggiungere ulteriore liquido sia alla serratura che all'inseritore per poi entrare nell'ascensore ed andare via.

Il sig. NOME 3, sentito in data 8 ottobre 2011 dall'autorità giudiziaria di LUOGO 2, ha confermato il tenore della querela presentata il 22 agosto 2011 aggiungendo che, dalle stesse immagini che gli venivano mostrate dal pubblico ministero procedente, emergeva in modo inequivocabile che la persona ripresa dalla telecamera era il suo vicino dott. NOME 1.

Tali dichiarazioni sono state ulteriormente confermate dall'esponente sentito dalla procura della Repubblica di UFF. 4 in data 22 gennaio 2016. In quello sede il dichiarante aveva ulteriormente evidenziato che, dalle riprese effettuate nei giorni intercorsi tra l'oscuramento della telecamera ed il suo rientro a LUOGO 1, nessuna persona diversa dal dott. NOME 1 era stata ritratta dalle videocamere.

Aveva, infine, confermato che i rapporti con la famiglia NOME 1 erano buoni.

Osserva al riguardo la Sezione che, a fronte di tali dichiarazioni, risultano acquisiti agli atti i fotogrammi delle riprese della telecamera non oscurata che operava attraverso lo spioncino della porta dell'appartamento interno 18.

Tali immagini avevano ripreso l'incolpato mentre usciva dall'appartamento interno 17 alle ore 18:51 del 13 agosto 2011 tenendo nella mano sinistra un bastone ed un sacchetto nero per l'immondizia.

Nell'arco di un minuto la telecamera ubicata sul pianerottolo era stata oscurata con il sacchetto di plastica.

Poco dopo un'ora (alle 19:59) l'incolpato era stato di nuovo ripreso dopo essere uscito di casa posizionando le sue borse vicino alla porta dell'ascensore per poi salire al piano di sopra dove era ubicata la porta di accesso al terrazzo dell'appartamento del signor NOME 3.

Il dott. NOME 1, aveva un tubetto di colla in mano. La circostanza è stata constatata dagli stessi inquirenti confortati dalla visione dei successivi fotogrammi che riprendono l'incolpato intento ad inserire la colla nella serratura della porta del signor NOME 3 nonché nell'inseritore dell'allarme per poi allontanarsi poco dopo.

E' a questo punto da ricordare che lo stesso incolpato, nel confermare di aver oscurato la telecamera con un sacchetto di plastica scuro dei rifiuti, ha sostenuto di essere stato indotto a tale gesto convinto di tutelare la propria privacy. Ha al riguardo riferito che il titolare dell’appartamento interno 18 aveva orientato la telecamera di sorveglianza esterna anche verso la porta dell’appartamento ove l’incolpato viveva insieme ai suoi genitori.

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Emerge pertanto un primo dato certo che è quello relativo all'effettivo oscuramento, ad opera del dott. NOME 1, della telecamera ubicata sul pianerottolo.

Tale condotta è di per sé valutabile in termini di danneggiamento doloso considerando che il reato di danneggiamento è reato a forma libera, che può manifestarsi con il rendere la cosa inservibile, anche temporaneamente.

La condotta in sostanza può anche estrinsecarsi in una apprezzabile modificazione funzionale della cosa o comunque nella diminuzione della sua utilizzabilità tale da rendere necessario un intervento ripristinatorio.

Nel caso concreto l'oscuramento per alcuni giorni della telecamera ha sicuramente privato la stessa di ogni funzionalità. L'apposizione della busta aveva, infatti, reso l'impianto esterno non utilizzabile.

Il magistrato al riguardo assume di essersi determinato ad apporre il sacchetto di plastica solo dopo aver più volte invitato, invano, il vicino di casa ad orientare in modo diverso la telecamera.

Ha anche riferito di aver rafforzato quel gesto apponendo un post - it vicino al campanello con cui aveva ribadito che non voleva essere ripreso dalla telecamera appena oscurata.

Osserva al riguardo il collegio che una tale condotta, ove effettivamente accertata, integrerebbe non più il reato di danneggiamento bensì il diverso reato - ugualmente valutabile in sede disciplinare sotto i profili del contestato art. 4 lettera d) del decreto legislativo n. 109/2006 (salvo ogni determinazione ai sensi dell'art. 521 cpp) - di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose come sanzionato dall'art. 392 c.p. che punisce la condotta di chi, per esercitare un preteso diritto, pur potendo ricorrere al giudice, fa valere arbitrariamente le proprie ragioni con violenza sulle cose, violenza che è configurabile in tutti i casi in cui la cosa è danneggiata o trasformata o ne viene cambiata la destinazione.

È noto del resto che il diritto alla privacy godeva di ampia tutela statale, quantomeno fin dall'entrata in vigore del d.lgs. 30 giugno 2003, n.

196 che ha recepito la Direttiva Comunitaria 95/46.

È tuttavia da escludere che l'oscuramento da parte dell'incolpato della telecamera fosse stata determinata dall'intento di tutelare la propria privacy .

Non è, infatti, emerso che il dott. NOME 1 abbia effettivamente palesato in qualche modo il proprio disagio con il vicino di pianerottolo per il posizionamento di telecamere.

Tantomeno emerge che tale disagio fosse stato palesato a mezzo di post – it (nessun biglietto risulta essere stato rinvenuto).

Il signor NOME 3 ha, anzi, ribadito più volte, anche in sede di udienza, di non aver avuto alcuno screzio con il dott. NOME 1 con cui intratteneva ottimi rapporti.

Accertato pertanto l'effettivo oscuramento della telecamera esterna da parte del dott. NOME 1 è da ritenersi anche dimostrata la circostanza che

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l'incolpato aveva danneggiato la serratura della porta d’ingresso al terrazzo nonché la serratura della porta d’ingresso all’abitazione, l’apparecchiatura di inserimento dell’allarme e la serratura della cassetta delle lettere introducendovi della colla liquida.

È al riguardo da considerare che il signor NOME 3 era stato assente dalla propria abitazione tra il 7 ed il 17 del mese di agosto 2011, data in cui aveva constatato la presenza della colla. Durante tale periodo era pienamente funzionante la telecamera non oscurata nascosta nello spioncino della porta dell'appartamento interno 18 che aveva ripreso sul pianerottolo e sulle scale che conducevano al terrazzo del signor NOME 3 il solo dott. NOME 1, peraltro intento a porre in essere condotte inequivocabilmente dirette a danneggiare beni di proprietà del signor NOME 3 ed a conseguire l'impunità per le proprie azioni attraverso l'oscuramento dell'unica telecamera a lui visibile.

L'incolpato, inoltre, ignorava di essere ripreso dalla seconda telecamera di cui sconosceva l'esistenza. La circostanza è riportata anche nell'ordinanza emessa in data 3 dicembre 2013 dal tribunale penale di UFF. 5 all'esito dell'appello proposto dal dott. NOME 1 avverso la sentenza del giudice di pace di UFF. 3 che, nel disattendere la richiesta formalizzata dall'imputato di applicare il disposto di cui all'articolo 129 co. II cpp, aveva dichiarato il non doversi procedere per intervenuta remissione della querela.

Tale seconda telecamera aveva ripreso l'incolpato mentre in pochi minuti avvicinava un oggetto di piccole dimensioni alle serrature di proprietà del querelante.

Tale circostanza - valutata in un contesto in cui, durante tutto il periodo in cui la parte offesa era stata lontana dalla proprio abitazione, si registra l'assenza di persone diverse dal dott. NOME 1 nelle vicinanze dei beni del sig. NOME 3, - porta a ritenere che sia stato proprio l'incolpato a inserire la colla nelle serrature.

Ulteriore sicuro rilievo assume la circostanza che l'incolpato, al fine di evitare l'approfondimento in sede penale dibattimentale delle contestazioni, aveva versato la considerevole somma di euro 20.000 per ottenere la rimessione della querela sporta dal sig. NOME 3 nei suoi confronti.

L'importo di tale somma infatti - essendo del tutto sproporzionato se rapportata alle sole spese legali sopportate dal querelante - ha un evidente contenuto risarcitorio ed appare di per sè indice di una sostanziale ammissione di responsabilità.

E' del resto da considerare che l'incolpato - il quale all'epoca dei fatti svolgevo le funzioni di Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di UFF. 1 - era pienamente in grado di valutare ogni aspetto delle vicende che lo avevano coinvolto ed avrebbe, quindi, certamente evitato di versare un importo così ingente se fosse stato in qualche modo convinto della propria innocenza e finanche delle ragioni che avrebbe potuto far valere nelle

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competenti sedi giudiziarie ove avesse ritenuto di aver subito un pregiudizio alla propria privacy.

Il magistrato deve essere quindi sanzionato per i fatti oggetto di contestazione disciplinare dovendo al riguardo essere anche considerato che le eclatanti condotte poste in essere dall'alto magistrato hanno indubbiamente cagionato un danno al prestigio del dott. NOME 1, la cui immagine è rimasta gravemente pregiudicata sia nel rapporto con il Procuratore Generale che con i colleghi.

È, altresì, indubbio che le condotte accertate sono idonee a discreditare l'ordine giudiziario e ad incidere negativamente sulla fiducia e sulla considerazione di cui il magistrato deve godere dovendosi esigere da un rappresentante dell'ordine giudiziario un livello di correttezza più alto rispetto al comune cittadino.

A tale riguardo è anche da ritenere che le modalità con cui sono state realizzate le condotte contestate al dott. NOME 1, la loro reiterazione, l'ampio risalto dei fatti data dagli organi di stampa ed, infine, il pregiudizio che quei comportamenti hanno provocato sulla stessa immagine professionale del magistrato costituiscono elementi che impediscono di ravvisare quella scarsa rilevanza del fatto che consente l'applicabilità dell'esimente prevista dall'art. 3 bis del d.lgs. n. 109/2006.

Ne deriva che, per la violazione ascritta, la sanzione dell'ammonimento è da ritenersi adeguata anche in considerazione dell'assenza di precedenti disciplinari.

P.Q.M.

La Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, Visti gli artt. 18 e 19 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109,

dichiara

il dott. NOME 1 responsabile dell’illecito disciplinare a lui ascritto e lo condanna alla sanzione dell’ammonimento.

Roma, 20 dicembre 2016

Il Relatore Il Presidente

(Lorenzo Pontecorvo) (Antonio Leone)

Il Magistrato Segretario Depositato in Segreteria

(Giulio Adilardi) Roma,

Il Direttore della Segreteria

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(Vincenzo Palumbo)

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